SPETTACOLI IL MATTINO DOMENICA 29 LUGLIO 2007 PROTAGONISTI DELLA SCENA LA RISCOPERTA Riecco l’«Achille» aprì il San Carlo nel Settecento Dal Sistina tante iniziative per ricordare i due autori Il progetto di «Ciao Rudy» da Mastroianni a Fiorello ALFREDO TARALLO STEFANO PRESTISIMONE Un momento di «Rugantino» nell’allestimento con Mastandrea e la Ferilli. A sinistra, Fiorello e, al centro, Garinei e Giovannini La commedia musicale finisce al museo L’omaggio a Garinei & Giovannini Ora lo riportano in scena Chiara Noschese e Christian Ginepro, con solisti e corpo di ballo, nella versione della Compagnia della Rancia di Saverio Marconi. Al Sistina arriverà a maggio 2008, giusto nell’anniversario della morte di Pietro Garinei, «ma come inaugurazione - osserva Enzo - non potevamo che scegliere l’Augusteo, un teatro con cui c’è un rapporto straordinario e una simbiosi totale». «Sono devoto all’arte di Garinei & Giovannini - conferma il patron della sala partenopea, Francesco Caccavale ma c’era anche un altro titolo nel cuore di Pietro, “Angeli con la pistola”, e con Enzo Garinei stiamo lavorando a questo progetto per la stagione 2008-2009. Vorrei provare, come mio omaggio, a inserireogni anno in cartellone uno spettacolo firmato dai due geni della commedia musicale». La storia di Pietro Garinei comincia nella redazione del «Corriere dello Sport», all’inizio degli anni ’40. E lì che conosce Sandro Giovannini, altro giova- MUSEO D’ARTE CONTEMPORANEA DONNAREGINA NAPOLI www.museomadre.it Nel 2008 tornerà anche «Angeli con la pistola» I PROGETTI DEL PERCUSSIONISTA INDIANO Trilok Gurtu chiama Daniele e Raiz ENZO GENTILE VENEZIA. Nell’estate dei mille festival Trilok Gurtu (nella foto), si divide tra il gruppo di Jan Garbarek (con cui è stato applaudito nella serata conclusiva di «Pomigliano Jazz» e il tour come leader dell’Arkè String Quartet (approdato, ad esempio, a «Veneto Jazz»), con cui ha appena pubblicato un suggestivo cd, «Arkeology». Il cinquantaseienne percussionista indiano appare a suo agio con il sassofonista venuto dal Nord come con il quartetto d’archi, senza mai rinunciare al sapore dei suoi tamburi orientali sottolinati da una vocalità di impostazione percussiva. In Italia ormai è di casa: «I vostri festival sono all’avanguardia e ora guardano con curiosità all’India», spiega, «anche se amo questa terra a prescindere, per il cibo, la gente, le città. Colleziono i vostri vini, ho preso una piccola casa nelle Langhe e in proiezione vorrei spostare la famiglia qui in Italia». Ma torniamo alla musica: «Sono felice di scoprire come, rispetto a qualche tempo fa, sia cresciuta una generazione di musicisti eccellenti, che suonano bene un po’ di tutto. Gli italiani, in questo momento, sono una punta di diamante in Europa, per preparazione e gusto. Per la prossima stagione, vorrei montare un grande spettacolo centrato sul dialogo tra musicisti indiani e italiani: con Stefano Bollani o Paolo Fresu ho già lavorato, penso anche a Ivano Fossati, ma il primo che chiamerò per verificarne la disponibilità è Pino Daniele: ho suonato con lui tanto tempo fa, ma è rimasto il più bravo, quanto a cuore, temperamento, emozione allo stato puro». Ma potrebbe esserci anche un altro napoletano verace nel futuro di Gurtu, che in passato ha lavorato anche con Maria Pia De Vito: «Mi parlano molto bene di Raiz, della sua voce carnale e profonda, e io ho bisogno di una voce distintiva per line-up della mia prossima band». Infine un’autocandidatura: «”La notte della Taranta” che si tiene nel Salento rientra alla perfezione nel mio immaginario musicale e so di colleghi che negli anni passati si sono trovati benissimo, da Joe Zawinul a Stewart Copeland. Spero nel 2008 di