Appunti di Medicina Preventiva del Prof Tarcisio Niglio (A.A. 2009-2010) aggiornati a lunedì 14 giugno 2010
APPUNTI
DI
MEDICINA PREVENTIVA
del
Prof Tarcisio Niglio
Edizione 2009/2010
aggiornati a lunedì 14 giugno 2010
INTRODUZIONE.
Dopo aver scritto gli appunti dalle poche lezioni di statistica sanitaria, mi vedo
oggi impegnato a scrivere anche gli appunti dal corso tenuto di Igiene &
Prevenzione. Ribadisco quanto detto per gli appunti di Statistica.
“ ... su richiesta degli studenti del corso di laurea in Scienze Infermieristiche,
mi sono convinto a scrivere questi appunti dalle lezioni. Ovviamente non si
tratta di un testo completo ed esaustivo sull’argomento, ma soltanto degli
appunti organizzati per poter ripassare rapidamente la materia in previsione
dell’esame … ”
Posso aggiungere che questa volta cercherò di fare un lavoro più ampio e di
trattare tutti gli argomenti. Ciò non toglie che ho intenzione di ampliare tutti e
due gli appunti, appena avrò un po' di tempo … forse questa estate stessa. E la
cosa suona bene per chi deve sostenere gli esami nelle prossime sessioni
autunnali. Consiglio a tutti di dare un'occhiata anche alle diapositive dalle
lezioni, che integrano e completano graficamente questo scritto (anche se
arrivate prima).
Buona lettura, buon ripasso e … in bocca al lupo per gli esami !
Tarcisio Niglio
P.S.: Chiunque trovasse errori di battitura, o volesse segnalare qualcosa, non
esiti a contattarmi per email presso [email protected] … grazie
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UN PO' DI STORIA.
Nell'antica Cina di qualche migliaio di anni prima di Cristo, si narra che gli
sciamani non avessero un compenso per ogni loro prestazione professionale.
Per poter sopravvivere, gli uomini-medicina venivano riforniti in ogni loro
necessità, alimentare e sociale, dalla comunità. Ovviamente, in cambio, lo
sciamano si impegnavano a mantenere tutti in salute. Questo tipo di
sussistenza veniva però subito sospesa in caso di malattia protratta nel
villaggio. Questo è il primo caso di prevenzione sanitaria della storia.
Sempre nella Cina, ma degli anni '60, durante la Rivoluzione maoista, il
governo centrale comprese di avere un territorio troppo vasto per garantire la
presenza di un medico in tutte le regioni ed in tutti i villaggi. In tal modo istituì
la figura del “medico scalzo”. Questa persona era un individuo che non ha fatto
l'iter universitario in medicina, ma è stato preparato per ottemperare ai bisogni
primari sanitari della popolazione. Non ha capacità chirurgiche specifiche, ma è
in grado di sostituire validamente la figura del medico in attesa del suo arrivo.
In breve, nelle regioni rurali periferiche del paese la figura del “medico scalzo”
ha soppiantato quella, ben più rara, del medico accademico. Anzi spesso il
“medico scalzo” era l'unica persona presente ad essere in grado, per esempio,
di mettere i punti di sutura, praticare iniezioni endovena, assistere le
partorienti, estrarre denti, ecc. ecc. Ed il campo di azione non si limitava solo
nella cura medica, e a volte chirurgica, delle persone; ma molto spesso si
arrivava anche alla istruzione della popolazione nelle norme igienico-sanitarie e
preventive. Era nato l'infermiere professionale. In Italia ci siamo arrivati di
recente, ma l'università è impegnata a preparare questa figura professionale
che affianca validamente il medico nell'opera di portare la salute a 360° alla
popolazione.
Purtroppo voi vi ritroverete a dover combattere spesso con vecchie e
consolidate regole non scritte di sudditanza, e non di collaborazione, all'interno
della corsia e del posto di lavoro. Spero che queste mie pagine vi aiutino ad
aumentare la vostra professionalità. Quest'ultima è l'unica risposta valida per
imporre pacificamente la vostra opera qualificata nella giusta ottica della
collaborazione al fianco, e non sotto, altre figure professionali di altro livello.
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LA PREVENZIONE.
Il Dizionario di Epidemiologia, IV edizione a cura di John M Last, definisce il
termine “Prevenzione” come “Atti finalizzati ad eradicare o a eliminare le
malattie e le disabilità o a minimizzare il loro impatto”. In altre parole la
prevenzione è un'attività
articolata in tre tempi e finalizzata a: 1) impedire
un'
l'insorgenza delle malattie; 2) promuovere la salute; 3) favorire il benessere.
Ne consegue che bisogna specificare il termine “salute”. La definizione, a mio
avviso, più precisa è quella dell'Organizzazione Mondiale della Sanità del 1948:
“La salute è uno stato di completo benessere fisico, psichico e sociale e
non la semplice assenza dello stato di malattia o infermità”. In questa
frase sono racchiusi due concetti fondamentali. Il primo è che la salute è uno
stato globale che comprende l'individuo nella sua interezza psico-fisica inserito
nel substrato sociale in cui vive, lavora ed opera. Il secondo concetto va ben
oltre e considera la salute, non solo come stato di non-malattia, ma come
benessere. Ossia l'uomo ha diritto, non solo ad essere esente da patologie, ma
anche a vivere in modo consono ad uno standard di soddisfazione personale.
Ne consegue che, ove è presente una patologia che diminuisce la fruizione
della salute, sarebbe doveroso salvaguardare al massimo l'individuo,
conservandogli al massimo tutti i suoi diritti al benessere.
Nell'ambito della salute pubblica, l'articolo 32 della nostra Costituzione Italiana
recita: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto
dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite
agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato
trattamento sanitario se non per disposizioni di legge. La legge non
può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona
umana”.
In questo articolo sono puntualizzati alcuni cardini dei rapporti tra Stato
Italiano e salute del cittadino. Prima di tutto è la Repubblica stessa che si erge
a tutela e garante della salute, che viene definita un “diritto”. Quest'ultimo è
acquisito da ogni italiano, e non, dal momento della nascita (e anche
prima,durante tutta la gravidanza, come vedremo in seguito) e fino alla
naturale conclusione della vita. Nella seguente precisazione si vede che il
diritto deve essere considerato anche come “interesse della collettività”. E qui
abbiamo un primo passo verso la prevenzione di popolazione. Ovviamente la
Repubblica, nel suo desiderio di permettere a tutti i cittadini la fruizione dei
diritti, ha istituito il Servizio Sanitario Nazionale con il fine di rendere gratuita
l'assistenza sanitaria a tutti i livelli e indipendentemente dal reddito.
L'articolo 32 della Costituzione Italiana continua con un comma sulla non
obbligatorietà del trattamento sanitario. Infatti ogni cittadino maggiorenne, che
sia in grado di intendere e di volere, e che non sia legalmente interdetto, può
rifiutarsi di sottoporsi ad un trattamento sanitario. Questa norma è stata
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introdotta per salvaguardare l'uguaglianza ed il rispetto di tutti i credi politicireligiosi-sociali. Per esempio i cittadini che si professano Testimoni di Geova
rifiutano la pratica della trasfusione sanguigna. Per la loro religione accettare il
sangue altrui, anche in caso di pericolo di vita, equivale ad andare contro i
dettami della fede ed incorrere nella disapprovazione divina.
Altro esempio, preso dalla cronaca giornaliera, il desiderio di una madre che
rifiuta la terapia anti-neoplastica nell'ultimo trimestre di gravidanza per non
nuocere al feto. In tal caso la madre è perfettamente cosciente che il rifiuto
della terapia provocherà una drammatica riduzione della speranza di vita per
lei. Ma allo stesso tempo la donna preferisce morire con anticipo rispetto
all'aspettativa farmacologica, sicura però di poter dare alla luce, così facendo,
un bimbo sano.
Laddove la volontà del singolo non si scontra con l'interesse della collettività, si
deve rispettare tale volontà. Ovviamente questo modo di agire innesca tutta
una dialettica etica sull'argomento. Ma la volontà del singolo è sovrana.
Se però il conflitto delle scelte coinvolge terze persone oppure minori oppure
incapaci di intendere e volere, si può chiedere l'intervento del magistrato. Solo
il magistrato è l'unica persona in grado di ordinare un trattamento sanitario
coatto contro la volontà del singolo. Altro caso particolare, quello del TSO
(Trattamento Sanitario Obbligatorio) che può essere ordinato dal Sindaco del
comune, ove avviene il fatto, oppure da un suo delegato (di solito il capo della
Polizia Municipale, come nel caso di Roma). Comunque l'infermiere non può, e
non deve, sostituirsi alla autorità competente in materia; limitando la sua
opera alla segnalazione del problema a chi è gerarchicamente superiore e
competente nella struttura ove si opera.
E qui apro una doverosa parentesi su come comportarsi nei casi dubbi e in
quelli in cui si voglia addossare alla figura dell'infermiere professionale la
responsabilità dell'azione che compete ad altrui persona. In tutti i casi in cui vi
si chiederà di agire: contro la Legge, contro il buonsenso, contro la logica, ecc
ricordate la seguente procedura.
Chi ha il potere di imporvi un ordine deve essere in grado di metterlo per
iscritto, assumendosene le conseguenze civili e penali. In ogni caso voi dovete
prendere nota scritta dell'accaduto nella cartella infermieristica oppure, se ne
siete momentaneamente impossibilitati, è bene lasciare traccia del vostro
operato e delle motivazioni che vi hanno spinto ad agire contro la vostra
volontà. Appena possibile, segnalate l'anomalia alle competenti autorità
ricordandovi che “è ladro chi ruba, e chi tiene il sacco aperto”.
Per ultimo l'articolo 32 della Costituzione Italiana prende in esame, senza
risolverlo, lo spinoso problema del “rispetto della persona umana” e del fatto
che la Legge non può violarne i limiti imposti. Torneremo più avanti, in questi
stessi appunti, a discutere sul significato pratico di questa affermazione.
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In pratica, per realizzare i suoi fini, la prevenzione deve necessariamente agire
a tre livelli chiamati:
Prevenzione Primaria (riduce la comparsa dei nuovi casi di una determinata
malattia e/o patologia) opera attraverso l'educazione sanitaria;
Prevenzione Secondaria (riduce la frequenza dei casi esistenti di una data
malattia e/o patologia) agisce tramite la diagnosi precoce delle patologie,
prima che si abbia la sintomatologia clinica manifesta;
Prevenzione Terziaria (riduce la gravità di una malattia, e le sue
conseguenze, se non è possibile la guarigione completa) si occupa della
riabilitazione delle persone guarite oppure affette da malattie e/o patologie
croniche, nonché dell'assistenza terminale dei pazienti.
Nelle prossime pagine vedremo tutti questi punti in dettaglio, finalizzando la
nostra analisi al ruolo dell'infermiere professionale nell'ambito dell'equipe
sanitaria multidisciplinare.
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LA PREVENZIONE PRIMARIA.
La Prevenzione Primaria serve ad impedire l'ingresso e l'impianto delle cause
patogene dell'organismo. Deve quindi intervenire a livello etiologico, ossia
prima che abbia inizio la patologia e/o la malattia. In effetti questa è l'unica
vera forma di prevenzione perché agisce per non far ammalare l'individuo.
Non esiste solo una prevenzione primaria contro le malattie, ma anche contro
gli infortuni ed i deficit metabolici. Questi ultimi portano spesso a sviluppare
patologie carenziali e le prime sono spesso traumatici ed invalidanti.
Il meccanismo di azione è legato a due principali tipi di intervento. Con il primo
si potenziano e si promuovono dei sani schemi di vita. Di conseguenza si attua
un'educazione sanitaria finalizzata ad una vita sana (attività fisica,
alimentazione ricca e varia senza componenti nocive, ecc) che coinvolge tutti i
cittadini fin dai primi anni di vita. Si fanno continue campagne di
sensibilizzazione, attraverso i mass media e la scuola, per insegnare cosa fare
e cosa evitare per non incorrere in alcune patologie più frequenti (malattie
cardiovascolari, respiratorie, ecc). Allo stesso tempo si pubblicizzano tutti i
metodi di vaccinazione e di igiene da adottare per non venire a contatto con i
patogeni (AIDS, varie forme di epatiti, e malattie infettive varie, ecc).
Il secondo livello di intervento è rivolto all'allontanamento delle cause
morbose. E questo va dalla lotta all'uso delle sostanze stupefacenti,
all'eccessivo uso di alcoolici, alla bonifica dei posti di lavoro e delle abitazioni.
In entrambe i casi si cerca di allontanare o evitare le possibili cause note che
possono portare all'insorgenza di una malattia e/o patologia. Anche la scelta
del soleggiamento di un appartamento oppure l'installazione di un idoneo
sistema di smaltimento dei rifiuti urbani rientra nella prevenzione primaria. Di
conseguenza il fulcro di questa azione è la conoscenza di pratiche igienicosanitarie da applicare in tutti i campi della vita sociale.
