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Numero 58
10 Febbraio 2015
91 Pagine
Mazda3 Skyactiv-D
Personalità ed
equilibrio
La cilindrata spaventa, alcuni
dettagli sono fuori posto, ma è
davvero un piacere guidarla
Periodico elettronico di informazione automobilistica
Audi A1 restyling
F1
Abbiamo provato l’Audi A1
restyling, che oltre a proporre
un look rivisto dà il benvenuto in
gamma a motori tre cilindri
È una questione di cuore.
Storia di un campione che si
è fatto cambiare dal successo
Tre cilindri premium
Sebastian Vettel
| PROVA SU STRADA |
Peugeot
208 XY
da Pag. 2 a Pag. 17
All’Interno
NEWS: Porsche Cayman GT4 | Ferrari 488 GTB | Nuova Ford Focus RS | Nuova Mazda MX-5 | Nuova Renault Espace
M. Clarke La storia delle Auto Union da corsa | F1: Ecco come è già cambiata la Ferrari SF15-T
PROVA SU STRADA
PEUGEOT 208 XY
Si fa notare
In listino a 21.550 euro la versione al top di
gamma della berlina francese è ben rifinita
e si fa notare. Ottimo anche il 1.6 e-HDi ma
c’è qualche elemento opzionale di troppo
di Emiliano Perucca Orfei
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Prova
Periodico elettronico di informazione motociclistica
Media
in tinta carrozzeria di ispirazione GTI. Cinque posti, disponibile nella sola carrozzeria a tre porte
(lunga 396 cm, larga 173 ed alta 146, passo 253)
la XY si riconosce anche per via della firma sulla
fiancata e sul portellone oltre che per i cerchi diamantati da 17” enfatizzati da un sottile bordino
color porpora. Non mancano le personalizzazioni tra cui l’adesivo XY sul profilo della calandra
(opzionale), il tetto in cristallo Ciel “graffiato” da
righe parallele o incrociate visibili dall’abitacolo.
Sei i colori disponibili (+705 euro i madreperla,
+535 euro il metallizzato) per questo allestimento tra cui l’esclusivo Purple Night pensata per far
risaltare le note metalliche. L’interno della XY,
come l’esterno, si posiziona al top della gamma
ed in quanto tale può vantare rivestimenti misto
pelle/Alcantara (+1.010 euro), maniglie e pomello del cambio in metallo cromato Bélem satinato,
pedaliera sportiva, finitura cromata del touchscreen da 7” (di serie) con navigatore (opzionale, 490 euro) ed inserto in Sterling Silver sulla
consolle centrale pensato per regalare ulteriore
luminosità all’abitacolo oltre a quella assicurata
dal tetto in cristallo Ciél. Invariati i valori di volume del bagagliaio (da 285 a 950 litri) mentre
per quanto concerne gli optional oltre al già citato sistema di navigazione sono disponibili il pack
hi-fi JBL (505 euro), i fari fendinebbia con funzione cornering (100 euro). La motorizzazione che
Peugeot Italia ha scelto di importare per l’allestimento XY è la 1.6 e-HDi da 115 CV. In alternativa,
negli altri Paesi, sono disponibili anche il THP da
155 CV a benzina ed i turbodiesel da 92 CV con
cambio manuale o pilotato. Nel caso della versione italiana la potenza massima è disponibile
a 3.600 giri mentre la coppia massima è di 285
Nm. Cambio a sei marce, manuale, il 1.560 turbodiesel francese è in grado di spingere la 208
XY a 190 km/h di velocità massima assicurando
una accelerazione 0-100 km/h in 9,7 secondi.
3,8 l/100 km il consumo di gasolio, 99 g/km il
valore di emissione di Co2.
N
ella gamma Peugeot 208 non
ci sono solamente le versioni “per tutti i giorni” o le più
sportive GTI. Anche per chi
si vuole davvero distinguere
la Casa francese ha deciso di
introdurre un allestimento speciale che si pone
al top di gamma proponendo un allestimento
particolarmente ricco e raffinato, anche in tema
di personalizzazione estetica. Per riconoscere la
XY basta dare un’occhiata alla calandra, che si
differenzia da quella di serie per una combinazione tra elementi cromati e nero lucido che impreziosiscono il look alla stregua dei gruppi ottici
dotati di una nuova firma a led “flat-guide” di ultima generazione. Anche il portellone posteriore
vanta personalizzazioni specifiche ed uno spoiler
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Prova
Periodico elettronico di informazione motociclistica
Dal vivo: com’è fuori
Disponibile nella sola carrozzeria a tre porte la
208 XY è una vettura che si fa notare soprattutto
nella colorazione Purple Night protagonista della
nostra prova. Ben disegnata e realizzata, la 208
XY si differenzia dalle normali 208 per la diversa
calandra e per l’architettura interna dei gruppi
ottici che propone una diversa firma delle luci di
posizione e degli indicatori di direzione a led.
Dal vivo: com’è dentro
Ben rifinita e realizzata la 208 XY, in particolar
modo nelle versioni dotate di interni in pelle,
sposta in alto l’asticella della qualità della vita
a bordo proponendo un interno raffinato e decisamente piacevole. Il tetto Ciel assicura una
maggior sensazione di spazio e luminosità alla
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stregua della pannellatura grigia della zona inferiore della consolle centrale, pensata per alleggerire ulteriormente una struttura già di per sé pensata per offrire una maggior sensazione di spazio
a guidatore e passeggero: se sul lato destro la
plancia è scavata per permettere alle ginocchia
di muoversi più liberamente, infatti, sul lato sinistro è il volante di dimensioni ridotte a recitare
la voce del padrone. Un volante che è l’emblema
non solo della 208, che l’ha introdotto, ma anche
di nuovi modelli come 308 ed i futuri “leoni” che
arriveranno: una soluzione che ha richiesto una
totale riprogettazione di sterzo e servoassistenza rispetto alla tradizione ma che ha consentito
di liberare moltissimo spazio a tutto vantaggio delle persone più alte ma soprattutto della
sensazione di spazio che si prova a bordo della
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vettura. La posizione di guida, grazie alla possibilità di regolare sedile e volante (anche in profondità), è comoda, discretamente sportiva e piacevole grazie a sedili ben sagomati e dimensionati:
quello che lascia scontenti alcuni guidatori è la
difficoltà di lettura della strumentazione rialzata
(non si legge più attraverso il volante), anche se
abbiamo avuto modo di verificare, facendo salire diversi guidatori sulla vettura, che il fattore
è limitato e legato a posizioni di guida tutt’altro
che “da manuale”. Quello che piace della 208 XY,
come di tutte le altre 208, è il sistema multimediale: di categoria superiore non è certamente il
più moderno del segmento ma è ben fatto, supporta molto bene i cellulari di ultima generazione
ma soprattutto dialoga alla perfezione con il display al centro del cruscotto lasciando così il guidatore libero di gestire le informazioni riguardo
la navigazione o la vettura mentre il passeggero
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Periodico elettronico di informazione motociclistica
Prova
sintonizza la radio o gestisce via USB (2 le porte
disponibili) o Bluetooth la lettura di file MP3 dal
telefonino, chiavetta o player. Un confort, quello
proposto davanti, che dietro viene limitato dalla difficoltà d’accesso della carrozzeria 3 porte:
peccato perchè una volta a bordo 208 è in grado
di accogliere sufficientemente bene i propri occupanti. Buono il vano bagagli: non è da record
per la categoria ma è sufficientemente ampio per
venire incontro a tutte le esigenze.
Come si guida
Il motore e-HDi 1.6 da 115 CV non è certamente
una sorpresa: è uno dei motori più venduti del
Gruppo e dimostra anche in questa applicazione
di avere un bel carattere (soprattutto quando si
superano i 1.800 giri) senza essere particolarmente esigente in termini di consumi. Nel corso
della nostra prova abbiamo tenuto una media
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Periodico elettronico di informazione motociclistica
Prova
reale di 5,2 l/100 km senza particolari rinunce.
Come tutte le 208 anche la XY è molto leggera
(pesa 1.075 kg) e questo permette da un lato di
rendere veritiero il passaggio da 0 a 100 km/h in
meno di 10 secondi ma soprattutto di offrire una
guida molto efficace e sicura tra le curve grazie
anche ad un retroreno che a differenza dei precedenti modelli (205, 206 e 207) è molto stabile e
preciso in ingresso di curva. Una vettura, la 208,
davvero piacevole da guidare, per nulla limitata
dalla presenza di un volante tutt’altro che tradizionale: la dimensione ridotta, infatti, è stata ben
compensata dalla progressione della servoassistenza e della scatola guida, tanto che non occorre nemmeno un periodo di adattamento alla
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novità. Si sale e si guida come se si avesse sempre guidato auto così. Il 1.6 e-HDi è silenzioso a
regime costante, un po’ meno in accelerazione,
ma rivela un’anima ecologica interessante nel
funzionamento tutt’altro che fastidioso dello
stop&start: a differenza di molte altre soluzioni,
infatti, PSA ha sviluppato un volano alternatore
che rende le operazioni di avviamento del quattro cilindri turbodiesel praticamente impercettibili.
In conclusione
XY è una 208 estremamente raffinata e ricca
nell’allestimento dedicata a chi vuole qualcosa
in più nel look ed ama farsi notare. Il tutto senza
perdere nulla in termini di funzionalità e piacevolezza di guida, che sono elementi chiave nel successo della “compatta” del Leone.
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Prova
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BROCHURE, TEST DRIVE, TUTTO SU:
Peugeot 208 XY
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MAZDA3 SKYACTIV-D
Personalità
ed equilibrio
In listino a partire da 17.800 euro la nuova
Mazda3 dimostra nella versione turbodiesel
di non aver alcun timore della migliore
produzione tedesca. La cilindrata
spaventa, alcuni dettagli sono
fuori posto, ma è davvero un
piacere guidarla
di Emiliano Perucca Orfei
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Prova
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Media
F
uori i muscoli, secondo protocollo Kodo Design, la nuova Mazda3
rappresenta assieme a 6, CX-5
e 2 la massima espressione non
solo del più recente corso stilistico Mazda ma anche di una serie
di raffinate tecnologie che rientrano nel pacchetto Skyactiv studiate per assicurare più piacere di
guida a fronte di un contenimento di consumi ed
emissioni ed un miglioramento della sicurezza
senza alcuna rinuncia o compromesso in termini
d’uso quotidiano del veicolo.
Mazda: puristi dell’automobile
Una strada, quella intrapresa da Mazda, a dir
poco “purista” rispetto ai classici canoni dell’automobile che abbiamo conosciuto sino ad oggi,
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perchè non si fa ricorso a soluzioni ibride o motori turbo di ridottissima cilindrata per venire incontro alle necessarie regolamentazioni sull’abbattimento delle emissioni. Anzi, sotto al cofano
della motorizzazione diesel più interessante pulsa fiero un quattro cilindri oversize (2.2 litri) in
grado di assicurare emissioni contenutissime e
prestazioni di tutto rispetto. Ma andiamo con ordine e partiamo dal design che è molto diverso
da quello della passata generazione. Pensato per
plasmare la carrozzeria della vettura quasi avvolgesse i muscoli di un “felino in corsa”, Mazda3
vanta interessanti incroci di linee sulla fiancata,
un cofano molto lungo e parafanghi molto accentuati, per dare il senso di massimo appoggio sulla
strada. Anche il frontale è stato messo a punto
con l’obiettivo di essere molto personale ed è per
questo che una generosa calandra cromata si
raccorda ai gruppi ottici, con luci diurne a led, andando ad incorniciare un generoso logo Mazda.
Lunga 447 cm, larga 180 ed alta 145 (passo
270) Mazda 3 vanta forme quasi da coupé nella
zona posteriore ma non rinuncia allo spazio per
le persone ed i bagagli: l’abitacolo è omologato
per cinque ed i litri disponibili per borse e valigie
sono 350, estendibili a 1.250 abbattendo progressivamente gli schienali posteriori in modalità 60/40. Numerose le tecnologie disponibili, sia
per quanto concerne la sicurezza che l’intrattenimento: il nuovo MZD Connect di serie sulle versioni top, infatti, non è solamente un display da
7” ma un sistema attraverso il quale è possibile
connettersi ad Internet (con pairing bluetooth),
spedire sms, navigare su Facebook o Twitter e
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molto altro. Una tecnologia molto completa, che
si pilota attraverso il commander HMI posizionato tra i sedili anteriori e che viaggia di pari passo
con head-up display (Active Driving Display) ed il
pacchetto i-Activsense Technology (1.250 euro)
che comprende retrocamera di parcheggio, la
segnalazione di pericolo collisione ESS, il controllo dell’angolo cieco dello specchietto e di chi
sopraggiunge da dietro con velocità decisamente superiore ma anche l’attivazione automatica
di tergicristalli e luci al bixeno(compresi abbaglianti) che tra le caratteristiche hanno quella di
orientarsi seguendo la curva. Tre gli allestimenti
disponibili: Essence (solo 1.5), Evolve ed Exceed.
