Strazzari - Autobiografia linguistica
2012
DIARIO DI BORDO
Corsi di Educazione degli Adulti
Corso di Licenza media serale
CTP “Giovanni Plana”
Anno Scolastico 2011/2012
GENNAIO 2012
Propongo il progetto alla classe. Presento il lavoro come parte di un progetto europeo, spiego che
altri studenti, bambini, adolescenti, adulti di scuole diverse, di Paesi diversi, stanno realizzando
un’attività simile a quella a cui ci dedicheremo noi.
Ho già preventivato che utilizzeremo più delle 10 ore previste, chiarisco che l’autobiografia
linguistica sarà parte del programma di italiano di quest’anno, servirà anche come allenamento
alla scrittura e alla lettura e, per chi vorrà, potrà costituire argomento d’esame.
Ad introduzione richiamo uno dei nostri primi incontri di conoscenza, all’inizio dell’anno.
La classe risultava composta da studenti provenienti da diversi Paesi: Ecuador, Moldova, Ucraina,
Senegal, Brasile, Cuba, Filippine, Tunisia, Marocco,India, più un gruppetto di studenti italiani.
Avevo scritto alla lavagna: quante lingue si parlano in questa classe? Contiamo anche i dialetti,
sapete, anche i dialetti italiani.
La lavagna , alla fine, era piena di lingue. Non ci stavano tutte.
Gli studenti erano pieni di stupore.
Io avevo spiegato che più lingue più sappiamo, più siamo ricchi.
Che non dobbiamo perdere le nostre lingue, meno che mai la nostra lingua madre.
Che, poiché è madre, bisogna mantenerla sempre dentro di noi.
È la nostra cultura, rappresenta le nostre radici, quelle profonde, quelle che ci attaccano
saldamente alla nostra terra e ai nostri affetti.
I nostri bambini la devono conoscere, parlare, capire, mantenere sempre.
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Strazzari - Autobiografia linguistica
2012
FEBBRAIO 2012
La mia origine ( allegato n.1)
Preparo per ogni corsista una fotocopia che ha al centro l’immagine del Continente d’origine. Con
una freccia ogni studente deve indicare il Paese di provenienza.
Ai lati ci sono 4 fumetti da riempire:
 Scrivere le prime parole pronunciate nella propria lingua madre.
 Scrivere il proprio nome, il giorno e l’ora della propria nascita.
 Elencare tutte le lingue e i dialetti per i quali si ritiene di possedere una competenza sia
attiva che passiva.
 Elencare tutte le lingue per cui si ritiene di possedere solo una competenza passiva: che si
capiscono, ma non si parlano, non si leggono e non si scrivono.
L’attività viene eseguita volentieri, per qualcuno si rende necessaria la consultazione dei genitori (il
più delle volte nel corso delle telefonate più o meno quotidiane nel Paese d’origine) per poter farsi
raccontare quali sono state le prime parole pronunciate e per quanto riguarda l’orario esatto della
propria nascita.
È un primo passaggio verso il passato, il recupero memoriale della lingua madre che per ciascuno
nasce con la nascita …
Si parla anche dell’origine del proprio nome: alcuni ne conoscono il significato, per altri si farà una
ricerca online.
Elencare le lingue conosciute per alcuni è una sfida, specie per chi viene dall’area magrebina: in
realtà questi studenti capiscono una gran quantità di dialetti arabi anche se non li sanno parlare.
Poter elencare anche 10 lingue diventa motivo di orgoglio.
Per quanto riguarda i corsisti italiani cerco di far passare il concetto che anche il dialetto è una
lingua, il veicolo attraverso cui scorre una comunicazione importante, perché quotidiana, perché
familiare, perché legata agli affetti profondi.
La maggioranza degli italiani, quasi tutti di origine siciliana o pugliese, riconosce nel dialetto la
lingua di prima appartenenza, il mezzo espressivo che comunica il legame con le radici profonde,
l’appartenenza a una terra sì vicina, rispetto alle terre lasciate dagli immigrati loro compagni di
classe, ma pur sempre nostalgicamente rievocata e rimpianta. Così Sebastiano:
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Strazzari - Autobiografia linguistica
2012
“Oltre a piacermi come lingua il mio dialetto mi fa sentire me stesso, mi fa star bene e non mi fa
perdere il contatto con le mie origini. Il dialetto è la mia vera madre lingua”.