In questo ambito, e in molti altri casi, il ruolo dell'infermiere professionale è
importante perché spesso il cittadino preferisce rivolgersi all'infermiere per
avere informazioni socio-sanitarie piuttosto che parlarne con altre figure
professionali, che reputano non “disturbarbili”, per chiarire argomenti che,
erroneamente, credono poco importanti. Ne consegue che l'infermiere
professionale gioca un ruolo fondamentale nell'educazione socio-sanitaria della
popolazione.
Un discorso a parte va fatto sull'aspetto particolare della prevenzione primaria
delle patologie tumorali. Poco si sa, nonostante i grossi passi in avanti della
ricerca scientifica degli ultimi 20-30 anni. Unici informazioni basilari sono la
scoperta di alcune sostanze sicuramente cancerogene.
Il primo esempio è una pietra miliare della ricerca epidemiologica, ossia i
tumori dello scroto negli spazzacamini di Londra del '700. In quegli anni un
medico chirurgo, Perceval Pott, osservò una alta frequenza di tumori dello
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scroto in soggetti anziani dopo una vita svolta nell'attività lavorativa a contatto
con la fuliggine e le scorie della combustione del carbone.
Pott fu anche un valido preventivista, riuscendo ad ottenere un intervento
legislativo e sociale con l'adozione di forme alternative di riscaldamento
casalingo e protezione della professione di spazzacamino. Il risultato di questa
azione di prevenzione primaria ha portato alla scomparsa del tumore dello
scroto nel giro di pochi decenni.
Dalla cronaca recente abbiamo un altro esempio di tumore, quello del polmone
da polvere del fibrocemento, o cemento-amianto meglio conosciuto come
eternit. Dal 1901, data della invenzione dell'eternit, l'asbesto veiene aggiunto
al cemento fino al 1984, anno in cui le fibre di amianto vengono via via
sostituite da altre fibre non cancerogene. Bisogna arrivare però al 1994 per
vedere l'ultimo tubo contenente asbesto lasciare la fabbrica. In questo quasi
secolo di vita e di uso, moltissime abitazioni e strutture sociali, sono state
disseminate di tale materiale, che ora si cerca di smaltire e sostituire con
notevole dispendio di denaro.
In effetti ogni sostanza che possa indurre alterazioni genici della cellula vivente
è in grado di indurre il tumore, con tutte le conseguenze del caso. Quindi
evitare il contatto con tali sostanze può essere un valido mezzo per evitare
l'insorgenza di questa patologia, che oggi è la prima causa di morte dei paesi
occidentali e/o industrializzati.
Per riassumere si possono identificare tre grandi categorie di intervento per
impedire le malattie e/o infortuni:
a) Nel caso di malattie infettive agendo mediante: vaccinazioni (vedi i
dettagli nell'apposito capitolo); disinfezione (misura atta a ridurre tramite
uccisione, inattivazione e/o allontanamento/diluizione, la quantità di
microrganismi quali, virus, batteri, funghi, protozoi, spore, al fine di controllare
il rischio di infezione per persone o di contaminazione di oggetti od ambienti);
sterilizzazione (processo chimico o fisico che porti all'eliminazione di ogni
forma microbica vivente, sia patogena che non, comprese le spore e i funghi);
notifica dei casi (permette la gestione di appositi registri per identificare
immediatamente aree di territorio ove possono insorgere nuove epidemie
oppure controllare l'andamento degli interventi preventivi); controlli
alimentari (controlli a campione dei prodotti, oppure su segnalazione, che
garantiscono la salubrità dei cibi messi in vendita e/o distribuiti); controllo
delle acque potabili (controlli periodici pluri-settimanali degli acquedotti per
garantire la salubrità delle acque ad uso domestico distribuite alla popolazione)
e HACCP (acronimo di Hazard Analysis and Critical Control Points, ossia un
sistema di autocontrollo che ogni operatore nel settore della produzione di
alimenti deve mettere in atto al fine di valutare e stimare pericoli e rischi e
stabilire misure di controllo per prevenire l'insorgere di problemi igienici e/o
sanitari); ecc.
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b) Nel caso di malattie croniche intervenendo mediante: educazione
alimentare (per conoscere i canoni di una sana ed equilibrata alimentazione
oppure per conoscere le diete più adatte per evitare l'insorgenza o l'aggravarsi
di alcune patologie. In questo campo sono da citare tutte le diete ipocaloriche
per combattere il sovrappeso e l'obesità, l'alimentazione mirata in caso di
ipovitaminosi, l'uso di cibo iposodici e/o iposalini in cardiopatici, nefropatici,
pazienti con litiasi di varia origine, ecc ); norme anti-inquinamento
(riducono il contatto con sostanze nocive per la salute, a livello ambientale);
lotta alla droga (vedi i dettagli nell'apposito capitolo); campagne contro il
fumo (citato nel capitolo sulle sostanze d'abuso); limitazione all'uso
dell'alcool (vedi i dettagli nell'apposito capitolo); barriere anti-rumore (di
recente è stato rilevato che l'inquinamento acustico provoca malattie
psicologiche e/o sociali. Di conseguenza si è provveduto per esempio ad isolare
acusticamente, con barriere e pareti, strade ad alto scorrimento entro i centri
abitati e linee ferroviarie prospicienti abitazioni); divieto dell'uso di
materiale pericoloso (sembra un'affermazione banale, ma è importante
segnalare la pericolosità di alcuni materiali e la necessità, a volte, di essere
personale specializzato per utilizzarli. Vedi per esempio oggetti e/o materiali
facilmente a portata di mano dei cittadini comuni, come: estintori, fertilizzanti,
prodotti chimici per la pulizia, decespugliatori, ecc.); ecc.
c) Nel caso di incidenti ed infortuni facendo forza mediante: limiti di
velocità (la maggior parte degli incidenti avvengono a velocità nettamente
superiore a quella consentita per quel tipo specifico di viabilità e di mezzo di
locomozione); cinture di sicurezza (evitano la quasi totalità degli incidenti
mortali cittadini a velocità inferiore ai 60 kmh); uso del casco (anche in
questo caso abbiamo avuto un notevole calo dell'incidenza dei casi mortali sulla
viabilità ordinaria); norme anti-incendio (molto severe ed articolate nei paesi
anglo-sassoni, disattese e poco valutate nelle nostre città); protezione dei
lavoratori (esistono varie leggi locali e statali, spesso disattese, che sono
mirate ad evitare i rischi sui posti di lavoro); impianti elettrici a norma
(spesso gli incidenti, specie casalinghi, sono dovuti ad impianti elettrici non
adeguati alle vigenti leggi anti-infortunistica, oppure realizzati da persone non
preparate professionalmente); educazione stradale (esistono specifici Parchi
Scuola del Traffico ove si insegna la conduzione dei veicoli a motore,
rispettando il codice della strada, fin dal periodo scolastico elementare e delle
scuole medie inferiori, e comunque ben prima di arrivare all'età idonea alla
conduzione dei veicoli a motore sulla viabilità pubblica); ecc.
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LA PREVENZIONE SECONDARIA.
Agisce grazie ad una diagnosi precoce sulla storia naturale della patologia
nell’ambito di una popolazione, andando oltre i vantaggi che può avere il
singolo individuo.
E' da puntualizzare l'importanza che non ci devono ancora essere i segni e/o i
sintomi della patologia. Quindi l'intervento preventivo agisce per non dover
arrivare alla patologia e/o malattia conclamata. Come è facile immaginare, il
campo d'azione d'elezione della prevenzione secondaria è il campo della
prevenzione anti-tumorale. Infatti lo stato attuale della nostra scarsa
conoscenze certa sulla cancerogenesi , ci costringono a poter agire quando la
malattia è già iniziata, ma non è ancora iniziata la fase distruttiva della
malattia. Per tale motivo la prevenzione secondaria può essere considerata
predittiva. In pratica bisogna avere la fortuna di scoprire la massa tumorale
ancora ben circoscritta, da poter intervenire chirurgicamente ed asportarla
prima che il tumore si infiltri e crei metastasi.
La Prevenzione Secondaria agisce quindi a livello patogenetico. Essendo una
caccia “alla cieca”, le armi operative sono i programmi osservazionali (in
inglese: screening), ossia indagini che si basano su test diagnostici offerti ad una
popolazione di individui. La raccolta di un largo numero di dati permette la
possibilità di stabilire uno standard territoriale. Le ricerche sistematiche
statistiche ed epidemiologiche consentono anche di fermare e/o rallentare la
progressione della malattia, grazie ad una diagnosi precoce fatta su individui
tempestivamente identificati attraverso un’accurata selezione su grandi numeri
di soggetti.
Un programma di screening può essere condotto con mezzi clinici, strumentali
e/o di laboratorio, con il fine di identificare la patologia precocemente in nella
sua fase pre-clinica. In altre parole, con lo screening si selezionano,
all'interno di grande gruppo di individui apparentemente sani, quelli affetti da
una specifica patologia che devono essere sottoposti subito ad un trattamento
terapeutico precoce. Nel caso dei tumori, l'intervento è spesso chirurgico se le
armi mediche non hanno capacità risolutiva.
In dipendenza della tempestività tra diagnosi precoce ed intervento
terapeutico, è bene sensibilizzare la popolazione a rischio affinché si
sottoponga a studi periodici con cadenza imposta dai risultati ottenuti in
precedenza per lo stesso tipo di analisi. Non è retorica l'importanza
dell'infermiere professionale nel suo ruolo di informazione ed educazione dei
cittadini.
Normalmente uno screening viene organizzato dalle autorità sanitarie che
tutelano lo stato di salute della collettività. Il motivo di questa scelta è da
ricercarsi nella sicurezza dell'attendibilità dei risultati ottenuti. Infatti sia i
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piani osservazionali, che i mezzi terapeutici da adottare, muovono una enorme
quantità di soldi che possono far gola ad amministratori poco onesti e non
motivati dallo stato di salute della popolazione.
Una prevenzione secondaria si dice efficace se riesce ad incidere positivamente
sulla storia naturale della malattia nell’ambito di una popolazione, andando
oltre i vantaggi ottenuti su un singolo individuo. Questo è un concetto
prettamente epidemiologico, che riesce a far distinguere tra un punto di vista
clinico ed uno statistico.
In pratica l'efficacia della prevenzione secondaria si valuta nella diminuzione
della mortalità nella popolazione sottoposta a screening. Per i motivi esposti
in precedenza, soltanto se l'efficacia epidemiologica viene comprovata da
ricercatori provenienti da gruppi di ricerca scientificamente validi (e privi di
conflitti d'interesse), si può adottare il protocollo d'indagine su scala
nazionale.
Per questa loro caratteristica di necessità di diffusione massiva, i test adottati
devono essere semplici e a basso costo. Si deve trovare il giusto equilibrio, ove
possibile, tra la capacità di minimizzare i falsi negativi lasciando ad esami
specifici e più costosi i rari e possibili falsi positivi. In questa altalena
decisionale, pesa molto il fattore economico. Bisogna favorire i test a basso
costo se hanno un numero scarso di falsi negativi.
Per esempio le analisi di massa per combattere la TBC si fanno usando il Tine
test per il suo basso costo e sicurezza nei risultati negativi. Infatti solo i rari
individui che risultano positivi, vengono in successivamente sottoposti al test di
Mantoux (più costoso, più complesso nello svolgimento del protocollo di
laboratorio, ma specifico nella dichiarazione di positività).
Specie nella fase iniziale di uno studio, prima della standardizzazione del
protocollo, la somministrazione delle analisi è su base prettamente volontaria.
Lo screening si dice allora opportunistico e viene praticato da un ente
scientifico periferico, anche senza una organizzazione centrale o di controllo. In
questo caso persone asintomatiche, spontaneamente e periodicamente, si
sottopongono al test di screening. La molla che spinge queste persone a
sottoporsi allo studio è il desiderio di conoscere il proprio stato di
salute/malattia dopo essere venuti a conoscenza del problema di uno specifico
tipo di individuo. Tipico esempio le malattie con alta incidenza di familiarità.
Ossia una predisposizione (non una malattia genetica) ereditata dai parenti
quali genitori, nonni, zii ecc. Oppure parliamo di patologie collegate a possibile
esposizione al contagio sul posto di lavoro, in collettività, ecc.
