giornale del
Quartetto
di Milano
9
MC
Cent’anni di Patetica
al “Quartetto”
MARTEDI 14 GENNAIO
ORE 21
Bisognerebbe avere la memoria di Pico della
Mirandola, o almeno la capacità di legare fra
loro avvenimenti e cose, per cavare dal passato qualche curiosità. Invece per chi scrive
tutto sfuma in un dolce paesaggio monocromo alla Turner, senza dettagli, senza contorni… tuttavia qualche spunto inedito c’è: e lo
si scopre in Cento anni di concerti della Società del Quartetto di Milano (1864-1964),
pubblicato a cura della stessa società.
E se ci domandassimo quante volte la Patetica (Sonata per pianoforte n. 8 op. 13 di
Beethoven, per i puristi) figuri nell’arco di
un secolo, ecco qualche sorpresa.
Contrariamente alle aspettative la Patetica non accende la fantasia
d’interpreti
come Busoni
o Schnabel o
Clara Haskil.
Forse perché
l’opera è da
considerare
troppo nota?
Non è così: la
Sonata in do
diesis minore “Al chiaro
di luna” vi
ricorre più
spesso. Per la Patetica in cento anni (salvo
beneficio d’inventario) solo quattro esecuzioni. La prima il 6 marzo del 1927 con la firma interpretativa del grande Wilhelm Backhaus. La seconda volta si ascolta nel dicembre ‘38 da Elly Ney. La terza nel ’53 da Walter Gieseking. Infine la quarta volta è di
Maureen Jones, nel marzo del ’60.
Non abbiamo controllato il periodo dal 1965
ad oggi, ma potremmo scommettere a occhi
chiusi che le apparizioni della Patetica non
siano state frequentissime. Unica invece appare – per via dello strumento, il fortepiano
in luogo del tradizionale pianoforte – quella
che ci propone Robert Levin, nel programma del 14 gennaio 2003. Levin, nuovo ospite,
ha un buon curriculum. Ha suonato da solista con le orchestre di Berlino, Boston, Chicago, Montreal e Vienna, con direttori quali
Gennaio - Febbraio 2003
Periodico della Società
e dei Concerti del Quartetto
Sponsor istituzionale
11
Rattle, Marriner e Haitink, e, come fortepianista, è stato ospite di celebri complessi
sotto la bacchetta di Hogwood, Harnoncourt, McGegan, Gardiner, Norrington. Nel
concerto egli esegue anche la parte che spetta alla tastiera nei due Quintetti per pianoforte e fiati di Mozart e Beethoven, che sono
un confronto sempre istruttivo per le suggestioni della tonalità di mi bemolle maggiore
del modello, cui guarda il genio di Bonn.
Confronto anche stimolante per l’amalgama
che ci si aspetta tra il fortepiano e i fiati della Academy of Ancient Music.
Quanto alle curiosità da cui siamo partiti.
Negli annali storici della Società del Quartetto si trovano in cartellone negli anni 1937
e 1938 i celebri Quintetti di Mozart e di Beethoven. Eseguiti per l’occasione dai Solisti
del Teatro alla Scala, sotto la direzione di
una bacchetta. Quando si dice del costume o
della filologia…
Sandro Boccardi
Robert Levin fortepiano
Fiati dell’Academy of Ancient Music
Ore 20 - Presentazione con Sandro Boccardi
Beethoven – Sonata n. 8 in do minore op. 13 “Pathétique”
– Quintetto per pianoforte e fiati in mi bemolle maggiore
op. 16
Mozart – Quintetto per pianoforte e fiati in mi bemolle
maggiore K 452
10
GS
La bella intesa
di violino e chitarra
MARTEDI 21 GENNAIO
ORE 21
Gil Shaham è un “uomo-violino” alla maniera
di Jascha Heifetz, ma senza i tormenti da
iperperfezionista di Heifetz. Ricorda piuttosto Nathan Milstein di cui Shaham ha fatto
sue l’attitudine felina e, come disse, «l’assoluta rilassatezza muscolare che permette di
suonare benissimo anche in tarda età padroneggiando suono, colori e dinamiche».
