a cura del Dipartimento di Valorizzazione dei Beni Culturali dell’Istituto
N°10 SETTEMBRE 2012
Istituto per la Storia dell’Arte Lombarda
Istituto per la Storia dell’Arte Lombarda - Piazza Arese, 12 Cesano Maderno (20811 MB) - Tel. 0362.52.81.18 - www.istitutoartelombarda.org
EDITORIALE
MONUMENTI IN 2.000 BATTUTE
Rispettare e tutelare luoghi e
monumenti, per comprendere,
oggi, se stessi
“Avere pietas, una cura tutta
particolare per la memoria veterum
che noi ancora abitiamo, significa
aver cura per la nostra stessa
radice. La perdurante presenza
dell’arte che l’opera del restauro
deve ‘raccogliere’ è cioè luogo e
monumento. Luogo, perché entità
differenziale inserita nel tessuto
continuo di discontinuità radicali
che l’arte non cessa di offrirci […]
Monumento, non certo nell’accezione retorico-celebrativa, bensì
[…] come occasione di sosta, di
pausa per tornare a se stessi, alla
propria ‘errante radice’ che si sa
costantemente esposta al pericolo
e al rischio essenziale della distruzione: un ricordo che permane
nell’accezione positiva di un’inerzia come capacità di durare attraverso e nel presente” (M. Carboni,
Cesare Brandi. Teoria e esperienza dell’arte, Jaca Book, Milano,
2004, p. 149). Queste parole di
Carboni dicono, con precisione
sorprendente, lo struggimento di
chi ama il territorio italiano e la sua
storia fatta di luoghi e di monumenti, grandi e piccoli, maggiori e
minori, e ne vede, in troppe parti,
lo scempio. In tempi di crisi come
gli attuali, il rischio di ulteriori danni
è quanto mai possibile: non bastano le competenze tecniche per
contrastate il pericolo, occorre
vera pietas condivisa da tutti: una
cultura di base, quotidiana, capace
di cura, esercitata alla memoria,
attenta alla dimensione simbolica
degli spazi. Anche per soccorrere
a queste urgenze esiste un istituto
come ISAL, radicato in terra
lombarda.
IL SANTUARIO DI SANTA MARIA
BAMBINA A MILANO
Il culto di Maria Bambina è
antichissimo e già nel messale di
Londrino del X secolo viene
indicata la festività ed
un’ufficiatura propria. A Milano
questo culto si diffuse dopo
l’arrivo in città delle suore della
Carità delle Sante Capitanio e
Gerosa. Esse erano venute in
possesso della statua in cera
raffigurante la Vergine in fasce
dopo molte peripezie e dopo che
l’immagine modellata da suor
Isabella Chiara Fornari intorno al
1700 era passata dalle mani del
vescovo di Como mons. Alberico
Simonetta, delle “Canonichesse
dell’Annunciata” e di don Luigi
Bosisio (parroco della milanese
chiesa di San Marco). Durante
l’esposizione pubblica di questa
Maria Antonietta Crippa
statua del 9 settembre del 1884
madre Giulia Macario venne
BIBLIOTECA
news
miracolosamente ed
Tra i volumi giunti alla Biblioteca
istantaneamente guarita. La
ISAL nel mese di agosto, si
devozione per la piccola
segnalano gli Atti della Giornata di immagine crebbe rapidissima
studio svoltasi a Pavia il 13
ed il 16 gennaio del 1885
novembre 2008 dedicata all’influsi gridò ad un nuovo miracolo.
enza della cultura agostiniana
Le suore decisero dunque di
nella scuola italiana: Fabio Gasti,
edificare una nuova cappella
Marino Neri (a cura di), Agostino a nella propria chiesa generalizia
scuola: letteratura e didattica,
per poter esporre al culto
Edizioni ETS, Pisa, 2009.
pubblico l’importante immagine.
Durante la Seconda Guerra
Mondiale la statua fu trasferita a
Maggianico ed in questo modo si
salvò dai bombardamenti che
distrussero la chiesa ed il
convento annesso.
L’attuale santuario fu consacrato
il 21 novembre del 1953 dal
cardinale Ildefonso Schuster e fu
progettato dall’arch. Giovanni
Muzio. Egli ideò una struttura a
navata unica conclusa da una
grande iconostasi a tre fornici nel
cui centro è collocato un
crocifisso ligneo dello Stufflesser.
La chiesa è preceduta da un
“piccolo chiostro” sul quale si
staglia la facciata policroma
arricchita da un mosaico del
Sabietti. All’interno della chiesa si
conservano due tele del Cisterna
raffiguranti la Presentazione di
Maria al tempio e l’Incoronazione
della Vergine, che provengono
dall’antica chiesa ottocentesca.
Ad esse corrispondono le opere
contemporanee del Cisterna, del
Pepe, del Pogliaghi, del Quadrelli
e grandi vetrate artistiche del
Morelli raffiguranti episodi della
vita di Maria.
Recentemente restaurata la
Segue a pagina 7
ARCHIVIOnews
Nel mese di settembre gli archivi
ISAL si sono arricchiti di un nuovo
piccolo, ma estremamente
significativo, Fondo archivistico
che consta in una sezione
fotografica, letteraria e bibliografica. Denominato “Fondo
Celeste C. Loda”, esso racconta la
produzione letteraria, edita ed
inedita, della ghedese Celeste
(nata nel bresciano nel 1927, ora
risiede a Desio), che si è dedicata
per tutta la vita alla scrittura in
lingua italiana e in vernacolo,
sviluppando tematiche sociali e
psicologiche. Celeste C. Loda ha
inoltre studiato usi, costumi e
dialetto di Ghedi, i cui risultati sono
stati raccolti in un volume inedito,
anch’esso confluito in ISAL,
articolato in 20 capitoli (grammatica del dialetto, glossario, storielle,
medicina popolare, giochi ecc.),
una silloge di poesie in vernacolo
e un altro volume, dotato di
un'appendice fotografica, dedicato
agli usi e costumi ghedesi.
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Istituto per la Storia dell’Arte Lombarda
N° 11 Settembre 2012
UN PICCOLO CAPOLAVORO NASCOSTO: LA PALA DEL CERANO
NELLA CHIESA CAPPUCCINA DI PESCARENICO
© Fotografia di Giada Rigamonti
Essa viene considerata
all’unanimità un’opera giovanile
dell’artista, che va allineandosi
con i lavori che coprono il
decennio compreso tra il 1600 ed
il 1610. Si potrebbe sintetizzare lo
stile del primo Cerano (che
raggiungerà la maturità nei
Quadroni di San Carlo nel Duomo
di Milano) come composto da due
versanti ben distinti: una vena di
manierismo nazionale ed
internazionale, che lo rende un
pittore raffinato, ed una tradizione
locale che ha fondamento in
Gaudenzio Ferrari e che lo rende
ottimo interprete di rappresentazioni sacre.