Molto completi già a partire dall’allestimento intermedio, Mazda 3 offre il suo meglio in termini
di tecnologia e dotazioni (anche a pagamento)
solo nell’allestimento superiore: oltre al pacchetto sicurezza appena citato si paga la vernice
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Prova
Periodico elettronico di informazione motociclistica
metallizzata (550 euro) o quella Premium Soul
Red (700) ma anche la pelle, proposta a 1.250
euro nel caso della nera e 1.400 per la soluzione
in contrasto bianco nero. L’impianto audio Bose
ed i cerchi da 18”, invece, sono proposti di serie.
Soluzioni tecniche controcorrente Come scritto
all’inizio la tecnologia Skyactiv Mazda non punta al contenimento delle emissioni attraverso
soluzioni ibride o comunque atipiche nell’universo dell’automobile “tradizionale”. Il concetto di
Skyactiv, infatti, è quello di ottimizzare al massimo quel che è già conosciuto ed è per questo
che utilizzando materiali ad alta resistenza il
peso della vettura è stato contenuto in (1.190 kg,
1.5 Skyactiv-G) e la rigidità torsionale aumentata
del 30% rispetto alla precedente generazione.
A gioire di questi valori sono anche le motorizzazioni che oggi in Italia variano tra due unità a
benzina ed una a gasolio. L’unità d’accesso, la 1.5
Skyactiv-G manuale 6 marce, vanta una potenza
massima di 100 CV a 6.000 giri ed un valore di
coppia di 150 Nm.
Le prestazioni parlano di 182 km/h di velocità massima e 10,8 secondi per lo 0-100 con un
consumo medio di 5,1 l/100 km ed un valore di
emissione di CO2 pari a 119 g/km (Euro5). Per il
più potente 2.0 Skyactiv-G la potenza sale a 165
CV a 6.000 giri mentre la coppia massima tocca
un picco di 210 Nm. Offerto con il solo cambio
manuale a sei marce permette a Mazda3 di toccare i 210 km/h con una accelerazione 0-100 in
8,2 secondi.
Omologato Euro5 il quattro cilindri giapponese
consuma una media di 5,8 l/100 km ed emette 135 g/km d CO2. Pezzo forte della gamma,
soprattutto in Italia, è pero il turbodiesel 2.2 da
150 CV a 4.500 giri. 2.191 cc. L’unità giapponese è certamente la massima espressione del
concetto di Skyactiv perché a fronte di una cilindrata tutt’altro che contenuta per il segmento
offre la certezza di buone prestazioni (velocità massima di 210 km/h ed una accelerazione
0-100 km/h in 8,1) accontentandosi di una media di 4,1 l/100 km.
Basso anche il valore di emissione di CO2, contenuto in 107 g/km (Euro6).
Proposto con il cambio manuale a sei marce
Mazda 3 2.2 Skyactiv-D è disponibile anche in
abbinamento ad un cambio automatico a sei
marce con paddles al volante.
Si tratta di un’unità a convertitore di coppia di
concezione molto moderna sia per quanto concerne la meccanica che l’elettronica, messa a
punto direttamente dai tecnici di Hiroshima per
rendere il più fluido ma allo stesso tempo veloce
possibile il passaggio da un rapporto all’altro in
ambo le direzioni.
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Periodico elettronico di informazione motociclistica
alla perfezione il display da 7” montato “modernamente” a sbalzo nella zona superiore. Un display che permette di interagire in modo perfetto, non solo per il guidatore, con un sistema che
si comanda attraverso un pomello ed una serie di
tasti dal tunnel centrale: tra gli accorgimenti interessanti il posizionamento sul lato sinistro del
tunnel centrale del tasto del volume che permette anche al passeggero di alzare ed abbassare il
volume del sistema audio Bose (suona benissimo) senza muoversi troppo dal sedile. Il guidatore, del resto, il medesimo comando ce l’ha sul
volante. Mazda 3 però non nasce evidentemente
con l’obiettivo di essere solamente un’auto comoda con i passeggeri: la strumentazione, di tipo
motociclistico, è ben leggibile grazie ad un piacevole contagiri centrale (con tachimetro digitale
integrato nella parte sottostante) ed un head-up
display davvero ben fatto e ricco di informazioni utili. Peccato solamente per gli LCD posizionati ai lati dello strumento centrale: sono un
po’ datati nella grafica. Ben fatta sotto il profilo
Dal vivo: com’è fuori
La nuova Mazda3, in particolar modo nella colorazione Premium Soul Red con cerchi da 18”
protagonista della nostra prova (allestimento
Exceed), è una di quelle vetture che certamente
non passano inosservate. In questo caso, però,
non c’è nulla di fuori posto o di particolarmente
evidente: è il pacchetto di forme messo a punto
da Mazda a fare la differenza e di sicuro la 3 non
avrà problemi ad incontrare pareri favorevoli da
parte della clientela più giovane. Ben costruita
Mazda3 è particolarmente curata anche in termini di finiture, in particolar modo nella zona
anteriore dove spiccano la calandra ed i gruppi
ottici.
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ergonomico Mazda 3 permette di cucirsi addosso il posto guida, grazie a innumerevoli regolazioni del sedile e del volante, mentre in termini
funzionali ci sono alcuni dettagli fuori posto: l’unico finestrino che sale e scende con un tocco
è quello del guidatore, la sintonizzazione della
radio attraverso la lista canali è cervellotica (una
volta selezionato il canale si esce dal menù) ed
in termini di vani portaoggetti c’è davvero poco
spazio per le cose di tutti i giorni. Buono lo spazio per i bagagli: i 350 litri promessi non sono il
record della categoria ma non sono nemmeno
pochi per le esigenze di questa categoria. Ben
disegnato, il vano è facilmente ampliabile abbattendo gli schienali posteriori ed il piano che si ottiene è particolarmente lineare e privo di scalini.
Come si guida
Il propulsore 2.2 litri turbodiesel (l’unico Euro6
in gamma) non è forse la cilindrata più idonea
al mercato italiano (un 1.5 è in arrivo) ma è certamente il motore perfetto per un’auto come
Dal vivo: com’è dentro
Le forme aggressive, quasi da coupé, della zona
posteriore portano in dote alcuni svantaggi in
termini funzionali, il più importante dei quali riguarda indubbiamente l’accessibilità ai posti
dietro. Un fattore, però, che non fa il paio con lo
spazio disponibile a bordo: di spazio per le gambe dei passeggeri ce n’è in abbondanza (escluso
chi siede al centro) per le gambe ed a sufficienza
per la testa. Particolarmente interessante con il
rivestimento in pelle bianco con zone a contrasto
nere, l’interno della Mazda3 è alla stregua dell’esterno molto interessante sotto molti punti di vista. La plancia, realizzata con discreti materiali,
è leggera, ben disegnata e pensata per integrare
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Periodico elettronico di informazione motociclistica
questa. Silenzioso e ben accoppiato al cambio
automatico a sei marce sviluppato integralmente da Mazda, il quattro cilindri nipponico spinge
forte dai 1.800 fino ai 5.000 giri di strumento, assicurando prestazioni decisamente interessanti:
gli 8 secondi dichiarati per passare da 0 a 100
km/h sono certamente in linea con realtà, anche
se a stupire non è tanto il valore di accelerazione
quanto la linearità, la silenziosità e la piacevolezza con cui questa unità si “porta a spasso” la
vettura, anche in autostrada dove a 130 il motore
gira a 2.200 giri. Un motore che viene esaltato
nella performance da un telaio ben realizzato:
come tutte le Mazda3 anche l’ultima generazione
è molto reattiva ma concreta e prevedibile nelle
reazioni e si fa apprezzare quando si guida nel
misto, magari in collina dove si può apprezzare la
taratura della servoassistenza nelle sequenze di
curve. In città i cerchi da 18” si fanno sentire ma
senza mai andare oltre la soglia della scomodità
mentre in autostrada si apprezza l’ergonomia
del posto guida e le funzionalità elettroniche che
aiutano la guida senza essere troppo invadenti. I
consumi si sono rivelati interessanti: noi abbiamo ottenuto una media di 15,5 km/l litro senza
particolari premure in termini di guida eco: con
il cambio manuale ed una guida più incline al risparmio si può fare certamente di meglio.
In conclusione
La nuova Mazda 3 è una vettura interessante nel
contesto del segmento C. Le forme sono decisamente personali e sono indubbiamente pensate
per piacere al pubblico più giovane. Qualche riserva rimane invece per chi apprezza, e non sono
pochi in questo segmento, una certa discrezione.
Ben costruita tanto fuori quanto dentro Mazda 3
turbodiesel porta con sé il difetto della cilindrata
“oversize” rispetto alle esigenze del mercato italiano: un elemento che può creare qualche timore, in termini fiscali/assicurativi, ma che rende
piacevole da guidare un’auto che dimostra una
volta di più la competenza ed il livello tecnologico
raggiunto negli ultimi anni da Mazda.
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AUDI A1 RESTYLING
Tre cilindri
premium
Abbiamo provato l’Audi A1 restyling, che oltre a
proporre un look rivisto dà il benvenuto in gamma
a motori tre cilindri. Convincono qualità costruttiva,
design e motorizzazioni, peccato per gli accessori,
quasi tutti a pagamento
di Emiliano Perucca Orfei
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Periodico elettronico di informazione motociclistica
Allestimenti: c’è di tutto
e di più (a pagamento)
Media
I
l 2015 porta con sé molte novità in
ambito automobilistico e tra le prime
non poteva che farsi notare il restyling
della Audi A1 che a distanza di 4 anni
dal lancio e più di 500.000 unità prodotte si presenterà in concessionaria
con dettagli estetici e meccanici inediti. Il design
non subisce stravolgimenti ma le novità ci sono e
sono studiate per rendere A1 (da 20.900 euro e
A1 Sportback (da 21.650 euro) più moderna ma
soprattutto in linea con gli ultimi canoni stilistici
Audi: nuovi sono i paraurti, dotati di prese d’aria più ampie, ma anche la calandra single frame
che adotta uno stile più marcato negli angoli per
venire incontro al nuovo design dei gruppi ottici. Come da tradizione Audi, infatti, quest’ultimi
elementi sono stati oggetto di una forte evoluzione dell’architettura interna e del disegno del
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Sport (+1.300 su base) offre l’assetto sportivo,
l’Audi Drive Select (non so 1.4 TDI 90 CV), cerchi
da 16” con pneumatici 215/45, interni con finiture look alluminio e bocchette d’areazione con
cornici in nero lucido, fendinebbia, sedili sportivi,
computer di bordo, scarico cromato e volante
sportivo in pelle a tre razze. Design (+1.300 euro
su base) propone cerchi in lega con design a turbina con pneumatici 215/45, guscio specchietti
e spoiler posteriore in tinta a contrasto, gruppi
ottici posteriori a led, interni look alluminio e
bocchette d’areazione in colore a contrasto,
sedili sportivi, computer di bordo, volante sportivo a tre razze e terminali di scarico cromati. La
Metal (1.760 euro su base, 1.820 euro su base
Sportback) è la versione più ricca ed aggiunge
all’allestimento Design l’arco del tetto e lo spoiler
in tinta a contrasto. Per arricchire ulteriormente la vettura è sono previsti i pacchetti Sensor
(560 euro) e Media (1.160 euro, 880 per Sport
e Design). Sensor offre il climatizzatore automatico in luogo di quello manuale (non è bizona in
nessun caso), il parabrezza con fascia superiore oscurata, il sensore luci/pioggia ed i sensori
di parcheggio posteriori. Media, invece, offre il
pacchetto Connectivity con bluetooth e sistema
multimediale evoluto, la radio Concert, il volante sportivo con paddles per la gestione manuale
del cambio automatico S tronic. Tra le novità del
modello anche un più profondo livello di personalizzazione. Ora sono disponibili 17 disegni di
cerchi in lega, con diametro da 15 a 18 pollici, ma
anche una serie di elementi in tinta contrasto
su paraurti e passaruota. Per gli interni, invece,
si fa notare l’impianto audio Bose, proposto a
755 euro. Per chi volesse il massimo in termini di
profilo diurno led. Le dimensioni rispetto al modello precedente sono leggermente cresciute
in virtù dei nuovi paraurti: ora la lunghezza è di
398 cm (+2) la larghezza di 175 e l’altezza di 142.
Invariato il valore di passo (247 cm), che ha permesso di mantenere i 270 litri di bagagliaio (920
abbattendo gli schienali) e l’omologazione per
quattro, mentre per quanto concerne gli interni
gli stilisti Audi si sono concentrati sul miglioramento dei materiali di rivestimento, degli abbinamenti cromatici ma soprattutto delle finiture
tra cui spiccano le cornici “metallo” dei comandi
alzavetro del climatizzatore. Tre gli allestimenti
previsti: base, Sport, Design, e Metal. Di serie
l’assetto “dinamico” rispetto alla precedente
edizione, i cerchi in lega da 15” gommati 185/60,
il servosterzo, il sistema di controllo pressione
pneumatici e lo Start and Stop.
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Dal vivo: com’è fuori
La piccola Audi, nata per posizionarsi sotto A3
offrendo un’interessante alternativa a tre e cinque porte alla Mini, arriverà in concessionaria dai
primi giorni di febbraio con uno stile più deciso,
moderno, pensato per confermare quell’idea di
solidità, precisione e tecnologia che ad Ingolstadt
ci tengono ad evidenziare in ogni loro prodotto.
