Prometeo
Buio, gli attori seduti. Un riverbero di fuoco.
UOMO 1: Al principio c’era il fuoco.
DONNA - E Prometeo.
UOMO 2 (spiritoso): Prometeo era un titano, cugino di Zeus, più vecchio
anche.
DONNA: Il titano aveva appreso da Atena l’arte dei metalli e l’aveva
insegnata ai mortali. Prometeo aveva rubato il fuoco agli dei per
restituirlo agli uomini ai quali Zeus in persona l’aveva spento, per
punirli della loro empietà.
UOMO 1: Prometeo allora restituì agli uomini il potere del fuoco, il
potere del fulmine.
UOMO 2: Solo che Zeus, che aveva l’esclusiva, se la prese a male.
Mandò un paio di sgherri, enormi come il titano, a catturarlo.
DONNA:
Lo fece incatenare ad una roccia, esposto alle beccate di
un’aquila che scendeva a strappargli il fegato.
UOMO 2 (spiritoso): Tutti i giorni!
E ogni notte il fegato ricresceva e ogni mattina arrivava la bestiaccia.
Condannato per l’eternità. …
DONNA: Così il ribelle fu incatenato e gli umani puniti …
UOMO 3: Ma che ne è stato poi … di quel fuoco rubato agli dei? Cosa ne
fecero gli umani?
DONNA: Sì. Cosa ne abbiamo fatto?
NASCITA DELLA ZONA
(27-39)
Mussolini e gli allogeni (1927-35)
INGEGNERE (camice e tavoletta con fogli, colloquiale) - … Perché il duce,
nel frattempo, aveva cambiato idea sulla neonata provincia di Bolzano.
Per dieci anni aveva provato, in tutti i modi, a convertire i locali. Gli
“allogeni”. Così erano detti perchè allora non si poteva mica dire i
tedeschi o peggio i “tirolesi”. Beh. Mussolini voleva convertirli
all’italianità e al fascismo in un colpo solo! E allora: le scuole tedesche
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… chiuse! L’italiano obbligatorio! Licenziamenti! via i giornali e via le
scritte! E il tribunale in italiano … e tutto il resto. Insomma: giù gli
allogeni e su i regnicoli. … (mesto:) Noi eravamo i regnicoli.
Ma era ovvio! gli allogeni non ne han voluto sapere. Hanno fatto le
scuole nelle cantine, nelle catacombe. E le messe in tedesco. Si sono
organizzati. Resistevano. Si opponevano.
Risultato: un fallimento completo. Il nostro. Tanto che se n’è accorto
anche il Duce e ha dato la colpa al senatore Tolomei e al suo
programma di assimilazione. Così Mussolini cambia idea e pensa che
non si tratti più …
UOMO 1 : (legge, con qualche intonazione mussoliniana) - “di
tramutare gli attuali tedeschi in tanti italiani […] Si tratta invece
di aumentare fino al massimo il numero degli italiani e dare
un'impronta italiana alle nuove generazioni attraverso la
scuola.” E ancora scrive Mussolini al Prefetto: “Bisogna spingere al
massimo l'italianizzazione della regione, quindi alterarne
profondamente e durevolmente il carattere fisico, politico,
morale e demografico; sostituire o almeno mescolare l'attuale
maggioranza tedesca con una maggioranza italiana, o una
minoranza fortissima che tolga alla regione il carattere che oggi
ha e che è prevalentemente tedesco”… Nel 27. Appena creata la
Provincia di Bolzano.
INGEGNERE - É che Mussolini ha grandi progetti per l’Alto Adige. Ha
grandi progetti per l’Italia intera. Un programma modernissimo di
industrializzazione, proprio come gli industriali che lo sostengono da
tempo gli chiedono. E in Provincia di Bolzano c’è esattamente quello
che serve: c’è l’acqua dei laghi e dei torrenti, c’è l’energia di tante
nuove potenti centrali idroelettriche. E allora avanti con le industrie. E
facciamo le case e i quartieri e i viali e il monumento (fa il segno con le
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dita?) con la M di Mussolini dentro. E portiamoci gli operai italiani. Con
l’incentivo magari. Un tanto cadauno… Facciamo 800 lire … a cranio?
D’accordo. Per ogni operaio assunto le fabbriche riceveranno 800 lire.
All’anno. E tanti altri vantaggi …
E allora posti di lavoro a migliaia e l’immigrazione tutta italiana e
ancora meglio se di tesserata fede. Avran le case prima. Centomila
dovranno diventare. Neanche dieci anni e il Sudtirolo diventerà
finalmente Alto Adige! Avanti con gli scavi. Su con le fabbriche.
UOMO 1 - Il duce scrive, sollecita, visita, dispone. Si dice sia stato
proprio lui a suggerire a Giorgio Enrico Falck, senatore del Regno,
presidente e fondatore delle "Acciaierie e Ferriere Lombarde Falck”, a
suggerirgli l’idea di aprire uno stabilimento anche a Bolzano. Poi però …
la lontananza dalla casa madre, i lunghi trasporti, tutta la manodopera
da importare e i tecnici, le case e le famiglie … Gli industriali non
sembrano molto convinti, nonostante gli incentivi promessi.
E le trattative languono.
Incontro tra Mussolini, e Mastromattei, sulle trattative (1935)
MASTROMATTEI - Eppure Eccellenza! Questi industriali! La
Confederazione degli industriali! Ebbene esigono dal Comune e dalla
Provincia di Bolzano, vorrebbero da noi (prende le carte da una borsa,
legge) “… l’esenzione di tutte le imposte dirette provinciali e
comunali; la sistemazione gratuita da parte del Comune di
Bolzano di tutte le aree industriali, dei servizi e dei raccordi
ferroviari, la concessione di aree demaniali e comunali a
condizioni speciali.” (Commenta) Come se non bastassero gli
espropri agevolati, che già hanno ottenuto! Frutteti venduti come
terreni a basso rendimento! Bah! E ancora (legge) “la costruzione di
case per la dimora quinquennale gratuita dei dipendenti delle
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industrie e delle rispettive famiglie e masserizie, nonché la
predisposizione di qualche altro tipo di industria in modo che si
possano occupare anche le donne degli addetti trasferiti a
Bolzano!”.
Io capisco, io sostengo le ragioni della nazionalizzazione, gli italiani a
Bolzano, le fabbriche e i lavoratori. L’onore che Voi, Eccellenza, avete
voluto concedermi incaricandomi della Prefettura di questa nuova
provincia italiana, il mio onore è tutto dedito a tale nobile scopo. Creare
la Zona industriale di Bolzano!
Tuttavia … queste richieste! Tanto varrebbe scegliere un corrispondente
numero di italiani, gli diamo una adeguata rendita e poi li insediamo a
Bolzano! Eccellenza!
DUCE - Eccellenza Prefetto Mastromattei. Non ho mai dubitato della
vostra fede fascista. D’altra parte ci sono urgenze e precedenze che
vanno considerate. Dovremo incontrarci e discutere con tutte le parti
interessate. Quanto prima.
INGEGNERE - L’incontro decisivo si svolge il 20 febbraio del ‘35, a Roma.
Ci sono tutti gli industriali, Lancia, Falck, Donegani per la Montecatini, il
prefetto Mastromattei. Le parti trovano un’intesa. La zona industriale si
farà, subito. Il Duce ha fretta, vuol vedere qualcosa entro l’estate. E poi
in agosto deve incontrare Hitler al passo del Brennero. Ci tiene a fare
bella figura …
“La lunga colonna di automobili entra nella “zona” che il Duce
ha voluto riservata a una tra le più significative e imponenti fra
le realizzazioni del Regime. I frutteti e le praterie di Agruzzo
sono ancora verdi ché l'aratro costruttore del Regime ha
tracciato in queste prime settimane solo i solchi della città che
nella ventura primavera vibrerà di intensa vita. Il Duce
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rapidamente osserva gli imponenti segni indicatori delle tappe
già superate, chiede schiarimenti e saluta con larghi sorrisi i
lavoratori che dai cantieri gli rivolgono poderosi alalà e
inneggiano agitando berretti, intonando gli inni della
Rivoluzione. Poi il Capo lascia la zona, cui la Sua visita ha
conferito il più solenne, bene augurante battesimo”.
Arrivo a Bolzano (casa semirurale) (marzo 1939)
PADRE - Avanti, avanti. Vegnì drento.
MADRE - Oh, che belo! No me par vero.
Entrano, portando pacchetti e due valige, padre, madre.
Appoggiano i pacchi in terra e sul tavolo. La madre si siede affranta e si
guarda intorno.
FIGLIO 1 (voce dal cucinino) - Ma è bellissima! É meravigliosa! Mamma!
C’è l’acqua del rubinetto! C’è il lavandino!
FIGLIO 2 (dal corridoio) - E c’è anche il gabinetto! Con la catena!
PADRE - Eh sì, tutte le comodità ci sono. Due stufe nuove! una lì dietro
per cucinare e una in camera per scaldare, perché fa freddo qua
d’inverno, eh. C’è sempre la neve. Non è mica come al paese.
MADRE - Sì proprio. C’è un bel freschetto!
PADRE - Mi han dato le chiavi da una settimana ma la corente elettrica
l’han tacata subito. Il giorno dopo. Così, prima di venir giù al Lago a
prendervi ho fatto in tempo a portar dentro un tavolo e i letti. E a
metter le lampade. (Accende la luce in cucinino.) Ma ce n’è del lavoro
da fare …
MADRE - Dai, accendete la stufa che metto su qualcosa per cena
(Traffica coi pacchi. Tira fuori una sveglia che mette sulla credenza.
Pentole. Cibi sul tavolo.)
FIGLIO 1 (dal corridoio) - Eh, sì eh. C’ho ‘na fame …
PADRE (si affaccia) - Forza voi! Andate giù in cortile e girate dietro la
casa, giù in fondo c’è un cancelletto, l’ultimo in fondo, quello è l’orto, il
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nostro orto. Lì c’è una mucchio di legna. Riempite la gerla e portatela
su. Senza litigare. Legna fina e grossa! (Escono a destra)
PADRE - É stata dura eh? Ma ce l’abbiamo fatta. E in un giorno solo!
MADRE – No me par vero.
PADRE - Beh, è andato tutto bene! Il vaporetto l’abbiam preso alle
sette, alle otto eravamo a Riva. Lì abbiamo trovato subito da noleggiare
il careto. E spingi avanti fino a Torbole, poi su a Nago, poi giù Mori.
Siam rivati in stazione … giusti per prendere il treno. Alle sei eravamo a
Bolzano, e poi …
MADRE - Ma quella salita di Nago! Che bruta eh! Che saliton! Tuti drio a
spinzer el caro, che fadiga. E la polvere degli autocarri. Però a Mori, alla
stazione era bello. Hai visto i ragazzi come guardavano il treno.
PADRE - Eh! era la prima volta che lo vedevano!
MADRE - E tutta quella gente nel treno. Quei siori che i parlava de
guera. Ma ghe sarà davero la guera?
PADRE - I dise. Colpa del Firer.
MADRE - Speriamo di no dai. Anche Bolzano l’è bela, la stazion digo,
però no i ga niente. No digo el tram, ma neanche i careti a nolegio i ga!
PADRE – Per quelo el tram el gh’era, solo che l’nava in città e basta. Eh
beh, insomma, qui è tutto nuovo, tutto da fare ancora. Per quelo che
mi han dato il lavoro, e questa casa …
MADRE - Sì, ma neanche un careto! Abbiamo dovuto lasciare mezza
roba al deposito e poi, giù, n’altra ora de strada a piedi con i bagagli in
spalla! In mezzo ai cantieri e al fango che neanche i sa come se ciama
le strade!
PADRE - Dai! Vedrai che adesso andrà tutto bene. Hai visto che bella
casa? Granda! e moderna! É tutto moderno qui, al quartiere Dux! è una
città nuova, è fatta apposta per noialtri contadini. “Semirurali” i ghe
dise la gente! meza cità e meza campagna. Hai visto che orti! E l’ha
voluta il duce in persona! E poi lo sai che questa casa era la casa del
Duce?
MADRE - Eh? Ma va là, cosa dici?
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PADRE - Sì, me l’ha detto il Franco, il mio caposquadra, giù in
stabilimento. Te lo farò conoscere. Un bresan. Beh, tutte ‘ste casette
sono fatte uguali alla casa del Duce, la sua casa da bambino, a
Predappio. É vero!
MADRE - Ah, sì. Alora ci credo! Sicuro! Perché questa casetta qua
dev’essere proprio uguale a quella di Predappio, laggiù vicino al mare,
dove c’sempre un bel caldino, e anche questa qua (batte sulla finestra)
… precisa! non sa neanche cosa siano i doppi vetri, eh? niente! Senti
che spifferi! … (indica) Con quela portina poi …
PADRE - Eh, … Beh, Insomma. Giù al lago andavamo in stalla a
scaldarci. A far filò.
MADRE - Sì, ma da noi, no l’è così freda l’aria … in aprile po!
Rientrano i ragazzi con la legna (voci fuori scena)
PADRE – (prende da un tasca delle carte) Toh! guarda cosa mi han dato
all’Istituto delle Case Popolari
MADRE - Cosa sono quelle carte?
PADRE – Questo è il “Regolamento dell’Istituto per le affittanze”. (apre
il fascicolo e poi legge) Senti, senti cosa ‘l dise el punto 7: “di regola gli
alloggi si concederanno in locazione per la durata di un mese a partire
dal 1° di ciascun mese”.
MADRE – Ma come? (si guarda intorno) solo per un mese?
PADRE – (continuando a leggere) Senti ancora: “le disdette date
dall’Istituto locatore saranno insindacabili”. (Pausa, continua a leggere)
“L’affitto deve essere pagato entro il 5 di ogni mese” e, ancora “il
contratto di locazione s’intenderà senz’altro risolto per colpa e
inadempienza dell’inquilino”...
MADRE – Ma cosa vol dir?
PADRE – Vol dire che se sgaremo a pagar l’affito i ne buta fora subito,
senza ah ne bah! (prende e guarda un fascicoletto) Però guarda, hanno
pensato a tutto. All’Istituto mi hanno dato anche questo libretto: “Come
devo coltivare il mio orto”. Vuoi vedere che a me, che ho sempre fatto
il contadino, vogliono insegnarmi come si fa a piantare l’insalata?
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Rientrano i ragazzi con la legna (voci fuori scena)
FIGLIO 1 - Ma lo sapete che c’è un pomaro nell’orto?
FIGLIO 2 - E anche un ciliegio! Fiorito!
Fondazione stabilimenti (Osteria 1939)
Interno osteria.
OPERAIO 3 - Eh, me l’ricordo l’Agruzzo, mi! Prima della Zona. Tutto
verde. Era tra il Virgolo e l’aeroporto. (cala una carta) Quel posto lì era
deto l’Agruzzo. Non so perché.
OPERAIO 2 - Ma sì! Am Grutzen, i ne dis, i todesc. Me par che l’è na
farina el Grutzen. (cala una carta)
OPERAIO 3 - Beh, all’inizio dei lavori, nel 35, le rive dell’Isarco, me
ricordo, l’era tuto un fiorir de meli, giù fino alla confluenza con l’Adige.
Migliaia di alberi, decine di migliaia, e prati e vigne, e in mezzo la
ferovia. Ci andavamo a fare le scampagnate con le ragazze.
OPERAIO 2 - Ah, eco com’è che te l’ricordi! (cala una carta)
OPERAIO 3 - Eh, eh. … Poi, un pezeto ala volta, hanno espropriato e
venduto tuti i tereni alle fabbriche. A buon prezzo, eh! E poi … han
cominciato a cavar su tuto. Non han neanche aspettato il raccolto della
frutta. Avevan fretta. Han fato lo stradone in mezo e poi il sotopasagio
dela ferovia per tacarse alla via del Brennero. E han fato i recinti e ci
han fato arrivare i binari per i treni merci. (gli altri giocatori calano le
carte, orgoglioso:) Ho lavorato anche ai binari io. Metevo giù i sasi e le
traversine. Ero un bocia.
