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NOTIZIE DALL’EUROPA E DAL MONDO
AMBIENTE: ISTAT “ITALIA TRA MAGGIORI
PRODUTTORI EUROPEI GAS SERRA”
Nel 2007 si sono spesi per finalità ambientali circa 265 euro per
abitante, con fortissime disparità regionali, ma con incrementi
consistenti nel Mezzogiorno.
E’ quanto emerge dai dati diffusi oggi dall’Istat, in occasione del lancio
di “Noi Italia”, il nuovo sito web (http://noi-italia.istat.it), che raccoglie
indicatori che spaziano dallʹeconomia alla cultura, al mercato del
lavoro, alla qualità della vita, alle infrastrutture, alla finanza pubblica,
all’ambiente, alle tecnologie e all’innovazione.
Nel corso dello stesso anno sono stati inceneriti poco meno di 67 kg di rifiuti urbani per
abitante, valore sensibilmente più basso di quello europeo, anche se negli ultimi 7 anni si
registra un incremento intorno al 50%. Pur registrando una riduzione della percentuale dei
rifiuti urbani smaltiti in discarica rispetto al totale dei rifiuti urbani gestiti, l’Italia si colloca
ancora al di sopra della media europea con 284,8 kg di rifiuti per abitante smaltiti in discarica.
Soltanto il 27,5% dei rifiuti urbani prodotti viene avviato a raccolta differenziata. L’Italia si
pone tra i maggiori produttori europei di emissioni di gas serra, con circa 2 tonnellate per
abitante di CO2 attribuibili al trasporto stradale nel 2005.
(da Econotizie dal Veneto – Gruppo Verdi – gennaio 2010)
ITALIA, UN PAESE DI HOBBY FARMERS
Una ricerca Nomisma - condotta in collaborazione con il mensile "Vita in Campagna" fornisce una prima valutazione di un fenomeno che sfugge alle statistiche nazionali, ma che
risulta estremamente diffuso nelle campagne del Bel Paese. Lo studio identifica profili,
attività, motivazioni, esigenze ed impatti socioeconomici di questi "nuovi" custodi degli spazi
rurali che si dedicano, con passione, ad attività agricole esclusivamente per hobby. I
principali risultati della ricerca saranno presentati a Verona il prossimo 5 febbraio 2010, in
occasione di Fieragricola. L'Italia non è solamente terra di poeti, santi e navigatori ma anche
di agricoltori. O per lo meno, presunti tali.
Una ricerca svolta da Nomisma in collaborazione con il mensile "Vita in Campagna" - che da
oltre 25 anni segue chi per passione coltiva piante o alleva animali nel tempo libero - sembra
infatti dimostrare come le aree rurali siano sempre più interessate dalla presenza di persone
che decidono di spostarsi e di vivere in campagna, dedicandosi anche ad attività tipiche di
questi spazi, agricoltura in primis. Questo interesse per le attività agricole da parte di "non
addetti ai lavori" sta assumendo oggi particolare rilevanza, in un momento in cui la crisi
economica porta molte persone a riscoprire le bontà e la convenienza dei prodotti del proprio
orto, frutteto e dell'allevamento.
Ed è proprio in considerazione di tale tendenza che ci si accorge del fatto che nelle campagne
si sta sempre più diffondendo una figura particolare, che potremmo definire hobby farmer (o
agricoltore amatoriale), che si caratterizza per il possesso di un terreno agricolo coltivato nel
tempo libero, in quanto la sua attività principale dal punto di vista lavorativo (e di tempo) è
al di fuori del settore agricolo stesso.
Attenzione però a non confondere questa "nuova figura" con quella
dell'agricoltore non professionale: quest'ultimo soggetto, infatti, si
configura comunque come un agricoltore che, pur dedicando meno del
50% del suo tempo, viene periodicamente monitorato dall'Istat (in
Italia, infatti, il 70% dei conduttori agricoli svolge l'attività agricola in
maniera part-time).
L'hobby farmer (o agricoltore amatoriale), invece, così come emerge
dalle risposte di un campione di 4.000 intervistati, riguarda
principalmente soggetti non riconducibili ad un impiego lavorativo
ufficiale di carattere agricolo, ma impegnati a tempo pieno in altri
settori economici (dipendenti pubblici, medici, liberi professionisti,
dirigenti di imprese private, operai, ecc.) o da pensionati.
A riprova di questa "estraneità" dal settore agricolo professionale, si pensi che oltre il 90% di
chi è stato intervistato non è mai stato contattato dall'Istat in merito al censimento generale
sull'agricoltura. Ed è proprio dal confronto con i vari censimenti agricoli - e dai relativi
risultati - che si è partiti per comprendere il contesto di riferimento di tale fenomeno. Se
infatti si confrontano le superfici agricole rilevate nel 1990 e nel 2000, si evidenzia un calo di
quasi 2 milioni di ettari contestualmente ad una diminuzione di circa 430.000 aziende.
Alla luce di tali cambiamenti però, le dimensioni medie delle imprese agricole non sono
cambiate (rimanendo attorno ai 5 ettari di Superficie agricola utilizzabile) segno evidente di
un mancato processo di accorpamento fondiario………continua questo articolo cliccando
QUI
I principali risultati della ricerca saranno presentati a Verona il 5 febbraio 2010, in
occasione della prossima Fieragricola (sala Puccini ore 10:00).
