PAGINE107
Numero
Cultura
能飲一杯無
Dama di corte,
Yanagawa Shigenobu, 1787-1832.
vuoi o no bere
un bicchiere con me?
Giapponese
dalla poesia di Bai Juyi
"Domanda a Liu Shijiu"
settembre - dicembre
2015
Ho vino Lu‐i fermentato da poco,
e d'argilla rossa
la piccola stufa col fuoco.
Si fa sera, il cielo va a neve:
vuoi o no bere un bicchiere con me?
Dal kaiseki ai
kawaii monster menu
Il cibo disegnato
Arte a
portata di mano
Hojōjutsu
L'arte guerriera della corda
Monozukushi
L'arte sopraffina
della lista
能飲一杯無能
vuoi o no bere un
bicchiere con me?
I due volti
della bellezza
Amélie Nothomb
Il vaso, l'ikebana
l'insieme
Il monozukushi
come catalogo
del mondo
Il gatto venuto
dal cielo
Zen 3.0 Il libro
Negozio: Via Rosmini 11, Milano tel. 02-33105368
Prossimamente ci spostiamo di pochi passi
nel nuovo negozio di via Canonica 54
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ONLY THE FRESHIEST FISH
"Kanpai 乾杯
Il brindisi e il convivio
nella poesia
giapponese e cinese",
Rossella Marangoni
www.rossellamarangoni.it
ALIMENTI E OGGETTISTICA
DAL MONDO
sostiene la diffusione
della cultura giapponese
Questo verso poetico è un invito
a visitare la mostra
L’arte sopraffina della lista
www.paginezen.zenworld.eu
facebook.com/paginezen
FINGER'S
I cinque caratteri scritti da
Bruno Riva (shodo.it) sulla
colonna di sinistra, sono l'ultimo
verso della poesia di Bai Juyi.
Elenchi di persone, di caratteri, di stati d’animo. Elenchi di
animali, di oggetti, di caratteristiche stagionali. Elenchi di
fiori e di uccelli. Elenchi di kami, elenchi di tipi umani e via
catalogando. Elencare è un’arte.
Mi ha sempre colpito il gusto giapponese per l’arte della
lista, sin da quando sulle pagine del Makura no sōshi (Note
del guanciale, attorno all’anno 1000) scoprivo amori e odii,
elenchi di ponti/alberi/baie/ fiori piacevoli e elenchi di
cose sgradevoli. Un proce- (continua alla pagina seguente)
calligrafie di piccolo e grande
formato di Bruno Riva,
sul tema del brindisi.
Galleria Arte Giappone,
vicolo Ciovasso - Milano
28 settembre / 3 ottobre 2015.
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Durante l'ultima edizione del Milano Manga Festival (10-14 Giugno 2015), Christian Gangitano, curatore e critico d’arte indipendente, esperto di Culture e Arti Pop
giapponesi e Paola Scrolavezza, docente del Dipartimento di Lingue e Culture Orientali all'università di Bologna, hanno tenuto un'interessante conferenza: “Il cibo disegnato dall'estetica fluttuante ukiyo-e all'apoteosi nelle anime”. Proponiamo qui sotto “in parallelo” i due articoli che i due relatori, invitati da Pagine Zen, hanno scritto per i nostri lettori.
Il cibo disegnato
Christian Gangitano (Nipposuggestioni)
dall’estetica fluttuante Ukiyo-e all’apoteosi nelle anime di Miyazaki
Da tempo avverto la necessità di un focus e un’analisi sul cibo disegnato nelle anime e nei manga, dall’estetica fluttuante Ukiyoe fino alle anime più commerciali, ma soprattutto d’autore, come Satoshi Kon, Hayao Miyazaki, Mamoru Oshii, con cenni all’arte contemporanea e al trattamento stilistico nel disegno del cibo giapponese da parte di alcuni mangaka “cult”. Quale migliore
occasione se non l’anno di Expo 2015, “nutrire il pianeta” speriamo anche di arte e cultura.
Nel momento del boom degli “all you can eat”, trionfo dell’anisaki (parassita del pesce ndr), occorre ridare un’identità visiva e sinestetica a un cibo, il cosiddetto “sushi”, che
PEACE KITCHEN, WASHOKU FOR PEACE
ha una valenza certo
La cucina tradizionale giapponese per diffondere
importante nelle culun messaggio di pace.
ture giapponesi, ma
Fino alla chiusura di EXPO 2015, fine ottobre 2015, continuano alla
che non è certo l’uniCascina Cuccagna di Milano, via Cuccagna 2, le attività di Peace
co protagonista di uno
Kitchen sulla cucina e tradizione giapponese.
scenario gastronomiwww.peace-kitchen.org www.cuccagna.org tel. 02 83421007
co complesso, ricco e
I fondatori di Peace Kitchen:
affascinante.
Per comprendere veramente la forma più
famosa del cibo giapponese, non si possono trascurare le fascinazioni in merito alla
Masa Kogure, Table for Hima Furuta, Umari.
Kentaro Shihaku, Glider.
nascita del sushi nei
Two International.
Yoshiwara, luoghi del
piacere e del godimento effimero, dove non bisognava perdersi neanche un attimo di quel magico flusso di arti, bellezza, piaceri
dedicati al “popolo” nell’antica Edo, come un attuale catering di un happening multi sensoriale. Ecco risalire a quell’epoca l’invenzione del più famoso dei Finger Food, il sushi, i maki, i nigiri, ma anche come nutrimento leggero per la massa di lavoratori
di una metropoli che, già nel XVIII secolo, contava un milione di abitanti.
Il cibo giapponese continua questa tradizione, tra piacere visivo e gustativo, in particolare il cibo disegnato nelle sue icone,
come ad esempio gli onigiri (御握り; おにぎり) anche conosciuti come omusubi (御結び; おむすび) che spesso, con un tocco di alga NORI ritagliata e una magistrale modellazione del riso e l’aggiunta di qualche ingrediente “fresco”, vengono trasformati in noti character delle anime o dell’immaginario kawaii e immessi, con amore e senso della decorazione, nei BENTO box
(lunch box, schiscetta), oppure i “sweets” Anpan e Arare, che danno addirittura il nome a due noti personaggi CULT come ANPANMAN, ideato da Takashi
Yanase e ARALE aka Arale Norimaki (則巻 アラレ)
personaggio e protagonista
del manga e dell’anime DR.
Slump & Arale, scritto e disegnato dal mangaka super Cult
Akira Toriyama, goth father
del blasonato Dragon ball, il Il
dorayaki (どら焼き), reso celebre grazie all’endorsement
di Doraemon che, nel marzo 2008, è stato nominato dal
governo giapponese “ambasciatore degli anime nel mondo”.
I canoni di Bellezza, Yuki,
Zuki, Hana, Kaze, base del
codice di bellezza Nihonga e fulcro dei contenuti che
Dal kaiseki ai kawaii
monster menu: Breve storia di un
melting pot culinario
Paola Scrolavezza www.nippop.it
[email protected]
Non c’è posto al mondo che io ami più della cucina.
Non importa dove si trova, com’è fatta: purché sia una cucina,
un posto dove si fa da mangiare, io sto bene.
Kitchin, Yoshimoto Banana
Non è un caso che uno dei romanzi-simbolo della nuova letteratura giapponese nata sul finire degli anni ’80 anticipi quello che di lì a
un paio di decenni sarebbe diventato un tema dominante nel panorama culturale-artistico: il cibo. Tradizionale, etnica, esotica, bio o
molecolare, la cucina e tutto quello che ruota attorno ad essa è protagonista non più solo sulle tavole
imbandite ma sui media, al cinema, in libreria, nelle gallerie d’arte.
