giornale del Quartetto di Milano 9 MC Cent’anni di Patetica al “Quartetto” MARTEDI 14 GENNAIO ORE 21 Bisognerebbe avere la memoria di Pico della Mirandola, o almeno la capacità di legare fra loro avvenimenti e cose, per cavare dal passato qualche curiosità. Invece per chi scrive tutto sfuma in un dolce paesaggio monocromo alla Turner, senza dettagli, senza contorni… tuttavia qualche spunto inedito c’è: e lo si scopre in Cento anni di concerti della Società del Quartetto di Milano (1864-1964), pubblicato a cura della stessa società. E se ci domandassimo quante volte la Patetica (Sonata per pianoforte n. 8 op. 13 di Beethoven, per i puristi) figuri nell’arco di un secolo, ecco qualche sorpresa. Contrariamente alle aspettative la Patetica non accende la fantasia d’interpreti come Busoni o Schnabel o Clara Haskil. Forse perché l’opera è da considerare troppo nota? Non è così: la Sonata in do diesis minore “Al chiaro di luna” vi ricorre più spesso. Per la Patetica in cento anni (salvo beneficio d’inventario) solo quattro esecuzioni. La prima il 6 marzo del 1927 con la firma interpretativa del grande Wilhelm Backhaus. La seconda volta si ascolta nel dicembre ‘38 da Elly Ney. La terza nel ’53 da Walter Gieseking. Infine la quarta volta è di Maureen Jones, nel marzo del ’60. Non abbiamo controllato il periodo dal 1965 ad oggi, ma potremmo scommettere a occhi chiusi che le apparizioni della Patetica non siano state frequentissime. Unica invece appare – per via dello strumento, il fortepiano in luogo del tradizionale pianoforte – quella che ci propone Robert Levin, nel programma del 14 gennaio 2003. Levin, nuovo ospite, ha un buon curriculum. Ha suonato da solista con le orchestre di Berlino, Boston, Chicago, Montreal e Vienna, con direttori quali Gennaio - Febbraio 2003 Periodico della Società e dei Concerti del Quartetto Sponsor istituzionale 11 Rattle, Marriner e Haitink, e, come fortepianista, è stato ospite di celebri complessi sotto la bacchetta di Hogwood, Harnoncourt, McGegan, Gardiner, Norrington. Nel concerto egli esegue anche la parte che spetta alla tastiera nei due Quintetti per pianoforte e fiati di Mozart e Beethoven, che sono un confronto sempre istruttivo per le suggestioni della tonalità di mi bemolle maggiore del modello, cui guarda il genio di Bonn. Confronto anche stimolante per l’amalgama che ci si aspetta tra il fortepiano e i fiati della Academy of Ancient Music. Quanto alle curiosità da cui siamo partiti. Negli annali storici della Società del Quartetto si trovano in cartellone negli anni 1937 e 1938 i celebri Quintetti di Mozart e di Beethoven. Eseguiti per l’occasione dai Solisti del Teatro alla Scala, sotto la direzione di una bacchetta. Quando si dice del costume o della filologia… Sandro Boccardi Robert Levin fortepiano Fiati dell’Academy of Ancient Music Ore 20 - Presentazione con Sandro Boccardi Beethoven – Sonata n. 8 in do minore op. 13 “Pathétique” – Quintetto per pianoforte e fiati in mi bemolle maggiore op. 16 Mozart – Quintetto per pianoforte e fiati in mi bemolle maggiore K 452 10 GS La bella intesa di violino e chitarra MARTEDI 21 GENNAIO ORE 21 Gil Shaham è un “uomo-violino” alla maniera di Jascha Heifetz, ma senza i tormenti da iperperfezionista di Heifetz. Ricorda piuttosto Nathan Milstein di cui Shaham ha fatto sue l’attitudine felina e, come disse, «l’assoluta rilassatezza muscolare che permette di suonare benissimo anche in tarda età padroneggiando suono, colori e dinamiche». Con suono, colori e dinamiche Shaham gioca magistralmente da quando, a 14 anni, nell’86, fece un “provino” per la Deutsche Grammophon che tre anni dopo divenne un disco: il primo di innumerevoli per l’etichetta gialla. Un disco-biglietto da visita e test d’eclettismo: dal romanticismo gonfio di Schumann alla fonda Sonata di Richard Strauss; dal virtuosismo di Paganini, Sarasate ed Elgar ne La Capricieuse all’eleganza sopraffina di Kreisler. Con Mendelssohn e Bruch, Barber e Korngold, Čajkovskij, Bartók (direttore Boulez) e via citando, i