esserci anch’io, su quel palco». Orario: 29/07/07 01.09 Organizzazione e Gestione ne cronista sportivo. Hanno fantasia e talento, insieme decidono di fondare il periodico umoristico, «Cantachiaro», poi passano al teatro, stringendo un sodalizio durato oltre mezzo secolo: in tempi di guerra, scrivono in 18 mesi sei spettacoli di rivista. Alla fine della carriera saranno quasi cento i titoli con la loro firma, comprese le collaborazioni. Una delle coppie più prolifica e vincenti del teatro italiano, che rappresenta ancora oggi un pezzo di storia del Belpaese. «Ma il progetto del museo a loro dedicato non è di semplice attuazione, occorre trovare una sede adatta - osserva Enzo Garinei - Credo però che uno spazio museale potrebbe trovare spazio anche all’interno del Sistina stesso, con un’idea architettonica particolare. Anche l’Oscar internazionale va organizzato con cura, ci vorrà una giuria straordinaria:per entrambi avrò bisogno dell’appoggio delle istituzioni». Ma non finisce qui.Perché allostudioc’è un altroprogetto. «Pietro - confida il fratello - prima di morire avrebbe voluto rivedere in scena “Ciao Rudy”, che all’epoca fu interpretato da Marcello Mastroianni. Oggi una riedizione la vedrei solo con Fiorello protagonista e posso immaginare il successo strepitoso che avrebbe. Lui è l’unico in grado di poter entrare efficacemente nel ruolo di Rodolfo Valentino, anche come tipologia fisica: bruno, alto, scuro di pelle, uomo del sud. Spero di riuscire a convincerlo». MARTINA FRANCA. Nellalontana seradel4novembre 1737 l’«Achille in Sciro» di Domenico Sarro inaugurava la luminosa storia del Teatro di San Carlo. Si replicò per 14 sere, poi non si vide più. Fino a quando, pochi giorni fa, ha inaugurato il festival della Valle d’Itria. Merito dunque al direttore artistico Sergio Segalini di averla scelta e al musicista napoletano Ivano Caiazza che ne ha ricostruito partitura e libretto con zelo e pazienza revisionando anche un altro piccolo capolavoro scomparso di un maestro di scuola napoletana, la Cantata di Tritto «Il Disinganno», scritta in occasione del ritorno a Napoli di Ferdinando dopo i tragici fatti del 1799. Diciamola schietta, però: l’«Achille in Sciro» (nella foto, una scena) non possiede le stimmate del capolavoro, ed è difficile prevedere per la partitura di Sarrounapermanenzanei cartelloni dei teatri d’oggi. Ma nemmeno è da liquidarsi sbrigativamente. Sarro è un musicista di grande mestiere ed il suo melos si impone all’ascolto per garbo e naturale linearità. Il suo “motivo” non ha la forza incisiva della melodia plastica e ben tornita di un Pergolesi, ma la sua orchestra possiede visritmica e unagrintosa vivacità che la bacchetta Federico Maria Sardelli alla A Martina Franca di guida dell’Orchestra Internal’opera di Sarro zionale d’Italia sfrutta appieno. Semmai è il libretto del statico il libretto Metastasio che appare statico, di Metastasio privo di spunti e situazioni, attentosoprattuttoadinanellaavveniristica re arie su arie. regia di Livermore Ed è comprensibile la difficoltàdi unregistapur fantasioso come Davide Livermore di dare energia drammaturgica ad un plot che appare privo di appigli e di spunti; di qui certe soluzioni scenicheavveniristiche, inventate disana pianta, a volte invasive o addirittura gratuite: l’habitat non è precisamente definito, spesso arrricchito da effetti luce di indubbia efficacia anche se troppo ripetuti. I personaggi vestono abiti moderni, spesso intabarrati in ingombranti pastranimilitari; discutonoaltelefono,oaccendono sigari, a volte ballano addirittura. E bisognadare onore al merito dunque a Maria Laura Martorana(Deidamia) chepasseggia onorevolmente sulle pericolosissime colorature del caso, mentre