L’opera, realizzata dal Cerano per
ringraziare i frati della loro
ospitalità, era stata concepita
come pala d’altare; oggi è
A Lecco, la città resa celebre da
conservata sulla parete destra
I Promessi Sposi di Alessandro
dell’odierna parrocchiale dei Santi
Manzoni, nella chiesa dei
cappuccini di Pescarenico fondata Lucia e Materno che andò a
prendere il posto del complesso
nel 1576, è conservata un’opera
originario.
tanto importante nel panorama
Nella pala di Pescarenico i Santi
artistico lombardo quanto
sconosciuta: la Trinità adorata dai raffigurati sono S. Francesco e S.
Gregorio Magno, rappresentato di
Santi Francesco e Gregorio
profilo, in atteggiamento orante,
Magno di Giovanni Battista
Crespi, meglio conosciuto come con triregno ed in vesti papali.
Manca solo il libro che lo denota
il Cerano.
come dottore della chiesa.
La posa del Santo, i lineamenti
ed il profilo dal naso adunco
richiamano da vicino la figura di
San Carlo Borromeo, di cui il
Cerano proporrà l’iconografia
ufficiale a partire dalla sua
canonizzazione nel 1610.
A sinistra si staglia invece la
“patetica” figura di San
Francesco, con le stigmate ed in
meditazione su un testo sacro
appoggiato a terra. In questo
periodo di Controriforma, infatti, i
francescani non mancano di
rappresentare il loro fondatore
nelle proprie chiese,
identificandolo spesso come alter
Christus: S. Francesco
stigmatizzato, orante, in
meditazione o in estasi
“ripropone” l’immagine dell’ordine
e del santo stesso in chiave
controriformistica.
Nella pala di Pescarenico, la
sua figura penitente e afflitta,
volta ad animare i fedeli
mostrandosi come esempio da
seguire, si contrappone
all’atteggiamento orante e
austero di S. Gregorio, le cui
radici stilistiche si ritrovano nelle
opere di Ludovico Carracci.
Il Cerano sembra aver nutrito una
predilezione particolare per la
figura di San Francesco: la
ricca “galleria” di immagini del
santo da lui realizzate porta ad
ipotizzare che essa non
rispondesse solo alle domande
della committenza, ma rivelasse
scelte personali elaborate dal
pittore.
La composizione della pala lega
strettamente nello spazio santi
storici e visione ultraterrena: nella
parte alta del dipinto, la Trinità è
rappresentata su dense nubi, con
Cristo ed il Padre Eterno che
sorreggono a due mani il globo.
Il paesaggio sullo sfondo evoca le
forme del lago di Lecco e dei monti
circostanti.
È come se in questa semplice pala
cappuccina della prima produzione
del Cerano fossero contenuti tutti i
temi che l’artista svilupperà in
seguito e che diventeranno la
base della sua poetica: il nuovo
prototipo di pala d’altare, i soggetti
di San Francesco e San Gregorio,
tanto simile ad uno dei santi più
cari a Cerano ed ai milanesi, San
Carlo Borromeo.
Giada Rigamonti
VILLE DI DELIZIA E ORDINE DEGLI ARCHITETTI
Tra i numerosi appuntamenti che
si svolgeranno nel prossimo mese
di ottore si segnalano due iniziative di particolare rilievo che vedranno l’Istituto promotore ed ospite
d’onore. Insieme al Sistema Ville
Gentilizie Lombarde, infatti, ISAL
ha organizzato il convegno “Ville
di delizia al nord di Milano nell’età barocca: famiglie committenti
della vecchia e nuova nobiltà”. La
manifestazione si svolgerà nella
splendida cornice di Palazzo Arese Borromeo di Cesano Maderno
giovedì 25 e venerdì 26 ottobre.
In questa occasione verrà
realizzata anche una piccola
mostra con pannelli illustrativi
legati al tema delle Ville di
delizia presenti nel territorio delle
province di Milano e Monza.
L’11 ottobre l’Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Monza
e Brianza ha invitato ISAL a parlare della sua storia e delle sue
realtà editoriali proponendo anche
una speciale convenzione.
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Istituto per la Storia dell’Arte Lombarda
N° 11 Settembre 2012
ANDAR PER ARTE
GIRI PER MOSTRE E
ORIENTAMENTI CRITICI
L’inverno-primavera scorso è stato
in Lombardia un periodo ricco di
eventi artistici. Per citare solo
alcune mostre veramente
memorabili si può ricordare quella
dedicata a Carlo Ceresa, a
Bergamo, tra il Museo Bernareggi
e l’Accademia Carrara, che con
ben cento opere ci ha permesso
per la prima volta di conoscere
sufficientemente un protagonista
della pittura lombarda del
Seicento. Oppure quella tenuta a
Palazzo Reale di Milano
sull’invenzione del paesaggio nella
Venezia cinquecentesca,
esposizione con una tesi frutto di
studio e «dimostrata» da una
buona selezione di opere di
qualità. Ma anche, per il
contemporaneo, i lavori di Bill
Viola esposti a Varese, in Villa
Panza: un’immersione nell’opera
geniale di questo videoartista
californiano che è una delle voci
guida del contemporaneo
internazionale.
Gli esempi si potrebbero
moltiplicare, ragione in più per
annunciare l’inizio di una nuova
rubrica di ISAL Magazine a partire
di questo numero. Sarà un giro
per mostre. Visiteremo per voi le
esposizioni più importanti per
fornirvi un orientamento critico.
Naturalmente l’idea basilare è che
la critica può essere a sua volta
criticata, l’estetica non ammette
dogmi. Ma un parere ben fondato
può essere di aiuto. Ce lo
auguriamo.
Michele Dolz
LA PROMETTENTE STAGIONE
ESPOSITIVA MILANESE
La stagione espositiva promette
bene sia sul fronte dell’arte antica
sia sul contemporaneo. In questo
capitolo daremo uno sguardo
generale alle manifestazione più
importanti in corso. Ad altre
puntate gli approfondimenti, la
critica e l’attenzione ad altri
eventi.
Nella Biblioteca Ambrosiana e
nella Sagrestia del Bramante di
Santa Maria delle Grazie continua
l’esposizione di fogli di Leonardo
da Vinci, un progetto ambizioso
che vuole mostrare a rotazione,
nell’arco di sei anni, gli oltre mille
pezzi che compongono il Codice
Atlantico. Decisamente caro: 20
euro per entrambe le sedi.