Altri esempi di utilità della prevenzione secondaria sono: Ipercolesterolemia
(consiste nell'alterazione del profilo lipemico che è il primo passo verso una
malattia cardio-vascolare. Spesso l'intervallo tra l'alterazione pre-clinica e la
malattia sintomatologica è di 30-40 anni. La terapia medica, o la semplice
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educazione alimentare, può essere utile e risolutiva nella prevenzione in età
pediatrica, ma spesso il bambino ignora il suo stato patologico in assenza di
segni e/o sintomi); Iperglicemia (malattia metabolica con accumulo di
zuccheri nel sangue. Bastano pochi secondi ed un semplice test auto
-somministrato per conoscere il proprio livello ematico e formulare un sospetto
diagnostico. In caso di positività allo stick, bisogna sempre eseguire indagini
più approfondite per una diagnosi di certezza); Pap Test (viene utilizzato per
individuare precocemente un carcinoma della cervice uterina. Conssistein uno
striscio vaginale con successiva colorazione di Papanicolau. La frequenza di
somministrazione del test è prevista ogni 3 anni dopo aver ottenuto tre test
consecutivi annuali negativi. In caso contrario, la frequenza di re-test deve
essere: ogni anno oppure dopo sei oppure dopo tre mesi secondo la
stadiazione delle alterazioni istologiche); Mammografia (viene utilizzata per
individuare precocemente un carcinoma della mammella in donne di età
compresa tra i 50 e i 70 anni. La frequenza di esecuzione è a cadenza annuale.
Se i test sono negativi, e per evitare la somministrazione di troppe dosi di raggi
X, si può adottare il protocollo di eseguire alternativamente ogni anno una
mammografia ed una ecografia mammaria. Come nel caso del pap-test, si
deve invece ripetere il test ogni anno oppure dopo sei oppure dopo tre mesi
secondo la stadiazione delle alterazioni d'immagine o dell'ago -aspirato);
Sigmoidoscopia (si è confermata la sua validità di recente dopo uno studio di
popolazione tra gli iscritti al SSN, superiori ai 40 anni. Viene utilizzata per
individuare precocemente un carcinoma del colon-retto e viene proposta una
sola volta nella vita, a tutti i soggetti che compiono i 58 anni).
Questi, ed altri esempi, mettono in risalto la capacità di un test su popolazione
allargata di fornire informazioni per aumentare le conoscenze sul problema in
esame, al fine di raggiungere una maggiore specificità nella stesura del
protocollo stesso.
Come si è potuto notare, la prevenzione secondaria ha vasta applicazione nel
caso dei tumori. Questo è motivato dalla incapacità delle terapie mediche a
risolvere molte patologie tumorali. In effetti molti carcinomi sono appannaggio
della chirurgia, perché solo asportando i tessuti colpiti dalla malattia si può
sperare in una sopravvivenza del paziente. Tutto prima che il cancro abbia
immesso nel circolo sanguigno le temute metastasi che possono far insorgere
altri tumori a distanza nell'organismo. Di conseguenza un test di massa a
basso costo, che mi segnala precocemente la situazione patologica, permette
un intervento operatorio risolutorio nella sua attività destruente contro il
cancro originario e prima della metastatizzazione. Anche se in questo caso io
parlerei più di “predittività” che non di prevenzione.
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LA PREVENZIONE TERZIARIA.
Si può riassumere in interventi che evitano la progressione verso l’invalidità
definitiva. A tal fine si tenta di recuperare le funzioni residue e se ciò non è
possibile, si provvede a preservarle. In pratica tutte le patologie hanno una
evoluzione etiologica che parte da cause specifiche, attraversa la fase acuta
della sintomatologia e può esitare in una fase cronica con una lesione
funzionale che perdura per tutta la vita. Quindi quando non si sono potute
evitate le cause patogene, quando si è superata la fase critica della malattia,
l'importante diventa limitare al massimo i danni. La prevenzione terziaria si
basa principalmente sulla riabilitazione fisica onde ottenere una guarigione
quoad valitudinem.
Rifacendomi alla definizione di benessere della Organizzazione Mondiale della
Sanità, non bisogna dimenticare anche l'aspetto psicologico delle patologie.
Quindi è importante la riabilitazione fisica e psichica per far ottenere al
paziente un ritorno più possibile simile alla situazione precedente la malattia.
Quando la completa restitutio ad integrum non è possibile, bisogna agire per
ottenere almeno il potenziamento di una capacità vicariante di quella persa.
Esempi di campo di applicazione della prevenzione terziaria si ha nelle malattie
infettive quali: AIDS, tubercolosi, epatite (A, B, C e D), e tutte quelle patologie
“senza guarigione” come le artriti deformanti, gli infortuni vari, ecc.
In campo tumorale, questo tipo di prevenzione viene applicato proficuamente
nelle pazienti affette per esempio da carcinoma mammario e sottoposte a
chirurgia massivamente destruente con asportazione della mammella colpita e
dei linfonodi ascellari. In queste pazienti l’asportazione chirurgica radicale,
anche del contenuto dell’ascella, predispone spesso alla comparsa di un edema
linfatico dell’arto superiore con grave riduzione della fisiologica motilità e
funzionalità.
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LE VACCINAZIONI.
La Medicina Clinica ha il gravoso compito di curare, e possibilmente guarire,
ogni singolo individuo ammalato. La Medicina Preventiva ha invece l'ambizioso
compito di promuovere la salute e prevenire le malattie, possibilmente prima
che questi intervengano sull’intera Comunità. Da questo punto di vista il
massimo dell'efficienza si ottiene mediante le vaccinazioni che effettivamente
prevengono ed evitano alcune malattie che in passato decimavano le
popolazioni.
Tutto si può far risalire al 1798 (poco più di tre secoli dopo la scoperta
dell'America e l'inizio della Nuovo Evo; nove anni dopo l'inizio della Rivoluzione
Francese). In quell'anno, un oscuro medico di campagna pubblica un lavoro
scientifico che rivoluziona la medicina preventiva. Il dottor Edward Jenner
(quasi cinquantenne) scrive il lavoro dal titolo: “An inquiry into the causes and
effects of the Variolae Vaccinae, a disease discovered in some of the Western
countries of England, especially Gloucestershire, and known by the name of
cow pox”.
In effetti Jenner nota che gli allevatori che mungono le mucche malate di vaiolo
vaccino, non ammalano di vaiolo umano, ma hanno soltanto una febbricola
mite con qualche segno cutaneo a livello delle mani. E qui viene l'idea geniale.
Perché non indurre una malattia mite, scarificando la pelle di individui sani
contaminandoli con il secreto delle pustole delle mucche ammalate di vaiolo
vaccino ? Sulla base di questa intuizione Jenner inocula materiale infetto di
vaiolo vaccino in un bambino sano che, dopo una brevissima malattia, diviene
indenne al successivo inoculo di vaiolo umano.
La pratica della vaiolizzazione è precedente alle pratiche di Jenner, ma veniva
effettuato con materiale prelevato da vaiolo umano. L'esito della pratica era
spesso funesto con morte del soggetto trattato. Jenner ha l'intuizione geniale di
usare materiale proveniente dal vaiolo vaccino e che l'immunità residua dura
per tutta la vita ed è valida anche contro il vaiolo umano.
Nel 1979, dopo meno di due secoli da quelle prove iniziali eseguite nel
Gloucestershire, l'Organizzazione Mondiale della Sanità annuncia trionfante
l'eradicazione completa del vaiolo dal pianeta Terra. Horst Mahler, l'allora
direttore generale della O.M.S. afferma: “E’ un trionfo dell’organizzazione e
della gestione sanitaria, non della medicina” con fare molto critico nei confronti
dell'atteggiamento scettico di molti ricercatori e clinici. Donald Henderson,
direttore responsabile del programma di eradicazione afferma, ribadendo il
concetto: “La prossima malattia da sconfiggere è la cattiva gestione della
sanità”.
Purtroppo al giorno d'oggi, esistono ancora scuole di pensiero che negano
l'utilità ed i benefici ottenuti con le vaccinazioni. Spesso interessi privati
sopravanzano e annullano il progredire della scienza medica, nonostante i
risultati ottenuti.
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In Italia abbiamo a disposizione della popolazione tre gruppi principali di
vaccini differenziati per la sicurezza d'uso e per la percentuale di copertura
che offrono contro varie malattie. I vaccini non-obbligatori hanno il loro
“difetto” nell'essere di recente acquisizione, oppure di non essere ancora stati
studiati su milioni di individui, oppure di non aver raggiunto ancora un grado
elevato di purificazione nella loro preparazione. Ciò non diminuisce la loro
validità scientifica e di azione.
In Italia sono obbligatorie per tutti i nuovi nati le vaccinazioni contro:
Difterite, Tetano, Poliomielite ed Epatite Virale di tipo B.
In Italia sono consigliate per tutti i nuovi nati le vaccinazioni contro:
Haemophilus Influenzae di tipo b (Hib), Morbillo-Parotite-Rosolia (MPR),
Pertosse.
In Italia sono disponibili per tutti i nuovi nati le vaccinazioni contro: Varicella,
Meningite di tipo C, Pneumococco, Influenza Virale.
Per quanto riguarda la recentissima introduzione della vaccinazione contro il
Papilloma Virus nelle adolescenti oppure per il tanto discusso vaccino contro il
virus h1n1 (detto virus A), vi rimando al sito del Ministero della Salute che
contiene notizie sicuramente molto più aggiornate e precise delle mie
(http://www.salute.gov.it/).
Comunque il bombardamento di notizie proveniente dai mass media, ci porta a
formulare la seguente domanda: “Ma le vaccinazioni servono veramente a
qualcosa ?”. La risposta è complessa ed articolata. Cominciamo consultando la
letteratura scientifica mondiale.
I vaccini contro la poliomielite, il tetano, l’Haemophilus Influenzae di tipo b, il
morbillo, la parotite e la rosolia proteggono molto più del 95% dei bambini che
hanno completato il calendario previsto.
Tre dosi del vaccino contro la pertosse proteggono circa l’85% dei bambini
vaccinati, ed inoltre possono ridurre la gravità della malattia nell’altro 15% dei
bambini (che non sono stati completamente immunizzati) nel caso vengano
colpiti dalla pertosse.
Tre dosi di vaccino contro l’epatite B proteggono più del 95% dei bambini
verosimilmente per tutta la vita.
Per alcuni vaccini come ad esempio il tetano e la difterite possono rendersi
necessarie delle dosi di richiamo perché l’immunità si riduce con il tempo. Ma
ormai la purificazione dei vaccini permette iniezioni di richiamo ogni dieci anni
per ottenere una copertura del 100% contro la patologia.
Prima del 1985, l’Haemophilus Influenzae tipo b causava nei bambini 20.000
casi di malattia grave ogni anno, di cui circa 12.000 casi di meningite e 7.500
casi di polmonite.
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Nel 1999 ci sono stati 230 soli casi di malattia da Hib in tutta l'Italia.
Durante l’epidemia del 1964-1965 sono nati 20.000 bambini affetti da rosolia
congenita. Di questi 11.600 erano sordi, 3.580 erano ciechi e 1.800
presentavano un ritardo mentale.
Nel 1999, dopo anni di campagne vaccinali, ci sono stati in Italia 238 casi di
rosolia e 8 casi di rosolia congenita.
Prima del 1963 ogni anno erano segnalati centinaia di migliaia di casi di
morbillo e quasi 500 morti. Più del 90% dei bambini italiani contraeva il
morbillo entro i 15 anni. Nel 1999 ci sono stati soltanto 86 casi di morbillo.
Agli inizi degli anni ’40 ogni anno in Italia c'erano in media segnalazioni per
175.000 casi di pertosse, con circa 8.000 decessi. Nel 1999 i casi di pertosse
sono stati 6.031.
Negli anni '20 i casi di difterite erano 100.000-200.000 all’anno con ben 13.000
morti. Nel 1999 c’è stato solo 1 caso di difterite.
Nel 2003 è apparso su Lancet un articolo che analizza il risultato di campagne
vaccinali in 45 paesi mondiali e dimostra che la percentuale di popolazione
colpita è inversamente proporzionale con la copertura vaccinale del paese. In
pratica più si vaccina, meno casi di malattia si hanno nella popolazione.
Alla stessa conclusione è arrivato l'Istituto Superiore di Sanità che ha
monitorato le campagne vaccinali italiane dal 1980 al 2005. La conclusione è
sempre la stessa. Più persone, specie se bambini, vengono vaccinati e minore
è l'incidenza di: poliomielite, difterite, tetano, pertosse. Stesso risultato
analizzando la sorveglianza nell'anno 2003 paragonato ai casi di malattia negli
anni 1998-2002 relativamente ai casi di: poliomielite, difterite, tetano,
pertosse, Hib, MPR.
Anche i resoconti del Ministero della Salute (aggiornati al 2010) dichiarano
una situazione in netto miglioramento rispetto al trentennio passato.
l’Italia ha eliminato la poliomielite (ultimi casi indigeni nel 1982), di cui è stata
ufficialmente certificata l’eradicazione a livello europeo nel giugno 2002.
L’ultimo caso di difterite in età pediatrica in Italia (peraltro in una bambina
non vaccinata) risale al 1991.
Da diversi decenni non si registrano casi di tetano in età pediatrica o
adolescenziale.
L’incidenza dell’epatite virale B ha subito, dal 1991 ad oggi, una riduzione
superiore all’80% nei gruppi di età destinatari dell’intervento vaccinale (0-14 e
15-24 anni).
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Per completezza di informazione riporto di seguito una serie di avvertenze e
raccomandazioni del Ministero della Salute in materia di vaccinazioni.