la scura voce di Gabriella Martellacci (Achille) mostra centri e gravi di franca chiarezza esibiti con coerenza timbrica a tutta prova. C’è poi da segnalare la napoletana Eufemia Tufano che dà vita ad un Nearco vocalmente solido e vitale scenicamente, mentre spiccano nel resto del cast la voce chiara di Marcello Nardis (Licomede) e lo squillo sbarazzino di Dolores Carlucci (Arcade). Poco da dire infine sui toni caricati di Massimiliani Arizzi, unico sopranista in scena nei panni di Teagene, e sull’acerbo Ulisse di Francesco Ruben Brito. PALADINO LOCANDINE, spartiti, libretti, foto, oggetti di scena, targhe e premi, compresi gli innumerevoli «tagliandi d’oro» che negli anni ’60 erano la cartina di tornasole del successo teatrale. Il piccolo tesoro di cimeli conservato al Sistina potrebbe presto trasformarsi in un museo intitolato alla premiatissima ditta Garinei & Giovannini. Ma non è l’unica iniziativa che riguarda le due leggende della commedia musicale. «Sto studiando un progetto per organizzare un Oscar del teatro musicaleitalianoeinternazionale, sempre dedicato alla strepitosa coppiadi autori», spiegaEnzoGarinei,fratellodiPietro, oggi vispissimo 81enne che ha ereditato la gestione della grande sala romana. Intanto è già pronto ilprimoomaggioalgrande vecchio del palcoscenico, scomparso nel maggio del 2006. La staA Napoli debutta gionedell’Augusteo, teanapoletano gemello «Il giorno della tro del Sistina, sarà aperta tartaruga» quest’anno proprio da degli spettacoli cui con la Noschese uno Garinei era più affezioe Ginepro nato, «Il giorno della tartaruga», rappresentato protagonisti nel 1964, il 20 ottobre di 43 anni fa, con un successo straordinario. Al centro della trama c’era la crisi della coppia e sul palco solo due protagonisti: Renato Rascel e Delia Scala, con vocalist e ballerini. Scene semplici, senza i fasti di «Rugantino», ma dialoghi e canzoni straordinarie, che fecero innamorare il pubblico. «Fu una delle prime vere commedie musicali scritta da mio fratello e da Giovannini, perché fino a quel momento si erano dilettati soprattutto nel portare in scena piccole favole in musica, come “Alvaro piuttosto corsaro” o “Attanasio cavallo vanesio”, sempre con Renato Rascel», ricorda Enzo Garinei. «“Il giorno della tartaruga” fu una rivoluzione: niente scenografia, tutta sostanza. Il pubblico,dopole primeperplessità,impazzì, el’ecoarrivò perfino in Francia. A Roma giunse dopo qualche giorno un impresario che si accordò con la premiata ditta, esportando a Parigi la versione francese del musical, che fu interpretata da Annie Girardot e Philippe Nicaud». 27 IL PROGETTO Milius: porterò la guerra in Afghanistan sul set ROMA. «Preparo un film sulla guerra americana in Afghanistan. Ne sto scrivendo la sceneggiatura, spero di realizzarlo al più presto, è un tema cui tengo molto». Lo ha annunciato il regista John Milius (nella foto), ospite del Festival di Santa Marinella, dove oggi viene presentato «Big Wedsneday» («Un mercoledì da leoni»), film di culto ambientato nel mondo del surf. Milius, che ha cosceneggiato «Apocalypse Now», torna quindi ad una storia legata agli eventi bellici che hanno coinvolto truppe del suo Paese: «Ma la situazione afgana - ha spiegato rispetto alla guerra in Iraq presenta motivi più avvincenti, stimola molto di più la mia abituale passione per l’heroic e il fantasy». E il surf del suo film del ’78? «Noi surfisti negli anni Sessanta - ha detto - ci sentiamo una razza a parte. E se non eravamo dei, certamente una stirpe di re. Danzavamo sulle onde pensando a Conrad, ma eravamo soprattutto campioni di innocenza. Il surf per noi è l’emblema di una sfrenata anarchia». Composite IL_MATTINO - NAZIONALE - 27 - 29/07/07 ----