La nuova calandra single frame, più squadrata
seppur priva delle “orecchie” che caratterizzano
le nuove SUV, segna in modo inequivocabile le
forme del frontale alla stregua dei nuovi fari a led
che non solo sono più curati sotto il profilo architetturale interno ma vantano un disegno del led
più intrigante ed in linea con le novità riservate
alla calandra. Dove è cambiata meno è nella zona
laterale ed in quella posteriore, anche se la nuova
configurazione luminosa dei fari posteriori si fa
comunque notare alla stregua di quanto accade
per la fiancata nel caso in cui si scelga un pacchetto di personalizzazione estetica dedicato.
dinamica Audi offre anche uno step evolutivo
delle sospensioni con ammortizzatori a controllo
elettronico, proposto ad un prezzo di 895 euro.
Motorizzazioni: la carica
dei tre cilindri
La gamma motori prevede, per il momento, due
benzina e due diesel. I benzina sono il 1.4 TFSI
da 125 CV ed il 1.4 TFSI da 150 CV con sistema
di disattivazione dei cilindri COD (funziona a due
cilindri a basso carico) anch’esso disponibile con
cambio manuale o automatico a doppia frizione.
I diesel, invece, puntano sul nuovo 1.4 TDI da 90
CV (230 Nm di coppia massima a 1.500 giri) ed
il classico 1.6 TDI da 116 CV come al solito disponibile in versione manuale a sei marce o con
34
Dal vivo: com’è dentro
I nuovi abbinamenti cromatici e le inedite finiture cromo rendono l’abitacolo della A1 più interessante rispetto al precedente. Alcuni dettagli,
come su Q3, rimangono legati alla precedente
generazione di prodotti Audi, come nel caso del
navigatore a scomparsa sulla parte alta della
plancia o il comando del sistema multimediale
MMI posizionato a mezza altezza sulla plancia e
non appena dietro alla leva del cambio sul tunnel centrale, ma quel che è certo è che qualità
dei materiali ed assemblaggi sono tra i migliori
della categoria. Strumentazione ben leggibile ed
ergonomia ben studiata, posizione di guida compresa, la nuova Audi A1 non è particolarmente
accogliente con chi siede dietro nella configurazione a tre porte mentre nella 5 porte Sportback
le cose cambiano grazie ad una migliore accessibilità dei posti posteriori che, comunque, non
sono in linea con le esigenze degli ospiti più alti.
Il bagagliaio è in linea con quanto offerto dalle
cambio automatico S tronic. Più avanti arriveranno il nuovo tre cilindri benzina da 95 CV 1.0
TFSI ultra (febbraio) ed il 1.8 TFSI quadricilindrico da 192 CV.
Tutti Euro6 i motori di Audi A1 sono abbinati di
serie a cambi a cinque marce (tranne 1.4 benzina) mentre il doppia frizione S tronic è a pagamento (1.850 euro) su tutta la gamma ad eccezione della 1.8 TFSI. Le prestazioni del nuovo
millequattro turbodiesel da 90 CV parlano di una
velocità massima di 182 km/h e di 11,6 secondi
per il classico passaggio da 0 a 100 km/h. Bassi
i consumi dichiarati: nel ciclo di omologazione il
1.422 cc tedesco ha percorso una media di 29,4
km/l con un livello di emissione di CO2 pari a 89
g/km.
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concorrenti di segmento B e sostanzialmente
paragonabile a quello della Mini 5 porte che offre
278 litri contro i 270 della A1.
Come si guida
Abbiamo scelto di guidare il nuovo 1.4 TDI ultra
da 90 CV perché sarà con ogni probabilità una
delle motorizzazioni più apprezzate della nuova
A1. Il motore è completamente nuovo e si fregia
di turbocompressore ed iniezione diretta per
offrire prestazioni interessanti e consumi contenuti. Ma andiamo con ordine e partiamo col
dire che l’architettura tricilindrica si fa notare
quando si avvia il propulsore, in particolar modo
a freddo, ma poi levate alcune fasi di forte accelerazione il piccolo turbodiesel tedesco sparisce
del tutto lasciando spazio al confort di bordo.
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Periodico elettronico di informazione motociclistica
Prova
Un motore che offre consumi molto contenuti, noi siamo arrivati a 5,2 litri/100 km senza
adottare una guida particolarmente ECO ed una
erogazione non certamente sportiva ma in linea
con la guida quotidiana. Il 1.4 TDI ultra, infatti, è
il classico motore che si fa guidare con una marcia in più offrendo il meglio di sé tra i 1.500 ed
i 3.000 giri. Inutile, quindi, tirare le marce sino
a limitatore: si fa molta “più strada” cambiando
prima e tenendo il motore entro quel range di
giri. Un motore indubbiamente interessante ma
che purtroppo non fa rientrare la A1 tra quelle
dotate del pacchetto Audi Drive Select: per lei
un assetto comunque rivisto rispetto al modello
precedente, preciso ma allo stesso tempo confortevole, ed uno sterzo piacevolmente alleggerito da una servoassistenza elettromeccanica che
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Prove
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permettono di divertirsi tra le curve sfruttando
il bilanciamento e l’efficacia che sono tipiche di
questo telaio. Tra i difetti si fanno notare la scarsa dotazione di serie, l’assenza di un climatizzatore bizona (anche a pagamento), la scarsa
visibilità posteriore e anteriore (i montanti sono
spessi e vicini al posto guida) e l’assenza di funzioni multimediali ormai “standard” in assenza
del pacchetto Media dedicato.
In conclusione
Audi A1 è un’auto che mantiene intatte le qualità
della versione precedente, scelta da 40.000 italiani dal 2010 ad oggi, pur facendo segnare una
evoluzione stilistica che dovrebbe consentirle
di rimanere al top del mercato anche a fronte
dell’arrivo di un modello importante per la competitor Mini come la 5 porte. Il nuovo 1.4 TDI da
90 CV si è dimostrato un motore all’altezza della
missione e siamo certi che anche il nuovo mille
tre cilindri da 95 CV, che arriverà nel corso del
2015 e che abbiamo apprezzato sulla cugina
Volkswagen Polo, potrà dire la sua in termini di
numeri di mercato.
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Media
a quello della 911 GT3, che offre una maggiore
deportanza. L’abitacolo è rivestito in pelle ed
Alcantara, con sedili sportivi e volante piccolo.
Su richiesta del cliente, inoltre, sono disponibili
alcuni optional che permettono di ridurre ulteriormente il peso a beneficio delle prestazioni,
tra questi: sedili con guscio in fibra di carbonio,
freni carboceramici e vari Track Pack. La nuova
Cayman GT4 verrà commercializzata a partire
dalla fine di marzo, dopo essere stata presentata
al Salone di Ginevra, con un prezzo a partire da
85.779 euro (in Germania).
PORSCHE CAYMAN GT4
385 CV E MOTORE DELLA 911 CARRERA S
Porsche ha presentato la Cayman GT4. L’auto è capace di erogare 385
CV, grazie all’adozione del sei cilindri boxer derivato da quello della 911
Carrera S
P
orsche Cayman GT4, la piccola della Casa tedesca adesso è spinta del
motore della coupe più celebre del
Marchio. L’auto è infatti dotata di un
boxer sei cilindri da 3,8 litri derivato da quello
della sorella maggiore, la 911 Carrera S, in grado
di erogare 385 CV. Il cambio è di tipo manuale
a 6 rapporti, mentre la trazione è rigorosamente posteriore, con il propulsore collocato in
44
posizione centrale. L’auto scatta da 0 a 100
km/h in 4,4 secondi e la velocità massima è di
295 km/h, con un consumo, dichiarato dalla
casa, di 10,3 litri ogni 100 km. Ricordiamo inoltre
che la nuova Cayman GT4 ha girato al Nurburgring in 7 minuti e 40 secondi, un tempo degno di
una supercar. Rispetto alla Cayman tradizionale,
la nuova GT4 ha un telaio più basso di 30 millimetri. Sul posteriore, poi, spicca l’alettone, ispirato
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Periodico elettronico di informazione motociclistica
Ferrari in 10 anni di programma XX, con vetture
estreme guidate da gentleman-driver. Disegnata
dal Centro Stile Ferrari, esprime il proprio carattere innanzitutto attraverso il profilo della fiancata. La sua forte personalità si sostanzia con la
presenza di un’ampia presa d’aria modellata con
un movimento a “colpo di frusta”. Il frontale è
dotato di un largo alettone “a cassetto” con profili sovrapposti per migliorare l’efficienza termica
dei radiatori, sospeso e staccato dal volume . Al
centro due ampie feritoie abbinate a un deflettore che incanala aria verso il fondo piatto. Il posteriore, largo e basso, è anch’esso dominato dalle
soluzioni aerodinamiche, con l’innovativo spoiler
che genera carico verticale senza aumentare la
resistenza, associato ad un diffusore aggressivo, dotato di portelle aerodinamiche attive e disegnato intorno ai due scarichi rialzati. Nuovo il
disegno dei fanali LED ad anello circolare.
Ecco tutti dati tecnici
della 488 GTB
Il V8 turbo da 3.902 litri è completamente nuovo.
Eroga 670 cv a 8.000 giri/min, coppia massima
di 760 Nm in settima marcia, tempo di risposta
di 0,8 secondi a 2000 giri/min e assicura l’eccezionale accelerazione da 0-200 km/h in 8,3
secondi. Il tempo di 1’23” sul giro a Fiorano è il risultato della radicale innovazione del veicolo nel
suo complesso. Il cambio utilizza il Variable Torque Management. Un contributo fondamentale
alle prestazioni deriva dall’aerodinamica che con
un’efficienza di 1,67 stabilisce il nuovo record per
una Ferrari di serie. Il carico aerodinamico è aumentato del 50% rispetto al modello precedente
riducendo contemporaneamente la resistenza
all’avanzamento.
La sfida è stata proprio quella di garantire questi due obiettivi e per riuscirci sono stati messi a
FERRARI 488 GTB
ADDIO ASPIRATO,
BENVENUTO V8 BITURBO!
Ferrari 488 GTB: ecco tutti i dati tecnici del
nuovo V8 con prestazioni e reattività da auto da corsa
A
40 anni dalla presentazione della 308
GTB, prima V8 posteriore-centrale,
il Cavallino Rampante apre un nuovo
capitolo nella storia degli 8 cilindri. La
Ferrari 488 GTB che monta un V8 a 90° biturbo
offre prestazioni da pista, ma pienamente fruibili
anche nella guida quotidiana da chi non è un pilota professionista. I tempi di risposta, l’agilità,
46
la possibilità di arrivare al limite garantiscono un
feeling unico con un divertimento di guida impareggiabile. La nuova berlinetta sintetizza le conoscenze acquisite dalla Ferrari nelle competizioni
F1 e WEC dove la 458 GT è campione del mondo
e trionfatrice tra l’altro delle due ultime edizioni
della 24 Ore di Le Mans. In più, il nuovo modello sfrutta il know how accumulato dai tecnici
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punto elementi innovativi tra cui lo spoiler anteriore doppio, le prese d’aria laterali “base bleed”
e al retrotreno l’aerodinamica attiva insieme allo
spoiler soffiato.
Molto sofisticato il fondo aerodinamico con generatori di vortici. Il controllo elettronico evoluto dell’angolo di assetto (Side Slip Control 2
– SSC2), più preciso e meno invasivo, consente una maggiore accelerazione longitudinale in
uscita dalle curve.
L’SSC2 sfrutta il controllo di trazione F1-trac,
il differenziale elettronico E-diff e ora anche
lo smorzamento degli ammortizzatori attivi,
rendendo ancora più uniforme e omogeneo il
comportamento della vettura nelle manovre più
complesse.
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Nell’abitacolo un tripudio
di sportività
In abitacolo l’integrazione tra i nuovi comandi a
satellite, i diffusori aria inclinati e il quadro rafforza l’effetto di un vero e proprio cockpit cucito
attorno al pilota creando un’atmosfera di sportività estrema senza sacrificare il comfort. Tipici della tradizione Ferrari sono elementi quali la
netta separazione tra plancia e tunnel e il volante
multifunzione. Completamente rivista la grafica
e l’interfaccia del sistema infotainment, mentre
per la prima volta la chiave vettura ispirata alla
forma dei polmoni di aspirazione motore assume
la funzione “keyless start”. La Ferrari 488 GTB
sarà presentata al Salone Internazionale dell’Automobile di Ginevra, a marzo.
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ruote anteriori e quelle posteriori, sia la distribuzione della coppia tra le ruote, per migliorare
il comportamento e la stabilità in curva. L’unità
di controllo del sistema è in grado di trasferire
sull’asse posteriore fino al 70% della trazione totale, anche su una singola ruota. La Ford Focus
RS è equipaggiata di serie con cerchi in lega da
19 pollici e pneumatici 235/35 R19 Michelin. Le
gomme standard sono le Pilot Super Sport, ma,
a richiesta, è possibile optare per le Pilot Sport
Cup 2. Nuovo anche il sistema di scarico ad alte
prestazioni con doppi tubi dalle dimensioni generose. La gestione dei flussi è stata migliorata
grazie a un design interno senza strozzature e
valvola parzializzante, che equilibra la contropressione dei gas di scarico e controlla i livelli di
rumore. L’interno della vettura è impreziosito dai
sedili sportivi Recaro e il sistema di infotainment
SYNC 2 con schermo da 8 pollici, collegato a una
telecamera posteriore (con Park Distance Control) e sistema audio Sony con 10 altoparlanti.