Con suono, colori e dinamiche Shaham gioca
magistralmente da quando, a 14 anni, nell’86,
fece un “provino” per la Deutsche Grammophon che tre anni dopo divenne un disco: il
primo di innumerevoli per l’etichetta gialla.
Un disco-biglietto da visita e test d’eclettismo:
dal romanticismo gonfio di Schumann alla
fonda Sonata di Richard Strauss; dal virtuosismo di Paganini, Sarasate ed Elgar ne La Capricieuse all’eleganza sopraffina di Kreisler.
Con Mendelssohn e Bruch, Barber e Korngold, Čajkovskij, Bartók (direttore Boulez) e
via citando, i grandi o meno grandi concerti
d’Otto-Novecento Shaham li ha incisi praticamente tutti. Mancava quello di Brahms e,
con Claudio Abbado, è arrivato oggi che l’artista compie trentun anni. Perché, ha detto –
«per un violinista, anche il più dotato, questa
partitura gigantesca resiste a qualsiasi comodità di lettura e mi ha tormentato a lungo,
in quanto la sfida è più di ordine poetico che
tecnico».
Poesia, tecnica e l’eclettismo di sempre – da
Bach a Piazzolla – stanno anche nel programma offerto al “Quartetto” che ribadisce come
violino e chitarra si integrino a meraviglia. E
mostra un Paganini per nulla “diabolico”: affettuoso nella Sonatina in due tempi, con un
Adagio di grande respiro nella Sonata concertata.
Alberto Cantù
Gil Shaham violino
Göran Söllscher chitarra
Ore 20 - Presentazione con Alberto Cantù
Bach – Sonata in mi minore per violino e continuo
BWV 1023
Schubert – Danze per violino e chitarra
– Sonata in la minore D 821 “Arpeggione”
Paganini – Sonata concertata in la maggiore
– Sonata op. 3 n. 6 in mi minore
Piazzolla – Histoire du Tango
MARTEDI 28 GENNAIO
ORE 21
Il pezzo forte dell’appuntamento del 28 gennaio è ovviamente il Quartetto op. 132 di
Beethoven, uno dei capolavori assoluti della
sua ultima stagione creativa, quello con il
movimento lento intitolato “Canzone di ringraziamento di un convalescente alla Divinità”, con la sua immensa struttura carica di
fiducia nel futuro, in cui la sperimentazione
che guarda già al Novecento si appoggia sul
fondamento sicuro della polifonia e dei modi
di Medioevo e Rinascimento. E a questo si
aggiunge l’interpretazione del Quartetto
Guarneri, che è una delle più reputate formazioni tuttora in attività, con una storia ultratrentennale ai massimi livelli (ora evoluta anche con la presenza di un “nuovo” e
prestigioso violoncellista, Peter Wiley), una
presenza costante nelle nostre stagioni (debutto nel 1968 e una decina di regolari ritorni nelle decadi successive), uno sforzo continuo di approfondimento del repertorio corrente e di esplorazione di percorsi nuovi. La
curiosità intellettuale del Quartetto Guarneri si manifesta infatti anche nel resto del
programma, con la proposta di due figure
praticamente sconosciute, eppure interessanti come poche.
Si inizia con Juan Crisostomo de Arriaga
(1806-1826), che si è conquistato la fama (postuma) di “Mozart spagnolo”, per lo straordinario talento naturale che lo portò a scrivere opere teatrali, orchestrali e da camera
che ancora oggi si ascoltano volentieri. Eppure si spense a soli vent’anni, a Parigi, dove
si era trasferito dalla natia Bilbao per studiare al Conservatorio di Parigi sotto la guida ammiratissima del corpo insegnante più
esigente di quei tempi. Scrisse tre quartetti,
in cui si sente la grande scuola europea di allora (Beethoven, Schubert, Mendelssohn,
Cherubini, Rossini…) accanto a una freschezza di melodia e una libertà inventiva
che hanno già il profumo della futura scuola
nazionale romantica di Spagna.
