a cura del Dipartimento di Valorizzazione dei Beni Culturali dell’Istituto N°10 SETTEMBRE 2012 Istituto per la Storia dell’Arte Lombarda Istituto per la Storia dell’Arte Lombarda - Piazza Arese, 12 Cesano Maderno (20811 MB) - Tel. 0362.52.81.18 - www.istitutoartelombarda.org EDITORIALE MONUMENTI IN 2.000 BATTUTE Rispettare e tutelare luoghi e monumenti, per comprendere, oggi, se stessi “Avere pietas, una cura tutta particolare per la memoria veterum che noi ancora abitiamo, significa aver cura per la nostra stessa radice. La perdurante presenza dell’arte che l’opera del restauro deve ‘raccogliere’ è cioè luogo e monumento. Luogo, perché entità differenziale inserita nel tessuto continuo di discontinuità radicali che l’arte non cessa di offrirci […] Monumento, non certo nell’accezione retorico-celebrativa, bensì […] come occasione di sosta, di pausa per tornare a se stessi, alla propria ‘errante radice’ che si sa costantemente esposta al pericolo e al rischio essenziale della distruzione: un ricordo che permane nell’accezione positiva di un’inerzia come capacità di durare attraverso e nel presente” (M. Carboni, Cesare Brandi. Teoria e esperienza dell’arte, Jaca Book, Milano, 2004, p. 149). Queste parole di Carboni dicono, con precisione sorprendente, lo struggimento di chi ama il territorio italiano e la sua storia fatta di luoghi e di monumenti, grandi e piccoli, maggiori e minori, e ne vede, in troppe parti, lo scempio. In tempi di crisi come gli attuali, il rischio di ulteriori danni è quanto mai possibile: non bastano le competenze tecniche per contrastate il pericolo, occorre vera pietas condivisa da tutti: una cultura di base, quotidiana, capace di cura, esercitata alla memoria, attenta alla dimensione simbolica degli spazi. Anche per soccorrere a queste urgenze esiste un istituto come ISAL, radicato in terra lombarda. IL SANTUARIO DI SANTA MARIA BAMBINA A MILANO Il culto di Maria Bambina è antichissimo e già nel messale di Londrino del X secolo viene indicata la festività ed un’ufficiatura propria. A Milano questo culto si diffuse dopo l’arrivo in città delle suore della Carità delle Sante Capitanio e Gerosa. Esse erano venute in possesso della statua in cera raffigurante la Vergine in fasce dopo molte peripezie e dopo che l’immagine modellata da suor Isabella Chiara Fornari intorno al 1700 era passata dalle mani del vescovo di Como mons. Alberico Simonetta, delle “Canonichesse dell’Annunciata” e di don Luigi Bosisio (parroco della milanese chiesa di San Marco). Durante l’esposizione pubblica di questa Maria Antonietta Crippa statua del 9 settembre del 1884 madre Giulia Macario venne BIBLIOTECA news miracolosamente ed Tra i volumi giunti alla Biblioteca istantaneamente guarita. La ISAL nel mese di agosto, si devozione per la piccola segnalano gli Atti della Giornata di immagine crebbe rapidissima studio svoltasi a Pavia il 13 ed il 16 gennaio del 1885 novembre 2008 dedicata all’influsi gridò ad un nuovo miracolo. enza della cultura agostiniana Le suore decisero dunque di nella scuola italiana: Fabio Gasti, edificare una nuova cappella Marino Neri (a cura di), Agostino a nella propria chiesa generalizia scuola: letteratura e didattica, per poter esporre al culto Edizioni ETS, Pisa, 2009. pubblico l’importante immagine. Durante la Seconda Guerra Mondiale la statua fu trasferita a Maggianico ed in questo modo si salvò dai bombardamenti che distrussero la chiesa ed il convento annesso. L’attuale santuario fu consacrato il 21 novembre del 1953 dal cardinale Ildefonso Schuster e fu progettato dall’arch. Giovanni Muzio. Egli ideò una struttura a navata unica conclusa da una grande iconostasi a tre fornici nel cui centro è collocato un crocifisso ligneo dello Stufflesser. La chiesa è preceduta da un “piccolo chiostro” sul quale si staglia la facciata policroma arricchita da un mosaico del Sabietti. All’interno della chiesa si conservano due tele del Cisterna raffiguranti la Presentazione di Maria al tempio e l’Incoronazione della Vergine, che provengono dall’antica chiesa ottocentesca. Ad esse corrispondono le opere contemporanee del Cisterna, del Pepe, del Pogliaghi, del Quadrelli e grandi vetrate artistiche del Morelli raffiguranti episodi della vita di Maria. Recentemente restaurata la Segue a pagina 7 ARCHIVIOnews Nel mese di settembre gli archivi ISAL si sono arricchiti di un nuovo piccolo, ma estremamente significativo, Fondo archivistico che consta in una sezione fotografica, letteraria e bibliografica. Denominato “Fondo Celeste C. Loda”, esso racconta la produzione letteraria, edita ed inedita, della ghedese Celeste (nata nel bresciano nel 1927, ora risiede a Desio), che si è dedicata per tutta la vita alla scrittura in lingua italiana e in vernacolo, sviluppando tematiche sociali e psicologiche. Celeste C. Loda ha inoltre studiato usi, costumi e dialetto di Ghedi, i cui risultati sono stati raccolti in un volume inedito, anch’esso confluito in ISAL, articolato in 20 capitoli (grammatica del dialetto, glossario, storielle, medicina popolare, giochi ecc.), una silloge di poesie in vernacolo e un altro volume, dotato di un'appendice fotografica, dedicato agli usi e costumi ghedesi. ISAL necessita Aiutaci a diffondere ISAL Magazine, quale importante strumento di divulgazione culturale online gratuito. Inviaci gli elenchi delle persone che possono essere interessate a riceverlo o diffondilo utilizzando la tua mailing-list. Qualsiasi segnalazione in questo senso è dunque la ben gradita. Come ricevere ISAL Magazine ISAL Magazine è il nuovo strumento di comunicazione digitale ISAL inviato gratuitamente a chiunque lo desideri. Se non lo ricevi ancora puoi richiederlo inviando una semplice e-mail al seguente indirizzo di posta elettronica [email protected] o telefonando alla segreteria ISAL (Tel. 0362.528118). P. 1 Istituto per la Storia dell’Arte Lombarda N° 11 Settembre 2012 UN PICCOLO CAPOLAVORO NASCOSTO: LA PALA DEL CERANO NELLA CHIESA CAPPUCCINA DI PESCARENICO © Fotografia di Giada Rigamonti Essa viene considerata all’unanimità un’opera giovanile dell’artista, che va allineandosi con i lavori che coprono il decennio compreso tra il 1600 