Corso di Meccanica Agraria
Istituto Agrario S. Michele
Meccanizzazione in viticoltura
parte terza ing. Maines Fernando
Giugno 2009
ing. Maines Fernando
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Meccanizzazione in viticoltura
ing. Maines Fernando
Sommario
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Meccanizzazione in viticoltura
Sommario
Sommario
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Macchine per la gestione della chioma......................................................................261
10.1 Le spollonatrici ......................................................................................................261
10.2 Le legatrici.............................................................................................................265
10.3 Le cimatrici............................................................................................................273
10.4 Le defogliatrici (o sfogliatrici) ...............................................................................287
10.5 Il diradamento dei grappoli ...................................................................................297
Le macchine per la potatura a secco ...........................................................................299
11.1 Le potatrici meccaniche .........................................................................................303
11.2 Agevolatrici per la potatura manuale ...................................................................310
11.3 Le trinciasarmenti .................................................................................................317
Macchine per la vendemmia meccanica ....................................................................324
12.1 Classificazione .......................................................................................................332
12.2 Vendemmiatrici a scuotimento orizzontale...........................................................341
12.1 Vendemmiatrici a scuotimento verticale...............................................................356
12.2 Vendemmiatrici a scuotimento verticale per pergola e tendoni ............................361
12.3 Vendemmiatrici per vigneti ad alberello ...............................................................363
12.4 Perdite di prodotto.................................................................................................364
12.5 Qualità del prodotto ..............................................................................................366
12.6 Trasporto e conferimento del prodotto in cantina .................................................368
12.7 Manutenzione ordinaria e straordinaria della vendemmiatrice............................370
12.8 Prevenzione dei rischi igienico-sanitari ................................................................372
12.9 Considerazioni economiche ...................................................................................374
Macchine per il conferimento dell’uva in cantina...................................................376
13.1 Conferimento in cassette di plastica......................................................................376
13.2 Conferimento in pallettes ......................................................................................377
13.3 Conferimento in vasche .........................................................................................377
13.4 Carrelli elevatori....................................................................................................379
Bibliografia .....................................................................................................................382
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Cap. 10 Macchine per la gestione della chioma
10 Macchine per la gestione della chioma
La gestione della chioma prevede di intervenire con un insieme di tecniche
(spollonature, scacchiature, cimature, sfogliature, diradamenti) che permettono di
modificare i rapporti tra attività vegetativa e attività produttiva. I principi e le relative
motivazioni di base che devono ispirare tali interventi sono i seguenti:
¾ stimolare la crescita di organi (germogli in particolare) che formeranno la
struttura permanente delle viti (ceppo e cordoni);
¾ mantenere la forma e le dimensioni della chioma entro limiti spaziali che
possano agevolare l’esecuzione delle varie operazioni colturali;
¾ favorire una superficie fogliare ampia, sana, bene esposta, efficiente e con forte
sviluppo in primavera, in modo da raggiungere precocemente la superficie
ottimale evitando competizioni nella fase di accrescimento e maturazione delle
uve;
¾ favorire un microclima ottimale della fascia produttiva adeguato alle
condizioni climatiche della zona (ove vi siano carenze termiche e luminose è
consigliabile un’alta esposizione, viceversa nelle zone calde) per favorire una
piena maturazione, migliorare la qualità del prodotto, creare condizioni meno
favorevoli allo sviluppo di patologie ed agevolare l’espressione produttiva
nella zona del rinnovo (base dei germogli);
¾ favorire la ripartizione degli elaborati prodotti dalla fotosintesi e definire un
ottimale equilibrio vegeto-produttivo.
Analizziamo ora le diverse operazioni e le corrispondenti macchine ed attrezzature.
10.1 Le spollonatrici
La spollonatura è la prima operazione a verde svolta in vigneto e viene eseguita per
rimuovere polloni e succhioni1, che esercitano un’azione fortemente competitiva nei
confronti della crescita dei germogli presenti lungo i capi a frutto o i cordoni orizzontali
(che devono invece essere privilegiati), competizione che aumenta proporzionalmente
al livello di sviluppo raggiunto dai polloni stessi. Per una ottimale riuscita
dell’operazione è conveniente intervenire precocemente2, quando i germogli sono
ancora sufficientemente teneri e non eccessivamente lunghi (circa 10 ÷ 20 cm), in modo
da garantire buone probabilità di rimuovere completamente anche la zona di inserzione
del pollone sul ceppo, sulla quale sono collocate le gemme di corona (viene in tal modo
diminuita la capacità di ricaccio). Interventi più tardivi, eseguiti su germogli che hanno
già la base lignificata, richiedono più tempo e determinano un aumento dell’intensità
I polloni sono quei germogli che si formano lungo il fusto di viti adulte al di sopra o al di sotto del
punto di innesto; i succhioni sono, invece, i germogli che si sviluppano dalle gemme latenti del legno
vecchio delle viti.
2 L’operazione deve essere completata in una decina di giorni circa.
1
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Cap. 10 Macchine per la gestione della chioma
del ricaccio stesso. In ogni caso, indipendentemente dalle modalità di esecuzione,
l’intervento deve essere di norma ripetuto almeno due volte nel corso della stagione
vegetativa.
La spollonatura può essere eseguita meccanicamente per abrasione del ceppo o
tramite la distribuzione di prodotti chimici che provocano il disseccamento dei polloni
e/o dei succhioni.
Le spollonatrici ad abrasione possono differire in funzione dell’ambito di utilizzo e
delle forme di allevamento, per la conformazione, per il materiale e per la disposizione
sul rotore degli elementi flessibili (flagelli) che, con la loro rotazione, provocano
l’asportazione dei polloni e per la disposizione dell’asse di rotazione del rotore stesso
rispetto al terreno (può essere verticalmente o orizzontalmente) e rispetto alla direzione
dei filari.
Le spollonatrici hanno una struttura ed un principio di funzionamento abbastanza
semplice e sono costituite da:
¾ telaio: si differenzia in base alla modalità di attacco alla trattrice (perlopiù
frontale, talvolta laterale e in casi eccezionali posteriore) ed è dotato di un
meccanismo a leve o trapezi regolabili idraulicamente che permettono alla
macchina di adattarsi in modo migliore al filare indipendentemente dalla
posizione della trattrice. Il telaio può essere costituito in ferro, acciaio e nei
modelli più evoluti in alluminio; infine il telaio può essere di tipo
scavalcante per quei modelli che operano su entrambi i lati del filare;
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¾ rotore: è l’organo principale, mosso dalla pressione dell’olio (con portata di
almeno 30 l/min) derivante dall’impianto idraulico della trattrice oppure
da un sistema autonomo messo in pressione da una pompa azionata dalla
presa di potenza della trattrice;
¾ asse: è l’albero su cui sono inseriti i flagelli e che riceve il movimento dal
rotore; può essere disposto in maniera verticale od orizzontale rispetto al
terreno;
¾ flagelli: sono gli organi responsabili dell’asportazione dei germogli dal
fusto. Generalmente sono costituiti da fettucce di gomma telata o da fili di
nylon di diverso diametro (2 ÷ 9 mm)3 ed il loro raggio di azione aumenta
con la velocità di rotazione del rotore coprendo il tronco per un altezza
compresa tra i 30 e 60 cm da terra;
¾ carter: è costituito da una apposita lamiera che protegge l’operatore da
eventuali lanci di frammenti di germoglio di terra o degli stessi flagelli.
Le macchine presenti sul mercato si possono distinguere in tre macrogruppi:
¾ spollonatrici meccaniche ad asse verticale: sono state sviluppate
principalmente per operare su viti allevate basse e poco impalcate, dove
garantiscono ottimi risultati grazie ad un’azione non eccessivamente
energica. Queste macchine sono costituite da un telaio generalmente
scavallante, alle cui estremità sono inseriti due gruppi di asportazione
(rotore, asse, flagelli) che in un’unica passata provvedono all’asportazione e
alla pulizia dell’intero ceppo. I due gruppi di asportazione girano a velocità
costante e tra di loro opposta. Questa tipologia (la prima ad essere
sviluppata) presenta l’inconveniente che il flagello finisca per avvolgersi sul
fusto con possibili danni alla corteggia delle piante e/o alla macchina
stessa;
¾ spollonatrici meccaniche ad asse orizzontale: sono delle macchine pensate
per operare su forme d’allevamento impalcate ad un’altezza superiore (e
per questo sono le più diffuse in Italia). Generalmente richiedono due
passate per pulire entrambi i lati del filare non essendo macchine che
L’adozione di fruste costituite da fili di grande diametro consente velocità di rotazioni basse e buona
asportazione con bassa abrasione sul ceppo.
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Cap. 10 Macchine per la gestione della chioma
adottano telai scavallanti. In compenso grazie alla loro alta capacità di
abrasione possono essere utilizzati per eliminare anche l’erba nel sottofila.
Non sono adatti per impianti giovani in quanto possono determinare danni
ai fusti e per questo sui modelli attuali vengono adottati flagelli più sottili.
che però manifestano l’inconveniente di un consumo rapido (5 cm/ha),
attualmente risolto mediante l’adozione di rotori all’interno dei quali è
possibile caricare una grande quantità di filo (la parte interna del rotore su
cui è avvolto il filo viene sbloccata e il filo viene estratto). Vengono utilizzati
telai normali o scavallanti portanti anche un doppio rotore sovrapposto. Le
fruste in filo di nylon montate radialmente ed in grandi quantità (15 - 30
fruste/rotore) in modo da assicurare grande capacità di insinuarsi negli
spazi angusti (come tra palo e vite). questa tipologia è apprezzata anche per
la capacità di diserbo meccanico. Infatti, mantenendo il rotore a 20-30 cm di
altezza, la fruste esercitano la loro azione anche sul sottofila. Tali tipologie,
inoltre, possono essere integrate su altre attrezzature (trinciatrici, …) che
però si caratterizzano per la difficile regolazione;
¾ spollonatrici chimiche: sono attrezzature simili a barre d’irrorazione in
grado di distribuire particolari sostanze dissecanti che si limitano a seccare
solo il germoglio senza entrare all’interno della pianta. Si dimostrano ideali
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nel caso di impianti giovani, in quanto manifestano una maggiore attività
spollonifera; queste macchine sono dotate pertanto di un telaio scavalcante
alla cui estremità sono inseriti 3 - 4 ugelli che indirizzano il liquido4 verso il
bersaglio; l’allestimento è completato da un serbatoio e da una pompa. Il
getto degli ugelli è protetto da una schermatura di materiale plastico per
eliminare o quantomeno ridurre fortemente i fenomeni di deriva, costituita
da teli verticali flessibili o da spazzole fitte. Per contrastare l’effetto di
schermatura causato dall’erba e dai polloni superiori ricadenti possono
essere adottare spazzole umettanti verticali.
L’utilizzo della spollonatrici meccaniche può indurre le seguenti problematiche:
¾ contribuire ad una possibile diffusione di patogeni da ferita, in quanto le
abrasioni prodotte dai flagelli possono divenire via di penetrazione passiva
di batteri o virus;
¾ la ridotta efficienza qualora l’intervento venisse svolto in ritardo; infatti con
germogli anche solo parzialmente lignificati si deve operare con velocità di
avanzamento più basse rispetto ai 5 km/h delle condizioni ideali (i
succhioni e/o polloni allo stato erbaceo e di lunghezza di massimo 15 cm);
in questo modo il fabbisogno di tempo per ettaro aumenta da 2 ÷ 3 ore a 3 ÷
7 ore soprattutto per il necessario passaggio di rifinitura manuale.
10.2 Le legatrici
La legatura dei tralci viene effettuata a fine
fioritura o ad inizio allegazione, per le forme di
allevamento a capo a frutto basso e vegetazione
assurgente (controspalliera tipo guyot o cordone
speronato), per le quali vi è l’esigenza di
indirizzare verticalmente la crescita dei germogli
sui fili di sostegno. Si evita in questo modo che i
tralci
subiscano
possibili
danni
o
più
semplicemente debordino verso l’interfilare. Un
mancato intervento o un intervento non
tempestivo può inoltre rendere difficoltosa l’entrata della trattrice in vigneto.
10.2.1 Agevolatrici per la legatura manuale
La legatura manuale veniva eseguita nel passato utilizzando del materiale vegetale,
perlopiù vimini. Tale modalità di legatura è caduta ormai in disuso per la poca praticità
4
I principali prodotti disseccanti utilizzati sono:
¾ dipiridilici (diquat, paraquat) 600 g/ha, su succhioni di 30 ÷ 40 cm;
¾ glufosinate ammonio 2 %, su succhioni di 30 ÷ 40 cm;
¾ NAA (acido α- naftalenacetico) 1 % su germogli di circa 10 ÷ 20 cm.
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Cap. 10 Macchine per la gestione della chioma
del materiale e per la difficoltà di reperire il prodotto che deve essere coltivato in campo
e opportunamente trattato.
Attualmente la modalità di legatura manuale più diffusa prevede l’utilizzo di tubetti
in plastica flessibile del diametro di alcuni millimetri, commercializzato in matasse o
rotoli molto lunghi e poco ingombranti. Essendo questo materiale facilmente
allungabile, permette di effettuare delle legature molto salde e in grado di evitare lo
scivolamento dei tralci lungo i fili di ferro ed il loro successivo affastellamento senza
indurre fenomeni di strangolamento.
Per quanto un operatore esperto impieghi solo 6 ÷ 7 secondi per legare un tralcio, la
legatura manuale risulta comunque relativamente lenta. Per questo sono state messe a
punto delle macchine agevolatrici che consentono di velocizzare le operazioni di
legatura; si tratta di piccoli dispositivi che utilizzano delle piattine in materiale plastico
animato con filo di ferro da avvolgere attorno al tralcio per legarlo saldamente ai fili
portanti. Essendo però questo materiale poco flessibile, le agevolatrici sono adatte solo
per legature dei tralci di un anno e non per fissare i cordoni permanenti.
In commercio esistono numerosi modelli, molti dei quali sono simili a delle pinze,
con funzionamento diverso ma che comunque richiede un intervento diretto
dell’operatore per fare un’asola o per avvolgere inizialmente la piattina attorno al
tralcio e al filo di ferro. Nonostante la loro semplicità di utilizzo queste macchine non
sono molto diffuse in quanto sono poco pratiche, non sono molto veloci e soprattutto
stancano molto la mano e l’avambraccio dell’operatore che deve effettuare uno sforzo
non trascurabile per effettuare un punto di legatura.
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Sicuramente le macchine agevolatrici più performanti sono quelle elettroniche,
essendo in grado di effettuare legature in 3 decimi di secondo.
Il funzionamento di questi attrezzi non è molto complesso: il filo entra nella
macchina e arriva all’estremità anteriore, dove è presente un dispositivo a forma di
uncino che tramite un motore elettrico molto rapidamente si abbassa molto
rapidamente trascinando il filo che avvolge il tralcio e il filo portante. La parte terminale
del filo di legatura viene agganciata da una girante, anch’essa mossa da un motorino
elettrico, che con il suo movimento rotatorio riesce ad attorcigliare le due estremità del
filo effettuando così la legatura. Sulla macchina è presente inoltre un interruttore che
permette di regolare il numero di giri della girante e quindi effettuare una legatura più
o meno stretta. Tutto questo avviene molto rapidamente senza che ne risenta la
durevolezza del risultato.
La bobina del filo per la legatura, solitamente piattine di filo di ferro animato5
avvolto in bobine circolari del diametro di 10 cm, nella maggior parte dei casi è tenuta
dall’operatore in un apposito comparto posto sulla cintura vicino alla batteria. altri
materiali utilizzati per produrre i fili sono riassunti nella tabella seguente:
lunghezza
bobina
filo per una
legatura
tenuta della
legatura
materiale plastico standard
200 m
13,5 cm
8 ÷ 10 mesi
carta
200 m
13,5 cm
6 ÷ 8 mesi
acciaio inox
200 m
13,5 cm
Fino a 3 anni
materiali biodegradabili
200 m
13,5 cm
6 ÷ 8 mesi
5Esistono
diverse tipologie di filo in base al materiale con il quale è rivestita l’anima in acciaio; i diversi
rivestimenti garantiscono però anche una durata nel tempo diversa.
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Le batteria attualmente
adottate sono al lithium e
garantiscono una carica
sufficiente per un’intera
giornata lavorativa.
C’è da dire però che
queste
macchine
effettuano delle legature
meno resistenti rispetto a
quelle
realizzate
manualmente
con
il
tubetto in plastica e non permettono di effettuare l’asola attorno al filo portante per
evitare il fenomeno dello scorrimento che determina un affastellamento dei tralci in
forme di allevamento come la pergola.
Nella seguente tabella sono raccolti dati relativi ai diversi tipi di filo utilizzati dalle
agevolatrici
Nel caso di forme di allevamento con la fascia vegeto-produttiva posta molto in
basso l’operatore di trova ad operare la legatura manuale con la schiena piegata. Per
ridurre la fatica ed il rischio di dolorose patologie, sono stati costruiti appositi seggiolini
dotati di ruote (in alcuni casi dotati anche di motore elettrico per l’avanzamento) che
consentono all’operatore di operare stando seduto ad un livello ottimale per
raggiungere la zona interessata alle lavorazioni.
10.2.2 Legatrici meccaniche
Le legatrici (dette anche palizzatrici) rappresentano una concreta soluzione per
ridurre notevolmente il numero di ore di lavoro richiesto dall’operazione manuale per
fissare i tralci tra o sugli appositi fili metallici che fungono da sostegno (la capacità
operativa si aggira sui 0,3 ÷ 0,5 ha/h). Viene pertanto meccanizzata l’operazione
manuale di fissare ai pali mediante appositi ganci coppie di fili a binario inizialmente
aperti (poste a diverse altezze a seconda della forma di allevamento adottata), non
appena raggiunti in altezza dalla maggior parte dei germogli. La capacità di
contenimento dei fili viene migliorata mediante la loro chiusura con specifiche mollette.
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Il principio di funzionamento di queste attrezzature si fonda sull’azione di due coclee
che, ruotando, sollevano i tralci; questi verranno poi mantenuti in posizione mediante
dei fili in propilene che la macchina stende lungo entrambi i lati del filare, finché i tralci
stessi non riescano ad agganciarsi da soli ai fili di ferro. L’azione di contenimento dei
tralci è completata dall’applicazione di graffette in acciaio per unire i due fili ad
intervalli regolari.
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Le legatrici sono macchine portate anteriormente alla trattrice, scavallanti, che
operano in modo generalmente bilaterale6. Si tratta pertanto di macchine che trovano
fattivo utilizzo in vigneti con ridotte pendenze e di ampia superficie, dato che l’utilizzo
delle legatrici su vigneti con filari troppo corti rende particolarmente significativo
l’incidenza dei tempi di manovra e di fissaggio dei fili ad inizio e a fine filare7. Per
questo molte delle macchine più recenti siano munite di dispositivi in grado di eseguire
automaticamente queste operazioni senza dover scendere dal posto di guida, compreso
il sistema per mantenere il filo in tensione.
La legatrice viene utilizzata generalmente una o due volte in un anno vegetativo a
seconda che la macchina stenda un unico filo per ciascun passaggio (ad un altezza
variabile a seconda della vegetazione presente e della posizione del filo di ferro), o due
fili (uno sopra l’altro) in un unico passaggio. Per la legatura semplice si necessita
generalmente di 8000 ÷ 12000 metri di filo e di 2000 ÷ 3000 graffette per ettaro.
Mediamente, la capacità operativa di tali macchine è sui 2.000 metri/h (circa 2 ÷ 4 ha
in 10 ore, a seconda delle condizioni operative).
Diversi costruttori propongono modelli di legatrici associate con barre cimatrici
(coltello superiore elettrico a barra alternativa, coltelli posti superiormente a movimento
circolare continuo alimentato idraulicamente). Agli evidenti vantaggi economici (minori
tempi di ammortamento della macchina) si somma il vantaggio agronomico di ritardare
il momento della prima cimatura, di aumentare la stabilità del filare e di diminuire la
tensione sui fili posti della legatrice. Un’altra soluzione prevede di utilizzare legatrici
con telai universali in modo tale da rendere possibile l’utilizzo di più macchine con un
unico telaio.
Le legatrici sono costituite dai seguenti elementi:
¾ telaio: la legatrice è una macchina molto semplice, costituita con un telaio con
una tipica forma a bastone da passeggio (singolo o doppio), che consente di
scavalcare le viti. All’estremità del telaio sono poste le due coclee, una per
ogni lato del filare. Il telaio viene spesso
dotato di pistoni idraulici per poter variare
l’altezza della macchina adattandola alle
diverse altezze degli impianti;
¾ coclee: il telaio porta una coppia di coclee,
alimentate elettricamente o idraulicamente,
che ruotano in senso opposto allo scopo di
portare i tralci nella posizione prevista dalla
metodologia d’allevamento. Per facilitare la
cattura dei tralci e per favorire il loro
innalzamento, le coclee possono presentare
alla loro estremità inferiore degli organi
rotanti, normalmente a forma di stella.
Generalmente i materiali utilizzati sono
l’acciaio inox, l’acciaio verniciato o altre leghe
Esistono anche versioni monolaterali utilizzati per operare su terreni in significativa pendenza.
Per eseguire manualmente questa operazione si dove possedere una certa forza e rappresenta un
aspetto decisamente defaticante per gli operatori.
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¾
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metalliche mentre la lunghezza varia da 1,5 a 2 m. Particolari sistemi di
sospensione a movimento pendolare, assicurano un buon adattamento alla
vegetazione, evitando che le coclee si possano agganciare ai fusti delle viti o ai
pali. Per evitare che coclee o telaio venga bruscamente a contatto del terreno,
un sistema di molle fa sì che la parte superiore del telaio o il suo braccio più
esterno compia eventualmente un movimento per evitare l’immediata rottura.
Le coclee possono essere sostituite da nastri in PVC muniti di piccole palette
che si caratterizzano per la limitata altezza di lavoro;
filo: viene generalmente posto in
apposite scatole (collocate sul
telaio) che, a seconda dello
spessore del filo, sono in grado
di garantire una autonomia di
3000 ÷ 11000 metri di vigneto
continui. Questa capacità in
pratica diminuisce in quanto la
legatura a fine filare necessità di
una porzione di filo non
trascurabile. Il filo in propilene
(più raramente in iuta) è forse il limite più grande della macchina non essendo
sostituibile con materiali biodegradabili in gradi di assicurare la necessaria
resistenza meccanica e, allo stesso tempo, una degradazione veloce per non
costituire intralcio per le lavorazioni seguenti; la necessità di raccoglierlo e
successivamente di essere smaltito correttamente, determina un notevole
onere in termini di tempo;
graffettatrice: assolve al compito di mantenere i fili chiusi, in modo da
assicurare un posizionamento corretto dei tralci. A seconda del modello,
vengono montate delle cucitrici (alimentate dall’impianto idrauliche) con un
caricatore che contiene dalle 250 alle 5000 graffette (inizialmente metalliche e
ora in materiale plastico per evitare danni alle membrane delle presse),
assicurando quindi una autonomia che varia da 1000 a 15000 m2 di vigneto. Il
lavoro della cucitrice viene agevolato da un dispositivo, detto sposta-tralci,
che comprime momentaneamente la vegetazione e quindi avvicina i fili;
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Cap. 10 Macchine per la gestione della chioma
¾ sistema di comando: un joystick, con scatola di comando, facile da usare,
raggruppa l’insieme dei controlli relativi ai diversi organi (coclee, telaio,
graffettatrici) ed alle diverse operazioni (distribuzione dei fili, la loro messa in
tensione, il bloccaggio all’inizio ed alla fine del filare, …)
Quasi tutte le legatrici sono predisposte in modo tale da poter essere montate su tutti
i tipi di trattore, grazie alla disponibilità di diversi modelli con lunghezza delle coclee
molto variabile. La dotazione minima
della trattrice per poter utilizzare una
legatrice comprende:
¾ due distributori idraulici a
semplice effetto, di cui uno
bloccabile;
¾ un ritorno libero dell’olio senza
intervento della pompa;
¾ almeno
un
collegamento
elettrico (fino ad un massimo
di 4);
¾ una portata minima di olio di
10 ÷ 30 L/min, che diventa 20 ÷
45 in caso di azionamento idraulico elle coclee;
¾ pressione minima dell’olio di 150 bar.
Una macchina palizzatrice di diverso tipo è data dalla releveuse a fili di ferro. A
differenza delle macchine precedenti non stende fili in polipropilene ma solleva una
coppia di fili metallici facenti parte della struttura portante dell’impianto e riabbassati
dopo la potatura. Quando la vegetazione si sviluppa ulteriormente la macchina entra
nel filare rompendo le graffette in plastica precedentemente applicate, sollevando i fili
ed applicando graffette più dure.
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Meccanizzazione in viticoltura
Cap. 10 Macchine per la gestione della chioma
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Un particolare intervento di posizionamento dei germogli, denominato
“pettinatura”, è quello richiesto nei sistemi di allevamento Casarsa e a doppia cortina
(GDC) e che consiste nel portare verso l’esterno i germogli che si sono orientati verso la
zona interna del sistema. In questo modo si assicura una separazione fisica delle due
cortine parallele di vegetazione che non devono intersecarsi e fondersi insieme e la
creazione di un corridoio centrale che aumenta considerevolmente la disponibilità di
luce e la ventilazione. Si assicura inoltre una maggior facilità nell’esecuzione della
potatura invernale. La pettinatura richiede un elevato fabbisogno di tempo che nel caso
di due operatori che stazionano su di una piattaforma trainata dalla trattrice ammonta a
circa 15 ÷ 20 ore/ha. Tale fabbisogno può essere ridotto fino a circa 5 ore/ha qualora si
adotti una soluzione di semi-meccanizzazione dell’intervento che prevede l’impiego di
fili mobili montati su di un distanziale in grado di creare una barriera fisica che
impedisce ai germogli di orientarsi decisamente verso la zona interna del sistema.
10.3 Le cimatrici
La cimatura prevede la rimozione dell’apice
vegetativo e di un numero variabile di foglie sottostanti8.
Gli scopi di questa operazione variano sensibilmente in
rapporto alla fase del ciclo vitale della pianta: in fase di
allevamento consente di indurre una formazione
equilibrata della struttura (tralci o cordoni) e di
promuovere la crescita dei germogli destinati a costituire
la struttura produttiva limitando la competizione
esercitata da altri apici vegetativi; in fase di piena
Quando la cimatura è particolarmente leggera (rimozione del solo apice e delle prime due o tre
foglioline apicali) viene denominata svettatura.
8
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Cap. 10 Macchine per la gestione della chioma
produzione, invece, si esegue la cimatura con i seguenti obiettivi:
¾ limitare l’ingombro dimensionale della chioma e agevolare il passaggio da
parte della trattrice all’interno dei filari o delle pergole e, quindi, l’esecuzione
delle varie operazioni colturali;
¾ migliorare il microclima9 a livello della fascia dei grappoli e della zona basale
dei tralci, permettendo un miglior arieggiamento ed un miglior irraggiamento
della pianta e dei grappoli (che altrimenti verrebbero ombreggiati dai
germogli troppo lunghi);
¾ condizionare il portamento e la distribuzione della vegetazione.
Una cimatura effettuata su una chioma adulta può essere assai impattante poiché
altera, in maniera dinamica, una serie di fattori e di processi molto importanti, fra i
quali spiccano:
¾ la quantità totale di foglie e la distribuzione della
superficie fogliare;
¾ l’età media delle foglie che costituiscono la
chioma: la cimatura infatti provoca una
improvvisa riduzione della quantità di luce
intercettata dalla chioma ed un altrettanto
repentino aumento dell’età media delle foglie
(sono infatti le foglie più giovani a essere
asportate col taglio). Quest’ultimo aspetto viene
successivamente compensato da un progressivo
ringiovanimento indotto dalla ricrescita delle
femminelle stimolate dalla rimozione dell’apice;
¾ il microclima di parti specifiche della chioma e,
soprattutto, della fascia in cui sono collocati i
grappoli;
¾ il rapporto fra superficie fogliare e quantità di
uva prodotta;
¾ la dinamica di traslocazione dei carboidrati prodotti con la fotosintesi (viene
favorita la veicolazione degli assimilati verso i grappoli);
¾ la percentuale di allegagione (aumenta il rapporto fra acini allegati e fiori
totali) nel caso di interventi precoci (in pre-fioritura o in fioritura), in quanto
viene ridotta la competizione esercitata dall’apice vegetativo.
I risultati di diverse sperimentazioni hanno messo in evidenza i vantaggi indotti da
tagli eseguiti piuttosto precocemente (allegagione) in quanto, lasciando più tempo allo
sviluppo delle femminelle, consentono alle stesse di raggiungere la fase di maturità più
o meno in corrispondenza dell’invaiatura, ovvero la fase fenologica che segna l’avvio
del processo di accumulo rapido degli zuccheri all’interno dell’acino.
L’epoca di cimatura interagisce con l’intensità del taglio (normalmente espressa come
numero di foglie principali mantenute sull’asse del germoglio), così come si
manifestano reciproche interferenze con le caratteristiche di vigoria che caratterizzano
le diverse combinazioni vitigno-portinnesto, con la forma di allevamento (assurgente
Il microclima della chioma è classicamente definito dall’insieme delle condizioni ambientali
(radiazione, temperatura, umidità relativa, ventilazione, …).
9
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Cap. 10 Macchine per la gestione della chioma
con tralci vincolati o libera) e con le condizioni agronomiche o climatiche dell’ambiente
in cui si opera.
La cimatura dovrebbe essere effettuata mantenendo un numero minimo di foglie (10
÷ 12) sul germoglio principale che, indipendentemente dall’entità e dalla dinamica di
sviluppo delle femminelle (peraltro difficilmente prevedibile poiché dipendente in
massima parte da fattori ambientalie e climatici del periodo di post-cimatura), possa
comunque garantire un sufficiente livello di maturazione delle uve. Qualora si opti per
cimature più drastiche occorre evitare quelle tardive (dalla pre-invaiatura in poi) ed
essere comunque consci che questo tipo di intervento è a rischio. Nel caso di tagli
severi, infatti, a seconda dell’andamento climatico, la ricrescita di femminelle può essere
o troppo scarsa o troppo abbondante e causare quindi, sia pure per meccanismi diversi,
una qualità delle uve non soddisfacente.
In generale valgono le seguenti considerazioni:
¾ una cimatura poco drastica (che lascia 10 ÷ 12 foglie) consente di ottenere un
portamento tendenzialmente eretto dei germogli e al tempo stesso conserva
una quota maggiore di superficie fogliare, che indipendentemente dalle
successive modalità di sviluppo delle femminelle, può costituire una sorta di
garanzia per il raggiungimento di un certo livello di maturazione delle uve.
Infine una cimatura precoce dei germogli può essere anche convenientemente
sfruttata per indurre, specie in ambienti caratterizzati da elevate sommatorie
termiche, un ritardo di maturazione utile per determinate scelte enologiche
(vini freschi di pronta beva, base spumante, ecc.);
¾ un intervento precoce in fioritura facilita l’allegagione interrompendo le
competizioni trofiche che si instaurano tra fiori e apici vegetativi e pertanto è
consigliato per i vigneti che sono soggetti a fenomeni di colatura per eccessiva
vigoria;
¾ la cimatura precoce appena dopo l’allegagione, favorisce l’emissione di
femminelle, che risultano importanti nelle fasi finali della maturazione
dell’uva. Quanto più in questo periodo sarà elevata la potenzialità vegetativa
(apici con forte crescita), tanto più l’emissione di femminelle sarà accentuata.
