Centro Studi Piccola Comunità -1- BREVE STORIA DELLA CANNABIS SOMMARIO: UNA PIANTA, TANTI NOMI, MILLE USI BOTANICA, FARMACOLOGIA, EFFETTI QUALCHE MIGLIAIO DI ANNI FA DALL'IMPERO ROMANO A NAPOLEONE, FINO ALLE AMERICHE LE BUONE PROMESSE DEL XIX SECOLO LA NUOVA PROIBIZIONE SCIENZA E POLITICA NON VANNO D'ACCORDO SCENARI DI FINE SECOLO BIBLIOGRAFIA RAGIONATA Una pianta, tanti nomi, mille usi La Cannabis, nota anche come marijuana, ganja, pot, kif, hemp e almeno altri trecento nomi diversi, e' una delle piu' antiche piante psicoattive conosciute dall'umanita'. Originaria delle regioni dell'Asia Centrale, lungo il corso dei secoli si e' diffusa praticamente ovunque, superando ogni tipo di avversita' ambientale. Possiamo trovarla in tutto il bacino mediterraneo e nelle Americhe, nelle regioni piu' interne dell'Africa e in nord-Europa, nel continente australiano e nell'Oriente piu' estremo. Confrontando il significato dei termini che indicano la pianta nei gruppi linguistici Indo-europeo, Finnico, Turco e Semitico, troviamo sempre la radice 'kan', col doppio significato di 'hemp' e 'cane' (canna). Invece il suffisso 'bis' si riferisce all'evoluzione linguistica dei termini 'bosm' (ebraico) e 'busma' (aramaico): odoroso, dal buon profumo, aromatico (S. Benetowa in The Book of Grass). Una tavoletta assira nella Royal Library del re Assurbanipal (circa ottavo secolo a.C.) che chiama la pianta 'qunubu' o 'qunapu' e la sorprendente somiglianza tra il semitico 'kanbos' e lo sciita 'cannabis' dimostrano come l'origine etimologica e culturale della parola vada ricercata nelle civilta' dell'Asia Minore. In quest'area il raccolto della cannabis, largamente impiegata per la fibra fin dai tempi piu' antichi, costituiva occasione d'incontro e di festa per molte persone: il forte aroma e l'effetto intossicante della pianta venivano cosi' sperimentati collettivamente. Tali occasioni si trasformarono presto in cerimonie cultural-religiose che riunivano insieme la struttura del circolo matriarcale tipica delle popolazioni locali e il culto dei morti, i sacrifici purificatori e altri rituali mistici. Questi riti erano parte centrale della cultura degli Sciiti, ad esempio, ed e' ragionevole supporre che i bagni di vapore in uso presso gli antichi abitanti delle odierne zone dell'Europa Orientale abbiano la stessa origine-cannabis in slavo e' 'kepati', in russo 'kupati'. Ancor oggi, in Polonia, la vigilia di Natale si consuma un zuppa a base di semi di cannabis: secondo la tradizione popolare in quella notte i morti vengono a far visita ad amici e parenti, cenando insieme a loro. In Oriente il termine 'andare a fare il bagno' indica non solo un atto di purificazione e piacere, ma anche un modo di seguire le regole divine. In Europa, il termine 'bagno' prese ad indicare qualunque club dove ci si riuniva a giocare a carte, bere caffe', fumare hashish e tabacco. Anzi, quest'ultimo ebbe rapida diffusione nel Vecchio Mondo proprio grazie all'assidua frequentazione di questi 'bagni'. Riguardo al tabacco, alcuni storici sostengono che esso fosse diffuso nell'area mediterranea ed in Africa molto tempo prima che gli Spagnoli ne riportassero degli esemplari dal Sud-America nel 1500. Anche i numerosi reperti archeologici ritrovati non fanno altro che confermare come in ogni epoca storica le diverse popolazioni del pianeta avessero imparato a coltivare ed usare la cannabis per molti scopi. Pare che i Centro Studi Piccola Comunità -2- primi usi come fibra e medicina risalgano addirittura al XXVII secolo prima di Cristo, mentre nel Columbia History of the World (1981) possiamo leggere che ".....i primi tessuti conosciuti erano fatti presumibilmente di hemp, pianta coltivata a tale scopo fin dall'ottavo secolo a. C." A tale data infatti risale il piu' antico manufatto umano-un pezzetto di tessuto di canapa-scoperto nella zona di Catal Huyuk, in Mesopotamia. Sempre all'ottavo secolo a.C. risalgono alcuni frammenti di vasi di terracotta trovati nell'isola di Taiwan e decorati con striscie di canapa pressate nella creta ancora fresca. Di sicuro veniva coltivata in Cina e in Egitto fin dal 4000 a.C., nel Turkestan dal 3000 a.C., e la troviamo nominata nei testi Babilonesi, Persiani, Ebrei, Caldei. Le sue proprieta' terapeutiche erano ben note agli antichi abitanti di India, Cina, Medio Oriente, Asia Sud-Orientale, Sud Africa e Sud America. Archeologi, antropologi, economisti e storici concordano sul fatto che da molto prima del mille a.C. e fino al 1883 la cannabis costituisse la coltivazione piu' diffusa sul pianeta, fornendo materia prima per i piu' diversi usi: fibre, tessuti, olio per illuminazione, carta, incenso, medicina, cibo. Senza dimenticare, infine, che da molti secoli le sue qualita' psicoattive ne hanno permesso l'uso in pratiche religiose e meditative, soprattutto nel subcontinente indiano, per produrre alterazioni della psiche e favorire le esperienze mistiche. Botanica, farmacologia, effetti Secondo la tassonomia ufficiale moderna, la cannabis va inclusa nella famiglia delle Cannabaceae, insieme al luppolo, dopo essere stata inserita dapprima tra le Moracee e successivamente tra le Urticacee. Riguardo la specie, la maggior parte dei botanici oggi segue la classificazione risalente al 1924 ad opera di D. E. Janichewsky, diffusa in occidente da Richard Schultes negli anni settanta. Studiando le piante selvatiche che crescono nell'Asia centrale, il botanico sovietico classifico' tre diverse specie: C. sativa, la piu' diffusa, arriva anche a tre metri d'altezza, molto resinosa e dalla forma piramidale; C. indica, piu' piccola e con molte foglie; C. ruderalis, al massimo mezzo metro d'altezza e senza rami. Viene cosi' confermata la tesi di Linneo che gia' nel 1753 parlo' esclusivamente di C. Sativa, secondo gli studi condotti sulle piante che crescevano nell'Europa settentrionale. Esiste pero' una classificazione alternativa, pur se in netta minoranza, proposta da Small e Cronquist nel 1976. I due studiosi canadesi affermano che esiste una sola specie molto variabile, C. sativa, con due sottospecie, sativa e indica: la prima si trova nei paesi settentrionali ed e' usata per fibra e olio, la seconda invece cresce paesi caldi del sud ed e' ricca di resina e proprieta' intossicanti. Entrambe le sottospecie avrebbero poi varianti selvatiche e domestiche, secondo il luogo di coltivazione. La cannabis e' una pianta dioica, ovvero esistono separatamente il maschio (produce il polline) e la femmina (fecondata, produce fiori e semi). Solo in ambienti particolarmente ostili possiamo trovare infiorescenze maschili e femminili sulla stessa pianta. Le inconfondibili foglie a sette punte partono tutte dallo stesso stelo, in numero variabile e sono sottili, verde intenso, dai bordi seghettati, con evidenti nervature e sottile peluria. Lo stelo diventa molto resistente man mano che la pianta si avvia a maturazione, e puo' tranquillamente superare i cinque metri di altezza. L'apparato radicale, invece, rivela un fittone di 3040 centimentri da cui si diramano sottili ramificazioni. Pianta annuale, la cannabis ha un ciclo breve, con semi piantati all'inizio della primavera, fioritura a meta' estate e Centro Studi Piccola Comunità -3- maturazione autunnale. I semi germogliano in meno di una settimana e l'impollinazione avviene generalmente con il vento, poiche' insetti come le api non sono attratti dai fiori della cannabis. Se coltivate per fibra, generalmente le piante vengono tenute molto vicine tra loro, e in tal modo si allungano a dismisura, senza produrre rami, con un piccolo cespuglio in cima. In questi casi non si procede neppure alla divisione tra maschi e femmine, cosa invece essenziale per coltivazioni a scopo medico e/o intossicante. Sono i fiori della femmina a produrre la maggiore quantita' della sostanza resinosa contenente il principio attivo, il delta-9tetraidrocannabinolo, meglio noto con la sigla THC. Le infiorescenze spuntano all'estremita' dei rami, e cosi' raccolte proteggono lo sviluppo dei semi, ovali e coriacei. Pur se le ricerche non sono ancora definitive, pare che la pianta produca tale sudorazione come difesa dall'eccessivo calore, in modo da trattenere l'umidita' necessaria alla maturazione dei semi: quando il processo riproduttivo e' concluso, la resina non viene piu' prodotta. Sono oltre 460 i componenti chimici della pianta, e piu' di 60 rivelano la struttura tipica dei cannabinoidi. Tra questi, il delta-9-THC, presente intorno all'1-5% del peso totale, e' l'unico finora scoperto ad avere notevoli proprieta' psicoattive. Tale percentuale si riduce a meno dello 0.5 % nelle piante coltivate per fibra, che invece sono ricche di cannabinolo. Le piante che producono maggior sostanza resinosa (regolata dai fattori genetici) sono quelle che crescono nelle regioni dal clima caldo-umido, Messico, India, Medio Oriente, California-e in genere semi di unica provenienza producono piante molto diverse tra loro, se crescono in differenti luoghi geografici. Nel nord Europa, ad esempio, la produzione di resina e' minima, mentre in diverse zone dell'Italia meridionale si ottengono risultati simili a quelli delle coltivazioni africane. Questo conferma la notevole adattabilita' della marijuana e ne spiega la costante presenza al fianco dell'Homo Sapiens nel suo vagabondare sul pianeta. Estremamente forte e resistente, la cannabis riesce a svilupparsi e riprodursi allo stato selvatico praticamente ovunque, pur se preferisce terreni sciolti e sabbiosi, ricchi di azoto e potassio. Non richiede particolari attenzioni, salvo discrete innaffiature in fase germinativa. Le tecniche di coltivazione differiscono molto tra loro a seconda delle zone e della destinazione finale. Negli ultimi decenni poi sono stati sviluppati sistemi piuttosto sofisticati e anche incroci genetici, in particolare negli Usa, per aumentare la concentrazione di THC e quindi gli effetti psicotropi. In genere, una sigaretta media contiene circa 500 mg. di marijuana e da 5 a 20 mg. di THC, di cui solo il 50% raggiunge i polmoni. Gli effetti della cannabis sugli esseri umani sono stati riscontrati per dosi minime di 25 mcg. [un mcg. corrisponde a 1/1000 di un grammo] per 1 kg. di peso corporeo. Intense allucinazioni sono state riportate per dosi intorno ai 250 mcg. per kg. Nessuna morte dovuta ad overdose e' stata finora riscontrata. Una ricerca eseguita nel 1980 presso l'Universita' di Los Angeles ha dimostrato che gli effetti acuti e prolungati nel tempo non provocano modificazioni delle funzioni mentali dei soggetti. Gli unici effetti farmacologici negativi sulla salute documentati finora sono quelli relativi alle vie respiratorie, dovuti alla nicotina prodotta dalla combustione. Come ha confermato un recente studio condotto a San Francisco (Western Journal of Medicine, 9 giugno 1993): chi fuma regolarmente cannabis rischia malattie alle vie respiratorie per il Centro Studi Piccola Comunità -4- 19% in piu' di chi non fuma. La ricerca ha anche trovato che tali consumatori rischiano il 30% in piu' di incidenti vari, riferendosi particolarmente agli incidenti automobilistici causati da chi guida sotto l'effetto della marijuana. In questo senso, comunque, non sono state riscontrate differenze significative rispetto agli incidenti provocati da chi guida in stato di ubriachezza. Infine, nessuna dipendenza e/o assuefazione fisica e' stata mai accertata, pur se in alcuni soggetti puo' insorgere una certa dipendenza psicologica. L'osservazione empirica ha comunque confermato che le motivazioni, l'ambiente e le circostanze in cui si assume la sostanza rivestono un'importanza fondamentale per l'intera esperienza-come pure nel caso delle sostanze psichedeliche. D'altra parte le virtu' terapeutiche della cannabis sono note fin dai tempi piu' antichi, almeno alcune migliaia di anni prima di Cristo. La pianta veniva impiegata in moltissime preparazioni e nei casi piu' disparati. La letteratura scientifica moderna ne documenta le applicazioni fin dal 1837 e negli ultimi 50 anni la cannabis e' stata usata con successo contro nausea, spasmi muscolari, sclerosi multipla, glaucoma, emicrania, vomito, dolori vari e in anni recenti per casi di AIDS e cancro. Infine, la recente scoperta del recettore del THC nel cervello umano apre un campo di ricerca illimitato per le sue possibili applicazioni terapeutiche. Qualche migliaio di anni fa... Diffusasi spontaneamente nelle regioni asiatiche, la pianta di marijuana ottiene particolare attenzione in Cina-dove e' tuttora legalmente coltivata, lavorata ed esportata. Nominata per la prima volta nell'erbario pubblicato durante il regno dell'imperatore Shen Nung, 2737 a.C.-oltre 4500 anni fa-la cannabis viene consigliata per trattare casi di "disordini femminili, gotta, reumatismo, malaria, stipsi e debolezza mentale." Il trattato medico Erh-Ya, compilato tra il 1200 e il 500 a.C., la chiama "Ta-Ma", grande pianta, raffigurandola con un'ideogramma composto da un uomo adulto (Ta) sopra una pianta da fibra (Ma), ad indicare la forte relazione simbiotica gia' allora esistente tra cannabis ed esseri umani. Verso il 200 a.C. Hua-T'o parla delle sue notevoli virtu' analgesiche per operazioni chirurgiche e nel IV-V secolo a.C. i contadini la usano per pagare le tasse al Governo centrale. Intorno al 100 a.C. inizia la produzione di carta a base di hemp e negli archivi di Tung-kuan (28 d.C.) si legge che la cannabis veniva usata come cibo in tempi di carestia. Anche in India la pianta conosce larga diffusione ed uso, per cerimonie sacre, nelle pratiche meditative e in medicina: se ne consiglia l'uso nei casi d'insonnia, febbre, dissenteria, malattie veneree. In particolare, gli inni sacri indiani (Atharva Veda, Rig-Veda e Susruta, 1400-1000 a.C.) parlano diffusamente di una sostanza usata nelle cerimonie religiose e meditative, chiamata 'soma'. Gli effetti descritti- allucinazioni, espansione delle percezioni, rilassamento generale- lasciano ragionevolmente supporre che si tratti proprio di cannabis, o almeno che essa doveva costituirne uno dei componenti principali. Gli scritti sanscriti raccontano perfino di un'origine mitologica. Si racconta che essa venne prodotta in forma di nettare mentre gli dei agitavano le acque con il monte Mandara e che diventasse la bevanda preferita da Indra, re degli dei, con il nome di 'Vijaya'. Mosso da compassione per la razza umana, Indra decise poi d'inviarla sulla terra, cosi' da far provare euforia, perdita della paura ed eccitazione sessuale anche agli esseri umani. Ancor oggi nei villaggi e citta' dell'India, nell'ultima giornata della festivita' hindu del Durga Pooja, dopo aver gettato le statue degli dei Centro Studi Piccola Comunità -5- nell'acqua, ogni padrone di casa offre agli ospiti una tazza di bhang (tipico infuso di foglie e steli di cannabis) ed un piatto di carne dolce in segno di cortesia. L'uso della pianta per fibra, olio e cibo era comunque diffuso in ogni casta, soprattutto nelle regioni del nord-ovest e nel Bihar, ai confini con Nepal e Pakistan. Tra il II e il I secolo a. C. le ripetute migrazioni delle tribu' nomadi dell'Asia Centrale ne favorirono la diffusione nel bacino del Mediterraneo e oltre le montagne del Caucaso, fino all' Europa occidentale e al Medio Oriente. Furono soprattutto gli Sciiti, seguaci della sci''a (il partito di Ali') e fondatori della confessione ufficiale dell'Islam, a conoscerne ed apprezzarne le molte proprieta'. Oltre a tracce di diffuse coltivazioni [ancor oggi il falcetto usato per la raccolta del grano viene chiamato in inglese schyte], ci resta la testimonianza dello storico greco Erodoto (circa 484-425 a.C.). Descrivendo i rituali funerari, egli scrive che "....foglie secche di cannabis venivano gettate su braci ardenti, provocando ampie nuvole intossicanti." La scoperta e' stata poi confermata da M.I. Artamonov, in che descrive nei dettagli i ritrovamenti di tombe sciite nei monti siberiani ai confini con la Mongolia (Scientific American, maggio1965). I Frigi, popolazione della Turchia occidentale che domino' gran parte dell'Asia Minore tra l'VIII e il VII secolo a.C., la usavano per farne tessuti: lo testimoniano i resti ritrovati nei pressi di Ankara, nei tumuli funerari di Gordion. Sia gli Esseni (antichi abitanti d'Israele) che gli Egiziani iniziarono a farne ampio uso in medicina e in cerimonie religiose, seguendo le pratiche dei persiani seguaci di Zoroastro (VII-IV secolo a. C.). Ed i Sufi, sacerdoti mistici dell'Islam, hanno ereditato l'uso rituale della pianta dalle tradizioni zoroastriane sopravvisute alle conquiste musulmane. Dall'Egitto la pianta inizio' poi la conquista dell'Africa, nelle cui regioni centromeridionali ebbe grande diffusione soprattutto per le sue qualita' terapeutiche: per Pigmei, Zulu' e Ottentotti divenne un'indispensabile medicamento in casi di crampi, epilessia, gotta. L'archeologo Hermann von Wissman (1853-1905) in una sua relazione del 1888 ce ne descrive gli usi presso i Balouba, tribu' Bantu' del Congo belga: riti e incontri tribali, feste e trattati di alleanza venivano regolarmente ricordati fumando haschisch e/o foglie di cannabis in pubblico. Presso gli stessi Bantu' erano molto diffusi i culti Dagga: la cannabis era sostanza sacra e soltanto a sacerdoti e uomini di saggezza ne era concesso l'uso. Sono ancora molte le tribu' del centro Africa che continuano ad usarla ancor oggi, in particolare contro i morsi dei serpenti e per aiutare le partorienti. Proprio in caso di parti difficili la cannabis veniva usata in Isreale: lo confermano le analisi compiute da ricercatori locali sulle erbe carbonizzate rinvenute nel 1990 all'interno di una tomba presso Gerusalemme risalente al 1600 a.C. I dati definitivi, pubblicati recentemente su Nature e ripresi dalle agenzie-stampa di tutto il mondo, dicono che ".....tracce di Cannabis Indica sono state accertate tra i 6,97 grammi dei resti delle erbe carbonizzate rinvenute nella tomba." Passando all'Europa, nel 1896 l'archeologo tedesco Hermann Busse scopri' a Wilmersdorf (Brandeburgo) alcune urne funerarie contenenti resti di cannabis risalenti al quinto secolo a.C. Altre fonti hanno stabilito che nello stesso periodo nella zona dell'attuale Norvegia si inizio' a coltivarla per fibra, e lo stesso accadde in Svezia (150 d.C.), Germania ed Inghilterra (400 d.C.). Pausania di Magnesia, storico e geografo greco del II secolo a.C. menziona la cannabis tra le varie piante coltivate a scopo tessile Centro Studi Piccola Comunità -6- nell' Elide (Peloponneso). Il medico Galeno intorno all'anno 175 ne esalto' le virtu' terapeutiche, suggerendo d'offrirla agli ospiti prima del banchetto per "produrre gioia e felicita'". Alcune fonti storiche tuttavia fanno risalire all'800 a. C. l'uso della pianta in Grecia: pare che la bevanda indicata da Omero nell'Odissea con il nome di 'nephente' fosse in realta' hashish. L'ipotesi e' avvalorata dal termine stesso ('ne', negativo e 'phente', ansieta') e dalla testimonianza dello storico Diodoro Siculo (circa 90-20 a.C.) che descrisse l'uso di una droga da parte delle donne di Tebe (antica citta' greca alleata di Sparta contro Atene) molto efficace per "cancellare ogni ansieta'." Molto prima dell'Impero Romano, la cannabis era largamente coltivata ed usata nell'isola britannica, particolarmente dalle tribu' dei Celti e dei Pitti. Quest'ultimi provenivano dalle terre sciite e s'insediarono nell'attuale Scozia verso il IV secolo a.C.: pipe di vario tipo e dimensione sono state ritrovate in gran numero in questa regione. Purtroppo le tracce storiche di tali popolazioni sono state cancellate, e con esse ogni reperto riguardo le loro usanze. I monaci incaricati di stilare gli annali della storia ufficiale a partire dal 400 d.C., subito dopo la fine dell'Impero Romano, decisero di cancellare l'esistenza di Celti e Pitti, a causa dei loro culti e riti 'pagani', della fiera resistenza contro Anglo-Sassoni e Romani, e per la chiara discendenza matri-lineare. Nell'Antica Roma, Dioscoride, medico di Nerone, ci ha lasciato diversi scritti sugli usi medici della cannabis: il suo codice Anicia Juliana (512 d.C.) riporta il primo disegno botanico della pianta. E Plinio il Vecchio (23-79 d. C.), oltre a consigliarne l'uso per curare emicarania e costipazione, riportava che vele e cordame delle galee romane erano interamente fatte di canapa. A tale proposito, e' qui il caso di ricordare come la cannabis costituisse il 90% della tela delle vele, a partire dal dal quinto secolo a.C. e fino all'invenzione dei battelli a vapore della meta' del XIX secolo. Anche tutto il cordame necessario alla navigazione e le reti per la pesca erano ottenute dalla medesima fibra. Lo stesso accadeva per le mappe navali fino ai primi del novecento-la carta di canapa durava 50-100 volte piu' a lungo di quella a base di papiro. E ancora, l'80% dei tessuti usati dall'umanita' per vestiti, tende, tappeti, tovaglie, bandiere e quant'altro erano costuititi da fibre di canapa-fino ai primi dell'ottocento negli Stati Uniti e fino all'inizio del XX secolo nel resto del mondo. Le edizioni del 1893 e 1910 dell'Enciclopedia Britannica riportano che almeno meta' di tutto quel che veniva classificato come lino venisse in realta' dalla pianta della cannabis. Per centinaia (e forse anche migliaia) di anni e fino al 1830, i migliori 'lini' irlandesi ed i fini vestiti italiani venivano in gran parte tessuti con canapa. A questo scopo, la cannabis era ampiamente coltivata in Russia, Italia, Yugoslavia e Inghilterra-dove raggiunse la massima diffusione intorno all'anno mille. E mano a mano si diffuse anche la tecnica di estrazione dell'olio dai semi (ottenuto in percentuali dal 20 al 30%) per illuminazione e per fare sapone, mentre i residui venivano proficuamente impiegati come fertilizzante. Dall'Impero Romano a Napoleone, fino alle Americhe La politica dei Romani, insieme all'enorme crescita del potere ecclesiastico, riusci' a cancellare molti culti e rituali popolari, in favore del Cristianesimo Universale e del Sacro Romano Impero. Vietando l'apprendimento e lo studio del latino alla gente comune, le sacre scritture vennero liberamente interpretate e riscritte dai dotti ecclesiastici-eliminandone le parti ritenute diaboliche ed eretiche. Centro Studi Piccola Comunità -7- Questo clima di terrore, sfociato poi nei tribunali dell'Inquisizione del XII secolo, colpi' anche la cultura e l'uso della cannabis: in Spagna ne fu vietata l'ingestione, in Francia ogni uso medicinale. Giovanna d'Arco, ad esempio, venne accusata di usare ogni tipo di "erba diabolica, compresa la cannabis" per i suoi rituali di stregoneria. La bolla papale del 1484 e la repressione ecclesiastica non riuscirono comunque ad impedire la diffusione della canapa nel nord-Europa. Le estese coltivazioni in Romania, Cecoslovacchia e Ungheria da una parte e in Irlanda ed Inghilterra dall'altra garantivano uso e diffusione dei suoi derivati in tutto il mondo. Nel 1533 Enrico VIII ordino' ai contadini inglesi di "coltivare un quarto di acre a cannabis o lino per ogni 60 acri di altre coltivazioni" e nel 1542 lo svizzero Leonard Fuchs proponeva un'accurato disegno della Cannabis Sativa nel suo De Historia Stirpium. Mentre dall'anno mille i paesi arabi e mediterranei avevano imparato ad usare la pianta come intossicante, e' verso il 1500 che i viaggiatori di ritorno da Africa e Asia ne introdussero in Europa l'uso come medicina. Nel Medioevo si diffondono diversi preparati a base di cannabis e il famoso The Anatomy of Melancholy del sacerdote inglese Robert Burton (1621) la consigliava per il trattamento della depressione. L'applicazione di radici di hemp per infammiazioni della pelle, descritto nel New English Dispensatory del 1764, era un rimedio ben noto alle popolazioni dell' Europa orientale. Ma e' grazie al giovane professore indiano W. B. O'Shaughnessey che le virtu' terapeutiche della pianta acquistarono fama e diffusione in occidente. In una relazione del 1839 egli descrisse usi e benefici della cannabis appresi in India, corrobati da una serie di esperimenti su animali e persone in malattie quali rabbia, reumatismi, epilessia, tetano- tutti coronati da indiscutibile successo. Egli defini' la cannabis "il perfetto rimedio anticonvulsivo" per le sue qualita' analgesiche e rilassanti. Dal 1842 inizio' a raccomandarla presso medici e farmacisti inglesi, e ben presto anche negli USA venne prescritta in numerose malattie. Perfino il medico della Regina Vittoria la usava regolarmente per la sua paziente, e preparazioni a base di cannabis si potevano acquistare regolarmente nei drug stores. La letteratura scientifica produceva precisi rapporti sui benefi'ci riscontrati, e nel 1860 il dottor M'Meens presento' una relazione di fronte all'Ohio State Medical Society in cui si descriveva l'efficacia della cannabis per tetano, dolori vari, dismenorrea, convulsioni, epilessia, gonorrea, reumatismi, nevrosi, parti difficili, asma, bronchiti. In Italia l'uso medico dell'hashish venne citato per la prima volta dal medico Nicola Porta, del manicomio di Aversa (Annali, vol.CLXVII,1858). Nel 1894-97 venne diffuso un primo studio-Intorno alla anatomia della canapa- negli Atti dell'Istituto botanico di Pavia, serie II, voll. III e IV. Ma e' il Professor Raffele Valieri, primario dell'Ospedale degli Incurabili a Napoli, ad usarla diffusamente e a raccomandarne l'uso medico. Nel 1887 pubblico' anche un curioso e dettagliato libretto dal titolo Sulla canapa nostrana e suoi preparati in sostituzione della cannabis indica, pieno di osservazioni e consigli molto validi anche oggi. Piero Arpino descrisse le preparazioni a base di cannabis utilissime in 43 malattie, in un suo libretto del 1909, Haschisch e Cannabis Indica. Tuttavia, come rileva Cesco Ciapanna in Marijuana e Altre Storie (1979), pare che nessuna traccia di questi insegnamenti sia rimasta nella farmacopea e nella cultura popolare del sud d'Italia. Tornando alle scoperte Centro Studi Piccola Comunità -8- archeologiche, altri reperti documentarono che le prime pipe ad acqua con tracce di cannabis venivano usate in Etiopia intorno al 1320, e il fondatore turco della dinastia Moghul che governo' gran parte dell'India tra il XVI e il XIX secolo, Babur il Grande, descrisse l'uso della tintura di ganja e oppio in un suo scritto del 1505. Mezzo secolo dopo, lo scrittore-medico-benedettino francese Fran ois Rabelais pubblico' Gargantua e Pantagruel, un'ampia ed ilare opera di narrativa; nel terzo libro troviamo una dettagliata descrizione della botanica e delle qualita' psicoattive della cannabis, l'erba 'Pantagruelion'. Informazioni precise su semina, coltivazione e raccolto si alternano a notizie sull'uso come fibra, medicinale, religioso-occupando parecchie pagine e spuntando nel racconto in diversi momenti. Di certo, l'opera rappresenta la prima completa esposizione storico-culturale della canapa del mondo occidentale, venata di contagiante ilarita' e ironica critica a costumi ed usanze dell'epoca. Allo stesso filone possiamo collegare la nascita di quella cultura popolare che prende l'avvio in quegli anni nell'area marocchina e che diverra' presto famosa ovunque. Sultani e persone comuni vengono descritti nelle situazioni piu' divertenti e imbarazzanti, non risparmiando strali ironici all'eccessiva rigidezza mentale tipica di chi non consuma il kif... Cambiando continente, scopriamo che la Storia fissa la data d'arrivo della cannabis nel Nuovo Mondo quando i Vichinghi raggiunsero le coste della Nuova Inghilterra nel X secolo. Sempre secondo la storiografia ufficiale, furono poi le spedizioni spagnole comandate da Diego de Almagro e Pedro de Valdiva (1530-1545) a farla conoscere ai nativi dell'odierno Cile. Tuttavia alcune le fonti alternative, R. Hakluyt (1582), H. Mertz (1953), C. Gordon (1971), propongono uno scenario ben diverso: gia' intorno al 500 a.C. mercanti ed avventurieri ebrei, romani e fenici erano soliti approdare regolarmente sulle coste americane, per non parlare dei frequenti traffici con la Cina. Ed e' fuor di dubbio che fra le innumerevoli mercanzie trasportate fossero presenti sacchi di semi di canapa. Inoltre, le prime pipe ritrovate nelle Americhe, in legno e/o pietra scavati, vengono datate ancor prima del 500 a.C. e rivelano chiare somiglianze con analoghi strumenti rinvenuti in Medio Oriente e risalenti al I secolo a.C. Infine, nel Traite' du Tabac ou Panace'e Universelle (Lione1626) il Dr. Leander descrive l'uso cerimoniale di alcune erbe da parte dei nativi nord-americani, ".....erbe che portano all'estasi ed alla comunicazione con gli dei". Nel 1563 il medico spagnolo Garcia Da Orta (1501-1568) pubblica un ampio resoconto dei suoi viaggi in Oriente, Colloquies on the simples and drugs in India, dove vengono descritti per la prima volta gli effetti della cannabis sugli abitanti del subcontinente indiano. Tale testo rimarra' unico nel suo genere fino alla seconda meta' del 1800, quando apparvero gli scritti di Moreau, Gautier, Baudelaire. Le descrizioni del Da Orta vennero poi riprese-con una certa esagerazione, per la verita'dallo scrittore e viaggiatore olandese J. H. Van Linschoten nel suo Itinerario, datato 1596 Restando nel Nuovo Mondo, scopriamo che intorno al 1600 il farmacista canadese di Champlain, Mr. Hebert, coltivava un vasto campo di cannabis per i suoi preparati e nel 1611 a Jamestown i primi coloni la piantavano per fibra. In quegli anni, la Virginia (1629) e il Connecticut (1637) emanarono le prime leggi che imponevano la coltivazione della pianta per favorire lo sviluppo dell'industria dei tessuti: la cannabis si diffuse ovunque rapidamente. George Washington, primo Centro Studi Piccola Comunità -9- presidente degli Stati Uniti, scriveva nel suo diario (12-13 maggio 1765) : "Seminato hemp". E ancora al 7 maggio: "Iniziato a separare i maschi dalle femmine, ma forse e' troppo tardi." In quegli anni era comunque la Russia a produrre l'80% della cannabis del mondo, vendendone anche i migliori manufatti (vele, reti, corde, tappeti). Dovendo rimpiazzare 50-100 tonnellate di canapa ogni due anni per la sua enorme flotta, la Gran Bretagna ne divento' presto il principale acquirente, mentre fra gli stati confederati il Kentucky raggiunse nel 1860 la produzione record di oltre 40.000 tonnellate. Nel 1798, durante la campagna d'Egitto, Napoleone emano' un decreto che vietava ai soldati francesi di "bere il forte liquore fatto dai musulmani con un'erba detta hashish e fumare le foglie della cannabis". Ma al ritorno della spedizione in Europa, l'uso dell'hascisc prese a diffondersi in tutta la Francia. Nel 1809 Sylvestre de Sacy suggeri' per primo la derivazione del termine 'assassini' dall'arabo 'hashishiyyun', riferendosi ad una vicenda storica accaduta intorno all'anno mille. AlHasan ibn-Sabbah aveva messo su una setta musulmana dissidente che era solita terrorizzare in quegli anni le popolazioni del nord della Siria, della Persia e finanche dell'India. Omicidi, stragi e distruzioni vennero rapidamente attribuiti al gruppo, che avrebbe agito sotto gli influssi dell'hashish-da cui il nome di Ashishin. Anche messer Marco Polo, trovatosi a transitare da quelle parti verso il 1271-2, confermava il terrore suscitato nella regione dalla banda. Ma studi recenti e dettagliati hanno chiarito come non ci fosse alcun tipo di relazione tra l'uso di hashish e le violente scorribande (P.K. Hitti, The Assassins, in The Book of Grass). Purtroppo questa vicenda e' stata spesso usata in cattiva fede come propaganda contro l'uso della cannabis e suoi derivati, generando falsi miti ed errate informazioni. Fu nuovamente Napoleone a far tornare la pianta alla ribalta della storia, nel corso della guerra franco-inglese conclusasi con la sua definitiva sconfitta di Waterloo nel 1815. Con l'obiettivo di isolare l'odiata Gran Bretagna, la Francia napoleonica inizio' a premere sullo zar Alessandro I per bloccare gli indispensabili rifornimenti di canapa alla flotta inglese. Costretto a vendere la Lousiana agli Usa per un prezzo ridicolo (5 cent per ettaro) in cerca di finanziamenti, nel 1810 Napoleone decise d'intervenire con le armi nei confronti della tentennante Russia. La flotta Usa ne approfitto' subito, vendendo allo zar rum, zucchero, caffe', tabacco ed avendone in cambio hemp, prontamente girata agli Inglesi. I quali riescono pero' a trovare un nuovo accordo con Alessandro I, proprio per garantirsi il rifornimento di canapa a costi piu' bassi: il Congresso Usa risponde con l'entrata in guerra al fianco di Napoleone. Obiettivo finale e' la realizzazione del sogno del 'destino manifesto', ovvero la conquista del Canada. Ma la disastrosa campagna di Napoleone in Russia libero' presto gli inglesi dagli impegni europei ed i tentativi bellici americani vennero parati con successo. Il trattato di Ghent (1814) chiuse la partita, garantendo definitivamente l'inviolabilita' dei confini canadesi da una parte e la liberta' di commercio per le navi americane dall'altra. Ovviamente, nei libri di storia delle scuole di ogni parte del mondo non c'e' traccia del ruolo avuto dalla cannabis in quest'importante evento-ma non e' certo il caso di stupirsene. Le buone promesse del XIX secolo Nel frattempo gli studi scientifici sui composti chimici della pianta presero a diffondersi e le sue applicazioni in medicina conoscono larga diffusione in tutta l'Europa, grazie soprattutto all'opera di Centro Studi Piccola Comunità - 10 - O'Shaughnessy, come piu' sopra riportato. Nel 1840 il chimico Louis Aubert-Roche pubblico' uno studio sull'efficacia dell'hashish nel trattamento delle piaghe e della febbre tiroidea. Il medico J. J. Moreau de Tours, intuendone le potenzialita' curative nei malati di mente, lo sperimento' su stesso: "E' vera felicita' quel che l'hashish produce..." Queste ricerche porteranno alla nascita del famoso Club des Hachischins, fondato da The'ophile Gautier nei locali dell'Hotel Pimodan, Ile Saint-Louis, Parigi. Il primo resoconto delle riunioni mensili dei membri del circolo- tra cui Andre' Dumas padre, Victor Hugo, Honore' de Balzac e Charles Baudelaire- venne pubblicato nel 1845 su La Presse. Da allora le successive opere di Gautier (Il Club dei Mangiatori di Hashish), Baudelaire (I Paradisi Artificiali) e Dumas (Il Conte di Monte Cristo) sui vari aspetti connessi agli effetti della sostanza acquistarono fama ed eco internazionali-diventando presto dei classici della letteratura moderna. Lo stesso accadde con Fitz Hugh Ludlow, intimo amico di Mark Twain, che nel 1855 scrisse un articolo sul tema in Putnam's Magazine e l'anno seguente pubblico' The Hasheesh Eater-primo classico statunitense su usi ed effetti dell'hashish. In realta', nel 1854 era stato lo scrittore e viaggiatore Bayard Taylor (1825-1878) il primo americano a descrivere gli effetti della resina di cannabis su di se', pubblicando i resonti dei suoi viaggi intorno al mondo. E fu proprio leggendo tali scritti che il giovane Ludlow, figlio di un pastore protestante, decise di sperimentare personalmente la sostanza. Curiosando nella bottega dell'amico farmacista Anderson, nella cittadina di Poughkeepsie, Stato di New York, riusci' a scovare una fiala di Tilden Extract of Cannabis Indica e la uso' per i propri esperimenti. Ancora negli Usa, qualche anno dopo, Lewis Carroll ottenne fama e successo con le vivide allucinazioni descritte in Alice in Wonderland (1865) e Through the Looking Glasses (1872). Nel 1860 la Ganja Wallah Hasheesh Candy Company lancio' sul mercato dei dolcetti fatti con hashish e zucchero d'acero: vennero prodotti e venduti in tutti gli States.per oltre 40 anni. Un po' dappertutto vennero aperti gli hashish smoking parlors, sull'esempio di quelli turchi: alla fine degli anni ottanta, la Police Gazette ne pubblico' un'elenco di oltre 500 nella sola New York City. Alla meta' del XIX secolo, la cannabis era ormai entrata negli usi quotidiani di quasi quattro generazioni di americani-soprattutto per le sue applicazioni terapeutiche, tramandate dai pionieri del Nuovo Mondo. Ricerche appaiono su Lancet, Science Magazine e altre riviste scientifiche, i medici la prescrivevano per numerose malattie e i farmacisti locali ne diffondevano le diverse preparazioni. Le maggiori industrie farmaceutiche (Squibb e Parke-Davis Co.) commercializzarono una riuscita "Tintura di Cannabis" , presente ancora nel catalogo dei prodotti farmaceutici e biologici per i medici del 1929-30. Sulla bottiglia da 4 fluid ounces, circa un litro, prezzo $ 5.00, l'etichetta diceva: "Cannabis, U.P.S.