IMPRONTE DIGITALI Vivere in rete: relazioni, apprendimenti, divertimento, identità… e rischi 27 aprile 2015 Indice Premesse...............................................................................................................................................2 Essere. Avere. Appartenere..................................................................................................................2 Vita virtuale... o vita reale? ..................................................................................................................4 L'evoluzione della specie .....................................................................................................................5 Privacy e dintorni .................................................................................................................................7 Conseguenze reali - Il limite con la legalità.......................................................................................10 Nuove dipendenze..............................................................................................................................11 "L'importante è che ci sia la salute." Sarà così?.................................................................................13 Nave scuola virtuale...........................................................................................................................15 Premesse Le tecnologie hanno modificato notevolmente i rapporti interpersonali e le consuetudini comunicative. L'essere nati immersi nella società ipertecnologica e il vivere quotidianamente a contatto con la realtà multimediale fanno sì che le nuove generazioni percepiscano ed elaborino la realtà in modo differente dagli adulti in quanto immersi sin dalla nascita in un contesto prettamente digitale. Il mondo adulto non è che non si possa integrare, tutt'altro, ma può nei suoi processi mentali confrontare un "prima" e un "dopo". Esemplare in tal senso una nonna che, pensando alle macchine fotografiche, per definire i nuovi modelli, aggiunge il termine "digitali", mentre per il nipote adolescente esistono solo macchine digitali e non ha mai avuto a che fare con rullini, album di fotografie o caricatori di diapositive, né ha mai dovuto attendere lo sviluppo e la stampa di uno scatto per vedere se in una foto era venuto col sorriso giusto. Occorre quindi aiutare i giovani a orientarsi e a gestire in modo consapevole le proprie relazioni e gli adulti a riappropiarsi del compito educativo assicurando ai ragazzi una presenza attenta e una guida sicura. Essere. Avere. Appartenere. Le relazioni quotidiane di ognuno di noi orientano inevitabilmente i comportamenti, gli stili di vita e le scelte che facciamo a seconda dei contesti in cui ci ritroviamo. “Nessun uomo è un’isola” direbbe Thomas Merton osservando mirabilmente che l'inclusione in un gruppo piuttosto che in un altro è veicolata molto spesso da processi 2 di appartenenza collettivi. L’integrazione in certi casi avviene attraverso processi di omologazione e di condizionamento tra i soggetti. Questo non è necessariamente un male, ma spinge talvolta a pensare, a dire, a fare delle scelte che sono più imposte dal gruppo che dall’intenzionalità dell’individuo. L'omologazione nei contesti che osserviamo (scuola, università, mondo del lavoro, centri cittadini…) sembra essere percepita come un valore, spesso persino a discapito della diversità e dell'originalità. E' dunque chiaro che un sostegno all’iniziativa personale deve incrociarsi con le dinamiche di gruppo, così come le potenzialità del gruppo possono essere efficacemente orientate verso la realizzazione di obiettivi comuni. Entrambe le dinamiche sono da tenere in considerazione nei processi educativi e determinano uno spazio di lavoro importante soprattutto nell’età adolescenziale, quando la personalità dell’individuo è posta di fronte ad un coacervo di scelte e di bivi tra i quali districarsi e si trova a decidere talvolta usando il pronome personale “IO” talaltra, inevitabilmente, il “NOI”. L'una e l'altra dinamica offrono grandi potenzialità e, al tempo stesso, grandi rischi di devianza. “Non farti influenzare” Istituzione Scolastica Ida Viglino Villeneuve (AO) Classe II A – A.S. 2010-2011 A ispirare questa immagine l’idea di non seguire ciecamente le tendenze e le mode del momento, ma un invito a coltivare idee e stili di vita personali sia nel virtuale che nel mondo reale. Durante i nostri percorsi educativi, partire nei lavori di gruppo da questi temi ci ha offerto una trasversalità di approcci e di temi grazie alla quale ci è stato possibile declinare gli incontri (dalla prevenzione all’uso di sostanze ai rapporti tra ragazzi e ragazze; dai percorsi sulla legalità all’utilizzo delle nuove tecnologie). Avendo questa base di partenza, i temi dei nuovi media offrono un grande spunto per cominciare a parlarne ponendoci la domanda: “Che cosa sono per noi?” E non sempre le risposte sono così scontate. 