In terreni fertili, con cultivar vigorose e sistemi di allevamento a vegetazione
ing. Maines Fernando
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Cap. 10 Macchine per la gestione della chioma
ascendente, può essere necessario eseguire molto precocemente (subito dopo
l’allegagione) il primo intervento di cimatura per evitare che una crescita
eccessiva crei condizioni microclimatiche non adatte, ma soprattutto per non
dover in seguito asportare tratti troppo consistenti di germoglio;
¾ la cimatura precoce dei germogli, effettuata prima che gli stessi inizino a
flettersi naturalmente verso il basso, costituisce un mezzo efficace per indurre,
specie in vitigni a portamento procombente (tralci prevalentemente localizzati
nei 180° inferiori), una vegetazione più eretta, condizione che favorisce una
elevata efficienza fotosintetica ed un microclima termo-luminoso ideale specie
nel caso di vitigni a bacca rossa); inoltre la localizzazione dei tralci nei 180°
superiori al cordone (portamento assurgente) facilita enormemente gli
interventi di potatura invernale specie se eseguiti a macchina;
¾ intervenendo in epoca successiva all’allegagione, la cimatura riduce la vigoria
in quanto a ogni taglio si ha la formazione di nuove femminelle e quindi di
nuovi apici che entrano in competizione tra loro;
¾ nel corso della maturazione la cimatura facilita le operazioni vendemmiali (sia
eseguite a mano che a macchina), in particolare nelle forme di allevamento a
ricadere dove si riducono gli ombreggiamenti provocati dai germogli che
ricadono nell’interfila; in tal modo si favorisce l’esposizione delle bacche alla
luce e, contemporaneamente, si permette la creazione di un microclima meno
umido e più arieggiato nella zona dei grappoli, meno adatto agli attacchi
fungini. Inoltre il taglio rimuove una porzione consistente di foglie prima del
passaggio della vendemmiatrice e migliora quindi l’efficienza di raccolta e la
pulizia del vendemmiato. In tal caso la cimatura potrebbe essere condotta in
modo drastico poiché, data l’imminente vendemmia, non potrà più
influenzare la maturazione. In questo modo, tuttavia, si asporterebbero le
foglie apicali e mediane, ovvero quelle più funzionali e, specie nel caso di
vitigni a maturazione precoce e in ambienti che favoriscono una lunga
permanenza delle foglie sulle viti anche dopo la raccolta, si potrebbe indurre
una riduzione della quantità complessiva di carboidrati sintetizzati e traslocati
verso altri organi della pianta nella parte finale del ciclo vegetativo.
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Cap. 10 Macchine per la gestione della chioma
L’efficacia dell’operazione di cimatura meccanica dipende molto anche dalla forma
di allevamento adottata. Particolarmente adatte risultano i sistemi di allevamento che
consentono una buona separazione spaziale fra la fascia produttiva e quella vegetativa e
sui quali è più facile standardizzare diversi profili e altezze di taglio ed in special modo
quelli a controspalliera (cordone speronato10, Guyot o Casarsa), i sistemi a doppia
cortina (GDC) oppure i sistemi a portamento libero che non prevedono la presenza di
fili di sostegno dei germogli, come il cordone libero11. Per queste ultime forme di
allevamento l’assenza di fili di sostegno dei germogli consente di poter variare a
piacimento l’intensità di cimatura, a differenza dei sistemi di allevamento in parete
verticale dove la barra di taglio orizzontale deve forzatamente operare al di sopra del
filo di sostegno più alto (si assicura pertanto un numero minimo di foglie principali che,
anche a seconda della lunghezza dell’internodo della varietà considerata, può variare in
media da 12 a 14). In quest’ultimo caso è anche più semplice individuare correttamente
l’epoca di intervento, definita dal momento in cui la maggioranza dei germogli svetta al
di sopra dell’ultimo filo portante, resi pertanto disponibili per il taglio meccanico.
10.3.1 Classificazione
Eseguita un tempo con dei falcetti, la cimatura viene ora effettuata con macchine
altamente specializzate caratterizzate da una sempre maggiore precisione esecutiva e da
elevate capacità operative. I tempi di lavoro infatti variano fra 1 ÷ 2 ore/ha in funzione
del sesto d’impianto, della tipologia di attrezzatura, della vigoria, della fase fenologica e
della quantità di germogli da recidere.
Una prima classificazione di tali macchine riguarda gli organi di taglio, fondamentali
per assicurare una taglio netta ed una conseguente velocità di cicatrizzazione.
Nel caso del sistema di allevamento a cordone speronato, la presenza di fili di sostegno dei germogli
«costringe» l’operatore a operare subito al di sopra del filo più alto mantenendo quindi un numero
minimo di foglie sul germoglio principale.
11 Il cordone libero, presenta un cordone permanente impalcato a circa 1,40 ÷ 1,70 m dal suolo sorretto
da un filo portante principale, di solito spiralato, su cui vengono mantenuti speroni corti (2 ÷ 3 gemme)
per la funzione produttiva. Il sistema non prevede altri fili superiori per il sostegno della vegetazione che,
pertanto, ha un portamento «libero» nello spazio.
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Le cimatrici a barra falciante, costituite da lama e controlama, si caratterizzano per la
semplicità costruttiva, l’economia dei costi di acquisto e di gestione e per la leggerezza
dell’organo di taglio e della relativa struttura portante; quest’ultima caratteristica si
dimostra essenziale quando si opera in condizioni difficili come nei vigneti terrazzati
con macchine portate lateralmente dalla trattrice. Di contro l’azione di taglio risulta
parzialmente impreciso in quanto la barra falciante opera in parte per strappo
producendo un parziale sfibramento dei tralci. Per questo motivo si deve operare con
una velocità di avanzamento più lenta (3 – 4 km/h) rispetto ad altre tipologie di
cimatrici.
Tre sono i sistemi mediante i quali è impresso il moto alle lame:
¾ sistema dente-lama a moto alternativo: in questo caso la lama (formata da una
serie di sezioni triangolari con bordo tagliente) è sottoposta ad un moto
rettilineo alternativo, normalmente comandato da un sistema biellamanovella; la recisione dei germogli avviene per contrasto delle sezioni con
una serie di denti di una barra fissa posta subito al di sopra della barra mobile;
¾ sistema a doppie barre di taglio: entrambe sono costituite da lame mobili
soggette a moto alternativo in controfase, in modo che le direzioni e le velocità
dei due gruppi di lame siano sempre
opposte. La recisone avviene per
contrasto tra le lame. Rispetto al sistema
precedente si ottiene una consistente
riduzione delle vibrazioni ed una
miglior qualità di taglio; di contro è
richiesta una manutenzione (pulizia e
lubrificazione) più frequente e attenta12 a
causa della maggiore usura e del
surriscaldamento causati dai forti attriti
indotti dalla necessità di tenere aderenti
tra di loro le lame;
¾ sistema con moto rettilineo continuo:
una lama viene posta in moto
(unidirezionale normalmente indirizzato
Per ridurre la presa dello sporco sugli organi di taglio e sul telaio si possono adottare particolari
materiali o vernici antipatina o, più semplicemente, una semplice spruzzata con nafta.
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Cap. 10 Macchine per la gestione della chioma
verso l’alto) grazie all’azione di trascinamento di una cinghia in gomma,
scorrevole in una guida su cui sono fissati i denti dal cui contrasto deriva la
recisione.
Le cimatrici a lame (o coltelli) rotanti ad alta velocità sono
le più utilizzate per la loro semplicità costruttiva e
l’economicità; l’organo di taglio è composto da una serie di
lame in acciaio temprato, montate parallelamente rispetto al
filare che, ruotando a gran velocità, tagliano i germogli che
escono dalla forma prestabilita; inoltre la forma e la
disposizione delle lame sono studiate per indurre un effetto di
aspirazione dei germogli verso gli organi di taglio.
Mentre
nei
sistemi
precedenti il taglio dei
germogli
era
affidato
all’inserimento degli stessi
tra due parti in movimento
relativo tra loro, in questo
caso non esiste l’elemento di riscontro. La necessità
di mantenere il germoglio in posizione durante il
taglio è affidata alla rigidità e all’inerzia del medesimo, in relazione all’alta velocità
impressa ai coltelli. Nonostante ciò il taglio tende a presentarsi sfibrato13 e per questo
motivo tali macchine sono più indicate a recidere vegetazione piuttosto tenera come nel
caso di vigneti dove si prevedono passaggi frequenti di cimatura sin da una fase di
post-allegagione.
Esistono due principali modalità costruttive: il sistema più diffuso è quello che
prevede coltelli di dimensioni comprese tra i 28 e i 50 cm posti in rotazione mediante un
albero rigidamente inserito al centro degli stessi. Questi coltelli raggiungono velocità di
rotazione comprese tra 2000 e 3500 giri/min. Un altro sistema è quello a lame articolate
che prevede i coltelli montati, mediante un perno laterale, sui bordi di un rotore oppure
collocati alle estremità opposte di un’asta e liberi di muoversi. L’accelerazione
Ne consegue una cicatrizzazione più lenta del germoglio e la necessità di pulire frequentemente il
filo di taglio delle lame.
13
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Cap. 10 Macchine per la gestione della chioma
centrifuga provocata dalla rotazione del rotore o dell’asta fa disporre i coltelli
radialmente e in tal modo essi possono fendere i germogli con notevole velocità
periferica. In entrambi i casi le caratteristiche di taglio sono simili.
Nonostante il telaio risulti più pesante a causa degli ingranaggi e delle cinghie
necessarie per portare il moto alle varie lame, queste cimatrici permettono un
avanzamento più veloce rispetto ad una barra falciante (fino a 10 km/h).
Le cimatrici a coltelli rotanti a forbice presentano un organo di taglio costituito da
alcuni coltelli (da 4 a 7) fissi e orientati radialmente su un primo disco, mentre altri due
sono montati non radialmente su un secondo disco, coassiale al primo e posto in
rotazione rispetto a esso, con una velocità di circa 300 giri/min per l’intervento di un
motore idraulico. Le lame dei due rotori sono affacciate tra loro in modo che le parti
affilate si sfiorino. L’organo di taglio risultante ha un diametro di 60 ÷ 75 cm. La
particolare posizione dei coltelli del rotore in movimento, tangenti ad un cerchio che ha
come centro l’asse di rotazione, fa sì che tra i coltelli fissi e quelli rotanti si crei un effetto
di taglio a forbice, con le lame in rotazione che conducono i germogli a contrasto con
quelle fisse.
Tale sistema consente notevoli velocità di avanzamento nel filare (5 ÷ 8 km/h) senza
che si verifichino fenomeni di ingolfamento e si caratterizza per la buona qualità del
ing. Maines Fernando
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Cap. 10 Macchine per la gestione della chioma
taglio anche quando si opera su vegetazione già completamente o parzialmente
lignificata.
I rotori di taglio, generalmente disposti verticalmente, possono esser posizionati
anche per svolgere il taglio superiormente (topping). E’ quindi possibile disporre i
rotori in modo da variare la geometria del taglio a seconda delle esigenze agronomiche
dettate dalle varie forme di allevamento.
*****
Un altro tipo di classificazione prende in
considerazione la configurazione geometrica del taglio.
Una prima importante suddivisione va fatta tra
macchine bifilare e monofilare. Nel caso di impianti a
spalliera, è possibile operare contemporaneamente su
lati contrapposti di due filari adiacenti (cimatrici
bifilari),
solo
in
presenza
di
capezzagne
sufficientemente ampie per le manovre e di operatori
molto attenti nella guida. Tale sistema offre in via
teorica una capacità produttiva doppia rispetto a
quello monofilare, ma difficilmente è applicabile in
condizioni di significativa pendenza dove il compito dell’operatore risulta
estremamente difficoltoso. Per questo motivo nell’ambito della viticoltura collinare è
maggiore la diffusione di macchine monolaterali. Tali macchine sono spesso dotate di
elementi di taglio superiori al filare (topping) o in altri casi di dispositivi atti a
convogliare verso gli organi di taglio la vegetazione ricadente verso terra, essenziali nel
caso di forme di allevamento a vegetazione ricadente o di vitigni a portamento
procombente.
Le cimatrici con telaio a L rovesciato eseguono il taglio solo da una parte del filare e
nella parte superiore; se monofilare, questa soluzione permette una buona facilità di
utilizzo ma richiede di passare due volte sullo stesso filare.
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Cap. 10 Macchine per la gestione della chioma
Le cimatrici con telaio a C sono utilizzate per intervenire in pre-vendemmia su forme
di allevamento a doppia cortina con la barra orizzontale inferiore che opera
immediatamente al di sotto della fascia produttiva. La quantità di foglie asportata può
raggiungere anche il 50 ÷ 60% di quella totale presente sulle viti. E’ molto utilizzato con
cimatrici a barre falcianti bifilare che consentono di aprire un corridoio centrale di
passaggio e favoriscono nel contempo un portamento più eretto della vegetazione;
Molto diffuse sono le cimatrici ad U rovesciata (detta anche a tunnel) che operano
scavalcando il filare e recidendo i germogli su entrambi i lati e sulle sommità. In
generale la macchina risulta più complicata da gestire e richiede l’utilizzo di trattrici
pesanti e/o con il baricentro basso (oppure opportunamente zavorrate) per contrastare
l’effetto destabilizzante dell’attrezzo posto lateralmente alla trattrice. Va rilevato che la
geometria ad U rovesciata richiede pertanto vigneti pianeggianti e filari perfettamente
verticali soprattutto per i modelli che utilizzano le testate di taglio, munite di sistema a
pendolo, che si dispongono verticalmente per gravità.
Sono state proposte anche macchine a doppia U rovesciata, collocate ciascuna a un
lato della trattrice, con l’indubbio vantaggio di avere una bilanciatura trasversale dei
pesi e una produttività più elevata, anche se le velocità di avanzamento dovranno
ridursi in virtù della maggiore difficoltà di controllo e di guida.
ing. Maines Fernando
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Meccanizzazione in viticoltura
Cap. 10 Macchine per la gestione della chioma
Sulle trattrici polivalenti scavallanti che
per loro geometria vanno ad abbracciare il
filare, è naturale l’utilizzo di sistemi a U
rovesciata montate anteriormente su telaio
portattrezzi multifunzione, in modo da
assicurare un’eccellente visibilità da parte
dell’operatore (che è posto in posizione
sopraelevata rispetto alla chioma). In questi
casi, inoltre, si possono usare (se le
condizioni plano-altimetriche e le estensioni
lo consentono) anche testate multiple. I considerevoli risparmi realizzabili in termini di
mano d’opera e i costi di gestione estremamente contenuti di queste macchine le
rendono uno strumento molto appetibile in particolare per aziende viticole di
dimensioni medio-grandi che vogliano contenere i propri costi di produzione.
Infine ricordiamo le cimatrici a bastone da passeggio che rappresentano
una soluzione intermedia fra le due tipologie precedenti (ad L e ad U
rovescia); sono utilizzate con terreni in pendenza o nei vigneti dove non si
voglia togliere troppa ombra sul lato più esposto al sole, per evitare possibili
scottature.
*****
E’ ovvio che per poter effettuare un intervento di cimatura di buona qualità è
fondamentale che l’operatore possa orientare nello spazio gli organi di taglio anche
durante le operazioni di lavoro mediante attuatori governabili dal posto di guida
(generalmente martinetti idraulici). Ciò consente di accostarsi con gli organi di taglio
alla parete vegetale indipendentemente dalla giacitura del piano di campagna e dalle
pendenze presenti. La regolazione di spostamento verticale è pressoché indispensabile,
così come risulta fondamentale la possibilità di variare l’inclinazione trasversale sia per
compensare eventuali pendenze del terreno che per modellare la forma e variare la
geometria del taglio; la regolazione dello spostamento orizzontale, per quanto utile, non
è invece offerta da molti costruttori nel caso di macchine monofilari, che affidano alla
guida del trattore la vicinanza o meno alla chioma. Altri spostamenti per raggiungere e
modificare particolari zone di taglio (per effettuare, ad esempio, il topping) possono
essere molto utili.
In tutti i casi le cimatrici sono formate da un telaio di collegamento con la trattrice, da
un carter (contenete le cinghie, gli alberi, le ruote dentate e tutti gli altri dispositivi che
trasmettono il moto agli organi di taglio) e da un’intelaiatura porta lame.
In particolare il telaio porta attrezzi, è formato dall’attacco alla trattrice e da uno o
due montanti strutturati in modo da poter essere utilizzati anche con attrezzi diversi
(prepotatrice, spollonatrice, …); è inoltre fornito di supporti di sicurezza per evitare lo
sganciamento degli organi di taglio dall’attacco in caso di rotture o di urti del telaio
contro il terreno.
Le possibili tipologie sono:
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Meccanizzazione in viticoltura
¾
¾
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telaio
a
montante
singolo,
utilizzato
principalmente
con
attrezzi poco pesanti; generalmente
è strutturato per permettere di
modificare l’angolo di attacco del
montante alla base (sul punto di
collegamento) e l’angolo di attacco
dell’attrezzo sul montante;
telaio a montante doppio, utilizzato
su attrezzi doppi; non permette di
modificare l’angolo alla base del
telaio ma solo l’angolo di attacco
dell’attrezzo. E’ essenziale che la struttura assicuri un buon bilanciamento dei
pesi.
Esistono anche porta attrezzi doppi a montante singolo, munito di sistema di
regolazione che consente di regolare indipendentemente entrambi gli attrezzi. Infine il
telaio porta attrezzi deve possedere un sistema che permette di configurare la sagoma
della cimatrice per consentire la circolazione su strada pubblica.
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Meccanizzazione in viticoltura
Cap. 10 Macchine per la gestione della chioma
Le cimatrici, indipendentemente dal tipo di organi di taglio e dal tipo di architettura,
possono montare vari optional che permettono alla macchina un funzionamento più
efficace, una migliore rifinitura di taglio ed un periodo di ammortamento più breve:
¾ un organo spollonatore;
¾ un ruotino districa tralci per permettere la
fuoriuscita di quei tralci destinati ad essere
tagliati e che si trovano intricati all’interno
della vegetazione;
¾ una lama di taglio inferiore che permette di
intervenire su eventuali tralci esterni ai fili
contenitori, in vigneti dove si esegue la
pettinatura meccanicamente;
¾ organo di taglio superiore (per eseguire il
topping) munito di molla antiurto e/o organo
tastatore (meccanico o idraulico);
¾ convogliatore
a
stella
per
favorire
l’avvicinamento dei tralci troppo vicini al
fusto agli organi di taglio;
¾ predisposizione per l’installazione di elementi
di taglio adatti alla potatura invernale su controspalliere;
¾ joystick o radiocomando con centralina di controllo elettro-idraulica con 3, 4 o
5 leve, che permettono all’operatore di effettuare con più efficienza e
precisione i movimenti di controllo e di regolazione del telaio;
¾ sistema idraulico ausiliario (serbatoio,
pompa e radiatore) che permette di
sostituire o affiancare quello della trattrice
riducendo in tal modo il rischio di
surriscaldare il motore;
¾ un sistema di pulitura del carter
che
permette di togliere le incrostazioni di
liquidi vegetali conseguenti al taglio dei
germogli. Un brevetto francese, ad esempio,
prevede una resistenza passante per il carter che scalda la macchina (fino a
200°) e facilita il distaccarsi delle incrostazioni che altrimenti provocherebbero
un più veloce deterioramento degli organi della cimatrice;
¾ carrello di sostegno, in fase di ricovero, con ruote regolabili in altezza.
ing. Maines Fernando
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Meccanizzazione in viticoltura
Cap. 10 Macchine per la gestione della chioma
Per quanto riguarda la manutenzione valgono le seguenti considerazioni:
¾ pulire e lubrificare seguendo attentamente le disposizioni del costruttore
(vedere apposito libretto delle istruzioni);
¾ lo sporco non ha molta presa sui diversi organi della cimatrice, se questa viene
spruzzata leggermente con nafta (ad eccezione delle cinghie);
¾ in caso la cimatrice di tipo rotante venga rimessa in servizio dopo un lungo
periodo di inattività, è opportuno effettuare manualmente delle rotazioni degli
organi di taglio;
¾ durante l’inverno è necessario proteggere tutte le parti soggette a ruggine
(comprese le lame) con olio e grasso. E’ importante che le estremità dei tubi
idraulici con i raccordi vengano imballati per tenerli al riparo dalla polvere e
ing. Maines Fernando
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Meccanizzazione in viticoltura
Cap. 10 Macchine per la gestione della chioma
che vengano applicati i profili di protezione alle lame; si deve infine verificare
che i tubi idraulici non si attorciglino, si pieghino o subiscano danni.
10.4 Le defogliatrici (o sfogliatrici)
La pratica della sfogliatura prevede la rimozione di una parte o di tutte le foglie
presenti a livello dei grappoli che nei sistemi a potatura corta corrisponde con la zona
basale dei tralci. Con la sfogliatura manuale, praticata soprattutto nelle realtà collinari e
montane, si eliminano in particolare le foglie più interne, aggrovigliate ai grappoli, già
invecchiate o debilitate, e quindi poco o per nulla funzionali alla fotosintesi. Questo
comporta un notevole impegno da parte degli agricoltori sia in termini di costi di
manodopera sia in termini di tempo necessario per lo svolgimento del lavoro14. Per
questo nell’ultimo decennio si è potuto assistere allo sviluppo di macchine e ad un
mercato ricco di proposte differenziate e tecnicamente sempre più innovative.
Ridurre la presenza di foglie in prossimità della fascia produttiva consente di
raggiungere diversi obbiettivi:
¾ migliorare le condizioni microclimatiche grazie ad un miglior arieggiamento
dei grappoli e ad una maggior esposizione delle bacche alla radiazione
solare15; si riduce così la probabilità di insorgenza di malattie fungine (botrite,
oidio e peronospora);
¾ rendere più efficaci i trattamenti fitoiatrici16 in quanto viene facilitata la
penetrazione del fitofarmaco all’interno del grappolo e si riducono le perdite
di prodotto sul terreno o per deriva;
14 La defogliatura eseguita manualmente richiede personale esperto e tempi medi di lavoro che si
aggirano sulle 30 ÷ 40 ore/ha contro le 1 ÷ 4 ore/ha (a seconda della forma di allevamento e del sesto di
impianto) necessarie per effettuare la stessa operazione con macchine specifiche.
15 L’esposizione alla radiazione solare non deve essere eccessivamente diretta per evitare il rischio di
scottature e, comunque, deve essere sempre valutata in funzione del vitigno, delle caratteristiche
climatiche locali, dell’orientamento dei filari, della giacitura del terreno ed del sesto di impianto.
16 Le sperimentazioni hanno evidenziato minori entità di attacco botritico nel caso di sfogliature
effettuate all’inizio della invaiatura diversamente dagli interventi eseguiti in epoche più tardive.
ing. Maines Fernando
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Meccanizzazione in viticoltura
Cap. 10 Macchine per la gestione della chioma
¾ facilitare le operazioni di vendemmia: i tempi di raccolta risultano ridotti del
20 ÷ 30 % e, nel caso della raccolta meccanica, si migliora la qualità e la pulizia
del prodotto raccolto in quanto sono stati eliminati i grappoli secchi e si
diminuisce l’incidenza dell’umidità, dovuta a pioggia o alla rugiada, nella
zona fruttifera;
¾ influenzare positivamente alcune caratteristiche del vigneto (produzione,
numero e peso dei grappoli, peso degli acini) ed avere effetti positivi sulla
concentrazione zuccherina, sull’acidità totale e sulla composizione polifenolica
delle uve (antociani e flavonoidi): non vi sono ancora sicure evidenze di
positive influenze sulla produzione sebbene le ricerche fino ad ora effettuate
non siano riuscite ad evidenziare miglioramenti significativi della qualità dei
mosti prodotti dalle tesi sfogliate.
Per conseguire i migliori risultati è necessario valutare i seguenti aspetti:
¾ individuare i periodi migliori per effettuare la sfogliatura meccanica: in
funzione degli obiettivi prefissati, la sfogliatura può essere effettuata in fase
prefiorale, nella fase erbacea della bacca o in fase di maturazione delle bacche.
¾ determinare l’entità dei vantaggi operativi prefissati;
¾ individuare i possibili danni alla pianta e alle bacche derivanti da tale
operazione. L’intervento di sfogliatura meccanica, infatti, non è di semplice
calibrazione e richiede un discreto livello di addestramento da parte
dell’operatore ed una buona omogeneità della parete che deve essere
preventivamente sistemata con interventi di palizzamento ben effettuati;
¾ tenere in debito conto che la sfogliatura modifica il rapporto vegetoproduttivo e come tale può influire in modo diverso sulla colorazione delle
bacche e sul contenuto in sostanze aromatiche dei mosti e del vino a seconda
dei tempi e delle modalità esecutive. Le sperimentazioni hanno comunque
dimostrato che la riduzione di attività fotosintetica viene in parte compensata
dalla riesposizione alla luce di altre foglie prima parzialmente o totalmente in
ombra.
Un’eliminazione eccessiva di foglie nella zona circostante i grappoli, soprattutto se
precoce, penalizzando il rapporto superficie fogliare per unità di produzione, influisce
negativamente, come dimostrato in diverse sperimentazioni, sulla sintesi degli zuccheri
e si ripercuote sull’accumulo dei polifenoli e delle sostanze aromatiche. Asportazioni
severe sono da evitare anche nei periodi di pieno sviluppo per non ridurre il
rifornimento di assimilati nonostante si intervenga su foglie molto mature. In annate
molto calde, invece, le sfogliature tardive, realizzate attorno all’invaiatura, hanno
evidenziato danni strutturali alle cellule subepidermiche della bacca con interruzione
dei processi di accumulo dei metaboliti secondari, responsabili del colore e dell’aroma
dei vini.
Recenti riscontri sperimentali hanno evidenziato che le sfogliature più utili per una
efficace prevenzione della botrite e per un miglioramento del patrimonio polifenolico
sono quelle effettuate nella fase di chiusura del grappolo; dopo l’invaiatura è possibile,
invece, intervenire in maniera più massiccia in quanto le foglie più vecchie, appunto
quelle attorno ai grappoli, hanno circa 3 ÷ 4 mesi di età e hanno superato la loro
massima attività, soprattutto se sono coperte e ombreggiate da altra vegetazione. In
ogni caso l’intensità dell’intervento non deve essere tale da ridurre la superficie fogliare
ing. Maines Fernando
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Meccanizzazione in viticoltura
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esposta sotto i valori di 0,8-1,0 m2/kg di produzione (che corrisponde, in generale, a 5 ÷
7 foglie al di sopra dell’ultimo grappolo).
Relativamente al ruolo del vitigno bisogna ricordare che quelli a maturazione più
precoce richiedono una minore quantità di massa fogliare per raggiungere la giusta
maturazione; pertanto si consiglia di non eseguire sui vitigni precoci interventi di
sfogliatura che mettano i grappoli in condizioni di forte e costante insolazione.
*****
Negli ultimi anni molte ditte costruttrici di macchine per l’agricoltura si sono
dedicate alla messa in opera di nuovi modelli specifici per la sfogliatura della vite,
caratterizzati da diversi livelli tecnologici; solo pochi, però, sono quelli veramente
efficienti che sono riusciti a farsi spazio nel mercato viticolo.
Le defogliatrici si differenziano soprattutto per il sistema di asportazione delle foglie
e sono raggruppabili in tre principali famiglie:
¾ sfogliatrici pneumatiche;
¾ sfogliatrici meccaniche;
¾ sfogliatrici termiche.
10.4.1 Le defogliatrici pneumatiche
Sono attrezzature che operano la rottura della pagina della foglia (con conseguente
disseccamento e caduta) mediante l’azione di un potente getto d’aria ad una pressione
di 0,4 a 1,2 bar. Il flusso è prodotto da un compressore centrifugo alimentato dalla presa
di potenza del trattore, avente una portata variabile da 220 a 500 m3/ora in funzione
della densità di vegetazione presente sulla chioma. La potenza richiesta dal
compressore ammonta a 15 ÷ 25 kW. L’aria, convogliata attraverso un tubo flessibile
verso l’elemento di defogliazione, viene espulsa all’esterno ad alta velocità attraverso
appositi ugelli rotanti posti all’interno di una testata posta a contatto con la parete
vegetale. La presenza di apposite fessure sulla carenatura esterna della testata,
conferisce al getto d’aria una accentuata pulsazione. Le foglie vengono così sottoposte a
“colpi d’aria” tali da lacerarle in corrispondenza delle nervature. Tale modalità di
funzionamento le rende ideali per la sfogliatura precoce (allegazione o postallegagione).
ing. Maines Fernando
pag. 289
Meccanizzazione in viticoltura
Cap. 10 Macchine per la gestione della chioma
La struttura e la modalità di funzionamento di queste sfogliatrici consentono di
adattare l’orientamento delle testate alle pareti dei diversi sistemi di allevamento
(compresa la pergola). La regolazione di questa macchina è comunque un’operazione
piuttosto delicata e deve essere fatta da una mano esperta poiché se il getto di aria
risulta eccessivamente forte si rischia di danneggiare anche il grappolo con perdite di
produzione; le ferite inoltre possono divenire fonti di inoculo da parte di funghi come la
botrite. Si deve inoltre sottolineare il un costo piuttosto alto di queste defogliatrici ed il
loro peso elevato che richiede l’adozione di trattrici con potenza non inferiore ai 70
cavalli.
10.4.2 Le defogliatrici meccaniche
Rappresentano la tipologia più diffusa17 e si differenziano per il sistema meccanico
adottato per effettuare il taglio delle foglie (a elica, a lama oscillante, a tamburi flessibili
rotanti, con lame di recisione radenti, a rulli, …). Il sistema utilizzato per catturare le
foglie e portarle in prossimità dell’organo di taglio, invece, si basa in generale su
dispositivi che operano in depressione. (aspiratori, …). La testata che opera il taglio è
generalmente fissata su una struttura portattrezzi collocata frontalmente rispetto al
trattore. Un sistema idraulico, di caratteristiche e prestazioni diverse in funzione della
modalità operativa e dell’architettura delle diverse testate, consente la regolazione
dell’altezza di lavoro e l’inclinazione della testata rispetto al filare. Modelli più recenti
presentano dei sensori in grado di “leggere” la reazione della spalliera e di comandare
conseguentemente il sistema idraulico. Gli aspiratori possono far parte integrante della
testata oppure un unico ventilatore può alimentare, mediante apposite tubazioni,
diverse testate di taglio.
La sfogliatrice meccanica con dispositivo di taglio ad elica presenta testate
operative singole o doppie costituite, ciascuna, da una girante ad elica, alimentata da
17
Le principali ditte costruttrici sono Clemens, Gallagher, Tanesini, Tecnovit, Ferrand, Ero, Tba, Vbc,
….
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Meccanizzazione in viticoltura
Cap. 10 Macchine per la gestione della chioma
motore idraulico, che ruota a 1500 ÷ 3000 giri/min. La girante svolge la doppia funzione
di aspirare le foglie (sfruttando la minor massa in relazione alla superficie delle foglie
rispetto agli acini) e di tagliarle grazie all’elica munita di quattro pale con i bordi
taglienti. Per impedire ulteriormente che i grappoli vengano a contatto con le lame
rotanti sono presenti appositi elementi distanziatori sul lato delle testate rivolto verso il
filare. Le foglie recise vengono espulse attraverso un convogliatore che le indirizza
verso terra o comunque lontano dall’ operatore.
L’altezza della fascia di lavoro cambia con il diametro della griglia a cui di solito
corrisponde il diametro del ventilatore assiale. Inoltre l’utilizzo di testate doppie
consente di trattare altezza da 40 cm (testata orizzontale) fino a 80 cm (testata verticale.
Le testate possono anche essere reversibili per evitare ritorno a vuoto quando si sfoglia
su un solo lato.
Tale semplicità costruttiva trova riscontro nei bassi costi di acquisto.