ed il 1610. Si potrebbe sintetizzare lo stile del primo Cerano (che raggiungerà la maturità nei Quadroni di San Carlo nel Duomo di Milano) come composto da due versanti ben distinti: una vena di manierismo nazionale ed internazionale, che lo rende un pittore raffinato, ed una tradizione locale che ha fondamento in Gaudenzio Ferrari e che lo rende ottimo interprete di rappresentazioni sacre. L’opera, realizzata dal Cerano per ringraziare i frati della loro ospitalità, era stata concepita come pala d’altare; oggi è A Lecco, la città resa celebre da conservata sulla parete destra I Promessi Sposi di Alessandro dell’odierna parrocchiale dei Santi Manzoni, nella chiesa dei cappuccini di Pescarenico fondata Lucia e Materno che andò a prendere il posto del complesso nel 1576, è conservata un’opera originario. tanto importante nel panorama Nella pala di Pescarenico i Santi artistico lombardo quanto sconosciuta: la Trinità adorata dai raffigurati sono S. Francesco e S. Gregorio Magno, rappresentato di Santi Francesco e Gregorio profilo, in atteggiamento orante, Magno di Giovanni Battista Crespi, meglio conosciuto come con triregno ed in vesti papali. Manca solo il libro che lo denota il Cerano. come dottore della chiesa. La posa del Santo, i lineamenti ed il profilo dal naso adunco richiamano da vicino la figura di San Carlo Borromeo, di cui il Cerano proporrà l’iconografia ufficiale a partire dalla sua canonizzazione nel 1610. A sinistra si staglia invece la “patetica” figura di San Francesco, con le stigmate ed in meditazione su un testo sacro appoggiato a terra. In questo periodo di Controriforma, infatti, i francescani non mancano di rappresentare il loro fondatore nelle proprie chiese, identificandolo spesso come alter Christus: S. Francesco stigmatizzato, orante, in meditazione o in estasi “ripropone” l’immagine dell’ordine e del santo stesso in chiave controriformistica. Nella pala di Pescarenico, la sua figura penitente e afflitta, volta ad animare i fedeli mostrandosi come esempio da seguire, si contrappone all’atteggiamento orante e austero di S. Gregorio, le cui radici stilistiche si ritrovano nelle opere di Ludovico Carracci. Il Cerano sembra aver nutrito una predilezione particolare per la figura di San Francesco: la ricca “galleria” di immagini del santo da lui realizzate porta ad ipotizzare che essa non rispondesse solo alle domande della committenza, ma rivelasse scelte personali elaborate dal pittore. La composizione della pala lega strettamente nello spazio santi storici e visione ultraterrena: nella parte alta del dipinto, la Trinità è rappresentata su dense nubi, con Cristo ed il Padre Eterno che sorreggono a due mani il globo. Il paesaggio sullo sfondo evoca le forme del lago di Lecco e dei monti circostanti. È come se in questa semplice pala cappuccina della prima produzione del Cerano fossero contenuti tutti i temi che l’artista svilupperà in seguito e che diventeranno la base della sua poetica: il nuovo prototipo di pala d’altare, i soggetti di San Francesco e San Gregorio, tanto simile ad uno dei santi più cari a Cerano ed ai milanesi, San Carlo Borromeo. Giada Rigamonti VILLE DI DELIZIA E ORDINE DEGLI ARCHITETTI Tra i numerosi appuntamenti che si svolgeranno nel prossimo mese di ottore si segnalano due iniziative di particolare rilievo che vedranno l’Istituto promotore ed ospite d’onore. Insieme al Sistema Ville Gentilizie Lombarde, infatti, ISAL ha organizzato il convegno “Ville di delizia al nord di Milano nell’età barocca: famiglie committenti della vecchia e nuova nobiltà”. La manifestazione si svolgerà nella splendida cornice di Palazzo Arese Borromeo di Cesano Maderno giovedì 25 e venerdì 26 ottobre. In questa occasione verrà realizzata anche una piccola mostra con pannelli illustrativi legati al tema delle Ville di delizia presenti nel territorio delle province di Milano e Monza. L’11 ottobre l’Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Monza e Brianza ha invitato ISAL a parlare della sua storia e delle sue realtà editoriali proponendo anche una speciale convenzione. P. 2 Istituto per la Storia dell’Arte Lombarda N° 11 Settembre 2012 ANDAR PER ARTE GIRI PER MOSTRE E ORIENTAMENTI CRITICI L’inverno-primavera scorso è stato in Lombardia un periodo ricco di eventi artistici. Per citare solo alcune mostre veramente memorabili si può ricordare quella dedicata a Carlo Ceresa, a Bergamo, tra il Museo Bernareggi e l’Accademia Carrara, che con ben cento opere ci ha permesso per la prima volta di conoscere sufficientemente un protagonista della pittura lombarda del Seicento. Oppure quella tenuta a Palazzo Reale di Milano sull’invenzione del paesaggio nella Venezia cinquecentesca, esposizione con una tesi frutto di studio e «dimostrata» da una buona selezione di opere di qualità. Ma anche, per il contemporaneo, i lavori di Bill Viola esposti a Varese, in Villa Panza: un’immersione nell’opera geniale di questo videoartista californiano che è una delle voci guida del contemporaneo internazionale. Gli esempi si potrebbero moltiplicare, ragione in più per annunciare l’inizio di una nuova rubrica di ISAL Magazine a partire di questo numero. Sarà un giro per mostre. Visiteremo per voi le esposizioni più importanti per fornirvi un orientamento critico. Naturalmente l’idea basilare è che la critica può essere a sua volta criticata, l’estetica non ammette dogmi. Ma un parere ben fondato può essere di aiuto. Ce lo auguriamo. Michele Dolz LA PROMETTENTE STAGIONE ESPOSITIVA MILANESE La stagione espositiva promette bene sia sul fronte dell’arte antica sia sul contemporaneo. In questo capitolo daremo uno sguardo generale alle manifestazione più importanti in corso. Ad altre puntate gli approfondimenti, la critica e l’attenzione ad altri eventi. Nella Biblioteca Ambrosiana e nella Sagrestia del Bramante di Santa Maria delle Grazie continua l’esposizione di fogli di Leonardo da Vinci, un progetto ambizioso che vuole mostrare a rotazione, nell’arco di sei anni, gli oltre mille pezzi che compongono il Codice Atlantico. Decisamente caro: 20 euro per entrambe le sedi. Palazzo Reale dedica a Pablo Picasso una antologica celebrativa, con