Sono importanti per la professione di infermiere per i compiti di divulgazione e
prevenzione nella popolazione. Il testo riporta anche alcuni link attivi alla
documentazione completa ed originale. Ho controllato personalmente i
collegamenti e funzionano, ma non posso garantire sulla loro manutenzione ed
esistenza nel tempo.
In Italia sono obbligatorie, per tutti i nuovi nati, le seguenti vaccinazioni:
• anti-difterica
• anti-tetanica
• anti-poliomielitica
• anti-epatite virale di tipo B.
Per quanto riguarda la popolazione adulta, alcune vaccinazioni sono
obbligatorie per determinate categorie di persone e di lavoratori:
• la vaccinazione anti-tetanica è obbligatoria, oltre che per tutti gli sportivi
affiliati al CONI, per i lavoratori agricoli, i metalmeccanici, gli operatori
ecologici, gli stradini (operai dell'ANAS e simili), i minatori, gli sterratori
etc. (Legge 5 marzo 1963, n° 292)
• le vaccinazioni anti-meningococcica, anti-tifica, anti-difto-tetanica, antimorbillo-parotite-rosolia sono obbligatorie per tutte le reclute all'atto
dell'arruolamento (Decreto del Ministro della Difesa del 19 febbraio
1997).
• la vaccinazione anti-tubercolare è obbligatoria soltanto per il personale
sanitario, gli studenti in medicina, gli allievi infermieri e chiunque, a
qualunque titolo, con test tubercolinico negativo, operi in ambienti
sanitari ad alto rischio di esposizione a ceppi multi-farmaco-resistenti,
oppure che operi in ambienti ad alto rischio e non possa essere
sottoposto a terapia preventiva, perché presenta controindicazioni
cliniche all’uso di farmaci specifici.
Per i nuovi nati sono raccomandate le vaccinazioni:
•
•
•
•
contro
contro
contro
contro
il morbillo
la parotite
la rosolia
le forme invasive di Haemophilus influenzae di tipo b (Hib)
Per quanto riguarda gli adulti, esistono vaccinazioni raccomandate per
alcune categorie professionali o categorie di persone suscettibili di andare
incontro a serie complicazioni in caso di infezione.
• la vaccinazione contro l'epatite virale di tipo B è raccomandata, e offerta
gratuitamente, agli operatori sanitari e al personale di assistenza degli
ospedali e delle case di cura private, alle persone conviventi con portatori
cronici del virus dell'epatite di tipo B, agli operatori di pubblica sicurezza,
ai politrasfusi e agli emodializzati e a tutte le altre categorie indicate nel
D.M. del 4 ottobre 1991; l’aggiornamento del protocollo per l’esecuzione
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•
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della vaccinazione contro l’epatite virale di tipo B è stato effettuato con il
D.M. 20 novembre 2000, con relativa circolare esplicativa n. 19 del 30
novembre 2000;
la vaccinazione contro l'influenza è raccomandata a tutte le persone di
età superiore a 65 anni e a coloro che sono sofferenti di malattie croniche
e debilitanti a carico dell'apparato cardiovascolare, broncopolmonare,
renale etc., nonché agli addetti a servizi di pubblica utilità (Circolari
emanate annualmente - vedi Area tematica Influenza)
la vaccinazione contro le infezioni da pneumococco è consigliabile alle
persone di età superiore a 65 anni o sofferenti di malattie croniche e
debilitanti a carico dell'apparato cardiovascolare, broncopolmonare,
renale, o con asplenia (mancanza della milza) funzionale o a seguito di
intervento chirurgico.
la vaccinazione anti-tifica, così come quella anti-epatite virale A e B,
l'anti-poliomielitica, l'anti-tetanica, l’anti-meningococcica, l'anti-rabbica e
quella contro la febbre gialla possono essere indicate per i viaggiatori che
si rechino all'estero in zone endemiche o comunque considerate a rischio,
dopo avere effettuato una attenta valutazione della tipologia del viaggio e
della destinazione dello stesso.
la vaccinazione contro la febbre gialla è raccomandata nel caso di viaggi
in alcune zone del mondo in cui la malattia è endemica, ed è richiesta
obbligatoriamente per l’ingresso in alcuni Paesi (vedi approfondimento
sulla febbre gialla).
Sono gratuite, presso le strutture del Servizio Sanitario Nazionale, le
vaccinazioni obbligatorie e le vaccinazioni raccomandate con atti formali del
Ministero della Salute (decreti ministeriali, circolari) e delle Regioni (ordinanze,
deliberazioni delle Giunte regionali e Leggi Regionali). L'articolo 1, comma 16
bis della legge 23 dicembre 1994 n° 724 (legge finanziaria per il 1995) ha
inoltre disposto che "sono altresì esenti (da partecipazione alla spesa sanitaria,
n.d.r.) le prestazioni diagnostiche e terapeutiche, comprese le vaccinazioni di
comprovata efficacia". Il Ministero della Salute ha di conseguenza emanato la
Circolare n° 13 del 6 giugno 1995 affinché le Regioni diano concreta
applicazione alle disposizioni della legge 724/1995, includendo le vaccinazioni
facoltative contro morbillo, parotite, rosolia, influenza, Hib, nei rispettivi Piani
Sanitari Regionali.
Un viaggiatore internazionale che debba soggiornare, per motivi di turismo
o di lavoro, in aree a rischio per malattie infettive, può rivolgersi, per avere
informazioni sulla situazione epidemiologica del luogo di destinazione e sulle
misure di profilassi raccomandate, alle seguenti strutture:
• Ministero della Salute, Direzione Generale della Prevenzione, Ufficio V Malattie infettive e profilassi internazionale, Via della Giorgio Ribotta n. 5,
Roma - tel 06 59943905, 59943805, 59943397, 59943836, 59943481,
59943505;
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• Uffici di Sanità Marittima ed Aerea del Ministero della Salute, autorizzati
anche ad eseguire la vaccinazione antiamarillica ed a rilasciare il relativo
certificato internazionale di vaccinazione;
• Centro di Medicina del Turismo, Centro Collaboratore OMS per la Medicina
del Turismo, Via Dardanelli n. 64, Rimini - tel 0541 24301, 53209;
• Centri per la profilassi internazionale delle Aziende Unità Sanitarie Locali
autorizzati ad effettuare la vaccinazione antiamarillica ed a rilasciare il
relativo certificato internazionale di vaccinazione. Consulta l'elenco delle
strutture.
Alcune malattie da tempo eliminate in Italia sono ancora endemiche o
epidemiche in alcuni Paesi in via di sviluppo. Bisogna pertanto rilevare dal
proprio libretto vaccinale se la vaccinazione già effettuata contro quella
malattia non necessita di una dose di richiamo ovvero di un nuovo ciclo
vaccinale. Per adottare la decisione più opportuna è indispensabile consultare il
proprio medico curante ovvero un Ufficio di Sanità Marittima ed Aerea del
Ministero della Salute oppure uno dei Centri per la Profilassi internazionale
delle Aziende Unità Sanitarie Locali.
Ma le vaccinazioni sono pericolose ? La vaccinazione rappresenta un atto di
natura medica, di esecuzione pratica relativamente semplice da eseguirsi sotto
la diretta responsabilità di un medico e assicurando l'immediata disponibilità di
alcuni presidi essenziali di pronto intervento quali, ad esempio, cortisonici e
adrenalina. Pertanto, i vaccini sono sicuri se somministrati da personale
qualificato rispettando norme di buona pratica (uso di vaccini conservati in
modo appropriato, utilizzazione di siringhe sterili e monouso, rispetto delle vie
e delle sedi di inoculazione prescritte) e tenendo conto di eventuali circostanze
che possano controindicare, in maniera definitiva o temporanea, la
vaccinazione. I vaccini utilizzati in Italia sono farmaci che rispettano le norme
di produzione nazionali ed internazionali; inoltre ogni lotto di vaccino registrato
e commercializzato in Italia viene sottoposto a controlli di sicurezza ed efficacia
da parte dell'Istituto Superiore di Sanità.
E' buona norma rimandare la vaccinazione in caso di malattie febbrili acute
e in caso di gravidanza. Affezioni minori, quali raffreddori ed altre infezioni
delle vie aeree superiori, non costituiscono controindicazioni, anche
temporanee, alle vaccinazioni, così come non è necessario rimandare le
vaccinazioni in caso di trattamenti con cortisonici per uso locale o per uso
sistemico a basso dosaggio, e in caso di affezioni cutanee quali dermatosi,
eczemi, infezioni cutanee localizzate. Al contrario, molti stati patologici sono
erroneamente ritenuti delle controindicazioni, rappresentando invece delle
indicazioni assolute ed immediate per alcuni vaccini.
In generale, i vaccini a base di microrganismi viventi attenuati (es: antipoliomielitico orale, anti-morbillo, anti-parotite, anti-rosolia, anti-tubercolare),
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non devono essere somministrati a persone con alterazione del sistema
immunitario quali: immunodeficienza congenita o acquisita, leucemie, linfomi,
o in terapia con immunosoppressori (corticosteroidi, anti-neoplastici, antirigetto).
La vaccinazione dovrebbe essere evitata durante trattamenti radianti o con
chemioterapici, sia a causa di possibili complicazioni nel caso di vaccini a base
di microrganismi viventi attenuati, che per la risposta anticorpale insufficiente
in caso di vaccini inattivati o di anatossine o vaccini a sub-unità.
I pazienti vaccinati durante un trattamento immunodepressivo o nelle due
settimane precedenti l'inizio della terapia, sono da considerare come non
vaccinati.
La terapia con corticosteroidi non controindica, di solito, la somministrazione di
vaccini viventi quando è a breve termine (meno di due settimane) e a basso
dosaggio, oppure a lungo termine con somministrazioni a giorni alterni ovvero
se si tratta di terapia di mantenimento o di applicazioni topiche.
La terapia steroidea per aerosol non controindica la somministrazione di
vaccini.
La condizione di sieropositività per HIV (quindi non l'AIDS conclamato) non
costituisce in sé una controindicazione alla somministrazione di vaccini, anche
se a base di virus viventi attenuati; l'OMS raccomanda di effettuare il prima
possibile la vaccinazione anti-morbillosa ai bambini HIV positivi, in quanto il
rischio della malattia da virus selvaggio è molto più grande di qualsiasi rischio
associato alla somministrazione del vaccino.
I vaccini uccisi o inattivati possono essere somministrati a pazienti
immunocompromessi; in questi casi la risposta alla vaccinazione può essere
non ottimale.
Tutti i vaccini per l'influenza sono raccomandati anche per i soggetti
immunocompromessi ai dosaggi e calendari abituali.
Alcuni vaccini, tra cui l'anti-Hib e l'anti-pneumococco, sono specificamente
raccomandati per alcuni gruppi di pazienti immunocompressi, tra cui quelli con
asplenia anatomica o funzionale.
Il vaccino antidifterico-tetanico-pertosse è controindicato in caso di
encefalopatia comparsa entro 7 giorni dalla somministrazione di una
precedente dose.
I vaccini allestiti su uova embrionate di pollo o di anatra (es: anti-influenzale,
anti-morbilloso o anti-morbillo-parotite-rosolia, anti-rabbico PDEV) non devono
essere somministrati a persone con allergia alle proteine delle uova; anche
l'ipersensibilità accertata nei confronti di antibiotici costituisce una
controindicazione all'uso di vaccini che ne contengano anche minime quantità
come conservanti.
La vaccinazione è inoltre controindicata in caso di reazione anafilattica ad una
precedente dose dello stesso vaccino (la Circolare n° 9 del 26 marzo 1991).
La vaccinazione contro la febbre gialla non deve essere somministrata ai
bambini di età inferiore a 12 mesi.
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Quando un vaccino deve essere necessariamente somministrato ad una
gestante, rinviarne la somministrazione fino al secondo o terzo trimestre è
una ragionevole precauzione per ridurre ogni preoccupazione nei confronti dei
possibili effetti negativi sul feto. Tutti i vaccini a virus viventi attenuati, se
possibile, dovrebbero essere evitati e sostituiti con vaccini a virus uccisi.
Lo stato di gravidanza rappresenta una controindicazione assoluta alla
somministrazione del vaccino anti-rosolia, per la possibilità (peraltro da alcuni
considerata teorica) di sindrome da rosolia congenita; ugualmente
controindicati sono il vaccino anti-morbilloso ed anti-parotite, che possono
però essere somministrati ai bambini figli o conviventi-contatti di donne
gravide, in quanto la dispersione virale da parte dei vaccinati è scarsa,
intermittente ed incapace di provocare infezione nei contatti, a meno della
coesistenza
di
uno
stato
di
alterata
immunocompetenza.
Per una donna in età fertile che si vaccini contro la rosolia è raccomandato
aspettare
almeno
tre
mesi
prima
di
avviare
una
gravidanza.
Il vaccino anti-polio orale può essere somministrato anche alle donne in
gravidanza, con precauzioni, in caso di rischio imminente di infezione da virus
selvaggio; è comunque preferibile utilizzare il vaccino antipolio inattivato (IPV).