Nuovo anche il volante con design “flat bottom”
rivestito in pelle, così come nuovi sono pure i pedali in lega, che hanno un aspetto decisamente
sportivo.
Sopra la console centrale, inoltre, è collocato il
quadro con la strumentazione aggiuntiva così da
monitorare la pressione e temperatura dell’olio
nonchè l’intervento della turbina. La nuova Ford
Focus RS sarà disponibile nelle colorazioni Nitrous Blu, Frozen White, Absolute Black e Stealth
Grey.
NUOVA FORD FOCUS RS
OLTRE 315 CV E TRAZIONE INTEGRALE
Ecco le prime immagini della nuova Ford Focus RS. Oltre 315 CV di
potenza e la trazione integrale per la versione “cattiva” dell’auto più
venduta della Casa americana
D
opo le immagini trapelate questa
mattina, la Casa americana ha finalmente svelato, in via ufficiale, la
nuova Ford Focus RS. Ecco finalmente i primi dettagli relativi al motore: la terza
generazione della Focus RS è spinta dal quattro
cilindri EcoBoost da 2.3 litri della Mustang che,
in questo caso, produce più di 315 CV (235 kW).
La potenza è scaricata a terra grazie alla trazione integrale sportiva con ripartizione dinamica
50
della coppia (Ford Performance All-Wheel-Drive
with Dynamic Torque Vectoring) che, a quanto dichiara Ford, è garanzia di agilità, trazione e
grip anche nelle curve affrontate alle andature
più elevate. Questa trasmissione è basata su un
sistema composto da 2 frizioni a controllo elettronico, ognuna delle quali gestisce il trasferimento della potenza alle singole ruote posteriori.
In questo modo l’auto è in grado di adeguare in
tempo reale sia l’equilibrio della trazione tra le
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sui due assi, grazie all’arretramento del propulsore e di altri accorgimenti pensati per rendere
il più possibile divertente il nuovo modello. Tra
questi spicca anche l’introduzione di nuove sospensioni anteriori a doppio braccio oscillante e
di una sofisticata struttura multilink posteriore,
rivista e perfezionata rispetto al passato per essere ancora più leggera e prestazionale. Pochi
i dettagli diffusi - per il momento - riguardo ai
motori che arriveranno in Europa, in particolare
riguardo alle prestazioni dichiarate, anche se almeno ora abbiamo finalmente delle certezze. In
Giappone la nuova MX-5 sarà lanciata esclusivamente con un quattro cilindri a benzina Skyactiv-G ad iniezione diretta da 1.5 litri, derivato da
quello della nuova Mazda3 e portato ad erogare
fino a 131 CV a 7.000 giri. Un motore a cui piace
girare molto alto - vista anche la coppia massima
di 150 Nm a 4.800 giri - che in Europa sarà affiancato da un Skyactiv-G da 2.0 litri con potenza di
circa 165 CV (unico motore destinato agli Usa)
e trasmissione alle ruote posteriori (come sulla
1.5) filtrata da un cambio manuale a sei velocità
(con ogni probablità continuerà ad essere offerto
un automatico, molto apprezzato al di là dell’Oceano).
La commercializzazione in Europa dovrebbe
avvenire prima dell’estate mentre per quanto
concerne il mercato italiano le prime consegne
inizieranno in settembre.
NUOVA MAZDA MX-5
DA SETTEMBRE IN ITALIA
I PRIMI DETTAGLI TECNICI
Non sono ancora stati diffusi i prezzi mentre per quanto concerne i
motori è certo che in Giappone si inizierà col 1.5 da 131 CV.
Per l’Europa ci sarà anche un 2.0 da 165 CV
N
el 2000 la MX-5 è entrata nel librone dei Guinness dei Record come la
roadster più venduta al mondo. Oggi,
con l’arrivo della quarta generazione,
i vertici Mazda sperano di varcare la soglia del
milione pochi mesi dopo l’inizio della commercializzaziona che inizierà prima dell’estate del
52
2015. Lunga 392 cm, larga 173 ed alta 124 (passo 232) la nuova spider nipponica, che dovrebbe
fare da base anche ad una gemella Fiat in fase di
sviluppo (erede della Fiat 124 Spider?), pesa ben
100 kg in meno del modello precedente (1.000
kg complessivi) e continua ad offrire un bilanciamento dei pesi ottimale, con un rapporto 50:50
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personalità, forme, stile. Ora, l’Espace è una via
di mezzo tra un SUV, una berlina e un monovolume. Lo sforzo dei progettisti è stato quello di
offrire una vettura con un buon comfort e abitabilità, dotata di una tecnologia “multisensoriale”.
Cosa significa questo. La vettura è dotata di un
sistema Multi-Sense, che pilota e coordina il sistema 4Control, il controllo delle sospensioni
(per la prima volta questi due sistemi coesistono
su una vettura Renault), lo sterzo, il motore e la
trasmissione EDC, la strumentazione di bordo,
la sonorità del motore e l’atmosfera luminosa.
In funzione della modalità di guida scelta tramite il comando Multi-Sense, infatti, l’atmosfera
luminosa può assumere una tonalità verde, blu,
gialla, rossa o viola. Il design, sia quello interno sia quello esterno, traggono ispirazione dal
settore aeronautico. La ricerca e l’ispirazione da
questo settore sono volte a conferire alla vettura
aerodinamicità, fluidità ed eleganza visiva e delle
linee. Concetto estremizzato nell’abitacolo, dove
il cruscotto cerca di richiamare le forme della cabina di pilotaggio di un aereo con la sua consolle
centrale “sospesa” dal tunnel centrale (con la
capacità di un litro e utile per riporre oggetti) e
la leva del cambio, che comanda la trasmissione EDC. La consolle contiene il selettore rotativo
multifunzione, il comando rapido Multi-Sense,
il pulsante del freno di stazionamento assistito,
l’interruttore del Cruise Control, ma soprattutto
uno schermo capacitivo multimediale di 8,7 pollici R-Link verticale. Spostando lo sguardo sulla
sommità del quadro strumenti, si può notare
l’Head Up Display che proietta un’immagine nel
NUOVA RENAULT ESPACE
DA MONOVOLUME A CROSSOVER
GAMMA E PREZZI
di Maurizio Vettor | La Nuova Renault Espace si alza e si accorcia per
trasformarsi in un crossover di ispirazione aereonautico. Disponibile a
benzina e diesel biturbo. Prezzi da 32.900 euro...
U
n milione e duecentocinquantamila
vetture sparse per l’Europa. Eredità
pesante, verrebbe da dire. Tanto è
stata capace di fare la Renault Espace in trent’anni di onorato servizio. Una vettura
che fece tendenza, precorrendo le mode. Ma i
tempi cambiano e non si può rimanere uguale a
54
sé stessi. Ed ecco che la nuova Espace si snellisce, diventa più tecnologica e accattivante... La
nuova Espace sta al concetto di crossover quanto quella vecchia stava al concetto di monovolume. Una categoria di vetture che ormai sembra
relegata sui libri della storia dell’auto. Ed è così
che anche la regina delle monovolumi, cambia
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Le motorizzazioni saranno tre
La vettura, costruita su un pianale CMF, avrà tre
diverse motorizzazioni tutte 1,6 litri: due diesel
(DCI 130 e DCI 160 biturbo) e una benzina (TCE
200). Su quelle diesel, per le quali sono previsti consumi medi di 4,7 litri/100km (DCI130)
è montato un cambio sei rapporti mentre sul
motore benzina da 200 cavalli, un cambio EDC
7 rapporti. Su quest’ultima i consumi attestati
sono di 6,1 litri/100km. La gamma si presenta
strutturata su tre livelli, dal più basso al più accessoriato: Zen (cerchio da 17”), Intens (cerchio
18”) e Initiale Paris (cerchi 19”). La Zen avrà
cambio manuale, automatico invece sugli altri
due allestimenti.
Uno sguardo alle dimensioni
e i colori
Sembra piccola ma non lo è. La nuova crossover
di casa Renault, è lunga 4,85 m, larga 1,87 m e
campo visivo del conducente (a una distanza virtuale di 2 metri) informazioni quali velocità istantanea, navigazione, allarme per superamento
limiti di velocità, dispositivi di assistenza alla
guida. Su una vettura con una grande tradizione
come l’Espace, non si poteva tralasciare l’ergonomia e praticità dei sedili. L’imbottitura è sicuramente consistente e con un’ampia superficie
di appoggio.
Da notare che le file posteriori rientrano completamente nel pianale. La terza fila però è opzionale su tutti gli allestimenti. Anche in questo
campo, il conducente ha pieno controllo: con la
modularità one touch, gli basta un semplice clic
per far rientrare nel pianale i sedili, separatamente o tutti insieme, qualunque sia la posizione
del poggiatesta. Da una prima veloce presa di
contatto, lo spazio riservato ai passeggeri della
terza fila è, oseremmo dire, di emergenza o per
brevi spostamenti.
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alta 1,68 m (63 mm in meno rispetto al modello precedente). Il passo generoso di 2,88 m (16
mm in più rispetto al precedente Espace) è stato
studiato per aumentarne lo spazio interno. L’altezza dal suolo è aumentata di 16 cm (4 cm in più
rispetto al modello precedente). Il motore rispetto a quello vecchio pesa 65 kg in meno e l’intera
vettura è 250 kg più leggera. Nuovo Espace propone una gamma di 9 raffinate tinte per valorizzare la carrozzeria. Otto tinte metallizzate: Grigio
Cassiopea, Grigio Platino, Beige Duna, Celeste ,
Marron Glacé, Nero Etoilé, Bianco Nacré e Nero
Ametista, quest’ultimo esclusivo per la versione Initiale Paris. Una tinta opaca ovvero Bianco
Ghiaccio. La vettura potrà essere prenotata a
partire dal mese di febbraio e arriverà in Italia a
Maggio. I prezzi della Gamma Italia partono da
32.900 € (Zen 1.6 dCi 130cv) fino ad arrivare a
45.500 € per Initiale Paris dCi 160cv EDC 6 rapporti.
Linee aeronautiche e tanta luce
Per disegnare il contorno cromato dei finestrini laterali, gli uomini del centro stile francese si
sono ispirati a uno degli oggetti più leggeri in natura, la piuma mentre il finestrino laterale posteriore ricorda la coda di un aereo. L’accurata integrazione dei retrovisori esterni, molto arretrati
rispetto alla base del parabrezza, costituisce un
elemento originale. Come sul modello che l’ha
preceduta, anche sull’ultima nata, uno dei fattori
distintivi è la luminosità dell’interno abitacolo. Da
una visione laterale, il profilo più basso e filante
della vetratura, farebbe pensare a una minor illuminazione interna, ma i designer Renault assicurano che anche la nuova Espace si distinguerà in
tal senso, come la vecchia. Questo grazie anche
al parabrezza panoramico “lumière” di 2,8 m2,
che include un tetto fisso in vetro sopra i sedili
anteriori. In opzione, sarà disponibile un tetto panoramico apribile sulla prima fila.
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quindi, ma con esso cresce anche il rischio della
fregatura, come dimostrano 125.000 auto di seconda mano che hanno evidenziato gravi difetti
di conformità. Chilometri non reali, incidenti taciuti, riparazioni impreviste, fermi amministrativi: sono tanti i possibili difetti e le incognite a
cui l’automobilista va incontro quando acquista
un’auto di seconda mano. Per aiutare gli utenti,
Bosch ha ideato un servizio molto utile e pratico.
Ce lo ha spiegato Olivier Pontreau (Workshop
Concept Manager Bosch Italia): “Usato Smile
certifica oltre 200 controlli, compresa la prova
su strada. Il documento finale può essere anche
scaricato da Internet con un codice personale
fornito all’acquirente. I controlli sono di carattere amministrativo e, ovviamente, meccanico.
Ogni aspetto dell’auto è considerato e valutato:
carrozzeria, motore, pneumatici, freni, sottoscocca, impianto elettrico.
Chi vende fornisce un valore aggiunto importante all’auto e ha più probabilità di trovare un compratore.
Chi compra, lo fa in modo sereno, sa anche quanto dovrà eventualmente spendere per ripristinare qualche aspetto, perché il certificato fornisce
anche questa stima”.
BOSCH CERTIFICA LA TUA AUTO
CON USATO SMILE
di Andrea Perfetti | L’usato supera nei numeri il nuovo in Italia. Bosch
presenta la certificazione delle condizioni dell’auto per aiutare i privati.