Queste prime attività vengono poi sintetizzate nelle tabelle:
-
La mia origine e l’origine del mio nome (all. 2)
-
Le mie prime parole ( all. 3)
-
Le lingue che so parlare e che capisco (all. 4)
-
Le lingue che capisco ma non so parlare ( all.5)
La sintesi rappresentata dal planisfero con i nomi dei corsisti e la spiegazione del significato del
loro nome darà origine ad uno dei grandi pannelli realizzati dai bambini della primaria “Dante” e
dalla loro maestra:
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2012
MARZO 2012
Lingue in famiglia: l’albero genealogico ( allegato n.6a)
Anzitutto spiego che cos’è un albero genealogico e ne do fotocopia a ciascuno studente,
chiedendo che lo completino con i nomi dei propri familiari, fin dove riescono a risalire indietro nel
tempo.
È un lavoro che prelude all’esplorazione delle lingue parlate nella propria famiglia, quella d’origine
e quella che quasi tutti loro hanno costituito.
Porta anche alla riflessione, visiva stavolta, del perché parliamo una certa lingua e non un’altra:
perché sappiamo 2, 3, 4 lingue, perché una lingua la sentiamo più madre di un’altra.
Tracciare il proprio albero genealogico, specie per gli studenti magrebini e indiani, ( ma anche per
la sinta Daniela) occupa molto tempo. Le famiglie sono allargate, tutti hanno moltissimi sorelle e
fratelli e di conseguenza il numero dei nipoti e dei cognati/ cognate è molto alto.
albero genealogico di Basma
albero genealogico di Daniela
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Ne escono infinite diramazioni che vengono orgogliosamente mostrate alla classe.
Gli alberi genealogici non verranno poi inclusi nel lavoro finale.
Daranno lo spunto, però, ai bambini della primaria “Dante” e alle loro maestre di concepire il
secondo grande pannello, l’albero delle lingue:
Lingue in famiglia: le lingue nella mia famiglia ( allegato n.6b- 6c)
Ogni studente riceve una tabella (allegato 6b) da compilare: deve elencare per ciascun membro
della sua famiglia, risalendo ai nonni, bisnonni o fin dove riesce, la lingua madre e le altre eventuali
lingue parlate. Segue l’esempio compilato dal corsista senegalese Modou:
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FAMILIARE
nonno paterno
nonna paterna
nonno materno
nonna materna
padre
madre
fratello
sorella
LINGUA MADRE
POL
GIOLA
SARAKHOLE
KHALE
WOLOF
WOLOF
WOLOF
WOLOF
2012
ALTRE LINGUE
WOLOF
WOLOF
WOLOF
WOLOF
In una seconda tabella (allegato 6c) si chiede di indicare per ogni lingua elencata chi la parla, con
chi, in quale contesto?
chi la parla?
dove, in quale situazione?
(scuola, a tavola, in casa, al
lavoro….)
con chi la parla?
tutta la famiglia
parenti e amici
in casa e fuori casa
io e i miei cugini
amici
fuori casa e a scuola
io e i miei fratelli
amici
in casa e fuori casa
io, mio zio e i miei
cugini
amici
a scuola e fuori casa
Lingua: WOLOF
Lingua: FRANCESE
Lingua: KHALLE
Lingua: ITALIANO
La compilazione comporta molte discussioni e molta confusione, forse la tabella non è stata
concepita nel modo migliore e più funzionale.
Inoltre i soliti studenti magrebini pongono tutta una serie di problemi, perché faticano a decidere
qual è la lingua madre: se il dialetto (marocchino o tunisino) che è la lingua della loro quotidianità
o l’arabo classico che per loro è la lingua nobile, letteraria, sacra.
Difficile, per loro, anche la collocazione del francese e dell’italiano: quella che prima era lingua 2° o
3° (il francese) è stata soppiantata ora dall’italiano.
Ma cosa scrivere? Come stanno ora le cose?
Più facile invece definire le lingue parlate dai genitori: per la maggior parte è una sola, il dialetto,
perché in genere i loro genitori e i nonni non sono andati a scuola, neanche alla scuola coranica.
Mustapha è incerto relativamente al berbero.
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Conosce bene questa lingua, è il suo dialetto, la sua vera lingua madre. I suoi genitori, i suoi nonni
parlavano solo berbero.
Il problema è che quando era piccolo il berbero non aveva una tradizione scritta e a scuola non si
studiava. Non c’erano, mi dice, libri in berbero. Ora sì.