Al Novecento più tragico appartenne Victor
Ullman, nativo di Praga (1898) e formatosi
alla scuola viennese di Arnold Schönberg,
profondamente radicato alla grande tradizione germanica, sia pure nella versione votata alla ricerca più radicale. Finì i suoi giorni nel 1944, assassinato ad Auschwitz, dopo
essere passato dal campo di Theresienstadt
Domenica 26 gennaio 2003
ore 21
Teatro Grassi
Via Rovello 2, Milano
I Concerti del Quartetto
11
MC
La curiosità
intellettuale del
“Guarneri”
Hommage à Savinio
Luisa Castellani, soprano
Antonio Ballista, pianoforte
Kurt Schwitters Frammenti da Ursonate
Alberto Savinio da Chants étranges
Gioachino Rossini Un petit train de plaisir
Francis Poulenc Toréador
Paolo Castaldi Estratti da Cardini, solfeggio parlante
Erik Satie Embryons desséchés
Alberto Savinio da Les chants de la mi-mort
Igor Stravinskij Petit Ramussianum enharmonique
Gioachino Rossini Adieux à la vie
La chanson du bébé
Duetto buffo di due gatti
Intero € 10 - Ridotto € 7
Biglietti d’ingresso a partire dal 13 gennaio 2003
in vendita presso
• I Concerti del Quartetto, via Durini 24,
tel. 02-795393, fax: 02-76014281
• APT - Azienda di Promozione Turistica,
Piazza Duomo
• Fondazione Antonio Mazzotta,
Foro Buonaparte 50, tel. 02-878197 / 878380
Nella poliedrica personalità creativa di
Alberto Savinio la musica non occupa la
posizione predominante: il genio che
traspare nelle sue pagine letterarie e nella
sua pittura non lascia un'impronta così
prepotente nella musica, configurandosi
in questa prevalentemente come elemento di
rottura.
Eppure la musica è stata la prima vocazione
di Alberto Savinio e vocazione precoce, se si
pensa che conseguì a dodici anni il diploma
di pianoforte e composizione al
Conservatorio di Atene, due anni dopo scrisse
un Requiem per la morte del padre e a
quindici anni l'opera, su libretto proprio,
Carmela.
Il 1914 fu l'anno di più intensa attività
musicale di Savinio e quello in cui più
radicalmente appare la sua indipendenza
dalle influenze dominanti dell'epoca.
Nessuna traccia di Debussy, né di Ravel,
né di Stravinskij. «Savinio scrive su testi
propri, emblematici, che già rivelano
quell'ironia invereconda precorrente
il dadaismo (1916) e persino con
sorprendenti anticipazioni oniriche che
verranno assunte dal surrealismo (1924).
Alcuni titoli di queste composizioni
(La passion de rotules, Matinée
alphabetique, Le général et la Sidonie,
Il cuore di Giuseppe Verdi, Le phanal
d'épiderme, etc.) possono far pensare
a Erik Satie, che proprio in quegli anni
scrive le sue "pièces terribles" come
antidoto ai narcotici del wagnerismo
e del debussismo».
dove riuscì a resistere alle infamie del quotidiano continuando a scrivere musica. Alcune
di queste partiture sono state salvate, e nel
1977, a New York, è stata rappresentata per
la prima volta l’opera teatrale Der Kaiser
von Atlantis, che è un incredibile atto di fiducia nella capacità dell’uomo di (ri)costruire una società civile e tollerante. Di quel
tempo è anche il suo Terzo quartetto per archi, severo, essenziale, brusco, emozionante.
Enzo Beacco
Quartetto Guarneri
Ore 20 - Presentazione con Enzo Beacco
Arriaga – Quartetto n. 2 in la maggiore
Ullman – Quartetto n. 3
Beethoven – Quartetto n. 15 in la minore op. 132
(Luigi Rognoni, in: Album 1914 di Alberto
Savinio, a cura di Luigi Rognoni e Antonio
Ballista, Ed. Suvini Zerboni).