Nel 2015 presso i Bosch Car Service 200 controlli al prezzo scontato di
59,90 euro
B
osch ha presentato a Milano il nuovo
servizio disponibile presso le officine
Bosch Car Service nel 2015 (vi hanno già aderito 700 centri su 1.300 in
Italia). Si chiama Usato Smile e consiste nella
certificazione delle reali condizioni dell’auto. Un
documento che si rivelerà prezioso nelle compravendite tra privati, ma che potrà sicuramente
interessare anche molti salonisti. La certificazione, eseguita in modo trasparente e accurato
dagli specialisti dei Bosch Car Service, consiste
nella verifica di oltre 200 aspetti dell’auto con
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la eventuale stima dei costi dei vari ripristini. Il
certificato Usato Smile fino al 31/12/2015 sarà
offerto a 59,90 euro (contro 119,90 euro) e offre
concreti vantaggi sia a chi vende la proprio vettura che a chi acquista da un privato.
Il mercato dell’usato doppia
quello del nuovo
Nel 2014 per 100 auto nuove immatricolate ne
sono state vendute 186 usate, che hanno generato nel complesso ben 2.561.146 passaggi di
proprietà (+2% rispetto al 2013). L’usato vola
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intervento. La copertura è applicabile per veicoli
con massimo 10 anni o 150.000 km, e decorre
30 giorni o 1.000 km dopo l’atto di compravendita (onde evitare possibili truffe). Il prezzo parte
da 150 euro. In collaborazione con Allianz Global
Assistance, Bosch offre poi un’assistenza stradale completa, che include riparazione sul posto,
traino entro 100 km, taxi, prenotazione dell’albergo, rientro a domicilio e recupero del veicolo.
Si può scegliere di attivare Car Assistance solo in
Italia (39 euro) o in tutta Europa (59 euro). Con
20 euro in più è possibile avere l’auto sostitutiva.
Infine, grazie alla partnership con Silca, si può
Usato Smile: un’istantanea
certificata sullo stato
della tua auto
È un certificato redatto da autoriparatori professionisti della rete Bosch Car Service, che attesta
le reali condizione dell’auto al momento della
compravendita. Dal controllo sul ponte sollevatore alla prova su strada, il certificato comprende oltre 200 punti di controllo, inclusa la visura
per scoprire un possibile fermo amministrativo
o un’ipoteca accesa sull’auto. Il certificato Usato
Smile rappresenta un valore aggiunto sia per chi
intende acquistare, a salvaguardia da spiacevoli sorprese, sia per chi vuole vendere, che può
dimostrare lo stato di conservazione della sua
automobile. Può essere richiesto anche per i veicoli commerciali fino a 35 quintali. Sul sito www.
usatosmile.it è possibile trovare e contattare
60
avere un duplicato della chiave della vettura con
un risparmio dal 30% al 50% rispetto alla duplicazione fatta presso il concessionario auto.
Bosch Car Service:
1.300 officine in Italia
Bosch Car Service è il più grande network di officine d’autoriparazione nel mondo e conta 16.900
officine in 147 nazioni. La rete Bosch Car Service dispone in Italia di oltre 1.300 officine multimarca e multispecializzate, dislocate su tutto il
territorio nazionale, ed è la prima certificata per
operare sui veicoli elettrici e ibridi.
l’officina Bosch Car Service che offre la certificazione “Usato Smile” e controllare l’autenticità
dell’attestato della vettura di proprio interesse
inserendo targa e numero del certificato.
Garanzia dell’usato. Duplicazione
delle chiavi. Soccorso stradale
Una volta effettuato il certificato è possibile acquistare nei Bosch Car Service una serie di servizi aggiuntivi a pagamento. In collaborazione con
EasyDrive, azienda specializzata in programmi
di Garanzia Estesa per autoveicoli, il cliente può
scegliere di estendere la garanzia sul veicolo
usato a copertura di eventuali costi di riparazione imprevisti. Si possono scegliere quattro livelli
diversi di garanzia (Basic, Standard, Excellent,
Supersport) che differiscono per la durata della garanzia (12, 24 o 36 mesi) e la tipologia di
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Attualità
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cambiare auto, anche se non ne sentiamo proprio il bisogno, soprattutto perché non abbiamo le “palanche” per farlo. Certo le Case hanno
come ragione sociale quella di produrre e vendere, ma al ministero dei Trasporti e all’ente che
dovrebbe curare gli interessi degli automobilisti
che gliene cale?
Il nostro parco auto
circolante è giovane!
PARCO AUTO CIRCOLANTE?
OBSOLETO SARÀ LEI!
di Enrico De Vita | Una congrega di personaggi che contano vuol far
passare il messaggio che il parco auto nazionale sia vecchio, pericoloso
e inquinante. E mira a farci rottamare anzitempo le nostre vetture.
Ma ha sbagliato i conti
I
l presidente dell’Aci, a Torino, alla fine di
Gennaio: “Abbiamo il parco auto più vetusto d’Europa”. Il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, due giorni dopo, a Milano: “Il nostro parco circolante ha un’età media
di 12 anni”. Dichiarazioni pesanti che ci vorrebbero all’ultimo posto in Europa, dopo il Portogallo, la Spagna, la Grecia e molte altre nazioni che
francamente non ci sembra abbiano macchine
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più fresche delle nostre. Così come attribuire al
parco un’età media di 12 anni fa a pugni con la
matematica, perché vorrebbe dire che circolano
tante auto con 24 anni di vita quante quelle con
un anno solo. Il che appare quantomeno improbabile. Quale può essere il fine nascosto di tali
dichiarazioni, oltre al nobile scopo di migliorare
la sicurezza di noi tutti e di farci respirare aria
meno inquinata? Ovviamente è quello di farci
Forse non ricordano la dichiarazione dell’ACEA,
l’associazione dei costruttori d’auto europei, che
qualche anno fa ha dichiarato che il parco italiano
è il secondo d’Europa quanto a giovinezza. Forse
non si accorgono che, se ogni anno immettiamo 1,4 milioni di vetture nuove e ne rottamiamo
1,27 milioni – valori dell’anno appena trascorso
- il parco subisce un ovvio ringiovanimento. Non
per nulla l’Aci stesso informa che per il 2014 il
rapporto immatricolazioni/demolizioni è positivo e pari a 1,1 (1,098 per l’esattezza). Ma forse
non sanno che la popolazione di un paese ha la
stessa dinamica di un parco auto: tutti – prima
o poi - muoiono per malattia o per vecchiaia, alcuni prematuramente per incidente. La medicina lavora per allungare la media di vita. Alla fine,
la ripartizione di individui a seconda della età è
un triangolo rettangolo che ha per base il grande numero di quelli che sono appena nati e per
vertice i pochi centenari. A deformare la forma
del triangolo ci sono gli anni del “baby-boom”, ad
assottigliarlo le guerre e le epidemie. Così come
a gonfiare il triangolo del parco auto ci sono gli
anni con gli incentivi, a sgonfiarlo, le crisi economiche. Così come la vecchiaia (cioè l’età massima) rappresenta l’epoca della rottamazione
– attorno ai 20 anni - le malattie sono paragonabili alla fine prematura che affligge certi modelli
nati male. Se vogliamo calcolare l’età media del
parco non possiamo ingenuamente prendere la
metà dell’età massima, ma dobbiamo conoscere
il baricentro dell’intero triangolo. Che in prima
approssimazione si trova poco sopra un quarto
dell’età massima.
Altro che obsoleto! Le nonne a
quattro ruote non esistono (quasi)
più
Qual è l’età alla quale vengono rottamate oggi le
vetture? Ci aiuta la tabella pubblicata sotto che
indica la percentuale di Euro 0, di Euro 1, di Euro
2 e di Euro 3 nel totale demolito l’anno scorso. A
fine 2014, le auto rottamate con più di 22 anni,
cioè le Euro 0 erano solo il 2,5%, che su un totale di 1.275.000 fa 31.000 vetture. Le Euro 1 rappresentavano il 7.1% pari a 90.000 unità; le Euro
2 erano il 38,2% pari a 487.000 auto; le Euro
3 il 24% pari a 306.000. Mentre il resto, cioè
361.000 vetture (il 28%) è costituito da Euro 4,
5 e 6, radiate anzitempo, presumibilmente per
incidente. Due considerazioni: le non catalizzate
non esistono più, se non poche migliaia nei club
di auto storiche o nelle cantine; il grosso della
rottamazione è fatto di Euro 2 e di Euro 3, ovvero auto prodotte dal ’97 al 2005, segno che l’età
massima del parco circolante non supera i 18
anni. Ci rimane un dubbio: la congrega suddetta
ha scambiato – certo per ignoranza non per malafede - l’età media del parco con la vita media
delle auto, o voleva semplicemente dare del barbone al nostro parco circolante?
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Un esemplare di Auto Union tipo C perfettamente restaurato, in azione durante una recente manifestazione
LA STORIA DELLE AUTO
UNION DA CORSA
QUATTRO ANELLI IN GRAN PREMIO
di Massimo Clarke | Le formidabili monoposto Auto Union a
motore posteriore degli anni Trenta hanno segnato un’epoca
T
utto è cominciato grazie al genio di
Ferdinand Porsche che, dopo avere lavorato presso aziende famose
come la Austro Daimler, la Mercedes-Benz e la Steyr, alla fine del 1930 ha aperto un suo studio tecnico a Stoccarda. Uno dei
suoi più importanti clienti era la Wanderer, che
nel 1932 è entrata a far parte della Auto Union
(le altre tre aziende che formavano questo grande gruppo industriale erano la DKW, la Audi e la
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Tecnica
Periodico elettronico di informazione motociclistica
Horch). Alla fine di quello stesso anno lo studio
Porsche ha progettato una rivoluzionaria vettura
da competizione a motore posteriore, studiata
in previsione dell’entrata in vigore del nuovo regolamento, che consentiva un peso massimo di
750 kg per le monoposto da Gran Premio. Si trattava del “progetto 22” che, grazie anche al fatto
che lo stato aveva stanziato una somma cospicua per il rilancio della industria automobilistica
tedesca a livello agonistico, è stato approvato
Tazio Nuvolari ha ottenuto importanti successi al volante della Auto Union Tipo D.
Qui è in azione nel 1938 nel Gran Premio di Donington, che lo ha visto vincitore
dalla direzione della Auto Union, con stipula del
relativo contratto, nel marzo del 1933. La nuova
vettura da competizione, inizialmente nota all’interno dell’ufficio tecnico come P-Wagen, è stata
realizzata in un reparto corse appositamente
allestito nello stabilimento Horch di Zwickau,
in Sassonia, sotto la supervisione di Ferdinand
Porsche e di altri tecnici di grande valore come
Robert Eberan-Eberhorst.
cilindri in ghisa (del tipo riportato in umido),
quanto le teste erano fusi in lega di alluminio con
elevato tenore di silicio. Le valvole erano due per
ogni cilindro, inclinate tra loro di 90°; quella di
aspirazione era da 35 mm e quella di scarico da
32 mm. Il sistema impiegato per comandarle era
molto particolare, in quanto prevedeva un unico
albero a camme piazzato centralmente e dotato
di ben 32 eccentrici.
Il motore: un 16 cilindri a “V”
Tutto inizia con la Tipo A
Il motore è stato disegnato a Stoccarda da Josef
Kales, con la collaborazione di Franz Reimspiess.
Si trattava di uno straordinario 16 cilindri a V di
45° sovralimentato per mezzo di un compressore Roots disposto verticalmente. L’alesaggio
di 68 mm era abbinato a una corsa di 75 mm e
la cilindrata totale era di 4,36 litri. Tanto il basamento, nel quale erano inserite le canne dei
Le valvole di aspirazione venivano azionate per
pezzo di bilancieri a dito e quelle di scarico per
mezzo di aste (disposte pressoché orizzontalmente) e bilancieri a due bracci. A comandare
l’albero a camme provvedevano un alberello
verticale e due coppie di ingranaggi conici. L’albero a gomiti era forgiato in un sol pezzo e poggiava su 10 supporti; le bielle, dotate di cappello,
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allora) e ha vinto i GP di Germania, Svizzera e
Italia. L’anno successivo, sempre con la Tipo C,
sono arrivate altre importanti vittorie, tra le quali
una negli USA (coppa Vanderbilt).
Tipo D: arriva il V12
Telaio e motore della Tipo C esposta in origine al Salone di Berlino del 1936 e oggi al Deutsches Museum di Monaco. Si
vedono chiaramente il compressore Roots e i sedici tubi di scarico a canna d’organo
erano munite di bronzina che, come quelle di
banco, erano divise in due parti. Con un rapporto
di compressione di 7:1 e una pressione di sovralimentazione di 0,6 bar questo motore erogava
295 cavalli a soli 4500 giri/min. La vettura, denominata semplicemente Auto Union tipo A, aveva
le sospensioni a ruote indipendenti. Tra il posto
di guida e l’assale posteriore erano collocati il
serbatoio del carburante e il motore, abbinato
a un cambio a cinque marce. Nel 1934 questa
vettura si è imposta nei Gran Premi di Germania,
Svizzera e Brno (in Cecoslovacchia).