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Meccanizzazione in viticoltura
Cap. 10 Macchine per la gestione della chioma
Le sfogliatrici meccaniche con dispositivo di taglio a lama oscillante sono munite
di un apparato sfogliante costituito da un rullo che si appoggia sulla vegetazione,
immediatamente seguito da una lama oscillante della lunghezza di 60 cm che provvede
al taglio delle foglie. Queste ultime sono aspirate, grazie alla corrente d’aria generata da
un ventilatore centrifugo, all’interno della testata sfogliatrice e scaricate posteriormente
alla macchina.
Il gruppo sfogliante è collegato al telaio mediante un parallelogramma orizzontale
che garantisce il contatto con la vegetazione. La pressione della testata di lavoro sulla
vegetazione può essere regolata in funzione della densità fogliare.
La macchina è generalmente di tipo portato e può essere dotata di 2 testate poste su
di un telaio per operare contemporaneamente su due lati. Entrambe le testate sono
collegate al telaio mediante un sistema articolato regolato da cilindri idraulici
comandati elettricamente da una pulsantiera posta in cabina, grazie alla quale è
possibile variare la loro posizione (anche in modo automatico) rispetto al filare, in
funzione delle diverse dimensioni dell’interfila. Le regolazioni possibili sono la distanza
da terra, la distanza dal filare e l’inclinazione rispetto al filare.
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pag. 292
Meccanizzazione in viticoltura
Cap. 10 Macchine per la gestione della chioma
Dal punto di vista della capacità operativa questa tipologia di defogliatrici dimostra
ottime prestazioni (circa 0,5 ha/ora) anche per quanto riguarda i danni riportati dai
grappoli che risultano sempre inferiori al 2%.
La sfogliatrice a tamburi flessibili rotanti è stata realizzata dalla ditta Pellenc ed è
stata concepita per l’utilizzo su entrambi i lati del filare. Il sistema che opera
l’asportazione delle foglie è montato su un telaio scavallante portato da trattore
interfilare o da braccio multifunzionale su macchina scavallante.
Le foglie vengono strappate da due tamburi rotanti in direzione opposta e con
velocità uguale a quella di avanzamento, aventi diametro di 450 mm ciascuno. La parte
che va a contatto con la vegetazione, ovvero quella esterna, è flessibile e deformabile
essendo costituita da una rete in acciaio inox, all’interno della quale viene creata una
depressione che ha lo scopo di far aderire le foglie al tamburo rotante che le
accompagna col suo moto alla parte posteriore della testa, ove due barrette falcianti tipo
tosa siepi hanno lo scopo di recidere le foglie. La pressione esercitata dai tamburi sulla
spalliera è regolabile mediante appositi cilindretti governati elettronicamente.
I due tamburi hanno dimostrato un elevatissimo rispetto per i grappoli in tutte le
fasi fenologiche. Ne deriva dunque la possibilità da parte dell’agricoltore di operare
anche a maturazione dell’uva in fase avanzata. Molto interessante è la possibilità di
controllare elettronicamente, da parte dell’operatore, l’intensità di sfogliatura in
maniera differenziata (su nove livelli) sui due lati di intervento, giungendo sino a poter
eseguire la sfogliatura su un solo lato.
Le sfogliatrici a barra alternativa di taglio con aspirazione da fessura sono dotate
di un ventilatore radiale generalmente montato direttamente a ridosso della testata
oppure può essere svincolato completamente dalla testata; in questi casi l’aria viene
condotta alla testata defogliante per mezzo di tubi plastici flessibili di grande diametro.
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pag. 293
Meccanizzazione in viticoltura
Cap. 10 Macchine per la gestione della chioma
L’aspetto che più caratterizza questa tipologia di macchina è dato dal fatto che l’aria
viene aspirata attraverso una
fessura posta vicino ad una
barretta falciante. Le foglie nel
momento in cui vengono attirate
nella fessura sono recise. Molta
attenzione
si
deve
porre
nell’accostamento della testata
alla parete vegetativa; per questo
diversi costruttori hanno messo a
punto
un
sistema
di
autoinclinazione della testata
rispetto alla verticale in modo da
ottenere perfetto parallelismo con
la porzione vegetativa da trattare.
Le sfogliatrici a strappo (o a rulli) si caratterizzano per il basso rischio di
danneggiare i grappoli visto che la macchina non lavora con delle lame. Infatti sono
munite di un elemento sfogliante costituito da due rulli che girano a una velocità di
1000 ÷ 1300 giri al minuto. Una ventola aspirante favorisce l’avvicinamento delle foglie
ai rulli e lo scarico delle stesse. I rulli sono fatti in materiale con diversa consistenza
(uno rigido scanalato e l’altro più morbido) per favorire l’aspirazione delle foglie
indurre un effetto di sminuzzamento.
Le sfogliatrici a depressione si basano su un principio molto all’avanguardia
costituito da un ventilatore radiale che produce un forte flusso d’aria il quale, tramite
due tubazione plastiche flessibili, viene portato alle due testate di lavoro. Il flusso d’aria
viene indirizzato ad un deflettore conformato in modo che l’aria defluisca con flusso
radente alla superficie della chioma e con direzione verso il filare. Questo comporta una
depressione che allontana le foglie dalla parete vegetale portandole a contatto con la
barretta di taglio alternativa presente vicino al punto di depressione.
Questa macchina ha il vantaggio di non far passare i residui vegetali tra le pale del
ventilatore, evitando il rischio di ingolfamenti e assicurando una buona la pulizia.
Inoltre si riduce l’incidenza di danni alle bacche perché il flusso d’aria non viene
indirizzato verso la vegetazione.
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Meccanizzazione in viticoltura
Cap. 10 Macchine per la gestione della chioma
10.4.3 Le sfogliatrici termiche
Queste attrezzature non presentano
organi meccanici in movimento essendo
costituite da un pannello radiante
circolare o rettangolare (con una
superficie di 0,5 ÷0,7 m2), munito di
bruciatore a gas alimentato a G.P.L.18 (gas
propano liquido), disposto nella zona
fruttifera in modo da provocare uno
shock termico alle foglie che ne vengono
a contatto. L’esposizione delle foglie al
calore (da 70 a 100 °C) causa l’alterazione
dei tessuti fogliari i quali, nei giorni
successivi all’intervento, cominciano a
seccare fino a determinare, nel giro di 8 ÷
10 giorni, la caduta delle foglie.
L’operazione di sfogliatura risulta quindi
graduale eliminando il rischio di danni ai grappoli dovuti ad una brusca esposizione ai
raggi solari.
Il pannello radiante è fissato su una struttura
portattrezzi regolabile idraulicamente, in altezza ed
in
inclinazione,
e
generalmente
collocata
frontalmente rispetto al trattore. Il collegamento fra
la testata sfogliatrice e il portattrezzi (sul quale sono
montate le bombole di gas) è ottenuto mediante una
struttura telescopica che consente rapidi movimenti
della testata trasversalmente rispetto alla direzione
Il costo di acquisto del gas e la bassa capacità operativa sono le voci principali che causano l’elevato
costo di esercizio che caratterizza questa tipologia di sfogliatrici.
18
ing. Maines Fernando
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Meccanizzazione in viticoltura
Cap. 10 Macchine per la gestione della chioma
di avanzamento. Quest’ultima consente anche di far seguire al bruciatore il profilo dalla
vegetazione, indipendentemente dalla posizione del trattore rispetto al filare. Il gas per
il funzionamento del bruciatore è contenuto in una o due bombole collocate su una
struttura collegata all’attacco a 3 punti posteriore del trattore. La macchina, inoltre, è
dotata di un sistema elettrico per l’accensione del bruciatore e per l’interruzione del
flusso di gas in situazioni di emergenza.
La macchina opera generalmente su un solo lato del filare visto l’evidente rischio
dovuto
ad
errori
nella
regolazione contemporanea della
distanza dalle foglie su due
cortine o sui due lati della stessa
cortina.
La
regolazione
dell’intensità
dell’azione
sfogliante avviene variando la
durata dell’esposizione delle
foglie alla fonte di calore e la
temperatura in prossimità del
bruciatore. Il primo parametro si
regola variando la velocità di
avanzamento della macchina (di circa 2 km/h), il secondo cambiando la pressione con
la quale il gas viene inviato al bruciatore.
*****
La valutazione delle prestazioni e della funzionalità delle defogliatrici prevede
l’analisi di diversi parametri:
¾ la quantità di foglie asportate in termini di riduzione di strati fogliari;
¾ i tempi (effettivi ed accessori) di lavoro: la rapidità delle operazioni di
sfogliatura risulta influenzata sia dal numero di testate lavoranti (1 o 2), sia
dalla velocità di avanzamento delle macchine che, d’altraparte, influenza
direttamente la qualità del risultato dell’intervento di sfogliatura. Nel caso
della sfogliatura termica la velocità d’avanzamento (mai comunque superiore
a 2 ÷ 3,5 m/s anche per le altre tipologie) risulta inferiore rispetto alle altre
macchine utilizzate, in quanto per riuscire a disseccare la vegetazione è
necessario sottoporre le foglie al calore per un tempo sufficiente. Anche i
tempi accessori, cioè quelli necessari per eseguire le svolte, sono risultati
superiori nel caso della macchina termica per i maggiori ingombri che la
caratterizza a causa della conformazione della testata e della presenza della
bombole del gas. In generale la capacità operativa delle defogliatrici, varia da
0,25 ha/h nel caso di macchine che eseguono la sfogliatura solo su un lato a
0,75 ha/h per quelle dotate di due testate di taglio;
¾ la qualità di lavoro può essere valutata in base agli acini caduti a terra ed alla
percentuale di acini danneggiati in funzione delle caratteristiche
morfologiche della vegetazione (il numero medio di strati fogliari, la
percentuale di foglie interne e la percentuale di grappoli interni) e della
presenza di fitopatie. Il danno provocato sui grappoli risulta, generalmente,
molto modesto (0,5 – 2%) ma anche differente in funzione delle diverse
ing. Maines Fernando
pag. 296
Meccanizzazione in viticoltura
Cap. 10 Macchine per la gestione della chioma
macchine sfogliatrici impiegate). In particolare le percentuali più alte di
lesioni sulle fasce produttive si hanno nel caso della sfogliatura con la
macchina termica19 mentre la minore incidenza (quasi nulla) si verificano con
le sfogliatici a lama oscillante.
Studi relativi alla valutazione economica hanno evidenziato una vita utile di circa 10
anni ed una convenienza all’acquisto per aziende con superfici superiori a 5 ha. Per
superfici a vite fino a 12 ÷ 13 ha la sfogliatura meccanica risulta senz’altro conveniente
pur variando con il tipo di macchina sfogliatrice utilizzata e con il numero di testate
sfoglianti impiegate (1 o 2); oltre tali superfici è sempre più economico asportare le
foglie meccanicamente indipendentemente dalla tipologia di sfogliatrice. Per abbassare
ulteriormente tali valori minimi di superficie e rendere ancor più conveniente la
sfogliatura meccanica, si deve aumentare la capacità di lavoro delle relative macchine,
ad esempio impiegando sistemi in grado di effettuare contemporaneamente
l’operazione di asportazione delle foglie e la distribuzione della miscela fitoiatrica, come
proposto da alcuni prototipi attualmente in fase di sviluppo.
10.5 Il diradamento dei grappoli
Questa operazione prevede la rimozione di una quota dei grappoli presenti sulla vite
e può essere effettuata in due contesti diversi:
¾ in fase di allevamento (al secondo e al terzo anno di impianto, quando il
mantenimento di tutti i grappoli prodotti dalla pianta può penalizzare la
vigoria dei germogli) con una operazione di scacchiatura o spollonatura
oppure andando a rimuovere selettivamente alcune delle infiorescenze
presenti sui germogli. La prima metodologia è più veloce ma, ovviamente, ha
lo svantaggio di rimuovere anche una fonte utile di superficie fogliare; la
seconda è decisamente più onerosa ma non penalizza la capacità vegetativa
della vite;
¾ su viti adulte, per conseguire i seguenti scopi:
o riportare in equilibrio viti che presentano un eccesso di carica di uva;
o indurre, in viti che presentano già un soddisfacente equilibrio vegetoproduttivo, caratteristiche compositive particolari (gradazione
zuccherina, intensità di colore e di aromi particolarmente elevate o
tipicizzanti) che consentono l’elaborazione di vini destinati a fasce di
mercato alte o di élite.
In entrambi i casi il periodo utile di intervento è normalmente quello compreso fra
l’allegagione e l’invaiatura. La quantità di uva asportata con il diradamento varia, di
solito, fra il 20 e il 60%; i grappoli da asportare sono quelli in posizione distale (i secondi
e terzi grappoli in termini di inserzione sul germoglio), oppure quelli che presentano
una conformazione anomala, una colorazione ritardata e/o disforme o che sono inseriti
su germogli molto deboli.
Le entità dei danni indotti sugli acini dalla defogliatrici termica dipendono dal numero di foglie
presenti tra la piastra della sfogliatrice e il grappolo; se il grappolo è in una zona non eccessivamente
coperta dalle foglie può subire delle ustioni provocate dall’eccessivo calore emesso della piastra.
19
ing. Maines Fernando
pag. 297
Meccanizzazione in viticoltura
Cap. 10 Macchine per la gestione della chioma
A differenza delle precedenti operazioni di potatura verde, il diradamento dei
grappoli non è ancora oggi meccanizzabile ed è quindi vincolato a un intervento
manuale20 che, a seconda delle condizioni colturali (epoca di intervento, accessibilità e
distribuzione dei grappoli, ecc.), richiede circa 30 - 40 ore/ha. Un’alternativa è data dal
diradamento meccanico dei fiori, realizzato per scuotimento della chioma con gli stessi
organi battitori che vengono utilizzati per la vendemmia.
Le esperienze di diradamento chimico sulla vite per uva da vino, si è rivelata non sufficientemente
efficace e ripetibile per poterne giustificare un utilizzo in campo su vasta scala.
20
ing. Maines Fernando
pag. 298
Meccanizzazione in viticoltura
Cap. 11 Macchine per la potatura a secco
11 Le macchine per la potatura a secco
La potatura invernale (detta anche a secco essendo eseguita generalmente quando i
tralci sono privi di foglie) è un’attività fondamentale per la gestione di un vigneto in
quanto influisce in modo determinante sull’equilibrio vegeto-produttivo della vite e
sulla qualità del suo prodotto. Consiste, infatti, nel ridurre i capi a frutto sulla pianta al
fine di raggiungere i seguenti obiettivi:
¾ dare alla pianta una determinata forma e conservarla nel tempo;
¾ spingere la vite a fruttificare sin dai primi anni, riducendo la fase
improduttiva;
¾ scegliere i capi a frutto migliori per l’annata successiva;
¾ rendere più o meno costante la produzione nelle varie annate;
¾ limitare la carica di gemme;
¾ equilibrare lo sviluppo della parte aerea con quella radicale;
¾ limitare negli anni l’allungamento del legno,
¾ asportare parti secche o malate.
La potatura di allevamento si adotta nei primi 2 ÷ 3 anni di vita delle viti, per
determinare la forma di allevamento ed un corretto sviluppo delle barbatelle. La
potatura di produzione, invece, si attua quando la pianta è entrata in produzione, al
fine di dare un corretto sviluppo vegeto-produttivo e di mettere la pianta nelle migliori
condizioni per ottenere una produzione ottimale sia dal punto di vista qualitativo che
quantitativo.
Per quanto riguarda la tecnica agronomica si possono distinguere tre diversi tipi di
potatura:
¾ corta (nel caso di alberello e cordone speronato);
¾ mista (nel caso di guyot, palmetta, cazenave, casarsa);
¾ lunga (nel caso di sylvoz, GDC, pergola e tendone).
Da un punto di vista esecutivo, invece, l’intervento sulla pianta può essere svolto con
vari sistemi: manualmente, con forbici servoassistite, con macchine prepotatrici e
successiva rifinitura manuale21 oppure con macchine potatrici senza rifinitura manuale
(minimal pruning).
Nel caso di intervento manuale che richiede personale altamente specializzato, la
potatura a secco è la seconda voce nel computo dei costi totali di gestione del vigneto
(14 ÷ 25 %)22 e la prima in termini di fabbisogno di tempo (40 ÷ 45%)
Potatura
manuale
(ore)
Potatura
Potatura
meccanica con
meccanica
rifinitura
con rifinitura
contemporanea
successiva
Potatura
meccanica
integrale
(ore)
Parlando di potatura meccanica con rifinitura manuale si possono distinguere due possibili
differenti metodologie di lavoro: prepotatura a cantieri indipendenti e potatura con contemporanea
rifinitura manuale.
22 Tali costi, se sommati a quelli di vendemmia raggiungono il 70% dei costi di produzione dell’uva.
21
ing. Maines Fernando
pag. 299
Meccanizzazione in viticoltura
Cordone libero
GDC
Cordone speronato
Casarsa
Cap. 11 Macchine per la potatura a secco
70 ÷ 80
80 ÷ 90
65 ÷ 70
70 ÷ 85
(ore)
15 ÷ 20
40 ÷ 50
30 ÷ 35
25 ÷ 35
(ore)
40 ÷ 50
50 ÷ 70
40 ÷ 55
35 ÷ 70
5÷7
10 ÷ 20
5÷7
-
La crescente carenza di operatori qualificati e la necessità di contenere i costi di
produzione rendono sempre più impellente l’adozione di pratiche di meccanizzazione
della potatura a secco (grazie alla quale il fabbisogno in termini di tempo può ridursi al
7 %) anche in virtù della possibilità di attuarla con diversi gradi di automazione, in
relazione alle caratteristiche del vigneto, alle condizioni climatiche, pedologiche ed al
grado di acrotonia del vigneto.
In generale la potatura esclusivamente manuale è tipica delle piccole aziende,
mentre le aziende medio-piccole possono ridurre gli elevati oneri, in termini di
manodopera e di tempo, adottando la potatura con forbici agevolatrici; la potatura con
macchine prepotatrici seguita da una rifinitura manuale risulta invece ottimale per le
grandi aziende. La potatura a macchina non seguita da rifinitura manuale, infine, è
tipica di aziende con superfici di vigneto molto estese, dove i tempi a disposizione per
tutte le operazioni sono molto ridotti.
Va ricordato che la meccanizzazione di questa operazione, purtroppo, è possibile
solamente per determinate forme di allevamento (cordone speronato, cordone libero,
cordone libero mobilizzato, cordone speronato mobilizzato, doppia cortina, combo, …)
e per vitigni con portamento assurgente dei tralci dato che la prevalente localizzazione
del legno nei 180° superiori al cordone, facilita e velocizza enormemente l’operatività
della potatrice. Al contrario, per forme di allevamento come il guyot e soprattutto per la
pergola, una meccanizzazione spinta non è possibile in quanto ogni singola pianta
richiede una potatura abbastanza differenziata.
In Italia, inoltre, ulteriori cause ostacolano il diffondersi di una efficiente
meccanizzazione di tale pratica:
¾ limitata superficie media aziendale:
solo il 20% della superficie vitata
nazionale si trova in aziende con
almeno 10 ha, fatto che comporta una
maggiore difficoltà di ammortamento
delle attrezzature;
¾ elevata percentuale di vigneti ubicati
in zone declivi, che rappresentano oltre
il 60% del territorio vitato nazionale;
¾ problemi di carattere agronomico,
dovuti in particolare alla grande varietà
di forme di allevamento e dei loro
sistemi di gestione che mal si adattano a
una realizzazione della potatura
attraverso macchine operatrici;
¾ ridotta conoscenza delle risposte
fisiologiche e qualitative dei numerosi
vitigni coltivati nel nostro Paese, in
ing. Maines Fernando
pag. 300
Meccanizzazione in viticoltura
Cap. 11 Macchine per la potatura a secco
risposta ad una gestione meccanizzata della potatura.
Fortunatamente negli ultimi anni alcuni fra questi limiti si stanno lentamente
ridimensionando a favore di una progressiva diffusione delle tecniche di potatura
meccanica.
Come già accennato, l’intervento meccanico può essere condotto con due diversi
gradi di automazione, caratterizzati da risposte significativamente diversificate della
vite: il primo, definito anche come prepotatura, prevede un intervento di parziale
meccanizzazione seguito da una rifinitura manuale23, mentre il secondo, si
contraddistingue per la meccanizzazione integrale24. Già l’intervento di prepotatura
meccanica riduce in modo sostanziale il fabbisogno in termini di tempo (e pertanto di
manodopera), facendo registrare diminuzioni che vanno dal 50% (cordone speronato) al
75% (cordone libero)25.
La differenza sostanziale è rappresentata dalla carica di potatura che viene lasciata
sulla vite. Nella prepotatura meccanica seguita da un intervento di rifinitura manuale, il
carico di gemme è paragonabile a quello ottenibile attraverso un esclusivo intervento
manuale. Nel secondo caso, invece, venendo a mancare l’intervento di rifinitura, il
23 Con questa tecnica operativa, adottata per diverse forme di allevamento, l’intervento della potatrice
viene seguita da una potatura manuale eseguita nel corso di un secondo e successivo passaggio oppure in
contemporanea all’intervento meccanico mediante apposito cantiere che prevede la presenza di due
operatori muniti di forbici pneumatiche posti su piattaforma trainata dalla stessa trattrice.
24 La doppia cortina generalmente non richiede, se correttamente strutturata, un passaggio di rifinitura
o, al massimo, ci si limita ad un semplice passaggio per eliminare gli speroni diretti verso l’interno dei
cordoni ed evitare così che lo sviluppo primaverile dei germogli orientati verso la parte centrale del
sistema di allevamento. La sola forma “in parete” che, al pari delle doppie cortine, può essere potata a
macchina nel periodo invernale anche senza rifinitura manuale è il cordone libero (i capi a frutto
derivanti da speroni inseriti sul dorso dei cordoni permanenti sono appunto “liberi”) con vitigni a
portamento assurgente o semiassurgente (Sauvignon, Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc, Chardonnay,
Sangiovese); i tralci pertanto sono orientati verso l’alto e possono essere facilmente raggiunti dalle barre
falcianti che non trovano alcun ostacolo lungo il filare.
25 Tali differenze nella riduzione delle ore necessarie è attribuibile alle differenti modalità operative
dei cantieri di lavoro che si realizzano con le diverse forme di allevamento, differenze che invece non si
riscontrano nel caso della potatura manuale che richiede indicativamente le stesse ore di lavoro. Ciò che
incide fortemente sono le modalità con cui si opera la rifinitura manuale (con piattaforma trainata da
trattrice, l’uso di agevolatrici, …).
ing. Maines Fernando
pag. 301
Meccanizzazione in viticoltura
Cap. 11 Macchine per la potatura a secco
carico di gemme risulta notevolmente aumentato, con incrementi variabili (in funzione
del vitigno, delle caratteristiche ambientali ed agronomiche locali) fino a fattori
moltiplicativi di 7 ÷ 8 rispetto a una potatura convenzionale.
Questo aspetto, che appare
come l’elemento più limitante
per
la
diffusione
della
meccanizzazione
integrale
della potatura, deve essere
valutato alla luce dei risultati
di recenti studi che hanno
evidenziato
una
risposta
vegeto-produttiva della vite
alla
potatura
integrale,
caratterizzata da un’elevata
capacità
di
autoregolarsi,
aumentando,
in
modo
proporzionale al carico di
potatura, il numero di gemme
che rimanendo latenti non
danno origine a germogli. Tale
risposta (definita acrotonia), ovviamente, risulta differenziata in funzione del vitigno e
dell’ambiente di coltivazione: in taluni casi si manifesta fin dai primi anni di adozione
di potature integralmente meccaniche, in altri dimostra di aver bisogno di tempi più o
meno lunghi.
L’entità degli aumenti di produttività e della contemporanea riduzione del vigore
delle piante, risulta commisurata al carico di potatura realizzato e alla capacità di
autoregolazione che il singolo vitigno esprime.
Di norma la potatura eseguita esclusivamente con l’ausilio di macchine operatrici è
una pratica destinata a produzioni di non elevato pregio, per le quali è necessario
abbattere i costi di produzione per rendere remunerative le produzioni viticole. Inoltre
si hanno condizioni più vantaggiose laddove le condizioni climatiche e pedologiche
inducono nella vite un elevato rigoglio vegetativo oppure nel caso di vitigni che
presentano una ridotta fertilità basale e/o che possiedono un’elevata tendenza
all’acrotonia e che pertanto non rischiano di incorrere in eccessi produttivi a seguito
dell’elevato carico di gemme lasciato con la potatura.
ing. Maines Fernando
pag. 302
Meccanizzazione in viticoltura
Cap. 11 Macchine per la potatura a secco
11.1 Le potatrici meccaniche
Le potatrici si distinguono in due grandi tipologie:
¾ macchine per vegetazione ricadente ove i sarmenti recisi in prossimità del
cordone cadono a terra;
¾ macchine per vegetazione assurgente legata che devono anche distaccare i
sarmenti dai fili (stralciatrici).
Dal punto di vista costruttivo le possiamo classificare a seconda dell’organo che
provvede al taglio dei tralci. Esse si possono infatti distinguere in:
¾ potatrici a dischi;
¾ potatrici a lame falcianti alternative26.
11.1.1 Potatrici a dischi
Per la potatura invernale dei vigneti allevati a controspalliera, a cordone permanente
oppure per la pre-potatura nei vigneti ad alberello, sono state realizzate macchine che
operano a cavallo del filare. Si tratta di macchine di tipo portato poste anteriormente
alla trattrice (grazie ad un sistema semi-automatico di attacco rapido con due tiranti
d’attacco) oppure ad un telaio portattrezzi mediante un braccio a parallelogrammo o un
braccio articolato. In entrambi i casi, queste attrezzature funzionano grazie ad un
impianto idraulico che deve assicurare una portata di circa 25 litri/minuto e lavorare a
pressioni di circa 180 bar.
Il dispositivo di taglio è costituito da due tamburi operanti ciascuno su un lato del
filare, composti da una serie di dischi dentati, il cui numero dipende dalla forma di
allevamento e dal tipo di potatura che si vuole realizzare. Generalmente sono presenti
da un minimo di 3 – 4 dischi, per eseguire ad esempio la stralciatura su guyot, fino ad
un massimo di 7 – 10 dischi per la potatura corta del cordone speronato.
Esistono altri tipi di macchine potatrici (potatrice a seghe circolari, a coltelli rotanti, …), diffuse
soprattutto negli Stati Uniti ed in Australia, che non verranno prese in considerazione in questa sede.
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Meccanizzazione in viticoltura
Cap. 11 Macchine per la potatura a secco
La tipologia più classica di tamburo prevede la presenza di lame circolari fisse
distanti circa 15 cm l’una dall’altra e separate da dischi (dette, per la loro forma,
margherite27) che ruotano28 con velocità periferica uguale e contraria a quella di
avanzamento della trattrice in modo da convogliare la vegetazione verso il centro della
macchina. La serie di dischi fissi, oltre a fungere da protezione serve anche ad evitare
l’inserimento accidentale dei fili di sostegno e soprattutto funge anche da “controlama”
per gli organi di taglio. Le lame possono operare così il taglio dei tralci in corti spezzoni
(frantumazione) e la loro rimozione dal filo (stralciatura). Ovviamente maggiore sarà il
numero di dischi più consistente sarà l’opera di stralciatura eseguita dalla prepotatrice a
dischi.
La forma si differenzia a seconda delle operazioni di taglio svolte. Nella parte inferiore del tamburo,
ad esempio, possono essere presenti particolari dischi detti rifinitori.
28 Ovviamente le margherite di un tamburo ruotano in senso opposto alle margherite dell’altro
tamburo.
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Meccanizzazione in viticoltura
Cap. 11 Macchine per la potatura a secco
Una diversa configurazione prevede, per uno dei rotori, una serie di dischi che
assumono la configurazione di una sega circolare, inseriti singolarmente in una gabbia
di alluminio29; tali organi di taglio si differenziano per la dentatura che nelle gabbie
superiori è più grossa per permette una migliore evacuazione dei sarmenti presenti sui
fili, mentre nelle gabbie inferiori è più piccola, per aumentare la precisione di taglio.
In tutti i casi gli organi lavoranti (dischi o seghe) hanno una velocità di rotazione
proporzionale alla velocità della trattrice. Alcuni modelli assicurano una pulizia
ottimale del filo grazie alla velocità di rotazione differenziata del 20% circa fra i dischi
convogliatori e le gabbie seghe qualunque sia la velocità di avanzamento.
Il secondo rotore presenta una configurazione molto più semplice composta da dischi stellati con il
compito di convogliare i tralci verso l’organo di taglio.
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ing. Maines Fernando
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Meccanizzazione in viticoltura
Cap. 11 Macchine per la potatura a secco
Il telaio scavallatore è generalmente equipaggiato con un tastatore meccanico che,
agendo su appositi dispositivi idraulici, permette di scansare i pali di qualsiasi tipo,
forma e spessore per evitare pericolosi urti sia alla macchina operatrice che della
spalliera. Prestazioni migliori sono assicurate dall’adozione di sensori ottici o di
emettitori di infrarossi che consentono di mappare il profilo della parete e di
individuare i pali. Gli stessi sistemi consentono, mediante apposito comando, di aprire
le due colonne in fase di entrata e di uscita del filare. Generalmente sono presenti anche
dispositivi che consentono di invertire il senso di rotazione, di intervenire direttamente
sulla posizione della testata di taglio in senso verticale e/o orizzontale e di aprire e
chiudere i dischi di frantumazione30. Talvolta sono presenti delle spazzole rotanti,
mosse idraulicamente, che servono per la pulizia dei fili superiori dal legno.
Nel caso di forme di allevamento con presenza di tralci ricadenti, gli organi di taglio
possono essere completati da una barra alternativa mentre per le forme di allevamento
che presentano fili tenuti assieme con graffette spezzabili, possono essere presenti delle
dita che determinano l’abbassamento dei fili.
11.1.2 Potatrici a lame falcianti alternative
Inizialmente progettate e realizzate
per la potatura delle doppie cortine,
sono oggi in grado anche di operare su
alcuni sistemi di allevamento a
controspalliera con potatura corta
come il cordone speronato e il cordone
libero.
Presentano una testata di taglio
portata
lateralmente
o,
più
Le serie di dischi che operano ai due lati delle controspalliere sono mantenute in posizione da una
molla che consente loro di allontanarsi in presenza dei pali, ma che le fa allontanare anche quando la
densità della vegetazione è eccessiva, per cui può accadere che i tralci più interni possono sfuggire alle
lame.
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Meccanizzazione in viticoltura
Cap. 11 Macchine per la potatura a secco
opportunamente, anteriormente dalla trattrice (per migliorare la visibilità e
l’accuratezza del lavoro) e formata, per realizzare la potatura in un unico passaggio, da
diverse barre falcianti che prendono moto da motori idraulici. Il numero (almeno tre o
più frequentemente quattro), la disposizione e le dimensioni variano a seconda del tipo
di vigneto su cui si opera, dalla forma di allevamento e dalla tipologia di intervento
(cimatura, potatura pre-raccolta e pre-potatura invernale); sono inoltre provviste di una
serie di martinetti oleodinamici che permettono una rapida movimentazione
automatica delle singole barre, così da realizzare il profilo di taglio richiesto dalle
diverse condizioni operative.
Le barre, munite di tastatori di tipo meccanico-idraulico a pettine, possono ruotare
sul proprio asse al contatto con gli ostacoli (i tralci, essendo sottili, penetrano invece tra
i denti del pettine e vengono recisi dalla lama), così da accrescere le loro possibilità
operative su sistemi di allevamento diversi. Diversi modelli presentano anche biglie
antiincastro sui denti fissi.
ing. Maines Fernando
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Meccanizzazione in viticoltura
Cap. 11 Macchine per la potatura a secco
La precisione esecutiva può essere ulteriormente migliorata adottando un sistema di
telecamere.
Le potatrici a barre falcianti, pertanto, sono macchine leggermente più complesse
rispetto a quelle a dischi, sia dal punto di vista costruttivo che di manutenzione; inoltre
risultano operativamente più lente31, caratteristica poco significativa qualora si opera la
rifinitura manuale in contemporanea. Di contro si rivelano adatte anche all’esecuzione
della potatura estiva.
