313
Amadeus
ANNO XXVII - NUMERO 12 (313) DICEMBRE 2015 EURO 11,00 MENSILE POSTE ITALIANE SPED. IN A. P - D.L. 353/2003 CONV. L. 46/2004, ART. 1, C. 1, LO/ MI
Antonini - Il Giardino Armonico / Verdi / Labèque / Frank Sinatra / Valencia / Henry Cowell
ANNO XXVII- DICEMBRE 2015
Il mensile della grande musica
30 ANNI
ESCLUSIVO
IL GIARDINO
ARMONICO
CD1
Giovanni Antonini
e Il Giardino Armonico
Riscoprire Telemann
CD2 download
Nuova Orchestra Busoni
Belli&Nordio: Schubert
Mendelssohn e Grieg
Storia&Storie
Il vero Verdi
Anniversari
Frank Sinatra
Amadeus
Giovanni Antonini
numero 313 dicembre 2015
EDIZIONI
€ 11,00
2 Amadeus
Amadeus 3
CONCERTI/
ABBONAMENTI
DALL’1 DICEMBRE 2015
OPERA E DANZA /
ABBONAMENTI
DALL’11 NOVEMBRE 2015
MICHELE MARIOTTI Beethoven
ATTILA Giuseppe Verdi
NIKOLAJ ZNAIDER Brahms, Schumann
VANGELO opera contemporanea Pippo Delbono
MICHELE MARIOTTI Mahler
CARMEN Georges Bizet
JONATHAN STOCKHAMMER Brahms, Haydn, Nielsen
IL BARBIERE DI SIVIGLIA Gioachino Rossini
NIKOLAJ ZNAIDER Rihm, Berg, Schubert
LE NOZZE DI FIGARO Wolfgang Amadeus Mozart
Al Manzoni
LUCI MIE TRADITRICI Salvatore Sciarrino
DMITRI LISS Dvořák, R. Strauss, Čajkovskij
TITANIC Maury Yeston
MARIO VENZAGO Beethoven, Bruckner
CONVERSAZIONI CON CHOMSKY 2.0 Emanuele Casale
JURAJ VALČUHA Brahms
RIGOLETTO Giuseppe Verdi
MICHELE MARIOTTI Beethoven, Mahler
WERTHER Jules Massenet
JURAJ VALČUHA Webern, Janáček, Taneev
EL AMOR BRUJO el fuego y la palabra La Fura dels Baus
ALEXANDER LONQUICH Mozart, Prokof’ev
CARMEN K (KIMERA) Artemis Danza
AZIZ SHOKHAKIMOV Poulenc, Prokof’ev, Chačaturjan
EMPTY MOVES (PARTS I, II & III) Ballet Preljocaj
Festival
KISS & CRY Michèle Anne De Mey & Jaco Van Dormael
BOLOGNA MODERN Festival per le musiche contemporanee
ORCHESTRA, CORO E TECNICI DEL TEATRO COMUNALE DI BOLOGNA
INFO
FABIO BIONDI Mozart
051-529958
I CONCERTI TORNANO AL TCBO GRAZIE A
T C B O. I T
MICHELE MARIOTTI Beethoven, Mahler
AGORÀ
Corsi e ricorsi
U
no sguardo generale ai cartelloni della stagione 2015-2016 nei teatri lirici italiani mostra una
notevole varietà di scelte. Si va dal massimo del tradizionalismo, nel programma del Teatro Verdi
di Trieste, a un notevole tasso di imprevedibilità in quello della Fenice, che presenta ben 16
spettacoli in una stagione comprendente, è vero, titoli quali La traviata, Madama Butterfly, Il barbiere di
Siviglia e L’elisir d’amore; ma di Verdi è stato scelto il rarissimo Stiffelio, di Hervé (1825-1892) vedremo
Les chevaliers de la table ronde, opéra-bouffe tra i più riusciti fra quelli composti dal musicista, attore,
cantante e regista francese; un lavoro andato in scena per la prima volta nel 1866 al Théâtre des BouffesParisiens, che si propone di mettere in ridicolo gli eroi del ciclo bretone. Sarà una rarità ascoltare alla
Fenice due opere da camera che tratteggiano i rapporti di coppia: ironicamente metateatrale Agenzia
matrimoniale del compositore milanese Roberto Hazon, scanzonatamente salottiera Il segreto di Susanna
di Ermanno Wolf-Ferrari. Le scelte della Fenice sono sempre animate dal gusto del poco noto, anche
quando pescano dal grande repertorio, siano esse La Favorite di Donizetti in edizione francese o L’amico
Fritz di Mascagni o Mirandolina di Martinu. Idomeneo di Mozart, invece, ha subito la sorte opposta: negli
ultimi decenni le sue esecuzioni non si contano. Senza arrivare alla fantasia dimostrata dalla Fenice, anche
negli altri cartelloni si nota una certa tendenza a uscire, occasionalmente, dai solchi del grande repertorio
in misura maggiore di quanto non accadesse negli anni precedenti.
