N NE EW WS SL LE ET TT TE ER R0 04 4--2 20 01 10 0 _________________________________________ NOTIZIE DALL’EUROPA E DAL MONDO AMBIENTE: ISTAT “ITALIA TRA MAGGIORI PRODUTTORI EUROPEI GAS SERRA” Nel 2007 si sono spesi per finalità ambientali circa 265 euro per abitante, con fortissime disparità regionali, ma con incrementi consistenti nel Mezzogiorno. E’ quanto emerge dai dati diffusi oggi dall’Istat, in occasione del lancio di “Noi Italia”, il nuovo sito web (http://noi-italia.istat.it), che raccoglie indicatori che spaziano dallʹeconomia alla cultura, al mercato del lavoro, alla qualità della vita, alle infrastrutture, alla finanza pubblica, all’ambiente, alle tecnologie e all’innovazione. Nel corso dello stesso anno sono stati inceneriti poco meno di 67 kg di rifiuti urbani per abitante, valore sensibilmente più basso di quello europeo, anche se negli ultimi 7 anni si registra un incremento intorno al 50%. Pur registrando una riduzione della percentuale dei rifiuti urbani smaltiti in discarica rispetto al totale dei rifiuti urbani gestiti, l’Italia si colloca ancora al di sopra della media europea con 284,8 kg di rifiuti per abitante smaltiti in discarica. Soltanto il 27,5% dei rifiuti urbani prodotti viene avviato a raccolta differenziata. L’Italia si pone tra i maggiori produttori europei di emissioni di gas serra, con circa 2 tonnellate per abitante di CO2 attribuibili al trasporto stradale nel 2005. (da Econotizie dal Veneto – Gruppo Verdi – gennaio 2010) ITALIA, UN PAESE DI HOBBY FARMERS Una ricerca Nomisma - condotta in collaborazione con il mensile "Vita in Campagna" fornisce una prima valutazione di un fenomeno che sfugge alle statistiche nazionali, ma che risulta estremamente diffuso nelle campagne del Bel Paese. Lo studio identifica profili, attività, motivazioni, esigenze ed impatti socioeconomici di questi "nuovi" custodi degli spazi rurali che si dedicano, con passione, ad attività agricole esclusivamente per hobby. I principali risultati della ricerca saranno presentati a Verona il prossimo 5 febbraio 2010, in occasione di Fieragricola. L'Italia non è solamente terra di poeti, santi e navigatori ma anche di agricoltori. O per lo meno, presunti tali. Una ricerca svolta da Nomisma in collaborazione con il mensile "Vita in Campagna" - che da oltre 25 anni segue chi per passione coltiva piante o alleva animali nel tempo libero - sembra infatti dimostrare come le aree rurali siano sempre più interessate dalla presenza di persone che decidono di spostarsi e di vivere in campagna, dedicandosi anche ad attività tipiche di questi spazi, agricoltura in primis. Questo interesse per le attività agricole da parte di "non addetti ai lavori" sta assumendo oggi particolare rilevanza, in un momento in cui la crisi economica porta molte persone a riscoprire le bontà e la convenienza dei prodotti del proprio orto, frutteto e dell'allevamento. Ed è proprio in considerazione di tale tendenza che ci si accorge del fatto che nelle campagne si sta sempre più diffondendo una figura particolare, che potremmo definire hobby farmer (o agricoltore amatoriale), che si caratterizza per il possesso di un terreno agricolo coltivato nel tempo libero, in quanto la sua attività principale dal punto di vista lavorativo (e di tempo) è al di fuori del settore agricolo stesso. Attenzione però a non confondere questa "nuova figura" con quella dell'agricoltore non professionale: quest'ultimo soggetto, infatti, si configura comunque come un agricoltore che, pur dedicando meno del 50% del suo tempo, viene periodicamente monitorato dall'Istat (in Italia, infatti, il 70% dei conduttori agricoli svolge l'attività agricola in maniera part-time). L'hobby farmer (o agricoltore amatoriale), invece, così come emerge dalle risposte di un campione di 4.000 intervistati, riguarda principalmente soggetti non riconducibili ad un impiego lavorativo ufficiale di carattere agricolo, ma impegnati a tempo pieno in altri settori economici (dipendenti pubblici, medici, liberi professionisti, dirigenti di imprese private, operai, ecc.) o da pensionati. A riprova di questa "estraneità" dal settore agricolo professionale, si pensi che oltre il 90% di chi è stato intervistato non è mai stato contattato dall'Istat in merito al censimento generale sull'agricoltura. Ed è proprio dal confronto con i vari censimenti agricoli - e dai relativi risultati - che si è partiti per comprendere il contesto di riferimento di tale fenomeno. Se infatti si confrontano le superfici agricole rilevate nel 1990 e nel 2000, si evidenzia un calo di quasi 2 milioni di ettari contestualmente ad una diminuzione di circa 430.000 aziende. Alla luce di tali cambiamenti però, le dimensioni medie delle imprese agricole non sono cambiate (rimanendo attorno ai 5 ettari di Superficie agricola utilizzabile) segno evidente di un mancato processo di accorpamento fondiario………continua questo articolo cliccando QUI I principali risultati