dipinti di tutti suoi periodi e un discreto apparato di fotografie, film, libri illustrati e altro per documentare il suo ruolo trainante nel XX secolo. Dal 20 settembre al 6 gennaio (www.mostrapicasso.it). Per ricordare l’indimenticabile storico dell’arte Sir Denis Mahon, a un anno dalla morte, Palazzo Reale porta a Milano, provenienti da musei di tutto il mondo, le opere del barocco secentesco che interessarono lo studioso. Sotto il titolo (troppo abusato) di «Da Guercino a Caravaggio», saranno visibili fino al 20 gennaio. Nella stessa sede, dal 25 ottobre al 17 marzo, un evento importante: «Costantino 313 d.C.», per celebrare la promulgazione dell’Editto di Milano millesettecento anni fa. Reperti archeologici e opere d’arte documenteranno la conversione di Costantino e i suoi fatti alla guida dell’Impero romano d'Occidente. Le mostre a Palazzo Reale costano 9 euro. Alla Triennale (Triennale Design Museum) continua fino al 24 febbraio la rassegna dedicata alla grafica italiana, un settore del quale, come per il design, si può andare molto fieri, anche in ragione del fatto che si tratta di prodotti «consumati» nella nostra vita di tutti i giorni, ai quali viene da sempre riservata una qualità decisamente alta: il libro, la stampa periodica, la pubblicità, la veste dei prodotti, lo stampato d’uso comune, la misura del tempo, le architetture grafiche. Vale la pena, per soli 8 euro (www.triennale.org/it/mostre/future /989-v). Curata da Elena Pontiggia e sotto il titolo di «E fiorirà la pittura», al Palazzo delle Stelline sono esposte fino al 13 ottobre opere dell’artista bresciano Attilio Forgioli, realizzate tra gli anni Sessanta e Ottanta. Una pittura fatta di emozioni, quella di Forgioli, con pennellate irregolari, che va dalla stilizzazione dei soggetti alla posa informale del colore. Interessante. E gratuita. In ambito contemporaneo, tra l’offerta delle gallerie private, segnaliamo la mostra dedicata all’artista tedesco A. R. Penck, nella Galleria Cardi Black Box (Corso di Porta Nuova, 38) fino al 30 novembre. Il suo vero nome è Ralf Winkler e va annoverato tra i massimi esponenti del neoespressionismo tedesco. La cifra di Penck sono figure e segni primitivi, come se provenissero da un sito preistorico, posti sulla tela o trasformati in scultura con una forza difficile da ignorare. Michele Dolz P. 3 Istituto per la Storia dell’Arte Lombarda N° 11 Settembre 2012 MONUMENTI DA SCOPRIRE L’ULTIMA CORSA DI ERNESTO AMBROSINI. cerchi policromi. Nell’originale opera di Geminiano Cibau sono evidenti i richiami alle temperie culturali del neoclassicismo inglese con chiari riferimenti all’immagerie sportiva anglosassone della retorica olimpica della prima metà del XX secolo. Si tratta certamente di un’opera matura dell’artista che solo parzialmente abbandona la sua poetica del modellato perseguita negli anni Trenta, quando, divenuto ormai scultore di fama nazionale, si esprimeva con uno stile “arcaico novecentista”. Il permesso per erigere questo monumento venne rilasciato dalla Commissione Edilizia Cimiteriale di Monza “in via di massima” il 10 luglio 1952, subordinando l’approvazione definitiva del progetto all’esame del bozzetto in creta o della fotografia che i richiedenti si impegnarono a consegnare successivamente. Vennero infatti ritenuti insufficienti i disegni allegati alla domanda di edificazione del monumento a ricordo del campione olimpionico. La richiesta venne formalmente avanza lo stesso giorno della sua approvazione e venne evasa in forma definitiva il 20 ottobre 1952. Dai documenti d’archivio si evince © Distretto Culturale Valle Camonica © Foto di Ferdinando Zanzottera NEL CIMITERO CENTRALE DI MONZA IL MONUMENTO FUNEBRE DEL CAMPIONE OLIMPIONICO Il Cimitero Centrale di Monza costituisce certamente un importante museo della storia civica monzese, oltre che un piccolo museo di scultura contemporanea a cielo aperto. Numerose sono le riflessioni che i monumenti funebri suscitano. Taluni sono indiscutibili capolavori dell’arte otto-novecentesca, altri costituiscono fondamentali richiami alla storia urbana della città capoluogo di provincia, mentre altri sono maggiormente legati a “storie speciali” di costume, di politica e dello sport. Proprio con quest’ultima storia è legato il monumento funebre di Ernesto Ambrosini (campo 5, Posto distinto 61), atleta italiano iscritto alla storica associazione sportiva monzese Forti e Liberi, che partecipò ai Giochi Olimpici del 1920 di Anversa nella specialità dei 3000 metri siepi, aggiudicandosi la medaglia di bronzo con un sorprendente terzo posto. Detentore di due primati italiani partecipò anche alle Olimpiadi parigine del 1924 e, dalla sua morte, avvenuta nel 1951, riposa nel cimitero monzese. Il monumento funebre è molto semplice ed è costituito da un “tumulo a forma di letto” con una lastra copritomba in Labrador di Svezia lucidato con incavi geometrici, che consente l’inserimento di un portalampada e di due portafiori. Originariamente il monumento funebre si presentava leggermente diverso e, in epoca imprecisata, nella parte centrale è stato aggiunto un piano marmoreo flesso con funzione commemorativa. Il piano poggia su un basamento quadrangolare leggermente inclinato recante la fotografia, la data ed il nome del defunto, che costituisce la base per una statua in bronzo eseguita da Geminiano Cibau. La statua rappresenta la vittoria olimpica che alza le braccia verso il cielo sostenendo tra le mani i che “la foto e la statua” eseguita da Geminiano Cibau fu visionata con molta cura dal prof. Silvio Monfrini (scultore usmatese di fama internazionale membro della Commissione Edilizia Cimiteriale di Monza), confermando il parere favorevole della stessa commissione. È probabile che l’autore della scultura avesse già avuto delle rassicurazioni in merito all’accettazione dell’opera scultorea da parte della commissione comunale e del suo acquisto da parte dei familiari, poiché la pratica inerente la costruzione del monumento funebre contiene una fotografia di statua già fusa in bronzo e non quella di un modellino in creta, così come richiesto dalla stessa commissione. Tuttavia l’immagine mostra