Le potatrici a barra sono insostituibili nella potatura del GDC; è necessaria la
presenza di una quarta barra che opera all’interno del cordone e che deve essere
spostata, mediante un tastatore, in corrispondenza degli ostacoli (braccetti e viti). Il
taglio interno viene effettuato molto vicino al cordone favorendo, assieme alla
pettinatura estiva, lo sviluppo della vegetazione verso l’interfilare allo scopo di
La potatrice a dischi può raggiungere velocità fino a 6 ÷ 8 km/h ma di contro, è meno versatile
rispetto a quella a barre, che è in grado di operare la potatura su più sistemi di allevamento e consente di
eseguire anche la potatura estiva.
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Meccanizzazione in viticoltura
Cap. 11 Macchine per la potatura a secco
ottenere, ogni anno, due pareti vegeto-produttive nettamente distinte. Per la potatura
invernale di un ettaro di vigneto a GDC occorrono circa 4 ÷ 6 ore se effettuate solo
meccanicamente arrivando a 15 ÷ 23 ore con cantiere di lavoro completo di rifinitura
manuale (un trattorista e due rifinitori) al seguito32.
Tali attrezzature sono adatte anche ad operare su forme d’allevamento a spalliera
(cordone speronato, casarsa, …) dove sia la barra che taglia sopra al cordone che quella
che si trova sotto, devono essere provviste di automatismo scansapalo. È anche
possibile utilizzare, in aggiunta alle barre, dispositivi costituiti da 4 ÷ 5 battenti di
acciaio, per “stralciare” prima che i tralci giungano a contatto con gli organi di taglio. La
stralciatura così ottenuta, anche se non perfetta, riduce la successiva rifinitura manuale
che comunque deve essere eseguita nelle controspalliere potate meccanicamente.
Nel caso di potatura completamente manuale, senza l’impiego di macchine, nel GDC sono
necessarie circa 60 ÷ 80 ore/ha.
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Meccanizzazione in viticoltura
Cap. 11 Macchine per la potatura a secco
11.2 Agevolatrici per la potatura manuale
Negli ultimi decenni si è assistito allo
sviluppo e al successivo inserimento
nella pratica operativa di diversi
dispositivi agevolatori capaci di rendere
meno faticose le operazioni di potatura
manuale, di contrastare l’insorgenza di
malattie professionali (tendiniti al
braccio o al polso, …) e di ridurre i rischi
di incidenti. Si tratta in primo luogo di
forbici collegate a dispositivi di tipo
fisico-meccanico che riducono la forza
richiesta all’operatore per eseguire
correttamente il taglio dei tralci, anche
nel caso di diametri che altrimenti richiederebbero un intervento manuale con seghetto.
Particolarmente utili si dimostrano anche le attrezzature agevolatrici di movimento
che permettono all’operatore di lavorare senza dover sollecitare eccessivamente la
schiena come nel caso di forme d’allevamento basse (le spalliere tradizionali o gli
alberelli), oppure di lavorare operando su piattaforme o carrelli che permettono di
ing. Maines Fernando
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Cap. 11 Macchine per la potatura a secco
raggiungere in sicurezza la zona interessata dalle lavorazioni in un modo più semplice
e comodo, senza utilizzare scale.
La potenza ed la velocità di taglio delle forbici e la presenza di
piattaforme in movimento richiedono una idonea preparazione degli
operatori che devono anche essere muniti degli adeguati dispositivi di
protezione individuale.
Il processo di evoluzione delle forbici è iniziato già negli anni ‘60 con
lo sforzo da parte dei produttori di creare strumenti azionati dalla forza
umana, caratterizzate da una sempre maggiore ergonomicità e capacità
di taglio. Continua è stata, inoltre, la sperimentazione di nuovi materiali
(soprattutto leghe metalliche) sempre più leggeri, in grado di resistere
all’usura ma allo stesso tempo di creare poco attrito sulla superficie di
taglio e quindi rendere l’operazione più fluida e scorrevole.
Una modifica recentemente apportata sulle forbici manuali è stata
quella di un’impugnatura rotante in grado di distribuire in modo
ottimale lo sforzo sulle cinque dita e che richiede, pertanto, una minore
forza muscolare, protegge da tendiniti e infiammazioni dovute all’uso
prolungato. Inoltre sono state modificate le impugnature inserendo un
ammortizzatore con battente in caucciù per proteggere il polso; infine è
presente un dado dentato per regolare facilmente e con precisione il
gioco tra lama e controlama, in modo da garantire un taglio netto e accurato.
Una diversa linea evolutiva, ha portato alla sostituzione della forza umana mediante
l’intervento di dispositivi di tipo fisico-meccanico, che ha portato alla nascita delle
diverse forbici automatiche. Queste si differenziano principalmente per il modo in cui
sono azionate.
La prima tipologia ad apparire sul
mercato furono le forbici pneumatiche. Il
principio su cui si basano è estremamente
semplice: mentre una delle due lame è
solidamente collegata alla carcassa della
forbice, l’altra è azionata dallo stelo di un
piccolo cilindro pneumatico33, contenuto
nella forbice stessa. Premendo l’apposito
grilletto deviatore si immette aria compressa
nel cilindro pneumatico provocando il
repentino azionamento dello stantuffo, e
conseguentemente dello stelo e della lama da esso guidata mediante una biella. Una
molla contenuta di norma nel cilindro provoca il successivo rientro dello stantuffo
riarmando così le lame per il taglio successivo. Per azionare lo stantuffo che muove la
lama, viene utilizzata aria in pressione tra i 6 ed li 15 bar34 fornita da un compressore
dotato di serbatoio di grandi dimensioni per garantire buona autonomia a compressore
spento (3 ÷ 4 ore con due forbici).
Successivamente il mercato ha proposto anche modelli con lame a doppio taglio.
A tale pressione corrisponde una forza di taglio sufficiente per recidere rami di diametri sino a 40 ÷
50 mm, anche ove si operi su legni particolarmente duri.
33
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ing. Maines Fernando
pag. 311
Meccanizzazione in viticoltura
Cap. 11 Macchine per la potatura a secco
Su questo tipo di forbici
esiste
l’interessante
possibilità di applicare, in
corrispondenza delle lame,
un semplice dispositivo in
grado di nebulizzare una
piccola quantità di liquido
disinfettante al momento del
taglio, al fine di prevenire mal dell’esca ed eutipiosi.
Nonostante la forbice pneumatica possa vantare una considerevole semplicità
costruttiva ed un conseguente contenimento dei costi, non hanno trovato vasta
diffusione in viticoltura, se si esclude la rifinitura manuale della prepotatura meccanica;
la causa è da ricercarsi nella difficoltà di organizzare e di gestirne un cantiere di lavoro.
La fonte d’energia delle forbici pneumatiche è, infatti, costituita da aria compressa
generalmente accumulata in un serbatoio mantenuto a pressione tendenzialmente
costante da una valvola tarata in base alle esigenze di servizio degli attrezzi terminali
(che possono essere sia le forbici sia seghetti a catena o tosasiepi). Il serbatoio è
alimentato da un gruppo compressore mosso dalla presa di forza di una trattrice
oppure da altre fonti d’energia (motori a scoppio o elettrici). Tutto ciò comporta
l’introduzione nel vigneto di apparecchiature voluminose, poco maneggevoli e
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pag. 312
Meccanizzazione in viticoltura
Cap. 11 Macchine per la potatura a secco
rumorose. Una possibile soluzione prevede di mantenere il gruppo compressore
all’inizio del filare srotolando le condotte di alimentazione dell’aria compressa da
apposite bobine man mano che si percorre il filare; il richiamo delle condotte ed il loro
riavvolgimento può avvenire automaticamente, il più delle volte con l’ausilio di una
molla a torsione contenuta nella bobina stessa.
Quando il numero dei potatori è elevato si può allestire un cantiere di lavoro di tipo
semovente. In questo caso il gruppo compressore viene fatto procedere assieme ai
potatori; per la distribuzione dell’aria viene adottato un dispositivo di scavalcamento
delle spalliere tale da consentire di operare in contemporanea su tre o quattro filari.
Appare evidente la difficoltà di adottare tale sistema in collina, a causa degli ingombri
elevati e delle difficoltà di trasporto del gruppo stesso.
Bisogna infine segnalare che uno dei più grossi inconvenienti delle forbici
pneumatiche è rappresentato dagli inevitabili fenomeni di condensa che si verificano
nelle condotte (con intensità proporzionale alla lunghezza delle stesse). Per avere un
corretto funzionamento sarebbe necessario utilizzare aria ben essiccata e lubrificata;
inoltre in climi particolarmente rigidi questo problema si accentua in quanto i fenomeni
di cristallizzazione dei composti dell’acqua e del lubrificante possono condurre
all’inceppamento dell’attrezzo.
Una tipologia diffusa oltralpe alcuni anni fa ed ora
in rapido declino, è rappresentata dalle forbici
idrauliche
o
oleodinamiche.
Prevedono
l’allacciamento diretto all’impianto idraulico della
trattrice oppure ad una piccola centralina azionata da
un motore a scoppio e installata assieme a
quest’ultimo
su
un
carrello
trasportabile
manualmente. Se si esclude il fluido di lavoro, il
principio di funzionamento è simile a quello delle
forbici pneumatiche, rispetto alle quali le forbici
idrauliche manifestano vantaggi in termini di
compattezza delle dimensioni, riduzione dei pesi ed
insensibilità alle basse temperature; va però
sottolineato come, rendendosi necessaria una
pressione di esercizio molto elevata (250 bar circa), si
verifichi la tendenza all’irrigidimento della condotta
d’olio, con conseguenze negative sulla manovrabilità
dell’attrezzo da parte dell’operatore. Pertanto, al fine
di evitare l’utilizzo di tubazioni troppo lunghe, vengono utilizzati dei gruppi idraulici
semoventi per l’alimentazione delle forbici oppure un gruppo idraulico per
l’alimentazione delle forbici montato sulla trattrice che segue l’operatore nel filare.
Un curioso connubio tra i due precedenti sistemi è rappresentato dalle forbici idropneumatiche, costituite da una forbice oleodinamica interfacciata ad un impianto
pneumatico per mezzo di un cilindro che l’operatore porta fissato in vita mediante una
cintura, e che converte una pressione di aria a 7 bar in una pressione d’olio a 250 bar. Il
vantaggio più significativo di tale sistema è dato dalla maggiore libertà d’azione del
potatore, non vincolato dalla limitata lunghezza delle condotte oleodinamiche ma,
come per le pneumatiche, rimane tuttavia il limite dato dalla necessità di trascinare
ing. Maines Fernando
pag. 313
Meccanizzazione in viticoltura
Cap. 11 Macchine per la potatura a secco
lungo il filare la condotta in plastica recante l’aria al cilindro di conversione di pressione
e di riavvolgerla successivamente sulle apposite bobine.
La ricerca di rendere l’operatore indipendente da macchinari ingombranti e/o
scomodi da utilizzare, spinse alcuni costruttori francesi, a metà degli anni ottanta, a
studiare la possibilità mettere a punto forbici elettriche alimentate da piccole (e
leggere) batterie ricaricabili al nickel-cadmio. Un pacco di queste batterie collegate in
serie fornisce il voltaggio necessario ad attivare un piccolo motore elettrico in grado di
azionare le lame della forbice.
Vari possono essere i sistemi per tradurre il moto rotatorio dell’albero del motore nel
moto traslatorio della leva dalla lama: il più usato, basato su una camma sempre in
presa con la lama, presenta un inconveniente: la lama deve chiudersi prima di potersi
riaprire e quindi se la coppia fornita dal motore non è sufficiente per recidere il legno, la
forbice si blocca. Un altro sistema utilizzato è quello che prevede la presenza di una
cremagliera collegata alla lama.
Il principale problema evidenziato dalle forbici elettriche è dato dall’autonomia del
pacco di batterie (da portarsi alla cintura con un peso di 4 kg circa) che non sempre
assicura la copertura dell’intera giornata lavorativa; inoltre il peso della forbice è di
circa il 50% superiore rispetto ad una pneumatica (mediamente 1 kg contro circa 600
grammi).
Malgrado questi inconvenienti l’interesse suscitato dalle suddette apparecchiature è
stato subito notevole, principalmente per l’assoluta indipendenza dell’utente sia da
macchinari ingombranti che da altri utenti allacciati contemporaneamente allo stesso
impianto.
Lo “stato dell’arte” nel settore è oggi
comunque rappresentato, malgrado il loro
costo piuttosto elevato, dalle forbici a
gestione elettronica del taglio. Il pacco di
batterie è simile a quelli già descritti, anche
se sono state apportate delle modifiche per
renderle più leggere e in grado di garantire
una continuità operativa per un’intera
giornata lavorativa, (batterie al Lithium-
ing. Maines Fernando
pag. 314
Meccanizzazione in viticoltura
Cap. 11 Macchine per la potatura a secco
ion35).
Il motore (contenuto all’interno del manico) è di derivazione aeronautica e può
ruotare in entrambi i sensi; il moto rotatorio è convertito in traslatorio mediante una
vite a scorrimento di sfere di derivazione robotica, che si caratterizza per la sua
affidabilità ed il suo elevato rendimento globale (superiore a 0,7). La rotazione del
motore è comandata dall’azione del grilletto su di un captatore, il cui segnale è
elaborato da una piccola scheda elettronica contenuta nella forbice ed inviata ad
un'altra scheda elettronica, contenuta nello zainetto porta batterie, che dosa la corrente
da erogare al motore. In tal modo ad una determinata posizione del grilletto
corrisponde una determinata posizione delle lame cosicché rilasciando il grilletto si ha
l’automatica riapertura delle stesse. Questo movimento progressivo, perfettamente
dosabile da parte dell’operatore, è quanto di più simile sia oggi disponibile al
funzionamento di una forbice manuale, con una frequenza massima di apertura–
chiusura a vuoto di circa 70 cicli al minuto, ed una capacità di recisione in un colpo
unico di tralci del diametro di 30 mm.
Le lame sono due: una fissa, non tagliente, che funge da battente (a) e l’altra, mobile
e tagliente (b). La lama mobile ha il suo fulcro sulla lama fissa e può compiere una
rotazione massima di circa 50°. Nella zona in cui il battente fa presa sul legno si
potrebbero avere leggeri danneggiamenti.
Il peso della forbice è di 0,6 ÷ 1 kg mentre la batteria pesa 1,1 ÷ 3,4 kg con una
capacità di 2,8 ÷ 9 Ah, a cui corrisponde una autonomia di una giornata. Il motore ha
una potenza 110 ÷ 150 W, un voltaggio di 40 ÷ 50 V e un diametro di taglio di 35 ÷ 55
mm.
Questa tipologia, oltre ad offrire le migliori garanzie da un punto di vista
antinfortunistico, consente una capacità operativa di 50 ÷ 55 ore/ettaro contro le 75
ore/ettaro necessarie alla potatura con forbice tradizionale.
35
Nella seguente tabella è possibile confrontare le prestazioni di diverse tipologie di batterie.
Lithium-ion Ni-Mh
Ni-Cad
Capacità batteria (minimo una giornata di potatura)
190 W/h
190 W/h
190 W/h
Peso batteria
1,1 kg
2,6 kg
4,2 kg
ing. Maines Fernando
pag. 315
Meccanizzazione in viticoltura
Cap. 11 Macchine per la potatura a secco
L’utilizzo di forbici elettroniche però risulta vantaggioso da un punto di vista
economico sino ad un massimo di tre potatori; infatti, oltre questo numero di operatori
risulta più vantaggioso, dove possibile, l’istallazione di un cantiere di lavoro mobile con
forbici pneumatiche.
Per quanto riguarda la manutenzione, è essenziale eseguire periodicamente
l’affilatura della lama, anche per le forbici automatiche, in modo da garantire una buona
qualità di taglio e una maggiore longevità della meccanica (una lama non affilata
richiede una potenza di taglio maggiore). Nel caso delle forbici elettriche bisogna
ricordare di affilare il tagliente da una sola parte (quella smussata) garantendo un
angolo di affilatura costante; inoltre si deve registrare le lame in modo da non
determinare di movimenti laterali delle lame stesse. Per assicurare un elevata
funzionalità bisogna tenere lubrificati gli organi in movimento e prestare attenzione ai
dispositivi elettrici (schede, batterie, interruttori, ecc.).
Per la sicurezza, infine, si deve ricordare di adottare gli opportuni dispositivi di
protezione individuale), tenere la forbice con una sola mano ed effettuare gli interventi
di manutenzione o regolazione dopo aver inserito la sicura e con macchina scollegata
dal dispositivo di azionamento.
*****
Molte fra le diverse forme d’allevamento attualmente utilizzate, presentano una
fascia vegeto-produttiva ad un’altezza ridotta (da 50 a 90 cm dal terreno) che
costringono l’operatore a rimanere a lungo con la schiena piegata. Altre forme
d’allevamento invece hanno la fascia interessata alle lavorazioni disposta in alto (GDC,
cordone speronato alto, ecc.) il che costringe l’agricoltore ad operare rimanendo per
lungo tempo con le braccia sollevate o a ricorre a scale le quali, oltre ad essere
pericolose, rallentano di molto il lavoro.
Per ridurre la faticosità ed il rischio di dolorose patologie sono stati messi a punto
particolari dispositivi agevolatori di movimento:
¾ piattaforme o pedane: si tratta
di strutture metalliche che
possono essere applicate ai
muletti
oppure
essere
agganciate
alle
macchine
potatrici
semoventi
per
svolgere il lavoro di rifinitura
manuale in comodità. Esistono
anche delle pedane dotate di
ruote che vengono trainate
dalla trattrice. Il mercato
propone
anche
versioni
semoventi (nate per agevolare
le operazioni di raccolta della frutta), dotate di compressore per l’aria in grado
di far funzionare una o più forbici pneumatiche. Tali attrezzature agevolatrici
sono anche usate per lo svolgimento della rifinitura manuale da eseguirsi
(qualora la forma di allevamento e la modalità di conduzione del vigneto lo
richiedano) al fine di completare il taglio effettuato da una potatrice
ing. Maines Fernando
pag. 316
Meccanizzazione in viticoltura
¾
Cap. 11 Macchine per la potatura a secco
meccanica, non con l’intento di perfezionarne il taglio ma per tagliare i tralci
rimasti eccessivamente lunghi e per asportare alla base quelli soprannumerari.
Tale pratica, che può richiedere dalle 15 alle 25 ore per ettaro a seconda dei
sistemi di allevamento, può essere eseguita da uno o due operatori provvisti
di forbici pneumatiche o elettroniche e posizionati su di una pedana trainata
della trattrice, la stessa che porta anteriormente la potatrice meccanica. In tal
modo, essendo i rifinitori condizionati dalla velocità di avanzamento della
macchina (circa 200 ÷ 800 m/h), si evita che si dilunghino in tagli superflui che
provocano solo un aggravio di costi;
carrelli e seggiolini: utilizzati in vigneti con la fascia vegeto-produttiva posta
in basso, consentono all’operatore, grazie alla presenza di tre o quattro ruote,
di operare e di spostarsi stando seduto. Più recenti le versioni dotate di motore
elettrico per una più facile movimentazione.
11.3 Le trinciasarmenti
Dopo la potatura sul terreno rimangono i tralci che rappresentano, se lasciati in
posto, un notevole intralcio per l’agricoltore. Il divieto di bruciarli in campo ha reso
necessario l’introduzione di macchine in grado di effettuare un efficace trattamento di
tali residui.
ing. Maines Fernando
pag. 317
Meccanizzazione in viticoltura
Cap. 11 Macchine per la potatura a secco
Il passaggio in campo con la trinciasarmenti36 consente di sminuzzare tutti i residui
di potatura di diametro fino a 4 ÷ 5 cm in modo da favorire il naturale processo di
umificazione. Queste attrezzature possono essere classificate prima di tutto in base alle
dimensioni. Le versioni più frequentemente utilizzate in viticoltura hanno larghezza
variabile da 1,5 a 2,5 metri ed un peso da 100 a 300 kg; si tratta di modelli da accoppiare
con trattrici (da scegliere principalmente in base alle forme di allevamento e al tipo di
sesti d’impianto presenti in azienda), in grado di fornire all’attrezzo una potenza a
partire da 12 CV.
Esistono versioni di piccole dimensioni (peso massimo di 150 kg e larghezza di 1,20 ÷
1,30 m ), perlopiù montate su motocoltivatori, utilizzate laddove l’inadeguata viabilità
stradale non permette l’utilizzo di trattrici o nel caso in cui le dimensioni dell’azienda
non giustifichino le spese per l’acquisto e la
gestione della macchina.
Le trinciatrici si possono distinguere anche a
seconda di alcune caratteristiche che le rendono
specifiche per determinate colture. Molte sono le
case costruttrici che costruiscono modelli specifici
per il vigneto, costituiti dalle seguenti parti:
¾ telaio monoscocca: svolge in primo
luogo una funzione strutturale e di
sostegno di tutti gli altri organi; inoltre
svolge anche una importante funzione
protettiva in quanto convoglia la massa trinciata facendola uscire dalla parte
opposta di quella d’entrata; in tal modo si diminuiscono i rischi che schegge
possano raggiungere l’operatore; pertanto il telaio deve essere costituito da
piastre metalliche di adeguato spessore per poter
resistere all’urto ed all’abrasione dei detriti lanciati
dall’organo di taglio;
¾ organi di trasmissione del moto: le trinciatrici sono
delle macchine azionate dalla PTO (540 – 1000
giri/min) della trattrice che trasmette il moto,
mediante albero cardanico, alla scatola ingranaggi
della macchina. Da qui il moto giunge a delle pulegge
collegate tra di loro da cinghie che trasmettono a loro
volta il moto all’organo di taglio;
¾ organo di taglio: generalmente è costituito da un
rotore orizzontale a cui sono collegati degli utensili che, ruotando velocemente
(il numero di giri del rotore si aggira intorno ai 1000 ÷ 1500 giri al minuto),
strappano e sminuzzano la vegetazione (che può essere inviata ad un cassone
raccoglitore o distribuita al suolo); la rotazione deve sempre far sì che gli
utensili vadano sempre incontro ai residui per poi farli uscire sminuzzati
E’ la medesima attrezzatura utilizzata per effettuare il taglio e lo sminuzzamento del manto erboso
in presenza di erbacce consistenti, specialmente nelle piccole aziende che eliminano in tal modo il costo
aggiuntivo di una falciatrice; per le aziende più grandi invece è preferibile utilizzare per la gestione del
manto erboso si macchine più veloci quali le falciatrici rotanti
36
ing. Maines Fernando
pag. 318
Meccanizzazione in viticoltura
Cap. 11 Macchine per la potatura a secco
posteriormente. La scelta del tipo di utensile deve essere condotta in funzione
dell’ambiente in cui si opera:
• tipo a coltelli provvisti di profilo a “L” o a “Y” di limitato spessore, nel
caso si operi su materiale a consistenza prevalentemente erbacea;
• tipo a martelli, nel caso di interventi su residui o su vegetazione
parzialmente lignificata.
¾ organi di collegamento: la macchina viene agganciata all’attacco a tre punti
della trattrice grazie a un apposito telaio che, a seconda dei modelli, può
essere fisso oppure in grado di traslare lateralmente grazie a una vite o a un
parallelogramma di profili estrusi; in questo caso ai benefici indotti da una
maggior elasticità operativa si affiancano i noti problemi di sbilanciamento
dinamico. Nel caso in cui la macchina sia predisposta per l’attacco anteriore
alla trattrice (o posteriore nelle trattrici reversibili) il telaio di aggancio deve
essere presente su entrambi i lati o avere un organo di collegamento
reversibile oppure è necessario spostarlo, in quanto il rotore può ruotare solo
in un verso;
¾ organi di appoggio e di livellamento: entrambe queste funzioni sono svolte
generalmente da un rullo livellatore che oltre a depositare il peso della
macchina sul terreno, permette il livellamento della massa triturata che esce
ing. Maines Fernando
pag. 319
Meccanizzazione in viticoltura
Cap. 11 Macchine per la potatura a secco
dal carter. Esso consente anche la regolazione
dell’altezza di taglio; in alternativa il rullo
livellatore è sostituito da delle ruote le quali
fungono solamente da organo di appoggio;
¾ dispositivi di sicurezza: anteriormente, in
corrispondenza della zona di entrata dei tralci
sono presenti delle catene o delle placche in
ferro per fermare o rallentare eventuali pezzi di
tralci o sassi, a protezione dell’operatore della
trattrice. Allo stesso modo posteriormente, in corrispondenza della apertura di
fuoriuscita della massa tagliata possono essere presenti delle catene o una
piastra in ferro o in materiale plastico che rallenta i detriti e li direziona verso
il terreno.
La regolazione dell’altezza di taglio è molto importante in quanto se la macchina è
troppo distante dal terreno non si riesce a raccogliere ed a frantumare tutti i residui di
potatura, mentre se, al contrari,o è troppo bassa, si corre il rischio che gli utensili
tocchino il suolo danneggiandosi e rovinando il cotico erboso. La regolazione è operata
dall’operatore tramite il sollevatore della trattrice e tramite l’allungamento o
l’accorciamento del terzo punto. Un ulteriore regolazione può essere fatta variando la
posizione dell’eventuale rullo livellatore o delle ruote d’appoggio.
Le trinciatutto possono essere
munite dei seguenti dispositivi
opzionali:
¾ martinetto idraulico,
per la variazione della
posizione trasversale
dell’attrezzo rispetto
alla
trattrice
in
sostituzione
del
tradizionale dispositivo meccanico a vite, che assicura ridotti tempi di
regolazione;
¾ rastrelliera raccoglisarmenti: evita che qualche tralcio possa sfuggire
all’organo di taglio;
¾ rotoandatore: è azionato da un motore idraulico che fa ruotare delle pale in
gomma che spostano i tralci verso la trincia, in modo da completare
l’intervento in ciascun interfilare con un unico passaggio;
ing. Maines Fernando
pag. 320
Meccanizzazione in viticoltura
Cap. 11 Macchine per la potatura a secco
¾ rotore tagliaerba sulla fila: agganciato lateralmente alla macchina, è azionato
da motori idraulici che mettono in movimento l’organo di taglio composto da
un perno al quale sono agganciati due coltelli che ruotando ad alta velocità,
operando così il taglio dell’erba
presente tra le piante; sono
generalmente muniti di organo
tastatore che in presenza di ostacoli
sposta automaticamente l’organo di
taglio in modo da evitare rotture
della macchina o danneggiamenti
delle piante;
¾ irroratrice per il diserbo chimico: si
tratta di una piccola botte, fissata
sopra la trinciasarmenti, la quale
lateralmente porta un ugello per la
distribuzione del diserbante o del
dissecante
sulla
vegetazione
presente nel sottofila.
*****
I problemi maggiori che si possono incontrare nell’utilizzo delle trinciasarmenti sono
legati alla sicurezza. Infatti la conformazione dell’organo di taglio e il suo
funzionamento favoriscono notevolmente il lancio di pezzi di tralci o di sassi. Per
evitare ciò, oltre ad assicurarsi dell’efficienza delle protezioni anteriori e posteriori alla
macchina è necessario rispettare specifiche norme di sicurezza, la più importante delle
quali prevede il mantenimento di una distanza di sicurezza di 50 m per le persone che
si trovano nei dintorni.
Gli interventi di manutenzione invece riguardano soprattutto la lubrificazione dei
cuscinetti e il controllo dell’usura degli utensili.
I costi di queste macchine sono molto variabili a seconda del modello, della casa
costruttrice, degli optional. Per una trinciasarmenti per vigneto si va in media dai 3000
ai 6000 euro (prezzi 2009).
*****
Una trattazione a parte richiedono le macchine che consentono il recupero dei residui
di potatura per alimentare caldaie a biomassa37. L’attuale evoluzione del prezzo dei
combustibili fossili rende economicamente interessante il riutilizzo dei residui di
potatura per scopi energetici. Le potenzialità sono notevoli visto che in Italia si stima
una produzione annua di circa 3 milioni di tonnellate/anno di sarmenti per la sola
viticoltura.
Il potenziale energetico di un ettaro di vigneto è stimato in 7000 ÷ 10000 kW termici annui, derivante
da una massa di 2,2 ÷ 4,0 t/ha di biomassa.
37
ing. Maines Fernando
pag. 321
Meccanizzazione in viticoltura
Cap. 11 Macchine per la potatura a secco
Il cippato ottenuto dai residui di potatura può essere bruciato in caldaia con ottimi
risultati grazie al recente sviluppo delle specifiche caldaie munite di sistema auto
caricante che preleva il combustibile da appositi silos di stoccaggio dove il prodotto
deve essere stoccato dopo aver portato il contenuto in umidità a valori tali da eliminare
il rischio di insorgenza di fenomeni fermentativi, attacchi fungini, …). Una possibile
soluzione è lo stoccaggio (in semplici ricoveri coperti o mediante copertura con
materiali plastici) dei residui di potatura in balle (prismatiche o rotoballe) che
semplificano anche le operazioni di movimentazione, sebbene possano talvolta
presentare una disuniformità di consistenza, diametro e spessore del materiale ottenuto.
Inoltre è necessario avere a disposizione un impianto di cippatura al momento del
carico del silos.
Si ricorda inoltre che i residui di potatura lasciati in campo a decomporre forniscono
fino il 25% del fabbisogno annuale di un terreno in microelementi e fino al 30% in
macroelementi; pertanto in caso di recupero energetico di tali biomasse è necessario
periodicamente concimare per reintegrare le perdite di nutrienti.
Per assicurare convenienza economica al recupero dei residui di potatura a fini
energetici, è’ necessario organizzare un efficiente processo di raccolta e di gestione post
raccolta, che comprende anche la scelta e la gestione della caldaia in funzione delle
dimensioni aziendali e della quantità di cippato prodotto.
Recentemente sono state messe a punto particolari versioni di trinciatrici che
effettuano la raccolta dei tralci e la loro cippatura direttamente in campo (trincia
caricatrici, cippatrici o rotoimballatrici). ;
La biomassa ottenuta può essere raccolta in una apposita tramoggia collegata alla
trinciasarmenti e munita di sistema idraulico per il sollevamento (fino ad un’altezza di
2 m) e lo scarico sul mezzo utilizzato per il conferimento del cippato in azienda. La
tramoggia, capacità variabile da 0,9 a 3,5 m3, è alimentato mediante un condotto dalla
camera di trinciatura incorporato alla macchina; è inoltre munita di due coperchi copri
cassone (uno per controllo materiale ed uno con funzione di scivolo in fase di scarico).
In alternativa la cippatrice può presentare diverse soluzioni:
¾ dispositivo per il riempimento di sacconi;
¾ un condotto per lo scarico diretto sul bilico di trasporto collegato ad una
trattrice in avanzamento parallelo alla trinciasarmenti. Il cippato sarà
successivamente postato in azienda e stoccato in appositi silos.
ing. Maines Fernando
pag. 322
Meccanizzazione in viticoltura
Cap. 11 Macchine per la potatura a secco
Per evitare la predisposizione di volumi di stoccaggio troppo elevati ed i problemi
connessi alla possibile insorgenza di fermentazioni anomale e maleodoranti all’interno
del cippato stoccato, in taluni casi si preferisce adottare specifiche attrezzature derivate
dalla foraggicoltura (raccogli-imballatrici) in grado di raccogliere i residui di potatura
sotto forma di balle prismatiche o di rotoballe. Queste possono essere facilmente
stoccate in azienda (dove completare così il processo di riduzione dell’umidità) per
essere progressivamente sottoposte a cippatura in base all’andamento dei fabbisogni
termici dell’utilizzatore (abitazioni, centro aziendale, residenze agrituristiche, cantina.
ing. Maines Fernando
pag. 323
Meccanizzazione in viticoltura
Cap. 12 Macchine per la vendemmia meccanica
12 Macchine per la vendemmia meccanica
Per l’azienda viticola la vendemmia rappresenta da sempre il risultato di una
complessa serie di scelte colturali e aziendali che possono indurre un aumento o una
riduzione della qualità del prodotto finale che in questo caso è rappresentato dall’uva.