3 Vita virtuale... o vita reale? "Entrando" nei contesti virtuali, immediatamente ci si scontra con un quesito psicologico non da poco: "Qui dentro... chi voglio essere io?" Giocando ad un videogioco di ruolo, è meglio essere bello muscoloso o una donna? su Facebook mi rappresento con il profilo destro o con quello sinistro? è meglio dire in una chat qualcosa di popolare o piuttosto di violento? quale nome darò alla mia casella di posta elettronica? Nei contesti virtuali possiamo scegliere come presentarci, in essi raccontiamo pian pianino, click dopo click, una delle tante rappresentazioni possibili di noi stessi, potendo addirittura determinarne il grado di vicinanza o di lontanza dalla realtà. A partire proprio dal nickname per il quale vogliamo essere identificati, dallo stato che ci rappresenta "filosoficamente", dalla foto che raccoglie il meglio di ciò che vogliamo mostrare di noi potenzialmente al mondo intero. Questa, queste proiezioni... si definiscono AVATAR. Termine ormai un po’ desueto dopo aver avuto una certa diffusione nella prima decade del 2000. L'avatar è un'immagine scelta per entrare a far parte di comunità virtuali, di luoghi di aggregazione, di discussione o di gioco on-line. "Chi voglio essere io?" Quindi... quando si crea un nuovo profilo su Internet, un nuovo avatar, lo si immagina il più popolare possibile e, pezzo dopo pezzo, lo si costruisce senza quei difetti che nel mondo reale non ci piacciono. Questa maschera virtuale può anche portare a liberare parti della personalità che sono aggressive, portando - sono sempre più numerosi i casi di cronaca in tal senso - a fenomeni degenerativi dati dall'essersi nascosti dietro una copertura apparente capace di liberare attacchi violenti verso bersagli più o meno inermi. Anche rispetto a questo tema non si può vedere solo il bicchiere mezzo vuoto. Per molte persone è esaltante la potenzialità data dagli avatar di sperimentarsi in altri panni che non siano i propri. La cartolina vuol sottolineare l’importanza di rimanere se stessi anche nell’ambito virtuale e ci richiama alle nostre responsabilità, ribadendo il rischio di avere una o più immagini di noi che non ci rappresentano affatto “Reale o Virtuale? Istituzione Scolastica Saint-Roch, Aosta Classe II C – A.S. 2010-2011 4 Uscire dal proprio corpo può essere divertente e stimolante e, in alcuni casi, persino terapeutico. Sono sempre di più gli utilizzi anche educativi in questi ambiti. La mediazione tra ciò che si fa in rete e nella realtà è però uno spazio tutto da immaginare. La convivenza non solo intrapsichica, che comporta avere più personalità più o meno vincenti, ma anche quella sociale, che consiste nel dire e fare cose diverse nel reale e nel virtuale, sono davvero degli spazi che possono portare ad immaginare prospettive nuove per tutta la sfera della formazione così come degli ambiti educativi. L'evoluzione della specie La teoria evoluzionistica afferma che l'adattamento ad un ambiente modifica le specie che in esso vivono. Non sopravvivono gli organismi migliori, bensì quelli che meglio sanno adattarsi all'ambiente e ai suoi cambiamenti. Anche nell'ambiente virtuale si può osservare un'evoluzione, per esempio quella del linguaggio e della scrittura che in esso si sviluppano. L'utilizzo sistematico delle nuove tecnologie, infatti, ha portato ad una graduale, ma inesorabile, modifica della grammatica utilizzata nelle chat e negli sms. Mentre le parole si contraggono, la punteggiatura assume valore di parola e comunica emozioni e stati d'animo [ le faccine :-) ]. La scrittura è diventata economica, favorisce un risparmio di caratteri e da più informazioni in meno tempo. È necessaria una certa abilità nel padroneggiare la nuova grammatica per farsi capire con pochi segni grafici, tuttavia occorre sviluppare altrettanta abilità laddove ci viene richiesta una modalità di scrittura “tradizionale”. Sui nuovi linguaggi si evidenzia molto spesso una grande distanza tra le generazioni. In tal senso, sorprende notare come la progressiva contrazione delle parole e la "scomparsa" delle vocali avvicinino la videoscrittura odierna alle scritture antiche. Decifrare un'epigrafe romana non è un'operazione scontata