una sostanziale differenza tra la scultura fotografata in studio e l’opera presente all’interno del cimitero, poiché la prima raffigura una donna completamente nuda, mentre la seconda è vestita da un da una morbida veste, ancora più pudibonda dei disegni allegati alla pratica di concessione edilizia. Il monumento funebre di Ernesto Ambrosini, quindi, offre un ulteriore elemento di interesse storicoartistico poiché la fotografia documentaria allegata alla pratica, sebbene di qualità non eccelsa, offre una significativa testimonianza degli studi di scultura della prima metà del XX secolo. Ferdinando Zanzottera P. 4 Istituto per la Storia dell’Arte Lombarda N° 11 Settembre 2012 DALL’AMMINISTRAZIONE DELLA FOLLIA A BENE CULTURALE © Fototeca ISAL (foto di Daniele Garnerone) LA MACCHINA PER SCRIVERE “OLIVETTI M21 II RICALCO” DELLA ASL DI COMO Nell’ambito della catalogazione dei Beni Culturali degli Enti Sanitari regionali commissionata dalla Regione Lombardia ad ISAL cospicuo è anche il patrimonio afferente ai beni scientificotecnologici che, talvolta, “cela” beni e strumenti particolarmente significativi, come una piccola serie di strumenti chirurgici seicenteschi presenti nell’Ospedale San Carlo di Milano. Meno preziose, ma non per questo meno curiose ed affascinanti, sono alcune macchine da scrivere, oggi ovviamente non più in uso, tra le quali si annovera anche la Macchina per scrivere Olivetti M21 II Ricalco, originariamente appartenente all’Ospedale Neuro Psichiatrico San Martino ed ora di proprietà dell’ASL di Como. Si tratta di una macchina per scrivere Olivetti “standard” e “manuale”, destinata all'uso in ufficio per la contabilità a ricalco senza dispositivo di calcolo. Presenta finitura a vernice lucida in colore nero ed è affrancata ad una base di legno provvista di maniglie metalliche a ponte per il trasporto. Sul corpo macchina è presente il marchio di fabbrica Olivetti con l'acronimo Ico, nell'unico tassello a sinistra a decalcomania su lamierino applicato all'alzata frontale, originariamente abbinato a quello a destra, perduto, identificativo del modello, del quale rimane evidente una traccia sulla verniciatura. La macchina, a scrittura frontale, pienamente visibile, è costituita da un telaio portante in ghisa, con lamierine di chiusura del sistema meccanico. Dalla copertina metallica fissata a doppia vite, asportabile per l'ispezione alla cesta circolare dei martelletti, emergono due semi corone contenenti le rotelle del nastro avvolgibile, sprovviste di copertina di chiusura, caratteristica del modello M20 e presenti anche nel modello M21. La tastiera è organizzata secondo lo standard QZERTY, distribuita su cinque file comprendente 45 tasti rotondi in metallo con fondo nero e serigrafia impressa dei caratteri e dei grafismi in colore bianco. oltre a quattro tasti di funzione e alla barra spaziatrice. La tastiera comprende anche otto tasti tabulazione, posti in prima fila davanti alla cesta delle leve a martinetto. All'estremità sinistra della tastiera vi sono due tasti dal valore policromo elevato (rosso e blu) che consentono di selezionare la banda del nastro inchiostrato bicolore. Emergente dal corpo macchina è il carrello lungo ben 59 cm, adatto a contenere simultaneamente due fogli di carta A4, scorrevole da destra a sinistra durante la scrittura, con una grande leva di alluminio per il movimento di ritorno a capo della battitura, annunciato da un campanello che segnala la fine della riga durante la battitura. Una levetta verticale, posta a sinistra nell'apparecchiatura di sistema del carrello comanda l'interlinea a quattro posizioni (5 7,5 - 10 - 12,5 mm), oltre lo zero. Retrostante il rullo porta carta è l'ampia piastra inclinata d'appoggio della carta, con tracce della decalcomania che identifica il modello Olivetti Ricalco a carattere stampatello maiuscolo. Il rullo portacarta è dotato di due pomoli coassiali a lato, con un pulsante a stantuffo, che consentono l'inserimento e la levata del foglio di carta. Al centro è una piastra semicircolare con la cesta porta martelletti, aste mobili alla cui estremità è una piastrina con due caratteri a rilievo destinati a battere sul nastro a inchiostro allineato al rullo sul quale scorre il foglio di carta, lasciando impresso il carattere corrispondente al tasto premuto. I martelletti riportano abbinati i caratteri maiuscolo e minuscolo, la serie numerica decimale, alcuni grafismi, i segni di punteggiatura e lettere accentate di uso frequente. Ulteriori tasti svolgono funzioni meccaniche,governando il margine di stampa, il blocco dello spostamento, lo spostamento indietro di uno spazio di battuta, con lo scorrimento del carrello, mentre ai lati della barra spaziatrice sono i due tasti di selezione del carattere superiore o inferiore delle aste, detti anche maiuscolo/minuscolo, facendo abbassare o alzare l'intera piastra porta martelletti. Completa la strumentazione meccanica un sistema di cinematismi, costituito da rinvii, leve, molle di richiamo, perni, supporti, elementi di collegamento dei tasti al corrispondente martelletto. Questa macchina contabile è un adattamento della macchina dattilografica standard, con carrello lungo a doppia presa di carta per l'introduzione di un secondo foglio accanto a quello principale, l'uno asportabile anche mantenendo fisso l'altro, sino al termine della operazione di scrittura. Questo dispositivo ha notevolmente agevolato il lavoro di contabilità, in particolare di quella a ricalco, scrivendo contemporaneamente i valori sul giornale della contabilità e sui fogli dei conti parziali, operando con maggiore sicurezza e minor tempo. L'identificazione precisa del modello non è agevole non essendo indicato sul corpo macchina – come risulta frequente - ma, presumibilmente, solo nel libretto d'istruzioni, originariamente in dotazione e risultato disperso nel caso specifico dell’apparecchio “comasco”. Non è stato rinvenuto – pur con un'accurata ispezione nemmeno il numero seriale, normalmente indicatore dell'anno esatto di fabbricazione. Questo tipo di macchina è peraltro molto simile al modello M40, con cui condivide il sistema cinematico, commercializzato