I suoi figli che sono rimasti al villaggio, studiano il berbero a scuola. Mi ha portato a vedere un
libretto usato in una classe prima: “Vedi? È berbero!”
Quando si tratta però di dichiarare che la sua lingua madre è il berbero non se la sente di scriverlo.
Gli pare poco nobile. Alla fine scrive “arabo classico”.
Chiedo poi che di una serie di parole universali quali padre, madre, famiglia, fratello, sorella,
figlio/figlia, mi scrivano la traduzione nella lingua madre e nelle lingue 2° e 3°.
Preparo per ogni prospetto che mi è stato consegnato un elaborato di sintesi (allegato 7) e chiedo
agli studenti di scrivere in forma narrativa la situazione linguistica della loro famiglia che hanno
schematizzato nelle tabelle.
Fornisco un testo d’esempio, per facilitare il compito, e utilizzo le tabelle del giovane Modou che
so essere il più in difficoltà rispetto a questo lavoro di scrittura.
Mi chiamo MODOU e vengo dal Senegal.
Il mio nonno paterno aveva come lingua materna il POL, la mia nonna paterna il GIOLA, il mio nonno
materno il SARAKHOLE, la mia nonna materna il KHALLE. Sono tutti dialetti parlati in Senegal. Tutta la mia
famiglia parla il WOLOF, con parenti ed amici, in casa e fuori.
Io e i miei cugini parliamo il FRANCESE con i nostri amici, fuori casa e a scuola. Io parlo l’ITALIANO con i miei
cugini e gli amici a scuola e fuori casa. Io parlo il KHALLE con i miei fratelli in casa e con gli amici fuori casa.
Modou, che usufruisce di questo aiuto insperato, esulta e si esime volentieri dall’eseguire il lavoro,
dopo aver accuratamente controllato che io abbia riportato esattamente il suo elaborato.
Tutti gli altri scrivono con facilità imitando il modello.
Alla fine chiedo che scelgano un parola in italiano e la traducano a titolo di esempio nelle diverse
lingue che conoscono. Sempre Modou:
Ora vi scrivo la parola CASA nelle diverse lingue che parlo:
kher
lingua POL
arkà
lingua KHALLE
KASOMAI
lingua GIOLA
maison
lingua francese
7
kerghè
lingua WOLOF
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2012
Ci tengo che all’italiano si affianchino sempre la lingua madre e le eventuali altre lingue seconde o
terze. Trascrivo tutti i lavori al computer e ne do copia ad ogni studente.
APRILE 2012
Lingua madre
Da oggi incomincia l’esplorazione sistematica e dettagliata delle lingue conosciute.
Si comincia con la lingua madre. Spiego che cosa si intende per lingua madre (ancora una volta i
magrebini tendono ad identificarla con l’arabo classico, specie a causa del loro forte senso
religioso e del fatto che il Corano è scritto in arabo classico).
La lingua madre è la prima lingua che hanno imparato. Quella di quando non sapevano né scrivere
né leggere.
Quella con cui i loro genitori si rivolgevano a loro, bimbi.
Quella con cui comunicavano con i nonni, i fratellini e le sorelline, gli amichetti.
Quella che ancora adesso usano in famiglia, con gli amici, durante le telefonate settimanali al
Paese d’origine.
Spiego anche perché si chiama lingua madre.
È la lingua generata con noi, il nostro primo veicolo verbale, il nostro primo canale di
comunicazione con il mondo.
Per facilitare il lavoro che si appresteranno a fare, essendo la maggior parte studenti stranieri che
hanno difficoltà soprattutto nella produzione scritta in lingua italiana, fornisco un testo (allegato
8) con domande guida che tendono ad esplorare anche le modalità di apprendimento della lingua
madre: se a scuola, come? con quali strumenti? con quali tecniche? con quali metodologie?
Nel testo modello chiedo anche di scrivere le 6 parole più care nella loro L1.
Le scrivano in lingua madre, poi le traducano e ne spieghino il valore. Sentimenti, ricordi, episodi a
cui queste parole si associano e che perciò le hanno rese le più care.
A titolo di esempio, segue un testo “modello”, la storia di Caterina: cioè la mia. Mi nascondo dietro
ad un nome fittizio per non condizionarli, ma so che il testo - traccia è un input importante da
seguire, che aiuterà molto specie chi fa più fatica a scrivere in italiano.