per lo studioso di oggi, mentre lo era, paradossalmente, per l'uomo non scolarizzato dell'epoca, che possedeva quella capacità minima di lettura necessaria a decifrare le lapidariae litterae. Non è sorprendente che vi sia in questo una certa analogia con la lontananza che separa oggi adulti che sono "immigrati digitali" da giovanissimi "nativi digitali"? Si tratta di considerazioni per niente secondarie, perché sappiamo che la lingua orienta il pensiero e il modo di pensare. Secondo l'ipotesi di Sapir-Whorf o della relatività linguistica, infatti, lo sviluppo cognitivo di ciascun essere umano è influenzato dalla lingua che parla. Nella sua forma più estrema, questa teoria sostiene che il modo di esprimersi determini il modo di pensare. Quindi, un ragazzo abituato a scrivere in chat sarà più abile a scrivere in maniera contratta e veloce. Con più difficoltà scriverà temi lunghi con complicate subordinate. 5 Avrà all'opposto un pensiero più economico, tenderà ad essere più reattivo e meno riflessivo in una dinamica comunicativa molto più compulsiva. Non c'è giudizio in questo, occore invece che in sede di stesura di progetti educativi si tengano in debita considerazione queste distanze e queste peculiarità che sono proprie degli ambiti di vita delle nuove generazioni e che incidono fortemente sull'apprendimento più tradizionale. “Dzionario” Istituzione Scolastica Luigi Barone Verres (AO) Classe II C – A.S. 2011-2012 Tutto ormai si concentra in un oggetto: il cellulare. Nel tempo con le nuove tecnologie si è affacciato non solo un nuovo modo di comunicare, ma un vero e proprio nuovo modo di scrivere, anche le proprie emozioni. I libri ormai si possono leggere sugli smartphone, e i dizionari spesso sono stati inglobati da funzioni presenti negli apparecchi portatili. Apparentemente questo concentramento allontanerebbe l’homo technologicus dalla lettura, ma è vero che si legge e che si scrive meno rispetto alle generazioni passate? Questo tema degli apprendimenti o delle nuove modalità cognitive legate all’apprendimento è forse uno dei più inesplorati e dei più intriganti, ma con effetti evidenti sul modo di approcciarsi al mondo da parte delle nuove generazioni. - La smentita del principio di non-contraddizione della logica classica: quando chatti, si scrive o si parla? Quando sono su Facebook in contatto con 80 persone o in una video chat nella mia cameretta, sono da solo o in compagnia? Domande appunto, non in contraddizione per le nuove generazioni. Il mondo non è più una cosa sola, ma una rete capace di tenere insieme cose distanti e in antitesi. - La memoria: avendo, o usando meglio dire, solo supporti virtuali per stoccare dati, può voler dire perdere tutto una volta che si brucia il database. Avere solo 6 memorie virtuali può voler dire perdere foto, contatti, scritti… ricordi. Ed è dimostrato come le nuove generazioni utilizzando poco la loro memoria tendano ad allenarla poco, e quindi ad averne meno, a perderne in parte le sue potenzialità. - Lo studio: l'apprendimento a scuola passa prima per il libro e poi per la verifica di ciò che si è studiato. Nei mondi virtuali, invece, tutto passa per il fare, l'agire o addirittura lo sbagliare. Non si è mai visto un ragazzo studiare il libretto delle istruzioni prima di accendere un cellulare nuovo. - Il rapporto tra discente e docente è stato sin qui statico e tradizionalmente unilaterale. All'opposto oggi apprendendo dal fare, e non da un libretto delle istruzioni (o di testo, è la stessa cosa) assistiamo a una dinamica nuova di formazione/apprendimento circolare, operativa e che esclude il più delle volte gli adulti. Questi ultimi, avendo imparato con modelli precedenti, per capire i protocolli da seguire anche solo per accedere ad una pagina di Internet qualsiasi, non riescono a fare a meno di scriversi su un bel quadernino: schiaccia il tasto On/Off, poi... vai sulla bandierina in basso, poi... poi, poi, poi... Poi... guardano al particolare e non alla logica del globale con non solo determina il contesto, ma dà anche le risposte. Non a caso è in netta espansione la produzione di video tutorial su piattaforme come Youtube. Video che danno risposte immediate a problemi concreti e non di concetto. E in netta ascesa sono quindi i protagonisti di questi video (gli youtuber) che oggi sono le nuove star mediatiche con milioni di “seguaci”. - La morte: nei contesti virtuali il rapporto con l'errore è spesso identificato con le vite che si hanno a disposizione. Morire è un po' come imparare per poter andare avanti. Perdere un anno a scuola è un po' come morire, la