OPERAIO 2 - Va la, che ti te sei ancora ‘n bocia. (Ridono) Zuga, mona!
Che toca a ti
OPERAIO 3 - cala una carta - E così quando abbiamo finito di fare i
capanoni e mese le machine, ci hanno chiesto di rimanere lì, a lavorare,
come operai metalurgici. É così che ho cominciato allo stabilimento.
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Una volta è venuto anche il conte Volpi, il capo degli industriali, a farci
visita e il ministro … beh, no so. E poi Ciano. E Starace, anche, un saco
de volte.
OPERAIO 3 - Starace è venuto alla prima inaugurazione della la
fabbrica, per il reparto lamette. Nel millenovecentotrentasette! 1.
Hanno cominciato con le lamette. Dopo hanno messo i forni
dell’acciaieria e adesso stanno completando il laminatoio. E mi ricordo
tutte le inaugurazioni. In quelle occasioni c’era sempre Bruno Falck,
l’ingegnere capo delle Acciaierie di Bolzano. Il figlio di Giorgio Enrico. La
prima colata l’hanno celebrata nel ‘38 e mi ricordo che è venuto anche
il principe Umberto.
Io sono arrivato quando la fabbrica era agli inizi, non eravamo neanche
cento cinquanta. Ma in due anni hanno già assunto seicento operai e un
centinaio di tecnici. Prima lavoravo a Dongo, sempre con i Falck, alla
ferriera. É loro anche quella. Anzi è da lì che hanno cominciato… É tutta
una storia quella dei Falck. Un romanzo.
La ferriera era già della famiglia quando ci sono entrato io. Avevo
quattordici anni. Quella è da sempre una zona di ferriere, da secoli. Un
tempo c’era il minerale. Ma lì, a Dongo, in quegli anni, si lavorava a
trasformare il rottame mediante laminazione. Niente fusione, niente
colate. Solo riscaldamento e pressione. Ma era terribile lo stesso.
C’erano questi maestri di forno che riscaldavano i pacchi di rottame e
poi lo trasportavano, a mano, si faceva tutto a mano, lo portavano fino
ai cilindri di laminazione. Quegli uomini erano tutti coperti di cuoio, con
un cappuccio intero e una finestra col vetro affumicato per gli occhi.
Pensate che caldo?! E tutto era caldissimo: le macchine, gli strumenti,
tutto! perché le verghe erano sempre bollenti. Quegli operai lì, a 40
anni erano finiti. Come minimo dovevano cambiare mestiere. Eravamo
tanti a lavorare eh, un migliaio, due. Tante donne anche … (silenzio)
OPERAIO 2 – Dai beviamo un bicer. Martina, portane mezzo di quello
buono!
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MARTINA - Buono o meno buono, questo solo c’è. E ringrazia il tuo Dio!
che mio cugino mi ha portato su una damigiana da Padoa.
OPERAIO 2 - La Martina! (Estasiato) E i Falck? No te contavi dei Falck?
OPERAIO 3 - Sì, i Falck … Allora, la ferriera di Dongo è stata la prima dei
Falck. Sono partiti da lì. Prima era la Ferriera Rubini. Una ferriera
importante. Un loro parente deve essere stato anche ministro, nel
Regno d’Italia. (Intanto la cameriera ha portato il vino)
OPERAIO 2 (versa da bere) - Perché adesso no’ l’è più un Regno? Semo
diventadi repubblica?
OPERAIO 3 (infastidito) - Ma sì, dai! Prima dell’era fasista volevo dire.
(Entra Operaio 1)
Insomma è una storia vecchia. Di prima del Regno. C’erano gli
austriaci, nel 1833, quando il capostipite, Georges Henri Falck, è
arrivato a Dongo. Lui era un tecnico alsaziano, figlio di un ufficiale
napoleonico, chiamato per rinnovare gli impianti della ferriera.
Chiamarono questo ingegnere, uno in gamba eh, uno che sapeva il
fatto suo. Era sposato, in Alsazia. Andava e veniva i primi tempi. Poi
trasferì la famiglia a Dongo. Diventò direttore e socio. Ha portato grandi
invenzioni. Nei forni anche, ma soprattutto nel laminatoio. Ha messo il
primo laminatoio a cilindri. Non c’era nessuno che laminava allora, coi
cilindri. Si batteva tutto con il maglio. Fu il primo in Italia. E poi
cominciarono a usarlo dappertutto. Macchine, cilindri, facevano tutto a
lì, a Dongo. Progetto di Georges Henri Falck. In seguito suo figlio Enrico
sposò Irene Rubini, la figlia del proprietario.
E il loro primogenito, Giorgio Enrico, ha fondato la società "Anonima
Acciaierie e Ferriere Lombarde". Poi via via sono cresciuti. Era il 1906.
Io non ero ancora nato. (si ripete) Avevo quattordici anni quando sono
entrato alla Ferriera. Poi quando hanno aperto la filiale a Bolzano …
OPERAIO 2 - E poi i te ha menà quasù, dai, a far lamette alla Falck …
ce l’hai già raccontata questa.
OPERAIO 3 (brontola) - Mai fatto lamette, io!
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OPERAIO 1 - Beh, va ben, che bale! Basta parlar de lavoro. (abbassa la
voce) Parlen della Martina piutosto! digo … l’è ben fata, eh? (Guardano
il banco, dove Martina, legge il giornale)
MARTINA (alza la testa, divertita) - Ohe. Sentì questa. C’è un
disoccupato che è entrato … (legge dal giornale, non si vede la testata)
“… nel laboratorio di un calzolaio chiedendo in prestito una tenaglia. La
prende e (mima) si stacca uno dei denti d'oro … con questo va
all’agenzia dei pegni, lì a fianco, e si fa dare … “una somma equivalente
ai tre grammi d'oro raffinato […] L'intervento dentistico tragicomico si è
verificato in questi giorni nella nostra città, in un laboratorio di via del
Museo.” Ha, ha! … Che mato eh? Con la tenaglia del calzolaio! Ha, ha.
(anche il giovane ride)
OPERAIO 3 (serio) - Chi c’ha il lavoro è meglio che se lo tenga stretto.
Di questi tempi.
OPERAIO 1 (in piedi in posa) - Te voi strinzerme a mi Martina, che il
lavoro ghe l’ho?
MARTINA - Ti no, ti te si bruto.
(Rimane male, gli altri ridono, si alzano … Operaio 2 e 3 se ne vanno)
MARTINA (si muove, fa i rifornimenti) - Ma ti dov’è che te lavori, a la
fine? non go ancora capio …
OPERAIO 1 - Ah, mi. Beh … All’acciaieria. Facciamo l’acciaio noi.
MARTINA - Coi forni e col carbon, l’è vera?
OPERAIO 1 - Sì! Coi forni. Ma no col carbon. Non ghe minerale quassù.
C’è altri sistemi per fare l’acciaio. Col fulmine presempio.
MARTINA - Come saria col fulmine?
OPERAIO 1 - Eh, eh. Co la corente eletrica. Ah, ma non è mica difficile
far l’acciaio! L’è ‘n po’ come quando te fai el minestron o la polenta …
Intanto ci vuole gli ingredienti. … Con una gru tiri su dei rottami
metallici, pezzi di navi, binari, vecchi canoni, e li trasporti dentro il
forno. Che l’è ‘na specie de pentolon taca su, fatto tutto di acciaio (alto
tre metri e largo due, fa il gesto) e rivestito dentro di mattoni refrattari.
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Poi lo devi chiudere e ci metti su un coperchio, e dentro sto coperchio
c’è tre elettrodi che spuntano sopra i rottami. Allora con un
“trasformatore” si lanciano un po’ di scariche e si crea un arco di fulmini
[fra gli elettrodi e il rottame], 40-60 anche 80 m-i-l-a volt, quel che
serve … E alora te immagini? bum bam, i tuoni del temporale, un gran
rumor de saette che fioca sui rottami. E così i ferri si scaldano e
bruciano e fanno fumi e cominciano a sciogliersi e pian piano si
trasformano in un liquido bianco, incandescente, che bolle e ribolle e
spruzza intorno. E allora la colata è pronta … quasi pronta! Perché
prima bisogna mescolarla e alora uno va avanti con delle specie di
resterelli, dei mescoli lunghi, e così pesta le scorie e le muove ...
MARTINA - Come girar la polenta perché non faccia i grumi!
OPERAIO 1 - Eh, bè! … Ma ci stai poco davanti perché scotta! Venti
secondi e poi te scapi! Ma non è finita. La devi anche … “assaggiare”.
Infatti a un certo punto bisogna aprire uno sportellino nel forno e con
‘na specie di tazza col manico lungo lungo tiri su un po’ di ‘sto liquido e
lo versi in una formella dove raffredda. Appena solido, questo massello,
se ciama, viene mandato al laboratorio. Lì ci sono i tecnici che lo
analizzano, misurano la composizione decidono quello che manca, del
cromo magari o del nichel. Cinque minuti in tutto e la risposta ritorna al
forno. E lì alora butano dentro un tot di palate, di questo o di quello.
MARTINA - Come aggiungere il sale!
OPERAIO 1 - Eh bè! E si prova anche due o tre volte, fin che la polenta
è … perfetta! A quel punto il paiolo va inclinato … e il liquido cola giù,
da una specie di becco, e finisce sotto, nella … nel …
MARTINA - … nel tagliere, finisce! In meso a la taola! Va là! Quante
ciacole che te me conti ti! Lasame perder, va là, che go da far adeso.
(Si volta e va nel retro)
OPERAIO 1 – Martina! ... dovresti vederla la colata dell'acciaio! Che
spettacolo! Di notte, al buio... I colori, Martina! Vedi i colori che
cambiano, una cosa meravigliosa che non ho mai visto. Mai.
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Quando cola l'acciaio hai la sensazione... non so come dire.
MARTINA - Proveghe. Te scolto.
OPERAIO 1 - ... la sensazione di dominare la materia, di ... di plasmarla!
Di darle forma come dentro al vulcano... col fuoco e col gran calore
dell'inferno!
MARTINA - Te l’digo sempre che te sei un diaolo!
OPERAIO 1 - Hai presente Martina quando si guarda il fuoco, che le
fiamme ti catturano lo sguardo e non lo leveresti più? Ecco. La stessa
cosa, ma più grande. Più pericolosa.
MARTINA - Pericolosa dici?
OPERAIO 1 - Perché ti attira! Ti chiama ... Vuoi andare via perché il
fuoco ti ruggisce contro, ma vorresti anche andarci dentro ... E tu sei lì
come incantato, vorresti scappare, ma l'inferno ti attira col calore e con
la fiamma: ti vuole! (rientra operaio 2)
OPERAIO 2 - Martina senti…. Ops … Scusate il disturbo, se mi dai un
bicchiere di rosso Martina, pago … e vi lascio soli. (se la ride)
MARTINA - Ma dai, sempre a pensàr male ti …
OPERAIO 1 - (schernendosi) No, no, raccontavo del fuoco...
OPERAIO 2 - Ah, eh, certo … La Martina qua, ne ha incendiati tanti di
giovanotti!
MARTINA - (servendogli il bicchiere) Ma tasi e bevi!
OPERAIO 1 - Raccontavo solo della mia meraviglia a vedere la colata, i
colori che mutano, il fascino del fuoco ... tutto qua.
OPERAIO 2 - (beve) E' affascinante, vero? Lo so.
OPERAIO 1 - Affascinante e tremendo insieme, questo volevo dire.
OPERAIO 2 - Vero. anch'io all'inizio ero stregato dal fuoco.
Chi non lo è?
OPERAIO 1 - Stregato, sì, stregato.
OPERAIO 2 - Ma dopo ti passa... I pericoli ci sono, ma noi siamo duri,
noi vinciamo il fuoco! I primi tempi che ero la, quando si colava,
c'erano le vampe e le fumate dappertutto e c'era anche qualche
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“signorina” che si metteva il fazzoletto sulla bocca! Ma lo prendevano in
giro da matti, mi ricordo, il primo che si presentò con la maschera
antifumo, siamo mezzi morti dal ridere...
OPERAIO 1 (ridendo) - Incoscienti..!
MARTINA - E po' càpita le disgrazie! (esce)
OPERAIO 2 - Eh, i primi tempi che ero qua io, andava così. Ci
sentivamo tutti capitani coraggiosi. Ho lavorato anche in forgia e ti
assicuro che fucinare un lingotto da dieci tonnellate è una cosa
impressionante. Alla fine ti senti dio, ti senti.
OPERAIO 1- Vulcano! Ti senti come il dio Vulcano!!!
Operaio (monologo)
OPERAIO - Il mio primo lavoro … un lavoro fisso con stipendio sicuro …
un sogno in quegli anni!… Il mio futuro appariva improvvisamente così
bello, così semplice ... Ma … E il prezzo? Non c’era un prezzo da
pagare? Io, la prima volta che sono entrato in acciaieria mi ricordo
soprattutto … la paura. Ero un bocia, avevo sedici anni, e tutto era
grande, enorme, gigantesco. I capannoni intanto. Alti due o tre piani e
aperti in cima sulle campate, e freddi. Ci faceva un freddo d’inverno,
altroché forni! E su in alto c’erano travi di ferro, tralicci e binari, e ponti
mobili larghi quanto il capannone, con le cabine delle gru e i paranchi
sospesi e le catene, grosse come un braccio, e i ganci grossi come
uomini che ti dondolavano sopra la testa, e ceste enormi appese, piene
di rottami, due tre tonnellate di ferrame, e tutta quella roba mica che
stava ferma, eh, no, si muovono le bestie. Un sibilo continuo come un
ammonimento del cielo.
Nel capannone devi avere cento occhi e stare ben attento a dove metti i
piedi, perché anche il pavimento è pieno di trappole, piattaforme e
scalette, lastre di ferro imbullonate e ringhiere, e fosse e seminterrati.
E dappertutto gente, lavoratori su e giù che corrono e si dan da fare. E
in mezzo al capannone, c’erano a quei tempi, lì in mezzo, tre grosse
costruzioni, tre cilindri, tre pignatte, pignattone, sporche, nere di fumo
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e bianche di polvere, piene di tubi e di cavi, appese in alto e affacciate
sulle fosse e da lì … un altro suono ancora, più cupo, più infernale; un
brontolio cattivo. E allora mi sono avvicinato, e ho cominciato a sentire
il caldo, fino a che ho raggiunto il primo forno e ho guardato dentro la
sua bocca aperta. Guardare! non è che si poteva guardare. Si vedeva
solo un gran bianco incandescente che avevi paura a fissarlo, e allora
ho abbassato gli occhiali che avevo sull’elmetto, e ho guardato dentro
lo sporto e l’ho visto il latte furioso dei vulcani, l’acciaio liquido, che
sbuffava e si agitava e si schiantava dappertutto dentro il calderone… E
ho fatto un salto indietro.
Una mano allora si è appoggiata delicatamente sulla mia spalla e il
caposquadra mi ha sorriso. Ricordo i suoi occhi chiari, sereni, pieni di
fierezza e di comprensione, che spiccavano nel viso annerito dalla
polvere. Mi disse tranquillo: “Vieni con me, non ti preoccupare! … Ci si
abitua in fretta.” Mi avviai dietro a quell’uomo con la fiducia totale che
un bambino prova per il proprio padre. Osservavo le piccole nuvole di
polvere che si alzavano ad ogni passo mentre da dentro saliva una
domanda: è questo allora il prezzo da pagare?
La Madonna dell'acciaio
Ingegnere, UOMO 1 e UOMO 2.
UOMO 1 - Faccia attenzione ingegnere, i gradini ...
UOMO 2 – C’è un bel casino qua sotto, eh?
INGEGNERE - Dov'era?
UOMO 1 - (indicando dalla parte opposta della scena) Era lì, sior
ingegnere...
UOMO 2 - Sì, lì...inginocchiato... che pregava...
UOMO 1 - (indicando Uomo 2) Lui l'ha trovato ed è venuto subito a
chiamarmi.