Tempo di inaugurazioni per i teatri lirici italiani.
Uno sguardo d'insieme sulle nuove stagioni
d'opera 2015-2016. Ma il barocco dov'è?
La Scala propone L’enfant et les sortilèges e L’heure espagnole di Ravel; The turn of the screw di Britten;
il teatro di Firenze Fra Diavolo di Auber, I pescatori di perle di Bizet e L’imperatore di Atlantide di
Ullmann; l’opera di Roma Benvenuto Cellini di Berlioz, e Lo scoiattolo in gamba di Nino Rota, il Teatro
Massimo Bellini di Catania La leggenda di Sakuntala di Alfano e Orfeo agli inferi di Offenbach, il Regio
di Torino La donna serpente di Casella. Molto trascurato è, come sempre in Italia, il repertorio dell’opera
barocca e settecentesca che, all’estero, è invece normalmente praticato. Possibile che i teatri italiani
debbano continuare a ignorare ostinatamente un musicista come Rameau? E l’opera italiana del ’600?
Solo L’incoronazione di Poppea figura nella programmazione della Scala. A Napoli si pensa giustamente
alle glorie locali, che sono poi i rappresentanti dell’opera italiana settecentesca in Europa: Zenobia in
Palmira, La grotta di Trofonio di Paisiello e Achille in Sciro di Sarro. A Venezia si azzardano Le cinesi
di Gluck. Per quanto riguarda l’opera contemporanea, quasi ogni teatro ne accoglie una in cartellone: si
contano, così, i nomi di Bussotti (Venezia), Kurtág (Milano), Henze (Torino), Wenjing (Firenze), Glass e
Sollima (Palermo), Tutino (Firenze), Sciarrino (Bologna). Molto coraggiosa è stata la scelta dell’Opera
di Roma di inaugurare la stagione con I Bassaridi di Henze. Clamorosa l’assenza di Wagner da tutti i
cartelloni: solo il Massimo di Palermo programma Il crepuscolo degli dei. Scelte che fanno riflettere sui
corsi e ricorsi della fortuna degli artisti.
Paolo Gallarati
Amadeus 7
Grandangolo
Body Scores è un nuovo progetto del compositore Jacopo Baboni Schilingi presentato
in Francia, Cina, Giappone e questo mese negli Usa: il 3 dicembre a New York (The Spectrum)
e il 9 alla Harvard University. Racconta Baboni Schilingi: «Da anni non scrivo più su carta
da musica, tanto meno al computer. Scrivo su corpi di modelli e modelle. Scrivere a mano sulla
pelle mi obbliga a un più alto livello di concentrazione poiché non è possibile correggere.
Ho deciso di trasformare la fase di scrittura di una partitura in performance. Credo nell’autenticità
della calligrafia e Body Scores è il mio modo di affermarlo!». Body Scores è anche un libro
fotografico pubblicato dalla casa editrice francese NNO-Design. Info: innodesign.fr.