Possono essere usati in gravidanza il vaccino anti-difterico-tetanico e l'antiinfluenzale.
Lo stato di gravidanza non rappresenta una controindicazione alla
somministrazione di immunoglobuline, che sono anzi indicate in alcune
specifiche circostanze (es: contatti precoci con persone affette da rosolia)
Decalogo della prevenzione contro le malattie infettive:
1. Non consumare prodotti ittici crudi.
2. Lavare accuratamente le verdure prima di consumarle, possibilmente
tenendole a bagno per 1/2 ora in acqua con aggiunta di disinfettanti a
base di cloro.
3. Non bere acqua di pozzo.
4. Preferire cibi appena cotti e consumarli caldi.
5. Conservare in frigorifero i cibi appena cotti se non devono essere
consumati subito.
6. Sbucciare da soli la frutta da mangiare.
7. Curare scrupolosamente l'igiene personale, specie delle mani, che
debbono essere accuratamente lavate con acqua e sapone sempre prima
dei pasti e sempre dopo aver utilizzato i servizi igienici.
8. Essere scrupolosamente puliti nella manipolazione di cibi e bevande.
9. Attuare ogni misura per l'eliminazione degli insetti dall'ambiente.
10.Proteggere comunque gli alimenti dagli insetti.
Tutti i casi di tetano osservati in Italia nel corso degli ultimi anni sono a carico
di soggetti non vaccinati, o incompletamente vaccinati, o che avevano
ricevuto un ciclo completo (tre dosi) o un richiamo di vaccino antitetanico da
più di dieci anni al momento del trauma.
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Nella maggior parte dei casi di tetano notificati al Ministero della Salute, in
questi ultimi anni, inoltre, l'infezione è stata provocata da ferite o da
escoriazioni banali, per cui non erano state richieste cure mediche o interventi
di pronto soccorso, durante i quali sarebbe stato possibile effettuare una
profilassi anti-tetanica post-esposizione.
Il tipo di trattamento deve essere valutato caso per caso dal medico del
Pronto Soccorso o dal medico curante, sulla base delle caratteristiche della
ferita e dello stato vaccinale del soggetto; è particolarmente importante che le
vaccinazioni anti-tetaniche, e i relativi richiami, vengano registrate su un
apposito certificato di vaccinazione conservato con cura dai diretti
interessati.
Nel caso di soggetti adulti che non abbiano mai ricevuto vaccinazione
antitetanica, e di ferite contaminate da materiale terroso (comprese le ferite
lievi) il trattamento prevede la somministrazione di 250 UI di immunoglobuline
antitetaniche umane (TIG) e, contemporaneamente, l'inizio del ciclo di
vaccinazione antitetanica, con somministrazione della prima dose in sito
diverso da quello utilizzato per le TIG, seguita, a distanza di 4 settimane e di
6-12 mesi, dalla seconda e terza dose rispettivamente.
Se il soggetto risulta essere stato vaccinato regolarmente (ciclo primario di tre
dosi ed una o più dosi di richiamo), non è necessaria la somministrazione di
immunoglobuline; è sufficiente una dose di vaccino se il tempo trascorso
dall'ultimo richiamo è compreso tra 6 e 10 anni; se il tempo trascorso è
inferiore a 5 anni, non è necessario alcun trattamento oltre la detersione della
ferita.
Nel caso di bambini o di adulti che abbiano ricevuto una sola dose di vaccino,
in caso di trauma o ferite è possibile completare il ciclo se il tempo trascorso
dalla prima inoculazione non è superiore ad un anno; nel caso in cui il soggetto
abbia ricevuto due dosi di vaccino, il ciclo può essere completato se il tempo
trascorso dall'ultima dose è inferiore a cinque anni.
In caso contrario, il ciclo vaccinale deve essere ripreso ex novo.
Nei bambini non vaccinati le immunoglobuline antitetaniche debbono essere
utilizzate in base al peso corporeo (Circolare n° 52 del 9 agosto 1982).
A chi volesse approfondire ulteriormente l'argomento, consiglio di scaricare
l'allegato al Piano Nazionale Vaccini 2005/2007 del Ministero della Salute (651
kB - 128 pagine in formato PDF, attualmente in vigore).
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CALENDARIO VACCINALE ITALIANO.
In dettaglio, e per diverse fasce di età, avremo le seguenti indicazioni:
Alla nascita = anti-Epatite B (HB).
Nei nati da madre HBsAg positiva si somministrano contemporaneamente,
entro 12-24 ore dalla nascita ed in siti separati, la prima dose di vaccino (HB)
e una dose di immunoglobuline specifiche anti-epatite B (HBIG). Il ciclo va
completato da una seconda dose a 4 settimane dalla prima, da una terza
dose dopo il compimento dell’ottava settimana (può coincidere con la prima
somministrazione del ciclo normale) e da una quarta dose all’11° mese (può
coincidere con la 3a dose del ciclo normale).
3° mese = anti-Epatite B (HB). anti-Difterite-Tetano-Pertosse (DTaP). antiPoliomelite (IPV).anti-Haemophilus Influenzae di tipo b (HIb).
Per terzo mese di vita si intende il periodo che intercorre dal compimento del
61° giorno di vita fino al 90° giorno di vita, ovvero dal compimento della 8a
settimana di vita fino alla 12a settimana di vita.
5° mese = schema come il precedente: anti-Epatite B (HB). anti-DifteriteTetano-Pertosse (DTaP). anti-Poliomelite (IPV). anti-Haemophilus Influenzae di
tipo b (HIb).
Tra 3° e 24° mese = anti-Meningococco di tipo C (MenC).
Vaccino anti-Meningococcico di tipo C coniugato: programmi di ricerca attiva e
vaccinazione dei soggetti a rischio elevato; per gli altri soggetti vaccinazione in
base a specifici programmi regionali.
Tra 3° e 36° mese = anti-Pneumococco (PCV).
Vaccino anti-Pneumococcico coniugato eptavalente: programmi di ricerca attiva
e vaccinazione dei soggetti a rischio elevato; per gli altri soggetti vaccinazione
in base a specifici programmi regionali.
Tra 11° e 13° mese = anti-Epatite B (HB). anti-Difterite-Tetano-Pertosse
nella forma acellulare per adulti (DTaP). anti-Poliomelite (IPV).antiHaemophilus Influenzae di tipo b (HIb).
Tra 13° e 15° mese = anti-Morbillo-Parotite-Rosolia (MPR) 1° dose.
E’ possibile la co-somministrazione al 13° mese della prima dose del vaccino
MPR e della terza dose dei vaccini DTaP, IPV, HB e Hib.
Tra 13° e 24° mese = anti-Varicella (anti-Varicella).
Limitatamente alle Regioni con programmi vaccinali specifici in grado di
garantire coperture superiori all’80%
Tra 5° e 6° anno = anti-Difterite-Tetano-Pertosse (DTaP). anti-Poliomelite
(IPV).
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Tra 5° e 15° anno = anti-Morbillo-Parotite-Rosolia (MPR) 2° dose.
Seconda dose ovvero dose di recupero (Piano nazionale di eliminazione del
morbillo e della rosolia congenita - G. U. s. g. n. 297 – suppl. ord. N. 195 del
23/12/2003).
Tra 11° e 15° anno = anti-Difterite-Tetano-Pertosse (DTaP). anti-Varicella
(anti-Varicella).
Per quanto riguarda l'anti-Varicella: programmi di ricerca attiva e vaccinazione
degli adolescenti con anamnesi negativa per varicella.
Ricapitoliamo tutto il calendario vaccinale nella seguente tabella:
mesi
11
anni
0
3
5
13
15
HB
HB
HB
HB
DTaP
DTaP
DTaP
DTaP
IPV
IPV
IPV
IPV
HIb
HIb
HIb
MPRI
24
36
5~6
11~12
14~15
DTaP
MPRI
PCV
MenC
Varicella
Varicella
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LE TOSSICODIPENDENZE.
La tossicodipendenza, quasi sinonimo di tossicomania, è una condizione in cui
si avverte la necessità irrefrenabile e frequente di assumere una sostanza (in
genere una droga) malgrado il danno fisico, psicologico, affettivo, emotivo o
sociale che tale assunzione possa comportare come conseguenza.
L'uso improprio del termine “droga” è ormai entrato nel linguaggio parlato,
ma in effetti indica il principio attivo di una pianta o di una parte del vegetale
in erboristeria. Infatti nella medicina erboristica, viene detta droga la sostanza
estratta (da radici, fusto, fiore, foglie, gemme, ecc.) con diverse tecniche ed in
grado di esercitare una azione farmacologica, o altro, se ingerita o utilizzata.
Quindi, nel nostro caso, è più corretto parlare di sostanze d'abuso per
sottolineare tutti prodotti, naturali o di sintesi chimica, che sono in grado di
indurre un comportamento compulsivo di assunzione continuata e massiva,
anche se hanno un'azione nociva alla salute dell'organismo vivente.
Le sostanze d'abuso, in ogni caso, sono in grado di provocare dopo un
determinato periodo di assunzione: tolleranza acquisita, dipendenza fisica
oppure dipendenza psicologica.
Le sostanze di abuso si possono classificare secondo diversi criteri. I più
comunemente usati sono: termini GIURIDICI (sostanze legali od illegali);
PERICOLOSITA' immediata (droghe leggere o pesanti); PREPARAZIONE
(naturali, semisintetiche e sintetiche); criteri FARMACOLOGICI (in base alle
caratteristiche farmacodinamiche e farmacocinetiche).
La giurisprudenza italiana è molto articolata ed in continuo divenire.
Colpevolizzando o assolvendo, nel corso degli anni, questa o quella sostanza.
Ultimamente è stata legalizzato l'uso dei derivati della canapa indiana per uso
terapeutico in alcune categorie di malati, mentre sul commercio del tabacco
esiste una piena legalità nonostante la comprovata associazione diretta tra
fumo di sigaretta e cancro del polmone. Anzi lo Stato si concede il diritto
esclusivo del commercio del tabacco ed incassa una tassa dagli acquirenti
tramite una apposita struttura che si chiama appunto Monopolio di Stato. Per la
complessità e cavillosità della materia si rimanda ai testi legislativi specifici per
i particolari della materia.
Una classificazione in droghe leggere e droghe pesanti, alla luce delle recenti
acquisizioni in materia, comincia a perdere di interesse. Infatti si è visto che
l'uso delle cosiddette droghe “leggere” è spesso il primo passo per la
successiva assunzione di droghe considerate “pesanti”. Inoltre non bisogna
sottovalutare l'importanza della dipendenza psichica dall'assunzione di
sostanze in grado di alterare lo stato dell'umore. Ed in questo contesto
rientrano anche moltissimi farmaci di libera vendita (sempre dietro prescrizione
medica) e di uso anomalo, quali ansiolitici oppure eccitanti.
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In ogni modo, sono definite “droghe pesanti”: oppiacei, cocaina, amfetamine,
allucinogeni, barbiturici, alcool etilico. Queste sostanze hanno la caratteristica
di alterare in modo definitivo alcune strutture cerebrali e non. Inoltre hanno la
pericolosità di indurre dipendenza fisica dopo una brevissima fase di
dipendenza psichica. Sono considerate “droghe leggere”: derivati della
canapa indiana (vedi recente Legge sulle cure palliative), nicotina, caffeina,
solventi volatili. Ribadisco la pericolosità sottovalutata della nicotina (contenuta
nelle sigarette, vendute a maggiorenni in regime di monopolio di Stato); la
caffeina (nociva in dosi giornaliere elevate, pari a 7-8 tazzine di espresso di
libera vendita in tutti i negozi di alimentari). E' bene ricordare che la
pericolosità delle sostanze è legata a due principali fattori. Il primo è l'abuso,
ossia la somministrazione massiva e ripetuta in modo compulsivo. Il secondo
fattore è la sottovalutazione degli effetti farmacodinamici.
Per uno schema riassuntivo degli organi-bersaglio interessati dalle varie
sostanze d'abuso si rimanda allo schema distribuito dall'Istituto Superiore di
Sanità, e presente nelle diapositive proiettate a lezione e scaricabili
gratuitamente dal sito www.tarcisio.net .
L'assunzione di alcool etilico (nelle sue varie forme e composizioni) ed il
conseguente etilismo merita un discorso a parte.
Larghe fette della popolazione, e fasce di età sempre giù giovani, stanno
dimostrando una propensione a subire questo problema sociale e sanitario. Il
cinema e la televisione, tramite alcune pubblicità scriteriate e proposte subdole
di una falsa vita spensierata, stanno favorendo l'assunzione di alcool sempre
più in quantità smodata e nociva alla salute. D'altro canto, la letteratura
scientifica ha dimostrato che piccole quantità giornaliere di vino rosso (max
250 mL a pasto) diminuisce l'incidenza dell'infarto del miocardio. Però da qui a
lodare lo stato di ebbrezza e l'ubriacatura il passo è ancora lungo.