UOMO 2 - Ero venuto giù perché l'avevo visto scendere... a prendere
qualche cosa... poi è passato del tempo e siccome non tornava...
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INGEGNERE - Sì, ma 'sta storia della madonna chi l'ha messa in giro,
è vera?
UOMO 2 - Nessuno l'ha messa in giro. Lui l'ha detto!
UOMO 1 - Ho sentito anch'io, ingegnere, perché quando l'abbiamo
svegliato...
INGEGNERE - Svegliato?
UOMO 1 - Non dormiva mica, ma guardava il muro di fronte e non
rispondeva...
UOMO 2 - E poi da così che era (indica le mani giunte) ha allargato
così... (apre le braccia lungo i fianchi) ... mi si non rizzati i capelli,
ingegnere, pareva uno dei pastorelli di Lourdes!
INGEGNERE - (ha un leggero moto di insofferenza)
UOMO 1 - E allora io l'ho preso per le spalle e l'ho scrollato forte
“Angelo, cosa fai!?” gridavo.
UOMO 2 - Zà con quel nome...
UOMO 1 - E lui ci ha messo un po' a vederci... era come stralunato...
sudava...
INGEGNERE - Bella scoperta, qua sotto per forza! Chi non suderebbe,
non diciamo sciocchezze, avanti...
UOMO 2 - (rincarando) ...e allora ha detto “Ho visto Maria Vergine! La
era lì!” ed è scoppiato a piangere … Miga bale.
UOMO 1 - L' avemo portà su a l'infermeria che 'l stava male...
INGEGNERE - Che non sta bene è certo. Stanchezza dicono...
(indicando) Chi ha messo lì quella roba?
UOMO 2 - Che roba?
INGEGNERE - I lumini, i fiori ... Se facciamo gli altarini le cose
potrebbero complicarsi, ve ne rendete conto? O volete che ci facciamo
… il Santuario della Madonna dell'acciaio?
UOMO 1 - Ah, no so, non c'era ieri questa roba... (a UOMO 2) Porta via!
UOMO 2 - (eseguendo) Però... quella del Santuario...
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UOMO 1 - Lei diceva la stanchezza, ingegnere, e anca mi credo...
Bisognerebbe parlare di quei turni lì, sono massacranti... vede ben cosa
può succedere...
INGEGNERE - Allora senta: adesso Lorenzin è in cura, a riposo...
abbiamo parlato con i medici ... dicono che nel giro di una settimana
torna come nuovo. Solo un po' di stanchezza e ... qualche bicchiere in
mensa ... eh? Si vede che la debolezza gli ha tirato questo scherzo. …
Tutto qui. Evitiamo di ingrandire una storia che è triste. Va bene? Meno
se ne parla meglio è, capisce anche lei, ha visto che c'erano già i
lumini, no?
(si avviano parlando per uscire, UOMO 2 indugia da solo)
UOMO 2 - La Madona de l'Acciaio..! (si guarda intorno, poi via di corsa
dietro ai due).
DURANTE IL FASCISMO
(37-39)
1937-39 Cantieri
INGEGNERE - Nel ‘37 la zona industriale è già in funzione ma
l’urbanistica comunale è in ritardo. I quartieri popolari sono abitati ma
mancano tutte le infrastrutture. Non ci sono scuole, mezzi pubblici,
farmacie, non c‘è una chiesa. Mancano ancora strade e mancano i
ponti. Le fabbriche sono vicine al quartiere operaio, a fianco quasi … ma
dall’altra parte del fiume. Per attraversarlo i lavoratori sono costretti a
un lungo giro vizioso, a piedi o in bicicletta, per raggiungere l’unico
ponte allora esistente, il ponte Isarco, oggi Loreto. Devono quindi
tornare indietro lungo la via del Brennero, fino in fondo ad Oltrisarco,
all’unico sottopassaggio per la Zona.
Mancano i ponti (al casello)
Arrivano due operai, assonnati, uno con gavetta a tracolla, si fermano a
un muro.
OPERAIO 1 - Siamo in tempo? Quanto manca?
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OPERAIO 2 (si sporge e guarda oltre il muro) - Due o tre minuti vedrai,
è tutto calcolato. Siamo giusti ti dico …
OPERAIO 1 - Speren.
OPERAIO 2 - Sta giù piuttosto che se i ne vede …
OPERAIO 1 - Ma digo la sarà na monada?! Gli stabilimenti i è lì, tacadi,
da l’altra parte dell’Isarco. E ne toca far tutto sto giro del pipi. Sarà tre
chilometri, fin al Ponte Isarco e poi de novo zo, altri quattro almeno
per ‘rivare alle fabbriche. No i podeva miga scominziar dai ponti, no?
Almeno un’ora ci vuole, all’andata, e un’altra al ritorno. Col ponte, da
casa mia, saria, ma digo neanche dieci minuti.
OPERAIO 2 – Eee, porta pazienza. Te vedrai che i farà anche i ponti.
Ponte Littorio han già messo giù i piloni.
OPERAIO 1 – Bella roba. Anche quelo l’è lontan, dovevan cominciare
giù, alla Zona.
OPERAIO 2 – Ma se non c’è neanche la strada. Comunque dicono che la
faranno. Si chiamerà corso Stelvio e unirà la zona industriale alla strada
per Merano. E in mezzo ci faranno il ponte. Ponte Rezia. Sempre a
lamentarte ti. Ma la casa te l’han data, o no? E il lavoro? anche… Ades
pian pian te vedrai, ci faremo anche ‘na bicicletta.
OPERAIO 1 – Mm. Con quel che le costa … Comunque, qualche palanca2
[soldino] al mese le metto via, e prima o poi vedrai che la compro. Na
bela Bianchi. Solo, però … intanto … avanti e ‘ndré come mussi.
OPERAIO 2 – Bè, bè, te vedrai che con il mio sistema (indica avanti)
guadagniamo almeno ‘na mezzora. E poi si vedrà. Sta giù. Che i
ferrovieri fin a qua non arrivano … Ma se i ne vede i ne corre drio. E poi
ci denunciano ...
OPERAIO 1 – Mi sembra di sentir qualcosa …
OPERAIO 2 – Sì, eccolo. L’è lu, è il merci, sta pronto. Quando sbuca lì
dal casello vedrai che rallenta, ti, come che te l’vedi, scominzia a
correr. Al primo treno aperto saltiamo dentro e in tre minuti siamo giù,
alla Zona. … E vedrai che prima o poi faranno anche i ponti.
OPERAIO 1 – Via!
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Escono correndo. (suono di treno?)
La Chiesetta (casa semirurale)
DONNA,
PRETE, GIOVANE,
poi UOMO
DONNA - Certo don Giacinto, noi cerchiamo di esser buoni cristiani, ma
qui alle semirurali, semo in tanti e non c’è neanche ‘na chieseta
picolina, ‘na capela per far la comunione.
GIOVANE - Se è per quello non ci sono tante altre cose qui.
DONNA - Non lamentarte del brodo grasso ti …
PRETE - Tua madre ha ragione, non bisogna mai dimenticarsi che c’è chi
sta peggio di noi. Sono d’accordo con voi, signora Lina. Ci manca
proprio una chiesa, un luogo santo, dove potersi incontrare, tutti i
buoni credenti. Anche solo per conoscersi ...
DONNA – Giusto. É proprio vero quello che dite. Perchè noi semo rivadi
qui, con tanti altri da tute le parti d’Italia. E adesso viviamo tuti insieme
alle Semirurali, ma in realtà non sappiamo niente di nessuno. A
malapena ne conosemo tra vicini. Siamo come degli isolati, qua in
mezo ai orti..
GIOVANE - Per forza! Si deve solo lavorare, dormire, mangiare e poi in
questa specie di “quartiere” ci sono a malapena le strade, per i negozi
biosogna ‘nadre fin su a via Torino, niente scuole, niente farmacia,
niente ritrovi. Ma la caserma dei carabinieri, la stan facendo … quelli ci
sono! Ci sono sempre …
PRETE – I carabinieri non fanno niente di male. Fanno il loro lavoro. Non
dovresti parlare così. Questo quartiere è stato costruito apposta per i
lavoratori delle fabbriche, contadini come i tuoi genitori, che han
trovato casa e lavoro, mentre tanti sono ancora giù a far la fame … E
poi sì, mancano delle cose, ma si sta ancora lavorando, si sta
migliorando …
GIOVANE - Ho la sensazione, don Giacinto, che se non ci diamo da fare
noi, qui non cambierà proprio niente. Ma non lo vede che siamo staccati
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dal resto della città, senza collegamenti, senza ponti? Quella passerella
che han messo sul fiume, l’è de corda! Mi fa paura solo a guardarla!
DONNA - Intanto qui il duce ci ha dato una casa e un lavoro … E tu ti sei
già dimenticato della vita che facevamo in paese. Quando il papà
andava a raccogliere i fichi. E se magnava pan e fichi. E basta.
PRETE - Ma tu che sei giovane non ti lamentare. Hai anche la bicicletta!
In due colpi di pedale sei già in città, in piazza del duomo.
GIOVANE - E cosa ci vado a fare … a guardare i signori che mangiano le
paste?
DONNA - Luigi, non parlar in questo modo al paroco.
GIOVANE - Scusatemi padre …
PRETE - Non fa niente. Voi giovani … vorreste mangiare la vita a morsi e
invece … di questi tempi, vi dovete accontentare di qualche briciola!
Però ricordati Luigi che un futuro migliore si costruisce piano piano,
mattone dopo mattone con pazienza, costanza e fede.
Certo, è vero, c’è anche il problema della chiesa … Non abbiamo
neanche una cappelletta in cui ritrovarci, qui nel quartiere … Ma mi
sono già dato da fare. Sono andato dal signor Prefetto e gli ho spiegato
dei vari problemi e del bisogno di fare una chiesa. Ma lui mi ha detto
che occorre il progetto ... che mancano i fondi, insomma, le solite scuse
insomma. Allora gli ho detto di brutto: “Se non vi decidete a costruire
una chiesa nel rione Dux, prima o poi dovrete costruirci una prigione!”
Si è seccato un po’ e poi mi ha liquidato dicendo che ne vuole parlare
col Principe Vescovo di Trento ...
GIOVANE – Allora, campa cavallo ...
PRETE – Aspetta! … Io allora sono andato all’Istituto delle Case Popolari
e ho parlato col Direttore. Gli ho spiegato che per intanto ci basterebbe
anche una piccola cappella ... tanto per iniziare. Potrebbe andare bene
anche una casa semirurale, col suo orto che diventerebbe un cortile per
il gioco dei ragazzi ... Beh! Mi ha dato buone speranze … Ma alla
condizione che pagheremo l’affitto per tutti quattro gli appartamenti.
(Entra il marito)
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UOMO - Buonasera Don Giacinto!
DONNA – Hai una faccia troppo allegra ... Sei stato all’osteria e avevi
sete più del solito?
UOMO – Sono allegro perché ho una buona notizia!
PRETE – Ah sì? E di che genere?
UOMO – Lei sarà proprio contento di quello che vi dirò, ma anche noi ...
DONNA – Su racconta, non tenerci così sulla corda?
UOMO – (rivolto alla donna) Stavo per uscire dall’osteria quando è
arrivato Giovanni … Sai quel Giovanni, nostro paesano, che fa il
muratore ... Beh, mi sono fermato per fare due chiacchiere e, sapete
come è, una parola tira l’altra...
DONNA – Eh già, se sa come l’è, succede anche coi bicchieri … uno tira
l’altro...
UOMO – Lascia perdere i bicchieri. Insomma sto Giovanni mi ha detto
che il suo capo gli ha dato ordine di presentarsi, domani mattina, in via
Palermo perché devono cominciare i lavori di modifica di una casa
semirurale ... per fare una chiesetta!
PRETE - Sia ringraziato Dio! E grazie a … tutti.
DONNA – Si vede che l’Istituto el s’è convinto ...
GIOVANE – Anche l’orto vero? Mi vedo già lì a giocare coi miei amici ...
UOMO – Tu non pensi ad altro... Trasformeremo la casetta in una chiesa
e ci metteremo anche un piccolo campanile. La nostra chiesa!
PRETE – E una campanella! Che ci unirà tutti e scalderà i cuori nei
momenti di tristezza ...
DONNA - La chiesetta delle semirurali! La nostra nuova parrocchia!
UOMO – Un ritrovo per tutti!
PRETE - Vedi Luigi. Ricordati! Stiamo mettendo un mattone importante
per il nostro futuro.
La Sedia (spogliatoi fabbrica)
2 uomini; scena spogliatoi
UOMO 1 – Hai sentito dell’Armando? Il Zanotti?
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UOMO 2 – Sì ben, quela sagoma … Cosa?
UOMO 1 – Beh, sai che c’è quella carogna di guardia che si nasconde
per beccarti ...
UOMO 2 – E darti la multa!
UOMO 1 – Beh, gli ha fatto un tiro, ma un tiro che ridevamo tutti! Che
scena..!
UOMO 2 – Il Zanotti?! Racconta, dai!
UOMO 1 – Da morir dal ridere ... Lo sai che quando finisce il suo giro di
agguati, quel bastardo de guardiano, va a riposarsi in quel suo
posticino ...
UOMO 2 – Al magazzino spedizioni el se sconde, el maledeto! I lo sa tuti
UOMO 1 – Appunto. Lì ha una sedia. Dove si mette a leggere il
giornale..
UOMO 2 – Sì, el legge il giornale lu!
UOMO 1 – Ascolta. Il Zanotti è scivolato dentro con un barattolo di
minio e, quando l'altro faceva il suo giro, gliel'ha tutta dipinta ...
UOMO 2 – La sedia! Col minio!?
UOMO 1 – Sì, te digo. Tuta la caréga l'ha fato! Minio rosso scuro, che
en la penombra non si vedeva neanche! (ride)
Uomo 2 – Can da l'ua! Ma dai, va' avanti! E dopo?
Uomo 1 – Quell'altro non se è accorto di niente ... Si è seduto e si è
messo a leggere, tranquillo … passa un po' di tempo e ritorna giù al
capannone, si guarda intorno, si volta e mostra a tutti il suo culo rosso!
Pareva na scimia, pareva... (ridono tutti e due)
Uomo 2 - Ah, ‘desso capisco! Da noi hanno fatto un'indagine per
sapere se avevamo visto qualcuno andare alle spedizioni!
Uomo 1 – Credo ben! Ha fatto la denuncia, la guardia, no? Un casino è
venuto fuori! Ci hanno interrogati in massa, ma nessuno ha parlato,
tutti che cascava da le nuvole... Oh, dicono che rideva anche
l'ingegnere, sotto i baffi...
Uomo 2 - Bela questa! Che sagoma quel Zanotti!
Uomo 1 – Dio che ridere... (ride ancora, poi si asciuga gli occhi) Ha
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rischiato però, sai, dio bono, se ha rischiato: se i lo ciapa, se qualcuno
si lascia scappare qualche mezza parola... magari anca senza cattiveria
ah, addio Acciaierie per lui!
Ci vediamo. Oh, acqua 'n boca, vera?
Uomo 2 – Vado, io, ti saluto.
Uomo 1 – Ci vediamo. Oh, acqua in bocca, vero?
Uomo 2 – La ghe sta ben! Muto come 'n pesse! (escono ridacchiando).
La preoccupazione (casa semirurale)
UOMO1 - Scrive la Provincia di Bolzano il 9.gennaio, nel 37 “... altre
sirene fanno eco alla prima. Sono quelle della zona industriale che
fanno spalancare le porte dei cantieri e degli stabilimenti. La loro voce è
nuova, fresca, squillante. Ha un che di festoso, di allegro di allettante
che non urta i nervi, come la sveglia del mattino, ma infonde gioia e
serenità.”
Madre, figlio
MADRE - Sì, sono contenta, certo, abbiamo migliorato molto la nostra
situazione, ‘desso abbiamo una casa, piccolina, un po’ fredda, ma ce
l’abbiamo, e abbiamo uno stipendio sicuro, almeno uno. E la fame è
un ricordo forse lontano ...