Tipo B, l’evoluzione
Per la stagione agonistica successiva la monoposto ha subito diverse modifiche, diventando
la Tipo B. Per quanto riguarda il motore, la cilindrata è stata portata a 5 litri grazie a un aumento
dell’alesaggio (passato a 72,5 mm) e la potenza è
salita a 375 CV a 4800 giri/min. Una importante
modifica tecnica ha interessato l’albero a gomiti,
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divenuto di tipo composito (le varie parti erano
unite con il raffinato sistema Hirth), cosa che ha
consentito l’impiego di bielle con testa in un sol
pezzo, lavorante su rullini ingabbiati. Di questa
vettura è stata realizzata anche una versione con
cilindrata aumentata a 5,6 litri. Nel corso della
stagione sono arrivate altre importanti vittorie,
tra le quali due in Italia: il Gran Premio corso sulla
pista di Monza e la Coppa Acerbo.
Il 1938 ha visto l’entrata in vigore di norme differenti, che prevedevano motori sovralimentati
fino a 3 litri e aspirati fino a 4,5 litri; ciò rendeva
necessaria la realizzazione di nuove vetture da
Gran Premio. Lo studio Porsche aveva cessato la sua collaborazione con l’Auto Union e da
tempo era concentrato soprattutto sul progetto
che stava portando alla nascita della Volkswagen. La nuova monoposto, ossia la Tipo D, è
stata disegnata quindi internamente al reparto
corse Auto Union. Il capo progetto era Robert
Eberan-Eberhorst e sul motore hanno lavorato
tecnici di grande valore come Werner Strobel e
Oskar Siebel. Lo schema complessivo della vettura era analogo al precedente, con il motore in
posizione posteriore-centrale, ma il disegno e
l’estetica erano decisamente più moderni.
Il nuovo 12 cilindri
Il nuovo motore aveva 12 cilindri e una architettura a V di 60°. Tra le soluzioni adottate spiccava la
distribuzione con tre alberi a camme, con quello
centrale che azionava le valvole di aspirazione di
entrambe le bancate. La cilindrata di 3 litri veniva ottenuta abbinando un alesaggio di 65 mm a
una corsa di 75 mm. Particolare impegno è stato dedicato allo sviluppo del sistema di sovralimentazione, per il quale si è arrivati ad impiegare
non uno ma due compressori (sempre a lobi). La
potenza massima ha raggiunto i 485 CV a 7000
giri/min, corrispondenti a ben 162 CV/litro, con
una pressione di sovralimentazione di 1,67 bar.
Con questa monoposto ha ottenuto grandi risultati Tazio Nuvolari, che nel 1938 si è imposto nei
GP d’Italia e di Inghilterra, a Donington, e l’anno
successivo in quello di Belgrado, con il quale si
La sezione trasversale del 16 cilindri a V di 45° consente di osservare la distribuzione con unico albero a
camme in testa. Si notino le canne dei cilindri umide e le bielle su rullini (dal 1935)
Tipo C e la fine del V16
Nel 1936 ha fatto la sua comparsa l’evoluzione
finale della 16 cilindri, ovvero la Tipo C che, con
una cilindrata di 6 litri (ottenuta con un alesaggio
di 75 mm e una corsa di 85 mm) e una pressione
di sovralimentazione di 0,95 bar, è arrivata a erogare ben 520 cavalli a 5000 giri/min, abbinati a
una mostruosa coppia di 870 Nm, disponibile a
soli 2500 giri/min. Con questa straordinaria monoposto il grande Bernd Rosemeyer si è imposto nel Campionato Europeo (cioè il mondiale di
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è chiusa un’era leggendaria. La seconda guerra
mondiale era già iniziata da qualche giorno… Per
gareggiare in una nuova classe, per la quale si
prevedeva un importante futuro, alla Auto Union
nel 1939 si è iniziato a lavorare al progetto di una
inedita monoposto con motore sovralimentato
di 1500 cm3. Sarebbe stata la Tipo E, ma non
si sa se la costruzione del prototipo è mai stata
completata; è certo però che molti componenti
fondamentali sono effettivamente stati realizzati
e assemblati. Le notizie in proposito sono comunque contrastanti. Robert Eberan-Eberhorst,
che ha lasciato Zwickau alla fine del 1940, diceva che fino ad allora erano state effettuate,
con ottimi risultati, solo prove al banco su di un
“modulo” monocilindrico di 125 cm3 del nuovo
motore, che avrebbe dovuto avere 12 cilindri,
con una architettura a V di 60°. L’alesaggio di
53 mm era abbinato a una corsa di 56 mm e la
distribuzione seguiva lo schema già impiegato
sulla formidabile Tipo D (ma sembra che sia stata presa in considerazione anche l’idea di realizzare nuove teste a quattro valvole per cilindro).
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Con una pressione di sovralimentazione di 1,9
bar, si sarebbe dovuta ottenere una potenza di
327 CV a 8500 giri/min.
Con la fine della guerra,
finisce anche Auto Union
Al termine della seconda guerra mondiale gli stabilimenti delle varie aziende che formavano l’Auto Union si sono venute a trovare nella zona della
Germania occupata dai russi, che rapidamente
hanno provveduto a smantellare gran parte delle strutture produttive e a trasportare in Unione
Sovietica molte attrezzature e macchinari, ai
quali si sono aggiunte diverse vetture da competizione. Negli stabilimenti rimasti in funzione
il governo della neonata Germania dell’Est ha
provveduto in seguito a far realizzare moto e auto
spartane ed economiche, destinate alla motorizzazione di massa. Alcune erano copie di DKW e
di BMW d’anteguerra, mentre altre chiaramente
erano delle discendenti di tali mezzi. Fortemente
imparentata con la Tipo E, che come visto non
si sa se sia mai stata costruita, ma della quale
esisteva un progetto dettagliato, è una monoposto progettata attorno al 1949 da un gruppo di
tecnici che avevano lavorato quasi tutti alla Auto
Union. Si tratta della Awtowelo “progetto 650”,
azionata da un motore aspirato a 12 cilindri a V di
65° di 2 litri, cilindrata ottenuta con un alesaggio
di 62 mm e una corsa di 55 mm. Due esemplari di questa vettura, fortemente voluta da Vasily
Stalin, figlio del dittatore e grande appassionato
di auto da corsa, sono state costruite e, dopo
alcune prove compiute in Germania, sono state
spedite in Russia (dove erano state denominate
Sokol, ovvero falcone) per gareggiare nella primavera del 1952. I meccanici sovietici però non
avevano nessuna dimestichezza con una meccanica così raffinata e non sono stati in grado di
fare una messa a punto decente. La sostituzione
dei carburatori da loro effettuata non ha fatto altro che peggiorare le cose. E la pessima benzina
disponibile non ha migliorato certo la situazione.
Insomma, l’esordio è stato un disastro e le auto
sono state ben presto rispedite nella Germania
dell’Est, dove pare che siano finite nelle officine
EMW di Eisenach (in uno stabilimento che prima
del conflitto apparteneva alla BMW). Nel 1953
Stalin è morto e il figlio è stato rapidamente messo in prigione.
Questa però non è la fine della storia… Delle due
auto si sono perse le tracce, ma una è stata ritrovata quasi per caso diversi anni dopo in un pollaio (ma secondo un’altra versione si trattava di
un fienile). Era in pessime condizioni e in seguito
è stata protagonista di pittoresche vicissitudini.
Per fortuna è stata restaurata grazie al Museo di
Donington, in Inghilterra.
Per quanto riguarda le Auto Union da Gran Premio, ce ne sono alcune originali, per le quali dopo
il ritorno in Occidente è stato sufficiente un restauro e altre che sono state rifatte in parte o
quasi completamente.
All’Audi va il grande merito di avere acquistato
alcune di esse e di averle riportate a condizioni
di perfetta efficienza, al punto di poterle mettere
in pista in occasione di alcune manifestazioni per
far sentire agli appassionati lo straordinario canto dei loro motori.
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WINTER MARATHON 2015
LE STORICHE COME NON TE LE ASPETTI
di Omar Fumagalli | Si è disputata a Madonna Di Campiglio la Winter
Marathon, la classica tre giorni alla quale prendono parte le auto
d’epoca, molte delle quali Porsche
U
n successo di passione vera e di condivisione della stessa senza distinzioni, con tutti i presenti, per la ventisettesima edizione della classica tre
giorni “storica” sulle Dolomiti. Al termine della
dura gara in notturna, svetta una Lancia Aprilia
in mezzo a molte agguerrite Porsche e qualche
pezzo davvero raro, automobilisticamente parlando, con le vetture anteguerra protagoniste
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Eventi
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quando non te lo aspetti.
La vera vittoria finale è però quella della passione, fatta di molte persone accomunate nel
divertirsi e nel far divertire grazie ad automobili
tutte singolarmente molto interessanti, se conosciute a fondo, oltretutto quest’anno graziate da
un meteo veramente amico, come lo sono state
anche strade e villeggianti accorsi per assistere.
In strada a ogni età
Manifestazioni per auto storiche se ne vedono
di vario tipo in Italia, più spesso ci si ferma alla
semplice ammirazione da livello statico, per le
doti estetiche e di tecnica applicata, un esempio
su tutti al riguardo è il noto Concorso Eleganza
di Villa d’Este. Qualche volta capita di vederle in
pista invece, come per la Coppa Intereuropa che
fa tappa a Monza portando gloriose monoposto
a rinverdire i propri fasti, ma quando si parla di
percorrenze stradali attive si entra in una nicchia
particolare, quella della regolarità sulle normali
strade di tutti i giorni, che divengono per l’occasione strade speciali. È un tipo di manifestazione
un po’ diversa da quello che potrebbe sembrare,
se percepita solamente da fuori senza conoscere bene le dinamiche interne. Vedere brevemente queste macchine transitare è cosa diversa e
meno coinvolgente che viverne da dentro l’evento intero, come abbiamo fatto noi quest’anno
durante la nostra esperienza “Road to Winter
Marathon” a bordo della nuova Porsche Cayenne. La Winter Marathon che si disputa dal 1989
a Madonna di Campiglio è qualcosa in più di una
semplice passerella, una vera messa alla prova
per le 120 vetture iscritte all’edizione 2015, che
si cimentano sui difficili fondi anche innevati, al
freddo gelido del pieno inverno alpino. Le categorie sono diverse, con alcune rarissime auto
anteguerra, arrivando sino alla produzione datata 1968, oppure al 1976 qualora si tratti di veicoli
con rilevanza storica per il rally, piuttosto che
collezionistica; in ogni caso si tratta di modelli a
sola trazione anteriore, oppure sola posteriore.
Al di là del discorso tecnico e dei coefficienti per
l’assegnazione di punteggi e penalità, quel che
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affascina maggiormente chiunque è ritrovare
sulle strade dei più bei passi delle Dolomiti, alcune tra le più fascinose ma anche popolari vetture del passato, senza però troppe limitazioni di
sorta o cautele nell’uso, anzi, la maggior parte
dei concorrenti non si risparmia certo. In queste
gare non serve essere dei piloti esageratamente focosi o temerari, ma nemmeno si può troppo dormire: conta molto la precisione di guida
nel mantenere un buon ritmo per lungo tempo,
senza cadere in errori altrimenti sempre molto
difficili da recuperare. Sulla carta, vetture molto
performanti come alcune rombanti Alfa Romeo
e Porsche 911 degli anni Sessanta e Settanta,
presenti al via insieme a una grintosa Renault
Alpine A110 1800 e una Lancia Stratos, possono
far credere sia gioco facile condurle al vertice
della classifica, ma non è così. Quello che viene
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premiato è il mantenere un dato target di percorrenza che genericamente non è molto “tirato”,
mentre quello che viene penalizzato, sbagliando
un incrocio, esagerando col gas, o attardandosi
nei trasferimenti da una prova all’altra, raramente si recupera quando i consumati “maestri” della regolarità, macinano chilometri sfiorando di
poco i percorsi netti a ogni prova. Poiché le prove
cronometrate cominciano venerdì pomeriggio
per terminare oltre le due nella notte del sabato, il buio gelido di Campiglio e della val Rendena
porta un fascino unico, unito a molte difficoltà
per tutti i concorrenti. Sulle difficili pendenze delle statali trentine, oscurità e ghiaccio non sono
certo elementi amichevoli quando si guidano
vicino al limite auto del passato prive di ausili
idraulici (per sterzo e talvolta freni), elettronici
(per trasmissione, telaio o altro che sia) e maga-
ri persino anche senza un valido riscaldamento;
per non parlare ovviamente di navigatore inteso
nel senso moderno e integrato (a web e GPS) del
termine. Il must è arrivare alla fine senza intoppi,
vista la difficoltà. Le prove sono tutte concatenate e in sequenza diretta, da curare particolarmente nella guida, se si vuole puntare al risultato, non certo una passeggiata come si potrebbe
pensare. La regolarità in montagna si rivela qui
fra le più semplici, ma al contempo anche più
dure e più umane competizioni per auto d’epoca.