-questo fluido estratto e' preparato da Cannabis Sativa cresciuta in America, alcool 80%, dose media 0.1 cc., narcotico, analgesico, sedativo." Nel 1894 il Parlamento inglese pubblico' i risultati dei lavori di un'apposita commissione incaricata di studiare la diffusione della canapa in India: i sette volumi del rapporto confermavano l'innocuita' e l'efficacia terapeutica della pianta lungo il corso di migliaia di anni. Negli stessi anni la cannabis venne intensamente coltivata dai contadini messicani (saranno loro a usare il termine marijuana, diffondendone l'uso psicotropo negli Usa), mentre gli Centro Studi Piccola Comunità - 11 - immigrati provenienti dall'India la introdussero in Giamaica, dove viene chiamata ganja dall'antico nome hindi. Oltre che per scopi medici, nell'isola antillana la pianta venne usata come sostanza sacramentale dai Rastafariani e altre organizzazioni religiose- diventando in poco tempo la principale coltivazione della popolazione locale. La nuova proibizione Da questo punto in poi, tuttavia, una serie di circostanze storico-politiche convergenti porto' un generale mutamento del clima intorno alla cannabis, a cominciare dagli Usa. L'improvvisa apparizione di alcune piantagioni in Texas e nella zona di New Orleans e soprattutto l'uso che ne facevano gente di colore, messicani, musicisti jazz e giovani viaggiatori fa nascere improvvisamente il "pericolo marijuana". A partire dal 1910, i bollettini della Commissione per la Sanita' Pubblica di New Orleans scrivevano ripetutamente che la "marijuana e' la piu' pericolosa sostanza mai apparsa nella zona ed i suoi nefasti effetti possono trasformare i buoni uomini bianchi in neri e cattivi". Nella sola cittadina di Storeyville, luogo di nascita di Louis Armstrong e centro vitale della cultura jazz, si contavano "oltre 200 consumatori abituali". Con questo tipo d'informazione, venne montata un'ossessiva campagna stampa che porto' nel 1915 al bando di uso e possesso di marijuana a El Paso (Texas), Utah e California, seguiti da altri 14 stati entro il '29. Per la prima volta la stampa nazionale si occupo' della questione, diffondendo le allarmanti notizie fornite dall'appena fondato Federal Bureau of Narcotics (FBN) nel 1930. Harry Anslinger, neo-direttore, inizio' la schedatura di decine di musicisti jazz di colore, fornendo al Congresso regolari relazioni sui pericoli della diffusione dell'uso di cannabis, rea di provocare "musica satanica" e "rapporti sessuali tra donne bianche, negri e messicani". Tuttavia il primo paese ad imporre leggi proibizioniste fu l'Egitto, dove la coltivazione venne proibita fin dal 1879, come riporta Ahmad M. Khalifa (in V. Rubin, Cannabis and Culture,1975). In Grecia l'uso fu proibito fin dal1890 con la motivazione che "la cannabis e' causa di pazzia". E lo stesso avvenne nel 1913 in Giamaica, seguita nel 1928 dal Sudafrica. Il Military Investigation Commitee del Canale di Panama pubblico' due rapporti (1925 e 1931) dove si dichiarava che "....la marijuana non costituisce alcun problema per soldati e civili della zona, e nessun provvedimento restrittivo si rende quindi necessario." Ma la razzista campagna di Anslinger e del FBN, appoggiata dal gruppo editoriale di proprieta' di W.R. Hearst, porto' all'approvazione da parte del Congresso del Marijuana Tax Act, entrato in vigore il 1¡ ottobre 1937. Per usare cannabis a scopo medico e industriale bisognava pagare una tassa di un dollaro per oncia, cento dollari per altri scopi. Chiunque deteneva e commerciava cannabis al di fuori di tali termini rischiava un massimo di cinque anni di carcere e multe fino 20.000 dollari. Nello stesso anno, in 46 su 48 Stati dell'Unione la cannabis viene ufficialmente dichiarata fuorilegge. Disinformazione e sensazionalismo, falsita' e terrorismo: queste le basi della campagna-stampa messa in atto da Anslinger e Hearst. I titoli cubitali dei giornali parlavano di "negri che violentano donne bianche sotto l'effetto della marijuana" e di numerosi incidenti automobilistici causati dall' "erba assassina". Documentari come Refeer Madness e Marihuana, the Assassin of Youth, vengono proiettati nelle scuole. Usando in modo ripetivo e persuasivo l'oscuro termine slang messicano, la parola marijuana viene cosi' introdotta per la prima volta nel lessico Centro Studi Piccola Comunità - 12 - inglese-cancellando dalla memoria collettiva i termini molto piu' familiari di cannabis e hemp. Nel 1937 Lammot DuPont brevetto' la fibra di nylon e il complesso processo chimico necessario a produrlo, stravolgendo il mercato tessile e fondando quell'immenso impero della chimica industriale che ancora oggi detiene. L'industria cartaria sviluppo' tecniche e macchinari per produrre carta con legno anziche' con fibre come era accaduto fino ad allora. Sul fronte medico l'interesse verso la cannabis ando' diminuendo quasi di colpo: l'invenzione della siringa ipodermica permetteva una maggiore diffusione dei derivati dell'oppio come anticonvulsivi e antidolorifici, mentre la scoperta di sostanze sintetiche quali aspirina e barbiturici aveva il pieno sostegno dell'industria farmaceutica. Negli anni trenta anche il regime fascista di Benito Mussolini dichiaro' l'hashish "nemico della razza" e "droga da negri", dando cosi' l'avvio ad una campagna nazionale contro una sostanza poco nota in Italia, usata sporadicamente solo da alcuni medici. Nel 1931Giovanni Allevi dava alle stampe un libro studiato poi dai laurendi in medicina degli anni della guerra, Gli Stupefacenti, dove la tossicomania veniva presentata come un problema razziale. Tuttavia negli stessi anni l'Istituto Nazionale Cellusosa e Carta pubblicava, all'interno del suo bolletino periodico, una serie di preziosi consigli su coltivazione e lavorazione della canapa per ottenerna fibra. Nel 1928 negli States viene presentata un'efficiente macchina per il raccolto della canapa (nel numero di febbraio Popular Mechanics Magazine pubblica un'articolo dal titolo "Il nuovo raccolto da due miliardi di dollari"). In quello stesso anno parte la ricerca voluta dal sindaco di New York Fiorello La Guardia: i risultati dimostrano come nessuna relazione esistesse tra uso di cannabis e comportamenti antisociali e/o criminali. Nel 1942 la pianta viene pero' cancellata ufficialmente dalla U.S. Pharmacopeia, nonostante un'importante studio pubblicato nel mese di settembre sull'American Journal of Psychiatry: Allentuck e Bowman fornirono la prova di come la dipendenza dalla cannabis e' minore di quella nei confronti di alcool e tabacco. Sul fronte della ricerca, dopo aver identificato il principio attivo nel tetraidrocannabinolo o delta-THC (Cahn, 1930, Loewe e Adams, 1939), nei primi anni quaranta gli scienziati riuscirono ad ottenere soltanto una sintesi chimica parziale ed incompleta (Todd e Adams). Bisognera' attendere fino al 1966 per arrivare alla prima sintesi completamente artificiale del delta-THC, grazie al Dr. Raphael Mechoulam, Universita' Ebrea di Gerusalemme. Alle obiettive difficolta' scientifiche che avevano impedito in quegli anni studi piu' approfonditicontrariamente a quanto era accaduto per alcool e anfetamine, ad esempio-bisogna aggiungere la cattiva reputazione pubblica della pianta e le restrizioni legali imposte dal Marihuana Tax Act del 1937. Tuttavia, nel 1951 il Bullettin of Narcotics delle United Nations pubblico' una lista comprendente 1.104 pubblicazioni specifiche disponibili. Ma non e' abbastanza: nel 1954 il World Health Organization dichiaro' pubblicamente che la cannabis non dimostrava alcun valore terapeutico. Due anni dopo, un sondaggio delle Nazioni Unite calcolava in circa 200 milioni le persone che usavano cannabis nel mondo come sostanza psicotropa. Il FBN, che nel 1968 verra' trasferito dal Dipartimento del Tesoro a quello della Giustizia sotto il nome di Bureau of Narcotics and Dangerous Drugs (BNDD), insiste nella sua opera di repressione e le prime condanne per detenzione e spaccio vengono ampiamente pubblicizzate dai Centro Studi Piccola Comunità - 13 - media statunitensi: nel 1960 i casi giudiziari connessi alla cannabis discussi nei tribunali USA raggiunsero quota 169 Nel1961 la cannabis viene classificata ufficialmente come"stupefacente" dall'ONU, che impone ai 65 Stati aderenti l'eradicazione di ogni campo di cannabis entro il 1986: e' la nascita ufficiale del proibizionismo (Single Convention Drug Act). Come conseguenza, i paesi occidentali si diedero da fare per promulgare leggi ed apparati repressivi direttamente proporzionali all'aumento dell'uso ricreativo di cannabis e derivati. C'e' da notare, a questo punto, come nel corso delle varie epoche storiche statunitensi, l'uso della sostanza a scopo ricreazionale sia stato sempre associato negativamente ad emarginati, depravati e devianti. Prima i musicisti jazz di colore e i messicani, poi i vagabondi e la beat generation, gli studenti e il movimento pacifista, infine gli hippies e gli omosessuali. Lo stesso modello venne successivamente ripreso ed applicato nell'intero emisfero occidentale. Invece nei luoghi dove la cannabis faceva parte delle tradizioni popolari assistiamo ad un proibizionismo imposto dalla minoranza che detiene il potere nei confronti della maggioranza della popolazione; vedi il caso tipico del Marocco, dove i contadini difendevano con le armi i campi di canapa, o in Nepal, ultimo Paese membro ONU ad approvare leggi repressive nel 1973 (G. Arnao in Erba Proibita). In quegli anni pare che John F. Kennedy, eletto Presidente degli Stati Uniti nel 1961 e assassinato il 22 novembre 1963 a Dallas, fumasse regolarmente foglie di canapa per lenire i cronici dolori alla schiena di cui soffriva. E' certo comunque che egli avesse in programma un piano per la legalizzazione nel suo eventuale secondo mandato presidenziale, avendo istituito una commissione specifica per rivedere la legislazione sulla cannabis e incrementarne le ricerche scientifiche sugli usi terapeutici. Tra gli studenti della celebre universita' inglese di Oxford, fumare joints e ascoltare musica pop erano abitudini comuni fin dal 1963-cosi' come in quasi tutti i colleges statunitensi (R. Goldstein e S. Abrams in The Book of Grass). Intorno alla meta' degli anni sessanta, balza alle cronache giornalistiche la Nigeria, paese dove l'uso psicotropo della cannabis era ampiamente diffuso, per l'emanazione di un decreto atto ad impedirne coltivazione ed uso, con pene fino 20 anni di carcere per qualunque quantita' posseduta. Altro caso tipico in cui il probizionismo venne usato dalla minoranza al potere (i militari in questo caso) per eliminare ogni traccia di dissenso. A farne le spese furono anche un turista inglese e un residente americano, condannati nel maggio 1966 a 15 anni di carcere per aver coltivato e fumato cannabis. Nello stesso periodo gli apparati antidroga USA iniziarono ad occuparsi direttamente della situazione in Asia e nel 1968 l'UNESCO emano' risoluzioni di condanna e repressione d'ogni uso della pianta, seguita l'anno seguente da raccomandazioni simili del World Health Organization. Sul fronte opposto, nel 1968 in Gran Bretagna apparve il Wotton Report, che confermo' le conclusioni della Indian Hemp Commission e del La Guardia Report sulla non dannosita' dell'uso di cannabis. Nell'ottobre dello stesso anno partiva negli USA il primo periodico nazionale, Marijuana Review, che lascera' poi il posto ad High Times, rivista che conta attualmente oltre 4 milioni di lettori nel mondo. Nel 1969 le autorita' statunitensi sequestrano 28 tonnellate di marijuana, e negli anni successivi si scrisse parecchio sulla stampa internazionale di ingenti quantitativi provenienti da Messico e Caraibi Centro Studi Piccola Comunità - 14 - bloccatti alla frontiera-grazie anche all'aiuto dei primi pastori tedeschi da fiuto in pattugliamento negli aereoporti. Scienza e politica non vanno d'accordo In anni piu' recenti, dopo la breve esistenza del primo gruppo antiproibizionista organizzato, LeMar (Legalize Marijuana), nel 1969 il Dr. Michael Aldrich fonda a San Francisco AMORPHIA (The Cannabis Coop) e subito dopo la Fitz Ludlow Memorial Library, prima ed unica biblioteca dedicata esclusivamente a testi e pubblicazioni sulla cannabis Le migliaia di pubblicazioni e cimeli raccolti finora, ben custoditi a San Francisco, sono oggetto di trattative d'acquisto; le condizioni poste da Aldrich sono pero' che il patrimonio rimanga indiviso e possa essere disponibile al pubblico per consultazione. Nel 1970 viene fondata a Washington la NORML (National Organization for the Reform of Marijuana Law), che presto diverra' la maggiore organizzazione pro-legalizzazione operante negli Usa, con uffici autonomi in molte citta', tuttora molto attivi. I rapporti delle Commissioni Governative di Canada (1970) e Olanda (1972) evidenziano gli aspetti negativi della criminalizzazione dei consumatori e suggeriscono varie forme di depenalizzazione. Negli Stati Uniti, la Commissione Shafer pubblica nel 1972 il suo rapporto: sono almeno 24 milioni gli americani ad aver sperimentato la sostanza, con 8,3 milioni di consumatori abituali e un uso diffuso anche tra gli ultra cinquantenni. Nonostante fosse stata insediata dal Presidente Nixon con scopi del tutto opposti, il documento finale proposto dalla commissione e' costretto ad ammettere che "...l'uso sperimentale o saltuario di questa droga determina rischi minimi per la salute pubblica" e ne raccomanda quindi la decriminalizzazione per uso personale. L'anno seguente l'Oregon e' il primo Stato a recepire tale messaggio, approvando una legge ad hoc, seguito due anni dopo da Alaska e Indiana (tali procedure, tuttavia, non hanno grossi effetti pratici, in quanto le leggi federali non ne vengono minimamente intaccate). Torna l'interesse per gli usi medici, ora che la cannabis si e' dimostrata efficace anche per malati di cancro e AIDS, eliminando gli effetti secondari di chemioterapia e AZT, (nausea, vomito, inappetenza, depressione, dolori vari). Nel 1971 Lester Grinspoon, professore di psichiatria ad Harvard, pubblica Marihuana Reconsidered, un'opera essenziale che informa correttamente sugli effetti psicologici, fisiologici e sociali dell'uso, sottolineneando le dannose implicazioni del regime proibizionista. Due anni dopo appare Marijuana: Medical Papers 1839-1972: Tod Mikuriya, psichiatra a Berkeley, ripropone le ricerche di O'Shaughnessy, collegandole a esperienze professionali di numerosi medici, rapporti ufficiali dimenticati e studi farmacologici recenti. In Italia, nel 1973 Stampa Alternativa e il Partito Radicale organizzano il congresso internazionale Liberta' e Droga, con la partecipazione di Adriano Traversi, vicepresidente UNESCO, Daniel Bovet, Premio Nobel per la Medicina e Giancarlo Arnao, medico e ricercatore, che curera' di li' a poco la pubblicazione di Droghe e Marijuana, prima opera italiana che fornisce le informazioni necessarie all'avvio di un civile e aperto dibattito. Dopo alcune clamorose azioni di disobbedienza civile messe in atto da Marco Pannella e altri esponenti del Partito Radicale, nel dicembre del '75 il Parlamento italiano approva la prima regolamentazione specifica in materia di stupefacenti, la legge n.685-con l'ambiguo compromesso della "modica quantita'". L'Olanda invece inizia ad applicare pragmaticamente le conclusioni della Centro Studi Piccola Comunità - 15 - Commissione Governativa del '72, e ad Amsterdam e' possibile acquistare e consumare legalmente piccoli quantitativi di cannabis e/o hashish per uso personale. Ma negli States le "droghe" restano questione etica e morale, ancor prima che politica: zero tolerance e' il modo piu' semplice per ottenere poltrone prestigiose. Anche il Messico si adegua e inizia a spargere vaste coltivazioni di cannabis con un micidiale pesticida, il paraquat. Sul fronte dei sequestri, nell'anno fiscale1976 alla dogana USA vengono bloccati 2.392 kg. di cannabis, 1.114 grammi di olio d'hashish e 1.925 kg. di hashish. Nel novembre dello stesso anno Robert Randall, sofferente di glaucoma e condannato a sicura cecita', ottiene dal Governo Federale l'unica cura possibile: sigarette di marijuana. Inizia cosi' quel programma-pilota per lo studio dell'uso terapeutico di cannabis che garantira' questa medicina ad altre 12 persone (ridottesi ora a nove) affette da cancro, glaucoma e AIDS negli Usa. Sara' soprattutto l'Alliance for Cannabis Therapeutics (ACT), fondata dallo stesso Randall qualche anno dopo a Washington, a diffondere informazioni ed organizzare iniziative sull'uso medico della pianta. Il 2 agosto 1977 il Presidente Carter in un discorso al Congresso afferma che "...le pene per possesso di sostanze illegali non dovrebbero produrre maggior danno agli individui di quanto possa produrne l'uso della sostanza stessa. Per questo io sostengo la proposta di eliminare le leggi punitive per possesso personale di marijuana per quantita' inferiori ad un'oncia (453 grammi)" (in J. Herer, The Emperor Wears No Clothes). Tuttavia il segnale resta lettera morta, sia per l'intransingenza del Congresso di fronte al 'crimine' che per un successivo coinvolgimento di un collaboratore presidenziale in un affare di cocaina. L'anno seguente, il business illegale della cannabis rende talmente bene da raggiungere il terzo posto nella classifica dei guadagni americani, superato solo da General Motors e Exxon, precedendo Mobil Oil, Texaco e IBM. Nel 1979 il consiglio comunale di Berkeley, California, approva una risoluzione che dichiara la prosecuzione di reati connessi alla cannabis "ultima priorita' della polizia." Un velato clima di tolleranza sembra diffondersi, ma ci pensera' l'era Reagan-Bush a bloccare tutto. Scenari di fine secolo Gli anni ottanta partono con l'annuncio della War on Drugs ed una una diffusa isteria diretta, ancora una volta, verso i consumatori di cannabis: arresti indiscriminati, numerosi sequestri di proprieta', test dell'urina generalizzati. Nel 1986 si era messa in moto anche la macchina propagandistica di Partnership for a Drug Free America, che ottiene gratis intere pagine sui maggiori quotidiani nazionali e ampi spazi radiotelevisivi per presentare spot e annunci terroristici (oltre che chiaramente falsi) contro l'uso di droghe illegali, puntando molto sull'immagine negativa del "joint assassino". Dietro il gruppo ci sono le multinazionali del tabacco e dell'alcool, in collaborazione con le maggiori compagnie pubblicitarie e le agenzie anti-droga governative-un giro di diversi milioni di miliardi di dollari. Solo alla fine degli anni '80 il movimento pro-legalizzazione trova nuove energie. La NORML, che ha nel frattempo perso gran parte del sostegno giovanile, viene affiancata dal gruppo di Cannabis Action Network (CAN): ripartono i tavoli d'informazione nei colleges e nelle universita', ai concerti e lungo le manifestazioni, si prepara l'Hemp Tour autunnale che tocca praticamente tutti gli Stati coinvolgendo migliaia di persone, soprattutto giovani e giovanissimi. All'alba degli anni novanta la questione-cannabis Centro Studi Piccola Comunità - 16 - (o hemp o marijuana) riconquista l'attenzione dei media e le copertine dei settimanali piu' prestigiosi. Non dimentichiamo che negli Usa sono 30 milioni le persone che hanno fumato l'erba almeno una volta e il suo uso ricreazionale spesso e' piu' tollerato di alcol e tabacco. L'Hemp movement afferma addirittura che "l'erba puo' salvare il pianeta," presentando i dati di ricerche che dimostrano come la cannabis possa essere usata con profitto economico e rispetto per l'ambiente nei piu' disparati settori industriali. Si va dalla rinnovata produzione di resistenti fibre per tessuti, vestiti e cordame all'uso energetico come biomassa che bruciando produce ossigeno; dagli impieghi come combustibile in sostituzione dei derivati del petrolio ai diversi usi dei semi, nel menu' quotidiano per l'alto valore proteico e in forma d'olio nella composizione di vernici, sapone e lacche. Ci si organizza facendo ampio uso degli spazi di legalita' previsti dalle leggi federale (la liberta' d'espressione sancita dal Primo Emendamento alla Costituzione) e le informazioni girano, il know-how si diffonde, cresce la consapevolezza di lottare per la difesa di un diritto civile. L'industria cartaria mondiale, alla ricerca di materie prime piu' redditizie e meno inquinanti, si rivolge con rinnovato interesse verso la cannabis. In Cina, Cuba, Messico, Pakistan e Tailandia si produce gia' carta composta da riso ed hemp, mentre il Governo australiano sta valutando la possibilita' di coltivare campi di cannabis al medesimo scopo, come riporta High Times nel numero del luglio '93. Notare che, nell'estate del 1978, nella piana di Caivano (Napoli) era ancora possibile trovare qualche traccia della vasta estensione di campi coltivati a canapa fin dalla meta' degli anni sessanta-una delle coltivazioni locali piu' redditizie (C. Ciapanna in Marijuana e altre storie). Lo stesso accadeva in Ungheria e sulle coste adriatiche della Jugoslavia, anche se attualmente la Cina continua ad essere il maggior Paese esportatore di semi sterilizzati e manufatti di canapa nel mondo. A questo proposito, merita una segnalazione l'Hemp Institute di Le Mans (Francia), un laboratorio di ricerca che studia qualita' di cannabis provenienti da ogni parte del mondo. Le piante sono processate in fibre e acquistate dalla sussidaria francese della Kimberly Clark Corporation, produttori di cartine per sigarette. I semi ottenuti (circa 20 tonnellate annue) vengono poi distribuiti in Europa dall'Hemp Museum di Amsterdam. Recentemente anche la Gran Bretagna ha tolto il divieto di coltivazione della canapa per usi industriali e simili programmi stanno per partire in Spagna ed altri Paesei europei (High Times, maggio 1991 e giugno 1993). La conferma di tali esperimenti la troviamo sul quotidiano britannico The Independent del 12 luglio dello scorso anno. In un'articolo intolato "Grandi speranze per il primo raccolto legale di cannabis" si spiega come Hemcore, un consorzio di 20 contadini dell'Essex, abbia iniziato a coltivare legalmente la cannabis su circa 750 ettari di terreno, riprendendo un'antica e diffusa tradizione degli abitanti locali d'inizio secolo. Le piante, contenenti un tasso molto basso di THC, verranno poi processate per ottenere carta per stampa e cartine per sigarette. E il mensile inglese The Ecologist prevede presto di stampare il giornale interamente su hemp paper, dopo alcune riuscite prove in tal senso (vedi il supplemento di marzo/aprile 92). Gli aggiornamneti della primavera 1994 ci dicono che a fine marzo il governo federale canadese approva una legge che permette la coltivazione di hemp (a basso contenuto di THC) per scopi commerciali, mentre Centro Studi Piccola Comunità - 17 - partono l'International Hemp Association ad Amsterdam e l'Institute for Hemp in Minnesota (Stati Uniti). Restando negli Usa, in California, Washington, Colorado, Michigan, Oregon viene raggiunta la quota di firme necessarie alla presentazione di una serie di misure che legalizzano l'uso industriale, medico e personale della cannabis-da sottoporre al voto popolare nel ballottaggio di meta' novembre. Nell'ambiente musicale, da sempre motore dell'intero movimento pro-cannabis, vanno molto gruppi hip-hop, reggae, rap (Cypress Hill, Brand Nubian, Gang Starr) e vendono bene CD dal titolo Marihuana Greatest Hits Revisited. Su videocassetta vengono riproposti in chiave ironica i classici del terrore-marijuana degli anni trenta, ma anche Hemp for Victory e The Sexual Secret of Cannabis Sativa. Il business tira e la mitica foglia a sette punte conquista il mondo della moda: T-shirt, berretti, ciondoli, fazzoletti e quant'altro sono un business molto redditizio, soprattutto negli States. Vanno anche diffondendosi ovunque cooperative, negozi e cataloghi postali che vendono esclusivamente i prodotti della lavorazione della cannabis, insieme all'ampia e necessaria letteratura informativa. Ma e' soprattutto il tema della cannabis terapeutica a tornare alla ribalta. Nel 1970 era stato emanato il Controlled Substance Act, che stabiliva cinque diverse tabelle per le sostanze psicoattive: la cannabis era stata inclusa nella Tabella I (sostanze senza alcun valore terapeutico) e le pene per uso, possesso e commercio erano state incrementate (fino a 15 anni e $5000 di multa). Nel tentativo di far trasferire la cannabis almeno nella Tabella II (sostanze prescrivibili dai medici) la NORML e altre organizzazioni avevano preparato una serie di azioni legali contro la Drug Enforcement Administration (DEA), istituita da Nixon al posto del BNDD nel 1973. Le battaglie procedurali rimandano continuamente la questione fino al 1986, quando numerose testimonianze di medici e pazienti, migliaia di documenti e due anni di sedute giudiziarie portano alla raccomandazione del giudice amministrativo Francis J. Young del 6 settembre 1988. Nel documento finale si legge che "...la cannabis-marijuana, nella sua forma naturale, e' una delle piu' benefiche sostanze conosciute dall'umanita'... e si puo' ragionevolmente raccomandarne l'uso sotto controllo medico". Ma la DEA non se ne cura e nel marzo 1992 risponde con l'inaspettata chiusura del programma di cannabis terapeutica iniziato 15 anni prima. E tale decisione viene confermata dalla Corte Suprema nel febbraio di quest'anno, rigettando l'ennesimo ricorso presentato dalla Drug Policy Foundation, organizzazione fondata a Washington nel 1986. Nonostante cio' sono sempre piu' numerosi i casi di persone affette da glaucoma, cancro, AIDS, epilessia, sclerosi e altre malattie che possono curarsi solo usando cannabis-spesso finendo in carcere. Ed anche i medici di altri Paesi iniziano ad uscire allo scoperto, come conferma un rapporto del British Medical Journal d'inizio '94: circa il 70% dei dottori intervistati dichiara che la cannabis dovrebbe essere prescrivibile per quei casi non risolvibili dalle comuni medicine. Intanto, la versione sintetica del THC viene realizzata in laboratorio e commercializzata dalla Unimed Inc. con il nome di Marinol fin dal 1985. Ma oltre ad essersi dimostrato poco efficace (il THC e' solo uno degli oltre 460 differenti composti chimici della cannabis, 60 dei quali non esistono altrove in natura), il Marinol e' molto costoso, $ 5 la pillola. Lester Grinspoon e James Bakalar, a conclusione del loro lavoro piu' recente e forse piu' brillante, Marihuana, Centro Studi Piccola Comunità - 18 - the Forbidden Medicine (primavera '93), espongono con rinnovato rigore scientifico le comprovate qualita' terapeutiche della pianta, riportando fedelmente le esperienze di diversi pazienti americani. Di nuovo, e con chiarezza, si propone l'unica soluzione possibile: legalizzare. Sta di fatto che un sondaggio condotto ad Harvard nel 1991 ha rivelato che il 48% degli oltre mille oncologici interpellati prescriverebbero la cannabis ai propri pazienti, e il 44% ne ha raccomandato almeno una volta l'uso, pur se illegale. Attualmente in 36 Stati Usa [su 55] i medici possono legalmente prescrivere marijuana per casi particolari, e nel novembre 1991 a San Francisco una risoluzione popolare per rendere la cannabis disponibile nel ricettario medico e' passata con quasi l'80% di voti favorevoli. Lo stesso va accadendo in numerose citta' e contee (San Diego, Marin County, Denver), mentre aumenta la sensibilizzazione popolare, grazie al supporto della stampa che riporta con sempre maggior frequenza i casi dei numerosi pazienti affetti da AIDS che trovano unico sollievo nella cannabis, in particolare per ritrovare l'appetito. Numerosi sono gli editoriali favorevoli, da giornali locali tipo il San Diego Union o l'Oakland Tribune fino ai piu' qualificati USA Today e Time. Il movimento si organizza, ed a San Francisco viene fondato l'International Medical Marijuana Association, centro di coordinamento per l'intera questione. Il tam-tam va diffondendosi anche grazie ai nuovi sistemi di comunicazione telematica. Si attivano diversi siti Internet che ospitano dati, notizie, comunicazioni varie (in Usenet c'e' molto movimento nei newsgroups alt.hemp e alt.drugs) e nascono i primi Bulletin Board Systems dedicati esclusivamente alla cannabis (la H.E.M.P. BBS nell'area di Chicago e' online dal gennaio '94). Voci fondate parlano addirittura di una prossima riapertura del programma terapeutico da parte dell'amministrazione Clinton. Sara' questo l'inizio della fine dellaWar on Drugs?