della ricerca saranno presentati a Verona il 5 febbraio 2010, in occasione della prossima Fieragricola (sala Puccini ore 10:00). Puoi scaricare qui il programma del Convegno o o o o Per ulteriori informazioni: Nomisma S.p.A. Denis Pantini ([email protected] fono: 051 6483188); Massimo Spigola ([email protected] fono: 051 6483196); Vita in Campagna Giorgio Vincenzi ([email protected] fono: 045 8057511); Luciano Grilli [email protected] fono: 045 8057523). (da www.biozootec.it – gennaio 2010) AMBIENTE: A PADOVA OK AL PIANO DI RISANAMENTO DELL'ARIA NEL DOCUMENTO GLI IMPEGNI DELLA GIUNTA PER I PROSSIMI ANNI Impianti fotovoltaici in 30 scuole della città Via libera da Palazzo Moroni al nuovo piano di risanamento dell'aria, corposo documento programmatico che delinea le azioni future volte alla riduzione del Pm10. «Fra gli impegni che abbiamo assunto - spiega l'assessore all'Ambiente Alessandro Zan - figura l'installazione di impianti fotovoltaici sui tetti di trenta diverse scuole». Un intervento che, secondo le stime dell'assessore, comporterà un impegno economico di circa 700mila euro. Anche lo spazzamento frequente delle strade contribuisce alla riduzione delle polveri sottili che si depositano sull'asfalto: «Un servizio - spiega Zan - che intendiamo potenziare aumentando il numero di ore previste nel prossimo piano economico finanziario che redigeremo con Acegas Aps». Il piano sancisce il definitivo addio alle domeniche ecologiche: «Provvedimenti di questo tipo - spiega l'assessore - non incidono in alcun modo sulla riduzione del Pm10. Per ottenere qualche risultato servirebbe un impegno da parte della Regione, che dovrebbe introdurre linee guida comuni per tutto il territorio: un intervento che non è mai stato fatto. Mi auguro che il prossimo assessore regionale all'Ambiente dimostri maggiore sensibilità....». Alle domeniche ecologiche Zan conta di sostituire, a partire da aprile, alcune domeniche di quartiere: «organizzeremo iniziative volte a far rivivere piazze o piccole aree nei singoli quartieri. Proposte accompagnate da ridotte limitazioni della circolazione. Poi si potrà iniziare a ragionare insieme ai quartieri anche sulla pedonalizzazione permanente di alcune piazze». Da Zan un bilancio sul successo del tram: «Ci ha consentito di eliminare dall'atmosfera 8mila chili di polveri sottili all'anno. Negli ultimi 10 anni la quantità di biossido di zolfo e monossido di carbonio nell'atmosfera si è notevolmente ridotta, mentre qualche criticità permane per le polveri sottili». (da Il Padova – gennaio 2010) NO ALLA DEMAGOGIA IMPRENDITORIALE: RINNOVABILI LA VERA OPPORTUNITÀ Fra le demogogiche motivazioni con cui sui cerca di favorire il ritorno al nucleare in Italia vi è quella che vorrebbe l'energia nucleare come foriera di nuovi posti di lavoro. Ma a parità di investimenti, l’efficienza energetica e le rinnovabili sono capaci di creare 15 posti di lavoro per ognuno nel nucleare. In meno di 10 anni, il settore delle rinnovabili in Germania ha creato oltre 280.000 posti di lavoro tra diretto e indotto. In Italia, al 2020 con la diffusione delle rinnovabili si potrebbero creare dai 150 ai 200mila nuovi posti di lavoro. Questa sarebbe una reale occasione per lo sviluppo industriale e occupazionale del Belpaese. Ci dicono poi che il nucleare serve per differenziare le fonti energetiche. Bisogna essere precisi, per non correre il rischio di fare ordinaria demagogia. E aggiungere che, come dimostrato da uno studio del Cesi Ricerca del 2008, con la costruzione di 4 reattori EPR di terza generazione evoluta da 1.600 MW l’uno, risparmieremmo, dal 2026 in poi, appena 9 miliardi di metri cubi all’anno di gas naturale, pari al 10% dei consumi attuali e al contributo di un rigassificatore di media taglia. Nuovi impianti nucleari sono previsti soprattutto in Cina, Russia, India e Corea del Nord, dove il mercato elettrico è tutt’altro che libero. Barack Obama ha tagliato i fondi federali per il sito di Yucca Mountain e non ha stanziato neanche un centesimo di dollaro per il nucleare di oggi mentre finanzierà la ricerca sulla quarta generazione, mentre Angela Merkel nel programma del nuovo governo di centro destra non prevede la costruzione di nuove centrali nucleari in Germania, ma solo l’allungamento della vita di quelle esistenti. Quali studi segreti in possesso del nostro Governo giustificherebbero il ritorno a questa tecnologia rischiosa e vetusta? Certo non le motivazioni economiche ampiamente superate dallo sviluppo di un modello energetico moderno e innovativo, basato sull’efficienza e la sostenibilità. Smettiamola con le dichiarazioni ideologiche e con le previsioni fantastiche e cominciamo a promuovere sul serio una rivoluzione energetica sensata e pulita che ci permetta finalmente di raggiungere gli obiettivi europei al 2020, mettendoci al riparo anche dall’ennesima sanzione economica da parte dell’Ue. Vittorio Cogliatti Dezza, Presidente