Dei Chants de la mi-mort, per i quali Savinio
scrive la musica e disegna bozzetti delle
scene e dei costumi, ci è pervenuta soltanto
una serie di sei pezzi per pianoforte in cui
l'autore rivela con particolare virulenza la sua
pervicace e strenua lotta contro le forme
sclerotiche del linguaggio musicale dove ogni
convenzione viene dissacrata.
Il concerto Hommage à Savinio, oltre a un
nutrito gruppo di pezzi vocali e a tre dei sei
Chants de la mi-mort per pianoforte, include
composizioni di Gioachino Rossini e di autori
del XX secolo: Schwitters, Poulenc, Castaldi,
Satie, Stravinskij. Esso rappresenta un
itinerario nel paradossale, nell'assurdo e nel
grottesco in musica: un gioco dissacrante
dove l'inatteso, "la chose curieuse" come
diceva Apollinaire, assume un ruolo
fondamentale.
Ho la presunzione di credere che Savinio se
ne sarebbe compiaciuto.
Antonio Ballista
Presso la Fondazione Antonio Mazzotta
in Foro Bonaparte 50, continua fino al
2 marzo la mostra Alberto Savinio.
Visite guidate gratuite per i Soci il 22 gennaio
alle ore 18.30 e il 23 gennaio alle ore 18
con prenotazione
telefonica in sede.
12
Sensibilità,
raffinatezza,
temperamento
MARTEDI 4 FEBBRAIO
ORE 21
RS
A San Francisco, dove sono nate, le sorelle
Shana e Avi Downes sono state avviate alla
musica in età tenerissima: soltanto quattro
anni. Ne avevano rispettivamente 16 e 14
quando volarono in Europa per perfezionarsi; Shana, la violoncellista, frequentò fra l’altro le lezioni di André Navarra; Avi, la pianista, quelle di Rudolf Buchbinder. Con l’inco-
raggiamento di altri straordinari maestri come Yo-Yo Ma o Franco Gulli, le Downes si sono presto affacciate alla carriera; prima mossa, seguire l’iter inevitabile dei concorsi internazionali. E qui le sorelline hanno mostrato subito la loro tempra: premi all’A.R.D.
di Monaco, al Vittorio Gui di Firenze, al Rostropovich di Parigi, competizioni fra le più
autorevoli al mondo. Non è da meno il Premio Trio di Trieste, che il “Quartetto” sostiene con la Fondazione Pro Musica Rusconi;
due anni fa, Shana e Avi Downes l’hanno vinto, conquistandosi l’invito a suonare per la
nostra Società.
Calorosamente apprezzate dal pubblico, nei
vari paesi dove già si sono prodotte in concerto (nelle sale più importanti, dal Concert-
gebouw al Wigmore Hall, dal Musikverein
alla Salle Gaveau), le sorelle Downes hanno
suscitato anche l’interesse e la simpatia della
critica. I giudizi apparsi su numerosissime
testate sono unanimemente positivi. «Levigata raffinatezza», «limpido virtuosismo»,
«temperamento e sensibilità», «densità
espressiva»: già poche citazioni disegnano
un ritratto a tutto tondo del giovane duo di
Rising Stars, una delle realtà più promettenti venute alla ribalta negli ultimi anni.
Patrizia Luppi
Duo Shana e Avi Downes
violoncello e pianoforte
Ore 20 - Presentazione con Patrizia Luppi
Premio Trio di Trieste, 2000
Mendelssohn – Sonata n. 2 in re maggiore op. 58
Barber – Sonata in do minore op. 6
Janáček – Un racconto
Chopin – Sonata in sol minore op. 65
martedì 14 gennaio 2003
ore 21
Sala Verdi del Conservatorio
MC
MARTEDI 18 FEBBRAIO
ORE 21
Nel dialogo con Amichai Grosz, viola del
Jerusalem String Quartet, che abbiamo trovato a Gerusalemme nei giorni prima di
Natale, emergono i punti di riferimento di
uno fra i gruppi cameristici più dinamici e
interessanti sulla scena cameristica d’oggi.