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2012
Scrivo anche le mie parole preferite:
SORELLA: io ho una sorella a cui sono molto legata. Siamo cresciute insieme, siamo diventate
donne insieme, abbiamo passato tanta parte della nostra vita insieme. Penso che il legame tra
fratelli sia anche più di un legame di sangue, è la stessa vita condivisa. Per questo amo questa
parola.
BAMBINA: mi piacciono le bambine, le preferisco ai maschi. Mi piace pensare che in ogni donna
adulta rimanga un po’ della bambina che è stata.
È un piccolo errore perché qualcuno ( pochi in verità) le copia , così come ne copia le spiegazioni.
Per gli altri, invece, ancora una volta, è uno spunto utile perché chiarisce in modo molto esplicito il
compito che viene richiesto.
Leggo i testi, sono molto belli.
Comincio a pensare di realizzare un libro con il lavoro di tutti. Alcuni testi, i primi, come le tabelle
di sintesi, li ho scritti io al computer.
Ma gli altri lavori, oramai troppi e troppo lunghi, chiedo ai corsisti di scriverli loro stessi durante le
ore di informatica ( quasi nessuno possiede un computer e in realtà la maggioranza sta da poco
avviandosi alla videoscrittura).
Io poi farò la revisione dei testi.
Nel frattempo raccolgo le parole care e provo a categorizzarle (allegato 9).
La parola più amata, in tutte le lingue, è mamma.
Padre non ricorre quasi mai. Non so però quanto abbiano influito i fattori culturali o il fatto che si
è parlato tanto di lingua (al femminile, in italiano) e di lingua madre.
Ma poi ci sono le parole legate alla famiglia, ai figli e alle figlie, ai fratelli e alle sorelle, e poi alla
casa, al lavoro, all’istruzione. Nei testi degli alunni musulmani non mancano le parole legate a Dio,
al Corano, alla religione.
È davvero fondante nella loro cultura.
L’arabo/religione sono davvero madre.
Più rari i concetti astratti: libertà, amicizia,vita, cultura, pace, gentilezza, silenzio, amore …
Rileggendo le parole care e le prime parole dette penso che elencare nel libro come un puro e
semplice catalogo possa risultare poco interessante.
Mi viene in mente di chiedere l’aiuto dei bambini della vicina scuola primaria”Dante”.
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I loro disegni rappresenteranno le parole care e le prime parole.
E poi i bambini disegnano qualunque cosa.
Non hanno i nostri filtri, le nostre barriere.
Tanti anni fa, avevo chiesto a mia nipote, allora bimba di 6 anni, dopo che in pochi secondi mi
aveva disegnato, credo, un facocero ( animale a mio avviso non facilissimo da rappresentare): “C’è
qualcosa che pensi di non sapere disegnare?”.
E lei mi aveva risposto, dopo breve riflessione: “Penso nulla”.
Dunque mi accordo con Anna e Laura, maestre di una terza e di una seconda della primaria
“Dante”. Ai bambini di seconda affido la rappresentazione delle prime parole pronunciate in L1,
parole tenere e universali, mamma, pappa, bere, papà, dammi!
Un papà sinto
Mamma, dammi da bere in tagàlog
Ai bambini di 3° toccano le parole care.
La famiglia
È Allah, malgrado la simbologia cristiana
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2012
I bambini eseguono il compito velocemente e danno vita ad un mondo variopinto e reale.
I disegni troveranno posto nel libro accompagnati dalle didascalie, la parola in italiano e quella
nella lingua d’origine.
Poiché nessun corsista è in grado di scrivere queste parole al computer, ci provo io, con l’aiuto del
traduttore automatico:
yaay
‫مأ ال‬
wolof
arabo
ima
mamma
kapampangan
Poi sottopongo le parole così trascritte agli studenti. Passo l’esame per l’ucraino, il moldavo,
l’hindi, il tagàlog, il francese, lo spagnolo, il wolof, il sinto…
Non per l’arabo.
Gli studenti arabi si capovolgono dal ridere.
“Che c’è?” chiedo.
“ C’è che le lettere sono giuste. Ma nell’ordine inverso. Te lo sei dimenticato che l’arabo si scrive
da destra a sinistra?”.
Ora capisco. Insomma è come se avessi scritto ASAC invece che CASA.
Ho scritto ummi, mamma, così: ‫ أمي‬anziché ‫! ي مأ‬
“Devi girare le lettere, capito?” mi spiega Mustapha, combattuto dal rispetto per l’insegnante e
quello per la sua lingua sacra.
