La Silfide e Giselle: i capolavori del balletto romantico una classe di danza all’Opéra di Parigi dal 1808 al 1830, ad apportare l’innovazione delle punte. La Silfide: la nascita del balletto romantico In ogni caso la scarpetta da danza come la concepiamo oggi va considerata il punto di arrivo di un lungo processo di affinamento tecnico, iniziato quando la Camargo abbandonò le scomode calzature con il tacco alto per adottare una scarpetta a pianta piatta. E’ comunque solo a partire da La Sylphide che questa pratica viene comunemente adottata, divenendo un attributo indispensabile del balletto romantico, di cui sottolinea l’aspirazione al volo. I primi segnali dell’estetica romantica si possono cogliere già negli ultimi decenni del Settecento, quando in Europa, e soprattutto in Germania, si fa strada una nuova sensibilità, una visione del mondo più libera e appassionata, un recupero di una realtà inesplorata legata al lato oscuro dell’inconscio, dando voce ai moti dell’animo, dei sentimenti, del sogno. Intorno al 1830 l’anima romantica si è già pienamente affermata. E’ questa, infatti, la data che sancisce il debutto ufficiale del Romanticismo a teatro, segnato dalla battaglia combattuta al Théatre Français in occasione della prima di Hernani dai seguaci di Victor Hugo contro i classicisti. Ma già tre anni prima Hugo aveva preso posizione a favore della nuova corrente esponendo, nella prefazione al Cromwell, i capisaldi dell’estetica teatrale romantica: abolizione delle unità aristoteliche, rifiuto di regole e modelli precostituiti, libertà all’ispirazione dell’artista. Le nuove idee si fanno strada anche nel mondo della danza. Nel 1832 un altro avvenimento scuote il pubblico parigino: all’Opéra di Parigi viene messa in scena La Sylphide, il primo esempio di balletto romantico (su musiche di J. M. Schneitzhoffer). Creato per la ballerina Maria Taglioni, La Sylphide diviene il modello ispiratore di tutta la danza romantica, che si conformerà alle sue teorie e ne adotterà le innovazioni tecniche. Abbandonati i soggetti mitologici e gli argomenti storici, l’azione si trasferisce nel regno della fiaba, attingendo al repertorio dei paesi nordici e di lontane contrade esotiche per costruire storie intrise di mistero, nelle quali creature immaginarie e presenze ultraterrene si mescolano alle vicende umane e ne determinano il destino. Il tema di base, seppur con delle varianti, è sempre lo stesso: l’amore impossibile tra un uomo e una creatura soprannaturale che si conclude con un inevitabile finale tragico. Malgrado la mediocrità del libretto e della partitura musicale di Jean-Madeleine Schneitzhoffer, La Sylphide ebbe un successo enorme ed aprì una nuova era nella danza. Il merito va in particolare alla protagonista, Maria Taglioni (18041884), interprete perfetta di un ruolo creato su misura per lei, che ne esaltava le doti di danzatrice “aerea”, famosa per le qualità eccezionali di elevazione unite alla grazia e ad una tecnica rigorosa. Fu il padre, Filippo Taglioni, autore della coreografia, ad introdurre proprio in questa occasione l’uso della danza sulle punte, reso possibile grazie ad una speciale scarpetta rinforzata nella parte anteriore, che aumentava l’effetto dell’allungamento del corpo e gli conferiva una qualità di leggerezza imponderabile. In realtà, sembra che la danza sulle punte fosse già stata sperimentata in precedenza, sia dalla stessa Taglioni, che da Geneviève Gosselin (già prima del 1813) che da Amalia Samengo Brugnoli (nel 1823). Secondo alcune testimonianze sarebbe stato il francese Jean-François Coulon, che tenne Un’altra innovazione destinata a fare scuola fu quella del tutù, una veste formata da un corpetto lievemente scollato ed una gonna composta da vari strati di un vaporoso tessuto bianco, che sostituisce l’ingombrante costume di corte sino ad allora in uso. Sembra che il tutù sia stato creato da Lami, il costumista de La Sylphide, il quale, ispirandosi al candore luminoso che caratterizzava le vesti del coro delle monache nel Ballet des nonnes, avrebbe ideato per la Taglioni un tutù lungo fino al ginocchio, che evocava una sensazione di leggerezza. In seguitò Petipa accorcerà la gonna del tutù, che si espande a corolla all’altezza dell’articolazione coxo-femorale, lasciando completamente libere le gambe della ballerina, così da valorizzare i movimenti della danza che privilegiano l’elevazione ed il volo. Con l'introduzione del tutù, La Sylphide dette l'avvio ad una serie di "ballets blancs" o balletti bianchi che sarebbero diventati il simbolo dello stile Romantico. Giselle: il balletto romantico per eccellenza Théophile Gautier, il più grande critico di danza dell’Ottocento, invaghitosi di Carlotta Grisi (1819-1899), ideerà per lei Giselle: se La Sylphide è il modello ispiratore di tutta la danza romantica, Giselle ne diverrà il manifesto e l’incarnazione assoluta. Esso, infatti, ancor oggi riscuote un successo enorme su tutti i palcoscenici del mondo. Rappresentato all’Opéra nel 1841, si giovava della partitura musicale di Adolphe Adam, un compositore specializzato in opere e balletti, mentre la coreografia originale fu creata da Jean Coralli per i movimenti d’insieme e da Jules Perrot, che si occupò delle variazioni della protagonista. Gautier trae ispirazione da un testo di Heine, De l’Allemagne, in cui si narra delle “Villi”, fantasmi di fanciulle morte alla vigilia delle nozze che attirano i passanti e li costringono a danzare tutta la notte fino a morire esausti. Malgrado l’intensa fioritura di nuovi balletti creati dai maggiori coreografi e librettisti dell’epoca, nessuno riuscì mai a raggiungere l’altezza artistica ed emotiva di capolavori come La Sylphide e Giselle. (Riadattato da Storia della danza occidentale, di Silvana Sinisi) Giselle: il soggetto Giselle, o le Willis. Balletto fantastico in due atti. 1841 Libretto di Théophile Gautier in collaborazione con J. H. Vernoy de SaintGeorges e J. Coralli (da H. Heine). Musica di Adolphe Adam