Foto di Jacopo Baboni Schilingi
Il vostro rifugio in città
SOMMARIO
7Agorà di Paolo Gallarati
8Grandangolo
15 Il lettore
16Quattro/quarti di Michele dall’Ongaro, Giovanni Gavazzeni, Giordano Montecchi, Giorgio Pestelli
20
IL DISCO
Georg Philipp Telemann di Cesare Fertonani
Giovanni Antonini e Il Giardino Armonico
30
IL DOWNLOAD
Nuova Orchestra da Camera
“Ferruccio Busoniˮ di Claudia Abbiati
di Valerio Cappelli
33 IN SCENA
Anteprima
La critica
54
Katia e Marielle Labèque: conversazione “intimaˮ con la celebre
coppia di pianiste; il loro album di famiglia in musica, nato come
disco, è un concerto che arriva per la prima volta in Italia
53 Appunti
54 Katia e Marielle Labèque
di Gregorio Moppi
58
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stress trascorrendo 10 giorni al Club.
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aspria.com
Storia&Storie: Giuseppe Verdi di Paolo Gallarati
64
Frank Sinatra di Paolo Prato
68
Valencia: Palau de les Arts di Franco Soda
72
Henry Cowell di W. Edwin Rosasco
78Antica di Massimo Rolando Zegna
79Musicaoggi di Paolo Petazzi
80All’opera di Emilio Sala
81Danza di Valentina Bonelli
82Jazz di Franco Fayenz
84 Fuoritema di Riccardo Santangelo
58
Storia&Storie Giuseppe Verdi: la formazione “mozartianaˮ
del compositore di Busseto, gli equivoci interpretativi e il recente
recupero che ha riscoperto tutta la finezza della sua scrittura
SOMMARIO
85 Fondazione Amadeus
86Education di Carlo Delfrati e Pietro Dossena
88
Note di viaggio di Luisa Sclocchis
90
Note d’arte di Flaminio Gualdoni
92Mecenati di Edoardo Tomaselli
94
A tavola con Falstaff di Ambrogio Maestri
97
LIBRI
99
Lo scaffale di Paola Molfino
100 Hi Tech di Andrea Milanesi
68
104 News in studio di Giuseppe Scuri
Valencia: l’avveniristico e ambizioso Palau des les Arts Reina Sofia
compie dieci anni tra eccellenza e difficoltà. E oggi, con Davide
Livermore, Roberto Abbado e Fabio Biondi, parla italiano
107 DISCHI
CD 1
119 Imperdibili di Luigi Di Fronzo
120CALENDARIO
127ADDII di Gregorio Moppi
130 La conversazione di Alessandro Cannavò
GEORG PHILIPP TELEMANN
Suite, Sonata, Concerti pour la flûte
à bec e les chalumeaux
IL GIARDINO ARMONICO
Giovanni Antonini, flauto,
chalumeau e direzione musicale
guida all’ascolto di Gabriele Formenti
CD 2 in download
FRANZ SCHUBERT
Rondò in la maggiore per violino e archi
FELIX MENDELSSOHN-BARTHOLDY
Concerto per violino in re minore
EDVARD GRIEG
Due melodie elegiache op. 34 Domenico Nordio, violino
Nuova Orchestra da Camera “Ferruccio Busoniˮ
Massimo Belli, direttore
codice OB313MB15
Amadeus
Periodico di cultura musicale edito da Paragon Edizioni
Anno XXVII numero 12 (313) dicembre 2015
Direttore responsabile Gaetano Santangelo
In copertina, Giovanni Antonini (Foto di Paolo Morello)
amadeusonline.net
Centro Iniziative Culturali Pordenone
IL LETTORE
Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia - Comune di Pordenone - Provincia di Pordenone
Con il concorso di
Banca di Credito Cooperativo Pordenonese - Istituto Regionale di Studi Europei FVG - Presenza e Cultura
Università Terza Età Pordenone - Centro Culturale Casa A. Zanussi Pordenone
Concerto
di
FineAnno
XXXVI EDIZIONE
Orchestra Filarmonica
di Leopoli Ucraina
Guglielmo Pellarin corno
Taras Krysa direttore
Giovedì 31 dicembre 2015, ore 16.00
Teatro Comunale Giuseppe Verdi Pordenone
info 0434553205 - www.centroculturapordenone.it
REFLEX
Italiano cercasi
S
arà un caso, ma una spiegazione
dovrà pur averla il fatto che nei
libretti (booklet) dei cd in
commercio sia praticamente sparito
l’italiano. Non mancano inglese,
francese e tedesco, talvolta troviamo
lo spagnolo, ma l’italiano è quasi