Come avete deciso di suonare insieme?
Per la verità… non abbiamo proprio fatto
apposta. Eravamo tutti studenti molto giovani – adolescenti – all’Accademia per Musica e Danza, e suonare quartetto fa parte della normale educazione dei musicisti. Ma appena ci siamo seduti noi quattro, fin dal primo momento è capitato qualcosa che non riesco nemmeno a descrivere: quasi un piccolo miracolo. E poi è stato come inevitabile
andare avanti. Ora l’età media è ventiquattro anni, e nel frattempo abbiamo attraversato la fase fondamentale della nostra formazione: l’appartenenza al “Gruppo dei giovani musicisti” che ha sede al Jerusalem
Music Center, dove ai giovani talenti si offrono anche masterclasses intensive, affidate ai massimi musicisti. Noi vi abbiamo partecipato – cosa davvero inedita – in qualità
di quartetto.
Chi può citare tra le maggiori influenze?
Domanda difficile, perché sono molte e differenziate. Dato che nella vostra stagione
siamo vicini al Quartetto Guarneri, posso cominciare da Michael Tree, viola del complesso, un musicista meraviglioso, pieno di idee
e aperto nel condividerle. E con Arnold
Steinhart, loro primo violino che in questo
caso ha fatto la seconda viola, abbiamo eseguito in concerto i Quintetti di Mozart:
un’occasione indimenticabile, poter imparare da lui addirittura studiando e suonando
insieme.
E naturalmente Isaac Stern. Qual è per voi
la sua eredità?
Un lascito doppio. Da un lato ci sono tutte le
indicazioni specifiche che può dare uno stru-
domenica 26 gennaio, ore 21
Piccolo Teatro Grassi
d
Hommage à Savinio
Luisa Castellani
Robert Levin, fortepiano
Fiati dell’Academy
of Ancient Music
martedì 28 gennaio, ore 21
Sala Verdi del Conservatorio
mentista del suo calibro quando si esplora
con lui tanto repertorio: consigli concreti di
tecnica, suggerimenti di fraseggio, considerazioni di architettura. Ci ha dato, direttamente, tanta musica con lui stesso. E al di
sopra – per noi ben più importante – ci ha insegnato a pensare alla musica; al perché fare
una cosa, ancora prima che al come farla.
Ricordo di
avervi ascoltato suonare
per lui in divisa, mentre
eravate ancora in servizio militare.
Che cosa ha
significato
per voi essere musicisti
nell’esercito?
Diciamo subito che non
siamo certo
gli unici. Intanto abbiamo dovuto imparare a superare
un rapporto di diffidenza reciproca: dopotutto nell’esercito suonavamo per un pubblico armato! Ma anche chi ascoltava non si
sentiva tanto a suo agio, dato che la musica
classica non fa parte della cultura solita di
un soldato.
Anche questo ci ha incoraggiato a caratterizzare un nostro stile interpretativo: certo
si deve pensare anzitutto alla sostanza musicale di un’opera, e renderle giustizia; ma
nel modo più spontaneo possibile, che sia naturale, convincente e accessibile per la sua
evidenza comunicativa.
Pensare sì, ma non troppo; e divertirsi per
divertire, come sapeva fare ad esempio
Haydn.