FIGLIO – Ma certo mamma! Da quando siamo a qui Bolzano sono
cambiate molte cose ... in meglio… Quando il papà faceva il bracciante
giù nella bassa … me li ricordo i vostri discorsi per cercare la maniera di
tirare avanti ...
MADRE - E’ vero, dovevamo fare i salti mortali e fare sempre i conti con
il tempo e le stagioni. Perchè il tempo fa quello che vuole lui. Perché se
la stagione non è buona, il raccolto è scarso e gli stenti d’inverno sono
assicurati.
FIGLIO - Lo so mamma. Me li ricordo anch’io quei giorni. Ma pensa
adesso come è diverso, adesso il papà lavora in fabbrica, e la fabbrica
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funziona sempre, che ci sia il sole oppure che piova: e il pane sulla
nostra tavola è sempre garantito!
MADRE - (amaramente) Sì, sì……
FIGLIO - Cosa c’è mamma, non sei contenta?
MADRE - Sì, che lo sono, però quando tuo padre esce di casa per
andare al turno io sono irrequieta e mi preoccupo finché lui non torna.
Io non so bene come sia lavorare dentro le acciaierie ma, da quello che
mi ha detto tuo padre mi sembra un lavoro pericoloso, pieno di rischi.
Perché le vedo io le bruciature sulla tuta quando la porta a casa per
lavare: mi tocca lavarla due tre volte per togliere il nero e l’unto. E
tutto il tempo e rammendare i buchi!
FIGLIO - Mamma, non stare in pena, lo sai che papà è sempre molto
attento in tutto quello che fa; sarà attento anche in fabbrica. Va bene,
dai… Io vado un po’ in strada. (esce)
MADRE - Si, si, vai. . Io sto qui ad aspettare che suoni la sirena. E’ lei,
la sirena delle acciaierie che mi conta le ore, che mi toglie dal sonno la
mattina, che mi mette addosso un’agitazione, un brutto pensiero che
dura fino alla sera quando la sento urlare … ( rientra il figlio, si ferma
sulla porta e ascolta le ultime parole …) …e ogni volta mi sembra che
mi grida: “Attenta! il tuo uomo potrebbe non tornare!” Quello è il
momento più brutto della giornata, quell’ultima attesa che svanisce solo
quando si apre la porta e finalmente mio marito è di nuovo a casa.
(si siede e prega)
FIGLIO - La fabbrica ci prende allo stomaco e ci rimbomba nelle
orecchie, ci parla con i suoi rumori, con le sirene, con i tuoni delle
colate, e ogni suono sembra un lamento. O forse è un monito?
“Attenti uomini. Sapete quel che fate?” .
Calzettoni bianchi (monologo)
UOMO 1 - Ricorderò sempre il mio primo incontro coi fascisti. Ero bòcia.
Ero in via Firenze che assistevo ad una sfilata di arditi. Pugnale tra i
denti e face da paura. Sono lì che guardo imbambolato questo
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squadrone, i gagliardetti neri con il teschio... e a un certo punto uno de
sti lazzaroni esce dalla fila, mi prende, mi molla un calcione che mi alza
da terra e urla “Saluta il gagliardetto!”. Se l'è presa proprio con me
perché mi ero dimenticato di togliermi il cappello! Ho dovuto correre
davanti al battaglione e salutare se no i me 'mpieniva de bòte. Robe,
robe..! Quando andavo alle Regina Elena, alle elementari avevo un
compagno tedesco. Otto Mueller si chiamava. Eravamo in quinta classe.
I suoi genitori erano optanti e io, col candore dell'età, ho chiesto a Otto
“Perché volete andare via?” e lui mi ha guardato serioserio e mi ha
risposto “Non lo so”. Non ho più dimenticato la sua espressione... Poi
quand'ero più grande facevo le Professionali in Piazza Domenicani.
Studiavamo e facevamo pratica alle forge in Acciaieria. In quel periodo
si tagliavano le canne per fare i moschetti della Beretta. E mia mamma,
che lavorava al cotonificio a S. Antonio, mi fece un paio di calzettoni
bianchi come quelli sudtirolesi. Chissà da chi aveva imparato... Arrivo in
fabbrica e c'era un assistente, allora, che pareva proprio Italo Balbo,
sputato, preciso! Co'la barbetta a punta, il pizzo nero, proprio come lui.
Mi ha guardato i calzettoni, sospettoso, una volta, due... e dopo io mi
sono accorto che mi teneva d'occhio. Guardava quello che facevo, se
parlavo ascoltava cosa dicevo. Insomma, sono stato tutto il giorno
sulle spine, non capivo. Poi ho saputo che era andato in giro a
domandare a tanti se mi conoscevano e se non ero mica tedesco con
quei calzettoni..! (ride) Quel “Balbo” lì, era nuovo. Non sapeva che non
ci venivano proprio i tedeschi in fabbrica. Non è che fosse proibita
l’assunzione. Solo che non facevano domanda. Per loro, montanari,
cresciuti nei boschi, le fabbriche erano diavolacci walschen, e
puzzolenti. Neanche i nonesi venivano volentieri in fabbrica. La
manodopera la cercavamo sempre fuori, lontano …
1938 – Anschluss, opzioni
INGEGNERE - Nel ‘38 Hitler si annette l’Austria e rivendica i territori in
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Polonia. L’Italia ha il suo “Impero” nel Corno d’Africa e risponde con
l’Autarchia! alle sanzioni internazionali. Così gli italiani bevono caffè di
cicoria, combattono la battaglia del grano e si radono con le lamette
“Falco” prodotte dalle Acciaierie di Bolzano. Mussolini e Hitler
continuano a incontrarsi e a complimentarsi a vicenda, e intanto
stringono patti militari e concordano le opzioni per il Sudtirolo. I
sudtirolesi potranno scegliere se riunirsi al Volk. Si dovrà organizzare
un trasferimento di massa in un territorio “uguale” a quello altoatesino.
Non “equivalente”: proprio identico, persino i paesini gli rifaranno
uguali. In realtà chi tenterà di restare dovrà affrontare la persecuzione
dei nazisti e dei loro complici locali.
SOTTO LE BOMBE 39-43
1939-40 Guerra
INGEGNERE - Nel settembre del 1939 Hitler invade la Polonia e dà il via
alla seconda guerra mondiale. Mussolini, decide di affiancarsi all’alleato
germanico, vittorioso su tutti i fronti.
Il 10 giugno del 40 l’Italia dichiara guerra a Francia e Inghilterra.
"Un'ora segnata dal destino batte nel cielo della nostra patria". Per il
momento nel cielo della patria si vedono solo arrivare i bombardieri. E
comincia il coprifuoco.
Le sirene delle fabbriche, la speranza per il domani, per il futuro
prospero, quel suono fino a ieri amico diventa lugubre e terribile, quel
suono oggi annuncia le incursioni aeree!
1942 Allarmi aerei (Rifugio Virgolo)
Moglie di operaio e vicino pensionato.
VICINO - Quanta miseria che c’è in giro. E poi ‘sta guerra. Con tutti ‘sti
allarmi. E avanti e indietro fino ai rifugi … e non bombardano mai. Sarà
due anni che ‘ndemo nei rifugi … per niente.
MOGLIE (con scialle) - Beh, meno male. Cosa vuole che ci bombardano?
In Italia le buttano giù le bombe eh! E ne hanno ammazzati anche
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tanti. A Torino, anche a Milano, la gente sono dovuti scapare, sfolati,
via.
VICINO - No, no, per carità. Sperem de no. Dicono che fino quassù non
bombardano! No i ghe riva … Solo che andar al rifugio, al Virgolo, molar
lì tuto, tra che te rivi a ponte Littorio, anzi ponte Roma3 i ghe dise
adeso, e alora te vai en zo a la galeria, spettar magari un’ora, o tre, o
anche tutto il giorno, sentadi su le panche zitti a ‘scoltar …
MOGLIE - Be, insomma, c’è anche quelli che ciacola, e i conta storielle!
VICINO - Sì, sì, è vero. L’ha sentita l’ultima? Quella del sovversivo che
l’è andà a Roma per ammazzare MUSSOLINI? (Moglie, scuote la testa)
Beh, niente, l’è tornà endrio.
MOGLIE – Perché?
VICINO – Perché el se stufà de spetar in coda! … Ha, ha. (Serio)
Comunque, digo, anche quando finise l’allarme, ghe vol n’altra mezzora
tra che la galleria la se svoda tuta. Diecimila cristiani, eh!
MOGLIE - Anche più me sa. Ghe meza città.… Lo vuole un bicchiere di
carcadè? C’ho già l’acqua sulla stufa …
VICINO - Oh, beh, alora, volentieri. Con questo freddo.
La moglie si alza e armeggia un po’ nel cucinino.
VICINO (riprende annoiata) - E poi tutto il tempo che te torni indrio,
sarà due chilometri …
MOGLIE - Anche tre!
VICINO - Eh! alla fine non te fai più niente! A le fabbriche l’è uguale, i
mola lì tutto, i spegne i forni e i va via. I scampa con le biciclete fin ‘zo
al cimitero, al rifugio nella montagna.
MOGLIE - Eh già! Così se i more per strada i ghe fa subito i funerali!
VICINO - Mi tante volte stò a casa! No ghe vago. De note specialmente.
Fa fredo. Chi me lo fa far de correr fora quando suona l’alarme? Alora
mi stringo nela trapunta e mi giro dall’altra e me indormenzo.
MOGLIE (Annuisce) - Certo che potevano farle le cantine a ste case!
Almeno si andava a rifugiarsi lì. Potevano far delle gallerie sotto. Mah.
Neanche lo scavo ci hanno messo. Appoggiate sula tera e … e basta. E
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quelle due trincerone coperte, in piazza Pontina! ma lì se casca ‘na
bomba va giù tutto. (fa un gesto) Oh, il carcadè! (Va nel cucinino)
VICINO - É vero che in fabbrica dove lavora suo marito c’è un rifugio
(scandisce) in-vul-nera-bile ?
MOGLIE annuisce, versando il carcadè - Mm. Le Acciaierie hanno
costruito un tunnel da 150 posti sotto il parco rottame. Quando sei
sotto un pacco di rottami di ferro alto dieci metri sei al sicuro da ogni
bomba, dicono! É piccolo, ma in caso di emergenza …Dentro ce una
bicicletta per far la corrente. E c’è perfino un telefono collegato con la
caserma.
VICINA - Però! Certo che è fortunato suo marito. A lavorare in
stabilimento dico. Quelli son lavori d’oro. Posto sicuro, pagato bene
di ‘sti tempi.
MOGLIE - Beh, insomma.
E poi le fabbriche sono, come si dice? Mi-li-ta-rizzate. Alla Lancia fanno
gli autocarri per l’esercito, alle Acciaierie le canne per i moschetti, ‘na
bella fortuna di ‘sti tempi. Almeno, no i li manda in guera, al fronte.
MOGLIE - Ah, beh, sì. Per tante cose…
VICINO - Mio figlio, Remo, non è mica sistemato sa. Deve ancora
andare a fare il militare. Per adesso è ancora piccolo, lavora al
calzaturificio. Ma tra un anno o due c’è il pericolo che lo chiamano.
Spero solo che finisca presto.
MOGLIE - Beh, insomma noi, grazie a Dio… Mio marito ha sempre la sua
paga. Con le razioni non ci facciamo niente, ma un chilo di farina, due
uova, qualcosa riusciamo ancora a comperare. Un pasto decente al
giorno almeno! E poi c’è le mense. Il grande è alla Lancia, è
apprendista. I lo paga niente, ma almeno gli danno da mangiare. E
anche mio marito … A volte i porta a casa un pezo de pan nero o ‘na
scatoletta. De carne o de pesce. Dopo ghe ne do una!
VICINO – Grazie, ma non la deve disturbarse …
Moglie (continuando) - Sì, l’Acciaieria l’è un posto sicuro, meglio di
tanti altri de sti tempi po’. Ma io sono sempre in pena, tuto il tempo.
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Cinque anni che Fulvio lavora lì e non mi sono ancora abituata. Troppi
pericoli quel lavoro lì. E quanta fatica. Sempre in mezzo ai fumi e core
tutto il tempo, con quei feri bollenti da tirare.
VICINO - La deve finir sta schifosa guera! La deve finir perché …
[Suono sirena. Uno breve. Uno lungo.]
Allarme aereo … si alzano sbuffando…
MOGLIE - beh, almeno porterò su un po’ di candele da vendere. Le
fanno i miei figli sa, coi pezzi di cera e le corde …
1942 Pedala, Pedala... (Rifugio Acciaieria)
scena rifugio, uomo 1 e uomo 3 seduti; s'intuisce uomo 2 che è
all'esterno
UOMO 1 - (sta leggendo) Pedala Fulvio, pedala che la cala ... (guarda la
lampadina che frigge e lampeggia) Ma santo dio, non sei capace di
pedalare sempre uguale che se vede lampi e me cavo i òci, me cavo!
UOMO 2 - (da fuori, affannato) Va in mona!
UOMO 1 - Bravo! Questi sono gli accordi, caro mio: en po' per uno. Dai
che pedalare fa bene al
cuore, i dise... Daghe dentro.
UOMO 3 - Adesso vengo a darti il cambio io, Fulvio.
UOMO 1 - Ma aspèta, avrà ancora 5 minuti per finire il turno ciclistico!
Sta qua.
UOMO 3 - E se mi schiatta? Guardalo ha gli occhi fuori dalle orbite!
(esce)
UOMO 1 - Ma santa madona, come a fa uno a leggere in pace con
questi due. (si fa buio, poi la luce
torna). Toh, ecco qua, speriamo... (riprende a leggere)
UOMO 2 - (entra barcollando) Intelletuale dei me stivali! Te volevi
farme morire su quel trabicolo, ah?
UOMO 1 - (ridendo) Uh, guardatelo il campione. Non lo vinci il Giro
d'Italia se pedali a colpi...
UOMO 2 - Na bela Eva. (asciugandosi il sudore) Fai sempre tutto facile.
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UOMO 1 - Varda, Bartali! (indica la lampadina la cui luce ora è
abbastanza costante) Vedi la pedalata del Mario: lui ha resistenza, stile,
altroché ti. È un passista vero, lui, non uno scattista..
UOMO 2 - Sì, ma la lampadina la se fulmina se ti ghe meti massa forza,
teston!
UOMO 1 - Ma cosa vuoi che si fulmini, ti te sei fulminà. E se la s'ciòpa la
cambiemo. Miseria, uno cerca di concentrarsi per leggere due notizie
de 'sta guera maledeta e tute le volte 'sta cagnara! (verso la quinta)
Perfetto così, Mario: vai che sei solo!
UOMO 2 - Ah, lu 'l comanda, lui dà gli ordini, seduto, e i altri i sfadìga.
(amaro) Te farai carriera ti.
UOMO 1 - Silenzio. Avrà diritto un lavoratore a cinque minuti in santa
pace, nel rifugio, o no?
UOMO 2 - (pausa) No i bombarda stavolta, per fortuna. Passano e
basta. Andranno a bombardare in Germania. (dopo una pausa,
guardando la lampadina) Bisognerebbe farne un altro de quei
generatori, pedalare
in due sarebbe meglio, no? Tu che dici?
UOMO 1 - Sì bravo, così potete passarvi la borraccia come Coppi e
Bartali... e mi ve fago la foto!
UOMO 2 - (ridendo) Che scemo che sei! (in quinta) Vai Mario, il gruppo
è a un quarto d'ora!
1942-3 Bombardamenti
INGEGNERE - Alla fine del ‘42 i danni e la catastrofe della scelta bellicista
sono a tutti evidenti. Le vittime italiane sono decine di migliaia,
l’esercito è frantumato. Rinascono e si organizzano le forze politiche di
opposizione. Tra le altre, a Milano, a casa di Enrico Falck, direttore delle
acciaierie lombarde, esponente del dissenso neoguelfo … a casa Falck
si fonda un nuovo partito, guidato da Alcide de Gasperi. Sarà la
Democrazia cristiana.