sempre assente. La spiegazione è
semplice e scontata: il mercato del
disco di musica classica in Italia è a
livelli praticamente prossimi allo
zero e pertanto i produttori di cd
(quasi tutti domiciliati all’estero, con
uffici che nel nostro paese si
occupano prevalentemente del
repertorio leggero o si limitano,
salvo rare eccezioni, a svolgere un
servizio puramente commerciale)
non sprecano soldi e fatica per
fornire ai loro prodotti anche una
piccola dose di italiano. Mi è
capitato tra le mani il bellissimo
disco dedicato alla Winterreise di
Schubert nella strepitosa
interpretazione del tenore Jonas
Kaufmann, premiato dalla giuria di
Amadeus come miglior disco della
categoria di musica da camera
commercializzato nel 2014,
(consiglio caldamente) e,
consultando il libretto allegato al cd,
salta subito agli occhi, in tutta la sua
dolorosa evidenza che, nella parte
dedicata a riprodurre i testi delle
poesie di Wilhelm Müller, la prima
colonna reca il testo originale in
tedesco, la seconda colonna la
traduzione inglese, la terza quella
francese e la quarta… La quarta è
impietosamente bianca. Piuttosto che
l’italiano il nulla. Non è difficile
immaginare l’importanza della
comprensione del testo in un’opera
dove la poesia e la musica sono
protagoniste. Quella colonna bianca
dove avrebbe potuto benissimo
trovare posto la traduzione italiana
del testo di Wilhelmn Müller
denuncia una carenza culturale che
si trascina da decenni. Un’incuria
che, contrariamente a quanto
avviene in altri paesi, dove il testo
nella lingua locale è obbligatorio,
si manifesta in una colonna bianca.
Lettera
da Fiesole
Riceviamo e pubblichiamo.
2 ottobre 2015
Lo scorso 5 agosto la direzione della
Scuola di Musica di Fiesole ha comunicato a Guido Corti, docente storico
della Fondazione, l’interruzione, senza nessun preavviso né motivazione,
della sua lunga attività di docenza.
Una collaborazione iniziata ben trentaquattro anni fa, quando Piero Farulli lo
volle con sé per costruire, insieme ad
altri musicisti di fama, l’utopia fiesolana.
E così è stato poiché oggi si contano
oltre 60 cornisti in professione, molti
dei quali ricoprono ruoli di prime parti
nelle orchestre italiane e straniere. Giovani che si sono mossi da ogni regione
per frequentare i corsi della Scuola di
Musica di Fiesole, seguendo la propria
passione e con la speranza di farne un
lavoro, chi in orchestra, chi come libero
professionista, chi come insegnante.
Negli anni le competenze artistiche e
didattiche di Guido hanno dato vita
alla classe, o per meglio dire, alla scuola di Corno italiana, riconosciuta oggi a
livello internazionale e in continua crescita, oltre a formare un numero ancora maggiore di musicisti, frutto del suo
lavoro didattico all’Orchestra Giovanile
Italiana. Per noi tutti è stato un esempio
reale, italiano, di come buon senso,
meritocrazia e amore per la Musica
debbano essere i soli sovrani nelle
scelte didattiche e professionali. [...]
Passione, energia positiva, professionalità ed entusiasmo accompagnano
da sempre l’attività didattica del nostro
insegnante e sono i valori che in questi
34 anni ci ha trasmesso, insieme al grande amore e al rispetto per la musica e
per lo strumento; si è sempre prodigato
per far migliorare e progredire qualitativamente sia la classe di corno sia il
livello didattico della Scuola di Musica di
Fiesole senza mai adagiarsi in posizioni
consolidate né diminuendo entusiasmo
ed energie. È riuscito, con pazienza e
tenacia, a trarre il meglio da ognuno di
noi e a dare agli studenti di musica un
servizio che in Italia solo la Scuola di
Musica di Fiesole è riuscita a offrire.