Puoi scaricare qui il programma del Convegno
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Per ulteriori informazioni:
Nomisma S.p.A. Denis Pantini ([email protected] fono: 051 6483188);
Massimo Spigola ([email protected] fono: 051 6483196);
Vita in Campagna Giorgio Vincenzi ([email protected] fono: 045 8057511);
Luciano Grilli [email protected] fono: 045 8057523).
(da www.biozootec.it – gennaio 2010)
AMBIENTE: A PADOVA OK AL PIANO DI RISANAMENTO
DELL'ARIA NEL DOCUMENTO GLI IMPEGNI DELLA
GIUNTA PER I PROSSIMI ANNI
Impianti fotovoltaici in 30 scuole della città
Via libera da Palazzo Moroni al nuovo piano di risanamento dell'aria,
corposo documento programmatico che delinea le azioni future volte alla
riduzione del Pm10. «Fra gli impegni che abbiamo assunto - spiega
l'assessore all'Ambiente Alessandro Zan - figura l'installazione di impianti
fotovoltaici sui tetti di trenta diverse scuole». Un intervento che, secondo
le stime dell'assessore, comporterà un impegno economico di circa
700mila euro.
Anche lo spazzamento frequente delle strade contribuisce alla riduzione delle polveri sottili che
si depositano sull'asfalto: «Un servizio - spiega Zan - che intendiamo potenziare aumentando il
numero di ore previste nel prossimo piano economico finanziario che redigeremo con Acegas
Aps». Il piano sancisce il definitivo addio alle domeniche ecologiche: «Provvedimenti di questo
tipo - spiega l'assessore - non incidono in alcun modo sulla riduzione del Pm10. Per ottenere
qualche risultato servirebbe un impegno da parte della Regione, che dovrebbe introdurre linee
guida comuni per tutto il territorio: un intervento che non è mai stato fatto. Mi auguro che il
prossimo assessore regionale all'Ambiente dimostri maggiore sensibilità....».
Alle domeniche ecologiche Zan conta di sostituire, a partire da aprile, alcune domeniche di
quartiere: «organizzeremo iniziative volte a far rivivere piazze o piccole aree nei singoli
quartieri. Proposte accompagnate da ridotte limitazioni della circolazione. Poi si potrà iniziare a
ragionare insieme ai quartieri anche sulla pedonalizzazione permanente di alcune piazze».
Da Zan un bilancio sul successo del tram: «Ci ha consentito di eliminare dall'atmosfera 8mila
chili di polveri sottili all'anno. Negli ultimi 10 anni la quantità di biossido di zolfo e monossido di
carbonio nell'atmosfera si è notevolmente ridotta, mentre qualche criticità permane per le
polveri sottili».
(da Il Padova – gennaio 2010)
NO ALLA DEMAGOGIA IMPRENDITORIALE: RINNOVABILI LA VERA
OPPORTUNITÀ
Fra le demogogiche motivazioni con cui sui cerca di favorire il ritorno al nucleare in Italia vi è
quella che vorrebbe l'energia nucleare come foriera di nuovi posti di lavoro. Ma a parità di
investimenti, l’efficienza energetica e le rinnovabili sono capaci di creare 15 posti di lavoro per
ognuno nel nucleare. In meno di 10 anni, il settore delle rinnovabili in Germania ha creato oltre
280.000 posti di lavoro tra diretto e indotto. In Italia, al 2020 con la diffusione delle rinnovabili
si potrebbero creare dai 150 ai 200mila nuovi posti di lavoro. Questa sarebbe una reale
occasione per lo sviluppo industriale e occupazionale del Belpaese.
Ci dicono poi che il nucleare serve per differenziare le fonti energetiche. Bisogna essere precisi,
per non correre il rischio di fare ordinaria demagogia. E aggiungere che, come dimostrato da
uno studio del Cesi Ricerca del 2008, con la costruzione di 4 reattori EPR di terza generazione
evoluta da 1.600 MW l’uno, risparmieremmo, dal 2026 in poi, appena 9 miliardi di metri cubi
all’anno di gas naturale, pari al 10% dei consumi attuali e al contributo di un rigassificatore di
media taglia.
Nuovi impianti nucleari sono previsti soprattutto in Cina, Russia, India e Corea del Nord, dove il
mercato elettrico è tutt’altro che libero. Barack Obama ha tagliato i fondi federali per il sito di
Yucca Mountain e non ha stanziato neanche un centesimo di dollaro per il nucleare di oggi
mentre finanzierà la ricerca sulla quarta generazione, mentre Angela Merkel nel programma
del nuovo governo di centro destra non prevede la costruzione di nuove centrali nucleari in
Germania, ma solo l’allungamento della vita di quelle esistenti. Quali studi segreti in possesso
del nostro Governo giustificherebbero il ritorno a questa tecnologia rischiosa e vetusta?
Certo non le motivazioni economiche ampiamente superate dallo sviluppo di un modello
energetico moderno e innovativo, basato sull’efficienza e la sostenibilità. Smettiamola con le
dichiarazioni ideologiche e con le previsioni fantastiche e cominciamo a promuovere sul serio
una rivoluzione energetica sensata e pulita che ci permetta finalmente di raggiungere gli
obiettivi europei al 2020, mettendoci al riparo anche dall’ennesima sanzione economica da
parte dell’Ue.