Legambiente ONLUS (da Ecopolis Newsletter – gennaio 2010) O.D.G DEL CONSIGLIO COMUNALE DI ROVIGO A FAVORE PUBBLICIZZAZIONE DELL’ACQUA Su iniziativa del consigliere comunale verde Guido Romanin il Consiglio Comunale ha approvato un O.d.G a favore della pubblicizzazione dell’acqua. Un atto importante a sostegno della mobilitazione per la gestione pubblica dell’acqua. O.d.G. approvato: “Noi, rappresentanti di enti locali, di associazioni di liberi cittadini e degli enti gestori, riconosciamo che l’acqua è un bene vitale, patrimoniale e comune dell’umanità e che l’accesso all’acqua è un diritto umano e sociale, individuale e collettivo, indispensabile. Consapevoli dell’importanza che riveste la risorsa acqua, sia per la vita che per l’economia della nostra comunità, in sintonia con i principi espressi nel Manifesto per il Contratto dell’Acqua, noi ci impegniamo, in prospettiva locale, a: utilizzare, proteggere, conoscere e promuovere l’acqua come bene comune, nel rispetto dei principi fondamentali della sostenibilità integrale (ambientale, economica, politica e istituzionale); mantenere nella sfera pubblica la proprietà e la gestione dell’acqua ovvero il capitale ed i servizi ad essa collegati (infrastrutture e insieme dei servizi di captazione, adduzione, distribuzione, fognatura e depurazione); garantire la sicurezza dell’accesso all’acqua, nelle quantità e qualità necessarie alla vita, a tutti i membri della comunità lo cale, in solidarietà con le altre comunità e con le generazioni future: a tal fine riteniamo che l’accesso a 40 litri di acqua al giorno per ogni persona debba essere garantito come diritto e che i costi necessari al mantenimento di tale diritto debbano essere a carico della collettività; applicare un sistema tariffario giusto e sostenibile fondato sul principio di solidarietà: nel caso dell’acqua andrebbe superato anche il principio secondo cui chi spreca paga e chi inquina paga; lo spreco della risorsa idrica non può essere accettato, devono essere posti dei severi limiti ai consumi massimi tollerabili, oltrepassati i quali le sanzioni diventino molto pesanti; altrettante severe sanzioni pecuniarie e giudiziarie per i casi di contaminazione delle acque costituenti il ciclo naturale (falde freatiche e artesiane, sorgenti, corsi d’acqua, laghi e mare; ridurre, sul nostro territorio i prelievi eccessivi e sconsiderati che hanno portato, negli ultimi trent’anni, ad un notevole abbassamento della falda freatica e al prosciugamento di numerosi tratti fluviali; ciò anche tramite interventi che possano portare a una rialimentazione delle falde tramite misure ecocompatibili che garantiscano la tutela dell’ambiente e delle risorse idriche naturali in modo rigoroso e permanente; promuovere sistemi di riutilizzo delle acque reflue che permettano di ridurre i consumi di acqua potabile per usi diversi da quelli legati all’alimentazione e all’igiene; favorire la riduzione, al di sotto dei livelli di concentrazione massima ammissibile, delle sostanze inquinanti nelle acque superficiali e sotterranee, come previsto dalla legge n° 152/1999; promuovere le forme più innovative di partecipazione dei cittadini alla definizione delle politiche dell’acqua a livello locale tramite gli strumenti della democrazia rappresentativa, partecipativa e diretta e tramite un’intensa opera di formazione e informazione dei cittadini in materia d’acqua; promuovere il ritorno dell’acqua nei luoghi pubblici, (re)introducendo “punti acqua” di ristoro, informazione e cultura nei luoghi di incontro sociale (piazze, stazioni, giardini, aeroporti, stadi...) al fine di contrastare il consumo di acqua in bottiglia, così deleterio per l’ambiente, e di incentivare una nuova cultura dell’acqua; Coscienti che 1,4 miliardi di persone non hanno ancora oggi accesso a una fonte di acqua potabile e che, se le dinamiche attuali non saranno interrotte o capovolte, questa cifra è destinata a raggiungere i 3,5 miliardi nel 2020, Noi ci impegniamo, in una prospettiva internazionale e mondiale, a: prelevare , per ogni metro cubo d’acqua fatturato, una piccola percentuale da destinare al finanziamento di progetti di cooperazione internazionale che perseguono modelli sostenibili di gestione dell’acqua nei paesi sofferenti di penuria di acqua potabile (in attuazione dei principi esposti in Agenda 21); sostenere, a livello di cooperazione decentrata, il finanziamento di progetti di cooperazione e di scambio di esperienze tra abitanti delle nostre comunità e quelli di popolazioni africane, latino americane ed asiatiche, a livello di gestione dell’acqua; stimolare ed incentivare lo studio di soluzioni innovative per la realizzazione del diritto all’accesso all’acqua per tutti entro il 2020”. (da Econotizie dal Veneto – Gruppo Verdi – gennaio 2010) BRACCIANTI E LAVORO SCHIAVO. LO STATO C’È E SI VEDE. La rivolta dei braccianti di questi giorni, continua ad essere inquadrata come un problema d’ordine