Mi rimetto al computer paziente e inverto le lettere. Va bene, ora?
Anìs, Mustapha, Abdelkbir, Basma si guardano tra loro. Poi con tono indulgente dicono: “mah …
sì”.
Mah… sì, cosa? Cosa c’è che non va ancora?
“Capisci?” mi spiega ancora Mustapha, paziente. Adora la sua lingua, mi ha scritto che per lui
l’arabo è proprio madre: è vita, cultura, radici.
Dunque non si stanca di spiegare.
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“Le lettere come le hai scritte tu non sono legate. In arabo le lettere sono tutte legate.”
Come scrivere in stampatello o in corsivo? Sì, così. Non ce la faccio , al computer, Mustapha.Non
può andare bene lo stesso?
Lui mi sorride. Sì va bene lo stesso.
Ma uno che legge l’arabo la capisce questa parola?, chiedo dubbiosa.
Sì, dice Mustapha, la capisce.
LO SPETTACOLO “I SUONI DEL CAMMINO “ 24 aprile 2012
Qualcuno degli studenti, parlando della lingua madre, ha ricordato una poesia, una canzoncina,
una filastrocca, una ninna nanna. Decidiamo di aggiungere anche queste produzioni al testo.
Per esempio Daniela:
Nana mur ciao carèla peschi nana
perché ilo ticno peri mama se carela I nana
me teisa ghinàva tuche i garavàna
Ninna nanna bambino mio
fai la nanna, perché sei il piccino della mamma
Se fai la nanna,
io domani ti compro la campina.
L’ho fatta leggere, un giorno al Campo nomadi ad un cospicuo gruppetto di Sinti che si è divertito
molto, affermando che Licia (Daniela è il nome gagio/italiano), già molto dileggiata perché viene a
scuola, conosce male anche la sua lingua e ha fatto tantissimi errori. Ma io e Daniela decidiamo
che non ce ne importa.
O la graziosissima canzoncina ricordata da Roberto e Yamilé, profughi cubani:
La señora alta del penacho verde
despidió la tarde con un colibrí
un corsel anuncia que la luna vuelve
su música dulce viene a mí.
Ya todo está listo para hacer el viaje
la noche es la nave para compartir.
esta travesía mágica que viene
Meciendo los ojos, volando felíz.
Esta travesía mágica que viene
trepando los sueños, volando felíz.
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2012
La Calabacita
(La piccola zucca)
L’alta signora dal pennacchio verde
lasciò la serata con un colibrì.
Un destriero annuncia che la luna torna
la sua musica dolce viene da me.
Ora tutto è pronto per fare il viaggio,
la notte è la nave per condividere
questa magica traversata che
fa oscillare gli occhi,fa volare felici.
Questa magica traversata che
fa librare i sogni, fa volare felici.
O ancora il canto arabo:
La luna piena
E’ un caso la luna piena su di noi
dobbiamo ringraziare il messaggero
inviato caro a noi
Sei venuto con questo proposito
a cui obbedire
Il testo scritto da Mustapha in arabo
Sei venuto, hai abbellito
la Medina
Benvenuto buon messaggero
Il collega di musica, docente di chitarra nell’indirizzo musicale della scuola media, mi chiede se i
miei studenti adulti possono contribuire allo spettacolo musicale che sta preparando.
Se gli do alcuni di questi testi, che sono semplici e brevi, lui e i suoi ragazzi sceglieranno le musiche
adatte per accompagnarli con le loro chitarre: i miei studenti le leggeranno, nella loro lingua
madre.
Prima dello spettacolo, il collega viene in classe a fare una prova. Ha le musiche registrate, i miei
studenti provano a leggere i testi seguendo le basi.
Mustapha legge il testo “La luna piena”, questa strana poesia che parla di un messaggero caro
inviato a noi in una notte di luna piena. Maometto?
L’hanno trascritta insieme, lui, Basma, Abdel e Anìs, in un tempo infinito e con infinite discussioni.
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Strazzari - Autobiografia linguistica
2012
Perché, è una vita che me lo dicono i miei studenti arabofoni, non si può tradurre la poesia araba.
L’italiano non possiede le parole necessarie.
Dunque Mustapha legge.
“Mustapha, dico, devi leggere, non cantare”.
“ Ma io non sto cantando, risponde lui, sto leggendo”.