Vittorio Cogliatti Dezza,
Presidente Legambiente ONLUS
(da Ecopolis Newsletter – gennaio 2010)
O.D.G DEL CONSIGLIO COMUNALE DI ROVIGO A FAVORE
PUBBLICIZZAZIONE DELL’ACQUA
Su iniziativa del consigliere comunale verde Guido Romanin il Consiglio Comunale ha
approvato un O.d.G a favore della pubblicizzazione dell’acqua.
Un atto importante a sostegno della mobilitazione per la gestione pubblica dell’acqua.
O.d.G. approvato: “Noi, rappresentanti di enti locali, di associazioni di liberi cittadini e degli
enti gestori, riconosciamo che l’acqua è un bene vitale, patrimoniale e comune dell’umanità e
che l’accesso all’acqua è un diritto umano e sociale, individuale e collettivo, indispensabile.
Consapevoli dell’importanza che riveste la risorsa acqua, sia per la vita che per l’economia
della nostra comunità, in sintonia con i principi espressi nel Manifesto per il Contratto
dell’Acqua, noi ci impegniamo, in prospettiva locale, a:
utilizzare, proteggere, conoscere e promuovere l’acqua come bene comune, nel
rispetto dei principi fondamentali della sostenibilità integrale (ambientale, economica,
politica e istituzionale);
mantenere nella sfera pubblica la proprietà e la gestione dell’acqua ovvero il
capitale ed i servizi ad essa collegati (infrastrutture e insieme dei servizi di captazione,
adduzione, distribuzione, fognatura e depurazione);
garantire la sicurezza dell’accesso
all’acqua, nelle quantità e qualità
necessarie alla vita, a tutti i membri della
comunità lo cale, in solidarietà con le
altre comunità e con le generazioni
future: a tal fine riteniamo che l’accesso a
40 litri di acqua al giorno per ogni
persona debba essere garantito come
diritto e che i costi necessari al
mantenimento di tale diritto debbano
essere a carico della collettività;
applicare un sistema tariffario giusto e sostenibile fondato sul principio di
solidarietà: nel caso dell’acqua andrebbe superato anche il principio secondo cui chi
spreca paga e chi inquina paga; lo spreco della risorsa idrica non può essere accettato,
devono essere posti dei severi limiti ai consumi massimi tollerabili, oltrepassati i quali le
sanzioni diventino molto pesanti; altrettante severe sanzioni pecuniarie e giudiziarie per
i casi di contaminazione delle acque costituenti il ciclo naturale (falde freatiche e
artesiane, sorgenti, corsi d’acqua, laghi e mare;
ridurre, sul nostro territorio i prelievi eccessivi e sconsiderati che hanno portato,
negli ultimi trent’anni, ad un notevole abbassamento della falda freatica e al
prosciugamento di numerosi tratti fluviali; ciò anche tramite interventi che possano
portare a una rialimentazione delle falde tramite misure ecocompatibili che garantiscano
la tutela dell’ambiente e delle risorse idriche naturali in modo rigoroso e permanente;
promuovere sistemi di riutilizzo delle acque reflue che permettano di ridurre i consumi
di acqua potabile per usi diversi da quelli legati all’alimentazione e all’igiene;
favorire la riduzione, al di sotto dei livelli di concentrazione massima ammissibile,
delle sostanze inquinanti nelle acque superficiali e sotterranee, come previsto dalla
legge n° 152/1999;
promuovere le forme più innovative di partecipazione dei cittadini alla definizione
delle politiche dell’acqua a livello locale tramite gli strumenti della democrazia
rappresentativa, partecipativa e diretta e tramite un’intensa opera di formazione e
informazione dei cittadini in materia d’acqua;
promuovere il ritorno dell’acqua nei luoghi pubblici, (re)introducendo “punti acqua” di
ristoro, informazione e cultura nei luoghi di incontro sociale (piazze, stazioni,
giardini, aeroporti, stadi...) al fine di contrastare il consumo di acqua in bottiglia, così
deleterio per l’ambiente, e di incentivare una nuova cultura dell’acqua;
Coscienti che 1,4 miliardi di persone non hanno ancora oggi accesso a una fonte di acqua
potabile e che, se le dinamiche attuali non saranno interrotte o capovolte, questa cifra è
destinata a raggiungere i 3,5 miliardi nel 2020, Noi ci impegniamo, in una prospettiva
internazionale e mondiale, a:
prelevare , per ogni metro cubo d’acqua fatturato, una piccola percentuale da
destinare al finanziamento di progetti di cooperazione internazionale che perseguono
modelli sostenibili di gestione dell’acqua nei paesi sofferenti di penuria di acqua potabile
(in attuazione dei principi esposti in Agenda 21);
sostenere, a livello di cooperazione decentrata, il finanziamento di progetti di
cooperazione e di scambio di esperienze tra abitanti delle nostre comunità e quelli di
popolazioni africane, latino americane ed asiatiche, a livello di gestione dell’acqua;
stimolare ed incentivare lo studio di soluzioni innovative per la realizzazione del
diritto all’accesso all’acqua per tutti entro il 2020”.
(da Econotizie dal Veneto – Gruppo Verdi – gennaio 2010)
BRACCIANTI E LAVORO SCHIAVO. LO STATO C’È E SI VEDE.