-si chiede il Village Voice in un articolo del 13 luglio 1993. La ottimistica conclusione merita d'essere riportata: "..se il Governo decidera' di porre delle regole, la cannabis non sara' considerata moralmente piu' 'sbagliata' di altre medicine: chi sta male potra' avere una nuova fonte di sollievo..... I 20 milioni di americani che fumano erba non saranno piu' 'il nemico'. E senza nemici non c'e' guerra." Tuttavia, negli ambienti politico-legislativi nessun mutamento concreto si e' visto fino ad oggi: soltanto parole. Nessun effetto hanno infatti ottenuto alcune interessanti dichiarazioni pubbliche di questo primo scorcio del 1994; prima Joycelyn Elders, Surgeon General, ha ripetutamente sostenuto la necessita' di un approccio non-punitivo sul tema-droga, e successivamente Philip Lee, sottosegretario per la Salute Pubblica, ha annunciato il prossimo inizio di una ricerca federale sugli usi terapeutici della cannabis. Qualche timido segnale di cambiamento del clima politico sembra comunque provenire dal "nuovo corso" dell'amministrazione Clinton. Il budget anti-droga 1995 prevede un 41% (pari a 5,4 miliardi di dollari) per programmi di trattamento, prevenzione ed educazione contro il 59% (7,8 miliardi) destinato all'apparato repressivo, modificando le scelte delle amministrazioni precedenti che garantivano un 70% dei fondi per le operazioni di polizia. Anche se nel piano non esiste alcun riferimento specifico alla questione della cannabis, organizzazioni ed attivisti continuano a far pressione sull'amministrazione Clinton affinche' prenda quanto prima una posizione chiara. Questa la situazione attualmente negli States. Spostandoci in Europa, segnaliamo che Centro Studi Piccola Comunità - 19 - in Italia, dove i consumatori abituali di cannabis e derivati pare siano oltre due milioni e mezzo, il movimento antiproibizionista guidato dal CORA (Coordinamento Radicale Antiproibizionista) ottiene un'importante vittoria: il referendum per l'abrogazione delle parti piu' repressive della legge 162 (che nell'estate del '90 aveva sostituito la 685) raggiunge il 55% di si, aprendo nuove prospettive per l'intera Europa. Segnali di tolleranza arrivano anche da Spagna e Germania, mentre a Parigi opera da un paio d'anni il Centro d'informazione e ricerca sulla cannabis (CIRC) che organizza il 18 giugno 1993 la Prima Giornata Internazionale d'Informazione sulla Cannabis-ottenendo molta attenzione sui media, tra i politici e nell'opinione pubblica. Diamo infine un'occhiata allo stato della ricerca scientifica-punto centrale dell'intera questione. Negli ultimi anni sono stati registrati importanti passi avanti. Nel 1988 e' stata isolata la proteina specifica che reagisce al THC nelle cellule nervose dei topi e nell'estate del 1993 un gruppo di ricercatori israeliani e' riuscito ad identificare ed isolare il medesimo recettore nel cervello umano. In pratica si e' scoperto che il corpo umano e' in grado di produrre da solo una sostanza-denominata Anandamide, dal sanscrito Ananda, beatitudine-che e' l'equivalente del tetraidrocannabinolo, il principio attivo della cannabis. Le implicazioni di tale scoperta sono vaste e inimmaginabili, soprattutto dal punto di vista terapeutico. Infatti, come afferma Roger Pertwee, farmacologo dell'Universita' di Aberdeen che collabora alle ricerche ".....ora non abbiamo piu' a che fare con la farmacologia di una sostanza ricreazionale. Stiamo trattando con la fisiologia di un sistema del tutto nuovo che opera nel cervello umano. E questo e' un campo enormemente vasto." Non ci resta che concludere con la speranza che il prossimo millennio possa produrre un concreto ripensamento dell'attuale politica proibizionista sulla cannabis. Una pianta millenaria che ha intimamente intrecciato la propria storia con quella delle societa' umane di ogni epoca e luogo. Bibliografia ragionata E. Abel, Marihuana: the First Twelve Thousand Years, Plenum Press, 1980 E. Abel, A Marihuana Dictionary, Greenwood Press,1982 Andrews/Vinkenoog, The Book of Grass, Grove Press, 1967 G. Arnao, Erba Proibita, Feltrinelli, 1978 C. Ciapanna, Marijuana e Altre Storie, Ciapanna Editore, 1979 R. Clarke, Marihuana Botany, And/Or Press, 1981 J. Frazier, The Great American Hemp Industry, Solar Age Press, 1991 L. Grinspoon, Marihuana Reconsidered, Harvard University Press, 1971/1994 L. Grinspoon/J. Bakalar, Marihuana the Forbidden Medicine, Yale University Press, 1993 J. Herer, The Emperor Wears No Clothes, HEMP Publishing, 1985/1994 Herer/Brockers/Katalyse, Hanf, Zweitausendeins, 1993 J. Kaplan, Marihuana: the New Prohibition, World Publishing Company, 1970 Marihuana Datebook 1980, And/Or Press, 1979 T. Mikuriya, Marihuana: Medical Papers 1839-1972, MediComp Press, 1973 V. Rubin, Cannabis and Culture, Mouton & Co., 1975 D. Salomon, The Marihuana Papers, Panther Books, 1969 Centro Studi Piccola Comunità - 20 - Botanica, farmacologia, effetti Secondo la tassonomia ufficiale moderna, la cannabis va inclusa nella famiglia delle Cannabaceae, insieme al luppolo, dopo essere stata inserita dapprima tra le Moracee e successivamente tra le Urticacee. Riguardo la specie, la maggior parte dei botanici oggi segue la classificazione risalente al 1924 ad opera di D. E. Janichewsky, diffusa in occidente da Richard Schultes negli anni settanta. Studiando le piante selvatiche che crescono nell'Asia centrale, il botanico sovietico classifico' tre diverse specie: C. sativa, la piu' diffusa, arriva anche a tre metri d'altezza, molto resinosa e dalla forma piramidale; C. indica, piu' piccola e con molte foglie; C. ruderalis, al massimo mezzo metro d'altezza e senza rami. Viene cosi' confermata la tesi di Linneo che gia' nel 1753 parlo' esclusivamente di C. Sativa, secondo gli studi condotti sulle piante che crescevano nell'Europa settentrionale. Esiste pero' una classificazione alternativa, pur se in netta minoranza, proposta da Small e Cronquist nel 1976. I due studiosi canadesi affermano che esiste una sola specie molto variabile, C. sativa, con due sottospecie, sativa e indica: la prima si trova nei paesi settentrionali ed e' usata per fibra e olio, la seconda invece cresce paesi caldi del sud ed e' ricca di resina e proprieta' intossicanti. Entrambe le sottospecie avrebbero poi varianti selvatiche e domestiche, secondo il luogo di coltivazione. La cannabis e' una pianta dioica, ovvero esistono separatamente il maschio (produce il polline) e la femmina (fecondata, produce fiori e semi). Solo in ambienti particolarmente ostili possiamo trovare infiorescenze maschili e femminili sulla stessa pianta. Le inconfondibili foglie a sette punte partono tutte dallo stesso stelo, in numero variabile e sono sottili, verde intenso, dai bordi seghettati, con evidenti nervature e sottile peluria. Lo stelo diventa molto resistente man mano che la pianta si avvia a maturazione, e puo' tranquillamente superare i cinque metri di altezza. L'apparato radicale, invece, rivela un fittone di 30-40 centimentri da cui si diramano sottili ramificazioni. Pianta annuale, la cannabis ha un ciclo breve, con semi piantati all'inizio della primavera, fioritura a meta' estate e maturazione autunnale. I semi germogliano in meno di una settimana e l'impollinazione avviene generalmente con il vento, poiche' insetti come le api non sono attratti dai fiori della cannabis. Se coltivate per fibra, generalmente le piante vengono tenute molto vicine tra loro, e in tal modo si allungano a dismisura, senza produrre rami, con un piccolo cespuglio in cima. In questi casi non si procede neppure alla divisione tra maschi e femmine, cosa invece essenziale per coltivazioni a scopo medico e/o intossicante. Sono i fiori della femmina a produrre la maggiore quantita' della sostanza resinosa contenente il principio attivo, il delta-9-tetraidrocannabinolo, meglio noto con la sigla THC. Le infiorescenze spuntano all'estremita' dei rami, e cosi' raccolte proteggono lo sviluppo dei semi, ovali e coriacei. Pur se le ricerche non sono ancora definitive, pare che la pianta produca tale sudorazione come difesa dall'eccessivo calore, in modo da trattenere l'umidita' necessaria alla maturazione dei semi: Centro Studi Piccola Comunità - 21 - Quando il processo riproduttivo e' concluso, la resina non viene piu' prodotta. Sono oltre 460 i componenti chimici della pianta, e piu' di 60 rivelano la struttura tipica dei cannabinoidi. Tra questi, il delta-9-THC, presente intorno all'1-5% del peso totale, e' l'unico finora scoperto ad avere notevoli proprieta' psicoattive. Tale percentuale si riduce a meno dello 0.5 % nelle piante coltivate per fibra, che invece sono ricche di cannabinolo. Le piante che producono maggior sostanza resinosa (regolata dai fattori genetici) sono quelle che crescono nelle regioni dal clima caldo-umido, Messico, India, Medio Oriente, California-e in genere semi di unica provenienza producono piante molto diverse tra loro, se crescono in differenti luoghi geografici. Nel nord Europa, ad esempio, la produzione di resina e' minima, mentre in diverse zone dell'Italia meridionale si ottengono risultati simili a quelli delle coltivazioni africane. Questo conferma la notevole adattabilita' della marijuana e ne spiega la costante presenza al fianco dell'Homo Sapiens nel suo vagabondare sul pianeta. Estremamente forte e resistente, la cannabis riesce a svilupparsi e riprodursi allo stato selvatico praticamente ovunque, pur se preferisce terreni sciolti e sabbiosi, ricchi di azoto e potassio. Non richiede particolari attenzioni, salvo discrete innaffiature in fase germinativa. Le tecniche di coltivazione differiscono molto tra loro a seconda delle zone e della destinazione finale. Negli ultimi decenni poi sono stati sviluppati sistemi piuttosto sofisticati e anche incroci genetici, in particolare negli Usa, per aumentare la concentrazione di THC e quindi gli effetti psicotropi. In genere, una sigaretta media contiene circa 500 mg. di marijuana e da 5 a 20 mg. di THC, di cui solo il 50% raggiunge i polmoni. Gli effetti della cannabis sugli esseri umani sono stati riscontrati per dosi minime di 25 mcg. [un mcg. corrisponde a 1/1000 di un grammo] per 1 kg. di peso corporeo. Intense allucinazioni sono state riportate per dosi intorno ai 250 mcg. per kg. Nessuna morte dovuta ad overdose e' stata finora riscontrata. Una ricerca eseguita nel 1980 presso l'Universita' di Los Angeles ha dimostrato che gli effetti acuti e prolungati nel tempo possono anche provocare lievi modificazioni delle funzioni mentali dei soggetti. Gli effetti farmacologici negativi sulla salute documentati finora sono anche quelli relativi alle vie respiratorie, dovuti alla nicotina prodotta dalla combustione. Come ha confermato un recente studio condotto a San Francisco(Western Journal of Medicine, 9 giugno 1993): chi fuma regolarmente cannabis rischia malattie alle vie respiratorie per il 19% in piu' di chi non fuma. La ricerca ha anche trovato che tali consumatori rischiano il 30% in piu' di incidenti vari, riferendosi particolarmente agli incidenti automobilistici causati da chi guida sotto l'effetto della marijuana. In questo senso, comunque, non sono state riscontrate differenze significative rispetto agli incidenti provocati da chi guida in stato di ubriachezza. Infine, nessuna dipendenza e/o assuefazione fisica e' stata mai accertata, pur se in puo' insorgere una dipendenza psicologica. L'osservazione empirica ha comunque confermato che le motivazioni, l'ambiente e le circostanze in cui si assume la sostanza rivestono un'importanza fondamentale per l'intera esperienza-come pure nel caso delle sostanze psichedeliche.D'altra parte le virtu' terapeutiche della cannabis sono note fin dai tempi piu' antichi, almeno alcune migliaia di anni prima di Cristo. Centro Studi Piccola Comunità - 22 - La pianta veniva impiegata in moltissime preparazioni e nei casi piu' disparati. La letteratura scientifica moderna ne documenta le applicazioni fin dal 1837 e negli ultimi 50 anni la cannabis e' stata usata con successo contro nausea, spasmi muscolari, sclerosi multipla, glaucoma, emicrania, vomito, dolori vari e in anni recenti per casi di AIDS e cancro. Infine, la recente scoperta del recettore del THC nel cervello umano apre un campo di ricerca illimitato per le sue possibili applicazioni terapeutiche. Centro Studi Piccola Comunità - 23 - La marijuna: consumo paramusicale e sogno I devoti sono realmente alienati dalla società americana. La caratteristica che li definisce è il loro rifiuto totale dei valori predominanti di questo paese, che criticano da una prospettiva culturale e umanistica. La società americana è meschina, avara e dedita al commercio; essa "disumanizza" gli individui; l'importanza attribuita al successo, al materialismo, all'accumulo della ricchezza mina alla base i più essenziali valori spirituali. Raramente questi studenti si interessano per lunghi periodi di tempo alle cause politiche e sociali che agitano la maggioranza dei loro compagni attivisti. Per loro il problema fondamentale della società non è tanto politico quanto estetico. Rifiutando i valori della borghesia, i "devoti" ripudiano al contempo quei valori e regole convenzionali che giudicano illecita la sperimentazione con le droghe. Per costoro l'obiettivo è trovare una via d'uscita dall' "incubo da aria condizionata" della società americana. Ciò che conta è la realtà interiore, e le droghe svolgono un ruolo basilare nell'esplorarne i recessi. (K. Keniston, 1969) Adesso come adesso mi trovo a pensare che, al di là del possibile e peraltro lodevole interesse nei confronti di culture exotiche, lontane ed affascinanti per noi che, da un angolo qualunque del mondo qual'è il nostro - in ogni caso oggetto di attenzioni "exotiche" da parte di altri abitanti del pianeta cerchiamo sempre, più per disperazione che per altro, presumo, la completezza dell'informazione riguardante i nostri trastulli preferiti, ricercare valide motivazioni e giustificazioni all'uso della marijuana da parte nostra appellandoci alle funzioni di strumento cerimoniale, medicina popolare, tonico per l'affaticamento, panacea di tutti i mali, sia un metodo simpatico e fantasioso - "sognante" in maniera esplicitamente e volutamente ebete - per mascherarsi, non ammettere esplicitamente la goduria che si prova nel sentirsi intimamente drogato, dipendente, FUORI, insomma, soprattutto con il connesso sfruttamento di reali possibilità psicofisiche ampliate. Tuttavia i motivi che spingono l'individuo ad assumere le prerogative di un consumatore di cannabis sono straordinariamente complessi. Trovo fighissima una ricerca di tale M.H. Keeler, citata da Lester Grinspoon (sul lavoro prezioso del quale si fonda integralmente questo scritto), che mette in parallelo effetti sui e desideri di alcuni consumatori di razza bianca in grado di valutare gli effetti, combinati e non, di alcool e marijuana. Non me ne vorranno gli amici e compari del glorioso e rispettato "Alcohol Contingent" di Palermo, che peraltro sono a conoscenza della mia imparzialità ed obiettività rispetto alla materia trattata, ma non posso non gongolare osservandolo: l'ottantacinque per cento degli intervistati confessa di aver avvertito, usando la cannabis, un benessere maggiore rispetto a quello che l'alcool è in grado di procurare. Essi ritengono che la marijuana sia superiore all'alcool per diversi motivi: è meno costosa (motivo che invece per noi è del tutto inesistente, non per opulenza ma per Centro Studi Piccola Comunità - 24 - motivi di circostanza economica); l'ebbrezza causata dalla cannabis è sicuramente "diversa" da quella alcoolica ma qualemente "superiore". Inoltre, per i nostri giovanotti, l'azione dell'erba è più rapida e, anche se gli effetti svaniscono più velocemente (fattore che non sono pronto come loro ad inserire comunque tra i pregi), non si hanno postumi spiacevoli. In effetti, per aggiungere una considerazione estemporanea e personale, per parte mia credo di non essere il solo ad aver perso la possibilità di gustare appieno un bel concerto a causa di una pessima sbronza - questo è quel genere di iniziative da prendere al massimo a fine serata, in occasioni del genere, quando sono appunto altri i provvedimenti da prendere per godersi al meglio lo spettacolo e per sentirsi abbastanza distanti dal resto della gente, in solidale comunione con i tuoi partners e con chi suona. Di una mia ideuzza sulla musica rock and ROLL parlerò comunque più avanti. Adesso torniamo alla nostra inchiesta. Opportunamente interrogati sui motivi che li spingono a continuare a fumare, i soggetti hanno risposto in maniera svariata: diversi affermano di usarla per esaltare le percezioni (due sottolineano che la marijuana stimola in loro la fluidità delle associazioni mentali), altri dichiarano che la sostanza li aiuta a prender coscienza dei propri problemi psicologici, o che abbia la capacità di fornire sfondo e coordinate per diverse esperienze mistiche (di contro, quattro intervistati dichiarano di aver smesso dopo avere abbracciato gli insegnamenti di Meher Baba, un leader religioso orientale), mentre taluni sono interessati solo ai suoi effetti "allucinogeni" - inoltre, per rassicurare il nostro fumatore medio rispetto alle sue paranoie medie, sempre che sia possibile farlo, solo uno, un solo poveraccio ha ritenuto opportuno interrompere il consumo di marijuana per via dei rischi legali che vi sono implicati. Diverse le motivazioni dei consumatori, diverse le maniere di inquadrare e catalogare i fumatori; in particolare, E. R. Bloomquist e Grinspoon divergono su questo punto. Bloomquist fà ampi cenni ad una sua divisione in "caste" una superiore ed una inferiore, con arbitrari paragoni gerarchici con le presunte capacità culturali ed intellettuali dell'individuo - "ciascuna di esse [le caste] è caratterizzata dalla maniera in cui ci si avvicina alla sostanza. Il consumatore della casta inferiore è completamente noncurante dei benefici procurati dalle riflessioni filosofiche ed introspettive che tanto affascinano il fruitore intellettuale. Costui è semplicemente interessato a 'viaggiare' [...] senza richiedere altro. [...] Fino a poco tempo fa [...] la maggior parte dei consumatori di cannabis apparteneva alla casta inferiore...". L'ingresso nel meraviglioso mondo della droga da parte di folle di studenti cambiò, secondo Bloomquist, le carte in tavola: "la casta superiore, divenuta ormai il gruppo più esteso e tuttora in crescita, è composta di intellettuali - studenti, professionisti, artisti, attori, musicisti, professori che sperimentano la droga per 'aver cura di' ed esplorare se stessi e l'universo. [...] Ciò non vuol dire che il consumatore della casta superiore non ami 'viaggiare'. Al contrario. Non di rado questo è il Centro Studi Piccola Comunità - 25 - suo obiettivo principale [...]. Tuttavia, mentre questi viaggia e al contempo ha cura dell'esperienza, il fumatore dell'altra casta raramente scorge qualche beneficio nel fatto di averne cura. Costui considera la cannabis un mezzo ricreativo, da impiegare senza le complicazioni di alcun sottinteso intellettuale" (Bloomquist, Marijuana, cit. in Grinspoon). Un paio di osservazioni tuttavia mi sembrano sufficienti a ricacciare autori come Bloomquist nella loro fossa puritana... prima cosa principale, questi assurdi fumatori della casta superiore appaiono come dei superuomini o superfumatori, che dovrebbero apparirci come gli individui di livello intellettuale più alto ma che sarebbero considerati alla stregua di supercoglioni. Se davvero questi supermembri fossero identificabili per il continuo uso esclusivamente a questo scopo, tutti intenti ad evitare i piacevoli effetti della cannabis per razionalizzare chissà quali cazzate inerenti al proprio io, come potremmo definirli altrimenti? Immagino tuttavia che Bloomquist faccia parte di una schiera di pseudosballati del genere, anche se non ho idea di chi sia nella vita di tutti i giorni, o che comunque provi un pò di benevolenza per questi suoi ideali fumatori, che giustificandosi con 'l'introspezione' fanno solo professione di disonestà. Le cose, per nostra e di Bloomquist fortuna, non dovrebbero stare così, come sottolinea bene Grinspoon: "Un altro modo, forse, di porre la questione è domandarsi se in realtà sia possibile avere una completa esperienza con la cannabis senza lasciarsi andare agli aspetti di semplice godimento e alle libere associazioni di idee, che possono senz'altro condurre a una genuina e vitale presa di coscienza personale, ma altresì a un mondo infantile, quando tutto ciò che stava innanzi era naturale, stimolante e semplicemente divertente".E aggiunge che per lui le caratteristiche essenziali dell'esperienza cannabinica sono "l'intensificazione del presente e l'accresciuta consapevolezza della realtà immediata", che secondo me è ciò che interessa tanto ai presunti incapaci quanto ai vari studenti, professionisti, artisti, attori, musicisti e simili di cui sopra. Diversi stili musicali, codificati senza alcun dubbio da gente avvezza all'uso di cannabis, sono una felice conferma di questo assunto, anche perchè per conto degli artisti valgono più le opere che le parole. Reggae, dub, hip-hop, i suoni della Mo'Wax, tutta roba che i bianchi hanno abbracciato completamente, sono musiche che sfruttano al massimo la lentezza, quasi a fermare il tempo, conducendo l'ascoltatore in meandri di slow motion e random play, e che riescono felicemente a stimolare una certa azione sui recettori attivati dalla marijuana, avvolgendoti in una sorta di ritmica consensuale, leggermente oscillante, concentrando la tua attenzione momento per momento su ciò che più ti interessa, intensificando la goduria provocata da ogni singola nota con la possibilità di vederla tornare looppata subito dopo o di sentirsi parte unica, immobile ed eterna dell'intera struttura compositva; ma c'è anche di più. Questa musica si offre all'ascoltatore bianco con un vasto immaginario allegato, dall'enorme cannone di Bob Marley sulla copertina di "Catch A Fire" alle competenti informazioni fornite dai Cypress Hill all'interno del loro secondo Centro Studi Piccola Comunità - 26 - album, "Black Sunday", ma sono proprio alcune canzoni reggae che hanno forgiato milioni di iniziandi della marijuana. "Legalize It" di Peter Tosh, "African Herbsman" e "Kaya" di Bob Marley sono di quelle canzoni che contribuiscono ancora oggi a rimpinguare le tasche assetate delle famiglie dei due defunti rasta, e che non cessano di esercitare il loro fascino exotico su vaste masse di ascoltatori: anzi, praticamente sulla totalità dei fumatori che ad un tempo siano anche appassionati di musica. Dopo aver elencato circa venticinque modi diversi per fumare, tirando in ballo pipe e ceeloom con svariati e complessi meccanismi, un giovane canadese in Internet concludeva che "in ogni caso, se stai ascoltando Bob Marley, il buon vecchio joint è ciò che fa per te". Molti tipacci si trovano bene a sognare con queste leggende a coccolarli, e per le strade del mondo i bulletti applicano adesivi di Bob o di Jim Morrison sui loro motorini, ma ad essere sinceri penso che, in relazione agli ascolti individuali, si possano incontrare anche delle sensibilità diverse. Ritengo che questo fascino exo non soddisfi appieno la totalità dei fumatori musicofili, i quali cercano anche, se sono abbastanza paranoici e sulla buona strada per essere dei devoti dell'erba, di specializzarsi appieno in un determinato aspetto culturale... ecco il salto dai gargi generici ai gruppi di sballo stradaioli, i freaks, i rappusi, i rasta, i rockers positivi alla fusione, che vogliono sapere, vogliono conoscere le informazioni e i codici di comportamento che faranno di loro dei soggetti 'inseriti in', e che in questo gioco di carnevale si rivolgono indifferentemente ai Kyuss, agli Ozric Tentacles come ai Fugs e a David Peel, passando magari per Beastie Boys, Sonic Youth e Cypress Hill (o per la fusione di queste ultime due bands, concretizzatasi in un pezzo, "I Love You Mary Jane", incluso nella colonna sonora di Judgement Night). Questa seconda fascia di ascoltatori, che di solito ripudia o non è mai passata dai miti di cui prima, sembra però ormai rimpinzarsi solo di rampolli altoborghesi in sovrappeso e di troiette che imboscano l'erba ai loro ragazzotti, che incerti iniziano la loro breve carriera di pushers, ma in ogni caso sviluppa una tale diffidenza reciproca e verso l'esterno che riesce a salvaguardare alcuni aspetti in ogni caso genuini della fusione di gruppo. Infine, quelle cerchie musicofile che non calcano più l'asfalto sono assai propense ad una scelta completa tra le diverse possibilità emozionali che la musica offre; non si tirano indietro neanche quando i loro idoli televisivi del martedinotte si scoprono contrari alla marijuana (ad es., Nino D'Angelo), continuando a cercare il giusto nei loro comportamenti. Apprezzano hardcore e grindcore, e colgono il messaggio malatamente asociale di Brutal Truth ed Exit 13, ritirandosi in angoli oscuri di questo mondo, munendosi dei comfort possibili e di abbondante materia prima, per commentare le disgrazie del mondo e quelle proprie, sognando l'exotico nei suoi risvolti più lussuriosi e autosoddisfacenti assieme a pochi fidati partners, piccola cellula sballata e (apparentemente) improduttiva. Non è difficile incontrare tra loro "devoti dell'erba", figura meravigliosa regalatami da Grinspoon: dalla loro tollerante asocialità ci sarebbe molto da apprendere, ma Centro Studi Piccola Comunità - 27 - il mistero con cui amano circondarsi molti riesce a contenere le bocche larghe di alcuni. Ragione per cui, nel nostro incerto vagare, non andremo oltre. Vorrei solo riportare le parole di B-Real e Muggs, rapper e dj dei Cypress Hill, che dimostranno quanto immediata, intensa e funzionale alla creatività sia la fusione da marijuana. Ma ci ritorneremo. "L'effetto dell'erba è diverso a seconda di chi la fuma. A me aiuta soprattutto a rilassarmi. Non la uso per altri scopi. Certo che se, mentre sono sballato, mi viene un'idea, non me la lascio scappare. Non c'è dubbio che, quando sono fatto, mi passano per il cervello certe ideuzze strane strane... Molte delle nostre idee, musicali o no, ci vengono quando siamo fumati. Del resto, siamo fumati per la maggior parte del tempo... è ovvio che la nostra musica risenta profondamente di questo nostro stato. La rende anche più libera, meno prevedibile". Centro Studi Piccola Comunità - 28 - Canapa nel cervello: storia di un rapporto con molte ombre di Billy R. Martin Professore di Farmacologia e Tossicologia del Medical College of Virginia, Richmond Virginia Consulente del NIDA National Institute of Drug Abuse per le droghe leggere FARMACOLOGIA NELL’UOMO Effetti sulla performance E’ noto che la mariijuana influenza le funzioni sensoriali, psicomotorie e cognitive:il fumo di marijuana, in certi individui, determina una compromissione dell’abilita’ con cui determinati compiti, soprattutto se difficili ed impegnativi, vengono svolti. Ad esempio, e’ stata osservata una ridotta capacita’ nella guida dell’automobile, che risulta essere poi all’origine di tanti incidenti stradali. Esistono dei fattori che complicano l’interpretazione dei danni indotti dalla marijuana, quali il contemporaneo abuso di altre sostanze, una certa variabilita’ tra individuo ed individuo, lo sviluppo di tolleranza a certi suoi effetti e le difficolta’ nella valutazione dei dati provenienti da una popolazione cosi’ eterogenea. Non e’ quindi facile valutare le conseguenze del fumo di marijuana in milioni di individui in termini di danno, ridotta produttivita’ e cosi’ via. E’ ormai chiaro che al trattamento cronico con alte dosi di tetraidrocannabinolo (THC) segue lo sviluppo di tolleranza: mentre e’ meno certo che questo fenomeno si manifesti dopo assunzione non continuata di marijuana. L’intossicazione da cannabis in un consumatore abituale puo’ essere riconosciuta solo se gli viene richiesto di svolgere un nuovo e difficile compito motorio. Al contrario, l’intossicazione viene percepita facilmente in individui che consumano marijuana saltuariamente. Riguardo al coabuso con altre sostanze, e’ stato dimostrato che la riduzione di capacita’ nella guida dell’automobile, dovuta all’assunzione di alcool, viene aggravata ulteriormente dalla marijuana. Apprendimento e memoria. Gli studi sugli effetti della marijuana a carico dei processi di apprendimento e memoria hanno sovente dato origine a risultati contradditori. Il THC sembra poter danneggiare soprattutto la memoria a breve termine; deficit nella memoria a lungo termine sono pero’ stati rilevati in adolescenti che facevano uso cronico di marijuana. E’ stato inoltre dimostrato che il THC altera la percezione del tempo, determinando una dilatazione del tempo trascorso. Disturbi psichiatrici. Centro Studi Piccola Comunità - 29 - Il rapporto tra consumo di marijuana e malattie psichiatriche e’ stato oggetto di numerosi studi per via dei frequenti e numerosi casi di soggetti con disturbi psichici che sono al tempo stesso consumatori di sostanze d’abuso. Nonostante sia stato proposto che la marijuana possa indurre diversi stati psicopatologici, la c osiddetta «psicosi da cannabis» non e’ stata ancora ben caratterizzata. E’ probabile invece che la marijuana possa amplificare disordini mentali gia’ esistenti. E’ stato proposto che l’abuso di marijuana in individui con problemi psichiatrici possa portare alla comparsa di schizofrenia ad esordio precoce. Fisiologia del sistema nervoso centrale. Una delle piu’ importanti scoperte degli ultimi anni e’ stata la determinazione degli effetti dei cannabinoidi sul flusso cerebrale sanguigno e sui parametri elettroencefalografici. E’ stato infatti osservato che la marijuana aumenta il flusso cerebrale sanguigno, soprattutto nella regione frontale e nell’emisfero destro. La marijuana induce inoltre un aumento del flusso ematico cerebrale in seguito all’aumentata perfusione capillare. Riproduzione. Anche gli studi sinora condotti sugli effetti della marijuana e dei cannabinoidi a carico del sistema riproduttivo, sia negli animali da laboratorio che nell’uomo, hanno dato risultati contrastanti. E’ stato comunque riportato che il THC produce effetti negativi sulla gametogenesi, sull’embriogenesi e lo sviluppo post-natale. E’ stato descritto inoltre come la marijuana provochi una riduzione della concentrazione spermatica ed oligospermia arrivando alla conclusione che la marijuana possa essere associata ad infertilita’. Centro Studi Piccola Comunità - 30 - Dalla "CANAPA DA FIBRA" alla "CANAPA DA DROGA" contributo di Antonio ACAMPORA, Elvira DELLA CASA e Giordano MARTONEIstituto di Medicina Pubblica e Sicurezza Sociale Università degli Studi Federico II, Napoli Mariagrazia ASTARITA Assessorato alla Sanità Regione Campania - Settore per le Tossicodipendenze INDICE 1. Introduzione 2. Cannabis Sativa L. : caratteristiche botaniche 3. Canapa da fibra 4. Canapa da droga : -preparazioni e modalità di assunzione -effetti -Cannabis e guida -uso come pianta medicinale 5. Storia della Cannabis 6. Aspetti sociali 7. Spinello si, spinello no 8. Bibliografia 1. INTRODUZIONE Cannabis Sativa L., Canapa da fibra, Canapa da droga, Canapa Indiana, Cannabis sono i vari modi con cui è definita una pianta ubiquitaria in natura, conosciuta sin dall'antichità per le sue molteplici proprietà e per i suoi usi. Di tali piante sono particolarmente ricche l'India, il Pakistan, la regione del Caucaso, il Marocco, l'Iran, la Siria, l'Arabia, ma si può coltivarla anche in Europa. In quest'ultimo caso si ottiene una pianta meno ricca in principi farmacologicamente attivi, poichè la produzione è grandemente influenzata dal clima, dal terreno di coltivazione, dall'esposizione alla luce solare, dalla prevenzione dell'impollinazione. Attualmente la maggior parte degli studiosi è senza dubbio orientata al riconoscimento di un genere Cannabis unispecifico che comprende alcune razze o varietà che presentano caratteri morfologici e chimici peculiari geneticamente condizionati. La definizione botanica corretta è quindi quella di Cannabis Sativa L.; con Canapa da fibra si individuano quelle piante da cui non si ricavano preparati stupefacenti perchè poco ricche in principi attivi, mentre con Canapa da droga si intendono quelle piante che presentano una spiccata attitudine alla produzione di resina e sono quindi più ricche di tali principi. Centro Studi Piccola Comunità - 31 - Le definizione di Canapa indiana è una definizione storica poco corretta a cui comunque fa riferimento l'attuale legislazione italiana, che ne vieta la coltivazione. Attualmente il termine semplificato di Cannabis è forse il più comunemente adoperato. A seconda del luogo di coltivazione, e quindi in relazione alle condizioni climatiche, di latitudine e di humus, si può sviluppare una varietà piuttosto che un'altra e la pianta assume aspetto differente per alcune caratteristiche morfologiche, quali ad esempio l'altezza, che raggiunge livelli superiori nei climi temperati, mentre nei paesi a clima secco torrido non supera il metro e mezzo. Nei climi più caldi la pianta esplica la sua potenzialità soprattutto nella sintesi dei princìpi attivi. L'uso delle droghe che derivano dalla Cannabis interessa, da tempi secolari, una popolazione estremamente vasta e diffusa nel mondo. Tuttavia il consumo di Cannabis risale chiaramente ad una diffusione endemica in alcuni Paesi quali l'India, l'Indocina, il Continente africano, i Paesi Arabi, l'America Centrale e parte della Meridionale, mentre presenta le caratteristiche di una diffusione epidemica e più recente in altri Paesi quali l'America del Nord, molte zone dell'Europa e l'Australia. A fronte del diffuso e secolare uso endemico della droga corrisponde una scarsa informazione di tipo chimico, tossicologico e farmacologico dei suoi principi attivi; di contro, al suo veloce propagarsi in tempi recenti nel mondo industrializzato occidentale corrisponde anche un interesse della cultura farmacologica occidentale con un fiorire di studi sulla identificazione chimica e sulle caratteristiche tossicologiche dei suoi componenti. 