pubblico dovuto all’assenza dello Stato. Ma questo non corrisponde assolutamente a quello che succede. Lo Stato, anzi gli Stati, ci sono e portano tutta intera la responsabilità. Quella - semplice da comprendere - come la costruzione di un quadro giuridico che finisce per facilitare la totale disarticolazione del mercato del lavoro e la sua facile gestione da parte di gruppi criminali. Ma una responsabilità ben più grave è quella che deriva all’Italia ed all’Unione Europea, dall’aver costruito e rafforzato con denari pubblici un modello agricolo ed agro-alimentare che, pretesamene vocato ad affermarsi sul mercato mondiale e lanciato nella competizione globale con l’illusione della sua concorrenzialità, si ritrova ad un passo dalla sua implosione sotto le mazzate delle diverse crisi che si sono accumulate nel tempo recente e, ancora più gravemente, demolito proprio dal suo interno dalle logiche che lo hanno guidato e lo guidano ancora: l’idea, sbagliata, che aranci, clementine, pomodori, zucchine, latte, pesche o mele potessero essere prodotte “con profitto” in modo industriale da un numero sempre più ristretto di aziende agricole, comunque sempre più dipendenti da fattori esterni, siano essi l’energia, i pesticidi o i concimi a monte o l’industria agroalimentare e la GDO a valle. I prezzi a ritroso, imposti prima di tutto agli impoveriti consumatori dalle grandi catene commerciali e via via fino alle aziende agricole (non necessariamente la catena è lunga, non c’è molta differenza dal prezzo pagato dalla GDO e dall’intermediario grossista del paese), che, producendo con un prezzo imposto, possono tagliare l’unico costo che controllano, quello della forza lavoro. E questo vale se nei campi c’è solo il contadino, suo figlio o sua moglie o il bracciante irregolare. Ecco l’agricoltura italiana: da 1,6 milioni di occupati nel 1992 a 850.000 nel 2009. Tra il 2000 ed il 2007 abbiamo perso il 22% delle aziende agricole, ma solo poco più de 2% della superficie agricola, infatti è aumentato il numero di tutte le aziende con una superficie maggiore di 30 ettari, cioè chi è restato si è ingrandito “per vincere la concorrenza”. Sempre nello stesso periodo il reddito lordo standard (una misura estimativa) delle aziende con una superficie superiore a100 ettari è aumentato del 60%. E questo da anche l’idea perché le varie mafie investono soldi in agricoltura, non solo per riciclare o approfittare dei premi comunitari ma anche perché oltre una certa dimensione comunque – se puoi tagliare i costi di produzione, cioè i costi del lavoro – ci si guadagna bene. La situazione in Calabria, Puglia ma anche nelle piane del Lazio o nelle stalle della Lombardia o del Veneto si ripropone, con livelli d’abuso diversi ma attraverso gli stessi meccanismi, in Andalusia per le fragole (con il "contratación en origen”) o in Francia, nelle Bouche du Rhone (i contratti “ OMI”). Meccanismi simili perché simile è il modello agricolo: un’agricoltura industriale risultato di……continua a leggere questo articolo cliccando QUI (da www.croceviaterra.it – gennaio 2010) L'OGM ARRIVA DA BRUXELLES Sembrava fatta. Al testo avevano lavorato a lungo un gruppo tecnico interregionale e due Comitati: quello degli assessori regionali all'agricoltura e quello degli assessori regionali all'ambiente. Era risultato un documento complicato, che per la prima volta in Italia avrebbe dato comunque, con tutte le cautele e le farraginosità del caso, via libera alle coltivazioni OGM. Titolo: "Linee guida per le normative regionali di coesistenza tra colture convenzionali, biologiche e geneticamente modificate". La Conferenza Stato-Regioni lo avrebbe dovuto approvare già la settimana prossima come decreto da inviare per il "via libera" a Bruxelles da dove sarebbe stato recapitato alle 20 Regioni italiane per le disposizioni applicative. Una fuga di notizie. E la pausa di riflessione si è imposta da sola. Rinvio, dunque, come proposto giovedì 21 gennaio dall'assessore dell'EmiliaRomagna Tiberio Rabboni. E apertura di un'ampia consultazione. Le prime reazioni sono piuttosto sconcertanti: per motivi a volte opposti, quell'ipotesi di decreto non piace più nessuno. Non ai sostenitori degli OGM (Confagricoltura in testa). E gli stessi promotori avanzano dubbi sulla sua applicabilità, riconoscendone le implicite difficoltà operative, organizzative, finanziarie. La Coldiretti lo boccia senza attenuanti. Contrario anche il ministro Zaia. A questo punto, se non fossimo italiani, ci potremmo chiedere perché quei poveretti dei comitati hanno lavorato, su mandato di chi, eccetera. Purtroppo, lo sappiamo. L'Europa di Barroso ha una politica ambigua in tema di OGM. Ma, alla fine, non li vuole escludere. L'esecutivo europeo chiamato Barroso 1 ha avuto per cinque anni all'Agricoltura una dura come Mariann Fischer Boel, dura con gli OGM, favorevole alle produzioni biologiche. Ma Mariann Fischer Boel non c'è nel Barroso 2, è