La rivolta dei braccianti di questi giorni, continua ad essere inquadrata come un problema
d’ordine pubblico dovuto all’assenza dello Stato. Ma questo non corrisponde assolutamente a
quello che succede. Lo Stato, anzi gli Stati, ci sono e portano tutta intera la responsabilità.
Quella - semplice da comprendere - come la costruzione di un quadro giuridico che finisce
per facilitare la totale disarticolazione del mercato del lavoro e la sua facile gestione da parte di
gruppi criminali.
Ma una responsabilità ben più grave è quella che deriva all’Italia ed all’Unione Europea,
dall’aver costruito e rafforzato con denari pubblici un modello agricolo ed agro-alimentare che,
pretesamene vocato ad affermarsi sul mercato mondiale e lanciato nella competizione globale
con l’illusione della sua concorrenzialità, si ritrova ad un passo dalla sua implosione sotto le
mazzate delle diverse crisi che si sono accumulate nel tempo recente e, ancora più
gravemente, demolito proprio dal suo interno dalle logiche che lo hanno guidato e lo guidano
ancora: l’idea, sbagliata, che aranci, clementine, pomodori, zucchine, latte, pesche o mele
potessero essere prodotte “con profitto” in modo industriale da un numero sempre più ristretto
di aziende agricole, comunque sempre più dipendenti da fattori esterni, siano essi l’energia, i
pesticidi o i concimi a monte o l’industria agroalimentare e la GDO a valle.
I prezzi a ritroso, imposti prima di tutto agli impoveriti consumatori dalle grandi catene
commerciali e via via fino alle aziende agricole (non necessariamente la catena è lunga, non
c’è molta differenza dal prezzo pagato dalla GDO e dall’intermediario grossista del paese), che,
producendo con un prezzo imposto, possono tagliare l’unico costo che controllano, quello della
forza lavoro. E questo vale se nei campi c’è solo il contadino, suo figlio o sua moglie o il
bracciante irregolare.
Ecco l’agricoltura italiana: da 1,6 milioni di occupati nel 1992 a 850.000 nel 2009. Tra il 2000
ed il 2007 abbiamo perso il 22% delle aziende agricole, ma solo poco più de 2% della
superficie agricola, infatti è aumentato il numero di tutte le aziende con una superficie
maggiore di 30 ettari, cioè chi è restato si è ingrandito “per vincere la concorrenza”. Sempre
nello stesso periodo il reddito lordo standard (una misura estimativa) delle aziende con una
superficie superiore a100 ettari è aumentato del 60%. E questo da anche l’idea perché le varie
mafie investono soldi in agricoltura, non solo per riciclare o approfittare dei premi comunitari
ma anche perché oltre una certa dimensione comunque – se puoi tagliare i costi di produzione,
cioè i costi del lavoro – ci si guadagna bene.
La situazione in Calabria, Puglia ma anche nelle piane del Lazio o nelle stalle della Lombardia o
del Veneto si ripropone, con livelli d’abuso diversi ma attraverso gli stessi meccanismi, in
Andalusia per le fragole (con il "contratación en origen”) o in Francia, nelle Bouche du Rhone
(i contratti “ OMI”).
Meccanismi simili perché simile è il modello
agricolo:
un’agricoltura
industriale
risultato
di……continua a leggere questo articolo
cliccando QUI
(da www.croceviaterra.it – gennaio 2010)
L'OGM ARRIVA DA BRUXELLES
Sembrava fatta. Al testo avevano lavorato a lungo
un gruppo tecnico interregionale e due Comitati:
quello degli assessori regionali all'agricoltura e quello
degli assessori regionali all'ambiente.
Era risultato un documento complicato, che per la
prima volta in Italia avrebbe dato comunque, con
tutte le cautele e le farraginosità del caso, via libera
alle coltivazioni OGM. Titolo: "Linee guida per le
normative regionali di coesistenza tra colture
convenzionali,
biologiche
e
geneticamente
modificate".
La Conferenza Stato-Regioni lo avrebbe dovuto approvare già la settimana prossima come
decreto da inviare per il "via libera" a Bruxelles da dove sarebbe stato recapitato alle 20
Regioni italiane per le disposizioni applicative. Una fuga di notizie. E la pausa di riflessione si è
imposta da sola. Rinvio, dunque, come proposto giovedì 21 gennaio dall'assessore dell'EmiliaRomagna Tiberio Rabboni. E apertura di un'ampia consultazione. Le prime reazioni sono
piuttosto sconcertanti: per motivi a volte opposti, quell'ipotesi di decreto non piace più
nessuno. Non ai sostenitori degli OGM (Confagricoltura in testa).
E gli stessi promotori avanzano dubbi sulla sua applicabilità, riconoscendone le implicite
difficoltà operative, organizzative, finanziarie. La Coldiretti lo boccia senza attenuanti.
Contrario anche il ministro Zaia. A questo punto, se non fossimo italiani, ci potremmo chiedere
perché quei poveretti dei comitati hanno lavorato, su mandato di chi, eccetera. Purtroppo, lo
sappiamo. L'Europa di Barroso ha una politica ambigua in tema di OGM. Ma, alla fine, non li
vuole escludere. L'esecutivo europeo chiamato Barroso 1 ha avuto per cinque anni
all'Agricoltura una dura come Mariann Fischer Boel, dura con gli OGM, favorevole alle
produzioni biologiche. Ma Mariann Fischer Boel non c'è nel Barroso 2, è stata silurata (anche
per le spinte della potente lobby degli OGM?) e al suo posto c'è il romeno Dacian Ciolos, che
non ha detto molto, per ora, sul tema specifico.