grandi o meno grandi concerti d’Otto-Novecento Shaham li ha incisi praticamente tutti. Mancava quello di Brahms e, con Claudio Abbado, è arrivato oggi che l’artista compie trentun anni. Perché, ha detto – «per un violinista, anche il più dotato, questa partitura gigantesca resiste a qualsiasi comodità di lettura e mi ha tormentato a lungo, in quanto la sfida è più di ordine poetico che tecnico». Poesia, tecnica e l’eclettismo di sempre – da Bach a Piazzolla – stanno anche nel programma offerto al “Quartetto” che ribadisce come violino e chitarra si integrino a meraviglia. E mostra un Paganini per nulla “diabolico”: affettuoso nella Sonatina in due tempi, con un Adagio di grande respiro nella Sonata concertata. Alberto Cantù Gil Shaham violino Göran Söllscher chitarra Ore 20 - Presentazione con Alberto Cantù Bach – Sonata in mi minore per violino e continuo BWV 1023 Schubert – Danze per violino e chitarra – Sonata in la minore D 821 “Arpeggione” Paganini – Sonata concertata in la maggiore – Sonata op. 3 n. 6 in mi minore Piazzolla – Histoire du Tango MARTEDI 28 GENNAIO ORE 21 Il pezzo forte dell’appuntamento del 28 gennaio è ovviamente il Quartetto op. 132 di Beethoven, uno dei capolavori assoluti della sua ultima stagione creativa, quello con il movimento lento intitolato “Canzone di ringraziamento di un convalescente alla Divinità”, con la sua immensa struttura carica di fiducia nel futuro, in cui la sperimentazione che guarda già al Novecento si appoggia sul fondamento sicuro della polifonia e dei modi di Medioevo e Rinascimento. E a questo si aggiunge l’interpretazione del Quartetto Guarneri, che è una delle più reputate formazioni tuttora in attività, con una storia ultratrentennale ai massimi livelli (ora evoluta anche con la presenza di un “nuovo” e prestigioso violoncellista, Peter Wiley), una presenza costante nelle nostre stagioni (debutto nel 1968 e una decina di regolari ritorni nelle decadi successive), uno sforzo continuo di approfondimento del repertorio corrente e di esplorazione di percorsi nuovi. La curiosità intellettuale del Quartetto Guarneri si manifesta infatti anche nel resto del programma, con la proposta di due figure praticamente sconosciute, eppure interessanti come poche. Si inizia con Juan Crisostomo de Arriaga (1806-1826), che si è conquistato la fama (postuma) di “Mozart spagnolo”, per lo straordinario talento naturale che lo portò a scrivere opere teatrali, orchestrali e da camera che ancora oggi si ascoltano volentieri. Eppure si spense a soli vent’anni, a Parigi, dove si era trasferito dalla natia Bilbao per studiare al Conservatorio di Parigi sotto la guida ammiratissima del corpo insegnante più esigente di quei tempi. Scrisse tre quartetti, in cui si sente la grande scuola europea di allora (Beethoven, Schubert, Mendelssohn, Cherubini, Rossini…) accanto a una freschezza di melodia e una libertà inventiva che hanno già il profumo della futura scuola nazionale romantica di Spagna. Al Novecento più tragico appartenne Victor Ullman, nativo di Praga (1898) e formatosi alla scuola viennese di Arnold Schönberg, profondamente radicato alla grande tradizione germanica, sia pure nella versione votata alla ricerca più radicale. Finì i suoi giorni nel 1944, assassinato ad Auschwitz, dopo essere passato dal campo di Theresienstadt Domenica 26 gennaio 2003 ore 21 Teatro Grassi Via Rovello 2, Milano I Concerti del Quartetto 11 MC La curiosità intellettuale del “Guarneri” Hommage à Savinio Luisa Castellani, soprano Antonio Ballista, pianoforte Kurt Schwitters Frammenti da Ursonate Alberto Savinio da Chants étranges Gioachino Rossini Un petit train de plaisir Francis Poulenc Toréador Paolo Castaldi Estratti da Cardini, solfeggio parlante Erik Satie Embryons desséchés Alberto Savinio da Les chants de la mi-mort Igor Stravinskij Petit Ramussianum enharmonique Gioachino Rossini Adieux à la vie La chanson du bébé Duetto buffo di due gatti Intero € 10 - Ridotto € 7 Biglietti d’ingresso a partire dal 13 gennaio 2003 in vendita