bocciatura non ha la stessa importanza rispetto a 15 anni fa. C'è da lavorare... ci sono da pensare nuovi modelli formativi. Privacy e dintorni Quando si parla di Internet, un tema importante è senza dubbio la questione della privacy. Non sempre si ha la consapevolezza di quanto sia facile per qualcuno carpire i nostri dati sensibili pubblicati in rete. E' importante aiutare giovani e adulti a scegliere bene quali informazioni personali condividere nel mondo virtuale e quali dati invece tenere per sé, tutelandoli. È una sorta di dubbio “amletico” come quello che gli innamorati hanno nello sfogliare la margherita dicendo “m'ama, non m'ama...”, (come rappresentato nell’immagine). E' importante altresì tutelare la privacy degli altri pubblicando immagini o dati altrui che in fondo non ci appartengono del tutto. 7 Il rapporto che i nuovi media ci spingono ad avere con i nostri dati sensibili è molto veloce e superficiale, basta un “accetta” in fondo a decine di pagine scritte fitte fitte per delegare ogni nostro contenuto sia di interesse dei siti che si visitiamo. Google vuole sapere la tua posizione in ogni momento... su qualsiasi forum viene chiesto nome, cognome, età, residenza... tutte le applicazioni (app) che si scaricano, Whatsapp in testa, ti chiedono di accettare un contratto che libera i tuoi dati che scaricherai successivamente... questo primariamente per essere rivenduti a fini pubblicitari e forse col fine ultimo del controllo sociale. Sono molte le voci di finanziatori di intelligence occulti (C.I.A. in testa), forse non è un caso se spesso contenuti scomodi di contro-informazione vengano rimossi, se non addirittura profili interi vengono oscurati per la tutela di sensibilità non ben identificate. Uno studio pubblicato in gennaio dell’università di Cambridge (http://www.wired.it/internet/social-network/2015/01/13/facebook-like/) dimostra come Facebook con 10 “mi piace” cliccati da uno stesso utente, attraverso i suoi data base, riesca a delineare un profilo più accurato di un amico comune, con 70 metterebbe in crisi un coinquilino e con 150 partner e familiari! Il patron di Fb Zuckemberg dichiarò, prima di essere perseguitato da uno stalker attraverso la piattaforma da lui stesso creata, che il concetto di privacy era un concetto del secolo chiuso 15 anni fa. Oggi, dopo la brutta vicenda subita, la pensa diversamente... ma solo per quanto riguarda i suoi dati, non per quelli del restante miliardo di iscritti alla sua creatura. Non solo le multinazionali che detengono il controllo delle informazioni che vengono condivise però, attivano dei circoli viziosi sfruttando le informazioni personali altrui. Certamente le immagini che circolano in rete sono una parte consistente dell’attrattiva che Internet esercita sui suoi utenti. Tra gli adolescenti oggi la piattaforma sociale in più rapida espansione è Instagram che è focalizzata espressamente sulla condivisione libera di immagini. Tutti pubblicano foto, taggano amici, ritoccano immagini e l’apparire sembra oggi la cosa più importante. Più si è visti, più si è popolari. Ma quando si tratta della propria immagine è necessario porre molta attenzione: non sempre ci sono buone intenzioni in chi guarda le nostre foto e per chiunque sarebbe cosa spiacevole ritrovarsi modificati in qualche sito senza aver dato il consenso. Inoltre, non sempre c’è la consapevolezza che le immagini condivise oggi, possano avere un futuro autonomo diverso dalle intenzioni iniziali con le quali si sono scattate e condivise. Le immagini automaticamente, come vengono salvate nei data base delle multinazionali hi-tech, vengono salvate anche nelle memorie dei singoli supporti nelle quali circolano. La pratica della diffusione di immagini di ex fidanzate ritratte in pose “osé” rimaste per chissà quanto tempo salvate nei cellulari, magari persino dimenticate, possono essere riesumate per fini vendicativi. Un fenomeno questo con un suo termine specifico che lo definisce: si parla di revenge porn. Ma la consapevolezza che le vite virtuali abbiano un futuro autonomo e non controllabile, è una percezione che non è diffusa nelle nuove generazioni. Fare foto o video osè per 8 condividerli in rete (sex thing) ha molto a che fare con l’apparire e con l’essere riconosciuti nel momento presente, come se non ci fosse un domani. Non vi è una consapevolezza diffusa che delle mie immagini possano essere causa di ritorsioni, se non quando situazioni di questo tipo mi colpiscono direttamente o colpiscono qualcuno a me vicino. Così come non vi è la consapevolezza in chi esercita la violenza di diffondere