Tra le operazioni colturali la vendemmia è quella più impegnativa, pressante ed
onerosa e, insieme alle potature invernale ed estiva, incide in maniera preponderante e
crescente sui costi di produzione, tanto che, complessivamente, queste operazioni
possono assorbire fino al 90% del tempo totale richiesto per la gestione del vigneto.
La vendemmia manuale, in teoria,
dovrebbe assicurare una migliore qualità dei
prodotti; un tempo si consigliava persino di
effettuare, in alcuni casi, la vendemmia in due
- tre fasi, per raccogliere solo i grappoli
veramente maturi e solo gli acini di un
grappolo con determinate caratteristiche, al
punto che i vendemmiatori venivano muniti
di tre diversi recipienti per separare l’uva in
base alla qualità, soluzione oggi proibitiva
visti gli elevati costi e le difficoltà di reperire manodopera specializzata.
Il miglioramento delle macchine, sia dal punto di vista della qualità delle uve
raccolte che del rispetto della pianta, rende oggi compatibile la vendemmia meccanica
con la produzione di vini di pregio, cosa impensabile agli albori di queste operatrici,
quando i risultati qualitativi davvero modesti imponevano la destinazione.
La vendemmia meccanica viene effettuata applicando alle viti sollecitazioni capaci di
determinare il distacco degli acini (o più raramente di parti di grappolo). Il prodotto
raccolto, dopo una accurata separazione dai corpi estranei (principalmente foglie) viene
convogliato in appositi contenitori per il trasporto in cantina. Purtroppo la maggior
parte dei vitigni europei presentano acini che si mantengono attaccati al pedicello anche
dopo aver raggiunto la maturazione in modo che il loro distacco è accompagnato dalla
perdita di una parte di succo contenuto all’interno della polpa.
ing. Maines Fernando
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Meccanizzazione in viticoltura
Cap. 12 Macchine per la vendemmia meccanica
Fino a poco tempo fa la raccolta meccanica è stata considerata soprattutto come una
scelta necessaria nel caso di produzioni di bassa qualità, per ridurre i costi di
produzione e per sopperire alla sempre più diffusa carenza di manodopera qualificata.
Un’attenta analisi economica delle operazioni di vendemmia che tenga conto di tutti gli
aspetti connessi (la qualità del prodotto raccolto, la tempestività di raccolta, l’indice di
utilizzo nel caso di macchine polivalenti, …)
e della variabilità delle situazioni concrete,
mette in evidenza che la superficie minima di
impiego di una vendemmiatrice aziendale,
per risultare economicamente conveniente, è
dell’ordine dei 25 - 50 ha. In tali condizioni
una vendemmiatrice con tre addetti (di cui
due alla guida dei mezzi di trasporto) è in
grado di sostituire, a seconda dei casi, da un
minimo di 40 ad un massimo di 90
raccoglitori. Una tale riduzione del
fabbisogno di manodopera (fino al 95%) è
particolarmente significativa, visto che la
crescente difficoltà di reperimento della manodopera agricola qualificata è destinata ad
aggravarsi nei prossimi anni38.
Ne consegue una riduzione considerevole dei costi di produzione, in quanto gli
unici costi dovuti alla meccanizzazione sono quelli di acquisto della vendemmiatrice,
ammortizzabili in un periodo di tempo relativamente breve e quelli di manutenzione.
Un ulteriore e significativo vantaggio è dovuto alla tempestività dell’intervento
assicurato delle vendemmiatrici meccaniche. In tal modo è possibile raccogliere l’uva
quando i grappoli si trovano ad un livello ottimale di maturazione (mentre,
raccogliendo a mano, si è spesso costretti a cominciare un po’ prima e a finire un po’
dopo); si può, inoltre, ovviare a eventuali problemi climatici e meteorologici, ad
esempio, vendemmiando anche di notte, quando le temperature più basse consentono
anche significativi risparmi sui costi di refrigerazione.
Purtroppo diversi ostacoli hanno contrastato, e continuano a rallentare, la diffusione
delle vendemmiatrici in Italia:
¾ una superficie media aziendale estremamente limitata: nel 2000 si
registravano ancora più dell’80% di aziende con superfici comprese tra 1 e 5
ha. Tali valori sono incompatibili con il costo elevato delle vendemmiatrici
(che può raggiungere i 200.000 €) che, per essere ammortizzato in un periodo
di tempo accettabile, richiede una superficie aziendale di almeno 25 ÷ 50 ha39;
¾ un accentuato frazionamento aziendale: la presenza di piccole superfici e di
significative distanze fra i diversi vigneti, fanno aumentare l’incidenza dei
A ciò si deve aggiungere il vantaggio indotto dalla riduzione del lavoro organizzativo-burocratico
connesso all’assunzione ed alla gestione di numerosi lavoratori avventizi.
39 Molto diffusi rsultano anche i preconcetti nei confronti delle diverse soluzioni organizzative
alternative (contoterzismo, calendari concordati di vendemmia, cooperazione, acquisti in cooperativi,
ecc.) che potrebbero assicurare un più facile ammortamento dei costi.
38
ing. Maines Fernando
pag. 325
Meccanizzazione in viticoltura
Cap. 12 Macchine per la vendemmia meccanica
tempi accessori, dei tempi morti e di quelli necessari per il trasferimento con
conseguente riduzione dell’efficienza di sistema;
¾ una elevata percentuale di vigneti in zone collinari: nonostante le attuali
vendemmiatrici siano dotate di sistemi automatici di autolivellamento
longitudinale e trasversale, con la pendenza si riduce progressivamente
l’efficienza di raccolta delle vendemmiatrici e aumentano i problemi di
sicurezza, fino a rendere impossibile la meccanizzazione della vendemmia;
¾ una consistente eterogeneità delle forme di allevamento: nel nostro paese
sono ancora presenti numerose forme di allevamento, molte delle quali
incompatibili con la vendemmia meccanica. Si deve inoltre ricordare che
ciascuna forma di allevamento compatibile con le vendemmiatrici necessita di
una specifica regolazione della macchina, attività che influisce sui tempi
accessori;
¾ una diffusa diffidenza nelle capacità operative delle vendemmiatrici
espressa da moltissimi viticoltori;
¾ la diffusa inadeguatezza delle cantine sociali nella tempistica di
ricevimento delle uve che, invece, vanno ammostate in tempi rapidissimi;
¾ divieti di utilizzo della vendemmia meccanica per alcune DOC e DOCG.
La situazione sta comunque cambiando: l’accorpamento aziendale, la difficoltà
crescente di reperire manodopera e la necessità di contenere i costi di produzione
tendono a favorire la meccanizzazione della vendemmia, sebbene segnali contrastanti
giungano anche dalla Francia, considerata la patria delle vendemmiatrici, dove negli
ultimi anni si è registrata una flessione media significativa.
La percentuale più alta di vigneti a raccolta meccanica spetta alla Germania, ma è in
Francia che troviamo il maggior numero di macchine (oltre 15.000): In Italia non si
superano le 2000 unità di cui oltre l’85% a scuotimento orizzontale e le restanti divise
tra scuotimento verticale e per tendone. Si stima che negli ultimi anni le unità vendute
nel nostri Paese siano state, di media, 200 all’anno con una netta prevalenza (oltre il
90%) per le operatrici a scuotimento orizzontale. Per quanto riguarda la suddivisione
tra operatrici semoventi e trainate si raggiunge quasi la parità, con un leggero vantaggio
per le trainate. La diffusione di queste macchine è a macchia di leopardo, con crescente
interesse soprattutto per le regioni del Sud e nelle Isole. A livello nazionale il maggiore
impulso è chiaramente concentrato nelle aree più vocate e in quelle più produttive
(Toscana, Piemonte e Veneto).
I produttori presenti sul mercato si concentrano all’interno di un gruppo molto
esclusivo che comprende Pellenc – Volentieri, New Holland – Braud (solo semoventi)
Gregoire, Ero e Alma. Per lo scuotimento verticale il gruppo è ancora più esclusivo e
comprende Tanesini Tencnology e Paterlini.
Numerose dimostrazioni e prove eseguite recentemente hanno dimostrato che le
attuali vendemmiatrici consentono di raccogliere un prodotto (uve quasi
completamente diraspate e pertanto con un peso inferiore dell’1,5 ÷ 2,5% rispetto alla
stessa uva vendemmiata manualmente) con caratteristiche non incompatibili con
l’ottenimento di vini di pregio e, comunque, molto migliori rispetto al passato, in
termini di grado di ammostamento, di maltrattamento dell’uva, di pulizia (assenza di
foglie, piccioli, corpi estranei, ...) e di danni alle piante (distacco di foglie, rottura o
distacco di tralci, danni al cordone e alle gemme).
ing. Maines Fernando
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Meccanizzazione in viticoltura
Cap. 12 Macchine per la vendemmia meccanica
Il grado di ammostamento, sebbene negli ultimi anni sia stato ridotto grazie
all’adozione di nuove tecnologie applicate agli organi di raccolta, può variare
notevolmente (4 ÷ 20% sul totale raccolto) in funzione della perizia dell’operatore, delle
caratteristiche del vigneto e, soprattutto, della varietà di uva.
La vite produce sui germogli uviferi emessi da gemme miste degli speroni o dei tralci
di un anno detti comunemente capi a frutto. La fruttificazione è composta dai grappoli
formati da un rachide sul quale sono distribuiti numerosi racimoli, a loro volta articolati
nei pedicelli che portano i singoli acini. Rachide, racimoli e pedicelli costituiscono il
raspo. In alcune coltivar di Vitis labrusca L. e di Vitis rotundifolia M. e in alcuni ibridi
da esse derivati gli acini maturi si staccano molto facilmente grazie alla formazione di
un cercine suberoso tra i pedicelli e le bacche. Nella maggior parte dei vitigni europei
(Vitis vinifera L.), invece, gli acini restano attaccati ai pedicelli anche dopo la
lacerazione dei fasci fibrovascolari che penetrano nella polpa e che in parte persistono
all’estremità dei pedicelli dove formano il cosiddetto pennello. Questa lacerazione
provoca la perdita di succo da parte degli acini staccati.
Studi effettuati dimostrano che tra i vitigni europei c’è una differente predisposizione
varietale al distaccamento dell’acino e questo provoca notevoli ripercussioni sulle
modalità, sulla velocità e sulle perdite della vendemmia meccanica.
La tabella proposta in seguito riporta l’attitudine al distacco di alcune tra le maggiori
varietà coltivate in Italia.
Bassa
Chardonnay
Verduzzo friulano
I.M. 6013
Riesling
Cabernet Franc
Cabernet Sauvignon
Carmenere
Ribolla
Sangiovese
Ancellotta
ing. Maines Fernando
DIFFICOLTÀ DISTACCO
Media
Sauvignon
Prosecco
Merlot
Refosco
Raboso
Pinot nero
Tocai
Traminer
Malvasia istriana
Műller thurgau
Franconia
Alta
Pinot grigio
Pinot bianco
Trebbiano
Moscato
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Meccanizzazione in viticoltura
Cap. 12 Macchine per la vendemmia meccanica
Pertanto quelle varietà (Pinot grigio, Pinot bianco, Trebbiano, ...) che si caratterizzano
per un’elevata resistenza al distacco e, contemporaneamente, per la buccia sottile
risultando particolarmente “difficili” da vendemmiare meccanicamente40.
Un aspetto decisamente sopravvalutano è invece l’entità dei danni subiti dalla
vegetazione (rotture di tralci, foglie e accecamento di gemme) e dalla struttura portante,
dovuti alle vibrazioni indotte dagli organi meccanici di raccolta. Anche il precoce
appassimento evidenziato dopo la vendemmia meccanica, causato dall’infiltrazione di
bolle d’aria nei vasi per la rottura del filo liquido che attraversa la pianta (embolia
xilematica), è temporaneo e comunque non influenza la capacità traspiratoria
dell’annata seguente, che si ripristina in modo completo41. Il principale problema
rimane la bagnatura delle foglie in quanto la chioma esplorata dai battitori presenta
aree necrotiche più o meno estese dovute ad un processo di disidratazione causate dalla
presenza di mosto disperso in forma di aerosol42. Tale problema può essere risolto con
una azione di lavaggio con acqua distribuita mediante atomizzatore. La rottura di pali,
invece, varia molto in funzione del materiale e della tecnica costruttiva e si riducono
moltissimo qualora la struttura portante delle viti venga fin dall’inizio progettata in
funzione della vendemmia meccanica. Nel caso di impianti già esistenti, invece, è
neccessario apportare adattamenti al sistema di palificazione, per renderlo compatibile
anche con la luce massima del tunnel di raccolta della vendemmiatrice43.
Un alto grado di pulizia del prodotto conferito in cantina è fondamentale per
l’efficienza delle prime fasi di vinificazione e per il livello qualitativo del prodotto
E’ possibile prevenire le conseguenze negativi dovute al precoce ammostamento (ossidazione del
mosto, fermentazioni incontrollate), in primo luogo riducendo il tempo che intercorre fra il momento
della raccolta e l’arrivo dell’uva alla cantina, utilizzando rimorchi di piccola capacità in modo da evitare
una lunga permanenza in campo del prodotto, oppure vendemmiando nelle ore più fresche della
giornata (o di notte) o ancora trattando il vendemmiato con antiossidanti (metabisolfito, acido ascorbico)
o con ghiaccio secco.
41 Si possono ridurre gli effetti dei danni subiti dai tralci e dalle gemme anche in fase di potatura
invernale.
42 Infatti il mosto che si deposita sulle foglie agisce come soluzione osmotica che richiama acqua dai
tessuti, disidratando rapidamente la foglia.
43 L’abbassamento della palificazione può indurre un eccessivo abbassamento della parete vegetativa,
a cui si può associare una riduzione della capacità di fotosintesi e conseguente riduzione del potenziale di
maturazione. Anche la conseguente ricaduta più precoce della vegetazione verso il basso, renderà più
frequente e oneroso il ricorso a interventi di potatura estiva.
40
ing. Maines Fernando
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Meccanizzazione in viticoltura
Cap. 12 Macchine per la vendemmia meccanica
finale. Per questo negli ultimi anni, i produttori di vendemmiatrici hanno lavorato
molto per mettere a punto nuove soluzioni tecniche (doppie stazioni di aspirazione,
diraspatori, nastri di cernita, ...) in grado di ridurre in modo significativo le presenze
indesiderate.
Per quanto, invece, riguarda le perdite44, queste si suddividono in perdite sulla
pianta (rappresentate dagli acini che non si sono distaccati), perdite a terra e in perdite
occulte che costituiscono la frazione principale (mosto che percola a terra attraverso le
scaglie, oppure che rimane sulla pianta, oppure quello che viene aspirato dai ventilatori
(in ogni caso si tratta di mosto connesso al grado di ammostamento). Le varietà facili da
raccogliere e che ammostano poco fanno registrare perdite totali del 3 ÷ 6%, mentre
quelle più difficili arrivano al 9 ÷ 12%.
Presupposto essenziale per ottenere dalle vendemmiatrici buone prestazioni in
termini di qualità dell’uva raccolta (ormai paragonabile a quella ottenuta
tradizionalmente con la raccolta manuale), è la realizzazione o l’adattamento del
vigneto secondo specifici criteri:
¾ giacitura e orientamento dei vigneti: gli appezzamenti devono essere
regolari, con filari lunghi (almeno 200 m), con pendenze longitudinali non
superiori al 10 % e le pendenze trasversali che, invece, non dovrebbero
superare il 3 %. In tutti i casi il terreno deve essere il più regolare possibile
senza dossi o contropendenze; pertanto, si dovranno privilegiare, con
pendenza significative la sistemazione a ritocchino; si deve, invece, assicurare
un ampio spazio di manovra sulle testate con capezzagne di almeno 6 m,
meglio se di 8 m;
¾ viabilità aziendale: deve consentire un agevole e rapido spostamento dei
mezzi. Si intervene sulla larghezza delle strade interne, sulla stabilità di
eventuali scarpate; si dovranno, inoltre, eliminare eventuali fossi o manufatti
di varia natura che possono intralciare la circolazione della vendemmiatrice e
dei mezzi utilizzati per il trasporto dell’uva in cantina. Particolare attenzione
deve essere posta in presenza di scoline utilizzate per la regimazione delle
acque meteoriche o di terreni soggetti a fenomeni erosivi successivi ad eventi
Materiali estranei (mog) e perdite, saranno argomenti di ulteriore approfondimento al termine di
questo capitolo.
44
ing. Maines Fernando
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Meccanizzazione in viticoltura
Cap. 12 Macchine per la vendemmia meccanica
meteorici consistenti. La raccolta meccanica presuppone che la
vendemmiatrice possa circolare agevolmente nel vigneto anche dopo intense
precipitazioni per garantire la tempestività della raccolta. Per tale motivo si
rende necessaria una corretta gestione del suolo e la sostituzione delle
tradizionali lavorazioni con l’inerbimento45 e la non-lavorazione (diserbo);
infatti la vendemmia meccanica eseguita in vigneti lavorati, soprattutto con
suoli di matrice argillo-limosa, saturi d’acqua in seguito a precipitazioni
autunnali, può indurre consistenti fenomeni di slittamento e sprofondamento
della vendemmiatrice con conseguente compattamento e perdita di struttura
del terreno, negativa ai fini della corretta nutrizione sia idrica che minerale
della vite.
¾ la struttura portante: pali, fili ed accessori devono avere sufficiente resistenza
alle sollecitazioni meccaniche prodotte dalla macchina vendemmiatrice senza
impedire, nel contempo, che vengano trasmesse alla vegetazione. I pali di
cemento, soprattutto se a spigoli vivi, sono sconsigliati perché provocano una
forte usura dei battitori e per la tendenza al distacco di schegge che possono
danneggiare le macchine enologiche. Migliore è il comporamento dei pali in
cemento precompresso a sezione arrotondata (diametro circa 8 cm), sebbene
non siano ottimali in quanto troppo rigidi per consentire una vibrazione
efficace (come evidenziato dalle consistenti perdite all’uva rimasta in pianta in
corrispondenza dei pali. Pertanto vanno preferiti i pali di legno (pino silvestre
trattato con diametro non inferiore a 8 ÷ 10 cm) e i pali metallici, soprattutto
con sezione a U, per le dimensioni contenute e l’elevata flessibilità. In ogni
caso è importante che i pali risultino ben allineati, di altezza non superiore a
220 cm (soprattutto nel caso di vendemmiatrici scavallanti), distanziati di 6 ÷ 8
metri, a seconda del diametro del filo principale e della distanza fra le viti.
Nella scelta degli accessori, vanno evitati quelli che possono costituire intralcio
alla macchina (distanziatori, mensole ecc.) e quelli che possono staccarsi con
facilità sotto l’azione dei battitori (alcuni tipi di tendifilo e legacci). Infine, è
Il cotico erboso, inoltre, induce una maggiore competizione radicale tra le essenza erbacee e le viti
giudicata qualitativamente positiva oltre che utile al contenimento della vigoria.
45
ing. Maines Fernando
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Meccanizzazione in viticoltura
Cap. 12 Macchine per la vendemmia meccanica
indispensabile un buon allineamento dei tronchi delle viti e dei cordoni per
evitare danneggiamenti all’entrata del tunnel di raccolta; è raccomandabile
pertanto che i fili siano ben tesi, (conviene impiegare fili di acciaio inox o
acciaio zincato a basso allungamento oppure fili a spirale), per evitare
frequenti interventi di ritensionamento e che le piante siano ben fissate ai
tutori, possibilmente metallici (le canne di bambù o di materiale plastico sono
facilmente soggette a rotture);
¾ forma di allevamento: le condizioni più favorevoli alla raccolta meccanica si
verificano quando la fascia dei grappoli è ben localizzata ed è nettamente
separata dalla fascia dei tralci. Ciò consente di applicare l’azione dei battitori
alla sola fascia produttiva (che non supera mai i 100 ÷ 150 cm), facilitando il
distacco degli acini e riducendo il danneggiamento dei tralci e la percentuale
di foglie staccate dai battitori. Inoltre, soprattutto nelle varietà più soggette ad
ammostamento, si riduce la quantità di mosto che rimane sulle foglie dopo il
passaggio della vendemmiatrice (e quindi le perdite cosidette occulte). La
separazione dei grappoli dalla fascia vegetativa può essere migliorata
attraverso interventi meccanici di sfogliatura. La “fascia produttiva”, inoltre,
deve distare dal suolo almeno 30 ÷ 40 cm per lasciare sufficiente spazio agli
organi dedicati alla raccolta degli acini ed alla tenuta attorno ai pali (sistema a
panieri deformabili o a scaglie mobili. Infine si deve potare in modo da evitare
la presenza dei grappoli in prossimità dei pali dove la struttura portante
presenta una maggiore rigidità, tale da non consentire il distacco. Tra le
diverse forme di allevamento delle controspalliere, quelli più rispondenti
risultano il Guyot ed il cordone speronato, mentre quello ad archetto presenta
una fascia produttiva piuttosto ampia, e il Casarsa risulta il meno ideale e va
di conseguenza specializzato in funzione della raccolta meccanica. In Italia
diverse ricerche sono state indirizzate, invece, a sviluppare la massima
integrazione tra macchine e sistemi quali la Doppia Cortina, derivata dal GDC
americano, che hanno portato alla messa a punto di vendemmiatrici interfilari
a scuotimento verticale Altri sistemi innovativi e integralmente
meccanizzabili, proposti negli ultimi anni, sono stati il Cordone Libero
Mobilizzato, il Cordone Speronato Mobilizzato e il Combi.
Molto si può fare, pertanto, per ottimizzare il vigneto in funzione della vendemmia
meccanica, in modo da ridurre in modo netto i danni sulle piante e sugli elementi della
ing. Maines Fernando
pag. 331
Meccanizzazione in viticoltura
Cap. 12 Macchine per la vendemmia meccanica
struttura portante e da contenere le perdite, che in condizioni non ottimizzate, possono
arrivare fino al 15 ÷ 22%, percentuali che assumono un peso non indiffernete nella
valutazione della convenienza economica della vendemmia meccanica rispetto alla
vendemmia manuale. In particolare è possibile contenere le perdite sulla pianta, molto
significative soprattutto in prossimità dei pali nei vigneti non adattati alla macchina e
che in condizioni ottimizzate generalmente non superano il 2 ÷ 3%. Le vendemmiatrici
possono inoltre operare a velocità di 3 ÷ 5 km/h46, con capacità di lavoro di 0,5 ÷ 1 ha/h
(1 ÷ 2 h/ha con interfilari da 2,0 a 2,5 m). I tempi accessori (di voltata e di scarico
dell’uva raccolta) non superano normalmente il 25 ÷ 35% del tempo di lavoro totale.
12.1 Classificazione
Le vendemmiatrici si possono classificare secondo due criteri fondamentali: in base
al tipo di scuotimento e al sistema con la quale è attaccata alla trattrice.
Attualmente la vendemmia meccanica viene effettuata applicando alle viti
sollecitazioni capaci di determinare il distacco degli acini (o più raramente di parti di
grappolo) i quali, dopo una accurata separazione dei corpi estranei (principalmente
foglie), vengono convogliati in appositi contenitori per il trasporto in cantina. Tale
principio di funzionamento si basa su un moto oscillatorio orizzontale o verticale che
viene impresso al filare dalla macchina in avanzamento; insieme al filare viene messa in
oscillazione anche l’uva con conseguente distacco delle bacche dal rachide, che rimane
sulla pianta.
Se si osserva il moto a cui viene sottoposto l’acino, esso nel tempo appare come una
sinusoide, con velocità massima nel punto centrale dell’oscillazione e minima alle
estremità, ove viene invertito il moto. Proprio in questi punti, dove l’accelerazione è
Su vigneti vecchi, mal sistemati, oppure molto vigorosi e/o molto produttivi, può essere necessario
ridurre la velocità di avanzamento a 1 ÷ 2 km/h, con tempi di lavoro fino a 3 ÷ 5 h/ha.
46
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Meccanizzazione in viticoltura
Cap. 12 Macchine per la vendemmia meccanica
massima, avviene il distacco delle bacche, se l’energia cinetica impressa risulta
superiore alla forza che tiene l’acino attaccato al peduncolo.
Dato che l’energia cinetica è proporzionale alla accelerazione ed alla massa (cioè al
peso) dell’acino, per staccare acini meno maturi (quindi di minor peso) occorre più
accelerazione. Il distacco degli acini avviene, quindi, per due motivi:
per inerzia indotta dalla massa della bacca in risposta alla accelerazione impressa;
l’acino in questo caso rimane integro;
per contatto diretto con gli scuotitori; in questo caso la bacca si può rompere,
soprattutto se la buccia non è troppo spessa o elastica, provocando il fenomeno
dell’ammostamento (e le conseguenti perdite di mosto).
Le nuove vendemmiatrici operano una sollecitazione controllata della parete,
avvalendosi di sistemi elettronici e informatici per la regolazione degli scuotitori in
termini di apertura, ampiezza, accelerazione e frequenza dei battiti. Lo scuotimento,
pertanto, risulta essere più rispettoso del filare, imprimendo allo stesso un leggero moto
oscillatorio utile al distacco della bacca al fine di ridurre i principali fattori responsabili
dello scadimento qualitativo delle uve vendemmiate a macchina quali la presenza di
materiali estranei (Material Other of Grape), l’ammostamento, la ossidazioni e
l’incidenza percentuale di uve immature.
L’azione di scuotimento può essere effettueta in tre differenti modi:
¾ a scuotimento orizzontale: è il sistema adottato nel caso di viti allevate
secondo sistemi a spalliera (sylvoz, casarsa, guyot, cordone speronato basso e
alto, capovolto, ...). La struttura portante e la vegetazione passano attraverso la
testata di raccolta (portata da un telaio scavalcante) e vengono sottoposte
all’azione di una serie di battitori ad aste frenate che provvedono a distaccare
e far cadere per gravità gli acini;
¾ a scuotimento verticale: la vendemmiatrice è dotata di battitori a stella che
agiscono sul cordone di vigneti a doppia spalliera (GDC e combi) oppure su
forme di allevamento a spalliera semplice a cordone permanente
“mobilizzato” (mediante particolari sistemi di fissaggio dei fili portanti ai
pali)47. L’azione agente dal basso verso l’alto con una frequenza di 300 ÷ 500
Si tratta di forme di allevamento piuttosto specifiche che per varie ragioni si sono diffuse solo in
alcune aree (in particolare in Emilia Romagna)
47
ing. Maines Fernando
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Cap. 12 Macchine per la vendemmia meccanica
colpi/minuto, provoca il distacco degli acini senza agire direttamente sui
grappoli e, pertanto la qualità dell’uva raccolta risulta superiore a quella
raccolta con una vendemmiatrice a scuotimento orizzontale e nel contempo
risultano più contenuti i danneggiamenti a carico delle piante e della struttura
portante;
¾ per pettinamento: si tratta di vendemmiatrici adatte per forme di allevamento
a tendone o a pergola opportunamente adattate. Il dispositivo di raccolta,
agente secondo un piano inclinato od orizzontale, prevede una serie di
barrette sottili che danno luogo ad un moto oscillatorio agente sui grappoli, i
quali cadono direttamente in una tramoggia sottostante.
¾ per scuotimento del ceppo: si tratta di vendemmiatrici adottate sugli
alberelli. Queste macchine non hanno avuto una grande diffusione a causa
dei danneggiamenti dei ceppi che ne contraddistinguono l’azione.
ing. Maines Fernando
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Meccanizzazione in viticoltura
•
Trainate
•
•
•
•
Semoventi
•
•
•
Cap. 12 Macchine per la vendemmia meccanica
Vantaggi
capacità di superare pendenze •
superiori
peso contenuto
•
costi di acquisto ed esercizio
contenuti
•
alta produttività (sino a 5
•
km/h)
facilità nello spostamento del •
cantiere
possibilità di montare altre
attrezzature
maggiore maneggevolezza
maggior confort
Svantaggi
bassa produttività (circa 2
km/h)
necessita di trattrice
supplementare di potenza
elevata
maggiori spazi di manovra
costi di acquisto e gestione
elevati
peso elevato
In Italia circa il 60% della vite è allevato con il sistema a controspalliera, circa un 20%
ad alberello ed un altro 20% circa a tendone e a pergola (con pochi esempi di GDC):
pertanto i tipi di macchina che possono operare nella realtà viticola del nostro paese, a
prescindere dal tipo di trazione (trainata o semovente), sono principalmente macchine a
scuotimento orizzontale, mentre quelli a scuotimento verticale sono in forte contrazione
poiché il loro utilizzo è essenzialmente limitato alla doppia
cortina tipo GDC o a forme mobilizzate di cordone libero.
*****
Le vendemmiatrici meccaniche dell’uva si differenziano
anche per il collegamento con la trattrice. A questo
proposito ne tre tipi diversi:
¾ macchine portate: è una tipologia ormai in disuso
ad eccezione di alcune versioni adottate per le
macchine a scuotimento verticale;
¾ macchine trainate: questa tipologia viene adottata
sia per le vendemmiatrici a scuotimento verticale
ing. Maines Fernando
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Meccanizzazione in viticoltura
Cap. 12 Macchine per la vendemmia meccanica
che per quelle a scuotimento orizzontale. Sono azionate dalla presa di potenza
delle trattrici tramite un giunto cardanico oppure mediante un motore
autonomo. Le motrici sono sempre interfilari, cioè procedono parallelamente
alla vendemmiatrice che avanza a cavallo del filare48; i filari, pertanto, devono
avere larghezze sufficienti a consentire il transito delle trattrici (le cui
dimensioni saranno proporzionali alla potenza necessaria per movimentare
efficacemente la vendemmiatrice). I principali vantaggi delle vendemmiatrici
trainate sono il peso contenuto ed i minori costi di acquisto e di esercizio ma
nel contempo evidenziano prestazioni leggermente più contenute (tempi di
lavoro superiori del 25%) rispetto alle versioni semoventi. Hanno inoltre la
capacità di superare pendenze superiori (45 %). Per quanto riguarda la
produttività, in situazioni di media collina una vendemmiatrice trainata con
una velocità di circa 1,6 km/h ed una valutazione dei tempi morti del 30% può
raccogliere circa 2 ha in 8 ore di lavoro. Nelle stesse condizioni una semovente
assicura un aumento di produttività almeno del 20 % ma che può giungere
quasi al 100%, mentre in pianura si raggiungono tranquillamente gli 8 ha al
giorno.
¾ macchine semoventi: si tratta di motrici costituite da un telaio sul quale è
posizionato il motore e la cabina dalla quale si possono controllare facilmente
Questo modo di operare determina un maggior calpestamento del terreno in prossimità delle radici,
nonostante le versioni trainate siano più leggere di quelle semoventi.