Il Giappone in particolare ha invaso negli ultimi anni le nostre vite e il nostro immaginario: sushi,
sake, miso e alghe nori sono ormai
parte di una quotidianità globalizzata, grazie ai tanti chef e ristoranti
di cui pullula la penisola certo, ma
anche grazie agli show televisivi,
agli anime, ai manga.
Ma quando sbandieriamo la nostra passione per la ‘cucina giapponese’, di cosa stiamo davvero
parlando? Paradossalmente è stato
11° Raduno Internazionale
il forzato e massiccio contatto con
del Bonsai & Suiseki
la cultura e quindi anche con la
Crespi Cup 2015
cucina ‘occidentali’ in epoca Meiji
Parabiago – 11/20 Settembre
(1868-1912) a innescare una vera
Mostre-Eventi-Laboratori
e propria rivoluzione nella tradiwww.crespibonsai.com
zione autoctona, dalla quale sarebbe germinata la codificazione e concettualizzazione della ‘cucina giapponese’ (washoku 和食),
come risposta alla diffusione - soprattutto a livello di élite e di borghesia urbana - dello yoshoku 洋
食, cioè la ‘cucina occidentale’. Il primo incontro ufficiale con quest’ultima viene convenzionalmente
datato al 4 novembre 1871 quando, per celebrare il genetliaco dell’imperatore, fu servito un banchetto in stile europeo per intrattenere i diplomatici stranieri ospiti. E proprio l’anno 1871 segna l’inizio
della politica che, attraverso una lunga serie di provvedimenti e riforme, avrebbe determinato la trasformazione del paese in una nazione moderna. Le cene ufficiali diventano in questo contesto parte integrante del processo di modernizzazione del paese, destinate sul fronte internazionale a impressionare i dignitari stranieri e
su quello interno a rafforzare l’autorità del governo grazie alla sua
contiguità con l’agognato occidente.
L’ovvia conseguenza dell’associazione della cucina occidentale
con le élite politiche e intellettuali è la sua trasformazione agli ocil primo sito in italiano
chi della classe media in status symbol, che favorisce la diffusione
dedicato alle arti performative asiatiche
di piatti stranieri alla portata finanziaria della piccola borghesia
www.asiateatro.it
(continua alla pagina seguente)
Hojōjutsu L’Arte Guerriera della Corda
Christian Russo
Il popolo giapponese ha un rapporto antico e profondo
con la corda. La prima Era storica registrata non a caso è
detta Jōmon, o “segnato dalle corde” (10000-300 a.C.): il
(continua alla pagina seguente)
Tomoko Nagao - from da Vinci - The Last Supper with MC, easyjet, coca-cola, nutella, esselunga, IKEA, google and Ladygaga -2014.
nome trae spunto dall’abitudine di questo popolo di cacciatori/raccoglitori di decorare a freddo la terracotta dei propri vasi.
Un gesto bene augurale e al tempo stesso di rinforzo dell’argilla durante la cottura. Successivamente, con l’importazione dalla foce dello Yang-Tze delle tecniche di coltivazione delle risaie, il riso divenne
il pasto principale, ritenuto utile agli scambi commerciali e al sosten
Severina Bortolato
tamento della popolazione. Un pasto sacro quindi, in accordo con le
Per una felice iniziativa dell’allora diretcredenze animiste nipponiche, e la corda ottenuta con la sua paglia
Museo d’arte orientale
tore Fiorella Spadavecchia, dal 2009, al
(shimenawa) divenne simbolica delimitazione degli spazi sacri.
Museo d’Arte Orientale di Venezia si tendi venezia
Ma la corda, sfruttata continuamente per i più variegati utilizzi civili,
gono, oltre alle consuete visite guidate al pubblico, delle visite su appuntamento
Conferenze - eventi
a partire dal 15° Sec. intraprese una strada che la affiancò ai compovisite guidate anche per
per persone non vedenti e ipovedenti. L’obiettivo è quello di offrire un’esperienza
nenti della casta Bushi, i guerrieri.
“Hojōjutsu
non vedenti e ipovedenti
museale attraverso l’esplorazione tattile di alcuni oggetti della collezione.
Durante la Guerwww.polomuseale.venezia.beniculturali.it
Il Museo, situato al terzo piano di Ca’ Pesaro, comprende la collezione
L’Arte Guerriera della Corda”
ra di Ōnin (1467Info: Museo d’Arte Orientale a Ca’ Pesaro
raccolta tra il 1887 e il 1889 dal principe Enrico di Borbone, conte di Baril libro scritto da Christian Russo
1477), che coinSanta Croce 2076 Venezia – tel. 041 5241173
di. Conserva oggi circa 17.000 pezzi, molti dei quali
volse il governo
giapponesi del periodo Edo. Fra questi armi, armature e accessori per spade, kimono, dipinVedi spazio dedicato in fondo
militare centrale
ti, disegni, stampe, paraventi, bronzi, lacche e strumenti musicali. L’imponente numero
all'articolo (pagina seguente).
Ashikaga e numedi pezzi e la qualità degli stessi fa del Museo d’Arte Orientale di Venezia uno tra i più
rosi daimyō, i Siimportanti musei d’arte orientale d’Europa.
gnori della Guerra che governavano sulle province decentrate
Durante la visita guidata le persone con deficit visivo sono accompagnate
del Giappone, sui campi di battaglia i Bushi iniziarono a utilizlungo tutto il percorso museale dal personale che offre loro una descrizione
zare, quale arma di fortuna, corte corde e strisce in tessuto appuntuale delle sale del museo e della collocazione degli oggetti. Alcuni dei
partenenti all’abbigliamento. Per difendersi dagli avversari e per
pezzi descritti possono essere toccati sotto la supervisione degli addetti.
immobilizzarli, gli esperti nelle diverse specializzazioni del BuNella sala didattica la guida offre ai visitatori non vedenti e ipovedenti l’ultejutsu, l’Arte Guerriera, trovarono nella corda non solo un ultiriore opportunità di esplorare alcuni particolari oggetti che vengono spiegamo, disperato appiglio alla vita, ma anche una valida alternativa
ti dall’addetto museale o per i quali può ascoltare le schede sonore realizzate
e potenziatore delle tecniche corpo a corpo. Per questa singoin collaborazione con la Biblioteca Marciana di Venezia. Questi i percorsi prolare tecnica venivano utilizzati il Sageo, la corda della spada, il
posti. Il primo riguarda la musica e gli strumenti musicali del periodo Edo,
Koshinawa, il cordone dell’Armatura, la cintura Obi o il cordino
con possibilità di ascoltare tracce musicali preregistrate e toccare, attraverObijime, e qualunque corta corda che fosse stata a disposizione.
so tavole Minolta, rappresentazioni in rilievo di alcuni strumenti (shamiCosì, nacque e si sviluppò, durante il periodo degli Stati in Guersen, shō, koto). Il secondo percorso, dedicato all’universo femminile e alla
ra (Sengoku Jidai), l’Arte denominata Hobakujutsu, l’arte del
sua quotidianità, e il terzo, dal titolo Uno scrigno di tesori, comprencatturare con la corda, che in epoca più tarda divenne famosa
dono una selezione di oggetti per scoprire stili, materiali, tecniche.
come Hojōjutsu o Torinawajutsu, e che venne inglobata nel proVengono messi a disposizione del visitatore oggetti quali un modelligramma di addestramento samuraico, il Bugei Juhappan (le 18
no di portantina per dama, onna norimono, del tutto simile all’originale
abilità guerriere), insieme ad Arte della Spada, combattimento
esposto nella sala IV, un kimono (abito che il visitatore non vedente può
Maschera in metallo (men) con gorgiera
corpo a corpo, equitazione, tiro con l’arco, ecc.