immagini private di compiere un atto illegale. Gli smart-phone che permettono di fare tutto nelle mani di ragazzi di 10 anni o anche meno non può prescindere da un’educazione al loro utilizzo per permettergli di cogliere le potenzialità di tali strumenti come di vederne gli enormi rischi. D’altra parte rispetto a questi temi il vissuto degli adulti è spesso distante culturalmente, non fosse altro perché certe pratiche ai più risultano inverosimili. Una moglie filmata dal marito in camera da letto è un fatto privato e pensato e vissuto come tale nella nostra cultura di origine. La domanda da farsi è perché invece una stessa situazione per le nuove generazioni è vissuta invece come un fatto pubblico e persino accattivante. Porre al centro educativo un’attenzione particolare alle conseguenze delle proprie azioni (anche virtuali) è un’urgenza da tenere presente. La copertura di cui si gode dietro a un monitor porta spesso all'emergere delle pulsioni voyeristiche insite in ciascuno di noi e per le quali può capitarci di finire spesso a osservare gli altri in un modo che sembra più vicino allo spiare che al semplice curiosare. Certo è che così come può capitarci di "seguire" le novità nei profili degli altri, potrebbe succedere proprio a noi di ritrovarci dall'altra parte diventando noi i controllati e gli spiati, anche pesantemente. Abbiamo una immagine da difendere, l'unica cosa che può metterci al sicuro da brutte sorprese è tutelarla in partenza. Non sempre si ha la consapevolezza di quanto sia facile carpire i nostri dati sensibili pubblicati in rete. L’invito veicolato dall’immagine è di riflettere prima di decidere quali informazioni personali condividere nel mondo virtuale e quali dati invece tenere per sé, tutelandoli “Taggo, non taggo?” Istituzione Scolastica Ida Viglino Villeneuve (AO) Classe II A – A.S. 2010-2011 9 Conseguenze reali - Il limite con la legalità Non tutto quello che è possibile fare è lecito, neanche quando ci si trova su Internet. Anche le azioni virtuali sono regolate da leggi e lo scaricare canzoni o film non è sempre legalmente possibile. Occorre avere molta consapevolezza di ciò che si fa per non rischiare spiacevoli conseguenze... reali! e non virtuali. E' questo uno degli approcci più diffusi che vediamo nel mondo adulto nell'affrontare la questione tecnologica con i giovani. Diffusissimi sono gli incontri organizzati con la Polizia Postale, con i Vigili di prossimità o i con i Carabinieri nelle scuole, nelle parrocchie, ecc... Forse perché qui si concentrano le maggiori paure dei genitori e degli educatori che vedono in un modello repressivo un possibile strumento per instillare la paura nelle nuove generazioni e per limitare l'uso della rete spesso considerato esagerato e incontrollabile. La sensazione è che si voglia porre un terzo (il poliziotto), in quanto tutore della legge, come figura superpartes capace di porre limiti che, senza giudicare nessuno, aiuti genitori e insegnanti a mettere artificialmente e dall'esterno quei recinti che non si riescono più a costruire solo perseguendo la sfera relazionale o didattica. Nei mondi virtuali è evidente un cambio di approccio alla socialità e alla solitudine. Da una parte vi è la solitudine fisica davanti a un monitor, dall'altra la potenzialità di essere in contatto con "amici" di tutto il mondo. Questo sposta, in maniera significativa, sulla percezione individuale e quindi privata l'attivazione di comportamenti che rispettino regole comuni di una comunità che nel frattempo, essendo divenuta globale, non è mai de-finita. Come a dire che il diritto nasce come un'esigenza di convivenza, ma se vivo il virtuale come un fatto privato, terrò per buone le regole che sono io a darmi. E in questo è evidente una dinamica diffusa di un diritto individualista che tiene prima di tutto conto della convenienza privata. Le differenza tra comunità reali e virtuali in tal senso è fortissima rispetto ad un controllo sociale diffuso. Al di là dei tutori della legge che al momento possono dedicarsi per questioni di disponibilità e di fondi solo alle situazioni più estreme dei reati virtuali (la pedofilia per esempio), non è possibile perseguire tutti i reati che i singoli fanno in rete. Per cui si può un po' dire che vige nel web la legge del più forte, siamo in un'età di frontiera, un far west in cui un galateo di comportamento condiviso, perché ritenuto necessario per la convivenza, è tutto da costruire, anche - e dal nostro punto di vista soprattutto - partendo dalla sfera educativa e non da quella repressiva. Sfera, quest'ultima, che rimane ovviamente necessaria. Il rispetto dell'altro è un concetto che se nella vita reale è andato via via sbiadendosi, nei contesti virtuali è tutto da costruire e da immaginare. E talvolta la lezione scolastica del Vigile è percepita come uno strumento che vuole reprimere comportamenti in un contesto in cui vigono altre regole. 