Ecco. Abbiamo avuto tutti prova che la sua lingua è musica.
Lui legge e alle nostre orecchie le sue parole risuonano come un canto.
Ora capisco come spesso viene percepito l’italiano dagli stranieri.
Parlano di dolcezza di accenti, di toni musicali.
Ascoltare il suono delle lingue degli altri è forse un mezzo per capire il suono della propria lingua?
La locandina dello spettacolo
“I suoni del cammino”
APRILE- MAGGIO 2012
Lingua seconda
Si comincia a parlare di Lingua seconda. Spiego cosa intendiamo con questa parola. È la lingua che
abbiamo imparato dopo la prima.
Per gli italiano spesso è l’italiano, se la L1 è il dialetto. Per gli altri, specie per i magrebini e le
studentesse filippine e indiane, cominciano i problemi.
Hindi o inglese? e l’italiano che posto occupa, visto che ora vivono in Italia ed è questa la lingua
che parlano di più?
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Strazzari - Autobiografia linguistica
2012
Tagàlog o inglese? e l’italiano?
Arabo o francese? e l’italiano?
Russo, romeno o italiano, per Olga, studentessa moldava?
Gli unici a non farsi problemi sono gli ispanofoni che sanno solo 2 lingue e il giovane Modou del
Senegal. Ha frequentato solo la scuola coranica, sa a malapena capire un po’ di arabo, non parla il
francese, conosce solo il wolof ( ma io ho sempre dei dubbi quando scrive in wolof e ogni tanto
chiedo la consulenza di qualche altro studente senegalese che vado a cercare nelle altre classi).
Per Modou l’italiano è senza dubbio la L2.
Anche in questo caso fornisco un testo input con le domande guida (allegato 10) e alcuni brevi
testi che possono costituire un modello. Alcuni sono la testimonianza che altri miei studenti
stranieri avevano scritto, anni fa, sull’italiano come L2.
Scrivono tutti volentieri, ma faticano ad evidenziare le parole più amate o odiate in italiano.
In ogni caso, non tutti parlano dell’italiano come L2. Talora ne fanno cenno come L3 o L4.
I più in difficoltà sono gli italiani per i quali parlare dell’italiano come L2 è una forzatura, così come
dire che la loro L2 è l’inglese, solo perché lo stanno attualmente studiando a scuola: semmai lingua
straniera e non seconda, è comunque una lingua di cui capiscono e conoscono pochissime parole.
I loro elaborati risultano, gioco forza, molto ridotti.
Non raccolgo le parole più odiate in italiano ( non c’è più tempo per far lavorare i bambini), ma ne
ritengo alcune molto significative: non piace, ad esempio l’uso del lei o viceversa del tu utilizzato in
modo indiscriminato, specie nei riguardi delle persone anziane; i magrebini sottolineano l’odiosità
delle parole legate a concetti quali razzismo o terrorismo e tutte quelle che esprimono irriverenza
verso la religione; per altri ancora le parole brutte sono quelle difficili da pronunciare …
Dagli scritti, specie riguardo all’apprendimento dell’italiano, emerge soprattutto la fatica: la
grande fatica, il bisogno che la lingua genera, la paura di parlare, di essere derisi, di non essere
capiti.
La paura di non riuscire ad integrarsi e perciò di non poter trovare lavoro, casa, amici.
La paura di perdere la propria lingua e con la lingua le radici della terra madre:
“Mi piace parlare più lingue, ma il francese lo odio perché cancella l’arabo; infatti in Marocco, oggi il
francese è come una moda. Bisogna conoscerlo, e spesso ti viene richiesto al posto dell’arabo...” scrive
Abdelkbir.
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Strazzari - Autobiografia linguistica
2012
“L’italiano è una lingua che mi aiuta ad integrarmi in questo Paese, ma segna anche il distacco dal mio
Paese, dalla mia famiglia, dalla mia lingua madre…” Zoila, Ecuador.
Emerge la paura di perdere l’identità, del non essere riconosciuto, dell’essere “inesistente”.
Scrive Anìs: “ Se non conosci la lingua del Paese in cui vivi, non esisti più ”.
In questi scritti trovo le frasi più emblematiche e significative. Chiedo ai bambini di disegnare
qualcosa sul tema del viaggio: navi, aerei, poi scuole, luoghi di lavoro, tutto ciò che si collega
all’idea dell’emigrazione, del cambiamento, della volontà di integrazione.