Illustrazione della tecnica Chidorigane all'interno
anche indossare), un modellino di inrō (porta erbe medicinali), un rotolo dipinper l'esplorazione tattile.
del Seigo Ryu Nawa Sho, 1797.
Attraverso queste tecniche era possi- (continua alla pagina seguente)
Arte a portata di mano
Percorsi tattili al Museo d’Arte Orientale di Venezia
(continua alla pagina seguente)
I due volti della bellezza
Il Giappone di Amélie Nothomb
Il vaso, l'ikebana, l'insieme
Silvia Pagano
Il Giappone è un Paese dalla doppia anima, dove un senso profondo di bellezza e armonia convive con il rigore delle norme sociali.
Amélie Nothomb lo sa bene: vissuta in Giappone fino ai 5 anni, vi è poi tornata a 21,
da giovane laureata. Queste esperienze le permettono di guardare le tradizioni locali
con gli occhi di una straniera: al suo ritorno, avvenuto nel 1988, riesce a cogliere entrambi gli aspetti del Sol Levante, a cui dedica quattro autobiografie romanzate.
Amélie, conclusi gli studi, decide di trasferirsi nel Paese che “le ha insegnato l’amore per il bello” e tornare in oriente significa riprendere contatto con il mondo
idilliaco vissuto da bambina, governato dall’armonia. Eppure si scontra con una realtà complessa, costruita su alcuni paradossi culturali insormontabili.
La prima impressione è di ordine ed efficienza. Come racconta in
più di un’occasione, la protagonista si ritrova immersa in una società perfettamente coordinata: ogni persona è un ingranaggio consapevole del proprio ruolo rispetto agli altri, al punto che il traffico,
le cene fra amici e persino le uscite fra fidanzati sembrano regolati
da un meccanismo più grande. Amélie si adatta con ironia a queste
Amélie Nothomb.
convenzioni, osservando attentamente l’ambiente che la circonda
per adeguarsi alle aspettative altrui.
Quaderni asiatici Nonostante i suoi sforzi, l’integrazione con la società sembra impossibile. Tutti i
Rivista trimestrale di cultura e studi sull’Asia
giapponesi vengono sottoposti fin da giovani a una rigida educazione, che plaEDITA DAL
Centro di cultura
sma il loro futuro esame dopo esame. Fin dalla scuola, le regole imposte sono
italia - asia “Guglielmo Scalise”
severissime e i risultati scolastici vengono ciclicamente resi pubblici, aumentanTel. 025461236 - 02733431
www.italia-asia.it - [email protected] do la pressione del giudizio sociale sui ragazzi. Le espressioni di individualismo
vengono scoraggiate, in favore di un’omologazione che permette di essere sempre a conoscenza del codice di comportamento richiesto nel rispetto della serenità della comunità.
Amélie, per la sua formazione, è estranea alla repressione dell’individualità, anzi, è la testimonianza dell’amore
occidentale per l’eccentricità e il genio. In un sistema basato sulla perfetta consapevolezza della propria posizione, qualsiasi violazione al codice inespresso porta a una punizione sociale, che si manifesta in maniera diretta nel
caso di un superiore o tramite biasimo e giudizio collettivo in caso di parità.
Il suo posto di lavoro diventa la massima espressione di questo sistema.
Assunta in una grande industria giapponese, la protagonista si ritrova a regredire progressivamente nella gerarchia aziendale per una serie di gaffe culturali, spesso legate a incongruenze verso il sistema di avanzamento interno. Un chiaro esempio
è la sua scelta di assumersi compiti che non le sono
stati assegnati, privando
così alcune figure interne del
ruolo che hanno conquistato dopo anni di sforzi. L’episodio offre la possibilità di
approfondire la percezione
d’insieme che i quadri hanno del proprio organico: la
valorizzazione delle compeFeiMoSchool
tenze del singolo viene meno
Scuola di Calligrafia Cinese
le momento in cui essa generi
Le prime tre lezioni a Milano:
uno scompenso nell’organi10 Ottobre - 14 Novembre
12 Dicembre 2015
smo aziendale.
Maestri: Paola Billi e Nicola Piccioli
Lo spirito d’iniziativa di
Presso PIME
Amélie attira la rabbia della
Milano - Via Mosè Bianchi, 94
sua superiore, nonché uniInfo e iscrizioni: 334 7028525
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ca collega donna sul piano,
(continua alla pagina seguente)
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Luca Ramacciotti
www.sogetsu.it
Il materiale vegetale e il suo contenitore sono sempre stati argomento di studio nell’ambito dell’ikebana. L’ikebana è la “forma”
data ai materiali vegetali, ma nello stesso tempo è anche ciò che contiene questi. Nella scuola Sogetsu si fa un passo in avanti,
perché l’ikebana può travalicare lo spazio fisico del vaso ed estendersi al di là di esso.
Ogni scuola ha dei vasi designati per ogni tipo di stile che le caratterizza, oppure ad esempio nel chabana, l’accompagnamento floreale per la cerimonia del tè, si andavano
invece a prediligere i cesti in bambù o vasi poco
“visibili”. La Sogetsu, tranne che per gli stili base
(Khion), ricorre a qualsiasi tipologia di contenitore, per forma o materiale.
I primi contenitori che apparvero in Giappone
erano in rame e servivano solo a contenere l’acqua per la sopravvivenza del materiale vegetale,
mentre successivamente si iniziò a prestare attenzione anche al contenitore stesso.
Piano piano iniziò a diffondersi anche la ceramica
“celadon”, o quelli di porcellana bianca (Korai) e
contenitori fatti in bambù.
In epoca più recente si va dal vetro al metallo, alla
In questo vaso realizzato da Luca Ramacciotti, all'impasto pre cottura a biscotto
pietra, al legno, ai... bicchieri di vetro.
È indubbio che l’elemento principe da abbinare ad sono stati attaccati dei pezzi di vermiculite.
un ikebana rimane quello ceramico. Le scuole tradizionali di ikebana come Ikenobo ed Ohara hanno vasi ideati per ogni loro
singolo stile, dato che il percorso di studio non prevedeva lo stile libero, introdotto successivamente con l’arrivo della Scuola Sogetsu (i cui concetti vengono integrati nell’insegnamento fin dalla prima lezione).
La scuola Sogetsu (a cui per esperienza personale mi riferirò sempre parlando dei vasi) prevede per gli stili base il suiban (ideato
dal fondatore della scuola Ohara) e lo tsubo; il primo è una ciotola tonda bassa mentre il secondo è un cilindro alto e relativamente stretto.
Il rapporto tra il colore, la forma del vaso e i materiali diviene quindi fondamentale per il bilanciamento dell’intera opera, dato
(continua alla pagina seguente)
Il gatto venuto dal cielo Hiraide Takashi
Anna Lisa Somma
www.bibliotecagiapponese.it
traduzione di
Laura Testaverde, Einaudi, 2015
Talune opere sembrano sfuggire volontariamente a ogni tipo di classificazione: Un gatto venuto dal cielo di Hiraide Takashi
rientra senza dubbio fra queste. È, infatti, già in primo luogo arduo definire il genere letterario a cui questo libro appartiene: romanzo? Memoir? Breve saggio dal sapore autobiografico dedicato alla descrizione della vita quotidiana scandita dalla deliziosa presenza (o dalla corrispettiva, dolorosa assenza) di un gatto? Lo stesso autore, in una recente intervista rilasciata ad Alison
Belshaw della catena di librerie inglesi Waterstones, ha in un certo qual modo
ammesso la natura ibrida e aperta del testo, realizzato in primis attraverso la
costruzione o l’organizzazione di frammenti.