Palazzo Reale dedica a Pablo
Picasso una antologica
celebrativa, con dipinti di tutti suoi
periodi e un discreto apparato di
fotografie, film, libri illustrati e
altro per documentare il suo ruolo
trainante nel XX secolo. Dal 20
settembre al 6 gennaio
(www.mostrapicasso.it). Per
ricordare l’indimenticabile storico
dell’arte Sir Denis Mahon, a un
anno dalla morte, Palazzo Reale
porta a Milano, provenienti da
musei di tutto il mondo, le opere
del barocco secentesco che
interessarono lo studioso. Sotto il
titolo (troppo abusato) di «Da
Guercino a Caravaggio», saranno
visibili fino al 20 gennaio. Nella
stessa sede, dal 25 ottobre al 17
marzo, un evento importante:
«Costantino 313 d.C.», per
celebrare la promulgazione
dell’Editto di Milano
millesettecento anni fa. Reperti
archeologici e opere d’arte
documenteranno la conversione
di Costantino e i suoi fatti alla
guida dell’Impero romano
d'Occidente. Le mostre a Palazzo
Reale costano 9 euro.
Alla Triennale (Triennale Design
Museum) continua fino al 24
febbraio la rassegna dedicata alla
grafica italiana, un settore del
quale, come per il design, si può
andare molto fieri, anche in
ragione del fatto che si tratta di
prodotti «consumati» nella nostra
vita di tutti i giorni, ai quali viene
da sempre riservata una qualità
decisamente alta: il libro, la
stampa periodica, la pubblicità, la
veste dei prodotti, lo stampato
d’uso comune, la misura del
tempo, le architetture grafiche.
Vale la pena, per soli 8 euro
(www.triennale.org/it/mostre/future
/989-v).
Curata da Elena Pontiggia e sotto
il titolo di «E fiorirà la pittura», al
Palazzo delle Stelline sono
esposte fino al 13 ottobre opere
dell’artista bresciano Attilio
Forgioli, realizzate tra gli anni
Sessanta e Ottanta. Una pittura
fatta di emozioni, quella di Forgioli,
con pennellate irregolari, che va
dalla stilizzazione dei soggetti alla
posa informale del colore.
Interessante. E gratuita.
In ambito contemporaneo, tra
l’offerta delle gallerie private,
segnaliamo la mostra dedicata
all’artista tedesco A. R. Penck,
nella Galleria Cardi Black Box
(Corso di Porta Nuova, 38) fino al
30 novembre. Il suo vero nome è
Ralf Winkler e va annoverato tra i
massimi esponenti del
neoespressionismo tedesco.
La cifra di Penck sono figure e
segni primitivi, come se
provenissero da un sito preistorico,
posti sulla tela o trasformati in
scultura con una forza difficile da
ignorare.
Michele Dolz
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Istituto per la Storia dell’Arte Lombarda
N° 11 Settembre 2012
MONUMENTI DA SCOPRIRE
L’ULTIMA CORSA DI ERNESTO AMBROSINI.
cerchi policromi. Nell’originale
opera di Geminiano Cibau sono
evidenti i richiami alle temperie
culturali del neoclassicismo
inglese con chiari riferimenti
all’immagerie sportiva
anglosassone della retorica
olimpica della prima metà del XX
secolo. Si tratta certamente di
un’opera matura dell’artista che
solo parzialmente abbandona la
sua poetica del modellato
perseguita negli anni Trenta,
quando, divenuto ormai scultore
di fama nazionale, si esprimeva
con uno stile “arcaico
novecentista”.
Il permesso per erigere questo
monumento venne rilasciato dalla
Commissione Edilizia Cimiteriale
di Monza “in via di massima” il 10
luglio 1952, subordinando
l’approvazione definitiva del
progetto all’esame del bozzetto in
creta o della fotografia che i
richiedenti si impegnarono a
consegnare successivamente.
Vennero infatti ritenuti insufficienti
i disegni allegati alla domanda di
edificazione del monumento a
ricordo del campione olimpionico.
La richiesta venne formalmente
avanza lo stesso giorno della sua
approvazione e venne evasa in
forma definitiva il 20 ottobre 1952.
Dai documenti d’archivio si evince
© Distretto Culturale Valle Camonica
© Foto di Ferdinando Zanzottera
NEL CIMITERO CENTRALE DI MONZA IL MONUMENTO FUNEBRE DEL CAMPIONE OLIMPIONICO
Il Cimitero Centrale di Monza
costituisce certamente un
importante museo della storia
civica monzese, oltre che un
piccolo museo di scultura
contemporanea a cielo aperto.
Numerose sono le riflessioni che i
monumenti funebri suscitano.
Taluni sono indiscutibili capolavori
dell’arte otto-novecentesca, altri
costituiscono fondamentali richiami
alla storia urbana della città
capoluogo di provincia, mentre altri
sono maggiormente legati a “storie
speciali” di costume, di politica e
dello sport. Proprio con
quest’ultima storia è legato il
monumento funebre di Ernesto
Ambrosini (campo 5, Posto distinto
61), atleta italiano iscritto alla
storica associazione sportiva
monzese Forti e Liberi, che
partecipò ai Giochi Olimpici del
1920 di Anversa nella specialità
dei 3000 metri siepi, aggiudicandosi la medaglia di bronzo con un
sorprendente terzo posto.
Detentore di due primati italiani
partecipò anche alle Olimpiadi
parigine del 1924 e, dalla sua
morte, avvenuta nel 1951, riposa
nel cimitero monzese.
Il monumento funebre è molto
semplice ed è costituito da un
“tumulo a forma di letto” con una
lastra copritomba in Labrador di
Svezia lucidato con incavi
geometrici, che consente
l’inserimento di un portalampada
e di due portafiori.
Originariamente il monumento
funebre si presentava
leggermente diverso e, in epoca
imprecisata, nella parte centrale è
stato aggiunto un piano
marmoreo flesso con funzione
commemorativa. Il piano poggia
su un basamento quadrangolare
leggermente inclinato recante la
fotografia, la data ed il nome del
defunto, che costituisce la base
per una statua in bronzo eseguita
da Geminiano Cibau.
La statua rappresenta la vittoria
olimpica che alza le braccia verso
il cielo sostenendo tra le mani i
che “la foto e la statua” eseguita
da Geminiano Cibau fu visionata
con molta cura dal prof. Silvio
Monfrini (scultore usmatese di
fama internazionale membro della
Commissione Edilizia Cimiteriale
di Monza), confermando il parere
favorevole della stessa
commissione. È probabile che
l’autore della scultura avesse già
avuto delle rassicurazioni in merito
all’accettazione dell’opera
scultorea da parte della
commissione comunale e del suo
acquisto da parte dei familiari,
poiché la pratica inerente la
costruzione del monumento
funebre contiene una fotografia di
statua già fusa in bronzo e non
quella di un modellino in creta,
così come richiesto dalla stessa
commissione. Tuttavia l’immagine
mostra una sostanziale differenza
tra la scultura fotografata in studio
e l’opera presente all’interno del
cimitero, poiché la prima raffigura
una donna completamente nuda,
mentre la seconda è vestita da un
da una morbida veste, ancora più
pudibonda dei disegni allegati alla
pratica di concessione edilizia.