Dunque, cari amici, a Bruxelles ci vuole chi sostenga in modo forte il biologico, qualcuno che
dia una visione ampia, ecologista e ambientalista, a un progetto che riconosca al settore
biologico il suo ruolo all'interno dell'agricoltura e che dia prospettive crescenti all'interno
dell'intera economia agricola europea. Fare lobby a Bruxelles significa evitare brutte sorprese
nelle regioni italiane. L'alternativa è fare i filosofi della Magna Grecia, che sono vicini al nostro
cuore e al cuore della nostra cultura ma non hanno mai dato da mangiare a nessuno.
(dal Bollettino Bio di Greenplanet – gennaio 2010)
TEATROCONTINUO, IN COLLABORAZIONE CON ABRACALAM,
PRESENTA LA RASSEGNA IRREPARABILI 2010
TEATRO, MUSICA, DANZA, LIBRI.
IRREPARABILI 2010 apre venerdì 19 febbraio alle ore 21.00 con lo
spettacolo in progress Giganti di Teatrocontinuo e Tarantàs.
La rassegna continua sabato 20 e domenica 21 febbraio e successivamente per ogni sabato
fino al 24 aprile con lo spettacolo - festa dedicato a Nin con gruppi, artisti, scrittori provenienti
da diverse parti di Italia. Nel suggestivo spazio di Sanclemente tutte le serate inizieranno con i
“Fuochi di Sanclemente” e si chiuderanno con un momento di incontro conviviale a cura di
Teatrocontinuo e della Cooperativa Agricola El Tamiso.
Il programma completo degli eventi può essere visualizzato scaricando l’allegato depliant
illustrativo.
Sanclemente - ex Chiesa delle Granze
Via Messico 304 - laterale Corso Stati Uniti - Zona Industriale di Padova
info: www.teatrocontinuo.it -- prenotazioni: [email protected]
tel. 049 650.294 (dalle ore 11.30 alle 15.00) cell. 340 847.9382
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LE BALLE FISCALI DEL CAVALIERE
Che l'incidenza delle tasse sull'economia italiana fosse tra
le più alte all'interno della comunità europea è cosa nota a
tutti. Di pubblico dominio è anche la notizia che la
pressione fiscale sia sostenuta, nella sua quasi totalità,
dai dipendenti pubblici e dai pensionati.
Si capisce dunque il perché la riduzione delle tasse sia un
argomento tanto caro a tutti gli italiani, siano essi evasori
conclamati ovvero onesti contribuenti. È questo, infatti, il
dato da cui si deve partire per comprendere quanto l’idea
di una riforma fiscale possa solleticare la fantasia
dell’intero elettorato italiano.
Urge, dunque, un bagno di realismo per comprendere quante balle sono state dette e quante
ancora ne verranno spacciate in campagna elettorale.
Attualmente la situazione dell'economia internazionale, aggravata dalla crisi, non fa che
peggiorare una situazione di per sé già insostenibile: l'incidenza fiscale, risultato del rapporto
tra quello che il contribuente paga allo Stato ed il reddito totale prodotto dal sistema paese,
facendo la crisi precipitare il reddito totale, non potrà che aumentare. In un paese come il
nostro, dove il debito pubblico oramai tocca i 1800 miliardi di Euro, un ipotetico taglio delle
tasse avrebbe dunque necessariamente margini ristrettissimi. La ripresa economica appare
quindi come una condizione necessaria per qualsiasi piano che volesse seriamente affrontare il
problema.
Ora, però, è necessario essere realisti nell'analizzare l'economia italiana e l'incidenza che la
crisi internazionale ha avuto su di essa: nel 2008 la capacità produttiva del paese è diminuita
del 5.2%, dato che indica il netto peggioramento di una realtà che, già in passato, aveva
ampiamente dimostrato la propria scarsa capacità di crescita. È dunque quantomeno fuori
luogo l’euforia del Ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, quando si sbraccia per ricordare
che, per il 2009, è prevista una crescita del Pil pari all'1%. Il principe dei condoni dimentica
volutamente, infatti, che per tornare alla situazione di cui sopra, e cioè ad una situazione già
scarsamente competitiva, saranno necessari ben cinque anni. Un'età geologica in termini
economici.
Ecco dunque spiegato il perché di tante promesse, poi rimaste puntualmente disattese: se da
una parte l’argomento paga a livello elettorale, dall’altra sono le casse dello Stato a non poter
pagare il prezzo di simili riforme. Ma andiamo con ordine. Si comincia dalla campagna
elettorale del 2008, quando, il 12 aprile, nell'ultima sfida televisiva con Walter Veltroni, il
Cavaliere annuncia: "Abolirò il bollo per le auto e per le moto". Con quali soldi? Usando il
famoso tesoretto del governo Prodi oppure "i risparmi" di spesa. Ovviamente non accadde
nulla.