Aveva ragione quella mediatrice culturale di lingua araba che mi aveva detto un giorno :
“ Quelli che partono sono i più forti”.
emigrare dall’India
MAGGIO 2012
Mi presento in lingua madre
Doveva essere la prima attività, diventa l’ultima.
Temo che la lingua madre sparisca in questa autobiografia linguistica collettiva. Vorrei invece che
emergesse in tutta la sua potenza evocativa e con il suo carico profondo di emozioni, nostalgie,
ricordi. Chiedo ai corsisti di scrivere una breve presentazione di sé, una sorta di sintesi su quanto è
già stato detto e scritto (allegato 11), sia in italiano che in lingua madre.
Vorrei poi filmarli mentre si presentano in L1, ma risulta tecnicamente impossibile. Propongo di
registrarli, sono tutti incuriositi ed emozionati all’idea.
Intanto scrivono, con immensa gioia, anche in lingua madre.
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Strazzari - Autobiografia linguistica
2012
I magrebini scelgono decisamente l’arabo standard: se la L1 del cuore è il dialetto ( marocchino,
tunisino), la lingua scritta è l’arabo classico.
Sonia, l’indiana, sceglie il punjabi, Estrellita, la filippina, il tagàlog, Modou il suo wolof da
illetterato. Gli italiani si gettano sul dialetto, ricorrendo talora alla consulenza delle mogli o dei
genitori in Sicilia e in Puglia.
Chiedo anche, a chi ha un l’alfabeto diverso da quello latino, di scrivermelo su un foglio a parte.
Ci sarà una sezione iniziale del libro dal titolo “Alfabeti” e avrà il russo, il punjabi, il tagàlog, l’arabo
e il wolof ( che pur uguale nella grafia ha una pronuncia molto diversa…).
Gli alfabeti apriranno il libro sulle autobiografie, a seguire ci saranno le presentazioni individuali in
italiano e in lingua madre. Chi può, le scrive al computer, uso lo scanner per il punjabi e per
l’arabo.
presentazione di Sonia
presentazione di Mustapha
GIUGNO 2012
Registriamo!
Oggi si registra. Ho portato il portatile e il microfono, chiedo agli studenti il silenzio totale. Sono
emozionati, vengono alla
cattedra uno per volta a registrare, gli altri ascoltano curiosi e
rispettosissimi.
I suoni delle altre lingue colpiscono ed emozionano.
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Strazzari - Autobiografia linguistica
2012
Spiego che con queste registrazioni preparerò un DVD con le loro foto ( abbiamo scattato una gran
quantità di fotografie, mentre lavoravano alle autobiografie linguistiche, durante la festa di Natale,
quando sono arrivati i pannelli dei bambini della primaria …) e le loro voci.
Ma che è importante anche conoscere il suono delle lingue degli altri. Siamo così poco abituati ad
ascoltare.
6 GIUGNO 2012
“Il libro”
Autobiografie linguistiche
“Chi sa raccontare
salva la propria vita”
Shahrazad, “Le mille e una notte”
la copertina
del libro
Il nostro libro è pronto, una copia per ogni corsista.
Li porto in classe, li distribuisco. Per quasi un’ora segue un silenzio tombale, interrotto solo dal
fruscio delle pagine che vengono girate.
Poi alzo gli occhi e vedo un gran movimento per la classe.
Ogni studente si è alzato e sta facendo firmare ai compagni la propria copia. Sulla pagina in cui i
compagni hanno scritto la propria presentazione in lingua madre.
Qualcuno neanche li alza gli occhi, dal libro.
Per qualcuno è il primo libro posseduto nella vita.
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Strazzari - Autobiografia linguistica
Qualcuno ha fretta di andare a casa, per “farlo vedere”.
Alla moglie, ai figli, agli amici.
Daniela/Licia, la sinta, lo porterà al Campo Nomadi.
L’hanno derisa per un anno perché veniva a scuola.
Ora lei se ne torna alla campina con il libro che ha scritto con i suoi compagni …
Un trionfo.
Mustapha, il giorno dopo, viene a scuola stringendo il libro tra le braccia.
“Non riesco a staccarmi da lui” mi dice” ho dormito con il libro sul comodino”.
Ha gli occhi umidi.
“È bellissimo”.
Antonella Strazzari
Corsi per studenti e lavoratori
Licenza media EdA
febbraio- giugno 2012
19
2012
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