Il monumento funebre di Ernesto
Ambrosini, quindi, offre un ulteriore
elemento di interesse storicoartistico poiché la fotografia
documentaria allegata alla pratica,
sebbene di qualità non eccelsa,
offre una significativa testimonianza degli studi di scultura della
prima metà del XX secolo.
Ferdinando Zanzottera
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Istituto per la Storia dell’Arte Lombarda
N° 11 Settembre 2012
DALL’AMMINISTRAZIONE DELLA FOLLIA A BENE CULTURALE
© Fototeca ISAL (foto di Daniele Garnerone)
LA MACCHINA PER SCRIVERE “OLIVETTI M21 II RICALCO” DELLA ASL DI COMO
Nell’ambito della catalogazione dei
Beni Culturali degli Enti Sanitari
regionali commissionata dalla
Regione Lombardia ad ISAL
cospicuo è anche il patrimonio
afferente ai beni scientificotecnologici che, talvolta, “cela”
beni e strumenti particolarmente
significativi, come una piccola
serie di strumenti chirurgici
seicenteschi presenti nell’Ospedale San Carlo di Milano.
Meno preziose, ma non per questo
meno curiose ed affascinanti, sono
alcune macchine da scrivere, oggi
ovviamente non più in uso, tra le
quali si annovera anche la Macchina per scrivere Olivetti M21 II Ricalco, originariamente appartenente all’Ospedale Neuro Psichiatrico
San Martino ed ora di proprietà
dell’ASL di Como.
Si tratta di una macchina per
scrivere Olivetti “standard” e
“manuale”, destinata all'uso in
ufficio per la contabilità a ricalco
senza dispositivo di calcolo.
Presenta finitura a vernice lucida
in colore nero ed è affrancata ad
una base di legno provvista di
maniglie metalliche a ponte per il
trasporto. Sul corpo macchina è
presente il marchio di fabbrica
Olivetti con l'acronimo Ico, nell'unico tassello a sinistra a decalcomania su lamierino applicato all'alzata
frontale, originariamente abbinato
a quello a destra, perduto, identificativo del modello, del quale rimane evidente una traccia sulla verniciatura. La macchina, a scrittura
frontale, pienamente visibile, è
costituita da un telaio portante in
ghisa, con lamierine di chiusura
del sistema meccanico. Dalla
copertina metallica fissata a
doppia vite, asportabile per
l'ispezione alla cesta circolare dei
martelletti, emergono due semi
corone contenenti le rotelle del
nastro avvolgibile, sprovviste di
copertina di chiusura,
caratteristica del modello M20
e presenti anche nel modello
M21.
La tastiera è organizzata secondo
lo standard QZERTY, distribuita
su cinque file comprendente 45
tasti rotondi in metallo con fondo
nero e serigrafia impressa dei
caratteri e dei grafismi in colore
bianco. oltre a quattro tasti di
funzione e alla barra spaziatrice.
La tastiera comprende anche otto
tasti tabulazione, posti in prima
fila davanti alla cesta delle leve a
martinetto.
All'estremità sinistra della tastiera
vi sono due tasti dal valore
policromo elevato (rosso e blu)
che consentono di selezionare la
banda del nastro inchiostrato
bicolore.
Emergente dal corpo macchina è
il carrello lungo ben 59 cm, adatto
a contenere simultaneamente
due fogli di carta A4, scorrevole
da destra a sinistra durante la
scrittura, con una grande leva di
alluminio per il movimento di
ritorno a capo della battitura,
annunciato da un campanello che
segnala la fine della riga durante
la battitura.
Una levetta verticale, posta a
sinistra nell'apparecchiatura di
sistema del carrello comanda
l'interlinea a quattro posizioni (5 7,5 - 10 - 12,5 mm), oltre lo zero.
Retrostante il rullo porta carta è
l'ampia piastra inclinata
d'appoggio della carta, con tracce
della decalcomania che identifica
il modello Olivetti Ricalco a
carattere stampatello maiuscolo.
Il rullo portacarta è dotato di due
pomoli coassiali a lato, con un
pulsante a stantuffo, che
consentono l'inserimento e la
levata del foglio di carta. Al centro
è una piastra semicircolare con la
cesta porta martelletti, aste mobili
alla cui estremità è una piastrina
con due caratteri a rilievo
destinati a battere sul nastro a
inchiostro allineato al rullo sul
quale scorre il foglio di
carta, lasciando impresso il
carattere corrispondente al tasto
premuto. I martelletti riportano
abbinati i caratteri maiuscolo e
minuscolo, la serie numerica
decimale, alcuni grafismi, i segni
di punteggiatura e lettere
accentate di uso frequente.
Ulteriori tasti svolgono funzioni
meccaniche,governando il
margine di stampa, il blocco dello
spostamento, lo spostamento
indietro di uno spazio di battuta,
con lo scorrimento del carrello,
mentre ai lati della barra
spaziatrice sono i due tasti di
selezione del carattere superiore
o inferiore delle aste, detti anche
maiuscolo/minuscolo, facendo
abbassare o alzare l'intera piastra
porta martelletti.
Completa la strumentazione
meccanica un sistema di
cinematismi, costituito da rinvii,
leve, molle di richiamo, perni,
supporti, elementi di collegamento dei tasti al corrispondente
martelletto.
Questa macchina contabile è un
adattamento della macchina
dattilografica standard, con
carrello lungo a doppia presa di
carta per l'introduzione di un
secondo foglio accanto a quello
principale, l'uno asportabile anche
mantenendo fisso l'altro, sino al
termine della operazione di
scrittura. Questo dispositivo ha
notevolmente agevolato il lavoro
di contabilità, in particolare di
quella a ricalco, scrivendo
contemporaneamente i valori sul
giornale della contabilità e sui fogli
dei conti parziali, operando con
maggiore sicurezza e minor
tempo.
L'identificazione precisa del
modello non è agevole non
essendo indicato sul corpo
macchina – come risulta frequente
- ma, presumibilmente, solo nel
libretto d'istruzioni, originariamente
in dotazione e risultato disperso
nel caso specifico dell’apparecchio
“comasco”. Non è stato rinvenuto
– pur con un'accurata ispezione nemmeno il numero seriale,
normalmente indicatore dell'anno
esatto di fabbricazione. Questo
tipo di macchina è peraltro molto
simile al modello M40, con cui
condivide il sistema cinematico,
commercializzato a partire dal
1930 e rimasto in produzione sino
al 1947. Tuttavia non mancano
elementi documentari sul Web che
riconducono questa macchina al
modello M21 Tipo II Ricalco,
entrato in produzione nel 1922.
L'appartenenza alla seconda serie
pare certa, essendo la prima serie
caratterizzata dall'assenza dei
lamierini di chiusura laterali,
lasciando a vista una parte del
sistema cinematico.