Promessa mantenuta, invece, quella di abolire, almeno per la prima casa, l’ICI, l'imposta
comunale sugli immobili. Detto fatto. A guardare bene, però, si scopre che……continua a
leggere questo articolo cliccando QUI
(da www.altrenotizie.org Fatti e notizie senza dominio – gennaio 2010)
LE ARANCE RESPONSABILI DI ROSARNO
Etica e solidarietà originano dal riconoscimento dei legami che uniscono le persone in virtù
della loro comune natura. E il principio dell’amore del prossimo (il più vicino) è l’occhiale per
correggere la nostra miopia. Spesso, anche per chi ha buona volontà, è più facile “adottare a
distanza” che scambiare due parole con il condomino o incontrare lo straniero che cammina
nelle nostre stesse strade ma vive in città satellite e diventa invisibile ai nostri occhi perché
lontano dal nostro ceto sociale e condizione di vita.
Un modo concreto ed incarnato di riconoscere i legami è quello di renderli visibili nel quotidiano
ordito delle nostre relazioni economiche e professionali. E’ quello che, a distanza, si è proposto
di fare il mondo del consumo e del risparmio solidale, citato ampiamente nell’ultima enciclica,1
rendendo visibile il legame tra il prodotto acquistato e tutti gli attori che hanno contribuito a
portarlo sulla nostra tavola. Consentendo al consumatore di scegliere percorsi che tutelano la
dignità e promuovono l’inclusione e lo sviluppo degli anelli più deboli della filiera.
In questi ultimi tempi però, anche se non possiamo produrre banane, cacao, tè e caffè sotto
casa, l’equosolidale viene talvolta erroneamente contrapposto al chilometro zero, ovvero al
valore di acquistare prodotti genuini più prossimi. La vicenda di Rosarno ha reso chiaro a tutti
che può esistere un “commercio equosolidale quasi a chilometro zero” e che le vicende
dell’anello più debole (lavoratori stagionali) della filiera dei pomodori, fagiolini, arance,
mandarini e olive prodotte in Italia che finiscono sulla nostra tavola non sono affatto dissimili
da quelle dei lavoratori delle piantagioni di banane o dei produttori agricoli di base in paesi
lontani.
Il ministro Zaia ha accennato alla possibilità per questi prodotti di un marchio “etico” che
contraddistingue una filiera diversa e un prodotto che contiene il valore intangibile, ma reso
visibile dal marchio, di una maggiore responsabilità sociale nei confronti di tutti gli attori della
filiera. Se esistono le arance rosse di Sicilia possono esistere anche le arance responsabili di
Rosarno (o dei luoghi in cui potranno essere prodotte sotto queste nuove condizioni).
La tracciabilità sociale della filiera è una grande opportunità di ricostruzione di legami invisibili
e spezzati nel rispetto della libertà di scelta dei cittadini consumatori.
Dove i pionieri che realizzano quest’innovazione sociale di prodotto sono di stimolo all’aumento
della responsabilità degli altri produttori.2 Ho partecipato di recente ad un vertice FAO che
radunava tutti i protagonisti della filiera delle banane nel quale le grandi imprese transnazionali
(Dole, Ciquita) e alcuni grandi distributori (Sainsbury, Tesco) riconoscevano ai certificatori e
importatori equosolidali il merito di aver creato un nuovo modello di filiera di “successo” che ha
indotto anche loro ad avviare in via sperimentale iniziative simili.
E’ per questo che oggi una banana su quattro nel Regno Unito proviene dalla filiera
equosolidale. E allora perché non avviare un percorso simile per i nostri prodotti agricoli, ora
che abbiamo toccato con mano, che l’autointeresse miope che ci spinge ad ignorare i legami
quando acquistiamo i prodotti diventa un boomerang? Che non potremo mai avere sicurezza
garantita in presenza di disperati che vivono in condizioni incivili? Siamo nelle condizioni di
farlo partendo da obiettivi realistici e non utopici come quelli di un prodotto che garantisce agli
stagionali qualcosa di più di 20 euro al mese e abitazioni decenti o altre iniziative in grado di
promuovere la loro dignità.
Basta con gli esercizi di indignazione, rabbia, commozione fine a se stessa. Proponiamo strade
possibili incarnate nella realtà economica del nostro quotidiano, in grado di attivare le “energie
rinnovabili” della solidarietà, di quella grandissima parte dei cittadini che possono e sono
disposti a votare con il proprio portafoglio per una filiera diversa.
Non si tratta solo di solidarietà ma anche di un modello economico sostenibile che porta i valori
dentro la piazza del mercato e crea quei valori di cui l’economia e la società hanno bisogno per
sopravvivere.
Leonardo Becchetti
Presidente del Comitato Etico di Banca Etica
(da www.bancaetica.com – gennaio 2010)
PIAZZOLA E L’ONOREVOLE CAMERINI
– UN SECOLO FA
di Adelino Cattani - Docente di Teoria
dell’argomentazione all’Università di Padova
Giusto cent’anni fa l’onorevole Paolo Camerini fu tra
i designati dalla sorte per recarsi al Quirinale “per
fare i complimenti di capo d’anno” al Re e alla
Regina. Assieme a lui c’erano i deputati Finocchiaro
e Pecoraro. Il duca Camerini fu deputato dal 1903 al
1913, eletto per i liberal-radicali, non per niente
sostenne l’abolizione dell’insegnamento della religione nelle scuole primarie, come ci ricorda
Ermenegildo Reato nel suo profilo storico di Piazzola, pubblicato dalla Parrocchia nel 2005.