Anche riguardo al plot è difficile esprimersi, dal momento che poco, anzi pochissimo sembra accadere sul piano evenemenziale, mentre molto spazio, viceversa, è riservato ai moti interiori dell’uomo che incarna la voce narrante, alle
prese con un profondo malessere esistenziale e scelte non facili da compiere
(«Adesso mi ritrovo a pensare che i trent’anni siano un’età davvero orribile: un
tempo in cui ci si diverte senza rendersi conto di essere sul confine tra il successo e il fallimento.», p. 19). I fatti non si succedono neppure sempre in ordine
cronologico, al punto che soprattutto i capitoli centrali possono essere letti indipendenteA N T I Q U ARI AT O G I A PP O N ESE
mente l’uno dall’altro. E così,
LUCA PIATTI
saltata ogni rigida gerarchia
temporale o ogni stretta correSPADE GIAPPONESI
lazione causa-effetto, a tenere insieme il tutto è la sostanza
emotiva stessa: coi suoi picchi di
(continua alla pagina seguente)
www.kottoya.eu
[email protected]
bacche di goji
dal kaiseki ai kawaii monster
menu seguito
urbana. Il dilagare della moda dello
yoshoku apre a sua volta la via alla
creolizzazione, di cui è un esemShirataki
pio il gyūnabe 牛鍋, uno stufato di
manzo insaporito con miso o salALIMENTI E OGGETTISTICA
DAL MONDO
sa di soia, oggi considerato uno
dei capisaldi del washoku, un piatto
Negozio: Via Rosmini 11, Milano tel. 02-33105368
simbolo del vivace spirito libero che
caratterizza la cultura metropoliProssimamente ci spostiamo di pochi passi
tana di fine ottocento-primi novenel nuovo negozio di via Canonica 54
cento. E questo ci riporta all’interrogativo iniziale: di cosa parliamo
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quando ci riferiamo alla ‘cucina
giapponese’? Il washoku viene concettualizzato solo pochi anni dopo l’esplosione del boom della cucina straniera, quando il
Giappone vive una prima ondata di nazionalismo, naturale reazione all’esterofilia che aveva
dominato le fasi iniziali del Meiji. Si rispolvera la tradizione del kaiseki (懐石), lo stile i cui principi – sequenzialità, stagionalità, ospitalità... – si riconducono al chanoyu 茶の湯 e al famoso
maestro Sen no Rikyū 千利休 (1522 – 1591). Solo che ora, a seguito della riforma sull’educazione, viene inserito come parte del programma di economia domestica nelle scuole femminili, e dagli ambienti privilegiati approda all’atmosfera accogliente delle cucine della moderna
piccola borghesia.
Oggi il kaiseki è considerato lo stile che meglio rappresenta la ‘giapponesità’ culinaria, ed è indubbio che la sua estetica abbia partecipato in misura importante al processo di creazione
della cucina giapponese nazionale. Ma è altrettanto indubbio che la cucina giapponese moderna pulluli letteralmente di prestiti stranieri, in particolare da Cina, Corea, Europa e Stati
Uniti: alcuni risalgono all’epoca premoderna come il tenpura, altri come il ramen erano già protagonisti dello street food in epoca Edo. Tuttavia il maggiore impulso al multiculturalismo culinario arriva con la modernizzazione e, in seconda battuta, con il boom economico degli anni
‘60 e la conseguente maggiore disponibilità di prodotti di importazione, che moltiplica in misura esponenziale le opportunità per il giapponese medio di esperire nuovi sapori e diverse
tendenze culinarie.
È evidente come la nascita e lo sviluppo del concetto di cucina giapponese rappresentino una
efficace metafora del percorso compiuto dal paese nel novecento, e non stupisce quindi che
il cibo sia così di frequente protagonista nella letteratura, nell’arte, nell’illustrazione e, in anni
più recenti, nell’animazione e nel manga. E in una cultura che sempre più si fonda e si nutra
del media mix non può stupire nemmeno che il cibo disegnato, immaginato, trasformato dai
maestri delle nuove tendenze pop ritorni in tutta la sua consistenza, sapore,
profumo, nei locali più trendy dei quartieri più cool della capitale. Basta fare un
giro – anche virtuale – al Kawaii Monster Cafe, il locale inaugurato a Harajuku
il 1 agosto, nato dalla collaborazione fra
l’enfant prodige dell’estetica kawaii Sebastian Masuda e Diamond Dining. Luogo
ideale dove gustare una Colorful rainbow
pasta o un Colorful poison parfait extreme:
ipercolorate, psichedeliche prelibatezze
che sembrano uscite dalla tavola di un
manga o dal fotogramma di un anime.
Magari Sci-Fi...
www.kathay.it
Fonti:
Ashkenazi Michael e Jacob Jeanne,
Food Culture in Japan, Westport e Londra, Greenwood Press, 2003.
Cwiertka Karazyna J., Modern Japanese
Cuisine. Food, Power and National Identity, Londra, Reaktion, 2006.
Meisho Edo Hyakkei Ueno Yamashita,
attribuita a Hiroshige II (ottobre 1858) (particolare).
Sulla destra, il ristorante fast food ‘Iseya’.
L’insegna pubblicizza lo shisomeshi, tipico piatto di riso
con foglie di shiso.
il vaso, l'ikebana, l'insieme
seguito
il cibo disegnato
apprezziamo nell’estetica “fluttuante” e nei valori visivi giapponesi, in particolare nelle stampe
Ukiyo-e, come precursori dell’arte pop contemporanea, a partire dai Manga di Hokusai, sono
ancora oggi rappresentati, celebrati e sinestetici in quanto degustabili nella tradizionale cucina
Kaiseki (懐石 kaiseki ryori) .
Argomentazioni che portano il baricentro dell’arte pop japan di oggi verso l’importanza dell’elemento visivo e cromatico del food giapponese, dove il piatto, la presentazione, la conoscenza della materia prima tipica dei grandi chef giapponesi, lodata anche dal “nostro” Gualtiero Marchesi,
fanno ormai parte integrante e importante dell’immaginario collettivo, non solo japan addicted.
In merito alla resa stilistica, ma anche sensoriale e culturale del cibo, l’attenzione va su alcuni
autori come Hayao Miyazaki e l’apoteosi del CIBO DISEGNATO raggiunto in opere come Heidi. E
la fragranza del pane e del formaggio del nonno montanaro, una combinazione da noi tutti desiderata, con l’acquolina in bocca mentre guardavamo, alla fine degli anni ‘70, la serie TV sui
canali Rai, diretto da Isao Takahata e di cui Hayao Miyazaki ha disegnato le scene e il layout,
rendendo noto anche qui in italia il genere
MEISAKU, denominazione breve letteralmente traducibile in “Teatro dei Capolavori
del Mondo” , di cui le varie serie sono ispirate a romanzi della letteratura mondiale per
ragazzi, anche se, nello specifico, di origine
occidentale. E, ovviamente, il top raggiunto
nella scena dei genitori di Chihiro, che diventano maiali, nella Città Incantata, premio
oscar per l’animazione e tante altre anime e
manga, dove il cibo disegnato esercita molto appeal e viene utilizzato come “HOOK”,
ovvero gancio con la realtà, per favorire
l’immedesimazione del fruitore.
i due volti della bellezza
seguito
pathos, le sue sfumature, i suoi nodi irrisolti.