a partire dal 1930 e rimasto in produzione sino al 1947. Tuttavia non mancano elementi documentari sul Web che riconducono questa macchina al modello M21 Tipo II Ricalco, entrato in produzione nel 1922. L'appartenenza alla seconda serie pare certa, essendo la prima serie caratterizzata dall'assenza dei lamierini di chiusura laterali, lasciando a vista una parte del sistema cinematico. La presenza sulla carrozzeria del marchio di fabbrica nella forma dell'acronimo Ico (Ingegnere Camillo Olivetti), presente dal 1932 nella prima macchina portatile Olivetti MP1, su disegno di Aldo Magnelli, è un elemento del resto considerabile per far risalire il modello agli anni trenta del Novecento. Daniele Garnerone © Fototeca ISAL (foto di Daniele Garnerone) P. 5 Istituto per la Storia dell’Arte Lombarda N° 11 Settembre 2012 BOVISIO MASCIAGO TRA SIMBOLI E PERCEZIONE Un’indagine del Politecnico di Milano svela come la cittadinanza percepisce il patrimonio storico-artistico e i Beni Culturali architettonici siti sul suo territorio comunale Il campione intervistato (composto dal 21 % da giovani con età compresa tra i 18 e i 30 anni, il 21 % da trentenni, il 30 % da quarantenni e il 28 % da persone con un’età superiore ai 50 anni) è costituito da residenti per il 65 % e da persone che lavorano o erano di passaggio a Bovisio Masciago per il 35 %. Le analisi compiute sulla percezione delle architetture site nel territorio comunale non rivelano dati omogenei, e mostrano significative percentuali di persone intervistate che non rispondono (35 %) o prediligono edifici minori (30%) che, conseguentemente, sono stati indicati solamente da una o due persone. Il monumento più bello della città è risultato la chiesa di San Pancrazio (16 %), seguito da Villa Zari (14 %) e da Villa Erba Odescalchi Scotti (attuale Municipio). Anche in questo caso i dati sono particolarmente significativi se analizzati secondo differenti parametri. La chiesa e la Villa Zari, infatti, presentano percentuali di gradimento maggiori tra i non residenti che, tra l’altro, sembrano avere numerose incertezze sulla conoscenza diretta e storica dei beni prescelti. del luogo più brutto della città, domanda alla quale il 42 % degli intervistati non risponde. Il primato, tuttavia, spetta all’ex fabbrica Zari (12 %), ancora esistente al momento dell’esecuzione dell’indagine, seguita dall’edificio Comunale (9 %) e dalla strettoia urbana presente nel centro storico (8 %). degradato di Villa Erba Odescalchi Scotti, attuale Municipio (2 %) e di Villa Zari (5 %). La prima potrebbe essere spiegata parzialmente dalla sistemazione urbana della piazzaparcheggio antistante il palazzo, e la seconda dalle rare occasioni che i visitatori avevano di visitare il complesso architettonico e i parco della Villa Zari, oggi stabilmente inserita nel circuito di “Ville aperte” Le risposte a quest’ultimo quesito e di cui molte persone conoscono si allineano in parte con quelle solamente gli elementi visibili rilasciate alla domanda del luogo dall’esterno del muro di recinzione: più degradato. Ancora una volta la torre e la voliera, struttura la percentuale delle persone che ruderale di fattezza eclettica e non rispondono è elevata (36 %) gusto romantico. ed è maggiore nelle persone più Ovviamente le risposte fornite giovani. Il 31 %, tuttavia, è dagli intervistati, qui solamente in concorde nell’indicare l’ex parte analizzate, non fabbrica Zari come il luogo necessariamente coincidono con maggiormente degradato della la realtà, ma rappresentano ciò città, al quale segue la strettoia che realmente alcuni cittadini di del centro urbano (9 %), che Bovisio Masciago percepiscono sembra subire un surplus di della loro città, attribuendo ai penalizzazione determinata da un singoli monumenti specifici valori giudizio negativo sulla qualità simbolici o, talvolta, significati urbana del contesto. Per la impropri caratterizzati da un stessa ragione “anomala” appare surplus di depenalizzazione. la presenza tra le risposte del quesito inerente il luogo più F.T. Minori incertezze e frammentazioni delle risposte riguardano la domanda inerente l’edificio o il luogo che indica l’identità del comune. Il 21 % degli intervistati, infatti, non indica nessun luogo, mentre il 14 % frammenta il suo giudizio. Il luogo identitario per eccellenza, dunque, risulta Villa Erba Odescalchi Scotti (27 %), seguita dalla chiesa di San Pancrazio (20 %) e dalla Villa Zari. Anche per il Comune di Bovisio Masciago la risposta è stata forse influenzata dalla confusione tra il concetto di luogo identitario, connesso all’ontologia dell’uomo e dell’abitante, e il luogo che simboleggia la città a livello pubblico. La scelta, dunque, si è indirizzata verso il palazzo che identifica l’amministrazione comunale (alcuni intervistati erano dipendenti comunali) e i luoghi più belli della città (Villa Zari). © Fototeca ISAL, Fondo Carlo Perogalli Tra i molti materiali d’archivio presenti presso ISAL spesso sono conservate ricerche svolte in ambito universitario e, soprattutto in questi ultimi anni, si è assistito al riversamento e alla donazione di numerose indagini svolte su temi architettonico-urbanistici e tematiche connesse agli studi politecnici. Tra le numerose ricerche donate all’Istituto vi è anche l’esercitazione svolta da Giulia Grassi nell’ambito del corso di Storia del Costruire Contemporaneo tenuto dal prof. Ferdinando Zanzottera presso il Politecnico di Milano nell’anno accademico 2009-2010, anno in cui numerose ricerche hanno riguardato il territorio della nuova Provincia di Monza e di Brianza. Oltre ad alcuni studi prettamente storiografici su specifici edifici o complessi monumentali, svariate indagini svolte dagli studenti hanno inteso indagare la percezione che la popolazione urbana possiede della propria città e del modo in cui residenti e visitatori vivono, conoscono, conservano, tutelano e tramandano il patrimonio edilizio attorno al quale vivono, lavorano e si muovono. Con un preciso metodo didattico e metodologico già sperimentato su differenti città italiane nell’ambito dello stesso corso, questo tema è stato applicato mediante un articolato