Scrive Il Gazzettino dell’epoca (2.01.1910) che la regina madre «parlò lungamente di Piazzola,
dove l’onorevole ha uno stabilimento e un’artistica villa, e si è informata lungamente dello
stato dell’agricoltura in quella località e delle opere pie, nonché dell’organizzazione agraria».
«La regina parlò di Piazzola, l’industre borgata che l’on. Camerini rinnovò completamente
facendo ai suoi operai e coloni condizioni di vita veramente ottime».
Scrive l’articolista che la regina era consapevole che di quel paese Camerini aveva fatto un
centro agrario e industriale floridissimo, e volle saper come funzionavano la Cassa di Risparmio
e quella di Previdenza e altre istituzioni locali. L’on. Camerini rispose che «vi sono nel paese
circa 9 mila lavoratori; e per vero, soggiunse, non si lagnano». Forse aveva tradotto in pratica
la teoria della sua tesi di laurea nel 1891, anno della Rerum Novarum, su “I doveri del ricco
proprietario di fronte alla ricchezza nazionale e ai lavoratori del suolo”.
(da Il Padova - gennaio 2010)
L’INGANNO TRANSGENICO CONTINUA
Siamo alle solite: per promuovere metodi di sovra-produzione inutili, nocivi o dei quali non è certo
l’effetto sulla salute umana, si tirano fuori un’infinità di finti buoni propositi e motivazioni a sfondo
umanitario. I sostenitori degli Organismi Geneticamente Modificati, infatti, continuano con la favola di
voler sconfiggere la fame nel mondo, come già alcune multinazionali fecero nei lontani anni ’60 con la
cosiddetta “Rivoluzione verde”. Nonostante i buoni propositi degli scienziati coinvolti, con la scusa di
voler “sfamare il mondo” si diffusero non solo le monoculture (che hanno impoverito i suoli e portato le
popolazioni che le hanno adottate a non poter più essere auto-sufficienti come nei millenni precedenti),
ma anche dosi di fertilizzanti e pesticidi in quantità a lungo andare allarmanti sia per l’uomo che per
l’ambiente. Ma si sa, la memoria delle persone è decisamente breve.
I sostenitori degli Organismi Geneticamente Modificati continuano a sostenere di
voler sconfiggere la fame nel mondo
Un po’ come nel caso dell’energia nucleare, che continua ad essere
propinata in questo preciso momento storico per la sua presunta capacità
di poter aiutare nella lotta ai cambiamenti climatici (cosa peraltro falsa,
come dimostrato nella puntata di Report “L’inganno” di Michele Buono e
Piero Riccardi), anche nel caso degli OGM si continuano a diffondere notizie
false che possano conquistare la buona fede, oltre che l’approvazione, dell’opinione pubblica.
Ora, anche lo sviluppo degli OGM “nutrizionali” è basato sullo stesso approccio del nucleare,
ossia su rischiose e fallimentari tecnologie, come appunto è già stato fatto in passato. Lo
conferma un recente rapporto della IAASTD (International Assessment of Agricultural
Knowledge, Science and Technology for Development), che conclude le sue analisi affermando
che il miglior modo per sfamare il mondo, sul quale bisognerebbe concentrare gli sforzi e le
risorse della ricerca, è la coltivazione agro-biologica, di cui il miglior esempio è quella biologica.
In un articolo sull’inglese “The Guardian”, Isobel Tomlinson si avvale dei commenti del Prof.
Winkler rilasciati alla ottima Soil Association (l’Associazione dei produttori biologici
britannici), nei quali viene ribadita la falsità delle asserzioni riguardanti la favola della sconfitta
della fame nelle nazioni “in via di sviluppo”. «La malnutrizione», riporta la Tomlinson, «cresce
per la mancanza di molti micro-nutrienti, e non può essere risolta dal semplice sviluppo di
coltivazioni progettate per creare nutrienti specifici».
Ciò di cui c’è veramente bisogno, scrive la giornalista britannica, è la varietà, la diversità delle
colture, e che «promuovere un’ulteriore sviluppo delle monocolture attraverso sementi
geneticamente modificate non risolverà il problema», anche perché «tali sistemi agricoli si
basano su elevati usi di fertilizzanti artificiali e pesticidi chimici». La
soluzione sarebbe invece lo sviluppo (vero) dell’agricoltura biologica
e nel ritorno a metodi agricoli tradizionali.
Un metodo tradizionale che ha permesso all’umanità di provvedere al suo
sostentamento per alcuni millenni è quello delle “rotazioni”
Oltre alla varietà di colture ed all’implementazione dell’agricoltura
biologica, un altro metodo tradizionale che ha permesso all’umanità
di provvedere al suo sostentamento per alcuni millenni e che
potrebbe tornare ad essere utile oggi, è quello di un “semplice”
ritorno alle cosiddette “rotazioni”, ossia al far “riposare” a turno gli
appezzamenti di terreno, lasciandone sempre una parte a
maggese.……continua a leggere l’articolo cliccando QUI
(da www.terranauta.it - gennaio 2010)
LA REGIONE VENETO APPOGGIA IL GOVERNO
SUL NUCLEARE. I VERDI: I VENETI HANNO
DIRITTO DI SAPERE QUALI E QUANTI SONO I
SITI SCELTI . NECESSARIO UN REFERENDUM PER
DECIDERE!