10 Nella comunicazione virtuale è facile essere fraintesi, ferire gli interlocutori, senza neanche rendersene conto. Non si ha un vero e proprio feedback che passi su altri canali comunicativi se non quello verbale. La mancanza della fisicità rischia di portare ad azioni superficiali e a rischi di ambiguità. Il lavoro sta anche nell'attivare processi di diritto comune nuovi in un contesto nuovo, e non nel proporre strumenti vecchi in un contesto del tutto diverso. Nuove dipendenze Un uso eccessivo e prolungato degli strumenti tecnologici può portare a una vera e propria dipendenza. Ce ne accorgiamo “Click… boxing” Istituzione Comunità Montana Valdigne Montsoprattutto quando, per un motivo o per un Blanc altro, ci troviamo senza quell’oggetto o quel Courmayeur (AO) gioco a cui siamo particolarmente legati. Classe III B – A.S. 2010-2011 Eventuali problemi sulla linea Internet o la rottura della nostra consolle preferita, in alcuni casi costituiscono delle vere e proprie tragedie personali. Tanto più siamo disperati, tanto più è forte il nostro legame con l’oggetto in questione. Le nuove tecnologie sono entrate in maniera massiccia nella vita di ciascuno di noi. Con i nuovi mezzi messi a disposizione si ampliano di gran lunga le possibilità e le capacità umane: si comunica più facilmente e velocemente, ci si mette in contatto con chiunque in un istante, si costruiscono mondi alternativi, si fanno sport estremi, si sperimentano vite diverse e da supereroi. Tutte queste possibilità sono senza dubbio molto stimolanti e il rischio è di pensare le tecnologie come qualcosa di cui non si può più fare a meno, arrivando in alcuni casi ad una vera e propria dipendenza. Per questo motivo la privazione di cellulari o videogiochi costituisce oggi una tipica punizione scelta dai genitori per porre dei limiti ai propri figli; ma a guardare con oggettività le dinamiche sociali questa nuova dipendenza vale tanto per i giovani, quanto per gli adulti. (http://www.youtube.com/watch?v=dYh7zZLEvvw) Gli operatori di comunità e dei servizi di accoglienza raccontano che negli ultimi anni vi è stato un incremento esponenziale di casi di questo tipo tra coloro che bussano alla loro porta in cerca di aiuto. 11 Esistono alcune linee di contiguità rispetto alle dipendenze da sostanze più tradizionali e questo può facilitare nei casi patologici un approccio medicalizzato, ma forse delle peculiarità vi sono... Vi è certo il dipendente "totale", quello che gioca on-line gioco e notte (vittima del gambling, forma del gioco d’azzardo), quello che viene definito Hikikomori, che non esce dalla propria stanza per mesi o anni in certi casi, che ha scelto il mondo virtuale a scapito di quello reale, quello che ha mille amici... e forse nessuno allo stesso tempo. (http://www.libero-pensiero.net/si-chiama-hikikomori-e-considerato-il-piu-grandepericolo-psico-sociale-per-la-nostra-specie/) Ma vi è soprattutto una dipendenza sociale dalle tecnologie che ci riguarda tutti, in cui tutti siamo immersi e che apparentemente non sembra determinarci particolari problemi o sintomi strani. La maggior parte di noi giudica come stupidi quelli che aspettano per giorni fuori dal negozio con una mela morsicata nel logo, ma poi quel cellulare se lo compra a rate. In Italia in particolare la corsa al tecnologico dice che la vita media di un pc è di due anni, quando nel resto d'Europa la media è quasi il doppio del tempo. Come si fa a uscire da una dipendenza collettiva se certi oggetti sono passati dall'essere secondari e pleonastici al diventare oggetti che soddisfano bisogni sempre più profondi, primari? “Il nostro cibo quotidiano” Istituzione Ida Viglino Villeneuve (AO) Classe II B – A.S. 2010-2011 Il frigorifero pieno di oggetti tecnologici ci rimanda all’idea che essi sono diventati ormai per noi qualcosa di necessario per la nostra sopravvivenza, come il cibo. Ma quale bisogno allora oggi soddisfano questi oggetti? Forse è questa la domanda da porsi. Dal lavoro negli anni svolto nelle questi temi, il paradosso che emerge è che gli strumenti tecnologici ci permettono di non restare soli. Fanno superare la 12 solitudine. Per un adulto il cellulare serve per collegarsi agli altri, per le giovani generazioni è lo strumento stesso il legame col mondo e il