La presenza sulla carrozzeria del
marchio di fabbrica nella forma
dell'acronimo Ico (Ingegnere
Camillo Olivetti), presente dal
1932 nella prima macchina
portatile Olivetti MP1, su disegno
di Aldo Magnelli, è un elemento
del resto considerabile per far
risalire il modello agli anni trenta
del Novecento.
Daniele Garnerone
© Fototeca ISAL (foto di Daniele Garnerone)
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Istituto per la Storia dell’Arte Lombarda
N° 11 Settembre 2012
BOVISIO MASCIAGO TRA SIMBOLI E PERCEZIONE
Un’indagine del Politecnico di Milano svela come la cittadinanza percepisce il patrimonio
storico-artistico e i Beni Culturali architettonici siti sul suo territorio comunale
Il campione intervistato (composto
dal 21 % da giovani con età
compresa tra i 18 e i 30 anni, il 21
% da trentenni, il 30 % da
quarantenni e il 28 % da persone
con un’età superiore ai 50 anni) è
costituito da residenti per il 65 %
e da persone che lavorano o
erano di passaggio a Bovisio
Masciago per il 35 %.
Le analisi compiute sulla
percezione delle architetture site
nel territorio comunale non
rivelano dati omogenei, e
mostrano significative percentuali
di persone intervistate che non
rispondono (35 %) o prediligono
edifici minori (30%) che,
conseguentemente, sono stati
indicati solamente da una o due
persone. Il monumento più bello
della città è risultato la chiesa di
San Pancrazio (16 %), seguito da
Villa Zari (14 %) e da Villa Erba
Odescalchi Scotti (attuale
Municipio). Anche in questo caso
i dati sono particolarmente
significativi se analizzati secondo
differenti parametri. La chiesa e la
Villa Zari, infatti, presentano
percentuali di gradimento
maggiori tra i non residenti che,
tra l’altro, sembrano avere
numerose incertezze sulla
conoscenza diretta e storica dei
beni prescelti.
del luogo più brutto della città,
domanda alla quale il 42 % degli
intervistati non risponde. Il
primato, tuttavia, spetta all’ex
fabbrica Zari (12 %), ancora
esistente al momento
dell’esecuzione dell’indagine,
seguita dall’edificio Comunale
(9 %) e dalla strettoia urbana
presente nel centro storico (8 %).
degradato di Villa Erba Odescalchi
Scotti, attuale Municipio (2 %) e di
Villa Zari (5 %). La prima potrebbe
essere spiegata parzialmente dalla
sistemazione urbana della piazzaparcheggio antistante il palazzo, e
la seconda dalle rare occasioni
che i visitatori avevano di visitare il
complesso architettonico e i parco
della Villa Zari, oggi stabilmente
inserita nel circuito di “Ville aperte”
Le risposte a quest’ultimo quesito e di cui molte persone conoscono
si allineano in parte con quelle
solamente gli elementi visibili
rilasciate alla domanda del luogo dall’esterno del muro di recinzione:
più degradato. Ancora una volta la torre e la voliera, struttura
la percentuale delle persone che ruderale di fattezza eclettica e
non rispondono è elevata (36 %) gusto romantico.
ed è maggiore nelle persone più Ovviamente le risposte fornite
giovani. Il 31 %, tuttavia, è
dagli intervistati, qui solamente in
concorde nell’indicare l’ex
parte analizzate, non
fabbrica Zari come il luogo
necessariamente coincidono con
maggiormente degradato della
la realtà, ma rappresentano ciò
città, al quale segue la strettoia
che realmente alcuni cittadini di
del centro urbano (9 %), che
Bovisio Masciago percepiscono
sembra subire un surplus di
della loro città, attribuendo ai
penalizzazione determinata da un singoli monumenti specifici valori
giudizio negativo sulla qualità
simbolici o, talvolta, significati
urbana del contesto. Per la
impropri caratterizzati da un
stessa ragione “anomala” appare surplus di depenalizzazione.
la presenza tra le risposte del
quesito inerente il luogo più
F.T.
Minori incertezze e
frammentazioni delle risposte
riguardano la domanda inerente
l’edificio o il luogo che indica
l’identità del comune. Il 21 %
degli intervistati, infatti, non indica
nessun luogo, mentre il 14 %
frammenta il suo giudizio. Il luogo
identitario per eccellenza,
dunque, risulta Villa Erba
Odescalchi Scotti (27 %), seguita
dalla chiesa di San Pancrazio (20
%) e dalla Villa Zari.
Anche per il Comune di Bovisio
Masciago la risposta è stata forse
influenzata dalla confusione tra il
concetto di luogo identitario,
connesso all’ontologia dell’uomo
e dell’abitante, e il luogo che
simboleggia la città a livello
pubblico. La scelta, dunque, si è
indirizzata verso il palazzo che
identifica l’amministrazione
comunale (alcuni intervistati
erano dipendenti comunali) e i
luoghi più belli della città (Villa
Zari).
© Fototeca ISAL, Fondo Carlo Perogalli
Tra i molti materiali d’archivio
presenti presso ISAL spesso sono
conservate ricerche svolte in
ambito universitario e, soprattutto
in questi ultimi anni, si è assistito
al riversamento e alla donazione di
numerose indagini svolte su temi
architettonico-urbanistici e
tematiche connesse agli studi
politecnici.
Tra le numerose ricerche donate
all’Istituto vi è anche
l’esercitazione svolta da Giulia
Grassi nell’ambito del corso di
Storia del Costruire
Contemporaneo tenuto dal prof.
Ferdinando Zanzottera presso il
Politecnico di Milano nell’anno
accademico 2009-2010, anno in
cui numerose ricerche hanno
riguardato il territorio della nuova
Provincia di Monza e di Brianza.
Oltre ad alcuni studi prettamente
storiografici su specifici edifici o
complessi monumentali, svariate
indagini svolte dagli studenti
hanno inteso indagare la
percezione che la popolazione
urbana possiede della propria città
e del modo in cui residenti e
visitatori vivono, conoscono,
conservano, tutelano e
tramandano il patrimonio edilizio
attorno al quale vivono, lavorano e
si muovono. Con un preciso
metodo didattico e metodologico
già sperimentato su differenti città
italiane nell’ambito dello stesso
corso, questo tema è stato
applicato mediante un articolato
processo di conoscenza sul
territorio comunale di Bovisio
Masciago, ora proseguito da altri
studenti e ancora in fase di
rielaborazione.
L’analisi qui presentata riguarda
un primo campione di persone
intervistate (circa 160 persone) al
quale è stato chiesto di compilare
anche un questionario inerente la
città e i suoi monumenti. Tra i dati
più significativi vi sono le risposte
rilasciate sui beni architettonici più
belli, più brutti, più degradati e che
indicano l’identità della città.