Il Veneto, con Lombardia e Friuli, appoggia la scelta del
Governo sul nucleare, delegando in tal modo l’Esecutivo Nazionale alla localizzazione
dei siti per gli impianti negando il coinvolgimento delle popolazioni su questa scelta
attraverso una consultazione popolare.
In dissenso con la maggioranza delle regioni che hanno espresso un parere negativo al decreto
legislativo in materia, la Giunta regionale apre le porte alla costruzione nei nostri territori di
una o due centrali nucleari (siti possibili nel delta del Po, nel basso veronese e in prossimità
della laguna veneziana), negando con questa scelta qualsiasi passaggio democratico di
discussione e consultazione tra le popolazioni e sposando, invece, la forma verticistica e
antifederalista scelta dal Governo.
Il centro destra veneto - che non perde occasione per citare la propria vocazione federalista con una Lega Nord che si ritiene predestinata al governo regionale del dopo-Galan nel nome di
“paroni a casa nostra” e quale “padre nobile” di una grande riforma federalista, alla prova del
nove si inginocchia al volere dell’esecutivo nazionale, mettendo a disposizione il territorio per
le localizzazioni nucleari.
I Verdi pretendono che si dica ai veneti dove e quante centrali nucleari si
intende costruire in Veneto, senza attendere furbescamente la fine delle
prossime elezioni regionali. Da tempo hanno lanciato la proposta di un
referendum sul nucleare nel Veneto come passaggio obbligatorio per
qualsiasi scelta futura.
Il federalismo, quello vero, passa proprio da questo punto: se saranno o
meno le popolazioni a decidere sul nucleare e non l’esecutivo nazionale
con la Lega Nord al suo interno.
Gianfranco Bettin – Consigliere regionale Verdi Veneto
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IL MONDO CATTOLICO E IL NUCLEARE
In uno degli ultimi numeri de “La Difesa del Popolo” è uscito in allegato un libretto dal titolo “Energia per
il futuro” dove si appoggia in modo propagandistico l'uso del nucleare. Pubblichiamo di seguito la lettera
che un gruppo di cattolici, indignati da questa presa di posizione, ha spedito al giornale.
Con stupore e amarezza abbiamo letto il libretto "Energia per il futuro", allegato all'ultima
Difesa. Con tono suadente, con foto di bambini che giocato in prati fioriti e sotto cieli azzurri,
l'ENEL ha a disposizione 48 pagine per propagandare la scelta degli investimenti nell'energia
nucleare. Per tutti gli aspetti critici in discussione da anni (la sicurezza, il costo, le scorie
radioattive, i siti sicuri,la durata....) ha ovviamente una risposta pertinente e rassicurante. Si
muove così da mesi, con l'appoggio entusiasta del ministro Scaiola e di alcuni centri industriali
e universitari interessati al business. Che lo faccia l'ENEL e i suoi amici è ovvio: la campagna
sul nucleare sarà lunga e combattuta, anche nel nostro Veneto.
Ma La Difesa perchè si schiera così decisamente pro nucleare? Chi ha deciso che la Chiesa
Padovana è pro nucleare? Come mai il nuovo Direttore ha fatto questa scelta, senza dare la
stessa possibilità di argomentazioni a chi invece è contrario al nucleare? I " Missionari del
Creato" della Diocesi di Padova e i tanti cristiani e preti che in Curia e nelle parrocchie si
impegnano da anni per la salvaguardia dell'ambiente, adottando nuovi stili di vita e
consumando meno energia, forse non condividono questa scelta.
E la posizione del Cardinale Martino citata nell'editoriale e in rilievo sulla copertina, non
esprime certamente la variegata posizione del mondo cattolico italiano, nè tanto meno
padovano, sul nucleare. Ci sono tanti cardinali, preti e teologi contrari al nucleare, con
argomentazioni fondate e anche teologiche oltre che pratiche, basta avere voglia di intervistarli
e di dare loro la stessa risonanza data all'Enel, se si vuole fare del buon giornalismo.
Lo stesso Benedetto XVI, nel messaggio per la giornata mondiale della pace del 1° gennaio
2010 intitolata a proposito “se vuoi coltivare la pace, custodisci il creato” afferma “...E'
necessario che le società tecnologicamente avanzate siano disposte a favorire comportamenti
improntati alla sobrietà, diminuendo il proprio fabbisogno di energia e migliorando le condizioni
del suo utilizzo. Al tempo stesso, occorre promuovere la ricerca e l'applicazione di energie di
minore impatto ambientale...”.
E il teologo Simone Morandini, a pagina 9 della stessa Difesa, commentando il messaggio del
Papa evidenzia che è “...significativa l'attenzione particolare dedicata all'energia solare, forse il
riferimento tecnico più specifico in un testo che riflette fondamentalmente su un piano eticoteologico...”
Ci auguriamo sinceramente che la Difesa dopo questo blitz pro-nucleare, nei prossimi mesi,
quando la discussione diventerà probabilmente più accesa, tenga una posizione più accorta,
che rispecchi davvero la sensibilità e le variegate
opinioni del mondo cattolico padovano.
(da Ecopolis Newsletter - gennaio 2010)
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