processo di conoscenza sul territorio comunale di Bovisio Masciago, ora proseguito da altri studenti e ancora in fase di rielaborazione. L’analisi qui presentata riguarda un primo campione di persone intervistate (circa 160 persone) al quale è stato chiesto di compilare anche un questionario inerente la città e i suoi monumenti. Tra i dati più significativi vi sono le risposte rilasciate sui beni architettonici più belli, più brutti, più degradati e che indicano l’identità della città. Più contraddittorio è il risultato riscontrato per la determinazione P. 6 Istituto per la Storia dell’Arte Lombarda N° 11 Settembre 2012 PATRIZIA FERRARIO IL SANTUARIO UN’ESTUSIASTA STORICA DELL’ARCHITETTURA DI SANTA MARIA BAMBINA A MILANO Patrizia Ferrario è stata, oltre che una cara collega e amica, una grandissima, raffinata storica dell’architettura che, come oggi non accade più, fondava le sue ricerche su un’approfondita indagine archivistica, portando sempre alla luce importanti notizie inedite. Ho conosciuto Patrizia circa quindici anni fa, tramite una comune amica americana, Dianne Harris, che avevo incontrato poco prima a Dumbarton Oaks quando stava per ultimare le ricerche per la sua tesi di dottorato sulle ville di Marcantonio Dal Re, per le quali aveva trovato in archivio un eccezionale, generoso aiuto proprio da Patrizia, che nell’Archivio di Stato si muoveva con un’incredibile disinvoltura. Patrizia, laureata e specializzata in storia e restauro dell’architettura presso il Politecnico di Milano dove da qualche anno mi ero trasferita, usciva da una profonda delusione, in quanto, dopo tanto lavoro e varie pubblicazioni, tra cui la monografia sul Castellazzo degli Arconati, non aveva ottenuto l’incarico cui giustamente aspirava. L’ho subito coinvolta e, come cultore della materia, ha tenuto per anni preziose lezioni introduttive sull’Archivio di Stato di Milano, ed ha assistito, con la competenza, pazienza e generosità che la contraddistinguevano, numerosi miei laureandi nello svolgimento delle ricerche per la tesi di laurea. Ho inoltre coinvolto Patrizia nella ricerca PRIN sulle residenze nobiliari in età barocca, con risultati eccezionali, come attestano le sue pubblicazioni in “Arte Lombarda”, legate alla ricerca sulle residenze nobiliari diretta da Maria Luisa Gatti Perer, e nei volumi dell’Atlante del barocco coordinato e diretto da Marcello Fagiolo. Il contributo di Patrizia è stato inoltre fondamentale nella monografia su Luigi Canonica curata da Letizia Tedeschi per l’Archivio del Moderno di Mendrisio, per la quale si è profondamente impegnata. I risultati più che incoraggianti, sono stati però sempre accompagnati da grandi amarezze, per l’impossibilità di trovare un suo spazio nel mondo accademico. Infatti la sua collaborazione al mio insegnamento è venuta meno quando, con il nuovo ordinamento, le tesi in storia dell’architettura sono state profondamente penalizzate nel nostro ateneo, e la ricerca archivistica ha lasciato il posto a indagini su materiali e tecniche costruttive; il volume su Canonica è apparso, dopo una lunga attesa, un anno fa: spero che Patrizia abbia avuto l’invito alla presentazione e le copie che le spettavano, non l’ho sentita e, travolta da mille impegni, non sono riuscita a parlarle, e ora più che mai me ne rammarico. Altri, eccezionali ritrovamenti, di cui per anni mi ha tenuta al corrente, cercavano con difficoltà uno sbocco editoriale, e le sue battaglie per la conservazione di importanti ville, dal Castellazzo di Bollate alla residenza dei Crivelli a Mombello, non hanno avuto l’esito da lei sperato. Il suo esempio, la sua straordinaria, paziente capacità di lavoro, l’entusiasmo e la competenza con cui si è battuta, spesso inutilmente, per la conoscenza e la salvaguardia del nostro straordinario patrimonio artistico, e in particolare delle ville lombarde, dovrebbero farci riflettere. Abbiamo un dovere nei suoi confronti, affidiamo almeno alla sua memoria i risultati che non ha potuto vedere in vita. segue da pagina 1 chiesa è divenuta il centro di un articolato dibattito sul tema del restauro del moderno, al quale hanno partecipato non solo gli addetti ai lavori ma anche persone semplicemente interessate all’architettura sacra del XX secolo e all’operato progettuale di Giovanni Muzio. Un interesse per la chiesa mai completamente sopito poiché ciclicamente interessata da dibattiti eterogenei, come quello che nacque attorno all’edificio nel periodo del Concilio Vaticano II. Nella chiesa, infatti, “vi sono due amboni marmorei al limite dell'area presbiteriale, già quasi appartenenti allo spazio dell'aula, con nitidi e incisivi disegni dei simboli degli evangelisti in bassorilievo. Gli anticipatori della riforma avevano avanzato l'ipotesi di ridestare l'uso dei due amboni per le due letture della celebrazione eucaristica: una via che sarà subito abbandonata perché ritenuta troppo arcaica”. La loro costruzione, come ha giustamente osservato Cecilia De Carli, è dunque da inquadrare nello sforzo profuso dalla “Diocesi di Milano, in parallelo alla Diocesi bolognese, negli anni dei vescovi Montini e Lercaro” per sperimentare, “attraverso il lavoro dei migliori professionisti del tempo, una nuova stagione impegnata a rinnovare la tradizione. Una ricerca in cui Montini rivela la scelta e il coraggio della contemporaneità, ma ugualmente la tensione ad esprimere l'ineffabile”. Ferdinando Zanzottera prof.ssa Margherita Azzi Visentini (Politecnico di Milano) P. 7 Istituto per la Storia dell’Arte Lombarda N° 11 Settembre 2012 ARCHITETTURE NEGATE: MURI «VUOTI» DEGLI SPAZI URBANI UN’INDAGINE DI MILANO NELLE FOTOGRAFIE DI LORENZO PAPINI © Fototeca ISAL (foto di Lorenzo Papini) ritratto i “muri vuoti” milanesi con la sua Olympus Om 2n (fotocamera analogica dotata di obiettivi da 28, 50 e 105 mm) impiegando rigorosamente pellicole Agfa Retro 100 e RPX 100 da 35 mm e stampando in proprio i suoi lavori su carta politenata con superficie perla Ilford, senza intermediazioni e con mezzi che, nell’attuale vorticosa società, definiremmo abitualmente di “altri tempi”. La mostra costituisce, dunque, una sorta di tuffo nel passato nella