Maria Majno
Jerusalem String Quartet
Ore 20 – Presentazione con XXXXX XXXX
Haydn – Quartetto in mi bemolle maggiore op. 76
n. 6 Hob.III.80
Beethoven – Quartetto n. 11 in fa minore op. 95
Dvořák – Quartetto n. 12 in fa maggiore op. 96
“Americano”
MC
Quartetto Guarneri
Arriaga, Ullman, Beethoven
Antonio Ballista
GS
pianoforte
Schwitters, Savinio, Rossini, Poulenc,
Castaldi, Satie, Stravinskij
martedì 4 febbraio, ore 21
Sala Verdi del Conservatorio
RS
Duo Shana
e Avi Downes
Premio Trio di Trieste, 2000
Mendelssohn, Barber, Janáček, Chopin
Gil Shaham, violino
Göran Söllscher,
martedì 18 febbraio, ore 21
Sala Verdi del Conservatorio
RS
Jerusalem String
Quartet
Haydn, Beethoven, Dvořák
soprano
Beethoven, Mozart
martedì 21 gennaio, ore 21
Sala Verdi del Conservatorio
13
RS
Naturalezza…
anche nell’esercito
martedì 25 febbraio, ore 21
Sala Verdi del Conservatorio
Les Percussions
de Strasbourg
Varèse, Cage, Donatoni, Xenakis
chitarra
Bach, Schubert, Paganini, Piazzolla
inverno03
GS
GRANDI SOLISTI
MC
MUSICA DA CAMERA
RS
RISING STARS
I biglietti per i concerti sono
disponibili presso la Sede e i consueti
punti vendita.
14
L’emozione
primordiale
del suono
MARTEDI 25 FEBBRAIO
ORE 21
Quarant’anni, ma non li dimostra. Da così
lungo tempo il leggendario ensemble francese Les Percussions de Strasbourg è dominatore incontrastato della scena percussionistica europea, e in occasione dell’illustre
ricorrenza tornerà anche quest’anno a incontrare il pubblico del Quartetto, a esso fedele ed entusiasta fin dal 1967.
Focalizzarsi sull’età serve a capire che non
stiamo parlando solo di grandi artisti, ma di
una sorta di “fenomeno sociologico” rarissimo nel campo della musica pop, e praticamente senza precedenti nel campo della tradizione cameristica. Pare strano, ma è vero
che solo nel mondo germanico famose orchestre sinfoniche durino e si consolidino
per secoli; parimenti è degno di nota il fatto
che soltanto in Francia si sia riuscito a innescare il miracolo culturale di una robusta
quanto costante e rigogliosa crescita artistica di gruppi come questo, da quattro decadi.
Laddove celebri trii e quartetti classici si
sfaldano quasi automaticamente all’uscita di
scena di un proprio membro carismatico, o
mitiche formazioni rock sopravvivono solo
nella misura in cui accettano di autocelebrarsi scimmiottando l’ombra di se stesse e
degli anni ruggenti delle proprie star, il sestetto di Strasburgo dimostra di sapersi rinnovare ancora una volta dall’interno, autoringiovanendosi nel turn-over sia dei propri
esecutori che dei brani in repertorio, e pur
conservando l’inconfondibile impronta di
una solida identità. Nella storia di tutte le
arti un simile fenomeno accade quando la
“regola d’arte”, e cioè il massimo standard
della qualità professionale con cui viene affrontato ciascun progetto, ciascuna prova,
concerto, registrazione, evento, diventa sistematica; diviene un “metodo” che produce
stabilmente successo e perciò, assunto a modello dal gruppo stesso e da altri attenti os-
servatori, “fa scuola”. Nel solco delle Percussions de Strasbourg si porranno infatti i
semi estetici e metodologici di molti (se non
tutti) i più importanti e duraturi ensembles
votati, in Francia come altrove, all’approfondimento della nuova musica. Un caso emblematico è quello dell’Ensemble Intercontemporain, e persino quello dell’apparentemente lontana, esotica mistica dei giapponesi
Kodò. In comune fra poli artistici che sembrano così distanti, abbiamo alcuni fattorichiave che ci consentono di comprendere
meglio gli “eroi” di questa sera: perfezionismo, lavoro di squadra, affronto della performance non tanto come espressione di sé,
né tanto meno come vetrina dove esporre
l’ego-tecnico o espressivo di ciascun membro della compagine, bensì come ricerca di
equilibri profondi, psico-motorii, respiratori, cognitivi ed espressivi. Su questi presupposti gli esecutori diventano gli ingranaggi
di una perfetta macchina a orologeria o, se
si preferisce evitare il meccanicismo un po’
rétro della precedente metafora, gli arti agili, autonomi e coordinati di un unico corpo
organico. Così il tempo musicale e visivo dell’esecuzione può permettersi di giustapporre nella stessa serata partiture di autori anche culturalmente lontanissimi fra loro come Cage, Xenakis, Varèse e Donatoni, grazie alla quasi maniacale dedizione di chi sa
immergersi in microcosmi ritmici, timbrici e
formali disomogenei, per farli propri e lasciarli riemergere con la purezza di un
“esercizio” che diventa “rito”: atletico, intel-
La riapertura della Società del Quartetto
I concerti della Società del Quartetto, un tempo riservati ai soli soci,
dalla stagione 2002-2003 sono riaperti a tutti.