Se si somministra il questionario CAGE si ottengono risultati impressionanti.
Queste semplici quattro domande vanno fatte a soggetti di qualsiasi sesso ed
età; bastano pochi minuti per somministralo ed una serie di SI/NO per avere il
responso. Le domande, riferite agli ultimi tre mesi, sono:
2)
3)
4)
5)
Hai mai pensato di dover bere meno alcoolici ?
Ti sei mai irritato perché qualcuno ti ha detto di bere di meno ?
Ti sei mai sentito in colpa perché pensi di bere troppo alcoolici ?
Ti sei mai svegliato al mattino con la voglia di bere qualcosa di alcoolico ?
Se sei maggiorenne, ed hai risposto SI ad almeno DUE domande, devi pensare
di rivolgerti ad un centro specializzato per il trattamento dell'etilismo. Se sei
minorenne, ed hai risposto SI anche ad una SOLA domanda, sei instradato per
avere presto problemi con il bere.
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Un altro metodo semplice per sapere se ci sono problemi con l'etilismo, è il
seguente test. Fare un periodo di astinenza assoluta dalle bevande alcoliche
della durata di SEI settimane.
Tale periodo di sei settimane, secondo l’esperienza maturata all’interno dei
programmi di soccorso agli etilisti italiani, appare sufficiente a dare diverse
informazioni sul tipo di relazione che intercorre tra il soggetto e le bevande
alcooliche (di tipo: compulsivo, sociale, dipendente, ecc.).
Secondo le Leggi italiane attuali, un tasso alcoolemico superiore a 0,5 g/L è
legalmente incopatibile con la conduzione di veicoli a motore. Per avere una
idea dell'alcoolemia indotta da varie bevande secondo il sesso ed il peso del
bevitore, basta osservare la tabella seguente:
Comunque per Legge in tutti i locali aperti al pubblico dove si consumano
bevande alcooliche deve essere esposta la tabella riportata nella pagina
seguente. Come si potrà notare, basta una piccola quantità di bevanda
alcoolica per raggiungere, e superare abbondantemente, la soglia-limite
imposta dal codice della strada.
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Questa tabella (completamente leggibile) è scaricabile gratis in originale dal
sito internet www.tarcisio.net nell'area dedicata alle lezioni di Prevenzione.
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LA PROFESSIONE INFERMIERISTICA.
Il Decreto Ministeriale n.739 del 14 settembre 1994 (pubblicato sulla
Gazzetta Ufficiale n.6 del 9 gennaio 1995) riporta il Regolamento concernente
l'individuazione della figura e del relativo profilo professionale dell'infermiere.
Da questa data storica inizia una nuova figura professionale, a preparazione
universitaria, che sostituisce la “vecchia” figura dell'infermiere professionale
con scuola annuale e triennale. Le competenze e le responsabilità sono
accresciute, ma aumenta anche l'approfondimento della preparazione che non
è più solo pratica, ma anche teorica.
In altre termini, con un gioco di parole, l'infermiere è il professionista sanitario
responsabile dell'assistenza infermieristica. Invece la precedente legislazione
considera l'infermiere una figura lavorativa subordinata ad altre figure che
detengono la responsabilità delle azioni.
Da oggi invece l'assistenza infermieristica o nursing degli autori anglosassoni,
è una disciplina focalizzata nell'assistere e prendersi cura degli individui, le
famiglie e le comunità per ottenere, riottenere e mantenere salute e
funzionalità ottimali. Oggi più che di assistenza infermieristica si parla di
Processo di Assistenza. E di questo processo è personalmente, civilmente e
penalmente responsabile l'infermiere stesso.
Virginia Henderson affermava: "Funzione specifica dell’infermiere è quella di
assistere l’individuo, sano o malato, per aiutarlo a compiere tutti quegli atti
tendenti al mantenimento della salute o della guarigione (o prepararlo a morte
serena) –atti che compirebbe da solo se disponesse della sua forza, della
volontà, o delle cognizioni necessarie- e di favorire la sua partecipazione attiva
in modo da aiutarlo a riconquistare il più rapidamente possibile la propria
indipendenza”.
Il nucleo centrale del processo di assistenza è basato sulla compilazione della
cartella infermieristica, ossia il piano di assistenza personalizzato per ogni
singolo paziente. Questo documento è stato formalmente riconosciuto dall'art.
69 del D.P.R. 384/90, e viene giuridicamente considerato come un atto
pubblico ufficiale alla stregua della cartella clinica. Per tale motivo la cartella
infermieristica ricopre un ruolo molto importante ed ufficiale. Di conseguenza
devono essere seguite nelle norme nella compilazione delle schede che
compongono la scheda.
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Non usare mai la matita o il correttore liquido per modificare le
annotazioni scritte. Non bisogna in alcun caso correggere il nome dei
farmaci ed i relativi dosaggi “ripassando” con la penna, ed evitare di
correggere in maniera troppo coprente, con pennarelli o altro. Nei casi
dubbi è utile poter leggere le annotazioni corrette. In ogni caso è bene
ricordare che “Errare è umano, mascherare un errore è criminale !” e
perseguibile.
Per esempio una correzione può essere fatta tirando una o due linee
sopra la parte da eliminare, in modo che lla precedente nota sia ancora
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leggibile. Vale anche per la terapia in corso. Se le modifiche sono
minime, si tiri una linea sopra la precedente, in modo che risulti
comunque leggibile a posteriori, e poi si scriva la nuova prescrizione negli
spazi sottostanti.
Registrare i dati in modo chiaro, leggibile, che non dia adito a dubbi,
evitando calligrafie in stile “impegnativa del medico” o “del medico
impegnato”. Una annotazione chiara e leggibile facilita e velocizza il
lavoro. Una cattiva grafia non implica una preparazione scientifica più
valida, solo una cattiva capacità di gestione della penna.
Ogni foglio, specie se parte di un insieme di fogli multiplo, deve recare
sempre cognome e nome dell'utente ed un codice numerico progressivo
univoco. In tal modo è semplice riorganizzare anche le singole parti di
una cartella che sono state momentaneamente asportate e fanno ritorno
in sede dopo l'uso di operatori “disordinati”.
Ogni operatore deve compilare personalmente la cartella infermieristica
di cui è responsabile, e mai per conto di altri, assumendosi la
responsabilità delle proprie registrazioni. Meglio ritardare di cinque
minuti il cambio-turno, piuttosto di dover rispondere davanti ad un
magistrato per una annotazione non corretta fatta da un collega.
Tutti i problemi, che vengono di volta in volta identificati, vanno descritti
sul Diario infermieristico tempestivamente, con precisione ed
essenzialità. Bisogna sempre evitare di tralasciare informazioni utili,
annotando con accuratezza sintomi e sensazioni dell'utente, azioni
intraprese ed eventuale risultato delle azioni intraprese.
Per agevolare la consultazione successiva, bisogna tendere a fare
annotazioni temporali precise. Se il diario viene aggiornato più volte
durante lo stesso turno, la data va segnata solo sulla prima nota, mentre
va sempre aggiornata l'ora su tutte le note aggiunte successivamente.
Sensazioni e sintomi non vanno interpretati, ma riportati in modo
preciso. Le parole riferite dall'utente devono essere trascritte
precisamente e tra “virgolette”.
Le sensazioni soggettive del paziente non devono essere confuse con le
osservazioni professionali ed oggettive dell'infermiere. Quindi deve
essere specificato l'autore delle affermazioni.
Il comportamento inatteso di un utente, come il rifiuto di assumere un
farmaco o di effettuare un esame diagnostico, va annotato sul Diario
infermieristico, evidenziandone le motivazioni. Questo non solleva dalle
responsabilità sulla mancata esecuzione dell'assistenza.
Abbreviazioni e simboli si utilizzano solo se sono noti a tutti i membri
dell'equipe ed hanno una fonte in una classificazione internazionale
riconosciuta scientificamente. Nei casi dubbi, bisogna prevedere una
legenda consultabile a parte. Evitare di “coniare” abbreviazioni e
acronimi di fantasia: le annotazioni devono risultare comprensibili a tutti
gli operatori, anche dopo molto tempo ed a operatori di altre strutture.
Nella formulazione delle annotazioni, usare sempre una terminologia
tecnica, scientifica, corretta e verificata. Non fare mai dell'ironia sul
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diario: mantenere un adeguato distacco professionale, anche descrivendo
eventi che sono decisamente comici e possono stimolare l'ilarità.
In sintesi, basta applicare poche regole di buon senso e precisione per
ricordarsi di:
• descrivere la reazione della persona piuttosto che il bisogno. Parlare di
“Deficit di volume dei liquidi...” e NON “bisogno di liquidi...”;
• Utilizzare i termini correlato o associato piuttosto che causato.
“Dolore correlato ad agenti biologici dannosi alle strutture fisiche” e NON
“dolore causato da...”;
• Non apportare giudizi di valore. “Relazione parentale alterata, correlata
ad una separazione prolungata dai genitori” e NON “...correlata ad un
debole attaccamento al bambino”;
• Utilizzare termini legali e non diffamatori. “Rischio di infezione correlato
ad una diminuzione della capacità immunitaria” e NON “...correlato ad
una tecnica di medicazione scorretta”;
• Evitare di invertire il problema con i fattori eziologici. “Relazione
parentale alterata correlata ad un problema di autostima” e NON
“problema di autostima correlato a relazione parentale alterata”;
• Le due parti dell'enunciato non devono essere dei sinonimi. “Alterazione
del processo del pensiero correlato ad isolamento” e NON “alterazione
del processo del pensiero correlato a confusione”;
• Descrivere problemi e fattori eziologici di specifica competenza
infermieristica. “Mobilità fisica diminuita, correlata a debolezza
muscolare” e NON “...correlata alla presenza di un gesso”;
• Non deve mai contenere la diagnosi clinica formulata dal Medico.
“Inefficace liberazione delle vie aeree correlata a secrezioni tracheobronchiali” e NON “...correlata a fibrosi cistica”
• Descrivere fattori eziologici redatti in modo da indicare la possibilità di
un cambiamento. “Rischio di alterazione dell'integrità della cute correlato
ad immobilità” e NON “...correlata alla presenza di una trazione
scheletrica”. Ecc. ecc. ecc.
Comunque ci si deve ricordare sempre che la diagnosi, la prognosi e la terapia
sono l'esito finale di un accurato studio critico eseguito sul paziente e sono
appannaggio e responsabilità del medico. Anche se l'infermiere, in virtù della
preparazione universitaria ed esperienza maturata sul campo, è capace di
trattare alcuni problemi di salute attuali o potenziali; il suo compito è quello di
sospettare e suggerire.
Il compito specifico dell'infermiere professionale è quello di:
• Accertare e controllare il paziente (per esempio nel registrare
puntualmente e con precisione ed oggettività i parametri vitali).
• Svolgere interventi terapeutici decisi dal medico responsabile della
terapia. Sono possibili piccole deroghe decisionali demandate
all'infermiere sulla somministrazione dei farmaci “al bisogno”, o in base a
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test diagnostici di volta in volta eseguiti (per esempio la terapia insulinica
in base ai valori glicemici).
Rendere il paziente più sereno ed aiutarlo nelle attività della vita
quotidiana (per esempio nel riposizionarsi). Anche il solo “essere
presente” rassicura il paziente che, ignorantemente, potrebbe valutare
alcune manovre ed azioni come potenzialmente lesive della sua persona.
Assicurare le funzioni respiratorie del paziente. Per esempio regolando
il flusso di ossigeno in base alle reali richieste del paziente e monitorare
le macchine per la respirazione assistita.
Assicurare l’alimentazione e l’idratazione. Su questi due punti si
stanno aprendo grossi dibattiti sociali ed etici, che dovrebbero sfociare in
una presa di posizione legislativa in questo ambito ancora non
stigmatizzato legalmente.
Assicurare l’eliminazione intestinale ed urinaria. In particolare il
monitoraggio dei liquidi giornalieri, al fine di avere una corretta
idratazione dei tessuti.
Assicurare l’igiene e il comfort. Il paziente spesso soffre già abbastanza
per il suo stato patologico; per aggiungere altre cause di stress ?
Assicurare la funzione cardiocircolatoria. Controllare continuamente la
situazione mediante i monitor specifici. Per esempio non spegnere
l'allarme sonoro dell'elettrocardiografo, perché il rumore può dare
fastidio.
Assicurare un ambiente terapeutico e sicuro. La corsia di ospedale
dovrebbe essere un ambiente protetto, dove i pazienti perseguono una
cura risolutiva per le loro affezioni. Non ci deve essere il pericolo di
aggiungere patologie a quelle già esistenti.
Fornire un appoggio emotivo. A volte, quando la terapia e la scienza
medica non possono fare di più, basta una buona parola oppure
semplicemente ascoltare, per recare sollievo.
Insegnare e consigliare. Questo è un compito fondamentale in quanto
spesso la gente comune preferisce chiedere delucidazioni al personale
infermieristico, piuttosto che ad altre figure professionali.