4
30
In novembre, a Torino massicce incursioni aeree provocano ondate di
profughi e danni alla città e alle fabbriche. Duemila operai della Lancia
torinese sono trasferiti alla fabbrica di Bolzano, ancora indenne, e
sistemati per molti mesi in baracche dormitorio. Molti sono reduci da
duri scioperi e con formazione politica. Presto contribuiranno alle prime
organizzazioni di resistenza bolzanina.
Il 2 settembre 43, anche il capoluogo altoatesino, per tre anni immune
da attacchi aerei, conosce il primo pesante bombardamento.
1943 - settembre – Prime bombe a BZ (Osteria).
OPERAIO 1 - Tirano al ponte della ferrovia, dicono. Quello sotto il
Virgolo, a fianco del ponte Isarco. Cento e sessanta bombe hanno
contato! Al primo bombardamento! E il ponte … non son neanche
riusciti a buttarlo giù tutto!
OPERAIO 2 - Beh , insomma, quello della ferrovia l’han distrutto.
OPERAIO 1 - Ah! l’han rifatto in due giorni. I tedeschi. E ponte Isarco …
ghe n’è ancora un toco che la gente i passa co’ le biciclette.
OPERAIO 2 - Comunque il Teatro Verdi l’han colpito per bene. E ottanta
case hanno danneggiato, e tante … l’han buttate giù! Capisci! E i morti.
13 morti e un sacco di feriti. Anche mia zia. Poretta, l’è all’ospedale
adesso. L’ha ciapà na schegia nel fianco … la coreva zo per el Virgolo. …
OPERAIO 1 - Eh, il teatro, per forza i l’ha ciapà. L’è lì, tacà la stazion.
(nostalgico) Te ricordi la rivista … che bei tempi. E che scherzi da
incoscienti! … te ricordi che si cantava (accenna sul motivo “le gocce
cadono ma che fa”) - “Le bombe cadono ma che fa … basta spostarsi un
po’ e poi buttarsi in terra un po’ più in là”… Che tragedia! Sarà passato
un paio d’anni e sembra cento …
OPERAIO 2 - Fff. I danni alle vie di comunicazione! Dove l’è quel
volantino degli inglesi, (fruga dietro il bancone) la lo tiene qua,
nascosto nel registro. Ecco senti cosa ci manda a dire il generale Clark
(legge) “L’aviazione alleata prenderà ogni possibile precauzione
per restringere i suoi attacchi agli obiettivi militari” e ci invita a
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“tenersi ovunque possibile lontano dalle strade, dalle ferrovie,
dai centri di comunicazione, dai ponti e anche da tutti gli
obiettivi industriali.” Bella forza! E intanto cosa femo noialtri? Ghe va
lu a lavorar?
OPERAIO 1 - E l’acciaieria l’han colpita, eh! Sì, va bene, dicono che sia
uno sbaglio. Tiravano ai binari e han sbagliato o magari han dovuto
scaricare le bombe. Mah. É che è andata bene. Han fatto un buco nel
tetto. Poca roba. E nessuno si è fatto male. Ma pensa se colpivano
i forni.
OPERAIO 2 - Penso? C’ero sotto io. Altro che! Cinque bombe sono
cadute sulla fabbrica, ma per fortuna non hanno fatto gran danni. Al
laminatoio (dove lavoro io) hanno preso una capriata, a 50 metri dal
gruppo motori. Li avevamo coperti con delle travi, ma se la bomba
colpiva lì distruggeva tutto, addio macchine. Roba nuova, moderna,
invece si è solo incurvata la capriata. Si è scoperchiato il tetto.
Insomma danni riparabili. Ma io penso che non tirassero sull’industria,
deve esser stato uno sbaglio loro tirano sempre sulla stazione …
OPERAIO 1 - Sì, sempre sbagli. E noialtri semo sotto. Intanto uno l’è
morto alla Lancia. E meno male che dicevano che Bolzano era al sicuro
perché c’è le montagne che sono meglio di qualsiasi contraerea.
OPERAIO 2 - A proposito de contraerea te la sai quella della DICAT? …
I li ha autorizadi ...
OPERAIO 1 - Eh?
OPERAIO 2 - la contraerea no? La DICAT.
OPERAIO 1 - Ah, quegli inetti! Mi digo che no i ga tira zo neanche un
aero finora …
OPERAIO 2 - Beh, aposta, te lo sia che i li ha autorizadi da Roma?
OPERAIO 1 - Per cosa?
OPERAIO 2 - Beh, siccome che il risultato l’è uguale, i li ha autorizadi a
far
BUM BUM
… co la boca! Così i riparmia le munizion! Ha, ha!
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OCCUPAZIONE SS, LAGER E LIBERAZIONE 43-45
1943 - 8 settembre
INGEGNERE - E arriva l’8 settembre del 1943. Badoglio firma l’armistizio
e si mette al sicuro con il Re e i generali, a Brindisi. Il Duce,
spodestato, è messo agli arresti. L’esercito tedesco, in parte già
insediato, cerca di prendere il controllo del paese. A Bolzano e Trento
calano le truppe della Wermacht. L’esercito italiano è allo sbando e i
suoi soldati, trattati come traditori, vengono catturati e deportati. Le
province di Bolzano, Trento, Belluno, saranno unificate nella Zona di
operazioni Prealpi. L’Alpenvorland, comandata dal “Gauleiter” Franz
Hofer, di Innsbruck, che risponde direttamente ad Hitler.
1943 - Invasione Nazi (casa semirurale)
Entra operaio.
MOGLIE - Cosa te fai qua? No te sei al lavoro?
OPERAIO concitato - Niente lavoro oggi. Ci hanno mandato a casa. Tutti
dobbiamo stare in casa oggi, guai a uscire! Fuori l’è n’casin. Sparano e
c’è i carri armati … Stanotte sono arrivati i tedeschi.
MOGLIE - Maria vergine!
OPERAIO - Badoglio si è arreso. Hanno firmato l’armistizio coi
Americani. E adesso i tedeschi hanno invaso l’Italia e ci chiamano
traditori. Hanno assediato le caserme e catturato i nostri soldati. Li
mandano tutti alla Talvera. Li nel greto del fiume, tra i sassi davanti al
carcere. Poveretti. E al lido, allo stadio han fatto un campo di
concentramento. Anche in fabbrica c’era una camionetta tedesca.
Prenderanno loro il controllo. Di tutto!
MOGLIE - Oh, Dio. E come faremo adesso.
OPERAIO - Non so. I dise che i li manderà tuti in Germania!
MOGLIE – E noialtri?
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OPERAIO - Ma noi … Noi niente. Noi semo picoli. Te vedrai che ne la
cavern. Intanto voialtri ste in casa oggi. Niente scuola. Niente lavoro.
Oggi ‘spetemo.
MOGLIE - E i carabinieri? Quei della caserma?
OPERAIO - Quale caserma.
MOGLIE - Questi qua del quartier, zo in fondo a via Vercelli.
OPERAIO - Non so mi, i sarà scampadi no?
MOGLIE (alla finestra) - No credo, no. Se vede anche la luce.
OPERAIO – O signor! Speta va che vago a dirghelo …
MOGLIE – Scolta. Vago a zercar dei vestiti veci. Dighe che i vegna qua e
i se cambia che se i li trova in divisa i li copa.
1945 - Gravi problemi (Donna sola)
Donna sola. Seduta. Stringe un giornale. Come se parlasse a un uomo
seduto accanto a lei.
DONNA - (come continuando) ... Eccola la verità ... Tutto sto mondo è
maschio. Maschio e basta ... Ma così maschio che non ci sarebbe
neanche, se non ci fosse la donna. Ecola la verità. I figli. I fioi. I
maschi. E le done. Ragiona, no? Chi è che regge el peso de la famiglia,
chi è? Mi lo capisso che l'uomo lavora. E guadagna. Giusto. Ma la dona
cosa fala, ah? Niente, non conta per gli uomini, per il mondo maschio.
Pensaci su. La fatica, la nostra, è sempre dovuta. Naturale. È nella
natura della donna.
Senti cosa scrive questo giornale, qua: “Nessuno prima della guerra lo
avrebbe previsto e come sarebbero sembrati impossibili certi lavori al
femminile! La donna operaia ha dovuto mettere alla prova i suoi nervi,
forzare i suoi muscoli e anche subire la promiscuità. Manterrà la donna,
dopo questa prova, le qualità che sono indispensabili alla vita della
razza, il gusto della maternità, la salute fisica, l'integrità morale? Gravi
problemi.” Questo qui che scrive è una testa mica da ridere. Capisci che
in questo universo la fatica di una donna è considerata solo quando fa il
lavoro di un maschio. Se no, non esiste. Non c'è. La donna operaia
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(cita) “deve mettere alla prova i suoi nervi” capito? E il gusto della
maternità, ce l'hai tu il gusto della maternità... che ho fatto cinque figli
in sei anni? Rispondi! Cosa faccio io dall'alba alla notte? Tiro avanti la
famiglia. Cioè niente. Cosa facevano le donne del mio paese, l'altra
guera, che i maschi i era tuti al fronte? Te lo dico io: le bestie facevano.
E adesso arriva questo qua che si domanda se ne usciremo vive e
moralmente integre! (scoppia a ridere - cita ancora) Gravi problemi,
cara mia... Il maschio, sai, non sa proprio niente della nostra forza. Eh?
Non è vero? Chi va a dirglielo? Dai, non ridere... (ride ancora, poi il
sorriso cade) A volte me sento sola ... come se neanche esistessi.
Solo un mondo così maschio poteva fare due guerre mondiali nel giro
di trent’anni.
1944 - In fabbrica
UOMO 1 - Durante la guerra il clima si era fatto pesante. In fabbrica
c'era un controllo costante... Nel '44 ci hanno messo anche un
commissario nazista, Fuchs si chiamava. “Òcio a la volpe!” ci dicevamo
sotto voce quando lo vedevamo arrivare. Per andare al cesso
bisognava chiedere il permesso, ci davano un distintivo, una specie di
medaglia, e controllavano quante volte ci andavi e quanto ci rimanevi...
Bisognava star molto attenti e lavorare bene. Non solo ti davano le
multe, ma per chi sbagliava c’era anche la minaccia della deportazione.
Potevano mandarti in Germania! Di bello, bello per modo di dire, c'era
che la fabbrica era militarizzata; e questo almeno ci esonerava dal
dovér andare in guerra. In quel periodo facevamo le culatte dei cannoni
e le canne dei carri armati. Misero un tornio apposta. Io ogni tanto
guardavo queste culatte, queste canne e pensavo “Chissà quanti fiòi
che coperà sti mostri!”. Poi han cominciato a tirare anche su di noi, le
bombe, e allora la produzione si è molto rallentata.
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1944 - Lager
INGEGNERE – Alla fine del luglio 1944 i nazisti aprirono a Bolzano un
“lager di transito”, un campo di concentramento per detenuti
provenienti da tutta Italia e destinati ad essere smistati oltralpe, nei
campi di lavoro, o di sterminio, del Reich. Il lager di Bolzano raccoglieva
soprattutto oppositori politici e vittime delle leggi razziali. Il campo fu
allestito nei pressi di Ponte Resia e nei dieci mesi della sua feroce
attività arrivò a immatricolare fino a 11.000 prigionieri, più tutti gli
ebrei e gli zingari che non venivano registrati. Ma i bombardamenti
alleati sulle linee ferroviarie rallentavano lo smistamento dei detenuti
così molti venivano impiegati sul territorio per lavori di fatica e nelle
ricostruzioni gestite dall’organizzazione militare Todt.
1944 - Zoccoletti (in strada)
Rumore di zoccoli sul selciato. Due uomini stanno accucciati dietro un
muretto o un cespuglio. Berretti, sciarpe. Accanto hanno dei pacchetti.
UOMO 1 - Stai giù che ‘rivano!
UOMO 2 - Dove, dove?
UOMO 1 - Giù in fondo all’incrocio con via Bari. .
UOMO 2 - Ecco si vedono i primi. Camminano in fila, a due a due.
UOMO 1 - Ecco le guardie. Hanno i mitra in mano eh!
UOMO 2 - Poareti! Co sto freddo. Son mezzi nudi, con quele tute di tela.
In pigiama sembrano.
UOMO 1 - Te vedi il triangolo.
UOMO 2 - Quale triangolo?
UOMO 1 - Guarda sul petto c’è un triangolo rosa. Te vedi?
UOMO 2 - Sì.
UOMO 1 - Be, quelo vuol dire che non sono pericolosi. Sono civili, gente
rastrellata così, per caso. Noi sa neanche lori cosa i ga fato. Invece ai
pericolosi i ghe mete i triangoli rossi, e agli ebrei i giali. Col numero
sopra. Ma queli lì, e i politici e gli altri, li tengono dentro, in cela, non li
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fan uscire mai. I li manda via in Germania, i li manda zo allo scalo
merci, ai treni in Zona. É da lì che partono … Chissà se torneranno …
UOMO 2 - E questi qua? dove vanno?
UOMO 1 - Ah, dapertuto. I li mena in giro a far lavori. A levar le macerie
o le bombe. Certi li mandano al Virgolo, dentro in galleria, alla fabbrica
di cuscinetti.
UOMO 2 - Poareti. Varda come i è magri.
UOMO 1 - Per forza. Noi ghe da niente da magnar. Un brodon, na volta
al giorno. Però se pol mandarghe i pachi …
UOMO 2 - Ah. Ma quela l’è na dona?
UOMO 1 - Eh, sì, così pelada non te la conosi gnanca … Ma ghe n’è ben
dele altre …
UOMO 2 - Varda quela guardia la che vien avanti, con la divisa nera, va
come el salta. El par na simia.
UOMO 1 - Ah, quello, quello l’è el Negus. Un italiano. El Negus i ghe
ciama perché l’è nero e piccolo. Non l’è niente. L’è solo un mona che se
da arie da capo. Solo un vigliaco di aguzzino …
UOMO 2 - Senti … Cantano.
UOMO 1 - Sì. Lo fanno sempre. Lo fanno aposta per dar fastidio ai
tedeschi. Stai giù che arrivano. Sei pronto?
UOMO 2 - Pronto! (Mostra un sacchetto. Lo annusa.) Mm. Paneti freschi.
UOMO 1 - Sì. De ieri e de oggi. Me li ha dati la mama, li ha raccolti con
le altre done.
Aumenta il rumore degli zoccoli. I due si lanciano fuori e tendono i
pacchetti
UOMO 1 - Ehi ti! Ciapa! - Delle mani afferrano i pacchi. I due fuggono di
corsa.
1944 - I prigionieri (monologo)
UOMO 1 - I prigionieri del Lager di via Resia. Questo è il ricordo più
struggente di quel brutto periodo. La Todt li usava per lavorare nei
cantieri. In pratica eran degli schiavi. Una volta correvo al rifugio in
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bicicletta. Pedalavo e guardavo gli aerei che erano sbucati dalla
Mendola. Porca miseria, vedevo le bombe cadere verso il ponte Rezia!
Intanto che guardavo per aria e pedalavo, mica mi ero accorto che
c'era una colonna di prigionieri del lager che mi veniva incontro. E
andavo via come 'n fulmine! Quando mi sono accorto ho frenato, ma
non ce l'ho fatta ... e no vago a butar per aria la guardia tedesca! Ho
chiesto subito scusa e questo mi ha guardato, ma pareva indeciso se
scappare anche lui o darmi un fracco di legnate. Per fortuna non c'era
tempo di stare lì a discutere e me la son data a gambe. Un altra volta,
vedo passar sta fila de done, òmeni, putelòti ... tuti co'la divisa del
lager ... magri da far paura. Mi avevo ste mele ... Andavo lì, dietro ai
bunker, a tirar su le mele rimaste nei campi dopo la raccolta. Perché
l'era fame anca per noi. … E insoma vedevo sti bòci che me vardava ...
insoma ste mele ghe l’ho date a lori ...