Vi piacerebbe fare l’esperienza di vestire il
Attraverso il racconto – punteggiato di aneddoti e riflessioni –
tradizionale kimono giapponese?
della routine di una coppia di professionisti della scrittura “adotPer occasioni speciali
tati” dalla gattina Chibi alla fine degli anni Ottanta, si dispiecome feste, concerti e
ga un piccolo, inconsueto poema contemporaneo sulla memoria
matrimoni, potete scee sul tempo – atteso, goduto, sciupato per sempre. L’attenzione
gliere qualcosa di molto
rivolta a quest’ultimo è tale che, soprattutto in alcuni momenparticolare e raffinato per
voi dalla nostra collezione
ti, le scene sembrano articolarsi sulla base di un kigo (l’elemento
di kimono, obi (cinture) e
stagionale presente negli haiku tradizionali), attorno al quale si
anche zori (calzature).
coagula la materia esistenziale del narratore; a questo proposito,
Vestizione completa a
appare quasi esemplare uno dei passaggi consacrati alle libellule
domicilio o presso il nostro
di sesso maschile, irresistibilmente attratte dall’acqua: «Alla metà
Foto
atelier di Milano.
Flavio
Gallozzi
di luglio finì la stagione delle piogge. In giardino, sulla grande
roccia esposta al sole in riva allo stagno, comparve la figura az和寂 Wajaku 着物 kimono rental
zurrina di una libellula frecciazzurra puntabianca. Chissà se era
service kimonowajaku.blogspot.it
l’erede di quello che l’anno precedente veniva sempre a baciare
l’arco d’acqua che descrivevo a mezz’aria con il tubo per annaffiare. L’estate passata la femmina e il maschio, lei gialla lui azzurro, volavano di fronda in fronda, legati nella forma di un cuore dal profilo teso e irregolare: era forse il loro
figlio ormai adulto? Il mio amico libellula era scomparso dalla fine di agosto. Avevo rimpianto per un po’ di tempo la
sparizione del mio compagno alato e della sua sposa da quello stesso giardino che anche l’anziana padrona di casa e
suo marito avevano lasciato. Ma ebbi la sensazione che fosse proprio lui, tornato alla vita insieme alla luce dell’estate.
E così, tutto quello che era andato irrimediabilmente perduto tra la sua scomparsa e la sua pseudo resurrezione, riemerse sulla superficie della memoria.» (p. 77).
Inoltre, man mano che la relazione con Chibi si approfondisce, il mondo naturale sembra poco alla volta dischiudersi, soprattutto nel suo rapportarsi alla dimensione temporale. Non a caso, come accennato sopra, Hiraide Takashi ama
soffermarsi sui cambiamenti naturali e su quelli che hanno luogo nell’intimità del suo personaggio: essi, non di rado,
paiono riverberarsi l’uno nell’altro, quasi che l’animo umano e l’ambiente circostante fossero permeabili, attraversati da una medesima corrente di emozioni e impulsi. D’altronde, specie «nel caso degli esseri viventi, un
movimento banale come girare un angolo o entrare attraverso lo spiraglio
lasciato da una porta socchiusa, non ha, in fondo, il potere di generare un
Proponiamo eventi ed attività ricreative e
fiume incontrollabile di eventi?» (p. 22). Lo sbocciare delle gemme di susino,
formative per il privato e per l’azienda, stule danze innamorate degli insetti estivi, le foglie dell’olmo scivolate via dai
diate con la cura meticolosa che è peculiare dell’arte giapponese, per godere non
rami in silenzio, il rumore della neve sotto le scarpe: ogni cosa, certo, è nel
solo i contenuti, ma l’atmosfera, la suggestione, le emozioni che nutrono lo spirito. tempo, ma esso, finalmente, non si rivela più minaccioso, bensì amico e conoscitore delle nostre rughe, dei nostri sogni mutevoli.
www.oltrelospazio.it
arte a portata di mano
seguito
zen
Zen 3.0 La via
della meditazione
UN LIBRO MINDFUL ZEN
Cairo Publishing
(collana Saggi) 2015.
seguito
che sente messa in discussione la sua posizione ed entra così in forte competizione con lei.
Ne nasce una riflessione sulla visione della donna in Giappone. La società impone
Se la conoscenza “scientifica” dell’essere
loro delle norme autorestrittive che fin da
umano è andata molto avanti, non si può dire
giovani regolano tutte le espressioni perche si sia verificato un corrispondente aumensonali: contenere le risate, mantenere il
to della felicità. Le sofferenze in questo mondo
viso impassibile, nascondere le manifestazioni d’affetto sono solo alcune delle norme che persembrano semmai dilagare.
mettono alle donne di mantenere il proprio onore e, di conseguenza, il rispetto della società.
La felicità o l'infelicità non risiedono al di fuoNon solo: questo sistema crea un paradosso ulteriore nell’ambito lavorativo. Da un lato il lavori di noi.
ro è uno dei pilastri della società giapponese e molte giovani laureate decidono ad accedere a
Dobbiamo cercare dentro di noi, dobbiamo
posti in aziende cui devono rinunciare entro i 25 anni, età massima per contrarre un matrimoimparare a conoscere la nostra mente e il nonio rispettabile; dall’altro, questa uscita precoce dal mondo del lavoro ostacola la possibilità di fare
stro cuore, per vivere in consapevolezza. È
carriera per una donna, che si trova a dover percorrere una strada obbligata come madre e moglie.
questo, in fondo, il messaggio del Buddha: la
Certo la situazione sembra cambiare. Nell’ambientazione di Né di Eva né di Adamo, la promente ha il potere di creare tutte le situaziotagonista si interfaccia con la prospettiva del suo fidanzato, Rinri, che apprezza la sua genuini, piacevoli o spiacevoli. Iniziamo dunque a
nità e la sua schiettezza, e della madre di lui, strettamente legata alla tradizione, che contesta
vivere diversamente, perché quando cambiaAmélie per la distanza dai modelli giapponesi con il suo volto espressivo e le sue gambe nude.
mo noi stessi stiamo già cambiando anche il
Il messaggio che ne emerge è un progressivo allontanamento dall’immaginario troppo restrittimondo.
vo imposto alla donna da parte delle nuove generazioni.
In queste pagine è il maestro Tetsugen a parDal punto di vista stilistico, la Nothomb riprende questa dicotomia dal punto di vista linguistilarci, un italiano che ha vissuto lunghi anni in
co, approfondendo i parallelismi sia interni al giapponese, sia fra il giapponese ed altre lingue.
Giappone, dove è stato ordinato monaco zen,
Un chiaro esempio del primo tipo è la contrapposizione fra ai e koi. Ai è un concetto forte che
per poi rientrare nel nostro paese e fondare
esprime un amore nell’accezione pura del termine, rivolto verso qualcosa di insostituibile,
due monasteri aperti a tutti.
mentre koi si riferisce ad un amore per certi versi più immaturo, che si esprime verso una perDa trent’anni il maestro cerca di tradurre la
sona specifica dell’altro sesso.
saggezza zen, applicandola alla nostra quotiIn La Nostalgia Felice i parallelismi interni lasciano spazio ai confronti interlinguistici: basti
dianità convulsa, così poco incline alla concentrazione e alla consapevolezza.
pensare che il titolo del libro stesso si basa su una riflessione sul termine “nostalgia”, più precisamente fra il termine prettamente giapponese natsukashii e il prestito inglese nostalgic. Il
Ed ecco che ogni attimo della giornata, dal
primo definisce una forma di sentimento positivo che deriva dal ripensare al passato, mentre
risveglio al momento di vestirsi, dall’uscita
il secondo denota una nostalgia quasi sotto forma di rimpianto o mancanza, come più tipico
di casa al percorso verso l’ufficio, dal rientro
serale al pasto, è scandito dalla sua meditadelle lingue occidentali.
zione, che può essere praticata da chiunque,
Il cambio di prospettiva da interno a esterno alla lingua, accompagna le due fasi della sua vita:
in qualunque situazione, per una vita nuova,
la prima, quando sta cercando ancora di inserirsi nella società, la seconda mentre ripensa al
felice e creativa.
lontano passato e prende anche linguisticamente le distanze dal Paese della sua gioventù.