restare sempre connessi è l'unico modo per non essere morti, come ci disse una ragazza già sei anni fa in una classe. E allora, come capita per le nuove sostanze da prestazione, come la cocaina, il lavoro di "riabilitazione" si può fare rispetto all'allontanamento dalla sostanza stessa, ma noi sappiamo che dietro di essa la causa vera è la relazione disturbata che si ha col mondo. Allo stesso modo, avviene con le tecnologie: se si toglie il cellulare per una settimana per punizione, si sa che questo non distanzierà il ragazzo dall'oggetto stesso. È pensabile che tra un mese, un anno o più, il ragazzo o il mondo che lo circonda userano meno il cellulare? Ovviamento no! Forse il lavoro da fare è sulla causa più profonda, sulle dinamiche inclusive, sulle relazioni, sul concetto di solitudine e di vincente/perdente. Tutto questo pone grandi sfide ai giovani, ma soprattutto agli adulti. "L'importante è che ci sia la salute." Sarà così? In un forum su Internet, a commento di due tabelle, una piuttosto breve con elenco di modelli di cellulari in vendita tutti caratterizzati dalla bassa emissione di onde elettromagnetiche e una ben più lunga nella quale sono riportati tutti i telefonini in commercio che superano i livelli minimi stabiliti dalla normativa, leggo: "adesso servirebbe una bella interrogazione parlamentare sul perché siano in commercio dei cellulari che non rispettano le direttive sulla sicurezza". È difficile pensare che qualcosa che non si vede in realtà ci sia. Invisibili agli occhi, ci circondano e hanno delle ripercussioni sul nostro organismo: sono le onde elettromagnetiche. Gli apparecchi tecnologici wireless emanano onde che raggiungono il nostro organismo e possono provocare disturbi. Custodire il telefono tutta la notte acceso sotto il cuscino o metterlo nelle tasche dei jeans vicino agli organi genitali sono alcune tra le abitudini più diffuse. Il nostro corpo, bombardato costantemente da onde elettromagnetiche, ne risente e a lungo andare potrebbe anche subirne delle conseguenze negative. Su questo tema le voci discordano e a seconda della fonte c'è chi difende una teoria e chi quella opposta. L'Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro di Lione (IARC) ha annunciato il 31 maggio 2011 che un gruppo di 31 scienziati esperti di radiazioni elettromagnetiche e provenienti da 14 paesi, si è riunito a Lione per valutare i risultati di tutti gli studi già pubblicati, volti ad accertare "il rischio cancerogeno potenziale dovuto all'esposizione a campi elettromagnetici a radiofrequenza" (per intenderci, quelli 13 provocati dalle radiazioni non ionizzanti emesse dai telefoni senza fili, ma anche dai segnali radio-televisivi, dai radar e dai forni a microonde). “Onda Energetica” Istituzione Scolastica Ida Viglino Villeneuve (AO) Classe II D – A.S. 2011-2012 Gli apparecchi tecnologici bombardano di onde elettromagnetiche in maniera del tutto inconsapevole tutti coloro che ci passano attraverso. La quantità di onde presente nei centri urbani è definita elettrosmog. Porsi il dubbio che tutta questa esposizione sia neutra per la salute pubblica è quanto meno lecito. I risultati di questa analisi approfondita sono stati pubblicati in una monografia della IARC e sulla rivista The Lancet Oncology il primo luglio. Il gruppo di lavoro "ha classificato i campi elettromagnetici a radiofrequenza come possibilmente cancerogeni per gli esseri umani (gruppo 2B), in base a un aumentato rischio di sviluppare un glioma, un tumore maligno del cervello, associato all'uso di telefoni senza fili". Per comprenderne il significato è importante chiarire che cosa significano i termini utilizzati. Il gruppo 2B comprende i cosiddetti "possibili" cancerogeni: si tratta di un ampio insieme di sostanze e agenti sotto osservazione, che attualmente non sono ritenuti né cancerogeni "probabili" (gruppo 2A), né cancerogeni "certi" (gruppo 1). Per mettere le cose in prospettiva, il gruppo 2B comprende anche il caffèi. Anche questo studio, ormai datato, lascia aperte le porte ad interpretazioni discordanti. Ma il punto forse non è stabilire oggi se essere immersi in campi di elettrosmog sia letale o meno, quanto piuttosto porci il problema nelle case, nelle scuole, nelle città... al fine di tutelare tutti qualora la questione diventasse drammatica in futuro. Ci troviamo di fatto inseriti all'interno di un grande esperimento, saperlo e affrontare la questione senza timore di dirsi che tutto ciò potrebbe essere davvero pericoloso, può farci attivare già oggi, in un'ottica di prevenzione, dei comportamenti di 14 autoprotezione