Vi è dunque la possibilità, in alternativa all’associazione alla Società del
Quartetto, di scegliere la formula dell’abbonamento ai tre cicli di concerti in cui
è stata articolata la stagione:
• il Ciclo Grandi Solisti (€ 260) con otto concerti affidati a vere e proprie stelle
del firmamento mondiale;
• il Ciclo Musica da Camera (€ 120) con cinque concerti di prestigio e varietà
di interesse;
• il Ciclo Rising Stars (€ 60) in quattro concerti, sostenuto da un contributo
speciale della Fondazione Pro Musica Giancarlo e Etta Rusconi.
Inoltre, sette giorni prima di ogni concerto saranno posti in vendita i relativi
biglietti presso la Sede della Società e i consueti punti vendita
(APT Piazza Duomo, Box Office Italia, Prenoticket) ai seguenti prezzi:
– Ciclo Grandi Solisti: € 40 / 25
– Ciclo Musica da Camera e concerti non inclusi nei cicli: € 25 / 16
– Ciclo Rising Stars: € 15 / 10
I Soci che volessero invitare i loro amici avranno diritto ai biglietti ridotti.
lettuale, spirituale. In esso l’individualità del
solista mantiene tanta più forza espressiva
quanto più sgorga dal respiro stesso della
collettività. In quarant’anni la sostanza poetica di questo grande ensemble ha traghettato l’immaginario collettivo del pubblico europeo da una concezione delle percussioni
meramente coloristica, o pseudo-etnica, ma
comunque sempre “con funzione di accompagnamento” a quella di un implacabile
meccanismo di alta precisione e infine, con
la nuova formazione subentrata dal 1996, a
una sfaccettatissima, imprevedibile sorgente di suoni capaci di confrontarsi con diverse
personalità, culture, tecnologie e stimoli
provenienti da tutto ciò che è nuovo e tutto
ciò che è arcaico, con il pre- e il post-industriale. Dagli elementi della materia sonora
più cruda, dai gesti umani più primitivi e infantili (frizione, percussione, scuotimento)
sfavillano più che mai infinite policromie,
rintocchi che frantumano il tempo in sottilissime nuances dinamiche e timbriche. Dall’impatto (fisico) sulla materia (chimica)
esplode e si rinnova l’emozione primordiale
per il suono stesso, e il pensiero sempre meravigliato della sua irriducibile complessità.
Roberto Andreoni
Les Percussions de Strasbourg
Ore 20 – Presentazione con Roberto Andreoni
Varèse – Ionisation
Cage – First Construction in Metal
Donatoni – Darkness
Xenakis – Pléiades
Quartetto
giornale del
di Milano
Periodico della Società e dei Concerti del Quartetto
Registrazione al Tribunale di Milano
n. 109 del 17-2-1999
Anno V - n. 11, gennaio-febbraio 2003
Direttore responsabile: Enzo Beacco
Redazione a cura di Patrizia Luppi
Grafica: G&R Associati
Stampa: Grafica Aerre, Milano
Editore: I Concerti del Quartetto
Direzione e redazione:
Via Durini 24 - 20122 Milano
Tel. 02.7600.5500 - Fax 02.7601.4281
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Il Giornale del Quartetto n. 11, gennaio