2. CANNABIS SATIVA L.:caratteristiche botaniche La Cannabis Sativa L. appartiene alla famiglia delle Cannabinacee (o Cannabacee), molto vicina sistematicamente a quella delle Urticacee. Le piante sono alte da 1 a 5 metri ed hanno una crescita annuale molto rapida; i semi germinano in 3-7 giorni e le piante completano il loro ciclo vitale in pochi mesi. La pianticella germinata ha le foglioline del seme (cotiledoni) leggermente ineguali, lunghi 1-1,6 cm, alquanto lanceolati, stretti alla base ed arrotondati o smussati alla punta e con tre serie di venature longitudinali abbondantemente disseminate sulla faccia superiore di minuti peli, appena visibili ad ingrandimento microscopico x10; la faccia inferiore è invece priva di peli. I due cotiledoni sono sorretti da un peduncolo che alcune volte può essere lungo anche 5 cm. Il primo paio di foglie si alza dallo stelo a circa 2,5 cm dai cotiledoni. Le foglie del secondo paio sono molto più larghe, possono avere la stessa forma delle prime o avere un lungo peduncolo fornito di tre foglioline che si irragiano dalla punta. Le foglie del terzo paio hanno quattro o cinque foglioline, tutte irradiantesi dalla punta del picciuolo. Le foglie seguenti possono avere fino a undici foglioline e, invece che essere appiattite, sono sistemate a spirale. Il fusto è angolare e qualche volta cavo, ricoperto di minuta peluria. Detti peli presenti anche in altre parti, nelle foglie e nelle infiorescenze della pianta, sono Centro Studi Piccola Comunità - 32 - caratteristici. Essi sono unicellulari con la cellula che si restringe in forma acuta dalla base alla punta. Le foglie variano di taglia a seconda della robustezza della pianta e si presentano con un esile picciuolo di circa 6 cm e con un sottile incavo sul lato superiore. Le foglioline sono minutamente lanceolate con la base a forma di cuneo, il bordo grossolanamente dentato e con punte aguzze; i denti, circa 4-14 per ogni lato, sono acuti e puntano verso la somma delle foglioline; le venature decorrono obliquamente dal centro all'apice della dentatura. Le foglioline di una singola foglia sono di grandezza differente,con la maggiore che può superare i 15 cm di lunghezza. Dette foglioline presentano sottilissimi peli sulla faccia superiore e, in maggior quantità e lunghezza, sulla faccia inferiore. I peli (tricomi) nella faccia superiore hanno una base globosa ed una punta molto corta, mentre nella faccia inferiore posseggono una base meno slargata. Come gli altri peli sono unicellulari. Sulla parte superiore della pianta sono prodotti in grande abbondanza i fiori unisessuali cioé o maschili (staminati) o femminili (pistillati). In genere una singola pianta produce un sol tipo di fiore cioè ogni pianta o è completamente maschile o è completamente femminile. In detta specie dioica, occasionalmente, fiori maschili e femminili appaiono sulla stessa pianta che rientra così nella specie monoica. Le piante maschili e femminili crescono in numero più o meno uguale in una stessa seminagione, ma le piante maschili muoiono prima e sono queste che vengono raccolte principalmente per la produzione della fibra. Le piantagioni di Cannabis, private delle piante maschili, sono agevolate ad una migliore crescita delle piante femminili,che sono quelle che producono la resina. Le inflorescenze femminili sono compatte, brevi e scarsamente fiorite. I fiori hanno un piccolo organo verde, la brattea o calice, che avvolge completamente l'ovario e forma una guaina. La guaina è ricoperta da sottili peli e da ghiandole circolari fornite o meno di peduncolo, secernenti gocce di resina che, a determinate condizioni, è prodotta in abbondante quantità. L'organo femminile del fiore consiste in un ovario più o meno globoso sovrastato da due lunghe e sottili stimma che hanno la funzione di raccogliere il polline; l'ovario ha un solo ovulo e dopo l'impollinazione le stimma cadono. Il frutto può definirsi un achene che contiene un singolo seme con un guscio ruvido ed ermeticamente chiuso dalla sottile parete dell'ovario. Il seme è ellissoidale e liscio ed è lungo 2,5- 5 millimetri con un diametro di 2 - 3,5 millimetri. Si presenta grigio o bruno o talvolta variamente colorato. Dai semi si ricava un olio utilizzato nell'industria di smalti e vernici o come combustibile. I semi vengono anche utilizzati come becchime per gli uccelli domestici. Centro Studi Piccola Comunità - 33 - 3. CANAPA DA FIBRA Nel 1950 la Campania era tra le prime Regioni italiane per la coltura della canapa da fibra. La coltivazione in questa Regione, insieme a quelle della Emilia -Romagna, del Veneto e del Piemonte, poneva l'Italia al secondo posto nella produzione mondiale di fibra di canapa. I Comuni dove maggiormente avveniva la coltivazione erano quelli di Acerra, Afragola, Aversa, Caivano, Frattamaggiore e Nola, posti alla sinistra dei Regi Lagni e quelli di S.Maria Capua Vetere, Marcianise ecc. posti alla destra dei Regi Lagni stessi. Si procedeva in genere ad una prima aratura in autunno per preparare il terreno per la semina delle piante di favetta, lupini, trifoglio incarnato o altre piante da sovescio. Seguiva una seconda aratura fatta nei primi mesi dell'anno che serviva a sovesciare l'apposita coltura ed eventualmente alla concimazione letamica. La canapa veniva seminata entro il mese di marzo e si procedeva alla raccolta nella seconda metà di luglio. Le piante estirpate venivano messe ad essiccare sul suolo e quindi erano private delle foglie e delle infiorescenze. Si ottenevano così delle bacchette che si riunivano in fasci detti mattoli; i mattoli erano sottoposti a macerazione dopo la cappatura (cioé il taglio delle radici e delle cime delle bacchette stesse) e poi erano sommersi in acqua semicorrente e si procedeva alla separazione del tiglio dalla corteccia. La durata della macerazione era legata alla temperatura, alla qualità dell'acqua del macero ed al grado di maturazione degli steli. In genere dopo una settimana si procedeva alla stigliatura, cioè si rompevano grossolanamente i canapuli con la scavezzatura e li si riducevano in frammenti più piccoli con la gramolatura. Dopo aver eliminato gli ultimi residui legnosi con una conveniente battitura, si ricavava così la canapa adatta ad essere pettinata, filata e tessuta. In genere da 100 Kg di fusti si ricavano da 13 a 18 kg di filato di canapa; infatti dopo la macerazione di 100 Kg si ottengono in media 26 Kg di filaccia che, alla pettinatura, da un calo del 30-50%. Commercialmente, per la zona della Campania, il prodotto veniva classificato in "paesano" e "forestiero" identificando con paesano quello prodotto alla sinistra dei Regi Lagni e forestiero quello prodotto alla destra dei Regi Lagni. Ancora, il prodotto si distingueva in chiaro, mezzocolore e scolorato e poi, in funzione della qualità, in "spago", "extra" ed "extrissimo". Mentre nel 1954 la produzione in Campania di fibra di canapa ammontava a 209.270 quintali, interessando una superficie di 16.140 ettari, nel 1970 tale produzione scendeva a 9.83O quintali interessando una superficie di soli 73O ettari. Oggi la produzione è quasi del tutto scomparsa. Tra le ragioni di tale decadimento, oltre alla introduzione delle fibre sintetiche che hanno sostituito le fibre vegetali nel campo dei filati, degli spaghi e delle corde, non può non essere indicata la legge sulle sostanze stupefacenti n. 685 del 1975. Tale legge vieta la coltivazione di piante di "Canapa Indiana" e stabilisce che solo il Ministero della Sanità può concedere l'autorizzazione alla coltivazione e solo ad Centro Studi Piccola Comunità - 34 - Istituti Universitari o a Laboratori Pubblici per scopi scientifici, sperimentali o didattici. 4. CANAPA DA DROGA I principi attivi della Cannabis, dai quali dipende l'attività farmacologica della pianta e dei suoi preparati, vengono chiamati Cannabinoidi; tra essi i più rappresentati sono il cannabidiolo (CBD), il cannabinolo (CBN) ed il delta-9-tetraidrocannabinolo (THC), quest'ultimo di riconosciuta azione stupefacente. Gli studi e le ricerche indirizzati al riconoscimento della struttura chimica e dei rapporti tra i principali costituenti della Cannabis e all'esistenza di una o più specie di piante sono iniziati nel 1940 ad opera delle scuole di Adams e Todd e sono proseguiti con il contributo di numerosi altri Autori; nel 1975 Small, per sintetizzare il problema distinse i seguenti tipi di piante: a) piante intossicanti, originarie specialmente dell'Africa, dell'Asia meridionale e delle Regioni centrali del Nuovo Mondo, la cui resina è essenzialmente composta da delta-9-THC, ed i cui esemplari maschili e femminili contengono entrambi grandi quantità di resina ed hanno un processo di crescita piuttosto lento; b) piante non intossicanti cosiddette "da fibra"; c) piante semi-intossicanti, originarie, come le precedenti, di Regioni relativamente nordiche e caratterizzate da una più rapida maturazione, da un più alto contenuto di resina negli elementi femminili e da un limitato tenore di THC. Nei soli esemplari femminili di queste piante vi sarebbero contenute quantità sufficienti di delta-9-THC da renderle utilizzabili per la produzione di preparati stupefacenti. Small rilevò inoltre che di queste diverse qualità di Cannabis esistono sia forme coltivate che forme selvatiche. Nel luglio 1978 , nel Simposio sulla Marijuana tenutosi a Reims, Nahas nella sua relazione affermò: "..…La Cannabis sativa è un'unica specie "non stabilizzata", con numerose varietà derivanti dalla sua plasticità genetica, dall'effetto dell'ambiente e dalla manipolazione dell'uomo. Una distinzione può essere compiuta fra due principali tipi di canapa, utilizzando il criterio della concentrazione della sostanza psicoattiva (delta-9-THC) che la canapa contiene nelle sue sommità fiorite. I due tipi sono: la pianta tipo fibra con un basso contenuto di delta-9-THC (sotto allo 0,2%) e la pianta tipo droga con un'alta concentrazione di delta-9-THC (1,4-4,8%)... La concentrazione di delta-9THC nelle piante varia secondo fattori genetici e fattori correlati con l'ambiente. I fattori genetici sembrano predominare dove le condizioni ambientali sono stabili...". Nel 1985, Tappero, in uno studio sulla Cannabis così sintetizza il problema: "..... si può dire che esistono due principali tipi di Cannabis, uno intossicante con elevato tenore di THC e scarso CBD, ed uno non intossicante con caratteristiche opposte (cioé elevato CBD e basso THC), nonchè un tipo intermedio, forse un ibrido dei primi due; che queste diverse qualità sono geneticamente condizionate e l'ambiente può agire incrementando o meno la quantità del principio attivo che la pianta è destinata a produrre; che è attualmente prevalente l'interpretazione che vuole Centro Studi Piccola Comunità - 35 - il genere Cannabis unispecifico, essendo l'unica specie la Cannabis Sativa L. nella quale sussistono razze diverse; che la Cannabis indica di Lamarck corrisponde alla forma intossicante della Cannabis sativa L." Dal punto di vista della definizione tossicologico-forense delle piante di Cannabis, appare del tutto evidente che, anche a fronte di mancanza di uniformità nelle definizioni adoperate nei vari testi legislativi, va tenuto conto della potenzialità della pianta di esercitare azione stupefacente. In pratica si può affermare che con il termine di Cannabis Indica vanno identificate tutte quelle piante di canapa produttrici di quantità di THC sufficienti per poter esser usate come stupefacenti. L'azione del delta-9-tetraidrocannabinolo sull'uomo e la sua capacità di esplicare effetto stupefacente, in concomitanza anche con gli altri cannabinoli presenti nei preparati di Cannabis, è stata oggetto di numerosi studi. In essi si è tenuto conto che, pur identificando il delta-9-THC come il vero e proprio principio stupefacente, non si deve tuttavia ignorare che nei preparati di Cannabis sono generalmente presenti, in concentrazioni e rapporti estremamente variabili, anche soprattutto il cannabidiolo e il cannabinolo, la cui incidenza nel potere stupefacente non va trascurata. In conclusione, valutando anche le diverse possibili modalità di assunzione,si possono indicare le dosi minime di delta-9-THC che provocano una prima sintomatologia propria della Cannabis per un adulto normopeso in: - per via endovenosa: 20 mcg/kg, pari a circa 1,5 mg; - per via orale: 200 mcg/kg, pari a circa 15 mg; - per via inalatoria (fumo): 70 mcg/kg, pari a circa 5 mg. Preparazioni e modalità di assunzione Dalla pianta di Cannabis si ottengono diverse preparazioni a vari gradi di potenza che vengono tutte generalmente assunte mediante il fumo. Altre modalità di assunzione, come l'ingestione, sono da ritenersi estremamente rare, soprattutto in considerazione del fatto che a seguito di somministrazione attraverso il fumo la comparsa degli effetti è immediata e che i principi attivi che si liberano sono quantitativamente superiori a quelli che entrerebbero in circolo dopo ingestione. L'assunzione attraverso il fumo introduce tuttavia una variabilità sulla qualità e quantità delle sostanze assorbite. Numerose ricerche sono state condotte al fine di accertare la percentuale di cannabinoli che viene assorbita attraverso aspirazione nonché le modificazioni strutturali dei cannabinoidi a seguito della combustione, in particolare la trasformazione del THC nel relativo acido. Va infine ricordato che, in studi e ricerche sulla valutazione della percentuale dei cannabinoidi totali che passa nel fumo aspirato, si è osservato che, fumando in condizioni standard che consentono l'assorbimento massimo dei componenti attivi, può passare nel fumo che viene aspirato il 50% dei principali cannabinoidi e che Centro Studi Piccola Comunità - 36 - questa quantità ovviamente diminuisce se la sigaretta non viene consumata integralmente. Le diverse preparazioni che si ottengono dalla Cannabis si possono suddividere in tre principali gruppi sulla base del loro potere stupefacente. Il primo gruppo comprende la marijuana e il bhang: sono entrambi preparazioni miste costituite da varie parti della pianta , per lo più sommità fiorite e foglie mature essiccate, sia maschili che femminili, ma anche fiori e gambi sminuzzati e altro materiale estraneo. A causa della composizione variabile, questi preparati possono essere più o meno potenti in relazione al contenuto in principi attivi, che comunque è mediamente presente in misura dello 0,9-1%. Il bhang si differenzia dalla marijuana solo in relazione alle modalità di assunzione, infatti viene adoperato facendone un decotto e assumendolo come bevanda, quasi esclusivamente in India. La marijuana viene invece assunta essenzialmente attraverso il fumo, da sola, mescolata a tabacco o, più raramente, a foglie di giusquiamo. Il secondo gruppo comprende il ganja, che è costituito da un miscuglio omogenato di resina e di foglie apicali delle cime fiorite delle piante femminili. Presenta un contenuto medio di THC del 3% e quindi un'attività stupefacente maggiore dei prodotti del primo tipo di circa tre volte. Viene generalmente assunto per via inalatoria, attraverso il fumo di sigarette confezionate artigianalmente o di particolari pipe, spesso mescolato a tabacco. Il terzo gruppo comprende l'hashish o charas, che è il prodotto più attivo, con potere stupefacente dalle 5 alle 8 volte superiore alla marijuana e con contenuto in THC che può variare dall'1% al 10-12% con una media del 5%. Questo prodotto si ottiene dalla resina pura che si estrae dalle sommità fiorite delle piante femminili. Con speciali procedimenti la resina viene raccolta, lavorata e ridotta in forma di pani, tavolette o bastoncini. In relazione alla provenienza geografica delle piante si può ottenere hashish di diverso colore: il più comune è quello di colore verde proveniente dal Messico o anche dal Marocco; il più pregiato è il così detto "oro di Acapulco"; quello proveniente dal Libano è di colore rossastro; bruno quello proveniente dal Pakistan e dall'Afghanistan e nero quello dell'Iran e dell'India. Gli hashish presentano anche differenti caratteristiche fisiche collegate ad un diverso grado di densità, di elasticità e di umidità e a differenti fragranze del materiale. Tutte le caratteristiche del materiale ed in particolar modo il tipo di confezionamento, la forma e i marchi impressi, che sono delle più svariate fogge, sono indicativi del Paese di origine del prodotto. Fa parte del terzo gruppo anche l'olio di hashish che è un estratto alcoolico, concentrato, della resina, dotato di elevato potere stupefacente. Viene adoperato anche aggiunto in gocce alle sigarette di marijuana la fine di potenziarne l'effetto. Tutte le preparazioni di Cannabis subiscono un processo di deterioramento con il tempo, dipendente dalle caratteristiche originarie della pianta, dal processo di lavorazione e dalle condizioni di conservazione. Questi processi portano ad una parziale inattivazione dei principi attivi che, in condizioni di esposizione alla luce e /o a temperature elevate sono particolarmente rapidi. Centro Studi Piccola Comunità - 37 - Indipendentemente dal tipo di preparazione, non vi è dubbio che l'azione stupefacente o meno di un preparato di Cannabis deve essere riferita sempre e soltanto al suo contenuto percentuale in tetraidrocannabinolo, che è l'unico principio attivo attualmente incluso nell'elenco degli stupefacenti. Al fine di determinare la percentuale di principio attivo che rende un preparato di Cannabis capace di esplicare potere stupefacente, va tenuto conto delle modalità di assunzione. Questi prodotti vengono quasi esclusivamente consumati attraverso il fumo, pertanto il quantitativo di preparazione (marijuana, hashish, olio di hashish) che sia possibile consumare in una unica assunzione e quindi in un tempo ristretto, deve contenere una quantità di principio attivo tale da produrre almeno i primi effetti stupefacenti. Concordemente tra numerosi Autori si è stabilito che il minimo contenuto percentuale di THC, che consenta di considerare un preparato di Cannabis come "stupefacente", va fissato in almeno lo 0,5%. Al di sotto di questa percentuale si dovrebbe utilizzare un quantitativo di prodotto troppo grande per poter essere consumato in una unica assunzione. Effetti Gli studi svolti sugli effetti della Cannabis hanno dato risultati contrastanti che vanno da un estremo all'altro. Alcuni Autori affermano la sua completa innocuità, altri, invece, la sua azione fortemente tossica, tanto da provocare in consumatori pesanti, atrofia cerebrale. L'intossicazione da Cannabis è funzione di svariati fattori, primo tra i quali la dose, ossia la quantità di principio attivo responsabile dell'attività stupefacente assunta, cioè la quantità di THC. Va poi considerata la via di somministrazione, e cioè, se la droga è inalata o ingerita,producendosi un effetto maggiore quando è inalata, perchè viene assorbita in maggiore quantità. L'assorbimento per via intestinale del THC è di 1/3 meno efficace. Vi sono altri fattori importanti che intervengono nella produzione dell'effetto stupefacente. Vanno in particolare considerate le condizioni fisiche e psicologiche del fumatore e il metabolismo del singolo soggetto; inoltre va tenuto conto che gli effetti diminuiscono con il progredire dell'uso. Bisogna infine ricordare che la somministrazione contemporanea di altre sostanze svolge effetti sinergici; in particolare l'assunzione concomitante di alcool o barbiturici ne potenziano l'effetto depressivo, mentre quella di amfetamine e caffeina ne rinforzano l'effetto eccitante. La Cannabis può cominciare a manifestare i suoi effetti stupefacenti ad una dose di 10-15 mg di THC se inalata e di 40 mg se ingerita. con questa quantità, che è quella dei consumatori occasionali si raggiunge solo una leggera sensazione inebriante di tipo piacevole. Dosi superiori a 120 mg di THC per inalazione attraverso fumo e 250 mg per via orale provocano agitazione e iperattività con cambiamenti di percezione. Centro Studi Piccola Comunità - 38 - Da 200-250 mg di THC assunti attraverso il fumo e 400 mg per via orale, si manifesta un sincero effetto psicotossico collegato a reazioni di svariato tipo ed allucinazioni sia ottiche che uditive. Dosi sufficientemente forti modificano la percezione del tempo e dello spazio creando l'illusione che gli eventi spaziotemporali scorrano più lentamente o più velocemente del normale. La durata d'azione varia con la dose. La quantità che viene normalmente utilizzata dai consumatori occasionali e che consente di raggiungere solo una leggera sensazione inebriante di tipo piacevole è quella derivante dal consumo 10-15 mg di THC per inalazione attraverso il fumo. Una quantità di 20-30 mg di THC, che può rappresentare quella assunta in una sola somministrazione da un consumatore abituale, può avere una durata d'azione di circa 3-4 ore se assunta con il fumo e viene completamente dissipata dall'organismo in circa 8 ore se è stata ingerita. Talvolta si può riscontrare l'insorgere di brevi episodi psicotici dopo l'assunzione di Cannabis che possono variare da lievi manifestazioni di ansietà o eccitazione fino a disorganizzazione del pensiero ed allucinazioni. La Cannabis è in grado di produrre i maggiori effetti piacevoli se viene adoperata da consumatori che hanno acquisito una certa pratica. Infatti i consumatori esperti sono in grado di ottenere dall'assunzione di una dose uno stato di euforia, facile comunicabilità, gaiezza, loquacità, allegria, allucinazioni di tipo piacevole, senso di leggerezza e di abbandono, aumento di appetito, colori che appaiono più brillanti e suoni più acuti, maggiore interesse verso oggetti semplici e familiari, vividezza di ricordi. L'assunzione di una stessa dose in consumatori non esperti può invece produrre effetti sgradevoli, come perdita di memoria, senso di paura, difficoltà di controllo, palpitazione, debolezza, sonnolenza. Alti dosaggi di THC producono effetti qualitativi del tutto simili a quelli prodotti dall'LSD. Per questo motivo alcuni Autori ritengono che la Cannabis agisce come un allucinogeno, abbassando la soglia delle sensazioni, e dando maggiore colorito all'ansietà ed all'aggressività. In conseguenza degli effetti tossici descritti si può attribuire ad un uso cronico della Cannabis una certa non trascurabile pericolosità. La dose letale di THC per l'uomo viene fissata presumibilmente sui 30 mg/kg per via inalatoria; una tale dose potrebbe essere assunta solo tramite fumo di una quantitativo estremamente elevato di Cannabis, dal momento che questo principio attivo è presente in concentrazioni non elevate nelle varie preparazioni (mediamente al 5%). Pertanto è difficilmente ipotizzabile una intossicazione acuta che, per definizione, è connessa con un'unica assunzione di un quantitativo estremamente alto di tossico. Nel caso dei preparati di Cannabis sarebbe impossibile fumare un quantitativo di THC così elevato in un breve arco di tempo così da produrre un assorbimento massiccio immediato. Ciò si potrebbe verificare con l'assunzione attraverso il fumo di sigarette impregnate di olio di hashish, ad altissimo tenore di THC, che sarebbe quindi in grado di provocare una intossicazione acuta. Centro Studi Piccola Comunità - 39 - Per quanto attiene alla capacità dei derivati della Cannabis di instaurare una dipendenza, va detto che certamente possono instaurare una forte dipendenza psichica ma che, con altrettanta certezza, non è dimostrata la capacità di instaurare una dipendenza fisica. E' questo il motivo per il quale i derivati della Cannabis vengono comunemente definiti "droghe leggere", ma non bisogna incorrere nell'errore, che questa definizione potrebbe ingenerare, di ignorare che sono comunque classificati come sostanze psicodislettiche, capaci cioè di produrre deviazioni dell'attività mentale e di determinare distorsioni del giudizio. Dal momento che per la Cannabis non si può parlare di dipendenza fisica non si può nemmeno affermare che esiste il fenomeno dell'astinenza, cioè di quella sindrome che si instaura a seguito dell'interruzione brusca di assunzione della sostanza, e ciò anche quando si tratta di consumatori pesanti. Tuttavia è accertata la possibilità che si instauri una forte dipendenza psichica che rende difficile l'interruzione dell'uso regolare. Inoltre l'uso cronico della Cannabis può instaurare una "sindrome amotivazionale" che rende il soggetto distratto, lento nei movimenti, "opaco", tendente a non rispondere quando gli si parla, a dimenticare dove si trova, a non rendersi conto dei suoi problemi. Il problema della tolleranza non è stato ancora completamente chiarito per la Cannabis. Si è più volte ricordato che i consumatori abituali controllano alcuni effetti comportamentali tipici di questo stupefacente molto meglio dei consumatori inesperti o occasionali, ai quali è stata somministrata la stessa dose. Ciò viene spiegato in base all'instaurarsi di un particolare fenomeno: ad un primo contatto con la "droga" non si percepiscono tutti gli effetti che verranno via via svelati usando sempre la stessa dose con una maggiore esperienza, fino al punto in cui un consumatore esperto sarà in grado di raggiungere il massimo risultato con una quantità minore. Questo fenomeno è la cosiddetta "tolleranza inversa". Tuttavia una tendenza ad aumentare la dose generalmente esiste e, pertanto, può essere ipotizzato lo sviluppo di un certo grado di tolleranza. Cannabis e guida Le caratteristiche dell'azione stupefacente esercitata dalla Cannabis, in particolare quelle connesse alle modificazioni delle percezioni sensoriali; alla sensazione distorta del tempo e dello spazio; al peggioramento delle funzioni motorie; alla sensazione di benessere e rilassamento con possibilità di allucinazioni nelle forme più intense e alle alterazioni del tono affettivo con stati di euforia o di depressione, rendono del tutto evidente la necessità di indagare sulle possibili interferenze tra incidenti automobilistici e guida sotto l'effetto della Cannabis. Inoltre la diffusione dell'uso di questa droga ad una fascia di popolazione sempre più vasta, comprendente spesso consumatori occasionali, ha indotto molti studiosi a valutare quanto anche l'assunzione di una singola dose ( come il fumo di un solo Centro Studi Piccola Comunità - 40 - "spinello"), possa interferire sulla capacità di guida di un veicolo e costituire causa di incidenti stradali. Molte ricerche sono state compiute per valutare la connessione tra l'uso di Cannabis e la performance di guida, sia con l'impiego di simulatori di guida che con l'esecuzione di prove su strada. In tutte le prove eseguite con simulatori di guida si è osservata una incidenza negativa sulla abilità complessiva: alcuni Autori osservano una diminuzione nella capacità di mantenere la velocità, altri errori nella valutazione dei tempi di sorpasso di accellerazione e di frenata, altri ancora rilevano una diminuzione nell'efficienza di risposta ad un lavoro complementare quale la percezione di segnali acustici e luminosi. Tutti gli Autori hanno riscontrato una rispondenza diretta tra l'aumento della dose e la diminuzione della efficienza di guida. Quasi tutte le prove su strada hanno confermato sostanzialmente i risultati ottenuti con simulatori di guida e la relazione dose-scadimento della performance. Della numerosa casistica relativa agli incidenti automobilistici associati all'uso di Cannabis e di altre sostanze psicoattive si ricorda quella di Mason e McBay del 1984, che è forse la più indicativa su tale problema. Gli Autori riferiscono i risultati della loro ricerca relativa a 6OO guidatori morti negli Stati Uniti in incidenti nei quali era coinvolto un solo veicolo concludendo : "Il THC fu reperito nel 7,8% di tutti i guidatori... I guidatori THC positivi erano generalmente più giovani e presentavano un'incidenza di multiplo uso di farmaci superiore a quella complessiva della popolazione di guidatori in esame; essi non differivano però sotto il profilo della distribuzione sessuale o dell'uso di etanolo. Il 9carbossi-THC (principale metabolita del THC) fu reperito in 44 dei guidatori THC positivi in concentrazioni superiori a quelle del THC. Le concentrazioni di THC e 9carbossi-THC furono utilizzate per valutare il potenziale deterioramento. Un massimo di 28 guidatori e un minimo di 9 poteva aver provato qualche effetto della marijuana od effetti accresciuti dall'uso di marijuana ed alcool. Vi fu probabilmente solo un guidatore che poté essere stato significativamente alterato dal solo uso di marijuana" Ma ancora è bene riferire l'allarme lanciato nel 1986 dal Ministero della Sanità