senza aspettare un domani in cui la situazione potrebbe essersi nel frattempo trasformatasi in emergenza. Nave scuola virtuale Navigando su Internet è molto facile incappare in siti o immagini pornografiche. Anche se si sta facendo una ricerca che nulla ha a che fare con la sessualità, può capitare di imbatterci in scene osé. Che lo si cerchi espressamente o che ci si ritrovi per caso, il sesso è presente in rete. Quello che occorre tenere presente è che quella così rappresentata è una visione della sessualità solo parziale oltre che estrema. È solo una piccola parte di una questione molto più ampia e complessa. Soprattutto se ci si approccia a questo tema per la prima volta (la parola “sesso” è la più digitata sui motori di ricerca!), allora la mole di informazioni, video e immagini che si trovano in rete risulta essere assolutamente fuorviante. Pensando alla nostra esperienza, sappiamo che è importante lavorare su questo tema dal momento che la costruzione degli immaginari di cos'è la fisicità delle ragazze e dei ragazzi, vista prevalentemente attraverso gli occhiali deformanti della pornografia, ci restituisce una visione non solo limitata, ma in certi casi persino ingannevole. Quante frustrazioni per ragazzi e ragazze nel rapportare certe immagini a quelle del proprio corpo in evoluzione. Quante richieste e risposte sbagliate nell'approcciarsi alla sessualità nelle nuove generazioni. Quante fatiche nel passare da un virtuale in cui non ci sono limiti, si può vedere e fare tutto, a un reale in cui l'incontro con l'altro/a sposta ogni nostro baricentro. Nella pornografia sono assenti le emozioni, le tappe di una conoscenza che in primis fa battere il cuore, che imbarazza e stordisce. Nella pornografia non ci sono i tempi di un rapporto che nasce e si sviluppa... non ci sono le peculiarità e le paure che ognuno di noi ha. Nella pornografia il sesso diventa tutto facile. Ma è così? Confondere la pornografia con il macro cosmo delle relazioni con l'altro sesso è come sovvertire un piccolo mappamondo da camera con il mondo stesso nella sua interezza. E' prendere una parte di un tema per farne un tutto. Apprendere, per pudore, per cultura, per difficoltà del mondo adulto di parlare di queste cose è un rischio per le giovani generazioni. I ragazzi in prima adolescenza, se non addirittura in preadolescenza, cominciano (non tutti ovviamente) non solo a incappare casualmente in immagini osé, ma sono già fruitori di siti per adulti. Parlarne a nostro avviso diventa non solo importante, ma decodificante per loro, per evitare di shockare emotività in crescita, così come per offrire loro un approccio diverso, in cui la pornografia esiste, ma in qualche modo si prova a ricondurla al suo posto. Quanto viene messo in discussione il ruolo educativo anche su questo piano... 15 I simpatici Pac-Man mostrano come ci si possano costruire immaginari molto differenti sull’incontro con l’altro sesso veicolati da ciò che si vede su Internet o anche la Tv. I loro pensieri però sono lontani dalla realtà e dalle aspettative dell’altro. La risposta dei genitori che in assoluta buona fede installano nei computer i filtri per bloccare questo genere di siti appare assai limitata. Non è paradossale bloccare informazioni usando un sistema informatico contro un altro sistema informatico e solo perché, di fatto, non mi fido di esso... né, tanto meno, dei figli che lo frequentano... E' tipico della nostra società eleggere a tutori di questo o quel servizio degli esperti. Il meccanico ripara la macchina, i 1000 tipi di dottori riparano il loro scomparto, gli educatori intervengono nelle emergenze educative... E' un approccio molto rassicurante. Una volta trovato “Stranamore” Istituzione Scolastica Luigi Barone il sistema di protezione, mi fido di lui Verres (AO) ciecamente, in un certo modo gli consegno le Classe II C – A.S. 2010-2011 chiavi di casa, mi af-fido a lui per risolvere il problema. È un approccio altrettanto deresponsabilizzante, che tende a non farci coinvolgere, ma la domanda nasce spontanea: "Un conto può essere far riparare un'automobile... ma cosa c'è di più coinvolgente della sfida di educare le nuove generazioni?" Non si tratta di condurre una crociata contro gli strumenti informatici, essi restano un mezzo, non un fine. Ma occorre un pensiero critico rispetto a ciò che questi possono diventare per giovani e adulti nei quali generano spesso dinamiche di dipendenza simili e processi di pensiero ugualmente pervasivi. Conoscere lo strumento serve a piegarlo al meglio al nostro interesse, non a subirlo senza porsi alcun problema. 16