presso • I Concerti del Quartetto, via Durini 24, tel. 02-795393, fax: 02-76014281 • APT - Azienda di Promozione Turistica, Piazza Duomo • Fondazione Antonio Mazzotta, Foro Buonaparte 50, tel. 02-878197 / 878380 Nella poliedrica personalità creativa di Alberto Savinio la musica non occupa la posizione predominante: il genio che traspare nelle sue pagine letterarie e nella sua pittura non lascia un'impronta così prepotente nella musica, configurandosi in questa prevalentemente come elemento di rottura. Eppure la musica è stata la prima vocazione di Alberto Savinio e vocazione precoce, se si pensa che conseguì a dodici anni il diploma di pianoforte e composizione al Conservatorio di Atene, due anni dopo scrisse un Requiem per la morte del padre e a quindici anni l'opera, su libretto proprio, Carmela. Il 1914 fu l'anno di più intensa attività musicale di Savinio e quello in cui più radicalmente appare la sua indipendenza dalle influenze dominanti dell'epoca. Nessuna traccia di Debussy, né di Ravel, né di Stravinskij. «Savinio scrive su testi propri, emblematici, che già rivelano quell'ironia invereconda precorrente il dadaismo (1916) e persino con sorprendenti anticipazioni oniriche che verranno assunte dal surrealismo (1924). Alcuni titoli di queste composizioni (La passion de rotules, Matinée alphabetique, Le général et la Sidonie, Il cuore di Giuseppe Verdi, Le phanal d'épiderme, etc.) possono far pensare a Erik Satie, che proprio in quegli anni scrive le sue "pièces terribles" come antidoto ai narcotici del wagnerismo e del debussismo». dove riuscì a resistere alle infamie del quotidiano continuando a scrivere musica. Alcune di queste partiture sono state salvate, e nel 1977, a New York, è stata rappresentata per la prima volta l’opera teatrale Der Kaiser von Atlantis, che è un incredibile atto di fiducia nella capacità dell’uomo di (ri)costruire una società civile e tollerante. Di quel tempo è anche il suo Terzo quartetto per archi, severo, essenziale, brusco, emozionante. Enzo Beacco Quartetto Guarneri Ore 20 - Presentazione con Enzo Beacco Arriaga – Quartetto n. 2 in la maggiore Ullman – Quartetto n. 3 Beethoven – Quartetto n. 15 in la minore op. 132 (Luigi Rognoni, in: Album 1914 di Alberto Savinio, a cura di Luigi Rognoni e Antonio Ballista, Ed. Suvini Zerboni). Dei Chants de la mi-mort, per i quali Savinio scrive la musica e disegna bozzetti delle scene e dei costumi, ci è pervenuta soltanto una serie di sei pezzi per pianoforte in cui l'autore rivela con particolare virulenza la sua pervicace e strenua lotta contro le forme sclerotiche del linguaggio musicale dove ogni convenzione viene dissacrata. Il concerto Hommage à Savinio, oltre a un nutrito gruppo di pezzi vocali e a tre dei sei Chants de la mi-mort per pianoforte, include composizioni di Gioachino Rossini e di autori del XX secolo: Schwitters, Poulenc, Castaldi, Satie, Stravinskij. Esso rappresenta un itinerario nel paradossale, nell'assurdo e nel grottesco in musica: un gioco dissacrante dove l'inatteso, "la chose curieuse" come diceva Apollinaire, assume un ruolo fondamentale. Ho la presunzione di credere che Savinio se ne sarebbe compiaciuto. Antonio Ballista Presso la Fondazione Antonio Mazzotta in Foro Bonaparte 50, continua fino al 2 marzo la mostra Alberto Savinio. Visite guidate gratuite per i Soci il 22 gennaio alle ore 18.30 e il 23 gennaio alle ore 18 con prenotazione telefonica in sede. 12 Sensibilità, raffinatezza, temperamento MARTEDI 4 FEBBRAIO ORE 21 RS A San Francisco, dove sono nate, le sorelle Shana e Avi Downes sono state avviate alla musica in età tenerissima: soltanto quattro anni. Ne avevano rispettivamente 16 e 14 quando volarono in Europa per perfezionarsi; Shana, la violoncellista, frequentò fra l’altro le lezioni di André Navarra; Avi, la pianista, quelle di Rudolf Buchbinder. Con l’inco- raggiamento di altri straordinari maestri come Yo-Yo Ma o Franco Gulli, le Downes si sono presto affacciate alla carriera; prima mossa, seguire l’iter inevitabile