1944 - Resistenza
INGEGNERE - Ma le marce dei detenuti per i quartieri popolari non erano
solo occasione per allungare loro qualcosa. Il tortuoso percorso in
mezzo ai vicoli era anche molto adatto per consentire evasioni che
andavano però preparate in ogni dettaglio.
UOMO - La rete dei partigiani nel lager avvertiva il prigioniero. Tramite il
personale esterno che lavorava al campo si passava un bigliettino, una
voce. Lungo la marcia dei detenuti, nel tal incrocio, di lì a due giorni, si
sarebbe appoggiata una bicicletta, con una giacca sopra. Approfittando
della svolta il fuggiasco doveva infilare la giacca, inforcare la bici e
allontanarsi tranquillamente. A qualche distanza una staffetta lo
avrebbe subito guidato in una della casette semirurali lungo il percorso.
Ne saranno scappati venti o trenta con quella bicicletta.
INGEGNERE - Grazie alle fabbriche e ai loro dirigenti in contatto con il
CLN, si erano costituiti, già dal ‘44, piccoli ma attivi gruppi di partigiani.
Un primo nucleo fu guidato da Manlio Longon, direttore amministrativo
alla fabbrica “Magnesio”. L’aiuto ai deportati e l’organizzazione di
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evasioni divenne la loro attività principale grazie alla creazione di una
rete formidabile fuori e dentro il lager. Le fabbriche mantennero linee
regolari di autocarri con Milano e Torino, durante tutta la guerra.
Attraverso questo canale l’ingegnere Ventafridda, direttore delle
Acciaierie, riceveva aiuti e istruzioni dal CNL dell’Alta Italia. Lo stesso
accadeva alla Lancia. Nascosti su quegli autocarri almeno ottanta
prigionieri del campo di transito conquistarono la libertà..
UOMO - Nel dicembre del ‘44 a seguito di una delazione il gruppo
bolzanino fu catturato e distrutto. Longon morì per le torture subite
negli interrogatori. Altri sette membri della rete, capicellula negli
stabilimenti, furono deportati e non fecero più ritorno.
INGEGNERE – E però, i partigiani sopravissuti, anche dall’interno del
lager, riuscirono dopo qualche mese a riprendere l’attività, in
collaborazione con un secondo gruppo di resistenti, che si era
organizzato nel frattempo alla Lancia. Ricominciarono le evasioni e gli
aiuti e nuove imprese come i sabotaggi della produzione. Alcuni operai
mettevano polveri degeneratrici nei motori degli autocarri in
fabbricazione. Vi furono poi azioni di copertura alle missioni dei
radiotelegrafisti. Una trasmittente fu allestita in un asilo di suore, in via
Torino. I nazisti la intercettarono e cominciarono a rastrellare la zona.
Misero posti di blocco. E allora le suore stesse, tre suorine a piedi,
ognuna con una valigia, riuscirono a portare in salvo la radio fin giù,
alla Zona industriale.
UOMO - Gli ultimi giorni prima della liberazione tutte le diverse
formazioni si impegnarono per salvare gli stabilimenti e la città dalle
ritorsioni dei nazisti in fuga. Nell’azione, confusa e scoordinata,
cinquanta, fra militari, operai e civili italiani, restarono uccisi.
1945 - 3 maggio - Sparano alla Lancia (acciaieria)
Interno acciaieria. Tre uomini.
UOMO 3 - Cosa succede?!
UOMO 1 - (entrando) Sparano alla Lancia!
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UOMO 3 - Miseria, verranno anche qui!
UOMO 2 - Ma qui non ci sono partigiani!
UOMO 3 - Quelli prima sparano e poi ti domandano.
UOMO 2 - Senti che roba! I è tanti...
UOMO 3 - Ma cosa vogliono 'sti partigiani?!? Lassa che i vaga, no!
UOMO 1 - Vado a vedere. (esce)
UOMO 2 - No, sta qua!
UOMO 3 - La guerra è finita e questi i ghe core drio! E lo san tuti a
nemico che fuge …
UOMO 2 - … ponti d’oro! (pausa)
UOMO 3 - G’ho paura, Arnaldo.
UOMO 2 - Anca mi. Tutti abbiamo paura.
UOMO 3 - Sai com'è: a volte è proprio quando credi di essertela cavata
che succede il patatrac. No è lo vera? (l'altro tace) Dì qualcosa?!
UOMO 2 - Dai càlmati. Andrà tutto bene. Vedrai.
UOMO 3 - Dici tanto per dire. Hai visto le autoblinde dei tedeschi?
Quando sono passati sul viale … roba da far rizzare i capelli 'n testa.
UOMO 2 - Appunto. Ci sono passati davanti: vuol dire che non devono
venire da noi!
UOMO 3 - Sì, bravo ... ma se alla Lancia trovano i partigiani, quei là i
diventa furibondi e i fa piazza pulita de tuta la zona. Te vedrai!
UOMO 2 - Sta calmo, non succederà niente e stasera ci beviamo il
nostro bel quartino dalla Martina.
UOMO 1 - (rientrando) E' una battaglia! Sparano da tutte le parti!
UOMO 3 - Ecco!
UOMO 2 - Cosa si vede?
UOMO 1 - Niente. Un gran fumo e basta. I partigiani gli han tirato delle
bottiglie ...
UOMO 3 - Eh?
UOMO 2 - (spiega veloce) Bombe incendiarie: bottiglia, benzina,
miccia...
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UOMO 1 - E hanno incendiato un’ autoblindo ... Ma sentite questa ...
Dicono che i tedeschi hanno fatto finta di arrendersi. Hanno sventolato
uno straccio bianco, fuori da una delle autoblindo. I partigiani si sono
consultati, certi non si fidavano ...
UOMO 3 - Mai fidarse, mai!
UOMO 2 - Pssst!!
UOMO 1 - E poi ... han deciso di trattare ... ma quando i partigiani
hanno aperto i cancelli, convinti di parlamentare, l'autoblindo ha chiuso
la torretta e ha cominciato a vomitare pallottole sui partigiani...
UOMO 3 - Ecco! Bastardi!
UOMO 1 - ... ha accelerato entrando nel piazzale, sono saltati fuori
anche gli altri e sono entrati ... e ciao! Tutti prigionieri!
UOMO 3 - Maledetti, stavolta i ne copa tuti quanti! La guerra è finita e i
ne copa tuti!
UOMO 2 - Ma piantala, rogna! (uomo 3 fa per andarsene) E adesso
dove vai?!?
UOMO 3 - Mi scampo!
UOMO 1 - No, Beniamino! (lo afferra)
UOMO 2 - No far el stupido. Ohh!! (lo prende e lo scuote) Se vedono
uno che corre, allora sì che ti falciano, mona! Ma ragiona! Guarda che ti
prendo a sberle se non ti calmi. Tu devi stare qua, con noi, fermo!
UOMO 3 - I tedeschi fanno una rappresaglia e i ne copa tuti, ve digo!
UOMO 2 - Ma vuoi stare zitto, menagramo che non sei altro!
UOMO 1 - Se ne andranno. La guerra è finita e dovranno andarsene.
Questo è sicuro. Arnaldo ha ragione. Beniamino, noi non abbiamo nulla
da temere. Dobbiamo solo stare calmi, sangue freddo ...
UOMO 3 - (per convincere se stesso) Sangue freddo, sì...
UOMO 1 - ...e non muoverci. C'è l'ingegnere che parla bene il tedesco.
Li convincerà, è bravo, ha trattato ancora coi tedeschi, vi ricordate
quando ha fatto liberare Soggiu dal lager? Ha autorità e sa farsi
rispettare ... dirà loro che qui da noi non ci sono partigiani e se ne
andranno. Vedrai…
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1945 – 3 maggio – Le vittime
DONNA – Era il 3 maggio del ‘45, gli americani avanzavano in tutta
Italia e ormai le truppe tedesche smobilitavano. Io ero una bambina e
avevo 12 anni. Mio papà, che era calzolaio in fabbrica dove rifaceva le
scarpe agli operai, mio papà si era fatto dare un permesso per andare
da Andereolli in piazza Domenicani, l’unica pelletteria della città. Era
andato ad acquistare materiali per il suo lavoro. Quando tornò alla
nostra casetta, alle Semirurali, era molto agitato, ci disse che gli
americani erano ormai arrivati a Trento e ci raccomandò di stare tutti in
casa e non muoverci perché fuori stava accadendo qualcosa di grave.
In via Milano aveva visto una camionetta con degli uomini che
distribuivano fucili alla gente invitandoli a difendersi. Detto questo fece
per togliersi la giacca quando improvvisamente - io ero seduta sul
divano di fronte alla finestra con in braccio mio fratellino - mi sembrò di
vedere un lampo, non so se di luce o … di sangue, e sentì il tonfo del
corpo del papà che stramazzava sul pavimento, trascinando con sé mia
sorella che era vicina a lui. Quando lei si alzò lui era a terra con la testa
squarciata. Un colpo di fucile proveniente da un vicolo aveva trapassato
la finestra e ucciso il mio povero papà. C’era sangue dappertutto. Mio
fratello grande prese un asciugamano per coprigli la testa. Portò la
mamma svenuta a letto e ci chiuse tutti in camera. Le nostre grida
fecero accorrere i vicini ma gli spari continuavano.
Fu terribile. In seguito apprendemmo che dei soldati tedeschi in fuga
avevano sparato sui civili e sulle case. Alcuni furono uccisi negli orti,
altri in piazza Matteotti. Qui a lungo rimasero i segni delle pallottole
sulle facciate. Le vittime di quel giorno infelice furono 54. Le contai
perché le raccolsero tutte nella cappella dell’ospedale militare in via
Druso, per la cerimonia funebre. Ricordo che mi chiedevo: che senso
hanno tutte queste bare allineate, con le bandiere e gli onori per le
vittime innocenti di una guerra che è finta? Che assurdità. Che
tragedia.E ancora oggi mi domando come hanno potuto uccidere una
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persona come mio padre? Un uomo che ha sempre e solo lavorato per
mantenere la sua famiglia, che non ha neanche voluto fare la tessera
fascista perchè non ha mai voluto saperne né della politica né della
guerra… Com’è potuto accadere?
Quel fatto ha segnato l’esistenza della mia famiglia e tutta la mia vita.
1945 - maggio - Le biciclette (casa semirurale)
Fine della guerra. Scena cucina. Marito che torna a casa, più la moglie.
UOMO - Sono in ritardo, lo so...
DONNA - Oh... cominciavo a preoccuparmi! Cos'è successo?
UOMO - (abbracciandola) Mi sento triste e allegro allo stesso tempo, e
mi vien voglia di piangere. Non so ancora se dalla contentezza o per la
paura!
DONNA - Calmati, su. Racconta
UOMO - I nazisti oggi sono piombati in fabbrica...
DONNA - Beata vergine!
UOMO - Mitra spianati, urla strozzate, ordini...
DONNA – [Ma se la guerra è finita, siamo presto a maggio!]? Cosa
volevano?
UOMO - Le nostre biciclette volevano!
DONNA - Cosa?!
UOMO - Hai capito bene: le nostre biciclette. Per scappare. Il Direttore
ha provato a convincerli a rinunciare, ma si è buscato quattro spintoni e
loro hanno preso tutte le bici. Vuoi che ti dica una cosa? Mi dispiace per
la mia bicicletta, ma vederli scappare in quel modo, amore mio, vederli
pedalare col fucile a tracolla e l'elmo in testa, tutti sculettanti sui nostri
catenacci ... che ridere! E che gioia! Dopo che ci hanno terrorizzati per
tutti questi anni … siamo stati lì, a guardarli, mentre si dondolavano
come pupazzi, giù avanti fino in fondo alla strada… É così che la guerra
è finita. In bici.
DONNA - (piangendo si abbracciano) E' finita, marito mio... è finita...
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1945 - Aiuti delle acciaierie ai profughi (Il Car)
INGEGNERE - La guerra era finita. Ma intanto. Che disastro. I morti, i
feriti. Le città distrutte. E i sopravissuti che tornavo alle famiglie, dai
fronti e dai lager, a migliaia, giù dal Brennero. E la ferrovia funzionava
solo fino alla stazione di Bolzano …
1945 maggio - Il comitato
tre uomini - scena ritrovo, notte.
UOMO 1 - (entrando) Allora, gli altri?
UOMO 2 - Ciao, Bruno. Stanno arrivando.
UOMO 3 – Intanto possiamo incominciare, riferiamo noi.
UOMO 1 – (sedendo) E' un gran bordello, sta succedendo di tutto,
ragazzi.
UOMO 2 – Piazza Vittoria, avete visto? È piena di macchine, una
confusione terribile...
UOMO 3 – C'erano inglesi anche, stamattina e poi ho visto partigiani
italiani co' le divise inglesi e la stella rossa!
UOMO 2 – Non si capisce più niente.
UOMO 1 – Lo so, lo so: è un gran bordello. Per quello dobbiamo
organizzarci. C’è tutto da rimettere in piedi qua … Sentite...
UOMO 2 – Oh, arivan da tutte le parti. Da sud, taliani, americani, inglesi
e dalla Germania arrivano treni pieni di prigionieri liberati dai campi di
concentramento ... E si fermano tutti qua perché la ferrovia è
interrotta. Saranno migliaia.
UOMO 1 – Mi lasciate andare avanti, dico, o sapete tutto voi?
UOMO 2 – Ma tu Bruno, lo sapevi di questi campi speciali ... i lager di
sterminio ...
UOMO 1 – Qualcosa avevo sentito, sì, ma...
UOMO 2 - Mi sono fermato a parlare con un paio di loro in condizioni...
oh, mi hanno raccontato cose da far rizzare i capelli 'n testa, sapete?
UOMO 3 – I prigionieri, dici?
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UOMO 1 – (riprova a parlare) Dai sentite, allora...
UOMO 2 – Fame, maltrattamenti, torture ... E poi (abbassa la voce) i li
copava! Con le camere a gas! (voce alta) Li ammazzavano con le
camere a gas! E poi li bruciavano nei forni crematori. Per nascondere
tutto. Noi qua non sapevamo niente!
UOMO 1 – Dovevano venire a dirlo a te, scienza!
UOMO 2 – E ne sono morti come le mosche, dicono! A migliaia! Ebrei,
zingari, matti … E la fame!
UOMO 3 – Anche quei sopravissuti lì, alla stazione. Sono in condizioni
che … Certi li ho visti così male che non credo che arriveranno a casa!
Donne e bambini pelle e ossa.
UOMO 1 – (alzando la voce) Sentite, adesso c’è del lavoro da fare,
subito! Mi volete ascoltare o no?
UOMO 2 – Basta che te parli, semo qua apposta!
UOMO 1 – Alora taci e ascolta. Gli americani hanno organizzato un
sistema di trasporti dalla stazione alle caserme Huber, a Gries ...
UOMO 3 – Ma perché non li lasciano andare a casa?
UOMO 1 – Gianni, per la Madonna! Sei sordo? La linea ferroviaria è
interrotta, bombardata, non arriva neanche fino a Trento!
UOMO 2 – Funziona solo da Verona in giù.
UOMO 2 – Ah! Domando scusa. Se nessun me dise gnente qua dentro
come faccio a saperlo?!
UOMO 1 – Tacete tutti, silenzio. Bisogna organizzare una squadra che
aiuti questi derelitti a salire sui camion alla stazione ... e un'altra
squadra alle caserme Huber per farli scendere e alloggiarli lì in attesa di
un trasporto per l’Italia. E han bisogno di mangiare e vanno curati … La
mensa è già in funzione. E anche un piccolo ospedale.
UOMO 2 – Non stanno neanche in piedi certi, eh?
UOMO 1 – E cosa sto dicendo! Bisogna caricarli alla stazione e portarli
alle caserme. Se no lo farebbero da soli, no?
UOMO 3 – Giusto. E chi è che comanda l'operazione?
UOMO 1 – Il maggiore Thompson, un inglese.