I risultati ottenuti in questi decenni d’insegnamento sono incomparabili e gli
scriventi ne sono la dimostrazione:
Guido Corti è riuscito a formare decine
di musicisti professionisti tramite una
didattica innovativa che ha cambiato il
“modo” di suonare e dando vita a una
nuova storia del cornismo italiano e un
approccio completo alla musica cameristica e sinfonica, adatto ad ogni strumentista, e il tutto è nato e maturato
proprio a Fiesole.Siamo fermamente
convinti che la Scuola di Musica di Fiesole dovrebbe essere fiera e riconoscente almeno quanto noi per il lavoro
svolto da Guido Corti in questi anni e
debba, a lui come a noi, una spiegazione sulla motivazione di interrompere il
rapporto nonostante gli alti risultati artistici, didattici ed economici avuti fino ad
ora. La decisione improvvisa e così a
ridosso rispetto all’inizio dell’anno scolastico che ha creato, tra l’altro, non
poche difficoltà organizzative agli studenti che stanno già frequentando i
corsi fiesolani e a coloro che avevano
deciso di trasferirsi a Firenze per il
nuovo anno accademico, oltre a ferire
profondamente l’orgoglio di chi, in
passato, ha avuto la possibilità di formarsi presso la Scuola di Musica di
Fiesole e frequentare l’Orchestra Giovanile Italiana.Ciò che più ci colpisce
nella decisione della direzione, in assenza di motivazioni artistiche e didattiche, è l’assoluta mancanza di trasparenza nella comunicazione agli allievi
oltre che al docente, trasparenza e
correttezza che una Fondazione come
la Scuola di Musica di Fiesole, che vive
soprattutto di contributi pubblici, deve
alla comunità e in particolare a tutti noi
musicisti che in questi decenni ne siamo stati orgogliosi testimoni.
Seguono 160 firme
Amadeus
vs Amadé
Leggo su Facebook la seguente osservazione di Dino Villatico e mi sembra che meriti un breve commento.
Fiano Romano, 23 ottobre 2015
Mi chiedo a volte, da che cosa nasca
la fortuna di un nome inesistente come
Amadeus, affibbiato a Mozart, che dalla tomba, dovunque giacciano ora le
sue ossa, non può protestare. Tra l’altro questo Amadeus non è mai stato il
nome di Mozart, che in tedesco è Gottlieb, tradotto dal parroco, al battesimo,
nel latino Theophilus. Mozart si firmava
alla francese Amadé. Ma all’epoca della
guerra francoprussiana ai tedeschi non
piaceva quest’uso francese del proprio
nome da parte di un compositore tedesco (l’Austria è di lingua e cultura tedesche) e s’inventarono un inesistente
ed errato Amadeus. Non capisco quale
sia la ragione per cui si è imposto. È
sbagliato, non esiste, non era il nome di
Mozart, e tutti lo usano. C’è stata scritta
perfino una bruttissima commedia e un
ancor più brutto e disinformatissimo film.
Dino Villatico
Caro Villatico, è storia vecchia, oltre alla commedia, da cui è derivato il film,
c’è anche un mensile, spero non brutto
come la commedia, ci sono molte biografie dedicate ad Amadeus, traduzione latina maccheronica del teutonico
Gottlieb nessuna (o quasi) all’altrettanto inesistente Amadé (usato da Wolfgang ma non dai suoi biografi ed estimatori). Ci sono complessi da camera
che si fregiano dell’inesistente nome di
Mozart, che però ha dalla sua la forza
del latino, una lingua che andrebbe recuperata almeno nelle scuole.
Gaetano
Santangelo
Lettere al Direttore
[email protected]
facebook.com/Amadeus.Rivista
twitter.com/AmadeusOnlineIT
Amadeus 15
I
Jeu de cartes
Cronaca minima
C'è musica su Marte
Repert(or)i
IL SUONO
DEL SILENZIO
RADU LUPU
L’ANTIDIVO
SUBLIMI
CRIMINALI
ATTENTI
A NIELSEN
Michele dall'Ongaro
Giovanni Gavazzeni
Giordano Montecchi
Giorgio Pestelli
nteressante notare come tre grandi musicisti del
Novecento si sono interrogati, e hanno interrogato
la loro arte, su un tema cruciale come quello del
“silenzio”. Ovvio fare per primo il nome di John Cage.