dei concorsi internazionali. E qui le sorelline hanno mostrato subito la loro tempra: premi all’A.R.D. di Monaco, al Vittorio Gui di Firenze, al Rostropovich di Parigi, competizioni fra le più autorevoli al mondo. Non è da meno il Premio Trio di Trieste, che il “Quartetto” sostiene con la Fondazione Pro Musica Rusconi; due anni fa, Shana e Avi Downes l’hanno vinto, conquistandosi l’invito a suonare per la nostra Società. Calorosamente apprezzate dal pubblico, nei vari paesi dove già si sono prodotte in concerto (nelle sale più importanti, dal Concert- gebouw al Wigmore Hall, dal Musikverein alla Salle Gaveau), le sorelle Downes hanno suscitato anche l’interesse e la simpatia della critica. I giudizi apparsi su numerosissime testate sono unanimemente positivi. «Levigata raffinatezza», «limpido virtuosismo», «temperamento e sensibilità», «densità espressiva»: già poche citazioni disegnano un ritratto a tutto tondo del giovane duo di Rising Stars, una delle realtà più promettenti venute alla ribalta negli ultimi anni. Patrizia Luppi Duo Shana e Avi Downes violoncello e pianoforte Ore 20 - Presentazione con Patrizia Luppi Premio Trio di Trieste, 2000 Mendelssohn – Sonata n. 2 in re maggiore op. 58 Barber – Sonata in do minore op. 6 Janáček – Un racconto Chopin – Sonata in sol minore op. 65 martedì 14 gennaio 2003 ore 21 Sala Verdi del Conservatorio MC MARTEDI 18 FEBBRAIO ORE 21 Nel dialogo con Amichai Grosz, viola del Jerusalem String Quartet, che abbiamo trovato a Gerusalemme nei giorni prima di Natale, emergono i punti di riferimento di uno fra i gruppi cameristici più dinamici e interessanti sulla scena cameristica d’oggi. Come avete deciso di suonare insieme? Per la verità… non abbiamo proprio fatto apposta. Eravamo tutti studenti molto giovani – adolescenti – all’Accademia per Musica e Danza, e suonare quartetto fa parte della normale educazione dei musicisti. Ma appena ci siamo seduti noi quattro, fin dal primo momento è capitato qualcosa che non riesco nemmeno a descrivere: quasi un piccolo miracolo. E poi è stato come inevitabile andare avanti. Ora l’età media è ventiquattro anni, e nel frattempo abbiamo attraversato la fase fondamentale della nostra formazione: l’appartenenza al “Gruppo dei giovani musicisti” che ha sede al Jerusalem Music Center, dove ai giovani talenti si offrono anche masterclasses intensive, affidate ai massimi musicisti. Noi vi abbiamo partecipato – cosa davvero inedita – in qualità di quartetto. Chi può citare tra le maggiori influenze? Domanda difficile, perché sono molte e differenziate. Dato che nella vostra stagione siamo vicini al Quartetto Guarneri, posso cominciare da Michael Tree, viola del complesso, un musicista meraviglioso, pieno di idee e aperto nel condividerle. E con Arnold Steinhart, loro primo violino che in questo caso ha fatto la seconda viola, abbiamo eseguito in concerto i Quintetti di Mozart: un’occasione indimenticabile, poter imparare da lui addirittura studiando e suonando insieme. E naturalmente Isaac Stern. Qual è per voi la sua eredità? Un lascito doppio. Da un lato ci sono tutte le indicazioni specifiche che può dare uno stru- domenica 26 gennaio, ore 21 Piccolo Teatro Grassi d Hommage à Savinio Luisa Castellani Robert Levin, fortepiano Fiati dell’Academy of Ancient Music martedì 28 gennaio, ore 21 Sala Verdi del Conservatorio mentista del suo calibro quando si esplora con lui tanto repertorio: consigli concreti di tecnica, suggerimenti di fraseggio, considerazioni di architettura. Ci ha dato, direttamente, tanta musica con lui stesso. E al di sopra – per noi ben più importante – ci ha insegnato a pensare alla musica; al perché fare una cosa, ancora prima che al come farla. Ricordo di avervi ascoltato suonare per lui in divisa, mentre eravate ancora in servizio militare. Che cosa ha significato per voi essere musicisti nell’esercito? Diciamo subito che non siamo certo gli unici. Intanto abbiamo dovuto imparare a superare un rapporto di diffidenza reciproca: dopotutto nell’esercito