stata silurata (anche per le spinte della potente lobby degli OGM?) e al suo posto c'è il romeno Dacian Ciolos, che non ha detto molto, per ora, sul tema specifico. Dunque, cari amici, a Bruxelles ci vuole chi sostenga in modo forte il biologico, qualcuno che dia una visione ampia, ecologista e ambientalista, a un progetto che riconosca al settore biologico il suo ruolo all'interno dell'agricoltura e che dia prospettive crescenti all'interno dell'intera economia agricola europea. Fare lobby a Bruxelles significa evitare brutte sorprese nelle regioni italiane. L'alternativa è fare i filosofi della Magna Grecia, che sono vicini al nostro cuore e al cuore della nostra cultura ma non hanno mai dato da mangiare a nessuno. (dal Bollettino Bio di Greenplanet – gennaio 2010) TEATROCONTINUO, IN COLLABORAZIONE CON ABRACALAM, PRESENTA LA RASSEGNA IRREPARABILI 2010 TEATRO, MUSICA, DANZA, LIBRI. IRREPARABILI 2010 apre venerdì 19 febbraio alle ore 21.00 con lo spettacolo in progress Giganti di Teatrocontinuo e Tarantàs. La rassegna continua sabato 20 e domenica 21 febbraio e successivamente per ogni sabato fino al 24 aprile con lo spettacolo - festa dedicato a Nin con gruppi, artisti, scrittori provenienti da diverse parti di Italia. Nel suggestivo spazio di Sanclemente tutte le serate inizieranno con i “Fuochi di Sanclemente” e si chiuderanno con un momento di incontro conviviale a cura di Teatrocontinuo e della Cooperativa Agricola El Tamiso. Il programma completo degli eventi può essere visualizzato scaricando l’allegato depliant illustrativo. Sanclemente - ex Chiesa delle Granze Via Messico 304 - laterale Corso Stati Uniti - Zona Industriale di Padova info: www.teatrocontinuo.it -- prenotazioni: [email protected] tel. 049 650.294 (dalle ore 11.30 alle 15.00) cell. 340 847.9382 ____________________________________ LE BALLE FISCALI DEL CAVALIERE Che l'incidenza delle tasse sull'economia italiana fosse tra le più alte all'interno della comunità europea è cosa nota a tutti. Di pubblico dominio è anche la notizia che la pressione fiscale sia sostenuta, nella sua quasi totalità, dai dipendenti pubblici e dai pensionati. Si capisce dunque il perché la riduzione delle tasse sia un argomento tanto caro a tutti gli italiani, siano essi evasori conclamati ovvero onesti contribuenti. È questo, infatti, il dato da cui si deve partire per comprendere quanto l’idea di una riforma fiscale possa solleticare la fantasia dell’intero elettorato italiano. Urge, dunque, un bagno di realismo per comprendere quante balle sono state dette e quante ancora ne verranno spacciate in campagna elettorale. Attualmente la situazione dell'economia internazionale, aggravata dalla crisi, non fa che peggiorare una situazione di per sé già insostenibile: l'incidenza fiscale, risultato del rapporto tra quello che il contribuente paga allo Stato ed il reddito totale prodotto dal sistema paese, facendo la crisi precipitare il reddito totale, non potrà che aumentare. In un paese come il nostro, dove il debito pubblico oramai tocca i 1800 miliardi di Euro, un ipotetico taglio delle tasse avrebbe dunque necessariamente margini ristrettissimi. La ripresa economica appare quindi come una condizione necessaria per qualsiasi piano che volesse seriamente affrontare il problema. Ora, però, è necessario essere realisti nell'analizzare l'economia italiana e l'incidenza che la crisi internazionale ha avuto su di essa: nel 2008 la capacità produttiva del paese è diminuita del 5.2%, dato che indica il netto peggioramento di una realtà che, già in passato, aveva ampiamente dimostrato la propria scarsa capacità di crescita. È dunque quantomeno fuori luogo l’euforia del Ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, quando si sbraccia per ricordare che, per il 2009, è prevista una crescita del Pil pari all'1%. Il principe dei condoni dimentica volutamente, infatti, che per tornare alla situazione di cui sopra, e cioè ad una situazione già scarsamente competitiva, saranno necessari ben cinque anni. Un'età geologica in termini economici. Ecco dunque spiegato il perché di tante promesse, poi rimaste puntualmente disattese: se da una parte l’argomento paga a livello elettorale, dall’altra sono le casse dello Stato a non poter pagare il prezzo di simili riforme. Ma andiamo con ordine. Si comincia dalla campagna elettorale del 2008, quando, il 12 aprile, nell'ultima sfida televisiva con Walter Veltroni, il Cavaliere annuncia: "Abolirò il bollo per le auto e per le moto". Con quali soldi? Usando il famoso tesoretto del governo Prodi oppure "i risparmi" di spesa. Ovviamente non accadde nulla. Promessa mantenuta, invece, quella di abolire, almeno per la prima casa, l’ICI, l'imposta comunale sugli immobili. Detto fatto. A guardare bene, però, si scopre che……continua a leggere questo articolo cliccando QUI (da www.altrenotizie.org Fatti e notizie senza dominio – gennaio 2010) LE ARANCE RESPONSABILI DI ROSARNO