realtà estremamente attuale dell’architettura urbana, fatta di pieni e di vuoti, di facciate principali e anonimi retri, di distratti passanti e di giovani fotografi. Ferdinando Zanzottera © Fototeca ISAL (foto di Lorenzo Papini) © Fototeca ISAL (foto di Lorenzo Papini) © Fototeca ISAL (foto di Lorenzo Papini) appartenenti all’immaginario collettivo. In questo grande filone si inseriscono gli scatti fotografici di Lorenzo Papini, giovane amante della fotografia, che nel corso del 2012 ha indagato il tema dei “vuoti urbani” lasciati dalle spoglie pareti di alcune architetture milanesi, talvolta utilizzati da writers metropolitani o da artisti di strada come supporto per le loro realizzazioni. A queste fotografie è dedicata la sua prima personale che si svolgerà nell’ambito della manifestazione Ville aperte all’interno di Palazzo Arese Jacini di Cesano Maderno. La mostra raccoglie gli scatti di questo giovane “toscanaccio” iscritto alla facoltà di ingegneria che con occhi disincantati ha © Fototeca ISAL (foto di Lorenzo Papini) o di intere parti di città. Con il passare del tempo la fotografia ha abbandonato il “semplice” tema della “riproposizione” delle architetture isolate e si è articolata in complesse analisi territoriali-paesaggistiche, divenute talvolta vere e proprie e denunce sociali, non senza importanti frammistioni con altre discipline, tra le quali la sociologia e la criminologia. Alcuni reportage si sono inoltre sviluppati come indagine critica architettonica ed urbanistica specifica, utilizzando il mezzo fotografico come elemento di comunicazione di immediato impatto, capace di generare, se utilizzato con sapienza, anche un significativo coinvolgimento emotivo e di evocare nell’osservatore ricordi inconsci o elementi Nel vasto panorama della fotografia, grande importanza ha sempre ricoperto la fotografia di architettura e la rappresentazione dei monumenti e delle opere d’arte. Insieme a quasti temi è cresciuta e si è sviluppata la tecnica della “pittura con la luce” e basta pensare alle campagne fotografiche ottocentesche organizzate in Egitto per importare in Europa le significative testimonianze dell’archeologia lungo il Nilo o attorno al deserto, per comprendere come questi temi abbiano influenzato la cultura figurativa del XIX secolo. Grandi agenzie fotografiche, inoltre, si sono costituite e hanno creato il loro “impero economico” e culturale proprio basandosi sulla riproduzione di singoli monumenti © Fototeca ISAL (foto di Lorenzo Papini) P. 8 Istituto per la Storia dell’Arte Lombarda N° 11 Settembre 2012 VILLE APERTE 2012 UNA GRANDE OCCASIONE PER SCOPRIRE IL TERRITORIO BRIANTEO ATRAVERSO MOSTRE, VISITE GUIDATE ED EVENTI In occasione della decima edizione di Ville Aperte, la manifestazione offre un fitto calendario di eventi e di spettacoli dal vivo per 10 giorni consecutivi, da venerdì 21 a domenica 30 settembre, con un gran finale nel capoluogo. “Quest’anno l’obiettivo è superare il tetto dei 20.000 visitatori – dichiara il Presidente Dario Allevi – sapendo che la formula di Ville Aperte è da sempre garanzia di grande successo. Arte, Natura e Cultura sono gli ingredienti capaci di regalare un ritratto inedito della nostra terra, saldamente ancorata alle sue radici e alla storia di un patrimonio architettonico ricco di fascino. Una Brianza tutta da riscoprire e da vivere”. Trenta i comuni della Brianza coinvolti, 2 della Provincia di Milano e 7 le new-entry della Brianza Lecchese: Annone di Brianza, Barzanò, Civate, Galbiate, Merate, Montevecchia e Olgiate Molgora. In programma visite guidate, itinerari storico-artistici, spettacoli teatrali, musicali e di danza che, per tutta la durata della manifestazione, richiameranno migliaia di spettatori e visitatori che potranno riscoprire i gioielli architettonici della terra briantea. ”Ville Aperte celebra lo straordinario successo di pubblico degli scorsi anni con un’edizione speciale - spiega l’Assessore alla Cultura Enrico Elli - Per 10 giorni il variegato e vasto patrimonio storico e artistico della nostra Brianza, arricchito da eventi culturali di particolare pregio, sarà aperto ai cittadini che così potranno gustare le ricchezze della propria terra. L’importanza assunta dalla manifestazione è testimoniata oltre che dall’adesione del Presidente della Repubblica, dalla vasta e convinta partecipazione dei Comuni, della Provincia di Lecco, del FAI e di tanti sponsor che credono sia un preciso dovere tutelare e valorizzare il patrimonio che la Storia ci ha consegnato. Eventi di questa portata sono possibili solo in quanto promossi da Enti come le Province che hanno tra i loro compiti attuali la promozione della Cultura che è la risorsa più preziosa del nostro paese. Siamo quindi particolarmente felici di essere riusciti ad organizzare ancora una volta “Ville Aperte” nonostante l’incomprensibile azzeramento delle risorse recentemente deciso dal governo centrale”. Numerose le novità di questa edizione che, oltre alle visite guidate, propone un’offerta variegata - dal teatro all’arte, dalla musica alla gastronomia - in grado di soddisfare tutti i gusti dei numerosi visitatori attesi, quasi 19.000 nell’edizione 2011: in particolare il Distretto Culturale Evoluto MB - promosso e cofinanziato da Fondazione Cariplo nel più ampio progetto Distretti Culturali (www.fondazionecariplo.it/distretti culturali) - propone la seconda edizione di “pH_performing Heritage”,13 eventi gratuiti in 10 Comuni tra fiabe sonore, clownerie e trampolieri, racconti musicali, micro macchine sceniche, pièce di teatro e incursioni urbane, faranno conoscere e vivere il patrimonio in modo innovativo e coinvolgente. Ovviamente, tutto questo non potrebbe sussistere senza il coinvolgimento delle associazioni presenti sul territorio, dei volontari che collaborano con i singoli comuni e di importanti istituzioni che gratuitamente svolgono la loro attività, fermamente convinti dell’importanza di creare e diffondere cultura e conoscenza critica sui Beni Culturali che insistono sul territorio brianteo. Anche quest’anno, dunque, il Comune di Cesano Maderno ha aderito all’evento creando un suggestivo e particolare