È difficile determinare quanto ci sia di reale nelle opere “autobiografiche” di Fabienne-Claire, in
arte Amélie, ma questi romanzi offrono non di meno un interessante spaccato sulla società giapponese. I titoli dedicati al Sol Levante in ordine
cronologico della narrazione sono Metafisica dei Tubi [Voland, 2002], Stupore e Tremori [Voland, 2000], Né di Eva né di Adamo [Voland, 2008],
e La Nostalgia Felice [Voland, 2014].
Il Giappone che ne emerge è una nazione con un grande spirito collettivo e una forte identità nazionale, che si ritrova nelle tradizioni e
nelle usanze che fanno da collante generazione dopo generazione. L’armonia che ne deriva può esistere solo a costo di una forte repressione esercitata sull’individuo, che viene al contempo bilanciata da una forte sensibilità nei confronti della collettività. Forse l’avvento di
Internet e la progressiva apertura verso l’Occidente potranno in parte equilibrare il sistema, incentivando una maggiore cura delle potenzialità del
singolo, senza intaccare la complessa rete di norme che rendono il Sol Levante il “Paese della Bellezza” tanto amato dalla Nothomb.
che il vaso non è più mero accompagnatore.
Se avremo un vaso visivamente “pesante” non vi abbineremo materiale esile. Se il colore del vaso sarà appariscente agiremo o per similitudine con il colore del
materiale o in contrasto, per equilibrare il tutto.
I vasi ceramici possono avere le smaltature di ogni
colore e tipologia. È importante che un maestro di
ikebana conosca la ceramica, ne capisca la lavorabilità, la possibilità data dalle varie tipologie di smalto. Gli Iemoto della Sogetsu sono stati
tutti ceramisti, a cominciare dal fondatore Sofu e soprattutto dal figlio Hiroshi, che ha lasciato vasi memorabili e, soprattutto, immense sculture di ceramica.
Un vaso può avere una forma ben precisa e regolare oppure asimmetrica e... cubista. L’importante è che il materiale sia poi ben abbinato, dato che il risultato finale
dovrà sempre rispecchiare i canoni su cui l’ikebana si basa.
Attingendo dalla primigenia importazione di vasi di ceramica dalla Cina e dalla Corea (attualmente anche dall’Europa) in Giappone si è sviluppato un’importante settore del vaso artigianale ideato per gli ikebana.
Se in origine gli smalti dei vasi per ikebana erano uniformi, monocolori, attualmente
si tende allo smalto variegato, alla “gocciolatura” dello stesso lungo i bordi, a creare
una sorta di elemento decorativo.
Importante è lo studio sia sul tipo di argilla da utilizzare, sia sul conseguente smalto
per ottenere particolari colorazioni o riflessi. Di recente ho iniziato a studiare quest’arte, proprio per poter progettare e
realizzare vasi che possano dare un impulso maggiore al mio essere maestro di ikebana, provare a studiare, analizzare le possibilità che questo campo può
permettere di affrontare.
Nell’ikebana è fondamentale che il
contenitore sia impermeabile. Deve
contenere l’acqua, non farla scorrere
via, sia per la sopravvivenza dei materiali stessi, sia perché, ad esempio nei
moribana (le composizioni nelle ciotole basse), è bello ed importante che si
veda una sorta di “specchio d’acqua”
da cui affiora l’elemento vegetale. Nella
Scuola Sogetsu il kenzan (lo strumento che si utilizza per posizionare i fiori)
poi viene coperto o dal materiale vegetale o da sassolini, in modo che sembri
un isolotto.
Possiamo ricorrere anche a manufatti
Raku, ma in quel caso vi dovremo col- Mihara Ken.
locare qualcosa all’interno (come un
contenitore di vetro) dato che il raku tradizionale, alla lunga, traspira liquidi. Altre due tipologie di ceramica giapponese molto famose sono la Hagi e la Karatsu. Vi sono aree del Giappone celebri per storia e cultura dedicate alla Ceramica come Shigaraki, dove si sono sviluppati forni atti alla creazione ceramica.
Oggi grande impulso viene dato da artisti del calibro di Yasuisha Kohyama con i suoi lavori scultorei cotti più volte e che rammentano sassi o reperti archeologici per il modo in cui il colore si deposita man man o per gli impasti ceramici da lui utilizzati.
È interessante vedere un laboratorio ceramico, per comprendere le tipologie di argille utilizzate e le possibilità date dall’introdurre nell’impasto sabbia, polvere vulcanica o altri materiali quali conchiglie o minerali per ottenere effetti durante la cottura o con gli
smalti. La sabbia può dare porosità al lavoro; la vermiculite permette cristallizzazioni a “bolle” durante la cottura dello smalto; le
conchiglie lasciano “impronte”, disintegrandosi durante la cottura del pezzo.
Se in origine la ceramica legata all’ikebana era di mero scopo pratico
oggi abbiamo un’unità imprescindibile, soprattutto nella Sogetsu, tra
vaso e materiale vegetale, andando a creare non più solo una composizione floreale, ma una vera e propria scultura.
Origami Creations
Ovviamente, secondo la tradizione giapponese, i vasi antichi o, meglio
Milano
ancora, “vissuti” son quelli più ricercati ed apprezzati. Da qui realizElena Debiasio
zazioni che rammentino lo scorrere del tempo, come quelle del [email protected]
to Kohyama o di Mihara Ken, che unisce tradizioni e tecniche come il batel. 380 4337516
silare colombino a nuove potenzialità di idee e di forme ardite.
il gatto venuto dal cielo
seguito
Hojōjutsu
seguito
bile immobilizzare un prigioniero di guerra trattenendolo per l’interrogatorio, la tortura o l’esecuzione, o predispondendolo
quale scambio di guerra.
Ben presto la sacralità della corda determinò un particolare sviluppo di questa “nuova” disciplina. Ritenendo la corda un
tramite fra il mondo materiale e quello spirituale, i prigionieri che fossero stati legati con essa temevano che l’anima rimanesse imprigionata in un cadavere putrescente, costretto a vagare sulla terra per l’eternità. Così, i Maestri delle Scuole delle Arti Marziali svilupparono legature prive di nodi veri e propri, con imbastiture libere e scorsoi, che garantissero un trattenimento in vece di una prigionia. L’Arte si suddivise in Honshikinawa (abbreviato in Honnawa), la corda formale lunga, con
tecniche elaborate e complesse, che teneva conto dell’appartenenza del prigioniero ad una casta specifica e in Hayanawa, la corda corta e veloce, che invece era una tecnica di combattimento vera e propria. Nel periodo Edo (1603-1868) l’Arte della Corda
divenne naturale prerogativa della polizia metropolitana (Torimono). Le tecniche si svilupparono in numero ed in complessità, per garantirne l’ineludibilità e per segnalare al popolo spettatore il crimine commesso. I colori della corda assunsero significati specifici legati allo Onmyōdō, una religione sincretica derivata dal Taoismo Cinese. In determinate stagioni, in
determinati luoghi, si utilizzavano corde di colori diversi: la corda divenne un talismano capace di purificare e al contempo contenere le energie cosmiche distruttrici del prigioniero. Inoltre la corda poteva essere accessoriata con ganci, anelli, “manici”, pesi
che ne potenziavano l’efficacia. Avvicinandosi al periodo Meiji lo Hojōjutsu continuò a essere tramandato e perfezionato nelle
Scuole delle Arti Marziali: la chiusura al resto del mondo imposto dai Tokugawa fece sì che la metallurgia moderna ritardasse
a sostituirsi alla corda. I colori delle corde divennero segno distintivo di uno o dell’altro corpo di polizia e, per semplicità di reperimento della materia prima (canapa, juta o per l’addestramento cotone o seta), essa venne usata anche durante la seconda
guerra mondiale, per poi gradualmente essere sostituita da ceppi, manette e fascette autobloccanti provenienti dall’Occidente.