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UOMO 2 – Un inglese che comanda ‘i americani!?!
UOMO 1 – Rino !! Così la è, cossa ve ne frega? Si vede che no l'aveva
altro da fare, ah?
UOMO 2 – Scusa ...
UOMO 1 – Tu, Rino con la tua squadra domani mattina prendi servizio
alla stazione Ferroviaria ... Ti mandiamo un po’ di dipendenti delle
Acciaierie a dar ‘na mano. Un mese o due, quel che serve, finche non
ripristinano la linea. Lavorerete lì. Stipendio regolare. Ho già parlato col
direttore.
UOMO 2 – E li mettiamo sui camion...
UOMO 1 – Sì. E tu Gianni con i tuoi andate alle caserme Huber, chiaro?
UOMO 3 – Va bene.
UOMO 2 – E tu?
UOMO 1 – Io ho incarichi di collegamento, teston! Devo organizzare i
trasporti a Verona. Contento?
UOMO 2 – Agli ordini.
UOMO 3 – Si va armati, Bruno?
UOMO 1 – Sempre. Armi di ordinanza.
UOMO 2 – Chi è che gira senza armi de 'sti tempi? No se vede altro che
gente armata fino ai denti, per le strade. Mitra, fusìli, pistole...
UOMO 1 – Occhi aperti. A domani. (esce)
UOMO 2 – (tira fuori un pacchetto di sigarette dalla giubba) Toh, fuma,
dai.
UOMO 3 – (accetta) Cos'è 'sti lager che dicevi, Gianni?
UOMO 2 – Campi di sterminio! Vernich … qualcosa. Sterminio. Tutti
ammassadi lì dentro ... il gas … poi li bruciavano.. E qua non si sapeva
niente di niente. Ma ci pensi? Io credevo che quello di Via Resia fosse
terribile ma ...
UOMO 3 - Ah, quei là, caro …
UOMO 2 - Maledetti. Ho visto delle donne, Rino, che parevano fantasmi.
Con dei fagotti in braccio che per capire che erano bambini bisognava
andare lì a guardarli bene...
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UOMO 3 – Beh, per fortuna adesso è finita.
UOMO 2 – Già. Adesso viene … il “bello”, caro mio.
UOMO 3 – (con entusiasmo) Viene voglia di rimboccarsi le maniche, eh?
Adesso che è finita non hai anche tu questa sensazione, Gianni?
Di darsi da fare per un futuro che sia migliore, per non rifare gli stessi
sbagli e ...
UOMO 2 - Calmo, calmo. (lo guarda) Sei il solito entusiasta tu, Rino,eh?
UOMO 3 – Perché tu no?
UOMO 2 – Diciamo che ti invidio, a volte. Dicevo “adesso viene il bello”
per dire che a volte ... è più difficile risollevarsi, che precipitare.
UOMO 3 – Cosa vuoi dire?
UOMO 2 – (tira una lunga boccata) Voglio dire che quando hai visto di
che cosa sono capaci certi uomini, perdi la fiducia nel genere umano,
ecco cosa voglio dire. Pensaci.
UOMO 3 – No, no, no, Gianni! Sarebbe questo lo sbaglio peggiore,
credimi! Cambia la storia, capisci? Pensa ai nostri figli, pensa al
lavoro...
UOMO 2 – Sì, giusto. Parole sante. Ma le stesse cose le diceva mio
padre quando è finita l'altra guerra, Rino. O no? Ti ricordi..?
Uomo 3 – Ma proprio per questo! Dobbiamo ricacciarle da dove sono
venute, certe idee, certi dubbi, e metterci sopra un coperchio ... ma un
coperchio come quello dei forni alle Acciaierie! Un coperchio che da lì
non esca più niente ... Abbiamo visto il peggio, tutto il peggio e adesso
si ricomincia. Allora sì che cambierà 'l mondo!
UOMO 2 – Dicono che al peggio non ci sia mai fine.
UOMO 3 – Dicono anche che non bisogna mai arrendersi, Gianni!
UOMO 2 – (tace e poi) Tu sei di chiesa, Rino?
UOMO 3 – (si stringe nelle spalle, dubbioso) Beh, non sono uno che tira
giù i santi dagli altari, ma...
UOMO 2 – Ma cosa? Ci credi o no?
UOMO 3 – Ci credo sì. Certo.
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UOMO 2 – Vedi? Anche questo ti invidio, amico mio. Allora: secondo te,
questo Dio ... che ci ama tanto ...
UOMO 3 – No, no, spèta!
UOMO 2 – Li ha visti questi campi ... questi lager ... vede tutto Lui, no?
UOMO 3 – Alt, fermati qua Gianni, non sono uno che può risponderti.
Andiamo a prendere una boccata d'aria, dai, vieni, che domani abbiamo
da fare.
UOMO 2 – (sorridendo) Il mio fedele amico Rino! Andiamo anche a farci
un goccio, dai. Che domani dobbiamo fare il nostro dovere ... Con tutti i
nostri dubbi ... Viva la libertà!
RICOSTRUZIONE 45 - 60
Dopoguerra
INGEGNERE – Finita la guerra c’era una gran confusione. Tutto era
distrutto e a noi sopravissuti sembrava un miracolo averla scampata. La
vita aveva di nuovo valore e noi volevamo viverla.
Sì, dovevamo seppellire i morti e giudicare i responsabili. Dovevamo
aggiustare i guasti, c’era un paese da ricostruire … C’era tanto da fare,
per tutti. Non fu facile e molte cose andarono diversamente da come
avevamo sperato. Ma c’era quell’entusiasmo, quell’euforia, c’era la
voglia di vivere e di ricominciare. E il passato era già lontano.
Voglia di vivere (il frigorifero)5
Uomo – Donna
UOMO - Ciao
DONNA - Ciao caro. Tutto bene?
UOMO - Sì, sì!
DONNA - Sei arrabbiato? E’ andato male qualcosa in fabbrica?
UOMO - Ma no, in fabbrica va tutto bene.
DONNA - Quello sguardo furbetto … lo conosco bene … Tu mi nascondi
qualche cosa!
UOMO - Non ti sfugge niente, eh?
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DONNA – Ma no! Mi piace quando sorridi. Dai dimmi. Son curiosa.
UOMO – Eh, eh. Sono appena stato in un certo posto … a vedere una
certa cosa … per un regalino.
DONNA - Che cosa? Dimmi non tenermi sulle spine.
UOMO - Mi piace vederti così, in attesa, con gli occhi che brillano, come
una bambina. Mi ricorda la prima volta che ti ho vista, la prima volta
che mi sono innamorato. (musica. Si guardano come in un flashback)
UOMO – Buongiorno … Anzi, eh, buonasera signorina. (Com’ero
emozionato! Mi tremavano le mani) (ride) Sono l’amico di Renato. Si
ricorda?
DONNA – Buonasera. Certo che mi ricordo. Da un po’ di tempo la vedo
spesso da queste parti. Lei lavora qui? A Oltrisarco? (Mi batteva forte il
cuore. Era una sensazione bellissima.)
UOMO - Io veramente. Ecco … No. Non lavoro qui, lavoro giù alla Zona.
Faccio due passi … qualche volta … (Mi sentivo goffo e ridicolo. Ma
quando ti guardavo di sfuggita negli occhi, ero l’uomo più felice del
mondo).
Donna – Ma non abita da queste parti? (Non volevo lasciarti andare via
e non avevo ancora capito perché eri lì.)
Uomo - Ma ecco ... veramente … io ero passato qui anche per dirle
qualcosa. Beh, insomma io ero qui per lei ... cioè per chiederle … a lei …
se le farebbe piacere che noi ... una volta … ci si incontrasse?
Donna – (Ero al settimo cielo, ma una brava ragazza non doveva farlo
capire subito...) Ma sì! torni qui, in negozio, qualche volta. Così ci
possiamo vedere e scambiare qualche parola. (Ero stata troppo dura?)
Poi … più avanti, vedremo.
Uomo – Bene! Va bene. Sono contento! Posso chiederle il suo nome?
Donna - Mi chiamo Carla. E lei?
Uomo - Giovanni. Allora … a domani?
Donna - Si, a domani. Venga.
(Si stringono timidamente la mano)
Donna - Che felicità! che gioia! (Quella notte non riuscii a dormire per
l’emozione di rivederti il giorno dopo)
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Uomo - E io non fui contento finché non ti invitai a ballare una
domenica pomeriggio. Alla balera in piazza Don Bosco. Era una tettoia
all’aperto, sotto gli alberi, con quattro luci attaccate su e un’orchestrina
da ridere. Ma era così bella. Era così bello poter fare qualche giro di
walzer con te. Che felicità sentire il tuo profumo. Signorina permette ...
(si mettono a ballare)
Donna (si ferma) - A proposito cos’è che volevi regalarmi? Son curiosa.
Uomo Beh … un … un frigorifero! Non lo possiamo pagare tutto subito
ma me lo danno a rate. Perché lavoro alle Acciaierie e non ci sono
problemi. Beh … Come regalo non è molto romantico. Lo so...
Donna – Giovanni! Ti voglio bene …
La fabbrica e la ripresa
INGEGNERE - Nel dopoguerra anche la fabbrica un po’ alla volta riprese
la sua attività arrivando nel ‘50 a contare 1500 dipendenti, e ancor di
più nel decennio successivo.6 Il lavoro era sempre durissimo, le paghe
ridotte ed erano ancora lontani i tempi dell’automazione, dei sistemi di
sicurezza e della contrattazione sindacale. La produzione, allora come
sempre, era l’imperativo.
UOMO 1 (legge) - “Il capoturno doveva prendere nota della minima
perdita di tempo e riferirla agli assistenti. Ogni minuto di ritardo,
soprattutto ai forni, doveva trovare una giustificazione valida. Anche le
pause dovute a guasti erano severamente discusse. In questo modo si
cercava di svolgere le manutenzioni anche quando il forno era in
funzione esponendosi a gravi pericoli e disagi. É che la produzione
andava sempre migliorata e intensificata, così che quando si
raggiungeva un nuovo record, sul tetto del capannone veniva issata
una bandiera. Il sistema dei controlli era completato da un manipolo di
guardie, dipendenti dell’Acciaieria, in divisa, che giravano dentro i
reparti e lungo i perimetri, con il compito di controllare l’andamento e
segnalare le irregolarità.”
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Non scherzare col gruista
Uomo 1 e 2.
UOMO 1 – (entrando) Ma di', tu sei matto, Rico, vero?
UOMO 2 – Perché?
UOMO 1 – Come perché? Parlo dello scherzo dell'altra notte, con la gru,
quand'è venuta su la guardia! Cosa volevi fare? Volevi farlo fuori?
UOMO 2 – E allora? Cosa te ne frega, a te. (fa per andarsene)
UOMO 1 – Fermati, stai qua! Ascolta. Se succedeva che l'ammazzavi...
UOMO 2 – Se l'ammazzavo cosa? Nessuno può stare lì. Neanche le
guardie. Che ci faceva lassù? Cosa si era arrampicato a fare? A
passeggiare sul binario della mia gru, eh? Nessuno avrebbe potuto
dirmi niente. Adesso levati di mezzo che devo andare.
UOMO 1 – Senti, ascolta, un minuto solo, dio santo...
UOMO 2 – Nessuno può stare da quella parte, hai capito o no? Io stavo
lavorando, per dio! E con la gru, dovresti saperlo, bisogna aspettare
finché non fanno il carico di sotto, e siccome...
UOMO 1 – Lo, so, lo so, lo so...
UOMO 2 – Allora perché me lo domandi, se lo sai! Lui pensava che io
mi fossi addormentato ... e voleva sorprendermi. Darmi la multa.
Quello lì ce l'ha coi gruisti, lo fa apposta, tutte le volte si arrampica per
vedere se dormiamo ... Anche questo dovresti sapere.
UOMO 1 – Ma cristo santo, vuoi ascoltarmi un momento! Non fare il
furbo con me Rico! Hai capito cosa intendo! E' tutto vero quello che
dici, ma ti pare che basti per ammazzare una persona, ti pare che
basti, eh?
UOMO 2 – Mica l'ho ammazzato, contento?
UOMO 1 – Se quello non saltava via dal binario, era morto, era! Tu non
ti sei neanche fermato, guarda che t’ho visto, sai!
UOMO 2 – (si stringe nelle spalle) Si vede che ci tiene alla pelle e che è
svelto ... così la prossima volta ci pensa, a arrampicarsi di nascosto su
da noi per darci la multa. Quel cretino. Cosa ci faceva lì? Eh? Tu che sai
sempre tutto. Mi spiava!
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UOMO 1 – D'accordo, ma è un guardia! Se lo scherzo ...
UOMO 2 - E tu che fai le prediche agli altri, Giovanni, cosa sei, san
Giovanni Bosco?
UOMO 1 – No. Sono uno che prova a ragionare … E ti dico che una cosa
sono gli scherzi innocui, fatti magari con un po' di cervello, e un'altra,
caro mio, sono i colpi di rabbia ... E questi non sai mai dove ti portano,
perché il cervello non ce l'hanno, Rico.
UOMO 2 – (minaccioso) Cosa vuoi dire con questo eh? Che son senza
cervello?
UOMO 1 – No. Voglio dire che un colpo di rabbia, caro il mio gruista, col
nostro lavoro, può portarti in un mare di guai che tu non immagini
nemmeno. Perché la rabbia non ti fa pensare. Ecco,tutto qui.
UOMO 2 – Ascoltami bene tu, adesso. Se quel bastardo d’un spion ci
prova di nuovo, Giovanni, tu che lo conosci bene, diglielo che … lassù
è pericoloso passeggiare. Ci si può fare male. Tanto male. Diglielo. E
fatti un bicchiere alla mia salute. Pago io! (esce).
Siderurgia
INGEGNERE - La siderurgia in quegli anni non conosceva ancora crisi di
produzione ed il posto di lavoro era solido e sempre garantito. Vigevano
pur sempre la meritocrazia e il paternalismo aziendale. Con lavoro,
esperienza, dedizione, studio, si poteva fare carriera. Un apprendista
poteva anche diventare caposquadra o magari assistente. Gli stipendi
erano insufficienti ma l’azienda sopperiva con altre compensazioni e
benefici.
Punti di vista
UOMO 1, UOMO 2, GIOVANE.
UOMO 2 - Allora, com’ela ragazzo? Come te trovi al laminatoio?
GIOVANE - Abbastanza bene. Grazie Gli altri operai, fin da quando ho
cominciato, mi hanno aiutato, mi sono stati vicini.
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UOMO 1 - É lo spirito delle acciaierie. Essere come in una grande
famiglia. Aiutarsi sul lavoro, collaborare. Anche per evitare il più
possibile incidenti. E poi naturalmente per aumentare la qualità e la
produzione.
GIOVANE – Sì. Si vede subito, quando entri in fabbrica, che tutti hanno
questo sentimento di collaborazione. Dai capi agli operai …
UOMO 2 - Noi lavoremo come se la fabbrica la fose nostra. L’è vero.
Perché da qua escono gli acciai migliori! É un vanto per ognuno. Per
tutti noi.
GIOVANE - Ma siete sicuri che questo sia il modo giusto di mettersi nei
confronti dell’azienda? Non credete che si possono guardare le cose in
un altro modo? Con più distacco?
UOMO 1 - Cosa vuoi dire? Vuoi mettere zizzania? La fabbrica e i suoi
dirigenti ci hanno dato molto. Perché non dovremmo essere grati e …
orgogliosi.
UOMO 2 - Ne han dà la casa. E sono sempre atenti ai problemi nostri e
anca delle fameje.
UOMO 1 – É la verità sacrosanta. A certe famiglie hanno dato anche la
legna per l’inverno, quando mancava. E per i figli? Hanno fatto delle
colonie apposta per noi delle Acciaierie. Che se no il mare … solo in
cartolina lo avrebbero visto.