Canadese che dice : "Il 5O% dei deceduti per incidenti automobilistici denunciava un'alcoolemia positiva. Nella maggior parte delle vittime si sono riscontrati tassi di alcoolemia superiori al limite biologico che definisce lo stato di ebbrezza, nonchè segni evidenti di assunzione di marijuana... L'11% delle vittime aveva un tasso sanguigno positivo di THC il che indica un consumo recente di Cannabis e di essi l'83% presentava una alcoolemia positiva. Questa tendenza alla guida sotto l'effetto di alcoolici e droghe ha giustificatamente allarmato il Ministero laddove, peraltro, la ripartizione per classi di età indica un considerevole aumento della proporzione dei guidatori di età compresa fra i 14 e i 24 anni con un tasso sanguigno positivo di THC al momento dell'incidente, individuabile, attualmente, nel 17%, contro l'8% dello scorso quinquennio..." Centro Studi Piccola Comunità - 41 - Si riferisce ancora la casistica di due ricercatori italiani, Ferrara e Castagna, che a seguito di una indagine epidemiologica su 884 guidatori e 110 pedoni coinvolti in incidenti e sopravvissuti concludono che : "in 140 casi (14%) fu rilevata la presenza di Cannabinoidi, associati nel 57% ad alcool e nel 4% ad altri farmaci." Non c'è dubbio quindi che l'assunzione di dosi anche non eccessive di derivati della Cannabis incide in modo negativo sulla capacità di guida. Tutte le ricerche epidemiologiche hanno dimostrato che, in modo statisticamente rilevante, va aumentando la percentuale di soggetti che si pone alla guida dopo aver assunto derivati di Cannabis. I tempi di reazione, la precisione nelle manovre, le valutazioni spazio-temporali, vengono peggiorate dall'assunzione di questa droga e tale peggioramento è drastico quando si accoppia all'azione sinergica dell'alcool. Uso come pianta medicinale L'uso della Cannabis nella moderna medicina è stato esplorato da almeno un secolo e riferimenti bibliografici sul suo uso nel secolo precedente non sono difficili da trovare. Intorno al 1930 inizia la rivoluzione terapeutica durante la quale i cannabinoidi furono adoperati come anestetici e ancora per il trattamento del tetano, corea, reumatismi, epilessia, nevralgie, malinconia o come stimolante uterino. Una delle ragioni dello scarso successo in terapia è dovuto alla difficoltà di interpretazione dei risultati a causa della sua diversità d'azione. Già da alcuni anni, ricerche farmacologiche hanno indicato che il THC può essere utile nel trattamento del glaucoma per la sua proprietà di ridurre la pressione del fondo oculare, anche se altri medicinali si sono rivelati altrettanto efficaci senza avere i suoi dannosi effetti collaterali. Sono state condotte ricerche sulla possibilità di produrre un derivato sintetico del THC per la cura dell'asma bronchiale, perché il THC dilata le vie respiratorie. Tuttavia ulteriori studi hanno dimostrato che esso causa un'irritazione dei polmoni che mette in ombra ogni effetto benefico. La ricerca ha portato alla realizzazione ed uso di un prodotto che contiene THC per il controllo della nausea e del vomito provocati dalla chemioterapia praticata ai malati di cancro. Si tratta di un farmaco sperimentale che necessita di ulteriori verifiche prima di poter essere applicato su larga scala. Il suo uso è stato inoltre proposto come antidepressivo, analgesico, ipnotico, ipotensivo, diuretico, antibiotico e come aiuto in psichiatria; resta comunque il fatto che la medicina moderna ci offre, per ogni patologia appena descritta, farmaci ben più potenti e specifici della Cannabis. Centro Studi Piccola Comunità - 42 - 5. STORIA DELLA CANNABIS La prima testimonianza sull'uso della Cannabis si trova in un compendio cinese di medicina, l'erbario dell'imperatore Shen Nung del 2737 a.C., dove sono evidenziate le attività terapeutiche piuttosto che quelle psichedeliche. E' di recente acquisizione il ritrovamento di metaboliti della Cannabis in una donna morta per parto, 1600 anni fa, in Israele. La Cannabis veniva probabilmente utilizzata per ottenere parti indolori e questa è una conferma indiretta dell'impiego farmacologico della pianta in epoca antica. Ancora in documenti cinesi di circa 4000 anni fa la Cannabis viene ricordata come la principale pianta tessile in uso presso quel popolo. Omero ne parla nell'Odissea e nel 500 a.C. Erodoto, pur sottolineando che la Cannabis era poco nota in Grecia, ricorda l'uso sacro della pianta presso gli Assiri, i Babilonesi e i Palestinesi. Riferisce ancora che la coltivazione era molto diffusa presso gli Sciti, popolo della Regione del basso Danubio proveniente forse dalla Russia Asiatica. Tra gli scrittori latini Varrone descrive la Cannabis e la cita insieme al lino, al giunco ed alla palma per la fabbricazione di funi e reti. In India, dove la pianta arrivò probabilmente dalla Cina, l'uso restò a lungo confinato ai sacerdoti che la utilizzavano non come rimedio alle malattie, ma come mezzo utile per raggiungere stati d'animo di massima partecipazione ai riti tanto che viene ricordata come "la pianta di Shiva" o " il cibo degli Dei". Non è di facile datazione il periodo in cui l'uomo passò da un uso della Cannabis nelle cerimonie mistico-religiose ad un uso voluttuario volto a raggiungere particolari sensazioni. Per quanto attiene al suo uso come pianta da fibra, va ricordato che già nel Medio Evo si hanno notizie circa la semina e la raccolta della Cannabis e nel secolo XI, al sorgere della civiltà dei Comuni, tale coltivazione si afferma in Italia, specialmente nella Valle Padana. Nel trattato " De Agricoltura" di Pier De'Crescenzi del XIII secolo, la coltivazione della pianta viene descritta in dettaglio e si riferisce del suo uso per funi, tessuti e reti. In questo periodo il maggior centro di produzione è il Bolognese, anche se la Repubblica Veneta, avendo bisogno di gran quantità di funi e gomene, ne diffuse la coltivazione anche nel Padovano. In Italia il ricco lavoro artigianale legato all'impiego della fibra, basti ricordare l'arte dei "funari", resiste fino al XIX secolo quando, con l'introduzione di particolari macchine che consentono di lavorare industrialmente il cotone americano, la produzione delle fibre di canapa e di lino perde rapidamente terreno. Va inoltre considerato che nel mercato dei tessuti sono state introdotte moltissime altre fibre, in particolare quelle sintetiche, per cui la produzione della canapa da fibra è oggi praticamente in via di estinzione. Si conoscono svariate denominazioni utilizzate per indicare la Cannabis nel corso dei millenni, che spesso fanno riferimento ai suoi effetti ed agli scopi per i quali veniva consumata. Si parla così di "idracana" che presso gli Ariani del 2000 a.C. significava "cibo di Dio" o anche di "wijaya" o vittoria ed ancora "virapatra" o foglia eroica; "ganja" o cuore leggero; "harshani" o colui che gioisce. Centro Studi Piccola Comunità - 43 - Gli Arabi indicarono la pianta di Cannabis con il termine hashish che in arabo significa erba. Nell'anno 1090 circa, sorse una setta i cui adepti erano incoraggiati ad osare tutto, anche spinti ad agire sotto l'effetto di un forte consumo di Cannabis e pertanto definiti assassini . Questa setta, che venne utilizzata per annientare il Califfato di Bagdad, si riferisce fosse particolarmente feroce; ad essa si deve il significato e l'etimologia del termine "assassino". In Europa la Cannabis fu probabilmente introdotta dai Crociati e con essa l'uso dell'hashish. Già nel 1378 troviamo un editto che puniva gli "ingeritori" di tale sostanza; si ritiene, comunque che l'uso dell'hashish nella cultura europea sia legato alla spedizione di Napoleone in Egitto che emana anche un editto per reprimerne l'uso, ormai diffusissimo in tutta l'Africa settentrionale e centrale. La prima descrizione scientifica sull'uso e l'abuso di Cannabis come sostanza stupefacente risale al 1843, ma è a partire dagli anni '60 che si diffonde nel mondo occidentale l'uso voluttuario della Cannabis, tanto che oggi si ritiene che i suoi consumatori in tutto il mondo siano più di 250 milioni. 6. ASPETTI SOCIALI In ogni epoca ed in ogni cultura sono state individuate delle sostanze stupefacenti o psicotrope che venivano utilizzate in modo "tradizionale" per motivi rituali o terapeutici o alimentari o altri ancora e che venivano tradizionalmente accettate nel contesto di quella cultura e di quell'epoca. L'uso voluttuario della Cannabis nel mondo occidentale ha cominciato a diffondersi a partire dai primi anni '60, legato ai movimenti giovanili che si contrapponevano ai modelli culturali della società capitalistica. Attraverso l'uso spregiudicato della Cannabis e talvolta degli allucinogeni si volevano affermare istanze di cambiamento del sistema. Oggi le ragioni dell'uso sembrano più orientate verso motivazioni comportamentali individuali: lo "spinello" è per molti ragazzi il mezzo per entrare a far parte del gruppo e l'incitamento dei coetanei è spesso la causa più diffusa per la quale si comincia a fumarlo. Alla tentazione di cominciare a provare la marijuana o l'hashish, secondo i risultati di numerose inchieste, rischiano di cedere più facilmente i giovani che iniziano a fumare tabacco e a bere alcool. Una Commissione del Governo Canadese che nel 1971 indagò sull'uso delle droghe, per i derivati della Cannabis individuò tre tipi di motivazioni sociali così circostanziatamente definite: - dal punto di vista economico : la "società affluente" - contraddistinta da un benessere diffuso - avrebbe un ruolo determinante ed ambivalente sulla tendenza all'uso della droga: da una parte lascia abbastanza tempo e libertà per dedicarsi alla riflessione ed alla ricerca di valori culturali nuovi, dall'altra ispira - specialmente nei giovani - un senso di repulsione e di rivolta, che si manifesta nell'affermazione di valori antagonisti a quelli fondati sul benessere materiale; Centro Studi Piccola Comunità - 44 - - dal punto di vista politico : l'esistenza di enormi problemi su scala mondiale (rischi di guerra nucleare, sovrappopolazione, inquinamento) che mettono in forse la sopravvivenza della razza umana, incoraggia una tendenza edonistica basata sul raggiungimento immediato di ogni tipo di gratificazione; - dal punto di vista filosofico : la crisi dei valori religiosi tradizionali ha stimolato la ricerca di valori spirituali alternativi, in cui l'esperienza con certi tipi di droghe (specie Cannabis ed allucinogeni) sembra essere determinante. Nel "Rapporto sulle droghe" del 1978 Arnao ha individuato alcune motivazioni comportamentali individuali in: - Uso sociale-ricreativo: motivato dal desiderio di godere gli effetti piacevoli della droga nel contesto del tempo libero e della vita sociale; - Uso strumentale: motivato dal desiderio o necessità di acquisire uno stato psichico adatto ad affrontare uno specifico problema o condizione o situazione: la droga non viene presa per i suoi effetti piacevoli o euforizzanti, ma per aumentare l'efficienza o come auto-medicazione; nell'uno e nell'altro caso la motivazione di fondo è quella di mettere l'individuo in condizioni di svolgere nel migliore dei modi la sua attività produttiva (anche se ovviamente il risultato può essere opposto); - Uso espressivo: motivato dall'esigenza del consumatore di esprimere la sua identità individuale o di gruppo. Tali acquisizioni sono ormai accettate a livello internazionale mentre la teoria della così detta "droga di passaggio", per la quale l'uso di preparati di Cannabis sarebbe fatalmente il primo approccio all'uso di altre droghe più pericolose è ormai considerata del tutto infondata perchè tiene conto della sola sostanza e non prende in esame le modalità del suo uso. L'eventuale passaggio dai cannabici ad altre droghe pesanti può risentire eventualmente di particolari contingenti condizioni del mercato nero, in cui si può, anche artatamente, determinare carenza di alcune sostanze e offerta privilegiata di altre. Se si determina carenza dei cannabici nell'offerta illecita, si può indurre il tossicodipendente - soggetto debole, con motivazioni profonde autodistruttive e caratterizzato spesso da una assenza di spirito critico verso la sostanza e autocritico delle proprie condizioni fisio-psichiche - a sperimentare l'eroina, sostanza il cui traffico comporta guadagni notevolmente maggiori. Non vi è quindi una storia di "escalation" da droghe "leggere" a droghe "pesanti" nella vita di molti tossicodipendenti, ma la necessità di trovare comunque rifugio, in un determinato momento della propria esperienza tossicomanica, in una sostanza che, dandogli l'illusione di risolvere le sue contraddizioni, lo allontani dalla realtà del quotidiano. Centro Studi Piccola Comunità - 45 - 7. SPINELLO SI, SPINELLO NO E' il quotidiano dilemma al quale si viene sottoposti in momenti di confronto con giovani, genitori e insegnanti. La risposta è difficile perché il rapporto con le sostanze chimiche non è leggibile secondo le regole della matematica e della fisica. Il rapporto con la chimica è sempre carico di materiale simbolico. Lo "spinello" non è una fumata ma un'esperienza. E' un'esperienza di confine...qui ed oggi "fumare" significa correre pericoli, essere esposti all'arresto. E non mi pare poco. E' un'esperienza di ricerca. C'é una domanda dietro lo spinello, ed è una domanda di "sentirsi un pò diverso". E' una domanda di cambiamento utilizzando un piccolo, poco aggressivo, trasformatore chimico. E' un'esperienza di gruppo. E' un essere dentro, intimo, delicato, a volte caratterizzato da una forte comunità. Ed allora lo "spinello" è: - gruppo - domanda di diversità - domanda di sensazioni Sono tutte domande belle e buone che vanno a finire in un imbuto pericoloso. Perchè pericoloso? Perchè quell'imbuto è circondato da condizioni che deteriorano ed espongono a rischi. 1) Sotto la pressione di gruppo è possibile concretizzare un bisogno di comunità e di diversità con una esperienza chimica più forte, soprattutto se nel gruppo è già presente lo sperimentatore della chimica forte (eroina). 2) Il protrarsi della ricerca chimica disabilita e disabilita alla ricerca delle risorse umane. In ognuno di noi c'è un "tesoro", se non lo scavi rimane lì e non diventa TUO. Lo "spinello" è un rifiuto iniziale a scavare. Chi "fuma" non vuole scoprire il suo tesoro...vuole una scorciatoia che porta lontano da sé. 3) Il terzo rischio sta nella slatentizzazione di fragilità psicologiche.nessuno diventa pazzo con lo "spinello", ma qualcuno ha trovato nello spinello il piccolo sassolino che gli ha fatto prendere una storta, una caduta, una rottura...un deterioramento dell'equilibrio psichico. COSA FARE ? a) Attivare momenti di autoriflessione per capire "cosa c'è dietro il fumo". b) Rispondere o cercare risposte alla domanda di comunità di compagnia intensa. c) Moltiplicare occasioni per esperienze forti. d) Coinvolgere la famiglia e la scuola nell'ambito di una prevenzione primaria. Centro Studi Piccola Comunità - 46 - Non è proibito cercare e vivere momenti di grandi emozioni, durante i quali vibrano tutte le corde. Il problema è la scorciatoia. Proprio qui: il rifiuto della strada lunga e la voglia di una strada corta. 8. BIBBLIOGRAFIA 1) E.Bertol,F.Mari:GLISTUPEFACENTI.EFFETTI,ABUSO,TRAFFICO. Padova, Cedam Casa Ed. Dott.A.Milani 1991 2) E. Della Casa, G.Martone, A.Acampora: ANDAMENTO DEL MERCATO CLENDESTINO DEGLI STUPEFACENTI IN NAPOLI ED EVOLUZIONE DEL FENOMENO DROGA DAL 1977 al 1982. Zacchia 57, Vol II, Fasc. 3-4, luglio-dicembre 84 3) E.Della Casa, G. Martone, A. Acampora : LA DIFFUSIONE DELLE DROGHE D'ABUSOATTUALITA' IN TEMA DI SEQUESTRI E DOSI CIRCOLANTI. Folia Medica, Vol. 61 n. 2 Settembre-Dicembre 89 4) S.Ferrara,F.Castagna: DROGHE D'ABUSO E INCIDENTI STRADALI IN ITALIA. Ann.Ist. Super.Sanità 18,769,82 5) R.Froldi, V.Gambaro, E.Marozzi, E.Saligari: LA CANNABIS INDICA E LA LEGGE 685/75. Riv. It. Med.Leg. IX 87 6 P.F. Mannaioni: LE TOSSICODIPENDENZE Piccin Ed. Padova (1980). 7) R. Mechoulam: MARIJUANA Academic Press New York and London 1973 8) P.Tappero:SULL'ACCERTAMENTODELLA NATURA STUPEFACENTE DELLA CANAPA. Min. Leg. 105, 85 9) P.Tappero : GUIDA E CANAPA INDIANA. Min.Leg. 107, 87 10) A. Scotto di Tella, G. Sciaudone: LA CANNABIS SATIVA L DALLA FIBRA ALLA L. n.685/75. Ed. G.Florio -Napoli 83 11) STOP DROGA: (con il patrocinio del Ministero della Sanità) UNICRI 90 Centro Studi Piccola Comunità - 47 - ITALIA - TUTTI CASA, SCUOLA E CANNA Il settimanale L'Espresso pubblica i risultati di alcuni sondaggi sul consumo di droghe leggere tra i giovani italiani. Secondo i dati del Ministero della Difesa oltre la metá dei giovani che ogni anno si presentano alla visita di leva risulta positivo al test delle urine che indica la presenza nell'organismo di sostanze relative al consumo di cannabis. Un sondaggio compiuto dalla Rete studentesca su 11 città italiane ha indicato che il 77.6% dei ragazzi tra i 14 e i 20 anni ha almeno una volta fumato uno spinello. Uno studio della Regione Lombardia ridimensiona solo in parte questi dati rivelando che il 31.35% degli studenti milanesi tra i 14 e i 20 anni ammette di avere fumato derivati della cannabis. Oltre il 65% dice di conoscere e frequentare persone che fumano a riprova che il consumo di cannabis è un dato di fatto socialmente accettato. [ L'Espresso 27/11/97 ] Centro Studi Piccola Comunità - 48 - Da ALTER EGO - Droga e cervello, Università degli Studi di Cassino. Cap. III FARMACOLOGIA DELLE DROGHE LA CANAPA INDIANA Effetti Gli effetti della canapa sono estremamente variabili. Essi sono diversi da individuo ad individuo in quanto dipendono dalla qualità e dalla quantità della dose, dalla via d'assunzione, dal contesto in cui la droga viene assunta, dalle aspettative, e dalla base biologica individuale su cui si va ad esercitare l'azione psicotropa della sostanza. Esiste comunque una serie di effetti più caratteristici e ricorrenti così descrivibile: senso di distacco dal mondo, benessere, euforia; sedazione e sonnolenza; distorsione del senso del tempo, dello spazio e della visione; occasionalmente, illusioni ed allucinazioni. L'uso della canapa sembra portare ad una diminuzione delle prestazioni psicofisiche, dell'attenzione, dei tempi di reazione, nella coordinazione motoria, nella percezione. Pare dimostrato che l'abuso di canapa non provochi dipendenza fisica. Negli abituali consumatori può presentarsi invece una forma di dipendenza psicologica, indotta sia dal piacere che essi riferiscono di provare attraverso la sostanza, sia - forse soprattutto - da fattori d'ordine sociale, come i condizionamenti del gruppo di cui essi fanno parte e il desiderio dell'aggregazione ottenuta col "rituale" dell'assunzione collettiva di canapa. Meccanismi d'azione e tossicità I meccanismi d'azione della canapa sono in gran parte sconosciuti e sembrano dipendere da processi biochimici che alterano la fluidità della mambrana cellulare dei neuroni. Recettori per i principi psicoattivi della canapa sono stati localizzati a livello di una struttura del sistema limbico, l'ippocampo, che possiede un ruolo importante nei processi d'apprendimento e memorizzazione. L'uso della canapa provoca cambiamenti strutturali e funzionali nell'ippocampo e ciò potrebbe spiegare il calo del rendimento nei tests cognitivi (sull'apprendimento e sulla memoria) che si riscontra mediamente nei consumatori di marijuana e hashish. Questo effetto tipico si amplifica nei casi di assunzione di elevate dosi di canapa fino a giungere al quadro clinico di una sindrome, che è stata chiamata "disintegrazione temporale", i cui sintomi sono la tendenza a confondere passato, presente e futuro, spersonalizzazione, senso di irrealtà. I consumatori cronici di marijuana inoltre esibiscono una perdita d'interesse e motivazioni verso le cose ed una generale apatia, presentano quella che è stata definita "sindrome amotivazionale". Dato che la canapa viene comunemente fumata, le affezioni più comuni tra i suoi Centro Studi Piccola Comunità - 49 - consumatori sono quelle delle vie respiratorie (dovute alla presenza del tabacco negli spinelli, n.d.r.). Comuni sono la tosse e le bronchiti croniche e una diminuzione della capacità ventilatoria. L'uso di canapa può aggravare le malattie dell'apparato cardiocircolatorio e alterare le funzioni del sistema endocrino, soprattutto quelle che regolano le funzioni sessuali. Controversi sono i dati sugli effetti immunodepressivi della canapa. La diminuzione della resistenza alle malattie conseguente all'uso della canapa non è certa. Centro Studi Piccola Comunità - 50 - Cannabis: una droga cosiddetta "leggera" Riportiamo di seguito una rassegna sintetica dei principali studi sugli effetti della Cannabis (Guelfi GP 1996, ecc.) sui quali riteniamo vi sia una scarsissima conoscenza nonostante il largo uso. A questo proposito Brouwer w. del CAD (Drugteam Amsterdam Holland.) durante la relazione "L'uso di Cannabis in Olanda" al Congresso Nazionale SITD Padova nel mese di settembre 1996 ha riportato alcuni dati rispetto alla legalizzazione della cannabis in Olanda evidenziando come circa il 4.5% degli Olandesi usa regolarmente cannabis (circa 700.000 persone) Tra i giovani sotto i 24 anni tale uso è presente nel 50% , nel 4% con frequenza giornaliera. Si valuta che circa 25.000 persone sviluppino problemi legati all'uso di cannabis, in particolare come disadattamento sociale, abbandono scolastico, disturbi psichici e della memoria, isolamento sociale ed affettivo. Una quota rilevante si rivolge in seguito a questi problemi ai centri di disintossicazione e supporto. Principali caratteristiche della sostanza Guelfi GP in "Aspetti clinici dell’abuso di cannabis ( in Medicina delle Tossicodipendenze Edizioni SEMG 1996) riporta che le forme tradizionali in cui la sostanza viene consumata sono: Marijuana (infiorescenze, foglie seccate), in cui la percentuale del THC può variare tra lo 0.5 e il 5% nelle varietà senza semi e tra il 7 e il 14% nelle varietà con semi, detta "sinsemilla", mentre concentrazioni anche maggiori sono riferite per la marijuana Nederweed; Hashish (resina di cannabis e fiori pressati) con concentrazioni di THC variabili dal 2 al 20%; Olio di hashish (un estratto di THC ottenuto usando solventi organici), con concentrazioni dal 15 al 50%. Il tipico joint contiene da 5 a 150 mg di THC, di cui solo una parte viene inalata, essendo il resto disperso; la biodisponibilità del THC ammonta al 5-24%. La quantità di THC che entra in circolo con uno "spinello" non è facile da quantificare, poiché dipende da numerose variabili, prima fra tutte la concentrazione di THC nel preparato effettivamente usato. Per chi fa uso occasionale, 2-3 mg di THC effettivamente assorbiti sono sufficienti a provocare l'effetto voluto, mentre fumatori più sperimentati o "pesanti" sono abituati a dosi assai maggiori, perché diventano tolleranti. Il THC in parte viene distribuito non modificato nei tessuti adiposi. A seguito di assunzione abituale, la quota di THC accumulata nei tessuti lipidici aumenta; di conseguenza la sostanza viene rilevata nei liquidi organici per giorni ed anche per Centro Studi Piccola Comunità - 51 - diverse settimane (28-45 giorni). La lunga persistenza e il lento release del THC hanno implicazioni ancora non chiare: possono essere alla base del verificarsi di fenomeni dispercettivi anche a distanza dall'ultima assunzione; possono essere uno dei motivi per cui i sintomi fisici di astinenza dall'hashish/marijuana sono così attenuati rispetto a quelli derivanti da altre sostanze. Effetti Secondo Hall e coll (1995), autori della più recente, equilibrata, aggiornata, e discussa (AA.VV. 1996) monografia sugli effetti dell'uso di cannabis, le conseguenze acute e croniche, fisiche e psichiche, possono essere riassunte come segue: 1. Effetti acuti • Ansia, disforia, panico e paranoia, specialmente in "fumatori" non sperimentati o in soggetti che ricevono THC a fini terapeutici. Anche "fumatori" esperti possono subire fenomeni del genere dopo ingestione orale di preparati di cannabis. • Compromissione cognitiva, soprattutto a carico della memoria e dell'attenzione. La memoria a breve termine è compromessa e le associazioni mentali sono allentate. Questo distacco dalla realtà contingente è la base dello sviluppo di piacevoli vissuti fantastici mentre rende difficile sostenere una attività psichica finalizzata. • Compromissione di funzioni psicomotorie, con aumento del rischio di incidenti se una persona intossicata guida un autoveicolo. La cannabis produce effetti sul controllo muscolare, sul tempo di reazione e sulla capacità di portare a termine compiti semplici e complessi. Le conseguenze di tali fatti si risentono alla guida simulata e reale. Vi sono convincenti dimostrazioni, derivanti da indagini sul livello plasmatico di THC in vittime di incidenti, che guidare in stato di intossicazione da "fumo" è la causa di un aumento del rischio di incidenti stradali (Hall e coll 1995). In questo può intuitivamente giocare un ruolo anche la "disinibizione", che comporta una eccessiva disinvoltura nella guida e sottovalutazione dei rischi. • Aumento del rischio di sperimentare sintomi psicotici da parte di coloro che sono vulnerabili per storia personale o familiare. Sono eventi rari, seguenti di solito ad assunzione di consistenti dosaggi di cannabis. • Aumento del rischio di minor peso alla nascita quando la gestante ha fumato cannabici in gravidanza • Millman rb, bordwine beeder A. in Cannabis. (Textbook of substance abuse treatment. The American Psychiatric Press 1994) riporta una serie di informazioni sugli effetti della Cannabis sulle reazioni psichiche affermando che esse sono variabili e dipendono dal dosaggio assunto, dalla via di somministrazione, dalla personalità dell'individuo, dalle precedenti esperienze con la droga, dalle aspettative personali, dal contesto sociale nel quale la droga viene assunta. I principali sintomi possono essere cosi riassunti: percezione dei colori, dei sapori, dei suoni è generalmente alterata; fluire delle idee disconnesso; loquacità o, al Centro Studi Piccola Comunità - 52 - contrario, mutismo; percezione alterata del fluire del tempo e dei problemi che possono apparire più o meno opprimenti. Vi sono inoltre: repentini e forti cambiamenti d'umore; leggera euforia accompagnata talvolta anche da ansia e depressione di varia intensità, che va dal leggero sconforto alla vera e propria isteria; disturbi psicotici, in genere manie di persecuzione, a cui si associano ansia, instabilità emotiva, spersonalizzazione, amnesia, allucinazioni; delirio che si manifesta in confusione, pensiero lento, allucinazioni visive ed uditive, paranoia, comportamento violento e bizzarro, eloquio disconnesso, squilibrio motorio; flashback, ossia ricorrenza di sensazioni e percezioni transitorie sperimentate sotto l'effetto della cannabis, che si traduce in distorsione visiva, spersonalizzazione etc. Lumdqvist T. (Dipartment of Psychitry and Neurochemistry Lund Sweden) relazionando sulle disfunzioni cognitive in consumatori di cannabis. (Congresso Nazionale SITD Padova settembre 1996) riportava osservazioni svolte su soggetti che hanno usato cannabis per periodi variabili da sei mesi a venticinque anni, indagando l'effetto di tale uso su numerosi funzioni cognitive. E' infatti nozione comune che l'uso di cannabis provochi problemi nella concentrazione, memoria, apprendimento, ma tali problemi non sono mai stati studiati in maniera sistematica. L'autore rileva che tutti i soggetti testati presentavano deficit cognitivi, in particolare essi : -hanno problemi nel trovare le esatte parole per esprimere il proprio pensiero; - non riescono ad interessarsi a comuni attività ricreative e culturali; -hanno sensazione di noia e solitudine; -sono comunque convinti di stare perfettamente bene; -hanno problemi nell'esaminare criticamente il proprio comportamento; -hanno disturbi della concentrazione e della attenzione; - presentano rigidità nella ideazione e nelle opinioni; - non sono in grado di pianificare la giornata. Risulta allentato anche "il senso di coerenza", cioè la percezione soggettiva di controllare la propria vita e per poter programmare il proprio futuro. Questi deficit si attenuano e scompaiono dopo circa 60 giorni di astinenza dai cannabinoidi. L'autore conclude ipotizzando che questi deficit cognitivi, che spesso non Centro Studi Piccola Comunità - 53 - vengono rilevati nella comune pratica terapeutica, siano alla base di alcuni problemi dei consumatori di cannabis, sia in corso di trattamento (ad. es. la incapacità ad elaborare una valida motivazione, o comunque a chiedere aiuto), sia ancor più nella vita di tutti i giorni. Questi rilievi sono in contrasto con la diffusa opinione che l'uso di cannabis favorisca la socializzazione 2. Effetti cronici Effetti probabili: • malattie respiratorie associate all'abitudine di "fumare": bronchite cronica, modificazioni epiteliali considerate precursori di neoplasie maligne. Si considera che il rischio di tali eventi patologici associati ad uso cronico di cannabis sia concreto. • sviluppo di una sindrome da dipendenza da cannabis, caratterizzata dalla incapacità di smettere o di tenere sotto controllo l'abitudine all'uso nonostante la consapevolezza di effetti negativi derivanti da essa e il desiderio di smettere. Disturbi astinenziali e fenomeni di assuefazione, a volte enfatizzati, sono in realtà da definire meglio. Si stima che il rischio di sviluppare una dipendenza da cannabis riguardi 1 su 10 tra coloro che fumano sporadicamente, 1 su 3 tra coloro che fumano quotidianamente. La • scarsa considerazione del problema sottovalutazione della sua pericolosità. deriva probabilmente dalla • forme subdole di compromissione cognitiva (memoria e attenzione) che persistono finché dura lo stato di intossicazione cronica. L'uso a lungo termine di cannabici può risolversi in una compromissione dell'organizzazione e della integrazione di informazioni complesse, e quindi influenzare il funzionamento nella vita quotidiana. Non è ancora chiaro se tali compromissioni persistano dopo la sospensione del "fumo". Effetti possibili : • un aumentato rischio di tumori maligni delle alte vie respiratorie e digestive (cavo orale, faringe, esofago) • aumentato rischio di leucemia nei bambini esposti alla cannabis nella vita intrauterina Centro Studi Piccola Comunità - 54 - • declino delle capacità lavorative (particolarmente delle capacità di svolgere funzioni fini) negli adulti, e del rendimento scolastico negli adolescenti • difetti congeniti in bambini nati da donne che hanno usato cannabis in gravidanza. Gruppi a maggior rischio: adolescenti, gestanti, soggetti con malattie preesistenti. La considerazione dell'esistenza di gruppi a maggior rischio è essenziale. Adolescenti E` stato più volte evidenziato il rischio particolare che il "fumo" di cannabici comporta per taluni particolari gruppi, primi fra tutti gli adolescenti, sotto una serie di punti di vista: alterazione e rallentamento dello sviluppo psichico, compromissione della motivazione, facilitazione del passaggio all'uso di altre droghe. Secondo Baumrind e Moselle (1985) "l'uso prolungato di marijuana in giovani adolescenti intensifica e consolida il disturbo motivazionale" quando questo preesiste. Il fumo abituale di hashish/marijuana induce più bassi livelli di adattamento in quei soggetti che in partenza hanno più problemi e meno risorse (Guelfi 1995). Quanto al passaggio dall'uso di cannabici a quello di droghe più pesanti, come l'eroina, la controversia è ancora più grande, ma i dati in favore di una associazione tra uso di cannabis e futuro uso di eroina sono assai convincenti. Gran parte delle casistiche di consumatori di eroina presentano alte quote di soggetti che hanno fumato cannabis in precedenza. Inoltre, studi tendenti a esaminare popolazioni di fumatori di cannabici, finalizzati ad evidenziare la quota percentuale che ha provato in seguito eroina, dimostrano che la probabilità di usare tale oppiaceo cresce con il crescere della frequenza del fumo di cannabis. Da uno studio di O'Donnel e Clayton (1982), più esattamente, si ricava che tra coloro che non hanno mai usato marijuana, solo l'1 per mille ha usato eroina; tra coloro che hanno usato marijuana da 1 a 9 volte nella vita, l'uso di eroina è risultato 10 volte più elevato, ossia pari all'1.