Indirizzare il paziente ad istituzioni e servizi appropriati. Una forma di
conoscenza è anche quella di sapere dove indirizzare le persone per
avere un aiuto fattivo.
Le domande che un infermiere professionale deve porsi continuamente sono:
• Come è progredito il paziente in termini di obiettivi stabiliti nel piano?
• Il paziente ha nuove necessità?
• Il piano di assistenza richiede di essere revisionato?
In ogni caso, il buon senso è sempre un'ottima guida nello svolgimento
dell'attività lavorativa giornaliera. Ogni caso è un nuovo caso. La routine è
comoda, ma è anche la peggior consigliera che si possa avere.
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L'INIZIO DELLA VITA.
La vita umana è quel lasso di tempo, più o meno lungo, che intercorre tra la
nascita e la morte dell'individuo. Da un punto di vista naturale, è molto facile
identificare i due punti, quello di inizio e quello di fine, di questo periodo
evolutivo. Però giuridicamente ed eticamente le cose si complicano un po' e
bisogna sapere con esattezza di cosa stiamo parlando, per non incorrere nelle
trame della Legge come imputati, o peggio ancora con i rimorsi di coscienza
che perseguono con più accanimento ed in modo inappellabile.
Nell'ordinamento giuridico italiano, l'articolo 1 del Codice Civile riconosce la
capacità giuridica dell'individuo nel momento della sua venuta in esistenza,
cioè la capacità giuridica viene riconosciuta a tutti i soggetti di diritto per il solo
fatto di nascere. Di conseguenza la capacità giuridica si perde con la morte
(che sembra una affermazione lapalissiana, ma vedremo in seguito le
complicazioni che comporta).
Un altro punto di riferimento sulla nascita è (stranamente) la Legge n.194 del
22 maggio 1978 relativa a “Norme per la tutela sociale della maternità e
sull'interruzione volontaria della gravidanza”, meglio conosciuta come Legge
sull'aborto.
L'articolo 1 specifica due concetti base: “Lo Stato garantisce il diritto alla
procreazione cosciente e responsabile, riconosce il valore sociale della
maternità e tutela la vita umana dal suo inizio” e “L'interruzione volontaria
della gravidanza, di cui alla presente legge, non e’ mezzo per il controllo delle
nascite”. In altre parole, la vita è una cosa seria da rispettare fin dal primo
momento.
L'articolo 4 definisce che per l'interruzione volontaria della gravidanza entro i
primi novanta giorni, la donna che accusi circostanze per le quali la
prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero un
serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, in relazione o al suo
stato di salute, o alle sue condizioni economiche, o sociali o familiari, o alle
circostanze in cui e’ avvenuto il concepimento, o a previsioni di anomalie o
malformazioni del concepito, si rivolge ad un consultorio pubblico istituito ai
sensi dell'articolo 2, lettera a), della legge 29 luglio 1975 n.405, o a una
struttura socio-sanitaria a ciò abilitata dalla regione, o a un medico di sua
fiducia.
E' utile citare anche l'articolo 9 per i risvolti sulla vostra professione. Il
personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie non e’ tenuto a
prendere parte alle procedure di cui agli articoli 5 e 7 ed agli interventi per
l'interruzione della gravidanza quando sollevi obiezione di coscienza, con
preventiva dichiarazione. Ossia non ci devono essere ripensamenti dell'ultimo
momento, ma una seria e ragionata presa di posizione. Comunque è doveroso
precisare che l'obiezione di coscienza esonera il personale sanitario ed
esercente le attività ausiliarie dal compimento delle procedure e delle attività
specificamente e necessariamente dirette a determinare l'interruzione della
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gravidanza, e non dall'assistenza antecedente e conseguente all'intervento.
Ricapitolando, la Legge n.194/1978 ammette un intervento di aborto nei primi
90 giorni successivi al concepimento, considerando il feto “abortibile” fino a tre
mesi di vita intrauterina. Però nulla dice su quando comincia effettivamente la
vita.
Per la tradizione filosofica occidentale una persona è un essere dotato di
autocoscienza, di ragione e sentimento in grado quindi di compiere libere
scelte in modo responsabile. Ma un “cucciolo” di Homo Sapiens non è
responsabile fino a 12-14 anni delle sue azioni, e necessita della presenza
costante di un adulto. D'altro canto esistono larghe deviazioni standard nella
vita di tutti i giorni, dai bambini di strada ai “bamboccioni” trentenni. E allora ?
Chiediamo aiuto alla Biologia. L’origine di un organismo biologico coincide con
l’inizio del suo ciclo vitale. In altre parole, è l’avvio di un ciclo vitale
indipendente a definire l’inizio di una nuova esistenza biologica individuale.
Questa si svilupperà nel tempo, attraversando diverse tappe, fino a giungere
alla maturità e poi alla conclusione del suo arco vitale con la morte.
E siamo al punto di partenza. Con la nascita abbiamo l'individuo fisicamente e
giuridicamente, ma Chi o Cosa è l’embrione umano ? È un soggetto vivo
oppure è un oggetto ? Un individuo o un semplice ammasso di cellule ? Un feto
tra i cinque ed i sette mesi di vita intrauterina può, con opportune e complesse
tecniche di neonatalogia, nascere e vivere … e allora ?
Gli interrogativi continuano. E la Biologia lentamente scivola nella Filosofia.
Cos'è che coordina la crescita cellulare della singola ovocellula fecondata da
uno spermatozoo fino ai miliardi di cellule differenziate in ossa, muscoli, vasi,
organi, apparati e sistemi dell'organismo adulto ? Perché una sola cellula di
divide in due cellule figlie identiche totipotenti per varie volte e poi (le stesse)
si differenziano nelle diverse cellule del corpo umano ? Cosa guida
l'embriogenesi dei tessuti ? Sicuramente nel DNA ci sono molte risposte, ma
non tutte. Se metto il nucleo con il genoma di una cellula nel citoplasma di
un'altra cellula che ho enucleato, la cellula figlia rassomiglierà alla cellula
proprietaria del citoplasma e non a quella proprietaria del DNA. E allora ?
In ogni caso l'unione tra il filamento del DNA proveniente dallo spermatozoo e
quello contenuto nella ovocellula compongono il DNA a doppio filamento del
futuro embrione con tutte le “istruzioni” per la formazione di un nuovo
individuo, che se troverà il terreno adatto e crescerà per nove mesi, sarà una
nuova persona. Ma allora il concepimento è l'inizio della vita ? A voi la
decisione, questi sono appunti di Medicina Preventiva ed io purtroppo non ho la
risposta giusta.
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Riporto per dovere di cronaca il test di Apgar per valutare la “vitalità” e la
necessità di assistenza di un nuovo nato nelle prime ore dopo il parto. Il test
consiste nell'osservazione di cinque parametri: Battito cardiaco; Tipo di
respirazione; Tono della muscolatura; Risposta insorta in risposta a stimoli;
Colorito della pelle (intesa come irrorazione sanguigna periferica).
Ad ogni segno/sintomo viene assegnato un valore come da tabella allegata, e
si valuta la somma dei cinque valori.
Il test viene effettuato a 1 minuto e a 5 minuti di vita del neonato e deve
essere ripetuto se il punteggio rimane basso.
Se il neonato presenta un punteggio totale inferiore a 4 è necessario un
intervento medico immediato; se il punteggio è fra 4 e 6 è consigliata una
vigilanza attenta e la ripetizione del test ogni 5 minuti; i neonati con punteggio
fra il 7 e il 10 sono considerati nella norma.
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LA FINE DELLA VITA.
Altro punto cruciale dell'evoluzione della vita umana è la morte. Il punto finale
di una evoluzione dell'essere umano, con il quale sarete professionalmente
chiamati a convivere giornalmente nella vostra vita di corsia. E' facile
prevedere che durante la vostra vita professionale, forse non assisterete ad un
parto, ma sicuramente dovrete assistere un individuo morente. Anche qui,
come nella nascita, abbiamo problemi con le definizioni. Ma, visto che la vostra
opera lavorativa si prolunga dall'inizio alla fine della vita, è bene sapere dove
bisogna fermarsi.
La morte è la cessazione di quelle funzioni biologiche che definiscono gli
organismi viventi. Quindi più che una definizione attiva e propositiva, abbiamo
un approccio su cos'è la morte intesa come contrapposizione della vita. Infatti
la morte si riferisce sia ad un evento specifico che ad una condizione.
Ed allora vediamo cos'è la vita. Ed appoggiamoci come al solito alla Biologia
che definisce un essere vivente (animale, vegetale ed in taluni casi particolari
anche minerale) quando è in grado di:
nascere - è possibile individuare un momento o un periodo nel quale quel
particolare organismo inizia ad esistere in vita.
nutrirsi - ha un metabolismo, deve ricavare dall'ambiente massa ed energia
per conservare la sua omeostasi.
crescere - dopo la nascita manifesta una crescita ponderale e dimensionale. Il
complesso delle reazioni chimiche che avvengono in un organismo e permette
la sua vita è chiamato metabolismo che comprende una fase anabolica ed una
catabolica. Un organismo vivente è capace di omeostasi.
interagire con l'ambiente - reagisce agli stimoli, ha azioni di offesa-difesa, si
sposta nello spazio, ha rapporti con i suoi simili e con altri esseri viventi.
riprodursi - duplica in qualche modo il suo stesso corpo, per via sessuata o
asessuata, a volte anche con alternanza di generazione. Durante la
riproduzione trasmettono i propri caratteri, secondo le leggi della genetica.
morire - cessa ogni attività precedente ed il suo corpo viene normalmente
decomposto.
In conseguenza da quanto esposto, la morte può essere definita in negativo,
come la privazione di tutte le proprietà biologiche dell'essere vivente.
In pratica, nell'uomo, la morte ha inizio con la cessazione progressiva ed
irreversibile di tre funzioni fondamentali: la morte cardiocircolatoria, avviene
per prima ed è in alcuni casi ancora reversibile, ed avremo la “morte clinica”;
la seconda respiratoria detta anche “morte reale” associata alla precedente;
ed infine quella nervosa o “morte legale”, definitiva.
Di conseguenza avremo criteri cardiologici, respiratori e neurologici, per
valutare i singoli casi. La legge n.644 del 2 dicembre 1975 recita testualmente:
“l'accertamento della morte deve essere effettuato, … mediante il rilievo
continuo dell'elettrocardiogramma protratto per non meno di venti minuti
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primi”. Si parla quindi di elettrocardiogramma, poiché viene da sé che un
encefalo non ossigenato per più di venti minuti muore.
Per tale motivo non viene considerato utile l'elettroencefalogramma, pur se
suggerito dal DM della Sanità del 22 agosto 1994. Infatti un EEG silente, anche
per oltre 24 ore, non dà assoluta certezza che il cervello sia irreversibilmente
spento.
Il Regolamento di Polizia Mortuaria (DPR n° 285 del 10 settembre 1990) è
molto più preciso e sicuro, ma meno pratico nella definizione di morte. Prevede
che venga rispettato il periodo di osservazione fino alla comparsa di fenomeni
tanatologici certi.
Attenzione ai casi limite ! Un neonato anencefalo, pur se privo di entrambe gli
emisferi cerebrali, è dotato di capacità giuridica, poiché è capace di respirare,
deglutire ecc. In questo caso, la morte, pur se imminente, non dovrà essere
accelerata (si risponderà in questo caso di omicidio), né artificialmente
procrastinata (accanimento terapeutico).
Quest'ultima pratica, l'accanimento terapeutico, consiste nell'esecuzione di
trattamenti di documentata inefficacia in relazione all'obiettivo, a cui si
aggiunga la presenza di un rischio elevato e/o una particolare gravosità per il
paziente con un'ulteriore sofferenza, in cui l'eccezionalità dei mezzi adoperati
risulti chiaramente sproporzionata agli obiettivi della condizione specifica.
Ricapitoliamo, per praticità, alcuni termini e relativi significati: “TERAPIA” è
l'insieme delle azioni finalizzate alla cura ed alla prevenzione di malattie. Si
parla di "ACCANIMENTO TERAPEUTICO" laddove le terapie sono volte al
solo mantenimento in vita (e non alla guarigione, giudicata impossibile) di
pazienti affetti da patologie altrimenti mortali.
L'EUTANASIA (letteralmente “buona morte” dal greco ευθανασία, composta
da ευ-, bene e θανατος, morte) è il procurare intenzionalmente e nel suo
interesse la morte di un individuo la cui qualità della vita sia permanentemente
compromessa da una malattia,menomazione o condizione psichica.
Mentre la terapia è professionalmente richiesta come attività professionale,
l'accanimento terapeutico è eticamente scorretto. Però la Legge italiana non
ammette l'eutanasia (considerata omicidio colposo) e quindi la definizione di
accanimento terapeutico assume connotazioni legislative sfumate per
l'applicazione pratica nella vita professionale di corsia.