UOMO 2 – E varda che me fjol el sta studiando all’Istituto Tecnico
Industriale. E in estate me fjol el va in fabbrica a fare tirocinio. Così che
quando el finirà la scola ghe sarà il lavoro bel’e pronto che lo speta.
UOMO 1 – É un bel vantaggio. Una sicurezza per il futuro!
GIOVANE – Sì. Ma in cambio? E ci chiedono di lavorare di notte … E la
domenica … E le feste. E sempre lì a correre perché c’è il cottimo e ci
son le tabelle da rispettare. Non vi sembra che la “grande famiglia”
chieda un po’ troppo ai suoi figli?
UOMO 2 – No me par. Se devo dirla tuta, te dirò che far un po’ de
straordinari a mi me fa comodo. Perché i schei no i basta mai.
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UOMO 1 – E poi ai turni ti abitui in fretta e alla fatica anche. Pensa che
certi dopo il turno vanno a lavorare nei campi. E ce ne sono tanti che
hanno anche un altro lavoro …
GIOVANE – Ma per forza. Non gli basta lo stipendio!
UOMO 2 – E cosa podemo far? Semo costreti a lavorar noi altri. Lavorar
e basta. Non g’avemo altro. E la speranza de far mejo. Forse l’è per
quelo che ne piase così tanto el lavoro.
UOMO 1 – Guarda. Io sono innamorato del mio lavoro. Perché faccio
qualcosa di buono. Di utile.
GIOVANE - Sì, sì. Dev’essere proprio amore. Perché sto lavoro qui, è
tanto duro che se non ci fosse l’amore uno scapperebbe via subito.
UOMO 1 – Eh. Che esagerato!
GIOVANE - Non credo proprio, pensa al laminatoio dove sto io. Son tanti
mesi ormai. Eppure, ancora oggi, quando vedo il tondino incandescente
che esce dalla gabbia mi fa paura e vorrei scappare … E invece lo devo
prendere al volo con la tenaglia e girarlo e infilarlo subito nell’altra
gabbia. E lui si snoda e si dimena come un serpente infuocato, pronto
ad avvinghiarmi. … Con quel rumore che c’è credo che se mi
succedesse qualcosa nessuno si accorgerebbe …
UOMO 2 – Ma va là! Al laminatoio ci sono controlli e sistemi di
sicurezza! E serpenatare il filo no l’è così dificile.
GIOVANE - Siiiii ... Senti quello che lavora all’acciaieria. Pericoli, rumore,
caldo, polvere, anche lì mi sembra proprio che non mancano!
UOMO 1 – Però gli incidenti in fabbrica non sono poi tanti …
UOMO 2 – (in italiano con inflessioni) - Esato! Basta star atenti. Seguir
le regole. Io invece, dopo tanti ani, quando suona la prima campana
dela colata ... sento ancora un’emozione. Veder tutti questi uomini
intorno ai forni, tesi, concentrati nello sforzo comune per otenere un
buon risultato, vedere queste menti e queste braccia che lavorano
insieme per avere la meglio sulla materia, per domarla e piegarla alla
nostra volontà! Bè. Mi dà ancora una sensazione unica, un brivido, che
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mi fa dimenticare il pericolo, il caldo, la polvere … E allora penso … io
faccio il mestiere più bello del mondo!!
GIOVANE - Con te è inutile fare certi discorsi, tu sei stregato
dall’acciaieria. Ti sei posseduto dal sacro fuoco della fusione.
UOMO 1 - Tutti noi!
UOMO 2 – Bè. Ti tasi che te sei ale lamete. El reparto nobile dell’azienda
… E inutile. Questi discorsi no i te toca!
UOMO 1 - Parla il posseduto! Per tua regola, noi siamo importanti
quanto e forse più di voi ...
UOMO 2 – Oh. Signorina lamettaaaa…
UOMO 1 – Guarda che è grazie alla Lama Bolzano che le Acciaierie sono
conosciute in tutta Italia. Non certo per il tuo fuoco sacro! E anche da
noi c’è un rumore che non potete immaginarvi. Pensate che alle
punzonatrici, a stampar le lame ci hanno messo due sordomuti ...
D’altronde è l’unico reparto che può dar lavoro a presone che hanno
qualche problema. Ce n’è una decina almeno.
UOMO 2 – Te sai come i li ciama? … L’armata Brancaleon!
UOMO 1 - Ma che simpatico! Vado via, và, prima di perdere la pazienza.
(esce)
UOMO 2 (gli va dietro) – Ma dai! Non te la prendere ... Era per fare una
risata ... Dai che ti pago da bere (esce)
GIOVANE – Qui, in stabilimento, ho incontrato tante brave persone con
le quali però è difficile parlare di certi argomenti. E poi ogni volta che ci
provo, dopo averli ascoltati, non riesco più a capire da che parte sta la
ragione. Andare avanti senza farsi troppe domande? O interrogarsi per
cercare di capire, in questo nostro cosiddetto progresso … dove è il
giusto? dove è lo sbagliato?
Università dell’acciaio
UOMO - Il dipendente delle Acciaierie, la sua famiglia e i suoi figli,
erano seguiti e assistiti in molti modi. Dalla casa assegnata, alle colonie
di Venezia o di Cesenatico per i bambini, poi la formazione
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professionale e l’assistenza sociale, e per i casi gravi anche medica e
specialistica. E poi il divertimento, tante attività e gare sportive. Si
andava a sciare alla pista Falck a Plan de Gralba7, con la seggiovia
riservata per noi … e poi le feste aziendali, il coro polifonico e anche il
panettone, a Natale. E il ballo di fine anno. Perfino un servizio di posate
al matrimonio. Di acciaio, si capisce …
INGEGNERE – Per tutti noi - assistenti, tecnici, operai, dirigenti l’importante, era far bene il lavoro. Noi della Falck, fin dagli inizi
specializzati nella produzione di acciai speciali, eravamo un’azienda
giovane ma ci siamo presto imposti per innovazione, per investimenti.
Già prima della guerra, me lo ricordo, il primo listino SIAU presentava
trenta tipi di acciai. Poi siamo diventati concorrenti della Cogne, in Val
d’Aosta, l’altra specialista e perfino della Germania. Siamo arrivati a
livello europeo. In effetti, quassù, anche per le distanze, non era facile
avere i ricambi per le macchine e allora si era sviluppata una grande
autonomia. Eravamo ben equipaggiati. Avevamo un’officina meccanica.
La palazzina centrale poi conteneva sia un laboratorio tecnologico, sia
un laboratorio chimico, sia un servizio metallurgico! Era veramente un
piccolo istituto tecnico applicato. Perfino un microscopio elettronico
riuscirono a comprare, a un certo punto! Nell’ambiente e alla Falck di
Sesto S. Giovanni ci chiamavano “l’università dell’acciaio”. Fornivamo la
Fiat, l’Alfa Romeo, e le maggiori industrie nazionali. L’acciaio di Bolzano
è andato in Svizzera, Svezia, Germania e un po’ in tutto il mondo. Tutte
le settimane arrivavano collaudatori mandati dai vari clienti. Dovevamo
essere sempre all’avanguardia per la qualità della produzione e dare
sempre grande importanza alla sicurezza, perché il lavoro era duro e le
macchine e gli impianti erano molto pericolosi. Ci sono stati degli
incidenti. Come no!
UOMO - Basta un niente, una disattenzione, un pensiero da un’altra
parte, e tac. Ti brancano. Le macchine. Metti che devi spingere un
carrello con sopra una billetta appena uscita dal forno, metti che devi
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tenere i tempi e correre sempre, per tutto il turno - per anni. E metti
che una volta scivoli e cadi sul pavimento di ferro, che scotta, come
tutto il resto. Metti che ti rompi un braccio ... É successo. Un altro
invece doveva togliere un tondino che si era incastrato nei cilindri di
laminazione, ma ci è finito dentro con la gamba. … E l’ha persa. É
successo anche quello. Un altro operaio doveva andare in fondo alla
cesta del rottame, vuota, doveva andare giù a pulirla. Ma si era
dimenticato di mettere il segnale convenuto, di lasciare fuori il casco,
appeso sulla scala. Altri invece dicono che era notte e che il gruista
non ha visto il segnale e comunque ha scaricato giù il rottame. E
l’operaio è morto. Schiacciato. … É successo. Eh, sì. Ne muore nelle
fabbriche. Ogni giorno. Son pericolose. Anche quando ci sono tutti i
sistemi di sicurezza. E anche per la salute. Non si sa mica bene quanti,
ma sono tanti che si sono ammalati. Dopo il lavoro in stabilimento.
Tumore ai polmoni. Silicosi. Disturbi. Operai o ingegneri. Lì è uguale eh!
E l’amianto? Non si sapeva mica niente allora dell’amianto. C’erano i
grembiuli e i guanti di amianto per difendersi dal calore. E le coperture
dei tetti … amianto. Era normale. Poi però si è scoperto che faceva
male. Lo hanno tolto. Un po’ alla volta le cose migliorano … è per quello
che si chiama progresso.
Finale “Vale la pena?”
INGEGNERE – Eh, sì … il fuoco, e i metalli, e l’acciaio. I regali di
Prometeo. La tecnica e i prodotti. I motori, le macchine, gli
elettrodomestici, gli utensili ma anche i palazzi, le navi, gli aerei … Non
serve far l’elenco, dove ti volti c’è l’acciaio. … Tutta questa bella roba
che ci fa la vita più leggera, meno dura, meno faticosa ... a tutti. Come
sarebbe andato il mondo senza il ferro, senza l’acciaio? Non si può
neanche concepire ...
DONNA – Sì. É difficile da immaginare … Però, almeno, sarebbe stato
un mondo … senza armi! o con armi molto diverse da quelle che
abbiamo, un mondo senza spade e senza cannoni. E niente pistole,
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mine, bombe e bombardieri … Tutta roba che si fa col vostro acciaio.
Perché è questo che ci fate no? fra tutto il resto, oltre le lavatrici e le
macchine, no? Ci fate armi terribili per far fuori sempre più gente nel
modo più efficace … No? Voi maschi …
INGEGNERE – Beh, cosa c’entrano i maschi adesso? Ci sono gli usi civili e
gli usi militari. Mica decidiamo noi, noi siamo tecnici, noi facciamo
quello che serve e quello che ci chiedono. In guerra cara mia, senza le
armi, vuol dire perdere subito, diventare sottomessi e schiavi, tutti:
uomini e donne. E poi anche tu hai lavorato in fabbrica, lo sai bene che
ci sono acciai per fare certe cose utili e buone e acciai per farne altre,
meno simpatiche magari … ma tutto serve se il fine è giusto!
DONNA – Sì? Anche le mine? Per ammazzare e storpiare la gente, i
bambini che vanno a giocare … Una mia cugina è morta così!
INGEGNERE – Beh, sono cose che succedono, la guerra è guerra …
DONNA – Ma cosa fai il furbo? O te ne lavi le mani? E così che fate voi
del resto … “ubbidiamo agli ordini”, “ci han detto di far così”, “facciamo
il nostro dovere”... e via avanti, chi se ne frega delle conseguenze …
OPERAIO ANZIANO – Mm … Mi digo questo. Durante la guerra dicevano
che Hitler non sarebbe andato da nessuna parte senza Krupp e le sue
acciaierie. I Krupp lo hanno sempre foraggiato … prima coi soldi e poi
con le armi. E in fabbrica, sotto i tedeschi, anche a noi qua a Bolzano ci
facevano fare acciaio per cannoni. Beh, non è che ero tanto contento.
Mi. Ma l’era lavoro e gh’era da pensar a la fameja , e se te sgarravi … ti
mandavano a lavorare in Germania, senza paga, come uno schiavo, da
Krupp o da n’altro … Toccava farlo e basta, e sperare che sarebbe
finita, prima o poi … E però digo n’altra cosa: non se pol far un coltello
senza almeno un lato che taja! Certe cose toca farle. É lo stesso col
fogo. El fogo scalda, illumina, cuoce, ma anche brucia, incendia,
distrugge… Dipende tutto da ti! Da come te lo usi!
OPERAIO GIOVANE – Ma va là! Ma cosa dici! Non è vero che dipende da
te. Tu, e anch’io e lei, come operai, e perfino l’ingegnere con tutte le
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sue arie, abbiamo ben poco da decidere. Tutti noi dobbiamo fare come
ci comandano. E basta. C’è il cottimo, ci sono le multe e i premi, c’è da
correre e faticare, e basta… Non ci piace? Non va bene? Beh, allora
bisogna cambiare. Bisogna affrontarla sta questione, è finita la grande
famiglia, il paternalismo aziendale e l’orgoglio di fabbrica … Orgoglio sì,
anche, ma del mio lavoro. Che lo faccio bene, comunque. Il mondo è
cambiato, sta cambiando … La guerra è finita, la dittatura finita, adesso
c’è la libertà, c’è la democrazia. Possiamo votare tutti, uomini e donne.
Anche le donne possono dire la loro, contro i signori delle guerre. E
anche gli operai han qualcosa da dire ai signori delle fabbriche, che con
le dittature si sono ben ingrassati. Adesso possiamo, dobbiamo
combattere … Anche a costo di ribaltar tutto. Non sarà facile, no … le
vecchie forze, (allusivo) le vecchie mentalità soprattutto, sono le più
dure da combattere …
OPERAIO ANZIANO (offeso) – Ma cossa te voi combatter ti. Che te spussi
ancora de latte. El vol ribaltar tutto! … Te devi solo ringraziar Dio se te
hai trovà lavoro in fabbrica. Ingrato! Gnorante!
OPERAIO GIOVANE – Io sarò ignorante, ma voi altri? Siete i primi a
lamentarvi e borbottare dietro ai capi, e sempre i primi a chinar la testa
appena vi richiamano con la campana … Chi se ne frega se dovete
consumarvi la salute e la vita, e mandar giù i rospi. Vi danno i
contentini e le gratifiche, e l’orologio di acciaio prima di andare in
pensione … E va bene così! Bisogna cambiare, caro mio… C’è un vento
nuovo in aria ... Gli operai cominciano a capire, è tempo di organizzarsi,
di chiederle le cose invece che subire, e di pretenderle se è il caso!
C’è un’altra cosa che ci ha insegnato il Prometeo, a noi acciaioli e a
tutti, non dimenticare! La ribellione … contro i tiranni!
DONNA – Maschi! Sempre a litigare, a far politica e a preparare guerre.
Ma non la finirete mai? E fazioni! E violenza! E allora più armi e più
fabbriche … Ma siete sicuri di andare nella direzione giusta? E di sapere
poi se c’è una direzione? Io lavoro alla “Erre”, a confezionare lamette.
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Metto la carta velina. Sempre quello. Beh. Mi ricordo che il primo
periodo, in reparto, non riuscivo ad abituarmi al rumore delle macchine.
Mi rintronava la testa. Le presse sbattevano tutto il giorno e me le
sognavo anche la notte. Mi sembrava, in quei sogni, che mi gridassero
continuamente: avanti, avanti, avanti ... Come se fossero loro a
scandire le mie ore e i miei giorni. E poi, nel sogno, tutte ‘ste macchine
del capannone andavano tutte allo stesso ritmo, si univano come gli
strumenti di un’orchestra che suona la stessa musica. E la musica
cresceva e collegava fra di loro tutte le macchine della fabbrica, che
così diventavano una orchestra sola, grande come tutte le Acciaierie …
e avanti ancora si allargava a tutte le fabbriche della Zona… e alla fine
era un ritmo solo, in tutte le fabbriche del mondo! Una sola macchina
immensa. E anche quella ripeteva tutto il tempo: avanti, avanti, avanti.
Un incubo! E allora mi sono svegliata… Però ci penso spesso a quel
sogno. Avanti, avanti, avanti, sì! ma verso dove? C’è una direzione?
Questo progresso, questo mondo nuovo va da qualche parte? C’è
qualcuno che ci pensa e pensa a far del bene? O dalle macerie è uscita
di nuovo solo questa immensa macchina, che si tira tutti dietro e va
avanti da sola, come un burattino … un soldatino … caricato a molla …
d’acciaio …
SIPARIO
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