suonavamo per un pubblico armato! Ma anche chi ascoltava non si sentiva tanto a suo agio, dato che la musica classica non fa parte della cultura solita di un soldato. Anche questo ci ha incoraggiato a caratterizzare un nostro stile interpretativo: certo si deve pensare anzitutto alla sostanza musicale di un’opera, e renderle giustizia; ma nel modo più spontaneo possibile, che sia naturale, convincente e accessibile per la sua evidenza comunicativa. Pensare sì, ma non troppo; e divertirsi per divertire, come sapeva fare ad esempio Haydn. Maria Majno Jerusalem String Quartet Ore 20 – Presentazione con XXXXX XXXX Haydn – Quartetto in mi bemolle maggiore op. 76 n. 6 Hob.III.80 Beethoven – Quartetto n. 11 in fa minore op. 95 Dvořák – Quartetto n. 12 in fa maggiore op. 96 “Americano” MC Quartetto Guarneri Arriaga, Ullman, Beethoven Antonio Ballista GS pianoforte Schwitters, Savinio, Rossini, Poulenc, Castaldi, Satie, Stravinskij martedì 4 febbraio, ore 21 Sala Verdi del Conservatorio RS Duo Shana e Avi Downes Premio Trio di Trieste, 2000 Mendelssohn, Barber, Janáček, Chopin Gil Shaham, violino Göran Söllscher, martedì 18 febbraio, ore 21 Sala Verdi del Conservatorio RS Jerusalem String Quartet Haydn, Beethoven, Dvořák soprano Beethoven, Mozart martedì 21 gennaio, ore 21 Sala Verdi del Conservatorio 13 RS Naturalezza… anche nell’esercito martedì 25 febbraio, ore 21 Sala Verdi del Conservatorio Les Percussions de Strasbourg Varèse, Cage, Donatoni, Xenakis chitarra Bach, Schubert, Paganini, Piazzolla inverno03 GS GRANDI SOLISTI MC MUSICA DA CAMERA RS RISING STARS I biglietti per i concerti sono disponibili presso la Sede e i consueti punti vendita. 14 L’emozione primordiale del suono MARTEDI 25 FEBBRAIO ORE 21 Quarant’anni, ma non li dimostra. Da così lungo tempo il leggendario ensemble francese Les Percussions de Strasbourg è dominatore incontrastato della scena percussionistica europea, e in occasione dell’illustre ricorrenza tornerà anche quest’anno a incontrare il pubblico del Quartetto, a esso fedele ed entusiasta fin dal 1967. Focalizzarsi sull’età serve a capire che non stiamo parlando solo di grandi artisti, ma di una sorta di “fenomeno sociologico” rarissimo nel campo della musica pop, e praticamente senza precedenti nel campo della tradizione cameristica. Pare strano, ma è vero che solo nel mondo germanico famose orchestre sinfoniche durino e si consolidino per secoli; parimenti è degno di nota il fatto che soltanto in Francia si sia riuscito a innescare il miracolo culturale di una robusta quanto costante e rigogliosa crescita artistica di gruppi come questo, da quattro decadi. Laddove celebri trii e quartetti classici si sfaldano quasi automaticamente all’uscita di scena di un proprio membro carismatico, o mitiche formazioni rock sopravvivono solo nella misura in cui accettano di autocelebrarsi scimmiottando l’ombra di se stesse e degli anni ruggenti delle proprie star, il sestetto di Strasburgo dimostra di sapersi rinnovare ancora una volta dall’interno, autoringiovanendosi nel turn-over sia dei propri esecutori che dei brani in repertorio, e pur conservando l’inconfondibile impronta di una solida identità. Nella storia di tutte le arti un simile fenomeno accade quando la “regola d’arte”, e cioè il massimo standard della qualità professionale con cui viene affrontato ciascun progetto, ciascuna prova, concerto, registrazione, evento, diventa sistematica; diviene un “metodo” che produce stabilmente successo e perciò, assunto a modello dal gruppo stesso e da altri attenti os- servatori, “fa scuola”. Nel solco delle Percussions de Strasbourg si porranno infatti i semi estetici e metodologici di molti (se non tutti) i più importanti e duraturi ensembles votati, in Francia come altrove, all’approfondimento della nuova musica. Un caso emblematico è quello dell’Ensemble Intercontemporain, e persino quello dell’apparentemente lontana, esotica mistica dei giapponesi Kodò. In comune fra poli artistici che sembrano così distanti, abbiamo alcuni