48
ing. Maines Fernando
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Cap. 12 Macchine per la vendemmia meccanica
gli organi di lavoro. Il motore di elevata potenza (90 ÷ 130 kW) garantisce la
messa in pressione dell’olio utilizzato per il movimento dei vari organi
lavoranti e per il moto di avanzamento assicurato da motori oleooleostatici
con motoriduttori a cilindrata variabile (che consentono una variazione
continua e quindi un controllo molto preciso della velocità di lavoro) posti
sulle due o sulle quattro ruote motrici49. La capacità di trazione viene
ulteriormente migliorata mediante sistemi antislittamento e antipattinamento,
consentendo buone velocità di avanzamento (sino a 5 km/h contro i 2 km/h
delle trainate), una maggior facilità nello spostamento del cantiere e la
capacità di operare in collina o in condizioni di scarsa aderenza. Le masse
notevoli (dalle 4 alle 8 tonnellate) ed il baricentro piuttosto alto rendono
comunque difficile l’utilizzo di queste macchine su terreni in pendenza,
soprattutto se trasversale. Tale problema viene in parte risolto con l’adozione
di dispositivi quali l’auto livellamento delle quattro ruote o il preciso controllo
delle velocità. In ogni caso queste macchine riescono a scavalcare
controspalliere alte fino a 220 cm e in caso di condizioni favorevoli (terreni
pianeggianti e ben livellati) possono sollevarsi ulteriormente mediante
martinetti oliodinamici, fino a raggiungere una luce libera sotto il ponte di 260
cm. Sempre più frequentemente le vendemmiatrici semoventi possono essere
impiegate come portattrezzi polivalenti (compensando in parte i maggiori
costi di acquisto), in quanto il telaio può essere predisposto per montare, oltre
alla testata di vendemmia, molte attrezzature che permettono di eseguire gran
parte delle operazioni necessarie per la gestione del vigneto (irroratrici,
cimatrici, potatrici, legatrici, …), fino a consentirne la completa
meccanizzazione.
L’offerta tecnologica nel settore dei telai scavalcanti semoventi prevede, a
prescindere dalle ditte costruttrici, essenzialmente due tipologie di macchine: macchine
scavalcanti dedicate alla lavorazione di vigne strette (indicativamente 0,9 - 1,2 m di
Generalmente sono sterzanti le ruote anteriore, ma possono esserlo anche quelle posteriori. In
questo modo la manovrabilità di tali attrezzature diventa molto elevata, superiore a quella delle
vendemmiatrici trainate.
49
ing. Maines Fernando
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Cap. 12 Macchine per la vendemmia meccanica
interfila) dette anche trattori scavallanti e macchine dedicate alla lavorazione di vigneti
“tradizionali” con una larghezza minima dell’interfila di 1,3 - 1,5 m, usualmente
identificate con le vendemmiatrici propriamente dette.
La prima tipologia di trattrici è in genere disponibile presso i diversi costruttori in
due diversi modelli, uno che scavalca una sola fila (New Holland VN240), l’altro che
consente di scavalcare due file (New Holland VN260, Bobard 827 e 1096). In questo
secondo caso la carreggiata della macchina è regolabile idraulicamente in modo da
poter essere adattata alle caratteristiche specifiche del vigneto in lavoro. In tali
macchine, vista la modesta altezza dei filari, l’altezza di scavalcamento viene raggiunta
per mezzo dei supporti delle ruote e pertanto il telaio portante è sostanzialmente piano,
prevedendo al più una trave centrale di irrigidimento.
Nel caso delle vendemmiatrici tradizionali, macchine inizialmente concepite per lo
svolgimento della sola operazione di vendemmia e solo in seguito trasformate in portali
semoventi multifunzione, l’altezza di scavallamento, di entità decisamente superiore
(luce libera sotto il ponte di 260 cm), viene raggiunta anche per la conformazione del
telaio portante a U rovesciato. Questa diversa concezione dei due tipi di macchina ha
come conseguenza, nel caso di trattrici per vigne strette, l’assenza del tunnel centrale
che permette di collocare la cabina di guida in posizione centrale sull’asse della
macchina con il motore montato posteriormente.
Nelle vendemmiatrici, viceversa, la presenza del telaio ad U rovesciato impone, al
fine di non innalzare eccessivamente il baricentro della macchina, il posizionamento
della cabina di guida lateralmente e del motore in posizione simmetrica sul lato opposto
della macchina. Sul telaio portante trovano posto i seguenti sistemi funzionali: il gruppo
costituito dal motore diesel che aziona le pompe a servizio dei circuiti idraulici di
macchina, i sistemi idraulici (servovalvole, distributori, ecc.) di controllo, la cabina di
guida, le connessioni idrauliche ed elettriche (linee di controllo) per l’azionamento degli
utensili di lavoro, i supporti meccanici per il montaggio di tali utensili. Il telaio poggia
su quattro ruote (o come nel caso di alcuni modelli Tanesini su cingoli), azionate da
motori oleostatici e montate su supporti traslabili verticalmente per mezzo di pistoni
idraulici che permettono, entro certi limiti, il livellamento trasversale e longitudinale in
funzione delle condizioni di pendenza del terreno. Un apposito sistema antislittamento
elimina il rischio di pattinamento delle ruote: se una ruota (ad es. quella anteriore) è
ing. Maines Fernando
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Meccanizzazione in viticoltura
Cap. 12 Macchine per la vendemmia meccanica
soggetta ad uno slittamento pronunciato, la pressione nel tubo di recupero dell’olio
idraulico verso la corrispondente ruota posteriore aumenta, adattando la velocità di
quest’ultima ad un valore tale da limitare l’inconveniente.
Il cuore di queste macchine risulta pertanto il sistema idraulico che sovrintende sia
alla movimentazione della macchina sia ai sistemi ausiliari di sterzatura, livellamento e
frenatura, nonché all’alimentazione degli utensili montati sul portale (testa di
vendemmia, potatrice, ecc.).
Il circuito idraulico di trasmissione di potenza utilizzato nelle vendemmiatrici è di
tipo chiuso, azionato da un motore diesel di potenza generalmente medio elevata e dai
consumi ridotti, proprio perché grazie al motore idrostatico riesce a mantenere un
regime costante. Il sistema è alimentato da un gruppo di pompe a portata variabile di
tipo a pistoni rotanti collegate per mezzo di un sistema di tubazioni e di sistemi ausiliari
(valvole di controllo, distributori, filtri, accumulatori, scambiatori di calore, ecc.) ai
motori idraulici accoppiati agli utilizzatori. La gestione dell’intero sistema di trazione
avviene per mezzo di attuatori elettroidraulici comandati da una centralina elettronica
computerizzata che, basandosi sui feedback provenienti da sensori posti sui vari
componenti del sistema (sensori di velocità montati sui motori idraulici di trazione,
regime del motore endotermico, ecc.), svolge le funzioni di regolazione fra cui la
ripartizione della coppia fra le varie ruote in funzione delle diverse condizioni di
aderenza (variando la suddivisione della portata dell’olio alle ruote), la regolazione
della velocità, dell’accelerazione, ecc.
I motori utilizzati per la movimentazione della macchina, accoppiati direttamente
alle ruote motrici, sono del tipo a pistoni radiali, che si caratterizzano per avere
dimensioni molto compatte e notevole robustezza, velocità di rotazione anche a numero
di giri molto basso (caratteristica che ne permette l’accoppiamento diretto), reversibilità
(semplicemente invertendo ingresso e uscita dell’olio) nonché della capacità di ruotare
come “ruota libera”. I motori installati sulle macchine a portale sono in genere del tipo a
due velocità e permettono di variare la caratteristica coppia/velocità, a parità di portata
della pompa di alimentazione, in funzione delle diverse esigenze operative; quali
esempi opposti si considerano le condizioni di marcia di trasferimento e quelle di
lavoro in fase di vendemmia. La possibilità di modificare le caratteristiche di
coppia/velocità del motore viene ottenuta, costruttivamente, per mezzo di due serie di
ing. Maines Fernando
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Cap. 12 Macchine per la vendemmia meccanica
valvole ricavate nel carter del motore le cui condizioni di alimentazione possono essere
variate per mezzo di una valvola di selezione. Agendo su tale valvola viene variata la
cilindrata del motore scegliendo di alimentare tutti i pistoni radiali oppure soltanto la
loro metà: nel primo caso la velocità di rotazione sarà, in condizione di uguale portata,
pari alla metà della seconda con conseguenti modifiche delle caratteristiche di coppia
del motore.
Anche la movimentazione delle utenze meccaniche degli utensili montati sul portale
avviene pressoché esclusivamente per via idraulica. I motori rotanti utilizzati sono in
questo caso del tipo a ingranaggi e, nel caso di utenze a bassa velocità, anche del tipo a
lobi. Gli spostamenti lineari (apertura/chiusura di prepotatrici, defogliatrici,
regolazioni in altezza, ecc.) vengono generalmente realizzate per mezzo di pistoni
idraulici.
Nello svolgimento di queste operazioni si ha un notevole vantaggio in termini di
compattamento del terreno nei pressi del ceppo in quanto le ruote della macchina
transitano in mezzo al filare.
Le macchine a portale sono in grado ormai di svolgere quasi tutte le operazioni
agronomiche richieste nel vigneto. Le maggiori limitazioni provengono essenzialmente
dalla forma di allevamento e da una scarsa attenzione dedicata alla geometria del
vigneto al momento dell’impianto e nelle prime fasi di allevamento.
A livello generale è possibile affermare che le macchine a portale sono destinate alla
meccanizzazione dei soli vigneti allevati a spalliera e, fra questi, il massimo grado di
meccanizzazione si ottiene per forme di allevamento a cordone speronato basso
unilaterale (già il Guyot comporta delle notevoli complicazioni nella fase di
prepotatura). Le operazioni possibili con una macchina scavalcante comprendono, per
quanto riguarda la gestione della chioma e della parte epigea, la prepotatura e la
stralciatura, il trattamento con preparati liquidi e polverulenti, palizzatura (legatura a
verde), spollonatura, cimatura a verde e sfogliatura. Per quanto riguarda la gestione del
terreno le possibilità sono decisamente inferiori, essendo le possibilità limitate al
diserbo (chimico e meccanico), allo sfalcio dell’erba e, nel caso di macchine per vigne
strette a leggere lavorazioni del terreno.
Gli utensili destinati alla gestione della chioma sono collegati al portale per mezzo di
un braccio sporgente posizionato lungo l’asse longitudinale della macchina,
anteriormente sopra il tunnel di scavallamento. La posizione di tale braccio è regolabile
verticalmente in modo da poter adattare la posizione dell’utensile all’altezza del
vigneto.
È possibile montare anche un braccio
portattrezzi nella parte posteriore, per collegare
trinciatrici e macchine per la gestione degli
sfalci.
I sistemi dedicati ai trattamenti (atomizzatori
e impolveratrici con relative botti, contenitori,
bracci di irrorazione, pompe e sistemi ausiliari)
sono appoggiati al telaio portante nella zona di
carico posta dietro la cabina di giuda.
Tutte le operazioni possono essere seguite attentamente dall’operatore grazie
all’adozione di cabine con elevato grado di visibilità, data da un’ampia superficie
vetrata ora anche in corrispondenza del pavimento.
ing. Maines Fernando
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Meccanizzazione in viticoltura
Cap. 12 Macchine per la vendemmia meccanica
12.2 Vendemmiatrici a scuotimento orizzontale
Le macchine vendemmiatrici a scuotimento orizzontale sono presenti sul mercato in
numerosi modelli, sia trainati che semoventi. I primi hanno il vantaggio di un prezzo di
acquisto inferiore (di circa 2 volte), a fronte di prestazioni solo leggermente più
contenute (i tempi di lavoro sono superiori del 20 ÷ 30% circa rispetto alle semoventi).
Le vendemmiatrici semoventi risultano pertanto competitive solo se utilizzate su
grandi superfici (almeno 40 ÷ 50 ha/anno), oppure se vengono impiegate come
portattrezzi polivalente (soluzione prevista ormai da tutti i principali costruttori).
ing. Maines Fernando
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Meccanizzazione in viticoltura
Cap. 12 Macchine per la vendemmia meccanica
Le vendemmiatrici a scuotimento orizzontale sono costituite dalle seguenti:
¾ telaio: di tipo scavalcante, per assicurare la necessaria rigidità per sostenere
tutti i dispositivi che costituiscono la vendemmiatrice;
¾ testata di raccolta comprendente:
• scuotitore per il distacco degli acini;
• apparato di intercettazione del prodotto raccolto, che deve assicurare la
ricezione dell’uva al momento della sua caduta, limitando le perdite al
suolo con una buona tenuta a livello dei ceppi delle viti e dei pali di
sostegno;
• dispositivo di trasporto, che deve assicurare il trasferimento del prodotto
verso la tramoggia di stoccaggio o verso il braccio di scarico;
• l’insieme di dispositivi per la pulizia, destinato ad eliminare i corpi
estranei come foglie, piccioli o tralci ed eventualmente raspi.
¾ vasche di raccolta o braccio per lo scarico.
ing. Maines Fernando
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Meccanizzazione in viticoltura
Cap. 12 Macchine per la vendemmia meccanica
La testata di raccolta è posta in un tunnel che avvolge il filare con lo scopo di
intercettare e raccogliere il vendemmiato. Tutto l’insieme della testata di raccolta è
incernierato al telaio portante della macchina, in modo da poter pendolare ed essere
autoallineante: la testata è cioè completamente libera nei movimenti, risultando sospesa
rispetto al telaio portante della macchina, grazie a varie soluzioni costruttive. Ciò
consente alla testata di adattarsi continuamente alla diversa disposizione dei ceppi,
senza impuntamenti o danneggiamenti.
All’interno del tunnel sono presenti due serie di aste longitudinali, chiamate anche
“battitori”, che imprimono alla fascia produttiva una vibrazione in senso orizzontale
con una frequenza dell’ordine di 350 ÷ 450 colpi/minuto regolabili, anche
automaticamente, in funzione dello spessore del filare e delle caratteristiche del vigneto.
Si tratta di scuotitori in nylon che con la loro oscillazione sincronizzata provocano
l’oscillazione del filare. La velocità dell’uva è massima al centro dell’intervallo di
oscillazione e minima alle estremità, ove viene invertito il moto e l’accelerazione risulta
massima. Il distacco delle bacche avviene quando la forza che le tiene attaccate al
peduncolo viene superata dall’energia cinetica impressa dal sistema di scuotimento,
energia cinetica che è proporzionale alla accelerazione ed alla massa (cioè al peso)
dell’acino; quindi per staccare acini meno maturi (e perciò di minor peso) occorre una
accelerazione maggiore.
ing. Maines Fernando
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Meccanizzazione in viticoltura
Cap. 12 Macchine per la vendemmia meccanica
Le prime vendemmiatrici erano dotate di battitori ad estremità libere disposte su
alcune file, caratterizzate da un’azione in parte di vibrazione e in parte di percussione
(soprattutto in punta); le coppie anteriori di battitori erano munite di movimenti
asincroni rispetto alle file posteriori, ma ciò provocava un alto indice di rottura degli
acini, di ammostamento e quindi, di perdita di prodotto e sensibili danneggiamenti
delle piante.
Le vendemmiatrici più recenti montano invece sistemi “ad aste frenate” o con
“battitori ad arco” (sono termini che descrivono le soluzioni con aste curve e bloccate
agli estremi, brevettate dei principali produttori), nei quali entrambe le estremità dei
battitori sono vincolate, in modo da diminuire al massimo l’azione percussiva, secondo
il principio del dinamismo controllato. Questa innovazione ha permesso di aumentare
la velocità avanzamento e di ridurre di molto le perdite dirette ed occulte di prodotto,
portandole a livelli molto simili a quelle delle vendemmiatrici a scuotimento verticale.
Inoltre, per effetto della sensibile diminuzione del numero di impatti sulla vegetazione
e di un’azione meno traumatica, consentono di ridurre i danni su tralci e germogli e di
migliorare la qualità del vendemmiato.
Nelle macchine convenzionali l’azionamento degli scuotitori in nylon è regolato da
un sistema di biella manovella (dove un moto rotatorio viene convertito in un moto
oscillatorio) mentre è di recente introduzione un sistema di scuotimento azionato da
martinetti idraulici completamente computerizzato.
Gli scuotitori possono essere installati in numero differente, a distanze fra loro
variabile e addirittura ricercando inclinazioni particolari, per migliorare ulteriormente
la qualità del lavoro, così come, la distanza fra i battitori di destra rispetto a quelli di
sinistra in funzione anche dello spessore della parete, oltre che all’ampiezza
dell’oscillazione degli stessi. Infine risulta fondamentale intervenire, sul numero di
battiti al minuto. E’ quest’ultimo un parametro che varia molto (può variare da 300 a
500) in quanto dipende, oltre che dal vitigno e dalle caratteristiche del vigneto, della
forma e dal tipo di movimento degli scuotitori. Non vi è corrispondenza anche per il
numero di battiti al minuto necessario al corretto distacco dell’uva. Pertanto ogni
modello di vendemmiatrice ha una propria scala di lavoro che ben difficilmente può
essere paragonata a quella di un’altra macchina.
Diverso è il discorso sul corretto rapporto fra numero di battiti al minuto e velocità di
avanzamento. Qualora fosse necessaria una maggiore intensità di scuotitura per
migliorare il distacco dell’uva è possibile intervenire su due parametri di regolazione:
¾ aumentando il numero di battiti50;
¾ riducendo la velocità di avanzamento.
Due sono i possibili comportamenti operativi per rendere più intensa l’azione della
macchina: possiamo ridurre la velocità di lavoro (ad esempio da 2,00 a 1,8 km/ora)
oppure aumentare il numero di battiti (ad esempio passando da 400 a 410). Diverse
sperimentazioni hanno messo in evidenza come non necessariamente una riduzione
della velocità di avanzamento sia sinonimo di qualità del lavoro. Pertanto la velocità di
lavoro ideale per la vendemmiatrice deve essere quella che consente alla macchina di
Si ricorda che non è detto che si raggiunga un distacco migliore laddove il numero di battiti è più
elevato.
50
ing. Maines Fernando
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Meccanizzazione in viticoltura
Cap. 12 Macchine per la vendemmia meccanica
lavorare in modo eccellente tutto il prodotto distaccato dalla pianta, anche in funzione
delle caratteristiche delle differenti varietà.
Si deve infatti garantire, oltre ad un perfetto distacco del prodotto con la minore
incisività possibile nei confronti della pianta, il tempo necessario alla macchina per
caricare il prodotto nei serbatoi o sul nastro trasportatore. È in questa fase che l’uva
passa al vaglio degli aspiratori per la pulizia dalle foglie ed è pienamente comprensibile
come, a velocità d’avanzamento superiore, corrisponda una maggiore quantità di
prodotto che ciascun dispositivo (testata di raccolta, aspiratori, diraspatori, nastri, ecc.)
deve elaborare. Ciascuna macchina si caratterizza per una diversa capacità operativa in
funzione del numero d’aspiratori, della larghezza, della capacità dei nastri trasportatori,
….
Ne consegue l’ importanza di poter variare in modo semplice e veloce la frequenza di
battitura, la distanza fra i battitori, l’ampiezza della corsa e l’intensità dell’impulso. Per
questo le vendemmiatrici più recenti, soprattutto quelle semoventi, sono dotate di
grandi possibilità di regolazione per poter operare in maniera ottimale nelle più diverse
condizioni di lavoro. La complessità del sistema richiede però elevata professionalità ed
esperienza da parte dell’operatore., condizione necessaria per assicurare al raccolto
elevati livelli qualitativi è assolutamente indispensabile (oltre all’acquisto di una
macchina con caratteristiche tecniche e di materiali adeguati). Purtroppo non è sempre
possibile indicare regole precise per ogni situazione in quanto molte sono le variabili
che entrano in gioco. Per un buon adattamento alla coltura bisogna tenere conto di:
¾ varietà e relativa facilità di distacco dell’uva;
¾ grado di maturazione ed entità della produzione;
¾ stato sanitario, non solo dei grappoli, ma anche delle foglie e del legno;
¾ differenti sistemi di allevamento, presenza o meno delle strutture di sostegno
trasversale;
¾ tipo e stato delle strutture di sostegno e dei pali tutori;
¾ tipo di terreno e giacitura.
ing. Maines Fernando
pag. 345
Meccanizzazione in viticoltura
Cap. 12 Macchine per la vendemmia meccanica
Alcune vendemmiatrici prevedono la possibilità di controllare e modificare in “corso
d’opera”, mediante computer di bordo direttamente dal posto di guida, molti parametri
di funzionamento della testata di raccolta (pinzatura51, ampiezza, accelerazione e
frequenza di battitura, distanza fra i battitori e intensità dell’impulso sulla vegetazione);
è anche possibile programmare questi parametri in maniera differenziata in prossimità
dei pali, rilevati a mezzo di appositi sensori elettronici e di variare la frequenza di
battitura in maniera proporzionale alla velocità di avanzamento, per mantenere
costante il numero di oscillazioni per metro di filare anche in caso di rallentamenti.
Molto interessante si è dimostrato anche il controllo dell’assetto della testata di raccolta
per quanto riguarda l’allineamento sul filare
e la corrispondenza con la fascia produttiva
attraverso lo spostamento in altezza ed il
disassamento delle ruote, per compensare,
nel lavoro in collina, pendenze trasversali o
longitudinali (fino al 20 ÷ 30%).
In particolare, la pinzatura deve essere
sufficiente a permettere il passaggio dei pali
e della vegetazione, perché giungere sui pali
con gli scuotitori eccessivamente serrati
significherebbe romperli o trascinarli in
avanti con conseguenti enormi danni
all’impianto e alla macchina. Si dovrà perciò
informare il sistema sulla larghezza dei pali,
in modo che, non appena il sensore presente
sulla macchina avvertirà la presenza del palo
gli scuotitori, questi si allontaneranno di una
quantità e per un tempo adeguati, dopo di
che il computer potrà ripristinare il valore
impostato per la vegetazione, ritornando a
stringerla.
51
Rappresenta la distanza tra gli scuotitori.
ing. Maines Fernando
pag. 346
Meccanizzazione in viticoltura
Cap. 12 Macchine per la vendemmia meccanica
Anche per altri parametri si applica lo stesso principio. L’intensità di scuotimento,
data dallo spostamento degli scuotitori e dalla loro accelerazione, può essere ridotta sui
pali se si teme che essi siano troppo fragili per sopportare le sollecitazioni impresse alla
vegetazione. Questo naturalmente comporta una riduzione dell’intensità di
scuotimento che crea un zona in cui le vibrazioni non sono sufficienti a garantire il
distacco dell’uva. Questo fenomeno può comunque essere prevenuto cercando di
distaccare, mediante la potatura, la zona di produzione dei ceppi dai pali. Tuttavia
questo fenomeno deve far riflettere sulla necessità di adottare per i nuovi impianti pali
elastici e leggeri, con massa limitata che rende quasi inesistente questo problema.
Un ulteriore parametro, importantissimo ai fini del minimo impatto della macchina
su vegetazione e struttura del vigneto, è rappresentato dal numero di scuotitori
installati sulla testata di raccolta, che deve essere proporzionale all’ampiezza della
parete produttiva. Nel contempo un elevato numero di battitori rende più pesante
l’impatto della vendemmiatrice sulla struttura. Gli scuotitori in eccesso al di sotto della
fascia di produzione influiscono inutilmente sullo scuotimento della sola struttura,
mentre quelli al di sopra della fascia da vendemmiare influiscono impropriamente sia
sulla struttura sia sulla vegetazione. In ogni caso è essenziale che gli organi di
scuotimento operino nella zona ove sono presenti i grappoli. Più è limitata in altezza la
fascia produttiva minore sarà il numero di scuotitori necessario, con evidenti vantaggi
per l’integrità della vegetazione.
Per questo su talune macchine esiste un sistema idraulico di disinserimento dei
battitori in modo da far funzionare solo quelli in prossimità della fascia produttiva,
garantendo un notevole risparmio di tempo rispetto al disinnesto manuale dei battitori.
Gli scuotitori in eccesso non devono essere più smontati, ma è sufficiente svincolarli dai
piantoni. Importante è anche la regolazione dell’altezza di raccolta determinata
dall’altezza, relativamente al terreno, dell’estremità inferiore dei grappoli più bassi.
Tutti questi sistemi sono spesso automatizzati e comandati da sensori elettronici; in
alcuni modelli si ha una vera e propria “guida automatica”, che consente all’operatore
di concentrarsi maggiormente sulla regolazione dell’apparato di raccolta, aspetto
particolarmente utile nel caso di vendemmie notturne.
Come già citato ogni casa costruttrice ha brevettato i suoi scuotitori. La soluzione
proposta da New Holland - Braud prevede terminali non più liberi ma vincolati a
strutture mobili: la zona attiva aumenta la sua lunghezza e consente velocità di
ing. Maines Fernando
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Meccanizzazione in viticoltura
Cap. 12 Macchine per la vendemmia meccanica
avanzamento superiori, nel contempo scompare l’effetto frusta e si ha un maggiore
rispetto della vegetazione. La disposizione ad imbuto della sezione di scuotimento
consente un’entrata graduale del prodotto nella macchina, mantenendolo in contatto
permanente con gli scuotitori nella zona attiva, e liberando nello stesso tempo le viti
mentre la macchina avanza. Questa forma speciale evita ogni possibile danno alle
piante. Nella parte centrale, gli scuotitori sono praticamente paralleli fra di loro,
formando una zona attiva più estesa che consente di aumentare notevolmente la
velocità di avanzamento, con una frequenza più ridotta e quindi con un numero di
impulsi inferiore. Infatti è bene che gli scuotitori siano più vicini possibile tra di loro, in
modo da stringere la vegetazione e scuoterla senza darle colpi violenti ma
accompagnandola.
La soluzione adottata da Gregoire, molto simile a quella adottata da Ero, è un sistema
frenato nel quale gli scuotitori sono ripiegati indietro ed i terminali vincolati a due
montanti movimentati dinamicamente in sincronia con quelli anteriori, anziché folli
come nel sistema precedente.
Alma invece propone una soluzione che prevede delle aste semilibere con battitori
liberi associati ad una seconda asta che ne limita l’effetto frusta sulla vegetazione.
ing. Maines Fernando
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Meccanizzazione in viticoltura
Cap. 12 Macchine per la vendemmia meccanica
In tutte le vendemmiatrici il prodotto che si distacca viene lateralmente contenuto
dalle pareti del tunnel e inferiormente da un piano di raccolta, costituito normalmente
da due file di scaglie mobili, incernierate lateralmente al telaio attraverso un perno e
tenute in posizione da una molla. In tal modo possono ruotare per consentire il
passaggio dei pali e dei ceppi delle viti e tornare in posizione una volta superato
l’ostacolo. La forma delle scaglie è studiata in modo da ridurre il più possibile lo spazio
lasciato libero tra la scaglia e l’ostacolo. Inoltre le scaglie presentano un’inclinazione
rispetto al piano abbastanza accentuata per consentire al prodotto di riversarsi
velocemente sui nastri trasportatori laterali per l’allontanamento dell’uva intercettata.
Di disegno e di forme differenti a seconda dei costruttori, queste scaglie si
sovrappongono sulla linea mediana, sono autopulenti e a ritorno automatico per mezzo
di molle o di silent block. Quest’ultima è la soluzione migliore in quanto i silent block
consentono un funzionamento delle scaglie più regolare e più facile, ed un’azione più
morbida sui ceppi, mentre le molle dopo un certo periodo perdono parte della loro
efficacia rimanendo troppo aperte, con conseguente aumento delle perdite sul terreno.
Possibili perdite a terra lungo il filare si possono anche avere soprattutto quando i
ceppi sono molto distanziati52 oppure troppo sottili (in tal caso le scaglie possono
Tra un’apertura e la successiva, infatti, si accumula una gran quantità di acini che in parte possono
cadere al momento in cui le scaglie si aprono. Al contrario, ceppi più ravvicinati causano una frequente
apertura e chiusura che favoriscono l’azione di scarico verso i nastri trasportatori.
52
ing. Maines Fernando
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Meccanizzazione in viticoltura
Cap. 12 Macchine per la vendemmia meccanica
tardare a richiudersi lasciando cadere a terra acini). Problematico è anche il caso dei pali
aventi un elevato diametro, in quanto le scaglie di fondo tendono ad aprirsi
maggiormente e a rimanere aperte per un tempo più lungo.
Un diverso dispositivo intercettatore che elimina quasi completamente questo
tipo di perdite è costituito da nastri a “panieri deformabili” in movimento, che si
accoppiano in modo da avvolgere gli ostacoli presenti e che funzionano anche da
trasportatori per il prodotto raccolto. I panieri si muovono con velocità uguale e
contraria rispetto alla velocità di avanzamento della vendemmiatrice, risultando fermi
rispetto alle piante; ciò consente di ridurre sia i danni per sfregamento sui ceppi delle
viti, sia le perdite a terra dovute all’apertura delle scaglie in corrispondenza dei pali e
dei ceppi stessi. Nel contempo svolgono il compito di trasportare l’uva verso il sistema
di carico (tramoggia o braccio). Il sistema a panieri, inoltre, consente di raccogliere a soli
15 cm di altezza grazie alla regolazione che agisce sul sistema di sollevamento
indipendente della testata di raccolta o sul sistema di sollevamento della macchina.
Nel caso del sistema a scaglie il trasporto dell’uva staccata e intercettata avviene
mediante due convogliatori orizzontali a lato delle scaglie. Questi sono dotati di tappeti
lisci, a barrette, a tazze, o metallici a catena con palette trasversali in gomma (in
quest’ultimo caso con un grado di ammostamento del prodotto nettamente maggiore).
Per i convogliatori elevatori si fa ricorso a dei tappeti a barrette o a tazze. La tendenza è
comunque quella di adottare un unico trasportatore continuo (su ciascun lato della
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Meccanizzazione in viticoltura
Cap. 12 Macchine per la vendemmia meccanica
macchina), per evitare il “salto” da un trasportatore all’altro e ridurre le sollecitazioni
sull’uva raccolta.
Per regolare l’altezza minima di raccolta (nell’ordine dei 25 ÷ 30 cm circa) si deve
intervenire sull’angolo di inclinazione delle scaglie in modo da abbassarne il punto più
alto e facilitare la raccolta dei grappoli bassi. L’inclinazione deve essere valutata in
funzione dell’altezza minima della zona fruttifera rispetto al terreno e della quantità di
prodotto per metro lineare. Un’inclinazione insufficiente induce difficoltà nello scarico
dell’uva dalle scaglie ai tappeti trasportatori con conseguente possibilità di intasamento,
mentre un’inclinazione troppo elevata impedisce una sovrapposizione sufficiente delle
scaglie con maggiori perdite al suolo.
L’uva, convogliata da una coppia di
nastri elevatori o dagli stessi panieri
mobili, giunge pertanto alle vasche di
raccolta poste nella parte alta della
macchina oppure ad un braccio
orientabile (giraffa) munito di nastro
trasportatore per lo scarico su un
rimorchio che procede affiancato nel
filare adiacente alla vendemmiatrice (di
dimensioni compatibili con l’interfilare
per poi essere eventualmente scaricata
nel rimorchio per il trasporto in
cantina);
quest’ultima
soluzione
mantiene basso il peso della macchina e permette di operare su filari molto lunghi, ove
le benne potrebbero non avere capienza sufficiente. Necessita, però, di una maggiore
cura per il rispetto dei tempi di sincronizzazione soprattutto nelle manovre.
Attualmente la maggior parte delle macchine sono equipaggiate di serbatoi per lo
stoccaggio del prodotto e la tecnica del braccio di scarico viene impiegata solo nei
vigneti caratterizzati da filari molto lunghi, per i quali la quantità di raccolto può
eccedere la capacità di stoccaggio della macchina. Il posizionamento dei serbatoi sulla
macchina è generalmente laterale; la loro capacità di stoccaggio può raggiungere anche
i 3000 L nei modelli più grandi. Il loro svuotamento avviene dalla parte posteriore
mediante un martinetto idraulico comandato dal posto di guida del trattore che
imprime una rotazione di 90°.
Lungo i nastri trasportatori, generalmente, si hanno due aspiratori posizionati uno
per lato o nella parte inferiore o in quella superiore (sulle vendemmiatrici di maggiori
capacità di lavoro sono disposti quattro ventilatori, due inferiori e due superiori) con il
compito di effettuare la pulizia del prodotto dalle foglie e da altre impurità,
dimensionati e regolati in modo da non asportare acini o mosto. Gli aspiratori possono
essere collocati sui tappeti orizzontali oppure sul passaggio tra due tappeti orizzontali a
diversa quota; in quest’ultimo caso l’aspirazione delle foglie viene fatta in caduta.