Cage libera l’Occidente dalla paura del silenzio inteso
come anticamera della morte. Il suo silenzio è giocoso,
vivo. Non celebra una bellezza intatta, non ne evoca
una rimpianta ma rivela una bellezza nuova fatta dai
suoni che ascoltiamo aprendo la finestra sul mondo di
oggi. Claudio Abbado si concentra molto, nell’ultima
fase del suo percorso di musicista, sul tema del silenzio
recepito come opportunità di ascolto dell’“altro”. Il
confronto con l’alterità come occasione di dialogo.
Sentire “l’altro” perché ti interessa cosa dice. Il principio
base della musica da camera che Abbado infonde alle
sue orchestre ma anche un modello etico per un’ideale
società. Per Luigi Nono il silenzio diventa il luogo
deputato dove ascoltare suoni inauditi. A partire dal
quartetto d’archi Fragmente-Stille, an Diotima del
1979 il silenzio acquista una importanza strutturale
determinante. Silenzio come spazio in cui “la tragedia
dell’ascolto” diventa esperienza sensibile e conduce a
una nuova dimensione della percezione, altri percorsi
dell’immaginazione. Una ricerca che coinvolge anche
la concezione dello spazio acustico come dimostra la
famosa arca di Renzo Piano costruita per il Prometeo.
Sembra quasi (“quasi”) che Nono concordi con chi ha
scritto che «l’essenza della musica non è nei suoni.
(…) è nel silenzio che precede i suoni e nel silenzio
che li segue. Il ritmo appare e vive in questi intervalli
di silenzio. Ogni suono e ogni accordo svegliano nel
silenzio che li precede e che li segue una voce che non
può essere udita se non dal nostro spirito. Il ritmo è il
cuore della musica, ma i suoi battiti non sono uditi se
non durante la pausa dei suoni». Lo ha scritto Gabriele
D’Annunzio, ne Il Fuoco. Anno Domini 1900.
16 Amadeus
4/4
4/4
[email protected]
P
er esorcizzare dicembre, mese delle
inaugurazioni di stagioni operistiche, del pigiapigia presenzialistico di potentucoli, valvassori
e pervenuti – dal “rito” del Sant’Ambrogio scaligero,
Grande Bellezza nazionale a cui tutti vorrebbero essere
presenti, alle vernici regionali dei vari ex-Enti Lirici –
preferiamo parlare di un’artista, Radu Lupu, che
aborre la réclame, suona quello che vuole e ha smesso
da anni di sfornare incisioni seriali come troppi suoi
colleghi (quelle storiche Decca le ha appena riunite
in un cofanetto di 28 cd). La comunicazione globale
senza sosta obbliga gli interpreti a interviste d’ogni
sorta, a dichiarazioni in ogni formato. Chi deroga
col silenzio a queste regole rischia di non essere
“registrato” dai mezzi di comunicazione e la vanità
della maggioranza degli artisti paventa soprattutto
l’oblio mediatico. I casi opposti sono sentiti come
clamorosamente irregolari. Lupu, settantenne dal
30 novembre (essendo nato a Galati nel 1945), pur
circondato da un coro unanime di consensi,
è l’eccezione che conferma la regola, molto sospetta.
Un critico, stizzito dalla caparbietà dei suoi silenzi,
non comprendendo l’“alleggerimento” fonico di certo
suo Beethoven, ha affermato che lo suonava come
Rossini. La sua arte interpretativa, originale
e personalissima, ha preso il cammino difficile
della semplificazione, dello scavo interiore, della
rinuncia alla mera decoratività. «Ognuno ha una
storia da raccontare, e questa storia deve essere
detta in modo convincente e spontaneo. Se non lo è,
non ha valore», è la sua chiara divisa artistica.
«Il silenzio di Radu Lupu, quando si tratta di musica»,
ha scritto Olivier Bellamy, «non è una posa o un
capriccio d’umore, è semplicemente la coscienza
di una logica assoluta». Un silenzio che vela
l’ego dell’uomo nei suoni dell’artista.