Etica e solidarietà originano dal riconoscimento dei legami che uniscono le persone in virtù della loro comune natura. E il principio dell’amore del prossimo (il più vicino) è l’occhiale per correggere la nostra miopia. Spesso, anche per chi ha buona volontà, è più facile “adottare a distanza” che scambiare due parole con il condomino o incontrare lo straniero che cammina nelle nostre stesse strade ma vive in città satellite e diventa invisibile ai nostri occhi perché lontano dal nostro ceto sociale e condizione di vita. Un modo concreto ed incarnato di riconoscere i legami è quello di renderli visibili nel quotidiano ordito delle nostre relazioni economiche e professionali. E’ quello che, a distanza, si è proposto di fare il mondo del consumo e del risparmio solidale, citato ampiamente nell’ultima enciclica,1 rendendo visibile il legame tra il prodotto acquistato e tutti gli attori che hanno contribuito a portarlo sulla nostra tavola. Consentendo al consumatore di scegliere percorsi che tutelano la dignità e promuovono l’inclusione e lo sviluppo degli anelli più deboli della filiera. In questi ultimi tempi però, anche se non possiamo produrre banane, cacao, tè e caffè sotto casa, l’equosolidale viene talvolta erroneamente contrapposto al chilometro zero, ovvero al valore di acquistare prodotti genuini più prossimi. La vicenda di Rosarno ha reso chiaro a tutti che può esistere un “commercio equosolidale quasi a chilometro zero” e che le vicende dell’anello più debole (lavoratori stagionali) della filiera dei pomodori, fagiolini, arance, mandarini e olive prodotte in Italia che finiscono sulla nostra tavola non sono affatto dissimili da quelle dei lavoratori delle piantagioni di banane o dei produttori agricoli di base in paesi lontani. Il ministro Zaia ha accennato alla possibilità per questi prodotti di un marchio “etico” che contraddistingue una filiera diversa e un prodotto che contiene il valore intangibile, ma reso visibile dal marchio, di una maggiore responsabilità sociale nei confronti di tutti gli attori della filiera. Se esistono le arance rosse di Sicilia possono esistere anche le arance responsabili di Rosarno (o dei luoghi in cui potranno essere prodotte sotto queste nuove condizioni). La tracciabilità sociale della filiera è una grande opportunità di ricostruzione di legami invisibili e spezzati nel rispetto della libertà di scelta dei cittadini consumatori. Dove i pionieri che realizzano quest’innovazione sociale di prodotto sono di stimolo all’aumento della responsabilità degli altri produttori.2 Ho partecipato di recente ad un vertice FAO che radunava tutti i protagonisti della filiera delle banane nel quale le grandi imprese transnazionali (Dole, Ciquita) e alcuni grandi distributori (Sainsbury, Tesco) riconoscevano ai certificatori e importatori equosolidali il merito di aver creato un nuovo modello di filiera di “successo” che ha indotto anche loro ad avviare in via sperimentale iniziative simili. E’ per questo che oggi una banana su quattro nel Regno Unito proviene dalla filiera equosolidale. E allora perché non avviare un percorso simile per i nostri prodotti agricoli, ora che abbiamo toccato con mano, che l’autointeresse miope che ci spinge ad ignorare i legami quando acquistiamo i prodotti diventa un boomerang? Che non potremo mai avere sicurezza garantita in presenza di disperati che vivono in condizioni incivili? Siamo nelle condizioni di farlo partendo da obiettivi realistici e non utopici come quelli di un prodotto che garantisce agli stagionali qualcosa di più di 20 euro al mese e abitazioni decenti o altre iniziative in grado di promuovere la loro dignità. Basta con gli esercizi di indignazione, rabbia, commozione fine a se stessa. Proponiamo strade possibili incarnate nella realtà economica del nostro quotidiano, in grado di attivare le “energie rinnovabili” della solidarietà, di quella grandissima parte dei cittadini che possono e sono disposti a votare con il proprio portafoglio per una filiera diversa. Non si tratta solo di solidarietà ma anche di un modello economico sostenibile che porta i valori dentro la piazza del mercato e crea quei valori di cui l’economia e la società hanno bisogno per sopravvivere. Leonardo Becchetti Presidente del Comitato Etico di Banca Etica (da www.bancaetica.com – gennaio 2010) PIAZZOLA E L’ONOREVOLE CAMERINI – UN SECOLO FA di Adelino Cattani - Docente di Teoria dell’argomentazione all’Università di Padova Giusto cent’anni fa l’onorevole Paolo Camerini fu tra i designati dalla sorte per recarsi al Quirinale “per fare i complimenti di capo d’anno” al Re e alla Regina. Assieme a lui c’erano i deputati Finocchiaro e Pecoraro. Il duca Camerini fu deputato dal 1903 al 1913, eletto per i liberal-radicali, non per niente sostenne l’abolizione dell’insegnamento della religione nelle scuole primarie, come ci ricorda Ermenegildo Reato nel suo profilo storico di Piazzola, pubblicato dalla