fattorichiave che ci consentono di comprendere meglio gli “eroi” di questa sera: perfezionismo, lavoro di squadra, affronto della performance non tanto come espressione di sé, né tanto meno come vetrina dove esporre l’ego-tecnico o espressivo di ciascun membro della compagine, bensì come ricerca di equilibri profondi, psico-motorii, respiratori, cognitivi ed espressivi. Su questi presupposti gli esecutori diventano gli ingranaggi di una perfetta macchina a orologeria o, se si preferisce evitare il meccanicismo un po’ rétro della precedente metafora, gli arti agili, autonomi e coordinati di un unico corpo organico. Così il tempo musicale e visivo dell’esecuzione può permettersi di giustapporre nella stessa serata partiture di autori anche culturalmente lontanissimi fra loro come Cage, Xenakis, Varèse e Donatoni, grazie alla quasi maniacale dedizione di chi sa immergersi in microcosmi ritmici, timbrici e formali disomogenei, per farli propri e lasciarli riemergere con la purezza di un “esercizio” che diventa “rito”: atletico, intel- La riapertura della Società del Quartetto I concerti della Società del Quartetto, un tempo riservati ai soli soci, dalla stagione 2002-2003 sono riaperti a tutti. Vi è dunque la possibilità, in alternativa all’associazione alla Società del Quartetto, di scegliere la formula dell’abbonamento ai tre cicli di concerti in cui è stata articolata la stagione: • il Ciclo Grandi Solisti (€ 260) con otto concerti affidati a vere e proprie stelle del firmamento mondiale; • il Ciclo Musica da Camera (€ 120) con cinque concerti di prestigio e varietà di interesse; • il Ciclo Rising Stars (€ 60) in quattro concerti, sostenuto da un contributo speciale della Fondazione Pro Musica Giancarlo e Etta Rusconi. Inoltre, sette giorni prima di ogni concerto saranno posti in vendita i relativi biglietti presso la Sede della Società e i consueti punti vendita (APT Piazza Duomo, Box Office Italia, Prenoticket) ai seguenti prezzi: – Ciclo Grandi Solisti: € 40 / 25 – Ciclo Musica da Camera e concerti non inclusi nei cicli: € 25 / 16 – Ciclo Rising Stars: € 15 / 10 I Soci che volessero invitare i loro amici avranno diritto ai biglietti ridotti. lettuale, spirituale. In esso l’individualità del solista mantiene tanta più forza espressiva quanto più sgorga dal respiro stesso della collettività. In quarant’anni la sostanza poetica di questo grande ensemble ha traghettato l’immaginario collettivo del pubblico europeo da una concezione delle percussioni meramente coloristica, o pseudo-etnica, ma comunque sempre “con funzione di accompagnamento” a quella di un implacabile meccanismo di alta precisione e infine, con la nuova formazione subentrata dal 1996, a una sfaccettatissima, imprevedibile sorgente di suoni capaci di confrontarsi con diverse personalità, culture, tecnologie e stimoli provenienti da tutto ciò che è nuovo e tutto ciò che è arcaico, con il pre- e il post-industriale. Dagli elementi della materia sonora più cruda, dai gesti umani più primitivi e infantili (frizione, percussione, scuotimento) sfavillano più che mai infinite policromie, rintocchi che frantumano il tempo in sottilissime nuances dinamiche e timbriche. Dall’impatto (fisico) sulla materia (chimica) esplode e si rinnova l’emozione primordiale per il suono stesso, e il pensiero sempre meravigliato della sua irriducibile complessità. Roberto Andreoni Les Percussions de Strasbourg Ore 20 – Presentazione con Roberto Andreoni Varèse – Ionisation Cage – First Construction in Metal Donatoni – Darkness Xenakis – Pléiades Quartetto giornale del di Milano Periodico della Società e dei Concerti del Quartetto Registrazione al Tribunale di Milano n. 109 del 17-2-1999 Anno V - n. 11, gennaio-febbraio 2003 Direttore responsabile: Enzo Beacco Redazione a cura di Patrizia Luppi Grafica: G&R Associati Stampa: Grafica Aerre, Milano Editore: I Concerti del Quartetto Direzione e redazione: Via Durini 24 - 20122 Milano Tel. 02.7600.5500 - Fax 02.7601.4281 Email [email protected] www.quartettomilano.it