All’interno del Museo del Crimine e della Polizia Metropolitana Edo, ospitato dall’Università Meiji di Tōkyō, sono state catalogate circa 500 tecniche Hojōjutsu, ma possiamo ragionevolmente supporre che all’interno delle Scuole di Arti Marziali ne
siano state elaborate molte di più. Ogni variante garantiva la difficoltà nell’eludere la singola tecnica. Un’abilità che faceva
da contraltare allo Hojōjutsu era il Nawanuke no jutsu, l’arte dell’evadere dalle corde. Nella modernità alcuni autori e ricercatori giapponesi hanno consentito allo Hojōjutsu di venire traghettata fino ai nostri giorni: segnatamente i prolifici autori
Fujita Seiko e Nawa Yumio, Takaji Shimizu per l’insegnamento alla polizia moderna e più recentemente Mizukoshi.
Ho iniziato ad appassionarmi di questa singolare specializzazione poiché pratico un’Arte Marziale Giapponese, il Jutaijutsu
della Scuola Yoshin Ryu di Torino. In questa Scuola, giunta dal Giappone per mezzo di un Ufficiale dell’Esercito italiano che
fu il Maestro dell’attuale Caposcuola, l’Arte della Corda viene insegnata ai livelli avanzati dell’addestramento delle Cinture Nere: come ogni altro metodo “armato” comporta numerosi rischi fisici ma, più importante, è prescritto che si acceda
“Hojōjutsu L’Arte Guerriera della Corda”,
ad alcuni argomenti dell’Arte solo se e nel momento in cui si
Christian Russo
Edizioni Yoshin Ryu
sia completamente in grado di sostenerne il peso anche psicologico. Ed ha un peso psicologico importante ed insidioso
Chi fosse interessato ad approfondire l’argomento, può trovare
lo Hojōjutsu, trattando esplicitamente la costrizione di un almolti spunti, foto e riflessioni dai miei appunti, che negli anni
tro essere umano ed aprendo le porte all’esercizio di un potehanno portato alla stesura di un libro che è stato pubblicato
re assoluto - con possibili derive da un lato sadiche e dall’altro
quest’anno, “Hojōjutsu – L’Arte Guerriera della Corda”, ove
masochistiche. Quindi un’Arte di difficile approccio, di difficile
cerco di delinearne, senza pretesa di esaustività, la storia, l’eesecuzione, ma affascinante per il retroterra culturale, filosofisecuzione e l’attualità. Nel libro ho potuto tra l’altro inserire la
co, storico e psicologico che porta con sé.
riproduzione fotografica e traduzione di un autentico densho,
un testo di trasmissione segreta della Scuola Seigo, datato
1797, che bene illustra ciò che i maestri dell’Arte desideravano
Il monozukushi come catalogo del mondo seguito
tramandare in affiancamento alla pratica.
dimento che dama Sei Shōnagon sembra portare al massimo
http://www.yoshinryu.com/libreria/libri/301-hojojutsu.html
grado di eleganza, non scevro, a volte, da un pizzico di snobihttp://www.facebook.com/librohojojutsu
smo e di petulanza. Celeberrime sono le liste che punteggiano le osservazioni argute di Sei, caratterizzate da eterogeneità e soggettività; non esaurienti, ma limitate a ciò che le interessa: se l’autrice deriva il procedimento probabilmente dalla tradizione cinese, ne rigetta però il programma didattico, per una
scelta, contenuta nei temi e soggettiva per il modo in cui li affronta, che rende lo stile dei suoi elenchi davvero unico. Ma
elencare, enumerare, vuol dire cercare di dare un ordine al mondo, ridurlo a una lista di nomi, di aggettivi, di cose, di persone. Per dare un ordine al caos. E un ordine lo portano sulla terra, le teorie di kami i cui nomi si susseguono nel Kojiki (Racconto
di antichi eventi, 712 d.C.) e sembrano scaturire da una cosmogonia zampillante come una sorgente, o una collana di perle di infinita lunghezza. L’arte della lista, il monozukushi, ha allora un’origine antica, in Giappone. Il termine monozukushi definisce la lista
letteraria derivando da mono, “cosa”, e dal verbo tsukusu, “esaurire”: starebbe quindi per lista esaustiva. Molto meno conosciuto delle Note del guanciale è il Ryōjin hishō (Raccolta preziosa di polvere, 24 volumi), un’antologia di canti popolari di tipo
imayō e saibara, compilata dall’imperatore in ritiro Go Shirakawa (1127-1192) attorno al 1179. Definita il corrispettivo poetico del Makura no sōshi questa raccolta, che racchiude canti religiosi e profani e abbraccia gli argomenti più disparati (amore,
vecchiaia, stagioni, ecc.), presenta più di ottanta componimenti ascrivibili al genere monozukushi, tutti o quasi rispondenti al modello: aggettivo + mono + wa (o la stessa struttura senza wa) generalmente lunghi 4 versi. Eccone un esempio:
Sempre in amore: nel cielo, la Tessitrice e le stelle luccicanti; i fagiani nei campi, il cervo in autunno; le cortigiane del mondo fluttuante; in inverno, le anatre mandarine. Ma il gusto della lista torna in un altro celebre capolavoro, lo Tsurezuregusa
(Ore d’ozio, 1331) di Kenkō Hōshi (Yoshida Kaneyoshi, 1282-1352 circa), in cui dei 243 paragrafi una quindicina prende la
forma della lista: il riferimento, esplicitato più volte dallo stesso autore, è al Makura no sōshi. Le sue quisquilie destinate a se
solo, recano però sempre traccia di una riflessione morale tipica di Kenkō: “Cose di cattivo gusto. Troppi oggetti personali lì dove
si vive; troppi pennelli nella scatola da scrittura; troppe immagini di Buddha nell’altare di famiglia; troppi alberi, rocce e piante nel giardino, troppi figli e nipoti in casa. Troppe chiacchiere dell’interlocutore, troppi meriti elencati in una supplica. Non disturbano, anche se in
grande quantità: libri su un carrello e polvere su un cumulo di spazzatura.” (cap. n. 72). Una curiosa variazione sull’esempio del
capolavoro di Sei Shōnagon è un libretto dal titolo Inu makura (Il guanciale del cane, 1596 circa) e attribuito al medico e narratore Hata Shūha (anche Sōho, 1550-1607). Consiste in 73 liste di “cose piacevoli”, “cose tristi” e così via alla maniera delle Note del guanciale, più 19 waka comici (kyōka). Le liste di Shūha sono divertenti, ma non certo paragonabili a quelle di Sei
Shōnagon. Eccone qualche esempio:
Cose che dovrebbero essere lunghe: La propria vita, anche se l’età porta molte vergogne. I capelli di una donna. Le notti quando si
incontra la propria amata. La gentilezza degli altri.
Cose che dovrebbero essere corte: Gli anni dopo i cinquanta. Le visite a una persona malata. Il manico di una picca con una grande
lama. Le notti trascorse da solo. Gli aneddoti.