Quest’ultima disposizione risulta la più efficace per la pulizia, in quanto le foglie in
questa fase tendono maggiormente a galleggiare rispetto agli acini e sono più
facilmente separabili dal prodotto. Spesso la velocità di rotazione degli aspiratori può
essere regolata in continuo dal posto di guida durante il lavoro, essendo azionati da
motori idraulici.
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Meccanizzazione in viticoltura
Cap. 12 Macchine per la vendemmia meccanica
Sulle macchine Pellenc viene adottato il sistema brevettato “Trieur”, un dispositivo
di selezione-pulizia posto al termine dei nastri trasportatori. Qui le uve vengono
deposte su un dispositivo di vaglio composto da un tappeto forato che consente il
passaggio nella zona sottostante degli acini
e del mosto libero (nelle benne o sul piano
di cernita), ma non quello di racimoli e
foglie ancora presenti. Questi vengono
trasportati verso il retro della macchina
dove, al termine del tappeto, i racimoli
cadono nella zona bassa di collocazione dei
contenitori dell’uva, mentre le foglie sono
intercettate dal flusso d’aria generato dal
ventilatore centrifugo. In questo modo si
diminuiscono le perdite occulte dovute a
aspirazione assieme alle foglie di una
porzione di mosto.
Appena sotto il livello massimo di capienza dei serbatoi sono posizionate delle
coclee, che hanno il compito di livellare il prodotto all’interno del contenitore, evitando
pericolosi accumuli localizzati, inoltre, le coclee aiutano lo svuotamento dei serbatoi,
scongiurando il pericolo di ristagni di prodotto, che in questo caso sarebbe
particolarmente soggetto a fermentazioni e attacchi di muffe. Per evitare qualsiasi
possibilità accidentale, anche remota, di inquinamento del prodotto con olio meccanico,
solitamente queste coclee sono azionate da motori elettrici e non idraulici; in caso
contrario i motori sono posti all’esterno delle benne per evitare una qualsiasi possibilità
di inquinamento.
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Meccanizzazione in viticoltura
Cap. 12 Macchine per la vendemmia meccanica
La più recente innovazione, adottata da
quasi tutte le case costruttrici di
vendemmiatrici negli ultimi anni è
rappresentata dall’installazione a bordo
dei diraspatori, in modo di operare questa
operazione già in campo allo scopo di
migliorare sensibilmente la qualità del
prodotto53.
L’immediata separazione dei raspi
dagli acini e dalla percentuale di mosto
presente nella massa mette al sicuro il
prodotto da eventuali ossidazioni dovute
per esempio alla cessione di residui di
prodotti fitosanitari presenti sul raspo
stesso o da cessioni indesiderate da parte
di porzioni erbacee lesionate. In questo
modo vengono scaricate a terra anche
tutte quelle impurità, come per esempio
piccole porzioni di tralci presenti
soprattutto dove si attua la potatura
meccanica a sperone, che altrimenti
finirebbero per restare a contatto con l’uva
e il mosto. Le case costruttrici che hanno
avuto questa intuizione hanno operato installando sulle vendemmiatrici dei modelli
simili alle vere e proprie macchine enologiche, che si sono dimostrati di facile
adattamento. Si tratta di sistemi muniti di nastri o di tamburi forati che lasciano cedere
gli acini nella vasca sottostante mentre appositi rotori – sgranatori generano il distacco
delle bacche e quindi l’espulsione dei raspi. Vengono posizionati immediatamente dopo
gli ultimi aspiratori delle foglie. Questa posizione, che ha il vantaggio di permettere di
installare o meno i diraspatori su di uno stesso modello di macchina, è la posizione
ideale perché intercetta il prodotto, già pulito dalle foglie, immediatamente prima della
fase di scarico, anche se molti operatori tendono a ridurre la velocità delle ventole
affidando la separazione delle foglie ai soli diraspatori. Il risultato operativo in questo
modo peggiora visto che la presenza di foglie sul nastro o sul rullo che fa scorrere il
prodotto sotto gli sgranatori, finisce con l’inibire fortemente la sofficità di lavoro dei
separatori, ammostando gli acini e triturando una porzione di foglie che poi finisce nel
vendemmiato. Una vendemmiatrice dotata di diraspatori deve quindi operare, a livello
di regolazione delle ventole di aspirazione delle foglie, allo stesso modo di una
macchina senza questi dispositivi al fine di affidarvi il solo compito di sgranare
completamente i grappoli ed eliminare i raspi e le impurità legnose. È sempre
importante che l’uva arrivi sul nastro o sul rullo omogeneamente distesa.
New Holland (che per prima ha brevettato il sistema per le diraspatrici montate sulle
Braud) si affida ad un sistema costituito da tre rulli, posti uno di fianco all’altro. Questi
53
Il costo di queste macchine in genere varia fra i 15.000,00 ed i 20.000,00 euro (dati del 2007).
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Meccanizzazione in viticoltura
Cap. 12 Macchine per la vendemmia meccanica
tre rulli controrotanti sono rivestiti da numerose file di dita, in gomma alimentare
flessibile, che premono delicatamente gli acini contro il nastro grigliato sottostante.
Le diraspatrici invece montate sulle Pellenc e sulle Ero sono costituite da un cilindro
di acciaio inox; questo cilindro è dotato di fori circolari con bordi smussati per un
azione più delicata sugli acini cosicché al momento della fuoriuscita dal cilindro essi
non subiscano lacerazioni troppo profonde. Gli acini vengono espulsi dal cilindro,
grazie all’azione di lamine in acciaio elicoidali controrotanti rispetto al cilindro e posti
sul un albero centrale coassiale.
In questi ultimi anni è stato messo in evidenza come le varietà con distacco
prevalente di acini impongono una differente regolazione della macchina rispetto a
quelle con distacco prevalente in grappoli, nelle quali il lavoro dei diraspatori deve
essere decisamente maggiore. Per questo i dispositivi possono essere regolati sia come
velocità di rotazione degli sgranatori sia come velocità dei giri dei nastri o dei rulli che
conducono il prodotto a contatto con i separatori stessi. Una regolazione corretta anche
per quanto concerne la distanza fra gli sgranatori e il nastro o rullo che trasporta il
prodotto, riduce sensibilmente l’ammostamento purché non operi su uve troppo
mature.
L’utilizzo del diraspatore modifica le esigenze di trasporto di prodotto visto che si
lavora con una massa molto più slegata rispetto a quella non diraspata; inoltre si
traduce in una perdita di peso che per un’azienda privata che vinifica in proprio non
rappresenta un problema ma per un’azienda che conferisce il prodotto ad una cantina
sociale si dovrebbe tradurre in un premio. Si è potuto evidenziare che sulle varietà a
distacco prevalente di acini non esiste differenza di perdita di peso mentre nelle varietà
a distacco prevalente di grappoli è possibile verificare riduzioni di peso fino all’8%
rispetto a quelle della vendemmia meccanica senza diraspatore. Proprio per questo
molti viticoltori stanno chiedendo alle case costruttrici di macchine vendemmiatrici la
possibilità di inserire o disinserire con la massima semplicità operativa il diraspatore al
fine di poter scegliere di volta in volta se far passare o meno l’uva attraverso la
macchina a seconda della varietà e del premio che la cantina è disposta a riconoscere a
quel prodotto.
ing. Maines Fernando
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Meccanizzazione in viticoltura
Cap. 12 Macchine per la vendemmia meccanica
Un’altra innovazione recentemente presentata da Pellenc è il tavolo di scelta a rulli
motrici alloggiato sopra le benne. Il sistema è composto da due serie di rulli: i primi,
costituiti da una superficie piena muniti di tacche orientano e guidano con la loro
rotazione i piccioli verso l’esterno mentre i secondi a sezione concava lasciano passare
solo gli acini che cadono nelle benne mentre tutti i residui (piccioli, raspi, ecc.), vengono
espulsi di lato e cadono nell’interfilare. Test effettuati da diversi Istituti di ricerca
dimostrano che con tale dispositivo rimangono nel prodotto solo lo 0,18% di residui
rispetto al peso dell’uva. La testata Pellenc elimina il 92,5% dei residui dovuti alla
raccolta meccanica (una testata tradizionale più diraspatrice elimina il 56%), in
particolare elimina tutte le foglie e i raspi interi, il 95% dei piccioli interi e il 58% di
quelli spezzati; infine, toglie l’89% dei pezzetti di raspo.
ing. Maines Fernando
pag. 355
Meccanizzazione in viticoltura
12.1
Cap. 12 Macchine per la vendemmia meccanica
Vendemmiatrici a scuotimento verticale
Sono meno utilizzate delle vendemmiatrici a scuotimento orizzontale in quanto sono
state messe a punto54 per operare su forme di allevamento a doppia cortina (GDC e
combi) o a parete semplice (cordone libero, doppio cordone libero, cordone libero
mobilizzato, cordone speronato mobilizzato) che non hanno avuto però una
significativa diffusione.
Ideate negli anni ‘50 negli USA, sono state successivamente modificate in Italia (Università di
Bologna) a partire dagli anni 70 per migliorarne l’operatività.
54
ing. Maines Fernando
pag. 356
Meccanizzazione in viticoltura
Cap. 12 Macchine per la vendemmia meccanica
L’organo di scuotimento agisce esclusivamente sui fili metallici dell’impalcatura
provocandone un’intensa oscillazione verticale che si trasferisce ai tralci provocando il
distacco degli acini. Ad ogni oscillazione i grappoli tendono ad assorbire crescenti
quantità di energia e ad aumentare l’ampiezza del loro moto; quest’ultimo diviene
disordinato e irregolare, provocando la rottura del collegamento dei pedicelli dagli acini
e il relativo distacco.
Il mercato propone principalmente tipologie di vendemmiatrici a scuotimento
verticale di tipo trainate o semoventi anche se esistono esempi di vendemmiatrici di
tipo portato che I non hanno mai trovato una significativa collocazione sul mercato in
quanto il peso e le dimensioni della macchina non possono essere ridotte oltre certi
limiti rendendone quasi impossibile un utilizzo effettivo.
Le macchine trainate (collegate pertanto alla trattrice mediante organi di traino e
presa di potenza) lavorano una sola cortina per volta e si deve dunque passare due
volte per ogni fila prolungando i tempi di lavorazione.
Le macchine semoventi, invece, sono sicuramente le più diffuse e si suddividono in
scavalcanti e monofilare. Mentre queste ultime agiscono su una solo cortina per volta, le
vendemmiatrici scavalcanti possono lavorare due cortine contemporaneamente. Le
consistenti dimensioni però ne limitano l’impiego soprattutto in appezzamenti
irregolari o troppo pendenti sebbene le ultime generazioni di macchine siano sempre
più adatte anche all’utilizzo in terreni collinari grazie all’adozione della propulsione a
cingoli e dei sistemi di autolivellamento. Per i vitigni coltivati a cortina semplice come il
cordone speronato mobilizzato vengono utilizzate vendemmiatrici scavallatrici.
Queste vendemmiatrici hanno una velocità di avanzamento in fase di lavoro di 1,5 ÷
2,5 km/h e una capacità operativa di 0,25 ÷ 0,35 ha/h, cui corrispondono produttività di
lavoro di 1,5 ÷ 3,0 t/h operaio.
*****
Anche le vendemmiatrici a scuotimento verticale presentano un telaio su cui sono
montati i diversi dispositivi caratteristici della vendemmiatrice: il tunnel di
avvolgimento, i dispositivi di scuotimento, i dispositivi di movimentazione e pulizia del
prodotto e i dispositivi di scarico o di stoccaggio temporaneo del prodotto e, nel caso
dei modelli semoventi, il motore e la cabina.
ing. Maines Fernando
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Meccanizzazione in viticoltura
Cap. 12 Macchine per la vendemmia meccanica
L’organo che provoca il distacco degli acini dalla pianta è generalmente un battitore
o aspo (generalmente uno per ogni cortina) a stella pivottante, costituito da diverse aste
collegate ad un percussore ruotante folle attorno ad un perno, che agisce con moto
alternativo verticale direttamente sui fili portanti della struttura. Un altro tipo di
battitore, che però è utilizzato molto meno, è quello ad aste retrattili ovvero due aste
metalliche che emergono alternativamente da una scatola che contiene i manovellismi,
sollevano i fili e li rilasciano ritirandosi poi dentro la scatola.
Le oscillazioni, che generalmente si aggirano dai 300 ai 700 colpi/minuto, provocano
il distacco degli acini dai raspi senza intervenire direttamente sui grappoli. Il
vendemmiato è costituito perciò da acini singoli ma, per certi vitigni, anche da porzioni
ing. Maines Fernando
pag. 358
Meccanizzazione in viticoltura
Cap. 12 Macchine per la vendemmia meccanica
di grappoli o di grappoli interi. Il
distacco degli acini, infatti, avviene per
inerzia; circa 1 metro davanti al battitore
il moto di oscillazione impresso
dall’azione dell’aspo sui fili subisce
accelerazioni multidirezionali molto
intense che, però, si smorzano a breve
distanza per effetto soprattutto del peso
dell’uva pendente. Ciò determina una
miglior integrità del prodotto, un
maggiore rispetto della struttura stessa della pianta ed un grado di ammostamento
decisamente minore rispetto alle vendemmiatrici a scuotimento orizzontale. Inoltre la
maggior parte dell’uva si stacca poco prima di essere raggiunta dai battitore evitando,
in tal modo, la sua intempestiva caduta prima di essere raggiunta dalla
vendemmiatrice.
La cortina è interamente avvolta da un tunnel costituto da una parete verticale fissa
sul lato interno, da un tetto variamente inclinato, mentre inferiormente è presente un
ing. Maines Fernando
pag. 359
Meccanizzazione in viticoltura
Cap. 12 Macchine per la vendemmia meccanica
organo di intercettazione e di trasporto degli acini raccolti; sul lato esterno il tunnel è
completato da una parete verticale sormontata da una serie di scaglie mobili che
permette di avvolgere interamente la parte di pianta dove avviene lo scuotimento
consentendo il passaggio degli eventuali bracci trasversali dell’armatura di sostegno
(G.D.C. o combi). Tale parete esterna è regolabile in modo da adattare il tunnel alle
diverse forme di allevamento. La posizione dell’aspo, la struttura e le dimensioni del
tunnel vengono modificate nel caso di modello utilizzati per la vendemmia dei cordoni
mobilizzati o dei cordoni speronati mobilizzati, per poter lavorare su cordoni
posizionati a soli 70 ÷ 80 cm dal suolo.
Il tunnel di avvolgimento è indispensabile in quanto gli acini non cadono solo
verticalmente ma una parte può essere proiettata in altre direzioni a causa di urti con le
branche della pianta o con la struttura in movimento. Un avvolgimento quasi integrale
della cortina è sinonimo di ridotte o nulle perdite di prodotto a terra.
Il dispositivo che permette l’intercettazione del prodotto e la sua raccolta nella parte
basale può essere di diversa natura: il piano a scaglie articolate (lo stesso già visto per le
vendemmiatrici a scuotimento orizzontale) e il nastro trasportatore. In quest’ultimo
caso non è presente il piano di raccolta. Il nastro trasportatore è formato da tazze di
gomma che si adattano agli eventuali ostacoli. Questo nastro trasportatore provvederà
direttamente a spostare il prodotto nella vasca di raccolta, con velocità uguale e opposta
a quella della trattrice in modo che la velocità relativa del nastro rispetto alla fila sia
nulla. Si eliminano in tal modo eventuali danni che potrebbero verificarsi per
sfregamento del nastro sulla pianta e si riducono gli spazi liberi tra i panieri di gomma e
i ceppi.
Nella parte finale del nastro generalmente è presente un dispositivo costituito da una
semplice apertura alla fine del nastro trasportatore dove eventuali corpi lunghi, a
differenza dell’va, non riescono ad entrare venendo espulsi e lasciati cadere a terra.
ing. Maines Fernando
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Meccanizzazione in viticoltura
Cap. 12 Macchine per la vendemmia meccanica
Prima di essere depositato in vasca l’uva è sottoposta all’azione di un dispositivo per
l’allontanamento delle foglie. Generalmente si tratta di una o più ventole che creano
una corrente d’aria capace di separare le foglie dai grappoli a causa della maggior
superficie e del minor peso. In alternativa si può adottare un nastro costituito da una
griglia con maglie di alcuni centimetri che, lasciando cadere solo gli acini, facilita
l’intercettazione e l’eliminazione delle foglie che finiscono per essere lasciate cadere a
terra55.
Il prodotto così ottenuto viene movimentato mediante nastri trasportatori verso la
vasca montata direttamente sulla macchina (è questo il caso delle macchine più recenti)
oppure, mediante apposito braccio, nel rimorchio trainato da trattrice in un filare
adiacente.
12.2 Vendemmiatrici a scuotimento verticale per pergola e tendoni
Le macchine per la vendemmia del tendone e della pergola operano ancora oggi per
pettinamento del tetto orizzontale o suborizzontale sul quale è distribuita la
produzione, così come facevano i primi prototipi degli anni ‘75 ÷ ‘80. Da allora
significativi progressi sono stati fatti intervenendo sia sui sistemi meccanici che sui
metodi di allevamento. La forma di allevamento, infatti, deve essere opportunamente
modificata allontanando in primo luogo la zona produttiva dalla sommità dei ceppi, in
modo da concentrare i grappoli nella fascia centrale dell’interfila ad una distanza di
almeno 30 ÷ 50 cm dall’asse del filare.
I dispositivi di raccolta utilizzati per distaccare gli acini dai grappoli sono costituiti
secondo due tipologie costruttive.
La prima, adottata sul modello più diffuso, (semovente dalla ditta Pasquali di
Firenze), presenta un apparato di raccolta vibrante a pettine, posto al di sopra di un
telaio che funge anche da tramoggia per il prodotto raccolto, costituito da aste in
materiale plastico. Le aste, disposte a file multiple ortogonalmente al filare, oscillano
aritmicamente, nel senso di avanzamento, con frequenza che varia, in funzione della
velocità di avanzamento, da 0 a 700 cicli al minuto. Tale movimento, fornito da un
55
Va sottolineato che questo dispositivo può determinare una perdita, seppur ridotta, di prodotto.
ing. Maines Fernando
pag. 361
Meccanizzazione in viticoltura
Cap. 12 Macchine per la vendemmia meccanica
motore idraulico, consente alle aste di alzarsi e si abbassarsi per penetrare
alternativamente al di sopra della maglia di fili senza impuntarsi e poter colpire i
grappoli provocandone il distacco.
I lati esterni del telaio sono muniti di 2 pareti a spazzole flessibili per favorire il
recupero totale del prodotto distaccato che potrà essere convogliato mediante nastro
trasportatore, munito di un sistema regolabile di aspirazione elimina le foglie, su di un
carro raccolta, alzabile e ribaltabile, della capacità di 1 m3.
La disposizione del telaio battitore può essere regolato idraulicamente mediante due
martinetti indipendenti consentendo all’operatore di adeguare l’altezza (da 1,65 a 2,45
m) e l’inclinazione della testata di raccolta per poterla mantenere aderente alla fascia
produttiva. La capacità della macchina di adeguarsi alle condizioni variabili del suolo e
del vigneto (ad ogni entrata nel filare e nei diversi appezzamenti) è ulteriormente
incrementata da un sistema di guida semplice ed efficiente che consente una facile
variazione della velocità di avanzamento da 0 a 28 km in relazione alle esigenze di
lavoro ed il controllo sulle quattro ruote motrici.
ing. Maines Fernando
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Meccanizzazione in viticoltura
Cap. 12 Macchine per la vendemmia meccanica
Il secondo tipo di testata di raccolta è costituito da una serie di cilindri, provvisti di
lunghe appendici, pulsanti (circa 700 cicli al minuto) e liberi di ruotare folli durante
l’avanzamento. L’azione combinata di questi due movimenti induce sulla vegetazione
un effetto di pettinamento che raggiunge anche i grappoli posti sopra all’orditura dei
fili metallici di sostegno. L’apparato di raccolta (posta su un telaio trainato o
semovente) aderisce alla vegetazione grazie a due paratie laterali fornite di slitta che
scorrono sui tralci e sulla intelaiatura.
L’efficienza delle vendemmiatrici per tendone o per pergola risulta comunque più
bassa rispetto a quella delle macchine che operano sulle controspalliere o sulle doppie
cortine, sia a causa dei grappoli mal dislocati o imbrigliati nei fili del tetto o al di sopra
di esso, sia per la necessità di dover esercitare un’azione battente diretta sugli acini
attraverso le orditure di sostegno.
12.3 Vendemmiatrici per vigneti ad alberello
Per i vigneti ad alberello, oltre la possibilità di trasformare le viti in alberelli
appoggiati vendemmiabili con macchine scavallanti convenzionali che agiscono per
scuotimento orizzontale, esiste la possibilità di intervenire con macchine scavallatrici
che sollecitano il ceppo con due robusti pattini contrapposti il cui moto oscillatorio
trasversale (sistema di pulsazione) si trasmette fino ai grappoli provocando, per inerzia,
il distacco dell’uva. In condizioni ottimali il prodotto è quindi poco contaminato da
foglie e anche relativamente poco ammostato. Tuttavia, in alcuni casi, è necessaria la
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Meccanizzazione in viticoltura
Cap. 12 Macchine per la vendemmia meccanica
presenza di aste vibranti che esplorano la vegetazione e integrano il sistema di
pulsazione del ceppo per completare la raccolta del prodotto pendente.
In generale, queste macchine sono state adottate solo in California su vecchi alberelli
con ceppo particolarmente grosso, sui quali peraltro il combinato effetto della
pulsazione e dell’avanzamento della macchina può produrre scortecciamenti e
lacerazione, per prevenire i quali i ceppi vengono protetti da guaine plastiche o
metalliche.
12.4 Perdite di prodotto
Le perdite si suddividono in perdite sulla pianta (rappresentate dagli acini che non si
sono distaccati) e in perdite occulte che costituiscono la frazione principale (mosto che
percola a terra attraverso le scaglie, oppure che rimane sulla pianta, oppure quello che
viene aspirato dai ventilatori (in ogni caso si tratta di mosto connesso al grado di
ammostamento). Le varietà facili da raccogliere e che ammostano poco fanno registrare
perdite totali del 3 ÷ 6%, mentre quelle più difficili arrivano al 9 ÷ 12%.
Anche nel caso di vendemmia manuale si hanno
perdite di prodotto, dovute, per lo più, a grappoli
che sfuggono ai raccoglitori meno attenti o che
vengono fatti cadere al suolo e che si aggirano
intorno al 1,5 ÷ 3% circa. I valori più elevati che
caratterizzano la vendemmia meccanica sono
dovute alle perdite occulte. Infatti le vendemmiatrici
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Cap. 12 Macchine per la vendemmia meccanica
munite di avanzati sistemi di regolazione che operano in vigneti ottimizzati si
caratterizzano per perdite sulle pianta e a terra minori del 2 ÷ 3 % (inferiori a quelle
della vendemmia manuale), valori che però aumentano non appena si presentano
problemi di errata regolazione della macchina e della testata di raccolta in particolare,
se le strutture di sostegno non sono adeguate (nel caso di fili poco tesi o di pali poco
stabili, le vibrazioni possono estendersi a zone antistanti la macchina, con conseguente
caduta di acini a terra) oppure nel caso di operatori poco attenti o con poca esperienza.
Le perdite occulte sono dovute al mosto che trafila dalle carenature delle macchine
nel corso del trasporto e dello scarico della tramoggia e, soprattutto, al mosto disperso
dagli aspiratori insieme alle foglie imbrattate dal mosto stesso. Per questo motivo è
importante regolare il livello di aspirazione in modo da evitare un’asportazione
eccessiva.
L’entità delle perdite dipende, in generale, da fattori quali:
¾ la dinamica del distacco;
¾ il tipo di vitigno (sono generalmente maggiori per le uva bianche);
¾ il grado di maturazione dell’uva;
¾ il principio di vendemmia;
¾ l’impropria regolazione degli organi di raccolta.
In generale, con macchine perfettamente regolate e con sistemi di allevamento
ottimizzati, le perdite totali non superano il 7 ÷ 10% per quelle a scuotimento verticale
(di poco superiori a quelle della vendemmia manuale56) ed il 10 ÷ 15% per le
vendemmiatrici a scuotimento orizzontale, in quante ultime gli scuotitori entrare in
contatto diretto con l’uva provocando la rottura degli acini. Non dimentichiamo che la
raccolta manuale ha il vantaggio di permettere una buona cernita del prodotto alla
raccolta scartando subito grappoli in cui sono presenti pericolosi marciumi per la
vinificazione quali la botrite o il marciume acido.
Non dimentichiamo che la raccolta manuale ha il vantaggio di permettere una buona cernita del
prodotto alla raccolta scartando subito grappoli in cui sono presenti pericolosi marciumi per la
vinificazione quali la botrite o il marciume acido.
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Cap. 12 Macchine per la vendemmia meccanica
Nella seguente tabella sono riportate le perdite medie per tre tipologie diverse di
vendemmiatrici.
Perdite
sulla pianta
al suolo
occulte
perdite totali
Scuotimento
orizzontale
verticale
verticale tendone
1,5 – 2,0
2,0 – 3,0
8,0 – 13,0
11,5 – 18,0
0,5 – 1,5
1,5 – 2,0
4,0 – 8,0
6,0 – 11,5
1,0 – 14,0
2,0 – 4,0
4,0 – 11,0
7,0 – 29,0
Raccolta manuale
0,0 – 0,5
1,0 – 1,5
0,5 – 1,0
1,5 – 3,0
Negli ultimi anni si è assistito al tentativo di mettere a punto specifiche
apparecchiature da applicare alle macchine per la stima delle perdite di raccolta. Tali
sistemi, mediante sensori per la misura del mosto prodotto e per la misura della
defogliazione delle piante, dovrebbero di fornire all’operatore una stima delle perdite di
prodotto al fine di facilitare l’individuazione delle regolazioni meccaniche ottimali da
adottare.
12.5 Qualità del prodotto
Nell’ottica di una produzione vitivinicola che punta alla qualità appare sempre più
importante riuscire a vinificare partendo da uve in perfette condizioni sia per
maturazione che per pulizia.
Un significativo vantaggio che si riscontra in termini qualitativi per le uve
vendemmiate meccanicamente è legato alla tempestività di intervento, in quanto è
possibile raccogliere l’uva quando i grappoli si trovano ad un livello ottimale di
maturazione mentre, raccogliendo a mano, si è costretti a cominciare un po’ prima e a
finire un po’ dopo; si può, inoltre, ovviare a eventuali problemi climatici e
meteorologici, ad esempio, vendemmiando anche di notte, quando le temperature più
basse consentono significativi risparmi sui costi di refrigerazione. La qualità del
prodotto raccolto dipende, inoltre, da una numerosa serie di variabili fra le quali
ricordiamo, in questo contesto, la sanità delle uve, la giusta epoca di vendemmia e la
perfetta regolazione della macchina.
I principali motivi che invece possono indurre un decremento qualitativo del
prodotto, si possono sintetizzare in tre gruppi distinti:
¾ presenza di materiali estranei, indicati come mog (material other of grapes)
che possono contribuire al profilo chimico – sensoriale dei vini prodotti;
¾ indice di ammostamento e attività ossidative (problema che caratterizza
maggiormente le macchine vendemmiatrice a scuotimento orizzontale) che
assumono importanza soprattutto per i vitigni bianchi a causa di una
maggiore resistenza al distacco degli acini e di una maggiore vulnerabilità
chimica;
¾ presenza, percentualmente significativa, di uve a scarsa maturazione;
Si tratta di elementi decisamente eterogenei, di cui non è ancora chiaro l’effetto reale
sulla qualità finale del prodotto e quali siano le eventuali correlazioni. Quello che
risulta già ora evidente è l’assoluta importanza che rivestono una corretta regolazione
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Cap. 12 Macchine per la vendemmia meccanica
meccanica delle vendemmiatrici, la logistica del conferimento e la progettazione di un
vigneto idoneo alla meccanizzazione.
Per quanto riguarda la presenza di materiali estranei, ben poco si conosce
relativamente agli effetti negativi sulla composizione chimico organolettica del vino.
In primo luogo è necessario mettere a punto un metodo semplice, efficace e ripetibile
da poter applicare in tempi rapidi per identificare l’origine del materiale estraneo e la
caratterizzazione dei diversi componenti costituenti il mog (forma, dimensione,
difficoltà di intercettazione, ecc.) per poter individuare le necessarie strategie
migliorative. A ciò si deve aggiungere la stima quantitativa del mog di confronto nei
casi di vendemmia a mano e a macchina.
Particolare attenzione deve essere posta su quei materiali che per forma e
caratteristiche superano anche la fase di diraspa-pigiatura e quindi entrano a tutti gli
effetti nella vasca di fermentazione contribuendo in parte alla composizione chimicoorganolettica del vino.
La ricerche svolte hanno messo in evidenza un’elevata variabilità della qualità del
mog e delle relative quantità, passando da valori minimi di 3 g/kg in uva raccolta a
mano e valori massimi di 22 - 23 g/kg con uve raccolte a macchina nelle peggiori
situazioni.
mog
origine organica: 90 %
picciolo fogliari: 25 %
parti di tralcio: 20 %
racimoli: 35 %
cercini. 10 %
parti di lembo: 5 %
lumache e ragni: 5 %
origine inorganica: 10 %
graffette di plastica: 60 %
tendifilo metallici: 10 %
fili in plastica per legature: 30 %
Diverse fra le nuove tecnologie proposte dai produttori sui nuovi modelli (doppie
stazioni di aspirazione, diraspatori, nastri di cernita, ...) ha consentito di migliorare
decisamente l’azione di pulizia del prodotto conferito in azienda, riducendo così in
modo significativo le presenze indesiderate.
Grado di ammostamento
basso
Chardonnay
Sangiovese
I.M. 6013
Riesling
Cabernet Franc
Cabernet
Sauvignon
Carmenere
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medio-basso
Raboso Basso
medio
Ribolla
Verduzzo friulano
Ancellotta
Sauvignon
Műller thurgau
Merlot
medio-alto
Refosco
Pinot nero
Traminer
Pinot grigio
Trebbiano
Moscato
alto
Prosecco
Pinot bianco
Tocai
Malvasia istriana
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Cap. 12 Macchine per la vendemmia meccanica
Il livello di ammostamento delle uve in fase di raccolta, varia notevolmente (4 ÷ 20%
sul totale raccolto) in funzione delle caratteristiche del vigneto (vitigno, forma di
allevamento, tecniche colturali), della macchina (organi di raccolta, livello tecnologico,
regolazioni utilizzate), della perizia dell’operatore, delle caratteristiche del vigneto e,
soprattutto, della varietà di uva.
Per questo risultano fondamentali le precauzioni a livello organizzativo per ridurre il
tempo che intercorre fra il momento della raccolta e l’arrivo dell’uva alla cantina,
utilizzando rimorchi di piccola capacità in modo da evitare una lunga permanenza in
campo del prodotto, oppure vendemmiando nelle ore più fresche della giornata (o di
notte). In tal modo si riduce la vulnerabilità, in particolare per le uve bianche, nei
confronti di reazioni biochimiche e di attacchi microbiologici incontrollati che possono
causare processi in grado di influenzare negativamente sia il colore che le caratteristiche
sensoriali del vino. Al fine di migliorare le condizioni operative delle macchine
vendemmiatrici e di proteggere il raccolto contro questo tipo di rischi, sono state
sperimentate diverse tecniche basate su sistemi in grado di dosare la solforosa in base al
peso dell’uva raccolta o di distribuire
metabisolfito, acido ascorbico, tannini
o ghiaccio secco per contenere la
temperatura. Un’altra possibilità è
quella di proteggere il raccolto
saturando le vasche di raccolta con gas
inerti; le macchine che ne sono
derivate sono però risultate molto
ingombranti e difficili da gestire con
notevole accrescimento dei tempi
operativi.