Più contraddittorio è il risultato
riscontrato per la determinazione
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Istituto per la Storia dell’Arte Lombarda
N° 11 Settembre 2012
PATRIZIA FERRARIO
IL SANTUARIO
UN’ESTUSIASTA STORICA DELL’ARCHITETTURA
DI SANTA MARIA BAMBINA A MILANO
Patrizia Ferrario è stata, oltre che
una cara collega e amica, una
grandissima, raffinata storica
dell’architettura che, come oggi
non accade più, fondava le sue
ricerche su un’approfondita
indagine archivistica, portando
sempre alla luce importanti notizie
inedite. Ho conosciuto Patrizia
circa quindici anni fa, tramite una
comune amica americana, Dianne
Harris, che avevo incontrato poco
prima a Dumbarton Oaks quando
stava per ultimare le ricerche per
la sua tesi di dottorato sulle ville di
Marcantonio Dal Re, per le quali
aveva trovato in archivio un
eccezionale, generoso aiuto
proprio da Patrizia, che
nell’Archivio di Stato si muoveva
con un’incredibile disinvoltura.
Patrizia, laureata e specializzata in
storia e restauro dell’architettura
presso il Politecnico di Milano
dove da qualche anno mi ero
trasferita, usciva da una profonda
delusione, in quanto, dopo tanto
lavoro e varie pubblicazioni, tra cui
la monografia sul Castellazzo degli
Arconati, non aveva ottenuto
l’incarico cui giustamente aspirava.
L’ho subito coinvolta e, come
cultore della materia, ha tenuto per
anni preziose lezioni introduttive
sull’Archivio di Stato di Milano, ed
ha assistito, con la competenza,
pazienza e generosità che la
contraddistinguevano, numerosi
miei laureandi nello svolgimento
delle ricerche per la tesi di laurea.
Ho inoltre coinvolto Patrizia nella
ricerca PRIN sulle residenze
nobiliari in età barocca, con
risultati eccezionali, come
attestano le sue pubblicazioni in
“Arte Lombarda”, legate alla
ricerca sulle residenze nobiliari
diretta da Maria Luisa Gatti Perer,
e nei volumi dell’Atlante del
barocco coordinato e diretto da
Marcello Fagiolo. Il contributo di
Patrizia è stato inoltre
fondamentale nella monografia su
Luigi Canonica curata da Letizia
Tedeschi per l’Archivio del
Moderno di Mendrisio, per la
quale si è profondamente
impegnata. I risultati più che
incoraggianti, sono stati però
sempre accompagnati da grandi
amarezze, per l’impossibilità di
trovare un suo spazio nel
mondo accademico. Infatti la sua
collaborazione al mio
insegnamento è venuta meno
quando, con il nuovo
ordinamento, le tesi in storia
dell’architettura sono state
profondamente penalizzate nel
nostro ateneo, e la ricerca
archivistica ha lasciato il posto a
indagini su materiali e tecniche
costruttive; il volume su Canonica
è apparso, dopo una lunga
attesa, un anno fa: spero che
Patrizia abbia avuto l’invito alla
presentazione e le copie che le
spettavano, non l’ho sentita e,
travolta da mille impegni, non
sono riuscita a parlarle, e ora più
che mai me ne rammarico. Altri,
eccezionali ritrovamenti, di cui per
anni mi ha tenuta al corrente,
cercavano con difficoltà uno
sbocco editoriale, e le sue
battaglie per la conservazione di
importanti ville, dal Castellazzo di
Bollate alla residenza dei Crivelli
a Mombello, non hanno avuto
l’esito da lei sperato. Il suo
esempio, la sua straordinaria,
paziente capacità di lavoro,
l’entusiasmo e la competenza con
cui si è battuta, spesso
inutilmente, per la conoscenza e
la salvaguardia del nostro
straordinario patrimonio artistico,
e in particolare delle ville
lombarde, dovrebbero farci
riflettere. Abbiamo un dovere nei
suoi confronti, affidiamo almeno
alla sua memoria i risultati che
non ha potuto vedere in vita.
segue da pagina 1
chiesa è divenuta il centro di un
articolato dibattito sul tema del
restauro del moderno, al quale
hanno partecipato non solo gli
addetti ai lavori ma anche
persone semplicemente
interessate all’architettura sacra
del XX secolo e all’operato
progettuale di Giovanni Muzio.
Un interesse per la chiesa mai
completamente sopito poiché
ciclicamente interessata da
dibattiti eterogenei, come quello
che nacque attorno all’edificio nel
periodo del Concilio Vaticano II.
Nella chiesa, infatti, “vi sono due
amboni marmorei al limite
dell'area presbiteriale, già quasi
appartenenti allo spazio dell'aula,
con nitidi e incisivi disegni dei
simboli degli evangelisti in
bassorilievo. Gli anticipatori della
riforma avevano avanzato l'ipotesi
di ridestare l'uso dei due amboni
per le due letture della
celebrazione eucaristica: una via
che sarà subito abbandonata
perché ritenuta troppo arcaica”.
La loro costruzione, come ha
giustamente osservato Cecilia De
Carli, è dunque da inquadrare
nello sforzo profuso dalla “Diocesi
di Milano, in parallelo alla Diocesi
bolognese, negli anni dei vescovi
Montini e Lercaro” per
sperimentare, “attraverso il lavoro
dei migliori professionisti del
tempo, una nuova stagione
impegnata a rinnovare la
tradizione. Una ricerca in cui
Montini rivela la scelta e il
coraggio della contemporaneità,
ma ugualmente la tensione ad
esprimere l'ineffabile”.
Ferdinando Zanzottera
prof.ssa Margherita
Azzi Visentini
(Politecnico di Milano)
P. 7
Istituto per la Storia dell’Arte Lombarda
N° 11 Settembre 2012
ARCHITETTURE NEGATE: MURI «VUOTI» DEGLI SPAZI URBANI
UN’INDAGINE DI MILANO NELLE FOTOGRAFIE DI LORENZO PAPINI
© Fototeca ISAL (foto di Lorenzo Papini)
ritratto i “muri vuoti” milanesi con la
sua Olympus Om 2n (fotocamera
analogica dotata di obiettivi da 28,
50 e 105 mm) impiegando
rigorosamente pellicole Agfa Retro
100 e RPX 100 da 35 mm e
stampando in proprio i suoi lavori
su carta politenata con superficie
perla Ilford, senza intermediazioni
e con mezzi che, nell’attuale
vorticosa società, definiremmo
abitualmente di “altri tempi”.
La mostra costituisce, dunque, una
sorta di tuffo nel passato nella
realtà estremamente attuale
dell’architettura urbana, fatta di
pieni e di vuoti, di facciate
principali e anonimi retri, di
distratti passanti e di giovani
fotografi.