Parrocchia nel 2005. Scrive Il Gazzettino dell’epoca (2.01.1910) che la regina madre «parlò lungamente di Piazzola, dove l’onorevole ha uno stabilimento e un’artistica villa, e si è informata lungamente dello stato dell’agricoltura in quella località e delle opere pie, nonché dell’organizzazione agraria». «La regina parlò di Piazzola, l’industre borgata che l’on. Camerini rinnovò completamente facendo ai suoi operai e coloni condizioni di vita veramente ottime». Scrive l’articolista che la regina era consapevole che di quel paese Camerini aveva fatto un centro agrario e industriale floridissimo, e volle saper come funzionavano la Cassa di Risparmio e quella di Previdenza e altre istituzioni locali. L’on. Camerini rispose che «vi sono nel paese circa 9 mila lavoratori; e per vero, soggiunse, non si lagnano». Forse aveva tradotto in pratica la teoria della sua tesi di laurea nel 1891, anno della Rerum Novarum, su “I doveri del ricco proprietario di fronte alla ricchezza nazionale e ai lavoratori del suolo”. (da Il Padova - gennaio 2010) L’INGANNO TRANSGENICO CONTINUA Siamo alle solite: per promuovere metodi di sovra-produzione inutili, nocivi o dei quali non è certo l’effetto sulla salute umana, si tirano fuori un’infinità di finti buoni propositi e motivazioni a sfondo umanitario. I sostenitori degli Organismi Geneticamente Modificati, infatti, continuano con la favola di voler sconfiggere la fame nel mondo, come già alcune multinazionali fecero nei lontani anni ’60 con la cosiddetta “Rivoluzione verde”. Nonostante i buoni propositi degli scienziati coinvolti, con la scusa di voler “sfamare il mondo” si diffusero non solo le monoculture (che hanno impoverito i suoli e portato le popolazioni che le hanno adottate a non poter più essere auto-sufficienti come nei millenni precedenti), ma anche dosi di fertilizzanti e pesticidi in quantità a lungo andare allarmanti sia per l’uomo che per l’ambiente. Ma si sa, la memoria delle persone è decisamente breve. I sostenitori degli Organismi Geneticamente Modificati continuano a sostenere di voler sconfiggere la fame nel mondo Un po’ come nel caso dell’energia nucleare, che continua ad essere propinata in questo preciso momento storico per la sua presunta capacità di poter aiutare nella lotta ai cambiamenti climatici (cosa peraltro falsa, come dimostrato nella puntata di Report “L’inganno” di Michele Buono e Piero Riccardi), anche nel caso degli OGM si continuano a diffondere notizie false che possano conquistare la buona fede, oltre che l’approvazione, dell’opinione pubblica. Ora, anche lo sviluppo degli OGM “nutrizionali” è basato sullo stesso approccio del nucleare, ossia su rischiose e fallimentari tecnologie, come appunto è già stato fatto in passato. Lo conferma un recente rapporto della IAASTD (International Assessment of Agricultural Knowledge, Science and Technology for Development), che conclude le sue analisi affermando che il miglior modo per sfamare il mondo, sul quale bisognerebbe concentrare gli sforzi e le risorse della ricerca, è la coltivazione agro-biologica, di cui il miglior esempio è quella biologica. In un articolo sull’inglese “The Guardian”, Isobel Tomlinson si avvale dei commenti del Prof. Winkler rilasciati alla ottima Soil Association (l’Associazione dei produttori biologici britannici), nei quali viene ribadita la falsità delle asserzioni riguardanti la favola della sconfitta della fame nelle nazioni “in via di sviluppo”. «La malnutrizione», riporta la Tomlinson, «cresce per la mancanza di molti micro-nutrienti, e non può essere risolta dal semplice sviluppo di coltivazioni progettate per creare nutrienti specifici». Ciò di cui c’è veramente bisogno, scrive la giornalista britannica, è la varietà, la diversità delle colture, e che «promuovere un’ulteriore sviluppo delle monocolture attraverso sementi geneticamente modificate non risolverà il problema», anche perché «tali sistemi agricoli si basano su elevati usi di fertilizzanti artificiali e pesticidi chimici». La soluzione sarebbe invece lo sviluppo (vero) dell’agricoltura biologica e nel ritorno a metodi agricoli tradizionali. Un metodo tradizionale che ha permesso all’umanità di provvedere al suo sostentamento per alcuni millenni è quello delle “rotazioni” Oltre alla varietà di colture ed all’implementazione dell’agricoltura biologica, un altro metodo tradizionale che ha permesso all’umanità di provvedere al suo sostentamento per alcuni millenni e che potrebbe tornare ad essere utile oggi, è quello di un “semplice” ritorno alle cosiddette “rotazioni”, ossia al far “riposare” a turno gli appezzamenti di terreno, lasciandone sempre una parte a maggese.