%; quando l'uso di marijuana sale a 10 - 99 volte nella vita, l'uso di eroina sale al 3.7%; coloro che hanno usato marijuana da 100 a 999 volte nella vita, hanno usato eroina in ragione del 12.4%; infine, i più forti fumatori di cannabis, cioè coloro che hanno usato marijuana 1000 o più volte, hanno usato eroina nella misura del 33.2%. Questi dati mostrano con evidenza che il numero di consumatori di eroina in una popolazione di consumatori di marijuana, cresce con il crescere della frequenza dell'uso di quest'ultima: più si "fuma" più si rischia di usare eroina, e tra i forti fumatori di cannabis, 1 su 3 prova l'eroina. Centro Studi Piccola Comunità - 55 - Anche altri studi su grandi campioni in Italia (Mariani e Protti 1987) e in America (Kandel 1984; Clayton e Voss 1981) pongono intorno al 30 % la quota stimata di fumatori abituali di cannabis che entrano in contatto con l'eroina. Il che non significa che tutti diventeranno tossicodipendenti da oppiacei, ma che si espongono al rischio di diventarlo compiendo un altro passo su quella via. Se non si può affermare che l'uso di cannabis è la causa dell'uso di eroina, si deve sostenere che l'uso di cannabis è un fattore di rischio serio rispetto a tale uso. Donne in gravidanza Le gestanti che continuano a fumare cannabis espongono il feto al rischio di nascita prematura e sottopeso, nonché di anomalie congenite. Persone con malattie preesistenti Persone con malattie preesistenti sono a rischio di esacerbare o precipitare episodi delle loro patologie di base. Tra questi si annoverano le persone soggetti con affezioni psichiatriche quali disordini schizofrenici o psicosi correlate a tale disturbo sono da considerare a rischio, perché l'uso di una droga psicotogena come la cannabis ha l'effetto di esacerbare i disturbi psicotici (deliri, allucinazioni, sintomi di derealizzazione e depersonalizzazione) nei soggetti schizofrenici. In casi di vulnerabilità, nei quali ancora la patologia latente non si è espressa apertamente, l'uso di cannabis può scatenare un disturbo fino ad allora sopito o controllato. Quando un soggetto con disturbi di tipo schizofrenico assume cannabici, si rende necessario un uso di farmaci antipsicotici a dosaggi più elevati per controllare i sintomi (Guelfi e Leo 1989; Guelfi 1991). Centro Studi Piccola Comunità - 56 - Scienza e pregiudizio Nei mesi scorsi la prestigiosa rivista scientifica Science ha ospitato i lavori di due gruppi di ricercatori, uno spagnolo ed uno italiano, che possono essere considerati un classico esempio di come da risultati di incerto valore scientifico si traggano, per estrapolazione, conclusioni sul comportamento umano assolutamente arbitrarie. Vediamo in breve di cosa si tratta. Nel primo lavoro dei ratti vengono dapprima sottoposti per due settimane ad infusione peritoneale di un cannabinoide sintetico, l'HU210, quindi trattati con un antagonista, l'SR141716A, in grado di annullarne istantaneamente gli effetti. Questo trattamento induce nei ratti modificazioni comportamentali (segni di nervosismo, tremori, ...) e neurochimiche (aumento dei livelli di CRF - corticotropin releasing factor - nell'area limbica del cervello) analoghe a quelle riscontrate nella sindrome da astinenza da oppiacei. Sulla base di queste osservazioni gli autori sono pronti a concludere che: 1) la cannabis da dipendenza fisica 2) le modificazioni neuroadattative indotte dalla cannabis nell'area limbica predispongono alla dipendenza nei confronti di altre droghe quali gli oppiacei (F.R. de Fonseca et al, Science, 276:2050,1997) A questi risultati si può facilmente obiettare che le modalità di assunzione ed il metabolismo dei cannabinoidi nell'uomo non hanno nulla a che vedere con quelle artificiosamente ricostruite nell'esperimento. In particolare la persistenza nell'uomo di metaboliti inattivi, dismessi molto lentamente dall'organismo, previene il manifestarsi dei sintomi della crisi da astinenza, tant'è che la letteratura scientifica è unanimemente concorde nell'escludere l'esistenza stessa di una sindrome d'astinenza da cannabis. La seconda conclusione è invece del tutto gratuita e non dimostrata dai risultati dello studio. Il secondo lavoro, che dobbiamo al gruppo guidato dal farmacologo Gaetano Di Chiara, studia le modificazioni indotte nel cervello dei ratti dalla somministrazione di delta-9-THC e di eroina. Vengono in particolare studiate le modificazioni della trasmissione dopaminergica di un area del cervello, il nucleo accumbens, implicata nel cosidetto "circuito della ricompensa", la sequenza di reazioni chimiche che ci fa sentire felici in seguito a particolari attività o percezioni. Constatato che sia il THC che l'eroina inducono analoga stimolazione dei suddetti centri nervosi, gli autori si spingono ad affermare che i loro dati, " ... pur non fornendo evidenza diretta per una relazione causale tra uso di cannabis e uso di eroina, sono nondimeno coerenti con questa possibilità." (G.Tanda et al, Science, 276:2048,1997) L'insigne prof. Di Chiara e i suoi collaboratori fanno finta di non sapere che il "circuito della ricompensa" entra in gioco in ogni attività Centro Studi Piccola Comunità - 57 - gratificante per l'organismo. Tale circuito è stimolato dalla cannabis e dall'eroina ma anche dal cioccolato, dall'attività sessuale, dal pecorino sardo, dall'ascolto della musica, e via dicendo. Lo studio non dimostra in realtà nessuna affinità tra cannabis ed eroina e gli autori, a denti stretti, lo ammettono quando riconoscono che i loro risultati "non forniscono nessuna evidenza diretta" per un nesso causale nel consumo delle due sostanze; ma, e qui il pregiudizio si rivela più forte di ogni evidenza scientifica, non sanno rinunciare a definirli "coerenti con questa possibilità". In realtà l'unica cosa che entrambi gli studi dimostrano è che i pregiudizi sono duri a morire! La teoria della cannabis come "droga di passaggio" non ha mai trovato una benchè minima conferma scientifica! Eppure continua a farsi strada nella mente di quanti consentono ai propri preconcetti di far velo alle evidenze! Tale teoria parte dalla osservazione superficiale del fatto che la maggior parte dei consumatori di eroina riferisce di avere "incominciato" con i derivati della cannabis. Per stabilire, in maniera scientificamente corretta, l'esistenza o meno di un nesso tra i due fenomeni bisogna ribaltare i termini della questione. Non bisogna cioè chiedersi quanti consumatori di eroina abbiano fatto le loro prime "esperienze" con gli spinelli, ma al contrario: quanti fra i consumatori di cannabis passano prima o poi all'eroina? Dati ricavabili dalla esperienza olandese, eusarientemente esposti in"Cannabis use, a stepping stone to other drugs? The case of Amsterdam" di Peter Cohen e Arjan Sas, dimostrano che solo il 4,3% dei consumatori di cannabis ha provato l'eroina almeno una volta e che appena lo 0,2% è divenuto un consumatore abituale di questa sostanza. Se ciò non bastasse le due sostanze sono profondamente differenti dal punto di vista chimico e farmacologico, agiscono su differenti recettori, hanno modalità di assunzione ed effetti profondamente diversi. Nulla quindi, se non i preconcetti, autorizza a ritenere che il consumo di derivati della cannabis porti al consumo di eroina. E che i preconcetti siano assai duri a morire è dimostrato dal recente rapporto dell' OMS sulle droghe (dicembre 1997). Tale organismo, che aveva commissionato ad un gruppo di esperti uno studio comparativo sugli effetti di cannabis, alcol e tabacco, di fronte ai risultati dello studio, che dimostravano, aldilà di ogni dubbio, la minore nocività della cannabis, non ha saputo fare di meglio che ricorrere alla censura! Cedendo infatti alle pressioni dell'amministrazione USA, ha letteralmente cancellato dal suo rapporto i risultati della suddetta commissione. Siamo comunque lieti di annunciarvi che tali risultati sono oggi disponibili in rete sul numero di febbraio '98 della rivista New Scientist. Ne raccomandiamo la lettura. Centro Studi Piccola Comunità - 58 - Una scoperta destinata a riaprire le polemiche sull'uso terapeutico della "cannabis" Tra le foglie della marijuana la speranza per l'Alzheimer Il "cannabidiolo" riesce a prevenire i danni ai tessuti cerebrali, senza provocare effetti allucinogeni di CLAUDIA DI GIORGIO E' tra le foglie seghettate della marijuana che si nasconde una speranza di cura per chi è colpito da ictus cerebrale o soffre di patologie neurodegenerative come l'Alzheimer o il Parkinson. La notizia arriva dagli Stati Uniti, dove un gruppo di ricercatori guidato dall'inglese Aidan Hampson e composto dal farmacologo italiano Maurizio Grimaldi, da David Wink e dal premio Nobel Julius Axelrod, ha scoperto che il cannabidiolo, una delle componenti attive della cannabis, riesce a prevenire i danni ai tessuti cerebrali senza però provocare gli effetti allucinogeni tipici della marijuana. Lo studio, i cui risultati sono stati pubblicati nei Proceedings of the National Academy of Sciences, riguarda per adesso solo cellule animali coltivate in vitro, ma è destinato a rinfocolare le polemiche intorno all'uso medicinale della cannabis. Utilizzata a scopo terapeutico migliaia di anni prima di Cristo, oggi la marijuana è illegale quasi in tutti i paesi occidentali, ma da anni esiste un forte movimento, attivo soprattutto negli Stati Uniti, a favore della sua reintroduzione come analgesico ed antiemetico, specialmente per i malati di cancro e di Aids. Lo studio di Hampson e Grimaldi è il primo a individuare le capacità neuroprotettive di un componente della cannabis, per di più privo di effetti psicoattivi. Da esso, in prospettiva, potrebbe arrivare un farmaco capace di contrastare la terza causa di morte a livello mondiale. Di queste prospettive abbiamo parlato con Maurizio Grimaldi. (13 luglio 1998) Centro Studi Piccola Comunità - 59 - Intervista al ricercatore italiano Maurizio Grimaldi "In caso di ictus è possibile salvare ciò che non è ancora distrutto" di CLAUDIA DI GIORGIO Repubblica.It ha intervistato Maurizio Grimaldi, il farmacologo italiano co-autore dello studio che ha scoperto l'utilità di una sostanza contenuta nella cannabis per la protezione dei tessuti cerebrali. Dottor Grimaldi, fino ad ora i componenti della cannabis sono stati studiati per il loro effetto contro il dolore e la nausea e per l'abbassamento della pressione sanguigna oculare. Da cosa è nata l'idea di indagarne l'efficacia nelle lesioni cerebrali? "Praticamente per caso, come spesso accade nella ricerca scientifica.. Anni addietro, lavorando al dipartimento di Neuroscienze dell'Università di Napoli, mi sono occupato delle sostanze cosiddette neurotrofiche, cioè quelle che favoriscono lo sviluppo e la sopravvivenza dei neuroni. Contemporaneamente, il mio collega britannico Aidan Hampson, a San Francisco, ed il premio Nobel Julius Axelrod, al National Institute of Mental Health, stavano studiando l'anandamide, una sostanza analoga ai principi attivi della cannabis prodotta naturalmente dall'organismo. Quando io e Hampson, a causa di una migrazione intellettuale tipica del mondo della ricerca, ci siamo incontrati al National Institute of Health negli Stati Uniti, ci è venuta l'idea di unire le nostre conoscenze e vedere se i cannabinoidi, cioè i principi attivi della marijuana, giocavano un ruolo nella fisiologia ed eventualmente nella patologia del sistema nervoso centrale. Con nostra somma sorpresa, abbiamo scoperto che avevano un potente effetto protettivo contro la morte neuronale che avviene, ad esempio, nei casi di ictus cerebrale". Come si verifica questa protezione? "I cannabinoidi sono dei forti antiossidanti, vale a dire che sono in grado di neutralizzare le molecole ossidanti potenzialmente pericolose specialmente a livello cerebrale. Quando si è colpiti da un ictus, una parte consistente del danno non si verifica subito, in conseguenza della mancanza di ossigeno al cervello, ma per colpa di una serie di reazioni chimiche che scatenano la produzione agenti ossidanti fortemente distruttivi, i quali disgregano le cellule un po' come se le bruciassero. Uno di essi, ad esempio, è il perossido, che altro non è che la comune acqua ossigenata. Come può constatare chiunque lo applichi ad una ferita aperta per disinfettarla, si tratta di una sostanza molto aggressiva, in grado di uccidere velocemente le cellule nervose. Per intenderci, il perossido appartiene alla categoria dei radicali liberi, di cui si parla molto per il ruolo che giocano nei processi di invecchiamento dell'organismo in generale. I componenti attivi della cannabis, la cui azione antiossidante sembra superiore persino a quella della vitamine E e C, riescono a bloccare il perossido e gli altri agenti lesivi che si basano sullo stesso meccanismo ossidante. In più, data la Centro Studi Piccola Comunità - 60 - grande diffusibilità cerebrale dei cannabinoidi, è facile farli arrivare direttamente dove ce n'è più bisogno". La vostra ricerca enfatizza in modo particolare il fatto che una delle componenti della cannabis da voi studiata non ha effetti psicoattivi, cioè non provoca le alterazioni mentali tipiche della marijuana. Di che sostanza si tratta? "E' il cannabidiolo, o CBD, il quale, a differenza di altri cannabinoidi, non stimola il cervello a produrre le attività a cui si devono gli effetti a cui allude, ad esempio gli effetti piacevoli ricercati dai fumatori di marijuana. Tuttavia, mantiene intatto il suo potere antiossidante e quindi permette di intervenire terapeuticamente senza effetti collaterali e con una bassissima tossicità. Si tratta, insomma, di un farmaco antiossidante e non psicoattivo in alternativa alle sostanze psicoattive, provviste in questo caso dell'effetto euforizzante indesiderato". Il cannabidiolo può riparare i danni dell'ictus cerebrale? "Purtroppo no. Ciò che è stato irrimediabilmente danneggiato non può, almeno oggi, essere recuperato nel cervello. Riesce però, almeno secondo le indicazioni che vengono dalla nostra ricerca, a salvare ciò che non è ancora irreparabilmente distrutto. Tutto dipende, insomma, da quanto rapidamente si riesce ad intervenire, e quindi a minimizzare il danno e a favorire il massimo del recupero della funzione cerebrale". A quali altre patologie potrebbe essere applicato? "Devo precisare, anzitutto, che le nostre ricerche si sono svolte esclusivamente in vitro, su cellule di ratto, e che prima di arrivare ad eventuali applicazioni terapeutiche sull'uomo c'è ancora una lunghissima strada da percorrere. Tuttavia, almeno teoricamente, il cannabidiolo potrebbe essere impiegato in tutte le patologie neurodegenerative, tra cui il morbo di Alzheimer, quello di Parkinson, oppure la corea di Huntington ed anche nei traumi cranici gravi con sofferenza contusiva del parenchima cerebrale. Lo spettro di possibili applicazioni è dunque molto ampio e riguarda campi della patologia medica molto rilevanti sia sul piano sanitario che su quello sociale". Esistono studi in questo settore in Italia? E come mai lei, un farmacologo laureato a Napoli, adesso fa ricerca a Bethesda? "Sì, anche in Italia ci sono gruppi che lavorano sui cannabinoidi ma questo e' il primo studio che ne ha evidenziato l'effetto neuroprotettivo e ne ha caratterizzato i meccanismi. Quanto alle ragioni della mia presenza negli Usa, professionalmente io faccio ancora riferimento alla sezione di Farmacologia del dipartimento di Neuroscienze e della Comunicazione interumana dell'università di Napoli, e mi sono qui per una sorta di supertraining. Lavorare in un'organizzazione prestigiosa come questa è una grande esperienza formativa, sia per le strutture a disposizione che per i continui contatti con scienziati di grandissimo livello, premi Nobel inclusi. Se mi passa il paragone, è come se un 'pulcino' incontrasse Maradona o Paolo Rossi un giorno sì e l'altro no. Comunque, il mio obiettivo è tornare in Italia". (13 luglio 1998) Centro Studi Piccola Comunità - 61 - PARTE 1 CHE COS'È TUTTA QUESTA CONFUSIONE SULLA CANAPA? 1a) Cos'è la canapa? Per quello che ci interessa, la canapa è la pianta denominata "cannabis sativa". Ci sono altre piante che portano il nome di canapa, ma la cannabis sativa è la più utile tra queste piante. "Sativa" significa utile, e "cannabis" canapa. La canapa è una pianta che è stata utilizzata fin dalla preistoria per molte cose. La fibra è il prodotto più conosciuto, e la parola canapa può stare a significare la corda o lo spago fatto con la pianta di canapa, così come anche il fusto della pianta che lo produce. 1b) Che cos'è la cannabis? La cannabis è la più resistente tra le piante di canapa, e produce il tessuto più robusto, detto "canvass". (la "canvass" è stata largamente usata per le vele nella più antica industria navale, perchè era il solo tessuto che non sarebbe marcito a contatto con gli spruzzi del mare). La pianta di cannabis produce inoltre altri prodotti molto importanti, che altre piante di canapa non producono (in forme utilizzabili): semi, legno (o polpa) e medicine. Il legno è usato come combustibile e per fabbricare la carta. I semi sono adatti come cibo, sia per gli uomini che per gli animali. L'olio ricavato dai semi può essere usato come materia prima per fabbricare vernici. I medicinali sono costituiti dalla tintura o dalle miscele della appiccicosa resina che si trova nei fiori o nelle foglie della pianta, e sono utili in una varietà di situazioni. 1c) Da dove viene il termine "marijuana"? La parola marijuana è un termine del dialetto messicano che divenne popolare alla fine degli anni trenta in America per effetto di una serie di comunicati del Governo che noi chiamiamo "Movimento della Pazzia della Marijuana". Ciò si riferisce specificatamente alla parte medicinale della cannabis che i soldati messicani usavano fumare. Oggi negli Stati Uniti il possesso della canapa (intendendo le radici, il fusto e gli steli della pianta cannabis) è legale. Nessuno vi può arrestare perchè vestite una camicia di canapa, o perchè usate carta di canapa. Della marijuana (fiori, boccioli, foglie della cannabis) il possesso è illegale, e ci sono Centro Studi Piccola Comunità - 62 - grosse multe fino alla prigione per il possesso di marijuana. I semi si possono legalmente detenere e mangiare, ma solo se sono stati sterilizzati (in modo che non possano crescere fino a maturità). Finchè non sarà possibile far crescere la pianta di canapa senza possedere marijuana, gli Stati Uniti non potranno produrre alcun prodotto industriale della canapa, e devono importarlo o, più spesso, sostituirlo con altri. (C'è un modo per coltivare la canapa legalmente, ma questo prevede che si debba fare una domanda alla Drug Enforcement Administration , e la DEA molto raramente ancora oggi dà il suo permesso). Questo non sembra avere impedito alla gente di produrre e di consumare marijuana, comunque. In molti degli Stati Uniti la marijuana è, in termini monetari, la coltivazione più importante, principalmente perchè essa raggiunge prezzi molto alti al mercato nero. 2a) In che modo la canapa può essere usata come cibo? I semi di canapa sono una fonte di proteine e di acidi grassi essenziali altamente nutrienti. Molti popoli hanno coltivato la canapa per i suoi semi. Le foglie possono essere usate come cibo per gli animali, ma non senza dei leggeri effetti psico-attivi. I semi di canapa non contengono per niente marijuana, e non vi faranno andare su di giri. Le proteine dei semi di canapa assomigliano molto a quelle che si trovano nel sangue umano. Sono fantasticamente semplici da digerire, e a molti pazienti che avevano disturbi intestinali sono stati prescritti dai loro medici semi di canapa. I semi di canapa erano chiamati una volta "edestine" ed erano considerati dagli scienziati come il modello delle proteine vegetali. L'olio dei semi di canapa fornisce al corpo umano gli acidi grassi essenziali. I semi di canapa sono gli unici che contengono questi oli con quasi solo grassi insaturi. Come supplemento della dieta questi oli possono ridurre il rischio di malattie di cuore. è questa la ragione per cui gli uccelli possono vivere di più se mangiano semi di canapa. Con i semi di canapa un vegetariano può sopravvivere e nutrirsi senza grassi saturi. Una manciata di semi di canapa al giorno fornisce adeguate proteine ed oli essenziali per un adulto. 2b) Quali sono i benefici della canapa rispetto alla coltivazione degli altri cibi? La canapa richiede pochi fertilizzanti, e cresce bene quasi dappertutto. Essa inoltre è resistente alle malattie, ed ha bisogno di pochi pesticidi. La canapa ha radici profonde, il che è un bene per il terreno, e quando le foglie cadono dalla pianta, i minerali sono restituiti alla terra. La canapa è stata coltivata sullo stesso campo in filari per venti anni senza un apprezzabile impoverimento del suolo. Usare meno fertilizzanti e pesticidi chimici è bene per due ragioni: la prima è che costa meno e richiede meno lavoro; la seconda è che molti prodotti chimici danneggiano e contaminano l'ambiente. Meno ne usiamo, meglio è. Centro Studi Piccola Comunità - 63 - 2c) E la soia? È competitiva la canapa come fonte mondiale di proteine? La canapa non produce veramente tante proteine quanto la soia, ma le proteine dei semi di canapa sono di più alto valore rispetto alla soia. Considerazioni di tipo agricolo possono far diventare la canapa il cibo del futuro. In aggiunta al fatto che la canapa è facile da coltivare, essa inoltre resiste ai raggi ultravioletti, che sono un tipo di luce solare intercettata dallo strato di ozono. I semi di soia non reagiscono ai raggi ultravioletti altrettanto bene. Se lo strato di ozono si ridurrà del 16 %, il che secondo alcune stime è molto probabile, la produzione di soia crollerebbe del 25 o 30 %. Noi potremmo dover coltivare la canapa o soffrire la fame, e questo non sarebbe la prima volta che capita. La canapa è stata usata per nutrire molte popolazioni in tempi di carestia. Sfortunatamente, a causa di vari fattori politici, i popoli affamati negli odierni paesi in via di sviluppo non utilizzano questa risorsa. In alcune regioni perchè gli ufficiali governativi la chiamerebbero marijuana e distruggerebbero la coltivazione. In altre perchè i contadini sono completamente impegnati a coltivare la coca ed i papaveri per produrre cocaina ed eroina per il boss locale. Questo è veramente un triste stato delle cose. Sperabilmente verrà il giorno in cui i Corpi della Pace potranno insegnare le moderne tecniche di coltivazione dei semi di canapa e far cessare la carenza mondiale di proteine. 3a) Come si usa la canapa per i prodotti tessili? Il fusto della pianta di canapa ha due parti, la fibra e il legno, o polpa. La fibra della pianta di canapa può essere tessuta per fare quasi ogni genere di vestiti. È molto durevole. Infatti i primi blue jeans Levìs erano fatti di canapa proprio per questa ragione. Paragonata a tutte le altre fibre naturali disponibili la canapa è più adatta per un gran numero di applicazioni. Ecco come la canapa viene mietuta per ricavarne la fibra: un campo di piante di canapa poco distanziate viene lasciato crescere finchè non cadono le foglie. Allora la canapa viene tagliata e lasciata sul campo per qualche tempo a bagnarsi con la pioggia. Viene rigirata in modo regolare per una volta per esporre tutti e due i lati del fusto. Durante questo tempo il legno si ammorbidisce e molti minerali vengono restituiti al suolo. Questa fase è chiamata "esposizione". Dopo che questa fase è stata completata i fusti sono portati ad una macchina che separa la fibra dal legno. Noi siamo fortunati perchè oggi ci sono le macchine - una volta gli uomini facevano questo lavoro manualmente, con ore e ore di fatica da rompersi la schiena. 3b) Perchè è migliore del cotone? Il tessuto che si fa con la canapa può essere un pò meno soffice del cotone (comunque eisistono anche speciali tipi di canapa, o modi di coltivarla o di trattarla, che possono produrre un tessuto morbido) ma è molto più resistente e duratura (e non si allunga). Dal punto di vista ambientale è meglio coltivare canapa che coltivare cotone, specialmente il tipo di cotone che è coltivato oggi. Negli Stati Uniti le coltivazioni di cotone usano la metà del totale di dei pesticidi (Si, avete sentito bene, Centro Studi Piccola Comunità - 64 - metà dei pesticidi usati in tutti gli Stati Uniti servono per il cotone). Il cotone è una coltivazione dannosa per il suolo, e necessita di molti fertilizzanti 4a) Come può essere usata la canapa per fare la carta? Sia la fibra che il legno della canapa possono essere usati per fabbricare la carta. La carta fatta con le fibre è stata il primo tipo di carta, e il primo lotto fu prodotto nell'antica Cina. La carta di fibra di canapa è sottile, dura, fragile e un pò ruvida. La carta fatta con il legno non è così forte come quella fatta con la fibra, ma è più facile da fabbricare, più soffice, più grossa, e preferibile per la maggior parte degli usi odierni. La carta che usiamo di più oggi è carta di "polpa chimica" ricavata dagli alberi (praticamente il legno degli alberi deve essere sciolto negli acidi). La carta fatta con la polpa della canapa può essere fabbricata partendo dal legno senza bisogno di sostanze chimiche. La maggior parte della carta di canapa fatta oggi usa l'intero fusto della pianta, fibra e legno. Carta di grande robustezza può essere fatta con la sola fibra, anch'essa senza sostanze chimiche. Il problema con la carta che usiamo oggi è che servono troppe sostanze chimiche per fabbricarla. Acidi molto forti sono necessari per ottenere dagli alberi carta di qualità (liscia, forte e bianca). Questi acidi producono sostanze chimiche molto dannose per l'ambiente. Le industrie cartarie fanno del loro meglio ripulire queste sostanze (speriamo). La canapa ci offre l'opportunità di fare carta sicura dal punto di vista ambientale per tutte le nostre necessità, perchè non ha bisogno di molti trattamenti chimici. è necessario comunque che i consumatori sappiano fare le scelte giuste queste dannose sostanze chimiche possono essere usate anche con la canapa per ottenere un prodotto leggermente più attraente. Piuttosto che comprare la carta igienica più bianca e luminosa, noi avremo bisogno di pensare a quello che stiamo facendo al pianeta. Per effetto dei prodotti chimici presenti nella carta che usiamo, essa diventa gialla e si rompe quando gli acidi corrodono la polpa. Questo richiede qualche decina d'anni, ma per questo motivo gli editori, le librerie e gli archivi devono ordinare speciali tipi di carta senza acidi, il che è molto più costoso, al fine di conservare i documenti. La carta fatta in modo naturale con la canapa è senza acidi e dura per dei secoli. 4b) Perchè non possiamo più continuare ad usare gli alberi? Le sostanze chimiche usate oggi per fare la carta con la polpa degli alberi, potrebbero causare domani una quantità di guai. Gli ambientalisti sono da molto tempo preoccupati per gli effetti dell'anidride carbonica, e di altri composti, sulla natura ed anche sull'uomo. Oltre all'inquinamento chimico ci sono altre ragioni di tipo agricolo in base alle quale noi dovremmo invece usare la canapa. Quando gli alberi vengono abbattuti, i minerali (del terreno) vengono portati via insieme con essi. La canapa è molto meno dannosa per il terreno dove è cresciuta, perche essa lascia sul terreno questi minerali. Centro Studi Piccola Comunità - 65 - Una semplice risposta alla domanda di cui sopra è: perchè noi stiamo correndo fuori strada! è stato detto molto tempo fa che uno scoiattolo poteva andare dal New England fino alla riva del Missisippi arrampicandosi sugli alberi senza toccare il suolo una sola volta. Il desiderio degli europei di sistemarsi e di usare la legna per il fuoco e per gli usi della fattoria, ha posto fine a tutto ciò. Quando la prima carta fatta con il legno si è trasformata in una grossa industria, il Dipartimento dell'Agricoltura degli Stati Uniti (USDA) ha incominciato a preoccuparsi per le forniture di legname. Questa è la ragione per cui si misero a cercare altre piante adatte al fine di rimpiazzare il legno. Oggi alcuni "conservatori" sostengono che ci sono più foreste ora che in qualsiasi altra epoca. Ciò non è affatto vero: queste statistiche non riflettono il mondo reale. Una volta che gli alberi sono stati sottratti da un appezzamento di terreno, ci vogliono molte decine di anni prima che la diversità biologica ed i cicli naturali ritornino nella foresta, e le fattorie per lo sfruttamento commerciale degli alberi semplicemente non contano come foreste - esse sono coltivazioni agricole. Come abbiamo appena ricordato, le fibre di molte piante sono state studiate dal USDA - alcune, come il kenaf (hibiscus cannabinus) erano ancora meglio della canapa per fare alcune qualità di carta, ma la canapa aveva un enorme vantaggio: la forte vitalità. La canapa produce un'immensa quantità di materia vegetale in una stagione di crescita di tre mesi. Quando si trattò di produrre il diluvio di carta usata dagli Americani, solo la canapa avrebbe potuto competere con gli alberi. Di fatto, secondo un calcolo del USDA del 1916, un acro di canapa avrebbe potuto rimpiazzare ben quattro acri di foresta. E, nello stesso tempo, questo acro avrebbe prodotto tessuti e corde. Oggi solo il 4 % delle antiche foreste americane rimangono al loro posto, e si parla di costruire strade all'interno di esse per necessità di circolazione. Vorranno i nostri politici capire per tempo quanto sarebbe facile salvarle? 5a) In che modo può essere usata la canapa come combustibile? Il legno della canapa può essere bruciato così comè è o trasformato in carbonella, metanolo, metano o benzina. Il processo per fare tutto ciò si chiama distillazione frazionata o pirolisi. I carburanti ottenuti da piante come questa si chiamano carburanti da biomassa. Questa carbonella può essere bruciata in generatori elettrici di potenza funzionanti a carbone. Il metanolo costituisce un buon carburante per le automobili, e di fatto viene usato in gare automobilistiche di piloti professionisti. Un giorno potrebbe sostituire la benzina. La canapa può inoltre essere usata per produrre etanolo. Il Governo degli Stati Uniti ha sviluppato un modo per fabbricare questo tipo di carburante per automobili da biomasse di cellulosa. La canapa è un'eccellente fonte di biomassa di cellulosa di alta qualità. Un altro modo per usare la canapa come carburante è di usare l'olio contenuto Centro Studi Piccola Comunità - 66 - nei semi di canapa - alcuni motori Diesel possono funzionare con puro olio di semi di canapa ottenuto per pressione. Comunque l'olio è più utile per altri scopi, anche se noi potremmo produrre e pressare abbastanza semi di canapa per far andare milioni di auto. 5b) Perchè è meglio del petrolio? I carburanti da biomassa sono puliti, e virtualmente privi di metalli e solfuri, così essi non causano nemmeno lontanamente l'inquinamento dell'aria come i combustibili fossili. Ancora più importante, bruciando carburante da biomassa, non si aumenta la somma totale dell'anidride carbonica nell'atmosfera. Quando i prodotti del petrolio vengono bruciati, il carbonio che è stato immagazzinato sotto terra per milioni di anni, viene aggiunto all'aria. Questo può contribuire al riscaldamento globale attraverso l'effetto serra (una teoria popolare secondo la quale certi gas si comportano come una coperta di lana sopra l'intera Terra, impedendo al calore di disperdersi nello spazio). Al fine di produrre carburante da biomassa, questa anidride carbonica deve essere sottratta dall'aria all'inizio del ciclo - quando avviene la combustione viene appunto restituita all'aria dalla quale era partita. Un altro vantaggio sui combustibili fossili è che il combustibile da biomassa può essere fabbricato giusto qui negli Stati Uniti, invece di comprarlo da altri paesi. Invece di pagare i tecnici delle perforazioni petrolifere, i capitani di superpetroliere ed i soldati per poter importare il carburante, noi potremmo pagare i nostri coltivatori e distribuirlo ai guidatori. Naturalmente è possibile abbattere alberi ed usarli come biomassa. Questo però non sarebbe altrettanto benefico per l'ambiente come usare la canapa, specialmente finchè gli alberi che vengono tagliati per essere bruciati saranno"mietuti" interi. Questo significa che l'intero albero viene strappato e bruciato, non solo il legno. Poichè la maggior parte dei minerali che l'albero utilizza si trovano nelle foglie, questa pratica potrebbe rovinare il terreno in cui gli alberi sono cresciuti. In parecchi luoghi degli Stati Uniti le compagnie elettriche hanno cominciato a fare questo, bruciare alberi per produrre elettricità, perchè è più conveniente che usare il carbone. Esse dovrebbero usare la canapa, come alcuni ricercatori in Australia iniziarono a fare alcuni anni fa (inoltre la canapa fornisce una più alta qualità e quantità di biomassa rispetto agli alberi). 