Ferdinando Zanzottera
© Fototeca ISAL (foto di Lorenzo Papini)
© Fototeca ISAL (foto di Lorenzo Papini)
© Fototeca ISAL (foto di Lorenzo Papini)
appartenenti all’immaginario
collettivo. In questo grande filone
si inseriscono gli scatti fotografici
di Lorenzo Papini, giovane
amante della fotografia, che nel
corso del 2012 ha indagato il
tema dei “vuoti urbani” lasciati
dalle spoglie pareti di alcune
architetture milanesi, talvolta
utilizzati da writers metropolitani o
da artisti di strada come supporto
per le loro realizzazioni.
A queste fotografie è dedicata la
sua prima personale che si
svolgerà nell’ambito della
manifestazione Ville aperte
all’interno di Palazzo Arese Jacini
di Cesano Maderno. La mostra
raccoglie gli scatti di questo
giovane “toscanaccio” iscritto
alla facoltà di ingegneria che
con occhi disincantati ha
© Fototeca ISAL (foto di Lorenzo Papini)
o di intere parti di città. Con il
passare del tempo la fotografia
ha abbandonato il “semplice”
tema della “riproposizione” delle
architetture isolate e si è
articolata in complesse analisi
territoriali-paesaggistiche,
divenute talvolta vere e proprie e
denunce sociali, non senza
importanti frammistioni con altre
discipline, tra le quali la sociologia
e la criminologia. Alcuni reportage
si sono inoltre sviluppati come
indagine critica architettonica ed
urbanistica specifica, utilizzando il
mezzo fotografico come elemento
di comunicazione di immediato
impatto, capace di generare, se
utilizzato con sapienza, anche un
significativo coinvolgimento
emotivo e di evocare nell’osservatore ricordi inconsci o elementi
Nel vasto panorama della
fotografia, grande importanza ha
sempre ricoperto la fotografia di
architettura e la rappresentazione
dei monumenti e delle opere
d’arte. Insieme a quasti temi è
cresciuta e si è sviluppata la
tecnica della “pittura con la luce” e
basta pensare alle campagne
fotografiche ottocentesche
organizzate in Egitto per importare
in Europa le significative
testimonianze dell’archeologia
lungo il Nilo o attorno al deserto,
per comprendere come questi temi
abbiano influenzato la cultura
figurativa del XIX secolo. Grandi
agenzie fotografiche, inoltre, si
sono costituite e hanno creato il
loro “impero economico” e
culturale proprio basandosi sulla
riproduzione di singoli monumenti
© Fototeca ISAL (foto di Lorenzo Papini)
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Istituto per la Storia dell’Arte Lombarda
N° 11 Settembre 2012
VILLE APERTE 2012
UNA GRANDE OCCASIONE PER SCOPRIRE IL TERRITORIO
BRIANTEO ATRAVERSO MOSTRE, VISITE GUIDATE ED EVENTI
In occasione della decima edizione
di Ville Aperte, la manifestazione
offre un fitto calendario di eventi e
di spettacoli dal vivo per 10 giorni
consecutivi, da venerdì 21 a
domenica 30 settembre, con un
gran finale nel capoluogo.
“Quest’anno l’obiettivo è superare
il tetto dei 20.000 visitatori –
dichiara il Presidente Dario Allevi
– sapendo che la formula di Ville
Aperte è da sempre garanzia di
grande successo. Arte, Natura e
Cultura sono gli ingredienti capaci
di regalare un ritratto inedito della
nostra terra, saldamente ancorata
alle sue radici e alla storia di un
patrimonio architettonico ricco di
fascino. Una Brianza tutta da
riscoprire e da vivere”.
Trenta i comuni della Brianza
coinvolti, 2 della Provincia di
Milano e 7 le new-entry della
Brianza Lecchese: Annone di
Brianza, Barzanò, Civate,
Galbiate, Merate, Montevecchia e
Olgiate Molgora.
In programma visite guidate,
itinerari storico-artistici, spettacoli
teatrali, musicali e di danza che,
per tutta la durata della
manifestazione, richiameranno
migliaia di spettatori e visitatori che
potranno riscoprire i gioielli
architettonici della terra briantea.
”Ville Aperte celebra lo straordinario successo di pubblico degli
scorsi anni con un’edizione
speciale - spiega l’Assessore alla
Cultura Enrico Elli - Per 10 giorni
il variegato e vasto patrimonio
storico e artistico della nostra
Brianza, arricchito da eventi
culturali di particolare pregio, sarà
aperto ai cittadini che così
potranno gustare le ricchezze
della propria terra. L’importanza
assunta dalla manifestazione è
testimoniata oltre che
dall’adesione del Presidente della
Repubblica, dalla vasta e
convinta partecipazione dei
Comuni, della Provincia di Lecco,
del FAI e di tanti sponsor che
credono sia un preciso dovere
tutelare e valorizzare il patrimonio
che la Storia ci ha consegnato.
Eventi di questa portata sono
possibili solo in quanto promossi
da Enti come le Province che
hanno tra i loro compiti attuali la
promozione della Cultura che è la
risorsa più preziosa del nostro
paese. Siamo quindi
particolarmente felici di essere
riusciti ad organizzare ancora una
volta “Ville Aperte” nonostante
l’incomprensibile azzeramento
delle risorse recentemente deciso
dal governo centrale”.
Numerose le novità di questa
edizione che, oltre alle visite
guidate, propone un’offerta
variegata - dal teatro all’arte, dalla
musica alla gastronomia - in
grado di soddisfare tutti i gusti dei
numerosi visitatori attesi, quasi
19.000 nell’edizione 2011: in
particolare il Distretto Culturale
Evoluto MB - promosso e
cofinanziato da Fondazione
Cariplo nel più ampio progetto
Distretti Culturali
(www.fondazionecariplo.it/distretti
culturali) - propone la seconda
edizione di “pH_performing
Heritage”,13 eventi gratuiti in 10
Comuni tra fiabe sonore,
clownerie e trampolieri, racconti
musicali, micro macchine
sceniche, pièce di teatro e
incursioni urbane, faranno
conoscere e vivere il patrimonio
in modo innovativo e
coinvolgente.
Ovviamente, tutto questo non
potrebbe sussistere senza il
coinvolgimento delle associazioni
presenti sul territorio, dei volontari
che collaborano con i singoli
comuni e di importanti istituzioni
che gratuitamente svolgono la
loro attività, fermamente convinti
dell’importanza di creare e
diffondere cultura e conoscenza
critica sui Beni Culturali che
insistono sul territorio brianteo.
Anche quest’anno, dunque, il
Comune di Cesano Maderno ha
aderito all’evento creando un
suggestivo e particolare programma, che ha visto caparbiamente
impegnati l’Assessore alla Cultura
e Valorizzazione del Patrimonio
Artistico e Monumentale Celestino
Oltolini e Gabriele Capedri,
Assessore alle Politiche Giovanili,
Comunicazione ed Eventi, oltre
che tutto l’Ufficio Cultura del
Comune.