……continua a leggere l’articolo cliccando QUI (da www.terranauta.it - gennaio 2010) LA REGIONE VENETO APPOGGIA IL GOVERNO SUL NUCLEARE. I VERDI: I VENETI HANNO DIRITTO DI SAPERE QUALI E QUANTI SONO I SITI SCELTI . NECESSARIO UN REFERENDUM PER DECIDERE! Il Veneto, con Lombardia e Friuli, appoggia la scelta del Governo sul nucleare, delegando in tal modo l’Esecutivo Nazionale alla localizzazione dei siti per gli impianti negando il coinvolgimento delle popolazioni su questa scelta attraverso una consultazione popolare. In dissenso con la maggioranza delle regioni che hanno espresso un parere negativo al decreto legislativo in materia, la Giunta regionale apre le porte alla costruzione nei nostri territori di una o due centrali nucleari (siti possibili nel delta del Po, nel basso veronese e in prossimità della laguna veneziana), negando con questa scelta qualsiasi passaggio democratico di discussione e consultazione tra le popolazioni e sposando, invece, la forma verticistica e antifederalista scelta dal Governo. Il centro destra veneto - che non perde occasione per citare la propria vocazione federalista con una Lega Nord che si ritiene predestinata al governo regionale del dopo-Galan nel nome di “paroni a casa nostra” e quale “padre nobile” di una grande riforma federalista, alla prova del nove si inginocchia al volere dell’esecutivo nazionale, mettendo a disposizione il territorio per le localizzazioni nucleari. I Verdi pretendono che si dica ai veneti dove e quante centrali nucleari si intende costruire in Veneto, senza attendere furbescamente la fine delle prossime elezioni regionali. Da tempo hanno lanciato la proposta di un referendum sul nucleare nel Veneto come passaggio obbligatorio per qualsiasi scelta futura. Il federalismo, quello vero, passa proprio da questo punto: se saranno o meno le popolazioni a decidere sul nucleare e non l’esecutivo nazionale con la Lega Nord al suo interno. Gianfranco Bettin – Consigliere regionale Verdi Veneto ________________________________________________________ IL MONDO CATTOLICO E IL NUCLEARE In uno degli ultimi numeri de “La Difesa del Popolo” è uscito in allegato un libretto dal titolo “Energia per il futuro” dove si appoggia in modo propagandistico l'uso del nucleare. Pubblichiamo di seguito la lettera che un gruppo di cattolici, indignati da questa presa di posizione, ha spedito al giornale. Con stupore e amarezza abbiamo letto il libretto "Energia per il futuro", allegato all'ultima Difesa. Con tono suadente, con foto di bambini che giocato in prati fioriti e sotto cieli azzurri, l'ENEL ha a disposizione 48 pagine per propagandare la scelta degli investimenti nell'energia nucleare. Per tutti gli aspetti critici in discussione da anni (la sicurezza, il costo, le scorie radioattive, i siti sicuri,la durata....) ha ovviamente una risposta pertinente e rassicurante. Si muove così da mesi, con l'appoggio entusiasta del ministro Scaiola e di alcuni centri industriali e universitari interessati al business. Che lo faccia l'ENEL e i suoi amici è ovvio: la campagna sul nucleare sarà lunga e combattuta, anche nel nostro Veneto. Ma La Difesa perchè si schiera così decisamente pro nucleare? Chi ha deciso che la Chiesa Padovana è pro nucleare? Come mai il nuovo Direttore ha fatto questa scelta, senza dare la stessa possibilità di argomentazioni a chi invece è contrario al nucleare? I " Missionari del Creato" della Diocesi di Padova e i tanti cristiani e preti che in Curia e nelle parrocchie si impegnano da anni per la salvaguardia dell'ambiente, adottando nuovi stili di vita e consumando meno energia, forse non condividono questa scelta. E la posizione del Cardinale Martino citata nell'editoriale e in rilievo sulla copertina, non esprime certamente la variegata posizione del mondo cattolico italiano, nè tanto meno padovano, sul nucleare. Ci sono tanti cardinali, preti e teologi contrari al nucleare, con argomentazioni fondate e anche teologiche oltre che pratiche, basta avere voglia di intervistarli e di dare loro la stessa risonanza data all'Enel, se si vuole fare del buon giornalismo. Lo stesso Benedetto XVI, nel messaggio per la giornata mondiale della pace del 1° gennaio 2010 intitolata a proposito “se vuoi coltivare la pace, custodisci il creato” afferma “...E' necessario che le società tecnologicamente avanzate siano disposte a favorire comportamenti improntati alla sobrietà, diminuendo il proprio fabbisogno di energia e migliorando le condizioni del suo utilizzo. Al tempo stesso, occorre promuovere la ricerca e l'applicazione di energie di minore impatto ambientale...”. E il teologo Simone Morandini, a pagina 9 della stessa Difesa, commentando il messaggio del Papa evidenzia che è “...significativa l'attenzione particolare dedicata all'energia solare, forse il riferimento tecnico più specifico in un testo che riflette fondamentalmente su un piano eticoteologico...” Ci auguriamo sinceramente che la Difesa dopo questo blitz pro-nucleare, nei prossimi mesi, quando la discussione diventerà probabilmente più accesa, tenga una posizione più accorta, che rispecchi davvero la sensibilità e le variegate opinioni del mondo cattolico padovano. (da Ecopolis Newsletter - gennaio 2010)