6a) In che modo può essere usata la canapa come medicinale? La marijuana ha centinaia di possibili usi in medicina. La marijuana (precisamente l'estratto di canapa) è stata disponibile legalmente per i medici fino al 1937, ed era venduta come tonico nervino - ma il genere umano ha fatto uso dei medicamenti estratti dalla canapa per un tempo molto più lungo. La marijuana appare in quasi tutti i libri di medicina conosciuti da antichi studenti e uomini di scienza. Essa è di solito situata tra le medicine principali, chiamate "panacee", una parola che significa "curatutto". La lista delle malattie per le quali la cannabis può essere usata include: sclerosi multipla, trattamento del cancro, AIDS (e trattamenti dell'AIDS), glaucoma, depressione, epilessia, emicrania e mal di testa, asma, pruriti, scleroma, forte dolore e Centro Studi Piccola Comunità - 67 - distonia. Questa lista ancora non considera gli altri medicamenti che possono essere ottenuti dalla marijuana, quali sono appunto alcune malattiie per le quali la gente oggi fuma o mangia la marijuana integra. Ci sono più di 60 sostanze chimiche nella marijuana che possono avere usi medici. È relativamente facile produrli sotto forma di cibo o bevande, o dentro qualche tipo di lozioni usando burro, grasso, olio o alcool. Una di queste sostanze, il cannabinolo, può essere utile per aiutare la gente che non può dormire. Un altro è ottenuto dai boccioli non ancora maturi ed è chiamato acido cannabidiolico. È un potente disinfettante. La marijuana dissolta in alcool (da frizionare) aiuta le persone con malattie della pelle, herpes a controllare le loro piaghe, ed una pomata come questa fu uno dei primi usi medicinali della cannabis. Le foglie una volta erano usate in bendaggi, ed un tè di erbe non psicoattive e rilassante può essere fatto con i piccoli steli della cannabis. Oggi l'uso meglio conosciuto della marijuana è per il controllo della nausea e del vomito. Una delle cose più importanti nel trattamento del cancro con chemioterapie o nel trattamento dell'AIDS con AZT o Foscavir, essere capaci di mangiare bene, fa la differenza tra la vita e la morte. I pazienti hanno scoperto che la marijuana è estremamente efficace nel combattere la nausea; di fatto talmente tanti pazienti la usano a questo scopo anche se è illegale, che essi hanno formato club di compratori per riuscire ad assicurarsi forniture regolari. In California alcuni governi cittadini hanno deciso di guardare da un'altra parte e permettere a questi club di operare apertamente. La marijuana è anche utile per altre due serie e molto diffuse invalidità. Il glaucoma è la seconda principale causa di cecità, causata da una incontrollabile pressione dell'occhio. La marijuana può controllare la pressione dell'occhio e impedire al glaucoma di causare la cecità. La sclerosi multipla è una malattia in cui il sistema immunitario del corpo attacca le cellule dei nervi. Il risultato sono spasmi e molti altri problemi. La marijuana non solo favorisce la cessazione degli spasmi, ma può anche impedire alla sclerosi multipla di peggiorare. 6b) Cosa c'è di sbagliato in tutte le nostre prescrizioni di medicinali? Essi costano denaro e sono difficili da produrre. In molti casi inoltre non lavorano altrettanto bene. Alcune prescrizioni mediche che la marijuana può sostituire hanno effetti collaterali molto brutti e anche dannosi. I medicinali della cannabis costano poco, sono sicuri e facili da produrre. Molta gente pensa che la sostanza dronabinol dovrebe essere usata al posto della marijuana. Il dronabinol è una esatta imitazione di uno dei composti chimici trovati nella marijuana, ed è efficace in molte delle malattie di cui sopra, ma ci sono grandi problemi con il dronabinol, e la maggior parte dei pazienti che hanno usato sia il dronabinol che la marijuana dicono che la marijuana lavora meglio. Il primo problema con il dronabinol è che è più difficile da ottenere che non la Centro Studi Piccola Comunità - 68 - marijuana. Molti medici non amano prescrivere il dronabinol, e molte farmacie non vogliono tenerlo perchè bisogna compilare un mucchio di documenti della DEA (Drug Enforcement Administration). In secondo luogo il dronabinol è fornito in pillole che sono virtualmente senza utilità per chiunque abbia il vomito, ed è difficile assumere la giusta dose di dronabinol finchè non potrà essere fumato. Infine perchè il dronabinol è solo una delle molte sostanze chimiche della cannabis, per alcune malattie non ha efficacia. Molti pazienti non amano gli effetti del dronabinol perchè non contiene alcune delle sostanze chimiche con effetto più calmante che sono presenti invece nella marijuana. 7) Quali altri usi ci sono per la canapa? Uno degli usi più recenti della canapa è nei materiali da costruzione. La canapa può essere usata per produrre tavole pressate, o tavole composte. Per questo bisogna incollare i fusti fibrosi sotto pressione per produrre una tavola che è molte volte più elastica e durevole del legno. Poichè la canapa produce una fibra lunga e resistente, è la perfetta materia prima per tavole pressate. Un'altra interessante applicazione della canapa nell'industria è per fare la plastica. Molti materiali plastici possono essere fatti con il legno molto ricco di cellulosa della canapa. L'olio di semi di canapa ha una moltitudine di utilizzazioni in prodotti quali vernici e lubrificanti. Usare la canapa per costruire non è sicuramente un'idea nuova. Archeologi francesi hanno scoperto ponti costruiti con un processo che mineralizza i fusti della canapa dentro un cemento di lunga durata. Il procedimento non richiede prodotti chimici e produce un materiale che ha la funzione di riempitivo nella costruzione degli edifici. Chiamato "isochanvre", ha avuto popolarità in Francia. L'isochanvre può essere usato come un muro a secco, isolante termico e contro il rumore, ed è molto durevole. Anche le bio-plastiche non sono un'idea nuova. Questa risale a quando negli anni trenta Henry Ford aveva costruito con esse tutto il corpo della macchina, ma il processo per fabbricarle sicuramente richiede maggiori ricerche e sviluppo. Le plastiche biologiche possono essere prodotte senza molto inquinamento. Sfortunatamente non è molto probabile che le aziende esplorino il settore delle bioplastiche finchè esse devono o importare le materie prime o violare la legge (per non menzionare la necessità di competere con i più affermati prodotti petrolchimici). Centro Studi Piccola Comunità - 69 - PARTE 2 COME MAI ALLORA NON USIAMO LA CANAPA? 1) Come e perché la canapa è diventata illegale? Domanda difficile! Per spiegare come mai la canapa, la pianta più utile conosciuta dal genere umano diventò illegale, bisogna capire le ragioni per cui marijuana, la droga, venne vietata. In effetti, è meglio risalire all’inizio del secolo e parlare di due altre droghe, l’oppio (il nonno dell’eroina) e la cocaina. L’oppio, una droga molto pesante (ma relativamente innocua per gli standard moderni) era usata tempo fa dai Cinesi. Le ragioni per tale uso sono una storia a parte, basti ricordare che quando i Cinesi iniziarono ad immigrare negli Stati Uniti, portarono l’oppio con sé. I lavoratori cinesi usavano l’oppio per indurre uno stato di trance che li aiutava a compiere lavori noiosi e ripetitivi. Nello stesso tempo l’oppio rendeva insensibili al dolore e alla fatica. Usando l’oppio i cinesi erano in grado di lavorare ore e ore nelle fabbriche della Rivoluzione Industriale. Durante questo periodo non si parlava nemmeno di salari equi, e l’unico modo per un operaio di guadagnare abbastanza da vivere era di lavorare più ore possibili. Dato che erano dei lavoratori tanto infaticabili, i cinesi si assicurarono molti lavori nel mondo estremamente competitivo dell’industria. Prima della Grande Depressione, quando milioni di posti di lavoro scomparvero da un giorno all’altro i lavoratori bianchi cominciarono a risentirsi di tale situazione e i cinesi iniziarono quindi ad essere odiati dai lavoratori bianchi. Persino più di oggi, i bianchi americani avevano un grosso vantaggio politico sui cinesi: parlavano inglese e avevano parenti nel governo, così fu facile per loro escogitare un modo per costringere i cinesi a lasciare il paese (o quantomeno a far sì che non potessero farsi raggiungere dai familiari rimasti in Cina).Tale idea dipendeva dal provocare sentimenti razzisti, ed una delle cose più facili su cui appuntare l’attenzione era sull’uso straniero e misterioso dell’oppio. Possiamo notare la stessa strategia con la cocaina, con la differenza che con essa erano i Negri Americani a costituirne il bersaglio. La cocaina non era particolarmente utile sul lavoro, ma la tattica contro gli immigrati cinesi (puntando sulla droga da loro utilizzata) era stata talmente un successo che venne usata di nuovo. Nel caso dei Neri, tuttavia, i sentimenti razzisti erano più profondi, e lo scopo principale della campagna di propaganda fu di controllare la comunità nera ed evitare che i neri riuscissero a fare successo. Apparvero articoli nei giornali che condannavano la cocaina per i crimini violenti commessi dai neri. I Neri Americani vennero descritti come dei selvaggi, dei veri animali quando erano sotto l’influenza della cocaina: si diceva che Centro Studi Piccola Comunità - 70 - rendesse un nero forte quanto quattro o cinque poliziotti bianchi (vi suona familiare?). Fomentando tali sentimenti razzisti, una potente congrega politica riuscì bandire prima l’oppio e poi la cocaina. Subito dopo venne la marijuana. Si sapeva già che i soldati Messicani che avevano combattuto l’America durante la Guerra IspanoAmericana la fumavano. Un generale messicano, Poncho Villa, era considerato con terrore per il comportamento delle sue truppe, particolarmente violento. Di loro si sapeva che erano forti fumatori di marijuana, come diceva la famosa canzone "la cucaracha" (la canzone parlava originariamente di un soldato messicano che si rifiutava di marciare fino a quando non gli si fosse data la sua razione di marijuana). Dopo che la guerra ebbe fine ed i Messicani iniziarono ad emigrare nel sud-est degli Stati Uniti, ci furono relativamente pochi problemi razziali. C’era abbondanza di lavoro sia in agricoltura che nell’industria ed i messicani erano desiderosi di lavorare anche per poco. Una volta iniziata la Depressione, però, ed il lavoro divenne raro, i messicani iniziarono ad essere un problema. Fu detto dai politici (desiderosi di accattivarsi il voto dei lavoratori bianchi) che i messicani erano responsabili per una violenta ondata di crimine. Le statistiche della polizia mostravano che ciò non era vero .- in effetti i messicani coinvolti in crimini erano statisticamente di meno dei bianchi. La marijuana, naturalmente, si prese la colpa per questi problemi fasulli di crimine e salute, e così molti di questi stati emanarono leggi contro l’uso della cannabis (negli Stati del Nord la marijuana era anche associata ai musicisti neri di jazz). E qui le cose iniziano a complicarsi. Mettiamo da parte, per il momento, tutto quello di cui abbiamo parlato finora perché ci sono alcune altre cose coinvolte in questa storia complicata. All’inizio della Grande Depressione, c’era un movimento molto popolare chiamato Proibizionismo, che fece diventare illegale gli alcolici. Questo fu causato principalmente da un etica religiosa puritana, lascito dei primi coloni europei. Oggi abbiamo film e sceneggiati TV come "Gli Intoccabili" che ci mostrano come era la vita durante questo periodo. Dato che probabilmente l’alcool è la droga più utilizzata, la sua proibizione fece fiorire un vasto mercato nero in cui gli alcolici erano contrabbandati e venduti a prezzi altissimi. Il crimine sfuggì di mano mentre i criminali si combattevano l’un l’altro su chi poteva vendere gli alcolici e dove. Il crimine organizzato divenne un’istituzione americana, e i super alcolici, facili da contrabbandare, presero il posto della birra e del vino. Per combattere quest’ondata di criminalità, venne istituito un grosso corpo di polizia. Il numero di poliziotti crebbe rapidamente fino alla fine del Proibizionismo quando il governo decise che il miglior modo di gestire la situazione era di porvi fine e lasciare che la popolazione potesse bere gli alcolici legalmente. Durante il Proibizionismo il governo americano aveva essenzialmente (e stupidamente) utilizzato il sostegno militare per togliere il controllo del giro di affari degli alcolici alle bande armate. Ancora oggi le bande controllano la vendita dei liquori in molte zone. Dopo la fine del Proibizionismi gli Stati Uniti si ritrovarono con niente altro che una decade di sommovimento politico - e molti ufficiali di polizia disoccupati. Centro Studi Piccola Comunità - 71 - Durante il Proibizionismo essere ufficiale di polizia era una cosa molto piacevole - si prendeva un salario più che decente, rispetto, parziale immunità alla legge, e l’opportunità di prendere tangenti (se si era quel tipo di persona).Molti di questi ufficiali non si lasciarono scappare questo stile di vita. Incidentalmente, fu circa in questo periodo che l’Ufficio Federale per i Narcotici e le Droghe Pericolose fu ristrutturato, ed un uomo chiamato Harry J. Anslinger fu nominato suo direttore. (Anslinger venne nominato da un suo parente, Andrew Mellon, Segretario al Tesoro). Anslinger si batté senza posa per ottenere fondi in modo da reclutare una vasta forza di ufficiali per la Narcotici. Dopo essere andato in pensione, Anslinger una volta disse riflettendo che l’Ufficio per i Narcotici e le Droghe Pericolose era il posto dove i giovani uomini ricevevano la licenza per rubare e razziare. L’Ufficio Federale per i Narcotici e le Droghe Pericolose fu l’organizzazione che precedette quella che oggi noi chiamiamo DEA, ed era incaricata di rafforzare la nuova legge federale contro eroina, oppio e cocaina. Una delle preoccupazioni principali di Anslinger come capo di tale ufficio era di ottenere una legge uniforme in tutti gli Stati Federali e nella Legislazione Federale stessa. (Anslinger aveva anche una personale insofferenza per il Jazz e per tutti i musicisti jazz di colore. Li detestava a tal punto che passò anni a tenere le tracce di ognuno e sognava di arrestarli tutti in una gigantesca retata nazionale). Anslinger frequentava le riunioni di associazioni di genitori ed insegnanti, tenendo conferenze volte a spaventare sui pericoli relativi all’uso della marijuana, e questo periodo prese il nome di Pazzia della Sigaretta (il nome deriva dal titolo di un film prodotto da un gruppo di salute pubblica). 2) Va bene, ma che cosa ha a che fare tutto questo con la canapa? Per farla breve, durante la prima decade di questo secolo, oppio venne reso illegale per respingere gli immigrati cinesi che avevano inondato il mercato del lavoro. La cocaina venne resa illegale per reprimere e controllare la comunità di colore. E la marijuana venne resa illegale per controllare i messicani nel sud-est del paese (e con loro anche i neri). Tutte queste leggi erano basate principalmente su razzismi, senza molto altro che le supportasse - si può facilmente notarlo leggendo i discorsi tenuti nelle varie legislature.. Sempre in questo periodo, la fine del Proibizionismo ci lasciò con una numerosa forza di ufficiali di polizia disoccupati, che cercavano lavoro nel rinforzo delle nuove leggi antidroga. Di conseguenza, questi stessi ufficiali avevano bisogno di convincere il Paese che il loro lavoro era importante. Lo fecero spaventando i genitori sul pericolo droga. Tutto questo preparò il terreno per una legge passata nella Legislazione Federale che mise una tassa proibitiva sulla marijuana. Questo fu la goccia che stroncò definitivamente la coltivazione della canapa. Prima della Legge del 1937 sulla tassa della marijuana, lo Stato del Kentucky era il centro di una discretamente vasta zona di coltivazione e lavorazione della canapa che produceva abiti e cordame per le navi. Il giro di affari avrebbe potuto essere Centro Studi Piccola Comunità - 72 - maggiore, ma la canapa aveva un grosso svantaggio: la sua lavorazione richiedeva molta manodopera. Gli uomini dovevano rompere il fusto della pianta per separare la fibra dall’interno legnoso. Questo era fatto su un piccolo macchinario chiamato "rompi-mano", ed era un lavoro adatto ad Ercole. Non fu sino agli anni che tali macchinari per questa fase della lavorazione vennero rese ampiamente disponibili. Oggi usiamo carta ottenuta tramite un processo chiamato "poltiglia chimica". Prima di questo, gli alberi erano lavorati da macchinari meccanici, che erano molto più costosi. Nello stesso periodo arrivarono i macchinari per spezzare la canapa e l’idea di usare la canapa per produrre carta e plastica venne proposta. La parte usata per questo di solito dopo aver tolto la fibra era gettata via. Nuove ricerche mostrarono come poteva essere invece usata al posto del legno nei macchinari meccanici e che questo avrebbe drasticamente ridotto i costi della produzione cartacea. La rivista "Popular Mechanics" predisse che la canapa sarebbe arrivata ad essere la coltivazione principale in America. In effetti nel 1937 la Legge sulla tassa per la marijuana fu così inaspettata che la stessa rivista che era già andata in stampa con una storia di copertina sulla canapa, la vide pubblicata nel 1938, due mesi dopo che tale legge era andata in vigore. 3) Aspetta un attimo. Ti aspetti che creda che non avrebbero pensato di approvare una legge migliore, una che proibisse la marijuana e lasciasse utilizzabile la canapa commerciale, invece di gettare ogni cosa giù per il tubo di scarico? C’è di più. La lavorazione chimica della canapa era stata inventata in questo periodo dalla Dupont Chemicals, come parti di un accordo multi milionario con una compagnia di legname e giornali posseduta da William Randolph Hearst. Questo accordo avrebbe dato ad Hearst una fonte di carta molto economica, ed egli sarebbe stato presto conosciuto come il milionario del "giornalismo giallo" (chiamato così perché la nuova carta diventava giallastra dopo qualche tempo). Hearst sapeva di poter eliminare gli altri giornali dalla concorrenza con questo nuovo metodo. La canapa minacciava questo progetto. Doveva essere impedito, e la tassa del 1937 sulla marijuana fu il modo in cui lo impedirono. Come legge sulla droga questa del 1937 non era un passo determinante - non risolveva granché e molti storici si ritrovarono a chiedersi perché fosse mai stata scritta. Grossi interessi economici si avantaggiarono del clima politico di razzismo e retorica antidroga per fermare il mercato libero dei prodotti della canapa, e_fu così_amico mio_che la canapa divenne illegale. Per gli Anni Trenta questo accordo costituiva una transazione molto importante; includeva altre compagnie di legname e alcune ferrovie. L’affare della Dupont fu interamente spalleggiato da un banchiere chiamato Andrew Mellon. Non importa che rileggiate le righe precedenti: è lo stesso Andrew Mellon che aveva nominato suo nipote Harry Anslinger capo dell’Ufficio Federale sulle Droghe Pericolose. La legge sulla marijuana fu approvata in modo alquanto irregolare, e nessuno che avrebbe potuto avere obiezioni in merito ne venne informato. L’Associazione Medica Centro Studi Piccola Comunità - 73 - Americana seppe della legge solo due giorni prima della discussione e inviò un rappresentante che si opponesse al bando della cannabis medicinale. Anche un venditore di semi di canapa per uccelli si presentò e se ne lamentò. Ma la legge venne comunque approvata, parzialmente grazie alla testimonianza di Harry J. Anslinger. Non che gli Americani avrebbero protestato contro la legge, persino se ne avessero saputo l’esistenza molti americani non sapevano che la canapa e la marijuana fossero della stessa famiglia. La parola marijuana, diversa da cannabis era una delle ragioni Nessuno avrebbe associato la perfida pianta proveniente dal Messico con i legacci con cui si legavano le scarpe. E anche, in questo periodo andavano affermandosi le fibre sintetiche, e nessuno era più molto interessato alle fibre naturali. Inoltre la parola "canapa" era spesso erroneamente confusa con altre fibre naturali, ed in modo particolare con la Juta. L’ignoranza sulla canapa continua ancora oggi, ma è persino più preoccupante. Durante gli Anni Settanta (La pazzia della sigaretta II) ogni menzione della parola "canapa" fu rimossa dai testi scolastici qui negli Stati Uniti. E tutto questo in barba alla libertà di espressione! Quando Jack Herer, il più apprezzato conferenziere procanapa, chiese ad un responsabile dello Smithsonian Institute come mai questa parola era stata eliminata da tutte le loro esposizioni, la risposta che ricevette fu incredibile: "I bambini non hanno bisogno di sapere nulla sulla canapa ormai: Rischia di confonderli". Jack Herer continuò scoprendo un film girato dal governo degli Stati Uniti, un film di cui non si voleva si sapesse l’esistenza. Il film "Canapa per la Vittoria" mostrava nei dettagli come il governo degli Stati Uniti era riuscita a scavalcare la Legge sulla canapa quando ne avevano avuto bisogno durante lo Sforzo Bellico, e si mise in atto un vasto progetto in Kentucky e in California per coltivare la canapa. 4) C’è una lezione da imparare da tutto ciò? Diverse. La prima è che l’odio non paga. È ironico che il razzismo del popolo americano si sia rivoltato contro di esso a tal punto - una specie di giustizia divina, se si vuole. Perché gli americani si erano accecati dalla paura, dall’odio e dall’intolleranza verso razze diverse dalla loro, e lasciarono che un futuro prospero sfuggisse dalle loro dita. Un’altra cosa che questa storia ci insegna è che gli americano devono prendere la Democrazia più seriamente. Se avessero passato più tempo ad informarsi sul mondo che li circondava, avrebbero saputo dove stava veramente il punto della situazione. Invece lessero i giornali - e guardate dove questo ci ha portati. Infine, ora che abbiamo posto la proibizione della marijuana nel suo contesto storico preciso, possiamo chiaramente vedere che non aveva nulla a che fare con la salute pubblica, o la sicurezza nazionale, o quello che volete. Prima di tutto la marijuana non avrebbe dovuto essere resa illegale. Se tale proibizione non ha a tutt’oggi basi razionali su cui poggiarsi, allora eliminiamola. Centro Studi Piccola Comunità - 74 - Un punto che necessita di essere sottolineato: le leggi approvate in questo paese possono a volte non significare quello che affermano sulla carta. Storicamente, gli Stati Uniti hanno una lunga lista di leggi approvate con motivi reconditi. In ogni caso, anche se non ci fossero ulteriori motivi, approvare leggi non abbastanza chiare porta ad avere degli abusi delle stesse. La maggior parte delle nostre leggi più dure sulle droghe sono di questo tipo - attivate per combattere i re della droga, ma rinforzate contro chi si drogava occasionalmente e piccoli spacciatori. In effetti, la maggior parte di queste leggi non vengono nemmeno mai usate contro i veri re della droga, e le prime persone ad essere perseguite da questi statuti non sono quelle che i legislatori avevano in mente. Se questo vi sconvolge, dovreste seguire più attentamente quello che succede nella vostra legislatura SI? NO? E' VERO? Esamineremo alcuni dei cosiddetti "fatti" sulla marijuana così potrete decidere da soli se siete d'accordo oppure no. La proibizione della marijuana esiste per proteggerci o è solamente il risultato di decenni di rifiuto di ammettere i nostri errori? 1) È vero che la marijuana si insedia nelle cellule adipose e mantiene il suo potenziale per mesi? No. La parte di marijuana che fa effetto viene chiamata "Delta-9tetraidrocannabinolo". La maggior parte delle persone la chiama THC, ma questo rischia di confondere le idee: il vostro corpo cambia il Delta-9-THC in più molecole inerti conosciute come "metaboliti", e che non fanno effetto. Sfortunatamente, queste particelle comprendono la parola "tetraidrocannabinolo" e vengono anche chiamate THC- così che molte persone pensano che i metaboliti abbiano un effetto. La letteratura anti-droga affermano che THC si stabiliscono nelle vostre cellule adipose e poi vengono rilasciate più tardi come quelle capsule a rilascio ritardato pubblicizzate in TV. Dicono che vi mantengono sotto il loro effetto tutto il giorno o persino più a lungo. Questo non è vero, la marijuana mantiene il proprio effetto solamente poche ore, e non è giusto pensare che una persona che fallisce un test sulla droga è sempre drogata. Due di questi metaboliti sono chiamati "11-idrossi-tetraidrocannabinolo" e 11-nor-9carbossi-delta-9-tetraidrocannabinolo", ma noi li chiameremo 11-OH-THC e 11-nor. Queste sono le particelle che risiedono nelle vostre cellule adipose. Non c'è quasi più Delta-9-THC dopo alcune ore dall'aver fumato marijuana, e studi scientifici che misurano gli effetti della marijuana sono d'accordo. 2) Ma.. non è vero che oggi la marijuana è molto più potente che negli anni sessanta? (O, più spesso.. marijuana è 10 volte più potente di quanto lo fosse negli anni sessanta!) BENE! In effetti, non è vero, ma se lo fosse, significherebbe che fumare marijuana oggi è più innocuo che negli Anni Sessanta. (Cannabis più potente significa fumare di Centro Studi Piccola Comunità - 75 - meno, il che significa a sua volta meno danni ai polmoni per il fumo). Le persone che usano tali statistiche semplicemente non sanno di cosa stanno parlando. A volte affermano persino che oggi la marijuana è 20 volte più potente, il che è fisicamente impossibile perché dovrebbe essere "maggiore" del 100% del Delta-9-THC. La verità è che la marijuana non è poi cambiata così tanto di forza, se lo è, nelle ultime centinaia di anni, nonostante tutta la nostra moderna tecnologia. Prima che la marijuana venisse resa illegale, le drogherie vendevano tinture di cannabis che superavano il THC di più del 40%. Persino così, il punto è discutibile, perché i fumatori di marijuana sono oggetto di una chimica particolare chiamata "auto-titolazione", il che significa che fumano fino a quando sono soddisfatti e poi si fermano, così non è molto importante che la marijuana sia più potente in quanto essi ne fumerebbero di meno. La marijuana non è come le salviette pre-umidificate. Non c'è niente che obblighi i fumatori di marijuana a fumarne una sigaretta intera se non lo vogliono. Le persone che utilizzano spesso la marijuana sono abituati a fumarla da diverse forniture, e sanno perfettamente che se fumano una sigaretta intera di marijuana molto potente otterranno il risultato di "essere troppo fatti". E dato che "essere troppo fatti" non è un'esperienza particolarmente piacevole, i fumatori imparano presto ad andare con calma nel fumare, e controllare la qualità del fumo quando non ne conoscono la forza. 3a) La marijuana danneggia il cervello? Risposta breve: No Risposta completa: La ragione per cui chiedete questo è perché probabilmente avete sentito o letto da qualche parte che la marijuana danneggia le cellule celebrali, o vi rende stupidi. Tali affermazioni sono errate. L'idea che la marijuana uccida le cellule celebrali è basata su ricerche effettuate durante la seconda Pazzia della Sigaretta. Uno studio cercò di dimostrare che fumare marijuana danneggiava le strutture cerebrali delle scimmie. In ogni caso, lo studio venne effettuato in modo impreciso e fu severamente criticato dal comitato di una rivista medica. Studi successivi non dimostrarono alcun danno al cervello, in effetti uno studio molto recente sulle scimmie di Rhesus ha usato una tecnologia così sensibile che gli scienziati potevano vedere l'effetto dell'apprendimento sulle cellule celebrali, e non trovarono alcun danno. Ma questo era la Pazzia della Sigaretta II, e i proibizionisti cercavano qualsiasi cosa potesse mantenere in scacco il movimento di legalizzazione della marijuana., così lo Centro Studi Piccola Comunità - 76 - studio venne ampiamente usato nella propaganda anti-marijuana . Venne sconfessato tempo dopo. (Sino ad oggi, i gruppi radicali anti-droga, come P:R:I:D:E: e quello del Dr. Gabriel Nahas hanno continuato ad usarlo. In effetti, il programma più popolare di educazione alla droga: "Educazione alla Resistenza dell'Abuso di Droga", sostiene che la marijuana "può danneggiare la percezione della memoria e la capacità di giudizio distruggendo le cellule celebrali". Quando la polizia e gli insegnanti leggono questo e ci credono, il nostro lavoro diventa veramente arduo, in quanto ci vuole molto tempo per spiegare ai bambini come Ms. Jones e il poliziotto Bob si sbagliavano.) La verità è che nessuno studio ha mai dimostrato nessun danno cellulare, stupidità, guasto celebrale o pazzia dovute specificatamente all'uso della marijuana - nemmeno un uso pesante. Ciò non significa che non possa essere usata male 3b) Se non danneggia le cellule celebrali come fa a "tirarti su" allora? Danneggiare le cellule celebrali non è un requisito fondamentale per "tirarsi su". La marijuana contiene una sostanza che si sostituisce ad un'altra sostanza naturale del cervello, con alcune differenze. Questa sostanza tocca alcuni "bottoni " sulle cellule celebrali chiamati "recettori". Fondamentalmente la marijuana "solletica" le cellule celebrali. L'alcool, la droga legalizzata, solletica anche lui le cellule celebrali, con la differenza che le danneggia e le uccide producendo delle tossine (veleno) e a volte dei piccoli attacchi. Inoltre, alcune droghe consumano i "bottoni" che toccano, ma la marijuana no 4) Si può morire per aver fumato la marijuana? Nessuno è mai morto di overdose. Per ogni sostanza ci sono persone che ne sono allergiche. Con la marijuana questo è estremamente raro, ma può succedere con qualsiasi cosa, dalle mele alle torte. Nessuna morte è mai stata collegata direttamente alla marijuana. Al contrario, molte droghe legalizzate registrano centinaia e centinaia di migliaia di morti all'anno, e principalmente tra loro abbiamo alcool, nicotina, valium, aspirina e caffe ina. Il maggior pericolo con la marijuana è di essere illegale e qualcuno potrebbe mischiarla con altre droghe come PCP. La marijuana è talmente sicura che è praticamente impossibile andare in overdose con essa. I dottori determinano quanto è sicura una droga misurando quando di essa è necessaria per uccidere una persona ( lo chiamano LD50) e paragonandolo con la quantità della stessa droga viene normalmente assunta (ED 50). Questo rende la marijuana centinaia di volte più sicura di alcool, tabacco o caffeina. Secondo un Giudice della DEA, la "marijuana è la sostanza attiva terapeutica più sicura conosciuta dal genere umano". Centro Studi Piccola Comunità - 77 - 5) Ho dimenticato, ma la marijuana può causare brevi amnesie? L'effetto della marijuana sulla memoria è estremamente plateale e il più semplice da notare. Molti fumatori inesperti si ritrovano ad avere degli improvvisi, inaspettati e molto strani sbalzi di memoria. Questi in genere prendono la forma di una completa dimenticanza di cosa stavate parlando proprio nel bel mezzo di una frase importante. In ogni modo questi sintomi in genere si ritrovano solo mentre una persona è nella fase di "picco". Non diventa un fenomeno permanente, ed esami di fumatori incalliti di marijuana non hanno mostrato alcun problema di memoria o di riflessione. Più fumatori sembrano inoltre in grado di ricordare le stesse cose di quando non sono sotto l'effetto della marijuana. Studi che hanno sostenuto di mostrare danni temporanei alla memoria non hanno superato analisi approfondite e non sono stati ripetuti. Nuovi studi mostrano che la marijuana non danneggia i processi della memoria sul mondo reale. La marijuana può in effetti rallentare leggermente i tempi di reazione, e questo effetto è stato qualche volta scambiato come problema di memoria. Per mettere le cose nella giusta prospettiva un gruppo di ricercatori fece trattenere il respiro ad un gruppo sotto controllo, come lo trattengono i fumatori di marijuana. La marijuana risultò produrre solamente circa il doppio di effetti nei test di questo tipo. Molti usano la marijuana per studiare. Altri non possono, per qualche ragione, usare marijuana e compiere atti che implichino riflettere profondamente. Nessuno sa cosa faccia la differenza. 