programma, che ha visto caparbiamente impegnati l’Assessore alla Cultura e Valorizzazione del Patrimonio Artistico e Monumentale Celestino Oltolini e Gabriele Capedri, Assessore alle Politiche Giovanili, Comunicazione ed Eventi, oltre che tutto l’Ufficio Cultura del Comune. Malgrado numerose difficoltà logistiche indipendenti dalla propria struttura, l’ISAL ha deciso di contribuire alla riuscita dell’evento attraverso la realizzazione di alcuni specifici momenti tra i quali: - Sabato 22 settembre (h. 14,30) Bovisio Masciago: una città da scoprire. Visita studio per i Beni Cuturali presenti nel territorio comunale guidata da Daniele Garnerone (evento promosso dal Comune di Bovisio Masciago in collaborazione con ISAL); - Martedì 25 settembre (h. 21.00) “I luoghi di preghiera di Palazzo P. 9 Istituto per la Storia dell’Arte Lombarda Arese Borromeo a Cesano Maderno” (Sala Aurora di Palazzo Arese Borromeo). La conferenza, con interventi di Beatrice Bolandrini, Giuseppe Lauria e Barbara Kowalczyk, comprenderà anche la visita all'Oratorio privato di San Pietro martire e un breve intervento musicale con musiche per clavicembali del periodo Barocco a cura dell’Ensemble Cameristico dell’Associazione Culturale Musicale Ettore Pozzoli (evento promosso dall’Associazione Amici del Palazzo e Parco Arese Borromeo in collaborazione con l’Istituto per la Storia dell'Arte Lombarda); - Domenica 30 settembre (h9,00 -18,00) “Architetture negate: muri «vuoti» degli spazi urbani”. Mostra fotografica curata da Ferdinando Zanzottera di scatti analogici di Papini Lorenzo esposta presso Palazzo Arese Jacini di Cesano Maderno; - Domenica 30 settembre (h11,15 e 15,15) Visita guidata a Palazzo Arese Jacini di Cesano Maderno, alla sua quadreria, alla sede dell’ISAL e al Museo del legno (evento organizzato da ISAL in collaborazione col Museo del legno); - Domenica 30 settembre (h9,0018,00) Estemporanea di Pittura nei cortili e giardini del centro storico di Cesano Maderno (evento realizzato dall’Associazione Amici del Palazzo e Parco Arese Borromeo in collaborazione con ISAL e i Volontari del Parco Arese Borromeo). Per maggiori informazioni: Per Ville Aperte www.villeaperte.info tel 039.97522.51/40/43. Per pH_performing Heritage www.distrettoculturale.mb.it tel 039.97522.51/47 Per le iniziative promosse da Comune di Cesano Maderno Tel 0362.513428-536 www.comune.cesanomaderno.mb.it Per le iniziative promosse da ISAL [email protected] tel 0362.528118 N° 11 Settembre 2012 FOTOGRAFIA, ARCHITETTURA E BENI CULTURALI Gli archivi ISAL al convegno di Teglio Il convegno e la mostra “FOTOGRAFIA D'ARCHITETTURA. I monumenti della Valtellina nelle fotografie storiche dell'Archivio della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici di Milano” sono stati organizzati dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici di Milano e dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, in collaborazione con il Comune di Teglio, l’Accademia del Pizzocchero di Teglio, il Centro Tellino di Cultura, l’Ordine degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Sondrio e l’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Sondrio. Il convegno nasce dal presupposto che la fotografia costituisca un prezioso, e talvolta insostituibile, documento storico e, in alcuni casi, sia anche un’opera d’arte. Il convegno scaturisce dall’esigenza, sempre più diffusa, di assolvere a un impegno fondamentale per gli archivi, specie di enti pubblici e/o di archivi aperti alla pubblica fruizione: la tutela del materiale fotografico, in quanto componente non secondaria del patrimonio dei Beni Culturali, meritevole di conservazione e restauro per la sua corretta e durevole fruizione. Attorno a queste problematiche ruoterà il convegno che si svolgerà a Teglio il 29 settembre, finalizzato a sensibilizzare non solo gli “addetti ai lavori” al tema della tutela dei beni fotografici, costituendo una reale occasione di confronto utile per l’individuazione di possibili strategie, in primo luogo per la creazione di una rete di raffronti, premessa indispensabile per orientare i diversi fondi archivistici verso la progressiva realizzazione, se non altro virtuale, di un'unica fonte cui attingere per la ricerca dell’oggetto artistico, storico, documentario che è la fotografia. Il nutrito programma propone l’alternanza al tavolo dei relatori di oltre 22 ospiti, i cui interventi sono stati suddivisi in 5 macro aree denominate: Problemi di catalogazione e tutela; Realtà a confronto; La fotografia come bene culturale; Dal restauro alla digitalizzazione; Esperienze presenti sul territorio. Tra gli enti invitati a partecipare al convegno vi è anche l’Istituto per la Storia dell’Arte Lombarda (ISAL) che presenterà due interventi. Il primo sarà tenuto da Maria Antonietta Crippa (Direttore scientifico dell’ISAL) e verterà sui Fondi fotografici di architettura dell’Istituto, occasione per promuovere, tra l’altro, il Fondo Fotografico Perogalli (già docente di Storia dell’Architettura al Politecnico di Milano). Il secondo intervento, invece, sarà di Ferdinando Zanzottera (Direttore del Dipartimento dei BB.CC. ISAL e Conservatore della Fototeca e degli Archivi) che presenterà il Fondo fotografico ISAL di Guglielmo Pacchioni (Pavullo, 1882 - Milano, 1969), storico dell’arte e già soprintendente. Le sue fotografie, risultano particolarmente interessanti, poiché seguono la sua attività professionale che, tra l’altro, lo ha portato ad essere nominato Soprintendente delle gallerie e dei monumenti del Piemonte e della Liguria, all’arte medievale e moderna per le Marche e la Dalmazia, e ai monumenti della Lombardia. Nella sua intensa attività, inoltre, ebbe modo di lavorare direttamente al riordino della Regia Pinacoteca Sabauda di Torino e di Palazzo Bianco a Genova, di restaurare il Palazzo Ducale a Urbino, di “riordinare” il Museo delle ceramiche di Pesaro e la Mostra permanente di arte sacra a Zara, di far parte della commissione per il restauro del Cenacolo vinciano e di lavorare al riordino della Galleria degli Uffizi a Firenze. (La prima parte del testo è stata liberamente presa dal comunicato Archivi23-ANAI Veneto) P. 10