Più auto, meno VIP
Se le marche automobilistiche rappresentate alla
partenza erano ben diciannove quest’anno, nessun grande nome del jet set, o protagonista del
cosiddetto gossip nostrano, era fragorosamente
presente alla Winter Marathon, come talvolta si
vide in passato. Fortunatamente erano invece
tante le persone amanti sul serio dei motori,
affiancate da turisti e sciatori incuriositi. Tra gli
iscritti di questa edizione 2015 c’era anche Ivan
Capelli, uomo noto e dai molteplici ruoli nel mondo automobilistico, non solo commentatore TV
e presidente dell’ACI Milano. Proprio lui era tra
i più conosciuti al grande pubblico di Campiglio,
con la sua singolare Volvo PV544 del 1965. L’expilota di F1 si è in breve ben adattato al contesto,
anche se poi la gara non è stata per lui soddisfacente in quanto a classifica finale (solo sessantottesimo). Con Ivan abbiamo parlato di Monza
e di Autodromo Nazionale, perchè la società che
lo gestisce, la SIAS, è diretta emanazione di ACI
Milano e proprio qui a Campiglio, scopriamo per
sua parola che a breve sarà presentato il rinnovato staff con una ridefinizione interna dei ruoli,
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volta al rinnovamento, grazie anche al nuovo direttore Francesco Ferri. Soprattutto, parlando di
storiche, Capelli ci ha confermato di voler riportare quanto prima l’appuntamento della Coppa
Intereuropa a essere ricco di contenuti e ambito
dagli appassionati anche stranieri come era un
tempo. Le possibilità sono di avere già in estate 2015 ben due eventi dedicati ai veicoli storici
in autodromo, abbinando alla manifestazione
FIA di giugno anche raduni di club, che facciano
eventi collaterali ma intensi per gli amanti del
genere, appoggiandosi logisticamente su Monza
includendo magari anche il mondo delle due ruote. Nel primo giorno campigliese di preparazione
alla Winter, si osserva come buona parte degli
iscritti si accinga ad affrontare l’avventura con
vetture Porsche: sono più di terzo, questo perché auto notoriamente tra le migliori in quanto
a trazione, forti del posizionamento posteriore
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di motore (quindi massa) e trasmissione. Tra le
tedesche di Stoccarda, spiccavano i due gioiellini
portati da Porsche Italia: la sempre interessante
e fascinosamente semplice 356 A Speedster del
1956, condotta dalla coppia Gentile - Salzano e la
potente e vistosa RS Carrera del 1973 (prima 911
con l’aggiunta del nome Carrera e anche prima
con pneumatici di dimensioni diverse tra i due
assi) affidata niente meno che a Felix Bräutigam
(Vice Presidente Europa di Porsche AG) e Pietro
Innocenti (Direttore Generale di Porsche Italia).
Se alcune delle partenti ci hanno colpito a prima
vista per notorietà o singolarità, come le inglesi
Triumph, MG e Austin Healey, una sensazione
quasi unica è stata il vedere insieme ben sei Lancia Aprilia, vetture scelte da molti concorrenti
della zona inseguendo la giusta intuizione per cui
nelle recenti stagioni della regolarità tricolore, le
doti telaistiche di queste piccole vetture italiane
combinate ai coefficienti per anzianità si rivelano
un’incredibile arma, dando ottime possibilità di
vittoria. Tre di queste, finiranno infatti tra le prime otto in classifica.
La gara
Sintetizzando la pura parte agonistica, che per
molti è certamente la più importante, sono stati
Alberto Aliverti e Alberto Maffi a vincere la Winter Marathon 2015. Il percorso prevedeva quarantacinque prove cronometrate con partenza
alle 14.00 del venerdì da Campiglio e arrivo alle
due di notte, per un totale di 427 km, con il Pordoi quale punto di maggiore altezza raggiunta,
a 2239 metri s.l.m. Non abbiamo invidiato lo
sforzo che imponevano certe vetture, ma parlando con i concorrenti e seguendoli sulle ben
più confortevoli Porsche Cayenne del gruppo
Media, abbiamo scoperto quanto possa essere
emozionante e gratificante potersi sentire un
tutt’uno con la propria automobile e un confidente compagno di viaggio, godersi il cielo stellato, ma soprattutto tagliare il traguardo finale.
Se per molti la preparazione è maniacale in cerca
del risultato, per altri invece l’avventura è bella
a prescindere, sin dal momento dell’iscrizione,
come ci hanno raccontato ad esempio un giornalista dell’Europa settentrionale innamorato
delle Alfa (con cui ha corso), o la coppia padre e
figlio venuti dalla più calda Sicilia. Nel complesso
dell’evento, la prestazione è quindi solo seconda
alla condivisione della passione per le auto classiche. Da parte nostra, avendo seguito dal freddo
e dal vivo la nottata lungo i tornanti ghiacciati e i
passi a volte immersi nel cielo stellato oltre che
nella neve, ci siamo accorti di situazioni davvero difficili nel buio e su un terreno davvero tosto,
per macchine prive spesso di assistenze alla
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sicurezza e di comfort (basti pensare ai concorrenti su vetture cabriolet, aperte). Sono stati diversi i ritiri per noie meccaniche lungo le quarantacinque prove, con i 427 chilometri del percorso
che ci hanno fatto “perdere” 37 degli equipaggi
iscritti e costretto molti di quelli arrivati a eseguire interventi di assistenza in corsa, piuttosto
che guidare senza la piena efficienza del veicolo.
Dopo aver valicato ben undici passi in una sola
notte, i portacolori della scuderia Franciacorta
Motori, freschi vincitori del titolo italiano 2014
nella categoria Top Car, hanno come vuole la
regola della competizione concluso la loro gara
senza sbavature, forti dell’affidabilità di una
Lancia Aprilia del 1940, precedendo con 260
penalità l’esperto duo Margiotta-Perno, su Porsche 356 A Coupé del 1955. Sebbene la regola
dei punteggi favorisca lievemente i modelli più
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datati, è quasi sconvolgente pensare che la scenografica Bentley 3 Litre del 1925 sia arrivata a
un soffio dal podio, condotta da Luca Patron e
Massimo Casale, i quali la hanno portata integra sino alla fine delle per loro durissime prove,
con 289 penalità. I vicentini si sono messi alle
spalle uno degli equipaggi favoriti della vigilia, Di
Pietra-Di Pietra su Fiat 508 C del 1938, che ha
chiuso con 312 penalità totali. Per quanto riguarda le scuderie, il successo è andato al Loro Piana
Classic Car Team, grazie ai piazzamenti ottenuti
da Aghem-Conti, Patron-Casale e Canè-Galliani; seconda e terza rispettivamente le squadre
Franciacorta Motori e Classic Team. A proposito di scuderie dobbiamo notare anche qui come
lo spirito della Winter Marathon sia diverso dalle normali gare di prestazione velocistica contemporanee. Oggi giorno in pista si parla solo
di Team e di business, per riuscire a correre su
una monoposto in un campionato titolato, qui invece ci piace riscoprire questo termine italiano:
Scuderia, dove persone amiche e non collegate
solamente da un freddo interesse temporaneo,
condividono vetture e si passano consigli, anche
se non tutti, per allestirle e misurarsi poi a pari
livello di dotazione tecnica, divertendosi. Tra le
scuderie maggiormente in vista dell’edizione
2015, anche quelle di Centro Porsche Brescia,
Volvo Italia e Automobilismo storico Alfa Romeo.
Il primo equipaggio straniero all’arrivo è stato
quello formato dai sammarinesi Bollini-Galassi
su Porsche 356 A Cabriolet del 1957, che hanno prevalso sui tedeschi Mach-Jan (Volvo 121,
1959) e sulle svizzere Pasquale-Sibilia (Jaguar
S-Type, 1966), queste ultime vincitrici della speciale classifica per equipaggi femminili. Una gara
nella gara, il Trofeo APT, è stata disputata per i
primi trentadue equipaggi iscritti il giovedì sera,
un gradito antipasto sul laghetto ghiacciato appositamente illuminato a giorno: bella la vittoria
di Benetti-Battagliola su Porsche 356 Speedster,
conquistata battendo Roversi-Bellini su Lancia
Aurelia B20 del 1954 e Scarabelli-Adorni, su Lancia Fulvia Coupé HF, del 1966.
Il sabato
Il giorno di chiusura della manifestazione è quello
più rilassato, ma non certo più lieve sotto il punto di vista fisico per i protagonisti, poiché tutti gli
equipaggi sono stanchi dopo una notte intensissima, che ha messo a dura prova anche quelli più
preparati e in forma. Quest’anno per fortuna non
vi sono state precipitazioni o vento forte, non ha
nevicato, ma in ogni caso piloti e vetture hanno
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Eventi
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dato tutto e anche di più talvolta, con temperature scese sino a -9 gradi durante la notte. Non
è scontato per nessuno arrivare alla fine senza
intoppi vista la difficoltà: le prove sono infatti
tutte concatenate e da curare particolarmente
se si vuole puntare al risultato, non certo una
passeggiata come si potrebbe pensare. Abbiamo personalmente visto qualche errore di guida
(e chi non lo farebbe, in simili condizioni), con
uscite di strada e necessità di recupero tramite
carro attrezzi, qualche carrozzeria ammaccata e
qualche sintomo da raffreddamento, oltre che da
“rimbambimento” per mancanza sonno. Insomma, la varietà di elementi da coordinare in questa gara è ampia, fortunatamente però sempre
gestibile con le risorse a disposizione. Nel relativamente caldo e riposante pomeriggio di sabato
neofiti, in quanto nessuna delle vetture riesce a
stare dritta, mentre si combattono le varie fasi
eliminatorie. Dopo un’apertura di solo intrattenimento, per la Volvo di Ivan Capelli, in questo
particolare confronto dove le prove erano tutte
di tempo prossimo ai quaranta secondi, sono
stati Francesco e Giuseppe Di Pietra i migliori
tra le vetture anteguerra, portando al successo
la loro Fiat 508 C del 1938. Nel classico trofeo a
eliminazione diretta riservato ai primi trentadue
equipaggi, si sono imposti invece i mantovani
Luciano Lui e Guido Ceccardi su Fiat 1100/103
del 1953; i portacolori del Classic Team hanno
prevalso per soli tre centesimi in finale sui vincitori dello scorso anno Barcella-Ghidotti, mentre
il terzo gradino del podio è stato conquistato
dai piacentini Fontanella-Malta. Punto di vero
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24 gennaio però, qualcuno è di nuovo chiamato a essere protagonista in pista, non appena
reintegrate le forze: è il piccolo lago ghiacciato
al centro di Madonna di Campiglio che diviene
nuovamente teatro a cielo aperto. Si disputano il
Trofeo MA-FRA, riservato alle vetture anteguerra scoperte, quindi il Trofeo TAG Heuer Barozzi,
una sfida a eliminazione diretta riservata ai primi trentadue equipaggi classificati della Winter
Marathon. Due premi a disposizione da giocarsi
su un fondo molto insidioso, con il pubblico che
assiste appassionato alle evoluzioni durante le
prove di abilità, sul percorso realizzato per mettere di traverso queste arzille vecchiette. Quello
che si disputa nel piccolo circuito è uno spettacolo vero, più abbordabile per tutti gli spettatori rispetto alle prove cronometrate, anche per i
rilassamento finale per tutti (piloti, meccanici e
addetti di ogni livello) nonché di gratificazione
conclusiva per i migliori, è alla sera di questo
sabato, quando nel Pala Campiglio avvengono
le premiazioni, al caldo. Chiunque può rivivere
insieme ad amici le tante sensazioni di un lungo weekend, quest’anno introdotte e arricchite
di aneddoti dalla conduzione dell’esperto Guido
Schittone, subito a suo agio nell’ambiente genuino della Winter Marathon. Capita così di scoprire
che tra i molti, alcuni equipaggi sono arrivati per
pura fortuna alla fine, altri stoicamente resistendo a perdite di benzina o fari bruciati, qualcuno
invece ha semplicemente portato a termine un
bellissimo viaggio congiunto senza badare al risultato, un viaggio capace di saldare i rapporti
umani prima di quelli con le proprie vetture.
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Formula 1
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Milton Keynes, e tutta la trafila made in Italy finì
nel dimenticatoio. Tanto che quando nel 2010
vinse il primo titolo mondiale, Sebastian parlava ancora un poco di italiano, dimenticato però
strada facendo col passare degli anni.
Gli inizi su un motore da moto...
SEBASTIAN VETTEL
È UNA QUESTIONE DI CUORE
Gli inizi di questo ragazzino terribile si devono
alla F.BMW (monoposto con motore motociclistico) in cui un gruppo di scatenati pazzi al
volante delle loro monoposto se le davano di
santa ragione. Non c’era gara in cui non finivano
in fuori in dieci o dodici. Tutti tranne lui, che dal
caos emergeva con freddezza e portava a casa
la vittoria o il podio. Insomma, stupì subito Mario Theyssen, direttore tecnico della BMW che
volle metterlo sotto contratto in collaborazione
con la Red Bull, che ad ogni stagione firma una
caterva di contratti coi piloti che poi molla per
strada. Gli inizi alla BMW furono pesanti. Infatti, la vigilia delle gare, Sebastian andava in giro
a fare esibizioni con le vecchie F.1 nel parco divertimenti allestito nei centri cittadini. Quando
veniva in Italia, andava a Milano e qui toccava a
Maria Conti, all’epoca PR Mini BMW, portarlo a
spasso, a cena e fargli da balia. Ora Maria lavora
in Fiat e Sebastian è pilota Ferrari, quando si dice
il destino... All’epoca Vettel si vestiva da pilota, si
sedeva nell’abitacolo e sgommava avanti e indietro, faceva testa coda e fumo. Applausi, qualche
autografo e qualche foto ricordo. In poco avrebbero pensato che sarebbe stato 4 volte campione del mondo e pilota della Ferrari. Quando poi
Theyssen si decise a farlo debuttare ogni venerdì mattina in F.1, il ragazzino dava sempre delle
paghe incredibili a tutti. Lui saliva in macchina,
non faceva numeri come al parco giochi e finiva
davanti a tutti. Poi tornava nell’anonimato. Relazioni sociali? Meno di zero. Contatti con la stampa? Qualche tedesco ogni tanto e manco spesso.