In ogni caso la decisione finale sul prolungamento e la scelta delle terapie
spetta al medico curante, ed eventualmente (in ultima analisi) al magistrato
competente.
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LA PENA DI MORTE.
Questo capitolo esula dal programma di studi, ma facendo parte della Cultura
generale, l'ho voluto inserire a titolo documentaristico di un modo di agire.
La pena di morte, chiamata anche pena capitale, è l'uccisione di un individuo
ordinata da un tribunale in seguito ad una condanna.
Martedì 18 dicembre 2007, con 104 voti a favore, l'ONU ha approvato la
moratoria universale contro la pena di morte. All'iniziativa si sono espressi in
modo contrario 54 paesi, mentre 29 si sono astenuti. Per tale motivo a tutto
oggi restano nel mondo stati dove esiste ed è applicata la pena di morte.
La pena di morte in Italia, tranne che per il regicidio, l'alto tradimento e delitti
commessi in tempo di guerra, fu abolita la prima volta durante il Regno
d'Italia, nel 1889, nel codice penale opera del ministro liberale Giuseppe
Zanardelli. Fu reintrodotta dal regime fascista, abolita nel 1944 e
ripristinata l'anno seguente; con l'avvento della Repubblica (1946) è stata
espressamente vietata dalla Costituzione del 1948, tranne casi previsti da
leggi di guerra. Solo nel 1994 è stata abolita completamente, con
l'eliminazione degli articoli riguardanti nel Codice Penale Militare di Guerra.
La pena di morte è rimasta legale nella Città del Vaticano dal 1929 al 1969
ed era prevista solo in caso di tentato omicidio del papa. Tuttavia venne
rimossa dalla Legge fondamentale solo il 12 febbraio 2001, su iniziativa di
Giovanni Paolo II.
Di seguito riporto un estratto dal testo dei Patti Lateranensi firmati nel 1929
«Considerando la persona del Supremo Pontefice sacra e inviolabile, l'Italia
dichiara che qualunque attentato alla Sua persona o qualunque incitamento a
commettere tale attentato sia punibile con le medesime pene previste per tutti
i simili attentati o incitamenti condotti contro la persona del Re.
Tutte le offese o gli insulti commessi all'interno del territorio italiano contro la
persona del Supremo Pontefice, causati dal significato di discorsi, atti o scritti,
saranno punibili allo stesso modo che come offese e insulti contro la persona
del Re».
Al giorno d'oggi, l'iniezione letale è il metodo di esecuzione usato più
comunemente negli Stati Uniti d'America. Il carcerato è assicurato ad una
cinghia con le caviglie allineate e delle restrizioni al polso nella stanza di
preparazione fuori dalla camera. In seguito il condannato riceve diverse droghe
per via endovenosa. I comandi del monitor cardiaco e uno stetoscopio vengono
messi in funzione. Vengono accese due linee saline endovenose, una in ogni
braccio e il condannato è coperto con un lenzuolo.
Si iniettano in successione ed in un solo braccio (mentre l'altro riceve semplice
soluzione salina):
Sodium Thiopental: anestetico che causa incoscienza.
Pancuronium bromide: curaro che ferma la respirazione.
Cloruro di potassio: sale che arresta l'attività cardiaca.
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LE CURE PALLIATIVE.
Le Cure Palliative sono state recentemente regolamentate dalla Legge 15
marzo 2010, n. 38 “Disposizioni per garantire l'accesso alle cure palliative e
alla terapia del dolore” (pubblicata in Gazzetta Ufficiale n.65 del 19 marzo
2010). Qui di seguito si può trovare una sintesi degli articoli che riguardano la
professione di infermiere, per i dettagli consultare il testo completo (presente
anche su www.tarcisio.net).
Art. 1.(Finalità)
1.
La presente legge tutela il diritto del cittadino ad accedere alle cure
palliative e alla terapia del dolore.
2.
È tutelato e garantito, in particolare, l'accesso alle cure palliative e
alla terapia del dolore da parte del malato, come definito dall'articolo 2, comma
1, lettera c), nell'ambito dei livelli essenziali di assistenza di cui al decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001, pubblicato nel
supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 33 dell'8 febbraio 2002, al fine
di assicurare il rispetto della dignità e dell'autonomia della persona
umana, il bisogno di salute, l'equità nell'accesso all'assistenza, la qualità delle
cure e la loro appropriatezza riguardo alle specifiche esigenze, ai sensi
dell'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e
successive modificazioni.
Art. 2.(Definizioni)
a) «CURE PALLIATIVE»: l'insieme degli interventi terapeutici, diagnostici e
assistenziali, rivolti sia alla persona malata sia al suo nucleo familiare,
finalizzati alla cura attiva e totale dei pazienti la cui malattia di base,
caratterizzata da un'inarrestabile evoluzione e da una prognosi infausta, non
risponde più a trattamenti specifici;
b) «TERAPIA DEL DOLORE»: l'insieme di interventi diagnostici e terapeutici
volti a individuare e applicare alle forme morbose croniche idonee e
appropriate terapie farmacologiche, chirurgiche, strumentali, psicologiche e
riabilitative, tra loro variamente integrate, allo scopo di elaborare idonei
percorsi diagnostico-terapeutici per la soppressione e il controllo del dolore;
c)
«MALATO»: la persona affetta da una patologia ad andamento cronico
ed evolutivo, per la quale non esistono terapie o, se esse esistono, sono
inadeguate o sono risultate inefficaci ai fini della stabilizzazione della malattia o
di un prolungamento significativo della vita, nonché la persona affetta da una
patologia dolorosa cronica da moderata a severa;
d)
«RETI»: la rete nazionale per le cure palliative e la rete nazionale per la
terapia del dolore, volte a garantire la continuità assistenziale del malato dalla
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struttura ospedaliera al suo domicilio e costituite dall'insieme delle strutture
sanitarie, ospedaliere e territoriali, e assistenziali, delle figure professionali e
degli interventi diagnostici e terapeutici disponibili nelle regioni e nelle province
autonome, dedicati all'erogazione delle cure palliative, al controllo del dolore in
tutte le fasi della malattia, con particolare riferimento alle fasi avanzate e
terminali della stessa, e al supporto dei malati e dei loro familiari;
e) «ASSISTENZA RESIDENZIALE»: l'insieme degli interventi sanitari, sociosanitari e assistenziali nelle cure palliative erogati ininterrottamente da equipe
multidisciplinari
presso
una
struttura,
denominata
«HOSPICE»;f)
«ASSISTENZA DOMICILIARE»: l'insieme degli interventi sanitari, sociosanitari e assistenziali che garantiscono l'erogazione di cure palliative e di
terapia del dolore al domicilio della persona malata, per ciò che riguarda sia gli
interventi di base, coordinati dal medico di medicina generale, sia quelli delle
equipe specialistiche di cure palliative, di cui il medico di medicina generale è
in ogni caso parte integrante, garantendo una continuità assistenziale
ininterrotta;
g) «DAY HOSPICE»: l'articolazione organizzativa degli hospice che eroga
prestazioni diagnostico-terapeutiche e assistenziali a ciclo diurno non eseguibili
a domicilio;
h) «ASSISTENZA SPECIALISTICA DI TERAPIA DEL DOLORE»: l'insieme
degli interventi sanitari e assistenziali di terapia del dolore erogati in regime
ambulatoriale, di day hospital e di ricovero ordinario e sul territorio da equipe
specialistiche.
Art. 7. (Obbligo di riportare la rilevazione del dolore all'interno della
cartella clinica)
1.
All'interno
della
cartella
clinica,
nelle
sezioni
medica
ed
infermieristica, in uso presso tutte le strutture sanitarie, devono essere
riportati le caratteristiche del dolore rilevato e della sua evoluzione nel corso
del ricovero, nonché la tecnica antalgica e i farmaci utilizzati, i relativi dosaggi
e il risultato antalgico conseguito.
Art. 8.(Formazione e aggiornamento del personale medico e sanitario
in materia di cure palliative e di terapia del dolore)
1.
Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge il
Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro
della salute, ai sensi dell'articolo 17, comma 95, della legge 15 maggio 1997,
n. 127, e successive modificazioni, individua con uno o più decreti i criteri
generali per la disciplina degli ordinamenti didattici di specifici percorsi
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formativi in materia di cure palliative e di terapia del dolore connesso alle
malattie neoplastiche e a patologie croniche e degenerative. Con i medesimi
decreti sono individuati i criteri per l'istituzione di master in cure palliative e
nella terapia del dolore.
Art. 10.(Semplificazione delle procedure
impiegati nella terapia del dolore)
di
accessoai
medicinali
e) all'articolo 43, dopo il comma 4 è inserito il seguente:«4-bis. Per la
prescrizione, nell'ambito del Servizio sanitario nazionale, di farmaci previsti
dall'allegato III-bis per il trattamento di pazienti affetti da dolore severo, in
luogo del ricettario di cui al comma 1, contenente le ricette a ricalco di cui al
comma 4, può essere utilizzato il ricettario del Servizio sanitario
nazionale, disciplinato dal decreto del Ministro dell'economia e delle finanze
17 marzo 2008, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n.
86 dell'11 aprile 2008.
Come commentario alla presente Legge riporto una scheda tecnica a firma
Stefano Cecconi del 18 marzo 2010:
<<La nuova Legge sulle cure palliative e sulle terapie del dolore è stata
approvata il 9 marzo 2010 dalla Camera, praticamente all’unanimità: con
476 voti a favore e due astensioni.
Il provvedimento interessa più di 250 mila famiglie di malati cronici e 11
mila bambini (oltre il 50% colpito da malattie tumorali). Sono spesso persone
che affrontano le fasi avanzate di una patologia non guaribile e muoiono
dopo inutili sofferenze. L’ultimo “Rapporto sullo stato di salute del Paese e
del Servizio Sanitario Nazionale” ci dice che è grave la carenza di strutture per
le cure palliative. E il rapporto 2007 sugli Hospice (Ministero della Salute)
segnala che l’offerta di posti letto copre meno del 45% del fabbisogno
programmato, con enormi differenze tra regioni.
La Legge colma finalmente una grave lacuna, con la definizione chiara della
rete delle cure palliative, distinta da quella della terapia del dolore, la ulteriore
precisazione sulle cure palliative come livelli essenziali di assistenza, la
semplificazione nella prescrizione dei farmaci antidolore, la formazione
specifica rivolta al personale, l'istituzione di un monitoraggio ministeriale
dell'attuazione della rete.
Le cure palliative sono definite dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come
"... un approccio che migliora la qualità della vita dei malati e delle loro
famiglie che si trovano ad affrontare le problematiche associate a malattie
inguaribili, attraverso la prevenzione e il sollievo della sofferenza per mezzo di
una identificazione precoce e di un ottimale trattamento del dolore e delle altre
problematiche di natura fisica, psicosociale e spirituale …”
Con le cure palliative la questione cruciale è dunque riconoscere il diritto di
ogni persona a vivere sino all’ultimo istante con dignità e con la minore
sofferenza possibile. Questo diritto non si afferma “spontaneamente” ma - e
di questo si occupa la legge - solo se l’assistenza è organizzata, se la
programmazione regionale e locale dedica attenzione adeguata e se garantisce
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risorse. Perché servono operatori con professionalità elevata, capaci di
relazioni difficili, con persone – malati e familiari – che stanno soffrendo o si
avvicinano alla morte.
In questo ambito, è particolarmente significativo il lavoro degli operatori,
nel quale il gesto tecnico e la relazione umana con l’ammalato sono
componenti inscindibili della professionalità e qualificano l‘assistenza.
Certamente è un’assistenza più impegnativa ma anche immensamente più
ricca, per chi la esercita e per chi la riceve. Un’assistenza in cui ha evidenza
scientifica la maggiore efficacia dell’approccio globale, dove lo sguardo clinico
diventa sguardo alla persona e all’insieme dei suoi bisogni fisici, psicologici,
sociali, affettivi. Un modello assistenziale impraticabile senza riconoscere la
soggettività del malato.
La legge sulle cure palliative e sulla terapia del dolore può così aiutarci a
ritrovare la dimensione più autentica dell’assistenza sanitaria. Ora inizia
il compito più impegnativo, attuarla>>.
Che altro dire ? … in bocca al lupo per l'esame !
Tarcisio Niglio
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INDICE.
Introduzione ................... .............................
1
Un po' di storia ............... .............................
2
La prevenzione ................. .............................
3
La prevenzione primaria ........ .............................
6
La prevenzione secondaria ...... .............................
9
La prevenzione terziaria ....... ............................. 12
Le vaccinazioni ................ ............................. 13
Raccomandazioni Min Salute ..... ............................. 16
Calendario vaccinale italiano .. ............................. 22
Le tossicodipendenze ........... ............................. 24
Etilismo ....................... ............................. 25
La Professione Infermieristica . ............................. 28
L'inizio della vita ............ ............................. 32
Punteggio Apgar ................ ............................. 34
La fine della vita ............. ............................. 35
Le cure palliative ............. ............................. 38
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