6a) La marijuana può rendere psicotico il mio fidanzato? La marijuana non "causa" alcuna psicosi. Persone psicotiche possono fumare la marijuana e avere un attacco, ma non c'è niente nella marijuana che inizi o aumenti tali attacchi. Naturalmente se una persona con problemi mentali riceve marijuana da fumare per la prima volta o senza esserne a conoscenza possono spaventarsi e diventare "strani". Alcune persone che soffrono di acuti problemi psicologici spesso usano la marijuana per farvi fronte. Per questo motivo alcuni ricercatori hanno dedotto che la marijuana sia la causa dei loro problemi, quando invece ne è un sintomo. Se avete sentito dire che la marijuana fa diventare pazzi questo è probabilmente il motivo. 6b) I fumatori di marijuana tendono ad isolarsi dalla società? Per alcuni versi, sì. Probabilmente però la ragione va da ricercarsi nella paura di essere arrestati. La stessa situazione esiste con persone socialmente disadattate o mentalmente malate. Individui con problemi emozionali trovano che la marijuana sia distensiva, e allora a volte tendono ad utilizzarla più spesso del fumatore abituale. Gli analisti lo notano e tendono a pensare che sia la marijuana a causare il problema. Questo è un errore che ferisce il paziente, in quanto il loro dottore danno meno Centro Studi Piccola Comunità - 78 - importanza alle loro vere esigenze concentrandosi invece sul modo di farli smettere nella loro abitudine alla droga. A volte la cannabis li aiuta persino a rimettersi. Si può abusare della cannabis, e può rendere peggiori queste situazioni, ma gli psicologi dovrebbero avvicinarsi alla marijuana con una mentalità più flessibile o rischiano di urtare i sentimenti dei loro pazienti. La marijuana da sola non rende antisociali. In effetti, un vasto studio di adolescenti ha scoperto che fumatori saltuari di marijuana sono maggiormente adattati delle persone "non drogate". Sarebbe divertente, ma è un problema serio. Ci sono bambini con problemi emozionali che li trattengono dal partecipare a comportamenti sani ed esplorativi. Essi necessitano di aiuto, ma al contrario sono ignorati. Fumatori di marijuana che non hanno alcun bisogno di aiuto se lo ritrovano forzatamente, e allo stesso tempo la marijuana si prende la colpa per caratteristiche di personalità e problemi di persone che amano usarla impropriamente 7) È vero che la marijuana rende pigri ed demotivati? No, se siete degli adulti responsabili non lo fa. Chiedete all'Esercito degli Stati Uniti. Hanno compiuto uno studio che non ha mostrato alcun effetto di questo tipo. Se fosse vero, perché molte culture orientali e i giamaicani userebbero la marijuana per aiutarsi a lavorare più duramente? "La sindrome demotivazionale" è iniziata come mito dai mass media basata sullo stereotipo razziale del pigro ubriacone messicano. I proibizionisti sostenevano che la marijuana rendeva la gente inutile e svogliata. Da allora, comunque, è stato scientificamente studiato, ed un sintomo che rassomiglia alla sindrome demotivazionale in effetti è stata trovata. Ma colpisce solamente gli adolescenti - gli adulti non ne sono colpiti. Quando una persona raggiunge l'adolescenza, in genere il suo desiderio di lavorare in genere aumenta, ma questo non accade ai giovani che usano regolarmente la marijuana - persino solo nei fine settimana. Gli studi attuali coinvolgono scimmie, non gli esseri umani, e i risultati non sono verificati, ma studi più vecchi che provavano a dimostrare tale sindrome demotivazionale, riuscivano solo quando analizzavano gli adolescenti. Gli adulti non ne sono toccati. I sintomi non sono permanenti, e le motivazioni ritornano ai livelli normali diversi mesi dopo la cessazione dell'uso della marijuana. In ogni caso, un piccolo numero di persone potrebbero essere anche essere sensibili a tale effetto. I medici avranno bisogno di studiare questo più a fondo prima di sapere esattamente il perché 8) La marijuana introduce all'uso di droghe più pesanti? Questo è totalmente falso. In effetti, i ricercatori stanno studiando il modo di utilizzare la marijuana per aiutare i dipendenti da crack a smettere. Ci sono 40 milioni di persone in questo paese (Stati Uniti) che hanno fumato marijuana in determinati periodi della loro vita - come mai non ci sono decine di milioni di eroinomani allora? Ad Amsterdam, sia la marijuana che la cocaina hanno avuto un calo nell'uso dopo la legalizzazione della marijuana - anche se c'è stato un leggero aumento nell'uso della cannabis subito dopo la legalizzazione. Al contrario di Centro Studi Piccola Comunità - 79 - molte droghe che rendono dipendenti, la marijuana non ha alcun effetto di questo genere. Alcune persone hanno persino riferito di aver subito un effetto contrario. Sarebbe a dire che più a lungo l'hanno utilizzata e minor quantità gli serve perché ne sentano l'effetto. In questo modo i fumatori di marijuana in genere non si annoiano dopo qualche tempo sentendo la necessità di "qualcosa di più forte". Eventualmente, quindi, la marijuana trattiene le persone che la usano da cercare droghe più pericolose. L'idea che usare la marijuana porta all'eroina o peggio viene chiamata la "teoria d'ingresso" o la "teoria delle pietre miliari" E' stato uno dei trucchi preferiti degli artisti della propaganda antidroga, in quanto dipinge la marijuana come qualcosa di insidioso con pericoli nascosti. Non c'è mai stata nessuna vera statistica per comprovare quest'idea, ma in un qualche modo è stato il fenomeno a cui i giornali si sono attaccati di più durante la Pazzia della Sigaretta II. (Forse perché la CIA cercava qualcuno da incolpare per l'aumentato uso di eroina dopo il Viet-Nam). La teoria d'ingresso della droga non in genere più accettata dalla comunità medica. I proibizionisti si appellavano ai numeri che mostravano come una vasta percentuale di fruitori di droghe pesanti "aveva iniziato con la marijuana". Gli ritornò indietro molti fruitori di droghe pesanti usano anche la marijuana. Ci sono due motivi. Uno è che la marijuana "attutisce" gli effetti di alcune di queste droghe. L'altro è un fatto recentemente scoperto sulla psicologia dell'adolescente - c'è un tipo di personalità che usa le droghe, principalmente perché sono eccitanti e pericolose, un brivido. Dal punto di vista sociologico un'altra teoria sul tipo della precedente è stata discussa e che sostiene essere la marijuana la fonte della sottocultura della droga, e conduce ad altre droghe attraverso tale cultura. Per lo stesso motivo ciò è falso - la marijuana non crea la sottocultura della droga, ma è la sottocultura della droga ad utilizzare la marijuana. Vi sono molti fruitori di marijuana che non sono parte della sottocultura. Questo ci porta ad un altro esempio di come la legalizzazione della marijuana possa attualmente ridurre l'uso di droghe illegali. Anche se non esiste alcun effetto magico "pietra miliare", le persone che scelgono di acquistare marijuana spesso lo fanno da spacciatori che trattano molte altre droghe illegali. Significa quindi che essi hanno accesso a droghe illegali e possono decidere di provarle. In questo caso è la legge che porta all'uso di droghe pesanti. Se la marijuana fosse legale, il mercato delle droghe sarebbe separato, e meno persone inizierebbero ad usare le droghe illegali. Forse è per questo che l'entrata in trattamenti di emergenza per droghe pesanti è diminuita negli Stati che hanno legalizzato la marijuana negli anni Settanta. 9a) Non voglio che i minorenni fumino marijuana. Come posso impedirlo? Legalizzatela. Possono fumarla, ora; è facile da reperire quanto gli alcolici. Ci sarebbe meno marijuana venduta nelle scuole, nei campi di giochi, angoli delle strade se fosse venduta legalmente tramite le farmacie, in quanto gli spacciatori non potrebbero competere con i prezzi. Se siete genitori, la scelta sta veramente a voi: volete che i vostri figli sguscino con i loro amici di nascosto a comprare la marijuana per strada, o preferite parlare loro con calma e spiegarli perché dovrebbero aspettare fino ad essere un pò più grandi? I vostri figli non verranno da voi a dirvi che usano droghe illegali, ma se non fosse una cosa tanto grave, forse vi darebbero la possibilità Centro Studi Piccola Comunità - 80 - di spiegare cosa pensate al riguardo. Tra l'altro, preferite forse che i vostri figli vadano più velocemente verso cocaina e super alcolici? Tenete anche presente che i bambini hanno una naturale tendenza a fare quello che non dovrebbero. E' chiamata curiosità. Facendo tanto chiasso attorno alla marijuana la si rende interessante (alcuni lo chiamano il fattore "frutto proibito"). Questo fattore viene potenziato quando gli viene mentito dagli insegnanti e dalla polizia sulle droghe - perdono il rispetto per la scuola ed il governo. Per molti versi è l'isterismo sulle droghe che provoca maggiori danni. Quando i fruitori di marijuana non fanno alcuna di quelle cose orribili che gli era stato detto, i ragazzi possono pensare che anche le altre droghe più pesanti sono innocue. I vostri ragazzi non vi rispetteranno a meno che non siate calmi e gli diate buone motivazioni per le vostre regole. Il primo passo è quindi per voi genitori, di imparare come stanno veramente le cose a proposito della droga 9b) I ragazzi non potrebbero rubare le piante di marijuana coltivate da altre persone? Se siete preoccupati che rubino le piante di canapa coltivate nei campi dovreste sapere che la canapa commerciale non contiene molto THC (la sostanza attiva). E se dovessero fumarla probabilmente gli verrebbe un mal di testa. Altrimenti, dovrebbe essere responsabilità del coltivatore di prendere le misure necessarie per prevenire i furti. La maggior parte della marijuana "casalinga" è comunque coltivata in casa. Se i ragazzi della vostra città non hanno di meglio da fare che gironzolare a rubare la marijuana per fumarla, forse la città dovrebbe aprire una biblioteca o fornirgli altri svaghi. 10a) Non sapete che la marijuana fa diminuire il livello di testosterone nei ragazzi adolescenti causando diversi problemi fisici e di sviluppo? La marijuana non fa diventare dei ragazzi sani e forti in tante femminucce, assolutamente no. Questa tattica per spaventare (chiamatela, se volete, omofobica) era un metodo utilizzato dalla letteratura antidroga. Cerca di tenere lontani i ragazzi dalla marijuana raccontandogli fondamentalmente che li fa diventare delle ragazze. I ragazzi non dovrebbero probabilmente usare molta marijuana (per la sindrome demotivazionale) ma i rischi non sono spaventosi. I saggi anti-marijuana usavano questa idea durante la Pazzia della Sigaretta II, ma gli studi citati sono per la maggior parte sbagliati o male interpretati. Questo non vuol dire che la marijuana non abbia effetti sullo sviluppo infantile, ma semplicemente che questi non sono così drastici come alcune persone vorrebbero farli sembrare. In effetti sono ancora abbastanza sconosciuti. 10b) L'uso intensivo della marijuana abbassa il livello spermatico nei maschi? Non molto (se non per niente) e questo comunque potrebbe anche rivelarsi positivo. Non vi rende né impotenti né sterili ( se così fosse - no ci sarebbero più Rastafaria in Centro Studi Piccola Comunità - 81 - giro!). Date a quei testicoli un po' di riposo! La marijuana non è certamente un metodo anticoncezionale, quindi per favore non andate a raccontarlo al/alla vostro/a amante. Non è nemmeno un afrodisiaco, non fa venire voglia di fare all'amore. Quello che fa, ad alcune persone, è di rendere tutto semplicemente un pò più sensuale - fa gustare maggiormente il cibo e rende sentimenti ed emozioni più vividi 10c) Ho sentito dire che l'uso della marijuana da parte delle ragazze adolescenti può danneggiare la produzione di ormoni, il ciclo mestruale e la fertilità. È vero? Anche questo non è provato, ma non ci sono comunque dati disponibili (e non verranno dagli Stati Uniti - le leggi attuali americane proibiscono le ricerche sulle donne). Questa è la versione femminile della tattica maschile sull'essere trasformati in femminucce. Per quanto si sa fino a questo momento è solamente una tattica per spaventare. 11) Fumare marijuana non è peggio che fumare sigarette? Ci sono molte ragioni per cui non lo é. Avrete sentito dire che "fumare una sigaretta di marijuana equivale a dieci sigarette" ma è un'esagerazione e non è corretto. Marijuana contiene più catrame che nicotina - ma le sigarette con basso contenuto di catrame causano tanto cancro quanto le altre, e quindi cosa vuol dire questo? Gli scienziati hanno mostrato che fumare qualsiasi tipo di pianta è dannoso per i polmoni perché aumenta il numero di "lesioni" nelle piccole vie respiratorie. In genere questo non è una minaccia per la vita, ma è una possibilità per delle infezioni. Coloro che fumano marijuana e sono preoccupati trovano meno pericoloso prendere la marijuana mangiandola o vaporizzandola ( ma attenzione - la marijuana si può mangiare ma il tabacco no - e potreste andare in overdose!). La marijuana non sembra causare tanto cancro quanto il tabacco, comunque. Qui di seguito elenchiamo una serie di fatti sul fumo di tabacco e quello della marijuana: • I fumatori di marijuana in genere non fumano a catena, e quindi fumano meno (la marijuana non causa dipendenza come il tabacco): Più è potente la marijuana e meno se ne fuma. • Il tabacco contiene nicotina mentre la marijuana no. La nicotina può indurire le arterie e può essere responsabile per molti problemi di cuore causati dal tabacco. Nuove ricerche hanno dimostrato che può anche causare molto del cancro nei fumatori di tabacco e nelle persone che vivono o lavorano dove viene fumato il tabacco. Questo perché si trasforma in un cancro che crea una sostanza chiamata "N Nitrosamina" quando viene bruciato (e forse anche mentre si trova all'interno del corpo). • La marijuana contiene THC. Il THC è un bronco-dilatatore, il che significa che funziona come lo sciroppo per la tosse aprendo i polmoni aiutando ad eliminare fumo e sporco. La nicotina funziona in modo opposto; ostruisce i polmoni e rende sempre più difficile tossire. Centro Studi Piccola Comunità - 82 - • Ci sono dei benefici a fumare la marijuana (a parte il dilatare i bronchi) che non si ottengono dal tabacco. Principalmente la marijuana fa rilassare, il che migliora la salute ed il benessere. • Gli scienziati non sanno veramente cosa nel tabacco provochi il cancro maligno dei polmoni. Molti pensano possa essere una sostanza conosciuta come Piombo 210. Naturalmente ci sono molte altre teorie su cosa lo provochi, ma se questo è vero, è facile vedere come mai NON RISULTANO CASI DI CANCRO AI POLMONI DAL SOLO USO DELLA MARIJUANA CHE SIANO STATI DOCUMENTATI, perché il tabacco contiene molto di più di questa sostanza della marijuana. • Le leggi sulla marijuana rendono difficile usare la marijuana senza danneggiare il proprio corpo. I bollitori ad acqua per marijuana sono illegali in molti stati. Le sigarette col filtro, i vaporizzatori e gli inalatori devono essere prodotti in gran quantità, il che è difficile da fare "di nascosto". Non si mangia spesso marijuana perché ne serve una quantità maggiore ed è costosa e difficile da procurarsi (questo è il motivo per cui alcune persone si abbasseranno a fumare le foglie) Può sembrare buffo - ma più la marijuana è legale e più è sicura. È abbastanza ovvio ai fumatori di marijuana che le leggi che la proibiscono non sono "per il loro bene". Oltre a quello di cui abbiamo parlato qui sopra, la marijuana legale sarebbe pulita e senza adulteranti. Alcuni aggiungono altre droghe alla marijuana prima di venderla. Altri vi spruzzano sopra gli spray deodoranti per l'ambiente o la imbevono in sostanze chimiche come la formaldeide! Molta marijuana è coltivata all'esterno, dove può essere spruzzata con pesticidi o contaminata da funghi pericolosi. Se il governo si curasse veramente della nostra salute, creerebbe un'agenzia che dovrebbe assicurarsi che venga venduta solo marijuana di qualità. Questo sarebbe più economico del mantenerla illegale, ed eviterebbe alla gente di stare male e finire ai trattamenti di emergenza. 12) I bambini nati da madri che fumano marijuana soffrono della Sindrome Fetale da Marijuana"? Se una tale sindrome esiste, i casi sono talmente rari che non può essere dimostrata. Molte madri fumano marijuana durante la gravidanza in quanto le aiuta a controllare la nausea chiamata "nausea mattutina" e molti affermano che addirittura aumenta l'appetito e riduce lo stress. Questo risulta essere particolarmente importante in paesi meno sviluppati, dove le moderne cure mediche non sono facilmente disponibili, ma anche in questo caso, i benefici derivanti da un uso responsabile della marijuana possono superare i rischi persino sotto la moderna medicina. Studi condotti in Giamaica hanno mostrato come madri che fumano marijuana in gravidanza hanno bambini più sani, ma questo potrebbe derivare al guadagno extra generato dalla vendita della marijuana e da altri fattori. E' stata una bugia abbastanza comune durante la guerra alle droghe sostenere che la marijuana e specialmente la cocaina causavano malformazioni alla nascita o problemi comportamentali come fa l'alcool. Questo spaventa le madri che vengono spinte a ritenere che le droghe sono Centro Studi Piccola Comunità - 83 - "cattive". Queste affermazioni non sono basate su ricerche scientifiche - molte non prendono nemmeno in considerazione lo stile di vita o le condizioni di vita delle madri prima di mettersi a puntare l'indice contro le droghe. Ovviamente le madri in attesa non dovrebbero fumare marijuana per quanto possibile. Se si abusa della marijuana si può creare un problema di salute sia per la madre che per il bambino. Il Delta-9-THC attraversa la placenta ed entra nel feto. Stranamente, però, il metabolite della marijuana, 11-nor-carbossi-delta-9-THC non lo fa, e il feto non trasforma il delta-9-THC in 11-nor come fa il corpo della madre, così i bambini che devono ancora nascere non sono esposti all'11-nor. Il terzo trimestre è il periodo maggiormente vulnerabile. I genitori dovrebbero tenere questi fattori in considerazione quando decidono di usare la cannabis. 13) È vero che la marijuana causa molti incidenti automobilistici? Non proprio. Le persone che usano la marijuana hanno lo stesso (se non inferiore) tasso di incidenti automobilistici delle altre. Studi sul fumare marijuana durante la guida mostrarono che rallenta il tempo di reazione, ma non tanto quanto l’alcool. Ancora, coloro che guidano in stato di eccitazione da marijuana si sono dimostrati meno stupidi sulla strada (mostravano una chiara "accentuata avversione al rischio"). Studi recenti hanno enfatizzato che è l’alcool ad essere il maggior pericolo sulle nostre strade, e che le droghe illecite non sono neanche lontanamente paragonabili quanto a pericolosità. Per quanto buffo possa sembrare, può essere più sicuro guidare "fatti" fino a quando non siete totalmente "fusi" al punto da vedere cose strane - ma alcuni sono abbastanza irresponsabili da guidare anche in questo stato. Infatti molti hanno riferito di fare errori alla guida mentre si trovavano in questa situazione. Ci sono coloro che pensano che la marijuana sia uno dei problemi principali della strada, questo a causa di un articolo o storia in un giornale in cui si diceva che un gran numero di persone uccise in incidenti automobilistici risultavano positive a test sulla marijuana. Per diversi motivi questi studi non si possono considerare validi: • Alcuni studi usano test per la droga che dicono solamente se una persona ha usato marijuana nell’ultimo mese. • Alcuni erano fatti presso dei college o in altre aree dove il bere, l’uso della marijuana e gli incidenti d’auto erano frequenti, e non correggevano per età o uso di alcool. • In molti di questi studi c’erano più persone "fatte" uccise al volante - ma non per colpa loro, e quando i test della polizia avevano indicato la marijuana questa non era da incolpare per gli incidenti. 14) Non vi spaventa l’idea che qualcuno potrebbe rimanerci invischiato? La marijuana non produce sintomi da astinenza per quanto forte possa essere. Crea un’abitudine (psicologica) ma non una dipendenza (fisica). La maggioranza delle persone che smettono di fumare la marijuana non hanno nemmeno bisogno di pensarci due volte. Paragonare la marijuana con le droghe che creano dipendenza è Centro Studi Piccola Comunità - 84 - molto sciocco. Perché una droga crei una dipendenza fisica deve essere "rinforzante", provocare crisi di astinenza e produrre tolleranza. La marijuana è rinforzante perché ci si sente bene, ma non fa le altre due cose. Caffeina, nicotina e alcool provocano tutti una dipendenza fisica 15a) L’analisi delle urine come mezzo di selezione del personale è una buona idea? Voglio essere sicuro che i miei affari siano mandati avanti da persone sicure. No! Alcuni dei vostri più brillanti, infaticabili e affidabili impiegati fumano marijuana. Quando fate questi test mettete chi usa la marijuana sullo stesso piano di chi ne abusa: quello della disoccupazione. I test anti droga sono pessima politica aziendale (senza contare il fatto che invadono la vita privata). Se un lavoratore ha un problema di droga potete con un test dire quanto bene fa il suo lavoro. Licenziare "tutti" coloro che usano droga danneggerà i vostri affari, vi costerà del denaro e creerà verso di voi molto risentimento - e perché? Non c’è nemmeno la minima prova che coloro che usano la marijuana hanno problemi di salute o incidenti. I vostri impiegati probabilmente si risentiranno del fatto di subire un test; un test che permette ad un datore di lavoro di governare le azioni di un impiegato nel suo tempo libero - persino quando queste azioni non toccano il modo di lavorare. (Come detto in precedenza, i test sulla marijuana non dicono se una persona è sotto il suo effetto. Dicono solamente se è stata usata marijuana nelle ultime settimane): Chiedere ad un lavoratore di urinare in una provetta di plastica una volta al mese non è il modo migliore per farli sentire parte dell’azienda, o di farsi degli amici. C’è una crescente preoccupazione sui test anti droga, a volte perché sbagliano e accusano la persona sbagliata, ma principalmente perché possono essere usati per ottenere altre informazioni riservate su di un lavoratore. Degli avvocati hanno iniziato a domandarsi persino se sono costituzionali. 15b) Tutto questo non vale comunque la pena per diminuire i rischi di incidenti e spese per la salute? Tutti sanno che quelli che usano marijuana sono pessimi impiegati, giusto? Sbagliato - o almeno qualcuno ha dimenticato di comunicarlo ai milioni di infaticabili lavoratori che fumano marijuana. Le compagnie che producono i test anti droga vi daranno pile di statistiche con cui dicono di provare come l’uso della marijuana vi costa del denaro. La verità è che vi sono altrettanti studi che mostrano come coloro che usano marijuana riescono meglio, utilizzano meno le cure mediche, e producono di più di quelli che non la usano. Prima di acquistare un test anti droga per il vostro lavoro, siate sicuri di sentire l’altra versione della storia. Negli anni Ottanta, l’amministrazione Bush promosse moltissimo i test anti droga. In effetti George Bush aveva calcolato il costo dell’uso di droga a più di 60 bilioni di dollari all’anno, basandosi su di uno studio che si supponeva mostrasse che le persone che avevano usato marijuana in un qualche periodo della loro vita avevano meno successo delle altre. Lo stesso identico studio potrebbe essere usato per Centro Studi Piccola Comunità - 85 - mostrare che persone che oggi usano spesso marijuana ed altre droghe illegali hanno maggior successo. C’è qualcosa che non quadra, e quando aggiungete che diversi vecchi capi della DEA e Boss della droga ora possiedono o lavorano nell’industria delle analisi delle urine, tutta questa storia inizia ad essere abbastanza strana. 17) Non sarebbe meglio rinchiudere tutti i drogati? Come pensate di mantenerli? Già adesso, un buon cinque per cento della popolazione di questo paese (U.S.) sono sotto custodia (incluso libertà condizionata, libertà su cauzione e libertà provvisoria). Assassini e stupratori vengono rilasciati dai penitenziari per far posto ad altri "con biglietto omaggio" – ci sono circa 2500 fan dei Grateful Dead nelle nostre prigioni federali. Tenere una persona in prigione per un anno costa circa 20.000 dollari. Gli Stati Uniti sono in testa per numero di imprigionati - 425 persone su 100.000 sono dietro alle sbarre. Nel sistema Carcerario Federale un quinto dei prigionieri sono colpevoli di reati di droga che non hanno compiuto nessun reato violento. Le leggi dei singoli stati sono in genere meno rigide, ma le sentenze statali ingiuntive minime per droga tendono a divenire sempre più popolari. Le nostre prigioni e le aule di giustizie sono così affollate che il rapporto annuale dell’Associazione Americana degli Avvocati sullo stato del Sistema di Giustizia è fondamentalmente una lunga richiesta di eliminare le leggi sulla droga che imprigionano i fruitori. Persino l’amministrazione Clinton riconosce che chiudere le persone in prigione non rappresenta la soluzione. Questo è specialmente vero per coloro che hanno problemi di abuso di droghe - queste persone necessitano trattamenti, non maltrattamenti. La guerra alla droga ha fissato sentenze minime per crimini di droga nei testi di legge. Se non togliamo quelle leggi (almeno) ci troveremo in una pessima situazione per la fine del secolo. Una politica retroattiva della legalizzazione o della decriminalizzazione della marijuana sarebbe un grosso passo in avanti per aiutare a risolvere questa crisi. Consideriamo anche questo - Una volta che una persona viene messa in prigione, diventa molto ostile verso il resto del mondo. Sarà probabilmente perseguitato mentre è lì, e molto probabilmente apprenderà comportamenti criminali da delinquenti violenti e incalliti. E ci sono parecchie possibilità che prenda l’AIDS o la tubercolosi prima di essere rilasciato. Imprigionando coloro che usano la droga vi scavate una vera e propria fossa in cui cadere - ne vale la pena? Tra l’altro, molte di queste persone non meritano di finire in prigione. Perché mai dovrebbero andarci solo perché gli piace sentirsi "su" con la marijuana? Specialmente se qualcuno può bere alcolici e non essere arrestato...che razza di legge è? Dovete pensare a che tipo di mondo vi state costruendo prima di agire. La polizia del futuro come tratterà le persone? Quanto avete intenzione di lasciare mano libera al governo Centro Studi Piccola Comunità - 86 - sul trattamento da riservare a coloro che usano droghe? Quanti dei vostri stessi diritti sacrificherete cercando di mettere in prigione i "drogati"? 18) Ho sentito dire che la marijuana contiene più di 400 sostanze chimiche... Ebbene?... Vero, e allora? Ci sono anche più di 400 sostanze chimiche in diversi cibi (tra cui il caffè, che ne contiene più di 800, e molti carcinogeni per topi) e non si vede nessuno arrestare la gente al Mc Donald’s o multare le persone per Aver Mangiato durante la Guida. Solo il THC è molto psicoattivo; alcune altre sostanze hanno pure piccole percentuali di psicoattività. La gente che usa la marijuana non si ammala di più e non muore giovane o perde il lavoro (eccetto quando sottoposta ai test) e nemmeno ha bambini mutanti, quindi qual è il punto? Il fatto che vi siano più di 60 originali sostanze chimiche nella cannabis chiamate "cannabinoidi" è qualcosa che gli scienziati trovano molto interessante. Molti di questi cannabinoidi potrebbero avere importanti effetti come medicine. Per esempio, il "cannabinolo" è un cannabinoide che aiuta le persone che soffrono di insonnia. I dottori ritengono che sia a causa di questa sostanza che molti pazienti preferiscono usare la marijuana piuttosto che le pillole di Delta-9-THC (chiamate dronabinol) -il cannabinolo elimina l’effetto "picco" e calma i nervi. Un altro cannabinoide. L’acido cannabidiolico" è un antibiotico molto efficace, come la penicillina. Molte di queste sostanze possono essere estratte dalla marijuana senza alcuna particolare attrezzatura di laboratorio. 19) Quella roba non interferisce con il sistema immunitario rendendo più facile prendere il raffreddore? La marijuana (Delta-9-THC) ha un effetto "immunosoppresivo" Agisce su certe cellule nel fegato, chiamate macrofagi, più o meno nel modo in cui agisce con le cellule celebrali. Invece di stimolare le cellule, però, le blocca. Questo effetto è temporaneo (come il "picco") e se ne va rapidamente; le persone sofferenti di sclerosi multipla possono in effetti trovare tale effetto utile nel combattere la malattia. Ricerche recenti hanno anche trovato che i metaboliti della marijuana rimangono nei polmoni sino a sette mesi dopo aver smesso di fumare. Mentre sono lì, il sistema immunitario dei polmoni potrebbe risentirne (ma i macrofagi non si "spengono" come nel fegato). Gli effetti del fumo di per sé sono probabilmente peggiori degli effetti del THC, e durano altrettanto a lungo. Detto questo, i dottori non hanno ancora deciso se i fruitori di marijuana sono a rischio per i raffreddori oppure no. Con la possibile eccezione della bronchite, non ci sono cifre che suggeriscano che coloro che usano la marijuana prendano più facilmente il raffreddore, ma... questo non ha impedito a Carlton Turner, (consigliere sotto Nixon per la politica contro la droga) dall’affermare in diverse occasioni durante i suoi discorsi pubblici che la marijuana provocava l’AIDS e l’omosessualità. Centro Studi Piccola Comunità - 87 - Le sue affermazioni erano talmente ridicole che il Washington Post e Newsweek Magazine si presero gioco di lui, ed egli fu costretto a dimettersi. Oggi, i pazienti in cura per l’AIDS usano la marijuana per curare i loro sintomi senza alcun problema apparente. Alcuni studi suggeriscono che la marijuana potrebbe addirittura stimolare certe forme di immunizzazione. Ricercatori hanno provato a mostrare gli effetti principali sul sistema immunitario umano, ma se la marijuana ha davvero effetti sostanziali, buoni o cattivi, questi sono o troppo tenui o troppo piccoli per essere notati.