Fine delle trasmissioni. Fino al debutto in corsa
per sostituire Kubica infortunato in Canada con
di Paolo Ciccarone | Sebastian Vettel. Dagli esordi nelle esibizioni con
le vecchie F1 ai titoli mondiali. Storia di un campione che si è fatto
cambiare dal successo
L’
ordine arrivò perentorio e senza
repliche: «Se volete entrare in casa
vi togliete le scarpe e mettete le
pattine, e se volete fumare andate
fuori, qui dentro non se ne parla e non fate casino
che vi caccio fuori». La prima cena coi meccanici
Toro Rosso a casa di Sebastian Vettel, in quel di
Faenza, se la ricordano ancora oggi. Il ragazzino,
quasi brufoloso, che avrebbe disputato la prima
stagione col team romagnolo, aveva invitato a
casa sua a cena la sua squadra di meccanici che
però non si aspettavano un’accoglienza di questo genere. Vettel, per quanto giovane, era in
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grado di gestirsi da solo: cucinava (abbastanza
bene secondo i commensali), lavava e stirava
e teneva pulita la casa che manco una massaia
emiliano-romagnola di quelle giuste sapeva fare.
Insomma, l’approccio stupì tutti, ma dopo quella
sera gli inviti a cena si diradarono. Non per colpa
di Vettel, quanto per il fatto che la natura casinista di alcuni meccanici e la voglia di fumare,
portarono Sebastian alla drastica decisione di
ridurre gli incontri. Poi cominciò la stagione e
non se ne fece più nulla. Poi il passaggio alla Red
Bull, l’appartamento a Banbury, vicino di casa
di Mark Webber, l’altro pilota della squadra di
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un volo da paura. A Indianapolis primo GP e primi punti. Mica male, il ragazzino ha dimostrato
che il venerdì non era fuffa, era tutto vero. Da qui
l’arrivo alla Toro Rosso con un clamoroso risultato a Monza: pole e vittoria. Giorgio Ascanelli,
all’epoca DT della squadra, se la godeva con gli
occhi. Aveva lavorato con Senna e sapeva riconoscere un talento. Vincere a Monza sul bagnato
intenso, davanti a gente che aveva più esperienza, significava che i numeri c’erano, da qui la
promozione l’anno dopo alla Red Bull insieme a
Mark Webber. Mark è sempre stato un tipo tranquillo, uno che non si scompone e se può dà una
mano ai giovani, tanto che il team MW Arden di
GP3 e GP2 aveva piloti che lui ospitava nelle sue
case a Banbury e li aiutava in palestra, in pista
e come poteva. Eppure con Seb non legò. Lo si
capì al Fuji nel 2008. Vettel, reduce dalla vittoria
a Monza, dimostrò che sul bagnato era uno che
andava forte. Con una safety car in pista fatta
entrare per rimuovere delle vetture incidentate, con un passo da primato, abboccò all’amo di
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Formula 1
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Webber che era davanti. L’andamento a scatti lo
colse di sorpresa e Vettel tamponò Webber che
perse gara e podio. Il dopo corsa fu vivace, con
Mark che andò nel box della Toro Rosso e gli urlò
in faccia. «Dove ca...credevi di andare stronzetto?» e Vettel a dirgli che se lui frenava di colpo il
minimo era tamponarlo. Insomma, per due che
avrebbero corso insieme l’anno dopo non era un
bel modo di fare conoscenza. «Seb aveva dalla
sua una convinzione fortissima di sé» dice oggi
l’ingegner Gianvito Amico, che dalla Minardi alla
Toro Rosso ha lavorato e svezzato prima Alonso
e poi Vettel. «Al contrario dello spagnolo, che è
cresciuto col tempo e ha maturato la sua forza
d’animo con gli anni, Vettel era già così, molto
convinto, certo e sicuro di sé, molto più determinato. Oggi dire chi dei due sia più veloce è difficile, di certo hanno pregi e difetti che si compensano, ma quello che mi ha sempre stupito è che
Fernando era un ragazzo sereno, calmo, quasi
timido. Sebastian era il simbolo dell’educazione, del perfettino che veste bene, che cura tutti
i dettagli, tiene la casa in ordine, non sgarra di
una virgola». E questo modo di fare Vettel se lo è
portato nei box. In questo è molto simile a Schumacher. Dopo le prove non va in albergo, resta
nel motor home a guardarsi le partite di calcio
(gioca anche bene) insieme al padre e a qualche meccanico. Da quando è diventato padre di
una bambina, di lui personaggio pubblico si sa
ancora meno. E meno fa sapere. Se gli si chiede: «Come ti trovi a fare il padre?», lui risponde:
« mi spiace, è una questione privata non voglio
rispondere». «Che musica ascolti prima di una
gara visto che giri sempre con la cuffia in testa?»
lui dice «Spiacente, è una questione privata, non
voglio rispondere».
E così sempre più spesso, diventa sempre più
difficile il rapporto. Ai tempi della Toro Rosso,
mentre sistemava dei cartoni (tutti piegati perfettamente per farceli stare nel bagagliaio della
sua BMW serie 3 Touring) parlava tranquillo,
anche in italiano, rideva. Come quella volta che
al Motor Show di Bologna fu ospite di Radio
Monte Carlo. L’emittente monegasca era nello
stand Toyota, c’era Jarno Trulli. La PR della Toro
Rosso pregava per un passaggio radiofonico per
farlo conoscere... Alla Toyota accettarono, perché erano degli sportivi. L’incontro fu divertente,
Vettel fu bravo nelle risposte e nel conoscere la
musica trasmessa, tanto che non se ne andò via
presto e firmò pure qualche autografo. «Prometti che appena diventi campione del mondo vieni
a trovarci ancora?» gli chiesi. «Certo, ma chissà
quando capiterà mai». Lui è diventato campione
del mondo, quell’incontro non c’è ancora stato nonostante i 4 titoli iridati e se ti incontra nei
box non ti guarda nemmeno. Probabile che non
si ricordi affatto della promessa. «Gente così è
inutile alla F.1 – tuonò Bernie Ecclestone – è uno
che se esce dal circus non ne sente la mancanza,
una vera iattura». Era il GP d’Austria del 2014.
Speriamo che nel frattempo Bernie si sbagli e
che Vettel, con la divisa rossa addosso, si ricordi
che correre in macchina è anche una questione
di cuore.
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Formula 1
F1
ECCO COME E’ GIA’ CAMBIATA
LA FERRARI SF15-T
Nonostante sia stata presentato solo lo scorso 30 gennaio, per la
Ferrari SF15-T è già tempo di modifiche: nuova collocazione delle
telecamere e cerchi in lega forati
A
pochi giorni dalla sua presentazione, avvenuta lo scorso 30 Gennaio,
per la nuova Ferrari SF15-T è già
tempo di modifiche. La prima, ed
anche la più vistosa, riguarda la collocazione
delle telecamere che, come è possibile vedere
nell’illustrazione, non sono più ai lati del muso
come alla presentazione. Ora sono state spostate più in alto e hanno una forma a corno in funzione aerodinamica. L’altra novità riguarda i cerchi
in lega che diventano forati al centro, in corrispondenza del mozzo, così espellere aria calda.
Questa soluzione, già sviluppata l’anno scorso,
è stata portata a Jerez. Non solo la Scuderia del
Cavallino, ma anche Red Bull e McLaren a Jerez
hanno adottano questa soluzione, che quest’anno dovrebbero usare in tanti.
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Formula 1
MERCEDES-AMG W06
LA F1 PER RIPETERE IL
SUCCESSO ANCHE NEL 2015
Il Team di Brackley ha scelto il primo giorno di test sul circuito di Jerez
de la Frontera per svelare la nuova Mercedes-AMG W06, la monoposto
sviluppata per affrontare il Mondiale di F1 2015
I
l Team di Brackley ha scelto il primo giorno
di test sul circuito di Jerez de la Frontera
per svelare la nuova Mercedes-AMG W06,
la monoposto sviluppata per affrontare il
Mondiale di F1 2015. L’obiettivo, naturalmente,
è quello di ripetere lo strepitoso successo della passata stagione, dove le Frecce d’Argento
hanno collezionato ben 16 vittorie complessive
sulle 19 gare previste, conquistando il Titolo costruttori e quello piloti con Lews Hamilton. Rispetto alla monoposto dello scorso anno spicca
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soprattutto il nuovo musetto, più stretto e rastremato.
Ora la grande incognita rimane il motore perché,
come molti suppongono, la power unit tedesca
potrebbe essere diventata ancora più potente e
prestazionale dell’anno scorso. E se queste indiscrezioni dovessero essere confermate, sarà
ancora una volta difficile contrastare il dominio
delle Stelle, che verranno portate ancora una volta in gara dal campione in carica Hamilton e dal
compagno di squadra Nico Rosberg.
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Dakar
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Come fare? Innanzitutto bisogna essere iscritti
e accreditati, nella categoria “Auto Stampa”, e
per questo è necessaria, a parte un oneroso iter
di adesione e di registrazione… la macchina. Noi
abbiamo scelto una Peugeot 3008. Inizialmente doveva essere una 2008, l’idea era quella di
“sottolineare” scherzosamente il debutto agonistico della nuova 2008 DKR, una delle operazioni
agonistiche e tecnologiche più clamorose ed interessanti della 37ma edizione, ma poi abbiamo
scoperto che la 2008 non è commercializzata
nei Paesi che abbiamo attraversato, e quindi abbiamo scelto il crossover di categoria superiore.
Scelta vincente. La macchina si è rivelata ideale,
eccezionalmente versatile e adatta al percorso,
in grado di garantire un elevato confort di marcia
sulle lunghe percorrenze, bassissimi consumi e
una grande “adattabilità” ai diversi, e non sempre “fluidi” fondi, stradali e non, dell’itinerario.
(non sembra, ma provate a tenerla in tensione
per 800 chilometri) e, in associazione con il cambio automatico, il confort e la sicurezza di marcia
diventano sontuosi. Non sei più in auto, ma nel
set, nello studio della diretta dakariana. Abbiamo
percorso 7.500 chilometri in 13 giorni, l’America
del Sud “sezionata” dall’Atlantico al Pacifico, e
ritorno, lungo le tappe della Dakar 2015, vivendola in diretta dal più confortevole ed efficiente
“studio mobile”.
Un viaggio da re, grazie alla 3008
TECNICA DELLA “MISSIONE”
PART 1: AUTO & CRUISE CONTROL
di Piero Batini | Seguire la Dakar non è propriamente una cosa semplice.
O meglio lo è a patto di dotarsi di una struttura logistica e tecnologica di
primordine. Noi abbiamo fatto così. Parte prima: l’Auto
S
eguire la Dakar con la “responsabilità” di informare i nostri lettori è una
missione che presuppone un’organizzazione logistica (e burocratica,
ed economica) importante. Non che non si possa fare “arrangiandosi”, ma allora addio al senso
di quella responsabilità. Ecco come ci siamo organizzati per seguire al meglio la 37ma edizione
della Maratona motoristica per definizione e per
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garantire il 100% della copertura e della puntualità.
Il segreto per raccontare la Dakar
si chiama mobilità
Punto 1. Mobilità. Abbiamo scelto di seguire la
Dakar in auto. Perché? Perché le alternative,
poche, non ci davano la garanzia di essere presenti sul “campo” così come avremmo voluto.
Un’autentica, reale crossover, la macchina ideale per gli interminabili nastri asfaltati sudamericani, non sempre di “riferimento”, e per non…
temere di abbandonare l’asfalto quando è necessario. Per esigenze di sicurezza, in parte obbligatorie, in parte dettate dal buon senso, abbiamo “migliorato” la 3008 aggiungendo un nuovo
cablaggio extra per i “servizi”, sempre collegati,
un GPS fornito dall’organizzazione, all’atto pratico un “consigliere” ma anche un “guinzaglio”,
una trousse di utensili (inutilizzata). Inoltre,
pneumatici rinforzati, seconda ruota di scorta,
cinghie di traino e dotazione di sicurezza. Abbiamo scoperto e “testato” a fondo un accessorio
che si è rivelato fondamentale: il cruise control.
Dovendo coprire elevate medie chilometriche
giornaliere, spesso su strade dritte come fusi per
centinaia di Km, è facile “assuefarsi” alla velocità, scoprire di essere andati oltre e uscire dalla
logica e opportuna curva di sicurezza. Il sistema
di regolazione della velocità, semplicemente, ti
cambia la “vita”. Sempre dentro la curva di sicurezza, ti lascia libero di muovere la gamba destra
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COLLABORATORI
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Claudio Pavanello (Epoca)
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Reg. trib. Mi Num. 680 del 26/11/2003
Capitale Sociale Euro 10.000 i.v.
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