L
a questione è greve, eppure, come si suol dire,
“mi urge”, anche perché questo genere di
pensieri, influisce forse quotidianamente nei
nostri gusti e giudizi, amori e idiosincrasie. Un’influenza
che, d’istinto, personalmente mi viene da bollare come
indebita. Ma se poi ci ripenso non ne sono più tanto
sicuro. In breve, scartabellando fra le troppe carte, mi è
tornata fra le mani la fotocopia di uno scritto uscito sulla
Rivista Musicale Italiana nel 1897: Il giudaismo nella
musica. È questa l’unica – che io sappia – traduzione
italiana di uno scritto apparso in origine nel 1850 sulla
Neue Zeitschrift für Musik col titolo Der Judenthum in
der Musik a firma K. Freigedank e ripubblicato in seguito
nel 1869, questa volta col nome in chiaro del suo autore:
Richard Wagner. È un libello vergognosamente razzista,
scritto per dimostrare che un compositore ebreo, per
quanto abile possa essere, non potrà mai essere un genio.
Ma non è l’antisemitismo il tema di questa paginetta,
bensì ciò che vi sta dietro, cioè la bassezza spirituale
o la miseria umana che talvolta, proprio come capita
ai comuni mortali, affligge anche i più grandi – non di
rado moltiplicata proprio in virtù di quella grandezza. Il
punto è presto detto: Wagner-Freigedank è repellente.
Però nel mio cuore e nella mia testa, la sua musica resta
meravigliosa. Quante volte, con qualche morbosità
maldissimulata, ci capita di sentire dei vizi o dei delitti
commessi da grandi dell’arte, della musica, della
letteratura. Alle notizie di sangue, di sesso, l’elettricità
scende lungo la schiena e l’arte sembra svelare il suo
lato più oscuro e demoniaco. Fascinoso per qualcuno,
indegno per altri, nel cui giudizio si avvinghiano
estetica ed etica. Confesso la mia insensibilità: razzista
o assassino, pedofilo o spacciatore, la fedina penale
dell’autore scompare quando ne ascolto la musica, e
non credo che nessuna tossina subliminale si insinui a
corrompere l’ascoltatore.
S
i suole dire che le ricorrenze di anniversari e
centenari servano specialmente ai compositori di
secondo piano, che non devono perdere l’occasione
(passeggera) di una pubblica esposizione delle loro
opere più significative. Ma da qualche tempo si
assiste a celebrazioni scontate di musicisti sommi,
evidentemente più remunerative per i celebranti,
mentre i minori sempre più spesso vengono passati
sotto silenzio: è quanto accaduto quest’anno con Carl
Nielsen, a 150 anni dalla nascita. Certo in Danimarca
e nei paesi di lingua tedesca se ne saranno ricordati,
ma da noi non mi pare si sia fatto qualche tentativo di
mettterne a fuoco la personalità, pur trattandosi di un
“minore” che servirebbe ad arricchire i nostri cartelloni
sinfonici. Sotto l’etichetta di musicista nordico, Evard
Grieg e Jean Sibelius (suo coetaneo) godono di più
fama; ma, appunto, un primo tratto caratteristico
di Nielsen è l’assenza quasi completa di elementi
folclorici; da una formazione germanica, basata sopra
tutto su Brahms e Strauss, è andato evolvendo verso
una scrittura libera, oggettiva, umoristica; l’attacco
del piacevolissimo Concerto per clarinetto (1928) fa
pensare a Paul Hindemith, l’Umoresque della Sesta
sinfonia (1915) è puro Novecento “anni venti”.
Delle sei Sinfonie quella che più vorrei vedere ripresa
da qualche parte è la Quarta (1916-19) soprannominata
“L’inestinguibile”, con riferimento all’istinto di vita
opposto alle distruzioni della guerra, la quale è presente
nel lancinante fortissimo degli archi che apre il Poco
Adagio e nelle violente emersioni dei timpani soli.
Opera scenografica e accattivante, nel 1982 incisa da
Karajan con i Berliner in una splendida edizione (salvo
errore non ristampata), rivela in alcune pagine (il
Poco Allegretto ad esempio) una definizione timbrica
magistrale, tale da sollevare persino qualche dubbio
sulla collocazione del “musicista secondario”.
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