Malgrado numerose difficoltà
logistiche indipendenti dalla
propria struttura, l’ISAL ha deciso
di contribuire alla riuscita
dell’evento attraverso la
realizzazione di alcuni specifici
momenti tra i quali:
- Sabato 22 settembre (h. 14,30)
Bovisio Masciago: una città da
scoprire. Visita studio per i Beni
Cuturali presenti nel territorio
comunale guidata da Daniele
Garnerone (evento promosso dal
Comune di Bovisio Masciago in
collaborazione con ISAL);
- Martedì 25 settembre (h. 21.00)
“I luoghi di preghiera di Palazzo
P. 9
Istituto per la Storia dell’Arte Lombarda
Arese Borromeo a Cesano
Maderno” (Sala Aurora di
Palazzo Arese Borromeo).
La conferenza, con interventi di
Beatrice Bolandrini, Giuseppe
Lauria e Barbara Kowalczyk,
comprenderà anche la visita
all'Oratorio privato di San Pietro
martire e un breve intervento
musicale con musiche per
clavicembali del periodo Barocco
a cura dell’Ensemble Cameristico
dell’Associazione Culturale
Musicale Ettore Pozzoli (evento
promosso dall’Associazione Amici
del Palazzo e Parco Arese
Borromeo in collaborazione con
l’Istituto per la Storia dell'Arte
Lombarda);
- Domenica 30 settembre (h9,00
-18,00) “Architetture negate: muri
«vuoti» degli spazi urbani”. Mostra
fotografica curata da Ferdinando
Zanzottera di scatti analogici di
Papini Lorenzo esposta presso
Palazzo Arese Jacini di Cesano
Maderno;
- Domenica 30 settembre
(h11,15 e 15,15) Visita guidata a
Palazzo Arese Jacini di Cesano
Maderno, alla sua quadreria, alla
sede dell’ISAL e al Museo del
legno (evento organizzato da ISAL
in collaborazione col Museo del
legno);
- Domenica 30 settembre (h9,0018,00) Estemporanea di Pittura
nei cortili e giardini del centro
storico di Cesano Maderno
(evento realizzato
dall’Associazione Amici del
Palazzo e Parco Arese
Borromeo in collaborazione con
ISAL e i Volontari del Parco
Arese Borromeo).
Per maggiori informazioni:
Per Ville Aperte
www.villeaperte.info
tel 039.97522.51/40/43.
Per pH_performing Heritage
www.distrettoculturale.mb.it
tel 039.97522.51/47
Per le iniziative promosse da
Comune di Cesano Maderno
Tel 0362.513428-536
www.comune.cesanomaderno.mb.it
Per le iniziative promosse da
ISAL
[email protected]
tel 0362.528118
N° 11 Settembre 2012
FOTOGRAFIA, ARCHITETTURA E BENI
CULTURALI
Gli archivi ISAL al convegno di Teglio
Il convegno e la mostra
“FOTOGRAFIA D'ARCHITETTURA. I monumenti della
Valtellina nelle fotografie
storiche dell'Archivio della
Soprintendenza per i Beni
Architettonici e Paesaggistici di
Milano” sono stati organizzati
dalla Soprintendenza per i Beni
Architettonici e Paesaggistici di
Milano e dal Ministero per i
Beni e le Attività Culturali, in
collaborazione con il Comune
di Teglio, l’Accademia del
Pizzocchero di Teglio, il Centro
Tellino di Cultura, l’Ordine degli
Architetti Pianificatori
Paesaggisti e Conservatori
della Provincia di Sondrio e
l’Ordine degli Ingegneri della
Provincia di Sondrio.
Il convegno nasce dal presupposto che la fotografia
costituisca un prezioso, e
talvolta insostituibile, documento storico e, in alcuni casi,
sia anche un’opera d’arte. Il
convegno scaturisce dall’esigenza, sempre più diffusa, di
assolvere a un impegno fondamentale per gli archivi, specie
di enti pubblici e/o di archivi
aperti alla pubblica fruizione: la
tutela del materiale fotografico,
in quanto componente non
secondaria del patrimonio dei
Beni Culturali, meritevole di
conservazione e restauro per la
sua corretta e durevole fruizione. Attorno a queste problematiche ruoterà il convegno che si
svolgerà a Teglio il 29 settembre, finalizzato a sensibilizzare
non solo gli “addetti ai lavori” al
tema della tutela dei beni fotografici, costituendo una reale
occasione di confronto utile per
l’individuazione di possibili
strategie, in primo luogo per la
creazione di una rete di
raffronti, premessa indispensabile per orientare i diversi
fondi archivistici verso la progressiva realizzazione, se non
altro virtuale, di un'unica fonte
cui attingere per la ricerca dell’oggetto artistico, storico, documentario che è la fotografia.
Il nutrito programma propone
l’alternanza al tavolo dei relatori
di oltre 22 ospiti, i cui interventi
sono stati suddivisi in 5 macro
aree denominate: Problemi di
catalogazione e tutela; Realtà a
confronto; La fotografia come
bene culturale; Dal restauro alla
digitalizzazione; Esperienze
presenti sul territorio.
Tra gli enti invitati a partecipare
al convegno vi è anche l’Istituto
per la Storia dell’Arte Lombarda
(ISAL) che presenterà due
interventi. Il primo sarà tenuto
da Maria Antonietta Crippa
(Direttore scientifico dell’ISAL) e
verterà sui Fondi fotografici di
architettura dell’Istituto,
occasione per promuovere, tra
l’altro, il Fondo Fotografico
Perogalli (già docente di Storia
dell’Architettura al Politecnico di
Milano). Il secondo intervento,
invece, sarà di Ferdinando
Zanzottera (Direttore del
Dipartimento dei BB.CC. ISAL e
Conservatore della Fototeca e
degli Archivi) che presenterà il
Fondo fotografico ISAL di
Guglielmo Pacchioni (Pavullo,
1882 - Milano, 1969), storico
dell’arte e già soprintendente.
Le sue fotografie, risultano
particolarmente interessanti,
poiché seguono la sua attività
professionale che, tra l’altro, lo
ha portato ad essere nominato
Soprintendente delle gallerie e
dei monumenti del Piemonte e
della Liguria, all’arte medievale
e moderna per le Marche e la
Dalmazia, e ai monumenti della
Lombardia. Nella sua intensa
attività, inoltre, ebbe modo di
lavorare direttamente al riordino
della Regia Pinacoteca
Sabauda di Torino e di Palazzo
Bianco a Genova, di restaurare
il Palazzo Ducale a Urbino, di
“riordinare” il Museo delle
ceramiche di Pesaro e la Mostra
permanente di arte sacra a
Zara, di far parte della
commissione per il restauro del
Cenacolo vinciano e di lavorare
al riordino della Galleria degli
Uffizi a Firenze.
(La prima parte del testo è stata
liberamente presa dal comunicato Archivi23-ANAI Veneto)
P. 10
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