Secondo Jacqueline Pigeot (autrice di quello che resta a tutt’oggi lo studio più completo sulla tradizione dell’enumerazione nella letteratura giapponese classica) le
liste di Shūha sono una semplice trasposizione di quelle delle Note del guanciale nel
mondo dei guerrieri della fine del XVI secolo. In questo senso il testo si rivela molto
interessante ma Shūha non ha né lo spirito né la fantasia di Sei e vive in un mondo
come minimo altrettanto circoscritto di quello di Sei, quindi propone delle liste assai piatte, la cui eterogeneità risiede solo nell’alternanza di moralismo e di trivialità.
Incapace di ironia, Shūha mette in fila delle liste invariabilmente costituite da 5 o 6 elementi (raramente poco meno o poco
più), elementi essi stessi tagliati sullo stesso modello: un breve sintagma nelle liste in prosa, una serie di sostantivi nei componimenti poetici. Ecco un altro esempio:
Cose che danno la pelle d’oca (mi no kedachi no suru mono): Le storie di fantasmi. Un’armatura senza sottoveste. Un fiume di cui
non si conosce il fondo. La malaria. La notte in cui si litiga con il fanciullo di cui si è innamorati. La camera dove prega un esorcista.
Anche Saitō Tokugen (1559-1647), poeta di haikai di origine guerriera come
Shūha, si richiama all’arte della lista e lo fa addirittura alludendo al capoWWW.MAREMAGNUM.EU
Libri antichi e da collezione
lavoro di Sei Shōnagon nel titolo stesso della sua raccolta: Mottomo no sōshi
(Note su cose evidenti). Le circa ottanta liste che elabora sono di carattere eteLibri antichi - Antiquariato
rogeneo, con serie che si sviluppano a partire dal termine ~mono no shinajina
Ceramiche - Incisioni - Dipinti
(lett. “varietà di cose x”) accompagnata da un aggettivo che può esprimere
Luca Piatti - [email protected]
una qualità o un giudizio soggettivo, a volte giocando proprio sull’ambiguità e sull’ironia. Si prenda, ad esempio la lista sotto il titolo “Varietà di cose pesanti” in cui si trova: “il principe, i pantaloni
di broccato, l’equipaggiamento del guerriero…”. L’interesse dell’opera di Tokugen resta nella costruzione molto raffinata e
audace delle sue liste che sembrano create in funzione di altre ancora e per dialogare l’un l’altra in un mutuo richiamo che
non può che ricordare la struttura di un renga (poesia a catena).
All’elencazione non sfuggono i toponimi. Nella drammaturgia kabuki e bunraku, ad esempio, esiste un espediente narrativo, il michiyuki, costituito da un interludio danzato che corrisponde a una scena di viaggio, che mima una scena di viaggio:
è “percorrere la strada” dei protagonisti di un dramma. Può essere considerato esemplare perché documenta bene la passione giapponese per i nomi di località, cui in genere vengono associate determinate caratteristiche o leggende o prodotti,
quindi per il potere evocativo dei nomi di luogo, siano essi di villaggio, di città, di stazione di posta o, successivamente, di stazioni ferroviarie e della metropolitana: una caratteristica ancor oggi osservabile sia in testi letterari, sia in una semplice conversazione. Siamo ancora una volta in presenza di un monozukushi.
Ma che dire, allora, delle serie di stampe come la Tōkaidō Gojūsantsugi, (Le 53 stazioni della Tōkaidō), o Edo Meisho hyakkei
(Le 100 vedute di luoghi celebri di Edo) di Hiroshige (1797-1858), la Tsuki hyakushi (I cento aspetti della luna) di Yoshitoshi
(1839-1892), o come la Nō hyakuzue (I cento drammi nō) di Tsukioka Kōgyo, (1869-1928), per non citarne che alcune, se
non che si tratta di veri e propri cataloghi per immagini?
E per finire vorrei ricordare ancora due esempi della persistenza di questa predilezione per l’enumerazione dei luoghi e per
quella che vorrei definire la suggestione toponomastica sposata al gusto per il catalogo: il primo, cinematografico, rimanda
ad una scena del film Madadayo (1993) del maestro Kurosawa Akira (1910-1998) in cui un ex-allievo, non avendo nessun
talento particolare da mettere in mostra per festeggiare il maestro protagonista del film, durante la riunione annuale degli
ex-alunni, elenca tutte le stazioni ferroviarie della linea principale del Giappone, dal Kyūshū a Tōkyō. Il secondo esempio,
questa volta letterario, è individuabile nel romanzo Ten to sen (1958) dello scrittore Matsumoto Seichi (1909-1992), in cui il peregrinare di un ispettore di polizia attraverso il Giappone è scandito dalle stazioni elencate sull’orario ferroviario, elemento chiave
della narrazione e risolutivo dell’enigma del giallo.
to, una scatola porta incenso in lacca rossa, un fukusa, drappo per avvolgere doni, tavolette per conoscere
la tecnica della lacca giapponese, else decorate (tsuba), una maschera protettiva da guerra (men), uno spallaccio di armatura (sode). Inoltre, grazie a tavole Minolta, si possono conoscere le spade giapponesi (tantō,
wakizashi, katana, tachi). Il visitatore viene a scoprire di ogni oggetto la storia, il periodo di produzione, lo stile, i materiali utilizzati, le tecniche di costruzione, l’uso comune o artistico, la
International Okinawan Goju-Ryu dimensione. Alla percezione tattile quindi si unisce la descrizione narrativa
Karate-Do- Federation Italia
della guida che consente alla persona non vedente di riconoscere e apprezzare l’oggetto.
La I.O.G.K.F. Italia condotta da Sensei
P.Taigō Spongia rappresenta nel nostro
Alla fine del 2013, in occasione di una mostra dedicata a Hokusai, è stata
Paese la Scuola del Maestro Morio
Higaonna (10°dan) consacrata a preservare e diffondere
esposta “La grande onda”, xilografia originale, concessa in prestito dal munella sua forma originale l’Arte del Goju-Ryu Karate-Dō
come intangibile tesoro culturale, efficace Arte Marziale
seo Chiossone di Genova. A questa è stata affiancata anche una riprodue pratica di formazione ed equilibrio psicofisico.
Sede Centrale - Roma - Tel. 0661550149
zione in rilievo di gesso alabastrino proveniente dal Museo tattile Anteros
[email protected]
Altre info e gli indirizzi delle Scuole: www.iogkf.it
di Bologna per l’esplorazione tattile non solo dei non vedenti, ma di tutto il
pubblico che, con il tatto, ha potuto scoprire aspetti peculiari dell’opera che
talvolta sfuggono alla sola osservazione. Un’esperienza conoscitiva ed emotiva senza eguali.
L’attività finora realizzata e quella che si andrà a realizzare con la creazione di nuovi giochi e libretti tattili per bambini dai 4 ai 14 anni, di una App che permetterà di ascoltare delle favole giapponesi e un’audioguida semplificata, va intesa nell’ottica di un museo che sia per tutti, in coerenza con il concetto di servizio
pubblico che sta alla base della promozione culturale e sociale di uno stato moderno. Il servizio è condotto
su base volontaria dal personale del Museo e l’attenzione verso queste problematiche è cresciuta e maturata grazie alla collaborazione, portata avanti in più occasioni, con il Dipartimento di Studi Linguistici e
Comparati di Ca’ Foscari, con l’Istituto dei ciechi Francesco Cavazza di Bologna, con il Museo Tattile Statale Omero di Ancona, con Lettura Agevolata onlus, ma anche grazie agli
scambi personali e umani avuti con gli stessi visitatori, che da subito
PAGINE ZEN - Reg. Trib. di Milano n° 441 del 13/07/2001 - Stampa: Tipografia Ammiano, via Isonzo 40/8 - Quinto Stampi - Rozzano (MI) Direttore responsabile: Margaret Speranza Grafica e Organizzazione: Franco Storti
hanno gradito questa speciale forma di attenzione e fruizione.
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