Con una corretta gestione e regolazione degli organi di scuotimento la vendemmia
meccanica consente, invece, di evitare lo stacco degli acini scarsamente maturi e di
quelli che, a seguito di un attacco parassitario, sono disseccati. Infatti gli acini verdi non
si staccano in quanto dotati di un peduncolo più resistente alle vibrazioni indotte dal
sistema di raccolta, mentre quelli secchi rimangono sul raspo perché, essendo leggeri,
non accumulano sufficiente energia cinetica. Risultati analoghi nella vendemmia
manuali sono possibili solo con costi elevatissimi e disponibilità di personale esperto.
12.6 Trasporto e conferimento del prodotto in cantina
Un particolare aspetto della vendemmia meccanica è l’organizzazione dei trasporti in
cantina. E’ evidente che l’elevata capacità operativa della vendemmiatrice (rese di
raccolta variabili dai 30 ai 140 quintali l’ora) necessita di un trasporto adeguato. In
alcuni casi questo può essere affidato a contoterzisti, oppure essere svolto direttamente
dall’azienda. Il trasporto comunque deve essere veloce per raggiungere la cantina in
breve tempo (2 ÷ 3 ore)57, adottando soluzioni che tendono a ridurre i tempi morti della
In alternativa si possono utilizzare sistemi di movimentazione delle uve muniti di serbatoi chiusi
mantenuti in condizioni di iper-riduzione mediante gas inerti.
57
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Cap. 12 Macchine per la vendemmia meccanica
consegna delle uve (adozione di
vasche in acciaio inox ed eliminazione
del telo, ribaltamento autonomo del
carro senza dover far ricorso al pianale
della cantina o la presenza di corsia
preferenziale) che consentono di
recuperare tempo prezioso. In questo
modo si limita il rischio dell’avvio di
fermentazioni incontrollate.
Il prodotto raccolto con la
vendemmiatrice
si
caratterizza,
rispetto all’uva raccolta manualmente
anche per la quasi totale assenza di
raspi. Pertanto la sua massa volumica risulta superiore e di tale differenza si deve tener
conto nel dimensionamento dei veicoli utilizzati per il trasporto in cantina. Nel caso di
presenza non trascurabile di frazione liquida è opportuna l’adozione di bilici muniti di
paratie trasversali per contrastare la tracimazione del vendemmiato a causa dello
sciabordio.
In fase di conferimento è necessario porre maggiore attenzione nelle fasi di
identificazione del tipo di uva (lo stato delle uve rendono più difficile l’analisi dello
stato sanitario e l’accertamento varietale, nel caso delle cantine sociali) e di scarico.
Inoltre, in caso di assenza di vasche appositamente predisposte per le uve vendemmiate
meccanicamente, si deve evitare fenomeni di tracimazioni di mosto ed un sovraccarico
delle coclee a causa della mancanza dei raspi, così come il possibile ingolfamento delle
coclee, vista la maggiore tendenza ad ammassarsi per l’elevata massa volumica.
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Cap. 12 Macchine per la vendemmia meccanica
Di contro la vendemmia meccanica rende più distribuito nel corso della giornata
l’afflusso delle uve (i primi carichi giungono già nelle prime ore del mattino) e più
semplice la determinazione degli zuccheri essendo il raccolto in uno stato di maggior
uniformità.
12.7 Manutenzione ordinaria e straordinaria della vendemmiatrice
Nel parco macchine di un’azienda viticola,
una vendemmiatrice rappresenta spesso la
macchina più voluminosa, più sofisticata e
più costosa tra tutte quelle utilizzate dal
viticoltore. Inoltre la sua importanza
strategica nel momento della raccolta rende
enorme la vulnerabilità in caso di
malfunzionamento, anche temporaneo. E’
quindi indispensabile mantenere l’operatrice
in uno stato di perfetta efficienza soprattutto
mediante una buona manutenzione sia
annuale (a fine campagna) sia quotidiana
durante il periodo di vendemmia. A fine
giornata, dopo molte ore di lavoro, è
indispensabile un’accurata pulizia del mezzo da eseguirsi, in mancanza di una fossa di
lavaggio58 tramite una lancia a mano. Tale attività necessita di un forte volume d’acqua
con una pressione non troppo elevata per poter assicurare un elevato potere scrostante,
senza provocare una penetrazione d’acqua negli organi di rotazione con rischi di
diminuzione della loro longevità. L’accurato lavaggio della macchina è condizione
necessaria per mantenere in modo ottimale l’efficienza meccanica e la qualità del
prodotto finito, in quanto le impurità a contatto col prodotto possono trasformarsi in
focolai di contaminazione, oltre a manifestare una significativa azione corrosiva.
Anche durante la giornata lavorativa, quando si cambia la varietà (ed in funzione del
grado di maturità e della liberazione di mosto) può essere necessario procedere, anche
sommariamente, a dei lavaggi.
Nella vasca è possibile effettuare il lavaggio con i nastri in movimento, assicurando un lavaggio più
veloce ed accurato.
58
ing. Maines Fernando
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Cap. 12 Macchine per la vendemmia meccanica
Alcuni produttori propongono modelli con un sistema di pulizia semiautomatica.
All’interno del tunnel di raccolta è stato infatti predisposto un braccio di lavaggio che,
attraverso una serie spruzzatori posizionati nei punti più strategici, consente la pulizia
dei convogliatori, degli aspiratori e dello stesso tunnel. A richiesta è disponibile anche
una pompa indipendente installata a bordo. Si tratta di un sistema particolarmente
valido, oltre che di facile impiego, che consente di risparmiare tempo e acqua
assicurando sempre un’igiene perfetta, in quanto elimina tutti i residui zuccherini.
Immediatamente dopo il lavaggio di fine giornata, si procederà all’ingrassaggio della
macchina, in modo da eliminare l’acqua che eventualmente si fosse introdotta negli
organi di rotazione. Inoltre per sfruttare al massimo la giornata lavorativa sarebbe
opportuno effettuare i controlli necessari, come il rifornimento di carburante, appena
terminata la giornata in modo da avere la macchina già pronta per riprendere il lavoro
il giorno dopo.
Per quanto riguarda il ricovero a fine campagna, deve essere organizzato
considerando i rischi di deterioramento naturale connessi con il lungo periodo di
inattività che caratterizza le vendemmiatrici qualora non utilizzate come telaio porta
attrezzi. L’osservanza di alcune norme (lavaggio, smontaggio e verifica organi di
trasporto, ingrassaggio, ecc.) consentirà, al momento dell’utilizzo, di poter disporre di
una macchina in perfetto stato in grado di iniziare senza problemi il lavoro. La
macchina dovrà essere perciò riposta in un locale chiuso al riparo dalla polvere e dalle
intemperie. Al momento della sua riattivazione, sarà sufficiente rimontare gli organi di
ricezione e di trasporto del prodotto, rimettere in tensione le trasmissioni a catene e a
cinghie, rimontare le batterie e sostituire l’olio.
Infine l’operatore, per aumentare l’efficienza, dovrà dotarsi di idonea attrezzatura
elementare (chiavi inglesi, …) e di una scorta di pezzi di ricambio più importanti
(scuotiteli, scaglie, panieri e tubazioni idrauliche con relativi attacchi), per poter
eseguire tempestivamente piccoli interventi di sostituzione e di riparazione
direttamente in campo.
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12.8 Prevenzione dei rischi igienico-sanitari
La raccolta meccanica e il trasporto dell’uva alla cantina possono comportare il
rischio di contaminazioni in grado di compromettere l’idoneità igienico-sanitaria del
prodotto. Le contaminazioni che possono originarsi in questa prima fase della filiera
sono di differente natura, ovvero chimica, fisica o particellare e biologica, per evitare le
quali è necessario attuare una serie di azioni preventive, conformemente a quanto
previsto dal sistema HACCP, che si basa sull’analisi del rischio e sul controllo dei punti
critici.
Nella tabella seguente vengono riassunte le possibili cause di contaminazione e le
eventuali soluzioni da adottare per ridurre i livelli di rischio.
contaminazioni chimiche
cessione di sostanze da parte di tutte
le superfici (metalliche o in materiale
plastico) e degli organi della
vendemmiatrice con cui vengono a
contatto l’uva e il mosto;
ingrassaggio delle parti meccaniche
mobili che possono entrare in contatto
con gli acini o essere investite dal
mosto;
perdite di olio dal sistema idraulico
della vendemmiatrice;
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adozione di vernici epossidiche e
materiali plastici idonei a venire in
contatto con la sostanza alimentare;
lubrificanti idonei al contatto con i
prodotti alimentari (visionare con
estrema attenzione le specifiche
tecniche
e
igienico-sanitarie
al
momento dell’acquisto);
procedura di controllo che imponga
periodiche verifiche alla tenuta
dell’impianto idraulico;
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Meccanizzazione in viticoltura
Cap. 12 Macchine per la vendemmia meccanica
lavaggio
della
macchina
detergenti e sanitificanti;
con
incrostazioni
da
parte
delle
componenti zuccherine del mosto;
residui di prodotti fitosanitari che
superino i limiti massimi ammessi
dalla legge;
cessione di contaminanti chimici a
livello dei pali di sostegno della
struttura del vigneto;
procedura che indichi all’operatore
quali prodotti impiegare, con quale
diluizione, come eseguire il lavaggio e
il
risciacquo,
come
verificarne
l’efficacia;
il
lavaggio
sia
eseguito
quotidianamente, al termine della
lavorazione;
rispettato il tempo di carenza o
intervallo
di
sicurezza
tra
il
trattamento e la raccolta;
regolare la macchina in maniera tale
da limitare al massimo la rottura degli
acini e il conseguente dilavamento dei
prodotti fitosanitari di copertura
presenti sulle foglie;
richiedere le specifiche garanzie ai
fornitori;
contaminazioni fisiche
schegge dei pali di sostegno, che si
originano in modo particolare dai pali
di cemento;
elementi tendifilo circolari sprovvisti
di sistemi che ne evitano il distacco;
gancetti metallici impiegati per legare
il tondino che funge da tutore per la
pianta al filo portante
adottare pali siano di cemento
precompresso, di buona qualità, con
angoli smussati;
vendemmiatrice
sia
regolata
opportunamente;
orientare l’acquisto verso quelli dotati
di sistemi antidistacco;
contaminazioni biologiche
muffe tossinogene, appartenenti al
genere Aspergillus, produttrici di
ocratossina A (OTA);
ing. Maines Fernando
l’eliminazione preventiva dei grappoli
colpiti
da
muffe,
insetti
o
contaminanti da polveri di terra;
l’uva raccolta deve inoltre essere
trasportata
il
più
velocemente
possibile in cantina;
accurato lavaggio al termine della
giornata lavorativa;
la macchina deve essere alloggiata in
un luogo protetto durante il periodo
di inutilizzo e opportunamente
igienizzata e ispezionata prima
dell’inizio della vendemmia.
pag. 373
Meccanizzazione in viticoltura
Cap. 12 Macchine per la vendemmia meccanica
12.9 Considerazioni economiche
In termini molto generali le vendemmiatrici possono assicurare tempi di lavoro medi
di 2 ÷ 3 h/ha, che, grosso modo, corrispondono a una capacità operativa di circa 40 ÷ 80
t/ha59. In realtà le prestazioni possono variare anche di molto in dipendenza di molti
fattori: giacitura e ampiezza degli appezzamenti, lunghezza dei filari, larghezza delle
capezzagne, forma di allevamento e tipologia della struttura portante delle viti,
esperienza degli operatori e quantità di uva presente.
Il costo della vendemmia meccanica, inteso come costo ad ettaro o costo per unità di
prodotto raccolto non è di facile determinazione poiché molte sono le variabili da
considerare: prezzo di acquisto della macchina, durata dell’ammortamento, ore annue
di impiego, costi di riparazione e di manutenzione, capacità reale di lavoro, entità delle
perdite di raccolta, ecc.
Il prezzo di acquisto delle vendemmiatrici varia sensibilmente a seconda che siano
trainate o semoventi. Le vendemmiatrici semoventi sono decisamente più costose (fino
a 200.000 €60), ma ciò è in parte compensato dalla possibilità di fungere da portattrezzi
polivalenti e dalle maggiori prestazioni operative (tempi di lavoro 20 ÷ 30% superiori).
Le vendemmiatrici trainate, invece, hanno costi più ridotti (55.000 – 85.000 €) a cui si
deve però aggiungere il prezzo della trattrice la cui potenza deve superare almeno i 50
kW. Tali sensibili differenze di prezzo sono dovute fondamentalmente alle diverse
caratteristiche tecnico-operative delle stesse.
Circa la vita utile è bene non superare ammortamenti superiori a 6 ÷ 7 anni in
considerazione delle evoluzioni tecniche estremamente probabili che rendono queste
macchine obsolete in breve tempo. Il numero di ore annue di utilizzazione, invece,
dipende dalla superficie da raccogliere e quindi dal periodo di vendemmia (30 - 60
giorni), dalle ore di impiego giornaliere (6 - 10), dalla capacità di lavoro e dalle
eventuali avversità climatiche che potrebbero limitare l’operatività della macchina in
caso, ad esempio, di terreno molto bagnato. La distribuzione delle varietà costituisce un
altro importante elemento discriminante nella possibilità di utilizzo e nella scelta della
tipologia di macchina da utilizzare. È chiaro che poter operare su varietà a diverso
periodo di maturazione amplia la finestra temporale di intervento, consentendo di
utilizzare anche macchine a minore capacità operativa.
Fra i costi variabili, quelli cioè direttamente proporzionali al numero di ore di lavoro
della macchina, le voci più importanti sono il costo di riparazione e manutenzione sia
durante la vendemmia che in fase in fase di ricovero, la sostituzione degli scuotitori
soprattutto quando si opera su palificazioni in calcestruzzo, il gasolio ed i lubrificanti.
In base a queste considerazioni si può, a titolo indicativo, quantificare la dimensione
minima del vigneto per l’impiego delle macchine direttamente gestite dall’azienda, in
50 ÷ 80 ha per le macchine semoventi e tra 20 e 30 ha per le macchine trainate. Tale
superficie risulta, in media, dominabile dalla macchina con un impiego di circa 250 ÷
300 ore/anno. Se, invece, si pensa di usare la macchina anche per altre pratiche colturali
(trattamenti, cimature, ...), si può considerare un impiego annuo di 500 ÷ 600 ore. Nel
Fino a produzioni di 20 t/ha, i tempi di lavoro sono più o meno costanti (aumentano con la quantità
prodotta in modo meno che proporzionale) mentre con produzioni superiori i tempi di lavoro risentono
della necessità di ridurre la velocità di avanzamento (sempre in modo meno che proporzionale).
60 Prezzi riferiti al 2008.
59
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Meccanizzazione in viticoltura
Cap. 12 Macchine per la vendemmia meccanica
caso di elevati fabbisogni (grandi aziende), nella scelta della tipologia di
vendemmiatrici e del modello, è opportuno frazionare la capacità operativa su più
macchine per poter assicurare una maggiore flessibilità, un flusso di conferimento più
regolare ed una minore vulnerabilità ai guasti.
Si deve ricordare che sul totale del tempo operativo di una vendemmiatrice che
lavori in condizioni ottimali, solo il 60% è dedicato realmente alle operazioni di raccolta,
mentre il restane 40% corrisponde ai tempi accessori e a quelli morti. Questi tempi
corrispondo alle fasi di scarico del vendemmiato e alle svolte a fine filare. Al di sotto di
tali superfici dal punto di vista economico conviene ricorrere ai contoterzisti. Tuttavia
entrambe le soluzioni possibili comportano dei vantaggi, elencati di seguito nella
tabella.
Confronto vendemmiatrice aziendale / ricorso al controterzismo
Vendemmiatrice
aziendale
Vendemmiatrice
controterzista
¾ possibilità di scegliere il momento ideale della vendemmia
magari limitandola alle ore più favorevoli della giornata per
ottenere la migliore qualità del prodotto;
¾ realizzare una maggiore qualità del lavoro mediante
un’accurata messa a punto della vendemmiatrice per uno
specifico vigneto;
¾ migliorare la programmazione, rispetto alla raccolta
manuale, della tempistica di ricevimento in cantina.
¾ mancato investimento di grossi capitali finanziari necessari
per l’acquisto della macchina;
¾ possibilità di scegliere macchine tecnologicamente avanzate
di recente costruzione poiché il controterzista sostituisce la
vendemmiatrice più frequentemente dell’azienda viticola;
¾ non serve manodopera aziendale qualificata per la messa a
punto, la manutenzione e l’utilizzo in campo.
Per quanto invece riguarda la manodopera, il cantiere di raccolta meccanizzata
richiede un numero limitato di addetti, da cui deriva una produttività che può
raggiungere i 2500 ÷ 3000 kg/h per operaio. Infatti una vendemmiatrice con tre addetti
(di cui due alla guida dei mezzi di trasporto) è in grado di sostituire, a seconda dei casi,
da un minimo di 40 ad un massimo di 90 raccoglitori. Una tale riduzione del fabbisogno
di manodopera (fino al 95%) è particolarmente significativa, visto che la crescente
difficoltà di reperimento della manodopera agricola qualificata è destinata ad
aggravarsi nei prossimi anni. A ciò si deve aggiungere il vantaggio indotto dalla
riduzione del lavoro organizzativo-burocratico connesso all’assunzione ed alla gestione
di numerosi lavoratori avventizi.
Per giungere ad una corretta valutazione dell’economicità di impiego di una
vendemmiatrice occorre inoltre considerare la produttività dei vigneti, l’entità delle
perdite ed il valore commerciale delle uve (quanto più questa è pregiata, tanto più le
perdite incidono negativamente sul margine di convenienza).
ing. Maines Fernando
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Meccanizzazione in viticoltura
Cap. 13 Macchine per il conferimento dell’uva in cantina
13 Macchine per il conferimento dell’uva in cantina
Il conferimento dell’uva raccolta in cantina è l’ultima operazione eseguita dal
viticoltore e riveste un ruolo molto importante poiché può influire sensibilmente sul
livello qualitativo delle uve. In particolare durante la fase di trasporto si deve impedire
che le uve subiscano deterioramenti, quali macerazioni, inizio di fermentazioni,
aerazione eccessiva con conseguente
perdita di sostanze aromatiche volatili e
ossidazioni. E’ possibile contenere la
rottura eccessiva degli acini e la loro
contaminazione utilizzando recipienti di
scarsa profondità (non superiore a 60
cm), in materiale di facile manutenzione
che garantisca un buono stato di pulizia;
inoltre si deve limitare il numero di
travasi e l’altezza di svuotamento.
Verranno ora descritti i diversi
sistemi di conferimento che rendono le
fasi di trasporto del prodotto dal campo al luogo di lavorazione più veloci ed efficaci,
oltre che meno faticose.
L’uva può essere conferita in cassette di materiale plastico, in pallettes dello stesso
materiale o in vasche poste su carri di vario tipo e dimensione. La scelta dipende delle
dimensioni aziendali, delle limitazioni tecniche quali la pendenza degli appezzamenti o
la dimensione degli stessi e, soprattutto, delle modalità di raccolta.
13.1 Conferimento in cassette di plastica
Tale metodologia viene utilizzata per uve vendemmiate a mano, di pregio particolare
o da avviare ad appassimento, che vengono poste dall’operatore in cassette in modo da
ridurre al minimo i maltrattamenti (nel contempo però si aumentano di molto anche i
tempi esecutivi ed i costi di gestione). Le cassette più utilizzate sono realizzate in
materiale plastico (poco usate ormai sono le cassette in legno per le maggiori difficoltà
di sanitizzazione) che presentano dimensioni di 0,40 x 0,60 m e profondità di 0,15 ÷ 0,40
ing. Maines Fernando
pag. 376
Meccanizzazione in viticoltura
Cap. 13 Macchine per il conferimento dell’uva in cantina
m. Attualmente il mercato propone anche contenitori in plastica di dimensione 0,80 x
1,20 m utilizzati per le uve da appassire, conformati per rendere molto più veloci le
operazioni di imbancamento e di scarico.
I mezzi di trasporto utilizzati sono solitamente normali rimorchi agricoli anche se
esistono versioni specializzate.
13.2 Conferimento in pallettes
Si utilizzano pallettes di materiale plastico delle dimensioni di 1,00 ÷ 1,20 x 1,00 ÷
1,20 m, di altezza a partire da 60 cm nei quali viene posta uva (fino a 200 – 300 kg)
vendemmiata manualmente. Questo sistema è molto utilizzato nelle realtà viticole di
piccole o medie dimensioni soprattutto in zone di collina e ben si adatta a uve di buona
qualità in quanto i pallettes garantiscono minimi maltrattamenti e facilità di
movimentazione.
Infatti i cassoni vengono movimentati in campo attraverso elevatori abbinati alla
trattrice e trasportati nel luogo di lavorazione mediante carri specifici che rispetto ai
rimorchi agricoli standard presentano pianale di carico in posizione ribassata e non
presentano sponde in modo da agevolare le operazioni di scarico e carico con carrelli
elevatori. Non presentano inoltre possibilità di ribaltare il pianale di carico se non in
maniera manuale. Nei modelli più utilizzati si può solitamente posizionare un fila di 3
÷ 6 pallettes a due o tre livelli. I modelli più grandi possono avere anche due file
appaiate; per sopportare il peso e bilanciare il tutto si possono avere due o tre assi.
L’elevato indice di carico richiede anche la presenza di un efficiente sistema di frenatura
(generalmente idraulico) delle ruote.
13.3 Conferimento in vasche
Questo sistema prevede il trasporto dell’uva in vasche di varie dimensioni e materiali
con sistemi di carico e scarico molto diversificati fra loro. Le unità di trasporto più
piccole possono circolare tra i filari, evitando così travasi intermedi e generalmente
adottano sistemi di svuotamento per gravità, che necessitano di particolari dispositivi di
ribaltamento della vasca (sistema a pantografo) oppure di una specifica struttura di
ricevimento posta ad un livello inferiore;
ing. Maines Fernando
pag. 377
Meccanizzazione in viticoltura
Cap. 13 Macchine per il conferimento dell’uva in cantina
¾ il sistema più semplice consiste nel
posizionare sul pianale di carico di un
normale rimorchio agricolo un telo di
materiale impermeabile per uso alimentare
o una vasca di acciaio inox. Questo sistema
richiede bassissimi costi in quanto non è
necessario utilizzare un rimorchio specifico
per la raccolta e al contempo si possono
movimentare grandi masse di prodotto. Il
carico normalmente avviene manualmente o
grazie a benne, piccoli rimorchi ribaltabili o
mediante
lo
scarico
diretto
delle
vendemmiatrici; lo scarico avviene, invece,
per ribaltamento del pianale posteriormente
o lateralmente azionato per intervento di un
pistone funzionante attraverso l’impianto
idraulico della trattrice abbinata. Tuttavia
tale sistema provoca un notevole maltrattamento dei grappoli e, in condizioni
di trasporto prolungato, le uve possono risultare molto ammostate. Questo
sistema si presta molto bene per raccogliere uva vendemmiata a macchina;
¾ esistono modelli di rimorchio agricolo che presentano al posto del normale
pianale di carico una vasca, solitamente di acciaio inox, nella quale trovano
posto le uve in fase di trasporto. Questi rimorchi presentano un dispositivo di
scarico del tutto simile al precedente con la possibilità, in alcune versioni, di
sollevare con pistoni idraulici il pianale verso l’alto e poi di ribaltarlo (sistema
a pantografo). In questo modo è possibile svuotare il carico da posizione
inferiore rispetto al punto di svuotamento. Differiscono dalla categoria
ing. Maines Fernando
pag. 378
Meccanizzazione in viticoltura
Cap. 13 Macchine per il conferimento dell’uva in cantina
precedente soprattutto per il fatto che il rimorchio, essendo specifico per la
vendemmia, non può essere utilizzato in altre operazioni. Questa tipologia
risulta molto efficace nel caso di vendemmia meccanica; la presenza di una
significativa percentuale di frazione liquida richiede anche la presenza di
paratie trasversali per contrastare la tracimazione del vendemmiato a causa
dello sciabordio. I veicoli adibiti al trasporto dell’uva vendemmiata
meccanicamente devono avere una capacità di lavoro quasi doppia di quella
che si registra nel trasferimento dell’uva raccolta manualmente essendo il suo
volume circa la metà della stessa quantità di uva raccolta a mano. Tuttavia non
si può sfruttare al massimo tale vantaggio per non causare un pericoloso
sovraccarico dei veicoli e le possibili tracimazioni del vendemmiato durante il
trasporto;
¾ oltre ai sistemi precedenti, adatti perlopiù ad ospitare uva vendemmiata a
macchina, esiste un’ulteriore categoria costituita da rimorchi con vasche di
acciaio che presentano sistemi di svuotamento non per ribaltamento ma per
accompagnamento dell’uva con coclee o sistemi a pianale vibrante. Questo
permette di maltrattare il meno possibile le uve nella fase di scarico e viene
utilizzato per uve vendemmiate manualmente.
13.4 Carrelli elevatori
Queste attrezzature possono svolgere due tipi di interventi: trasportare e caricare sui
rimorchi l’uva raccolta nei cassoni sollevati mediante due forche oppure trasportare in
un proprio contenitore l’uva depositata dai raccoglitori, per poi essere svuotata negli
appositi rimorchi equipaggiati per il trasporto dell’uva. In entrambi i casi sono
macchine portate dalla trattrice mediante l’attacco a tre punti, con capacità di carico che
va dai 700 ai 2000 kg (le più usate in viticoltura sono quelle che vanno dai 1000 ai 1500
kg).
Sono macchine che non assorbono molta potenza, mentre elevata è la richiesta di
massa della trattrice per evitare rischi di instabilità per impennamento della trattrice,
sono adottate soprattutto nelle azienda in cui non si può transitare agevolmente nei
filari direttamente con un rimorchio per motivi di pendenza o per le ridotte dimensioni
dell’interfilare.
I carrelli elevatori sono composti da:
¾ organi di aggancio alla trattrice:
permettono
di
collegare
la
macchina all’attacco a tre punti
della trattrice, dove il terzo punto
è costituito da un martinetto
idraulico
che
permette
la
regolazione
dell’inclinazione
rispetto alla trattrice;
¾ telaio: è costituito da un numero
variabile di elementi (di solito 2 o
3) in acciaio estruso in grado di
scorrere gli uni negli altri grazie
ing. Maines Fernando
pag. 379
Meccanizzazione in viticoltura
Cap. 13 Macchine per il conferimento dell’uva in cantina
alla presenza di cuscinetti, in modo da consentire elevate altezze di carico,
contenendo gli ingombri, caratteristica tutt’altro che trascurabile, in particolare
laddove risulta limitante l’altezza della macchina (impianti a pergola o a
tendone). Il telaio più esterno (struttura portante scatolata di grosso spessore)
fa da “appoggio” per il martinetto idraulico ed è collegato alla trattrice, mentre
sul telaio più interno è agganciata la struttura che porta le forche;
¾ martinetto di elevazione: è l’organo fondamentale di questo attrezzo in
quanto permette, con movimenti a singolo o a doppio effetto comandati da un
distributore, lo scorrimento dei montanti del telaio esterno, con conseguente
innalzamento delle forche. Per portate non elevate viene messo un solo
martinetto montato centralmente (si possono creare però dei problemi a livello
di visibilità), mentre per portate più elevate vengono montati due martinetti ai
lati del telaio per garantire una ripartizione dei pesi più equilibrata e una
maggiore visibilità;
¾ forche: sono montate su una struttura agganciata in maniera mobile sul telaio
più interno che viene sollevata sfruttando una coppia di catene agganciate ad
un estremo alla base dell’elevatore (sulla parte di telaio agganciata alla
trattrice e quindi fissa) e all’altro alla struttura che porta le forche. In tal modo
il movimento dato dal martinetto al telaio interno viene utilizzato per far
scorrere in alto anche la struttura che porta le forche. Questa ha, di solito, la
possibilità di traslare lateralmente su pattini lubrificati grazie a un ulteriore
martinetto idraulico;
¾ benna: le forche di carico possono essere sostituite da una benna per il
contenimento dell’uva. E’ agganciata al telaio
tramite due perni, sui quali può girare grazie
alla spinta di uno o due martinetti idraulici
posti sui lati e agganciati anch’essi al telaio, per
effettuare lo scarico dell’uva nei rimorchi
utilizzati per il trasferimento in cantina;
¾ componente idraulica; è costituita da due
tubazioni collegate ai distributori idraulici
della trattrice che portano l’olio in pressione ai
distributori che comandano ciascuno un martinetto idraulico. Su ciascun
ing. Maines Fernando
pag. 380
Meccanizzazione in viticoltura
Cap. 13 Macchine per il conferimento dell’uva in cantina
distributore è presente una leva che permette o esclude il passaggio dell’olio
verso il martinetto o da questo ultimo alla trattrice. I tradizionali distributori a
leva possono essere sostituiti da distributore a comando elettrico munito di
joystick che permette di avere un controllo più efficace e preciso sulla
macchina;
¾ stringicassoni
idraulico:
è
indispensabile in fase di trasporto,
soprattutto nelle zone collinari, in
quanto va a bloccare il cassone. E’
mosso da un martinetto idraulico
a doppio effetto che ne permette la
regolazione in altezza.
Questi i principali elementi dimensionali:
¾ altezza di elevazione delle forche:
180 ÷ 400 cm;
¾ ingombro in altezza: 140 ÷ 280 cm;
¾ altezza aggancio: 37 ÷ 40 cm;
¾ larghezza telaio: 50 ÷ 70 cm;
¾ larghezza totale: 85 ÷ 95 cm;
¾ luce libera da terra: 30 ÷ 40 cm;
¾ lunghezza forche: 1100 mm;
¾ traslazione: 100+100 mm;
¾ brandeggio forche: 10° ÷ 15°;
Fra i diversi opzional proposti dal mercato ricordiamo la centralina idraulica
comprendente un serbatoio per l’olio ed un sistema idraulico ausiliario per rendere
autonomo l’elevatore dall’impianto idraulico della trattrice ed il rovesciatore laterale
che permette di svuotare i cassoni facendoli ruotare lateralmente.
L’utilizzo di queste attrezzature richiede l’applicazione della zavorre anteriori alla
trattrice per scongiurare i rischi di ribaltamento soprattutto durante movimentazioni in
pendenza con l’elevatore carico in condizioni di alzata massima.
Per quanto riguarda, invece, la manutenzione questa si limita alla lubrificazione dei
telai e delle parti in movimento, alle operazioni di lavaggio (in particolare nel caso della
benna) ed al controllo della macchina in generale (controllo delle viti, tubazioni
dell’impianto idraulico ecc.).
ing. Maines Fernando
pag. 381
Meccanizzazione in viticoltura
Bibbliografia
Bibliografia:
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13. Balsari Paolo - Le macchine per la difesa del vigneto: le attuali esigenze e le
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Torino;
14. Balsari Paolo - Miglioramento dell’efficacia dei trattamenti, riduzione
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Università degli Studi di Torino;
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16. Bedosti Andrea - Il trattore agricolo - Edagricole;
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Articoli:
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¾ Gasparinetti P., Biasi W., Peratoner C., Maschio T., Teot G. - Il rinnovo dei
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¾ Sartori Luigi - Impianti del vigneto con il GPS., n. 8/2004
¾ Le macchine per il diserbo contemporaneo alla semina - Informatore agrario n.
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Macchine Agricole n°2/2005, p. 14 – 16;
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¾ Tamagnone Mario - Controllo del volume di distribuzione nelle irroratrici da
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ing. Maines Fernando
pag. 388
Meccanizzazione in viticoltura
Bibbliografia
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ing. Maines Fernando
pag. 389
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