Edizione del 1° agosto 2013 Reg. Trib. Civile di Roma sez. stampa n. 371/2009 Governo, pausa estiva in apprensione Tutte le decisioni rimandate a settembre Primo piano Focus Quesiti Rinvio 770 e Expo 2015, il pressing Ancl pag. 6 Fallimento, microimprese, pensioni e altro pag. 10 Le risposte a cura del Centro Studi Ancl pag. 24 REDAZIONE Bollettino ufficiale Associazione Nazionale Consulenti del Lavoro Sindacato Unitario Anno 6 - Numero 13 (78) Reg. Tribunale Civile di Roma sezione stampa n. 371 del 19.11.2009 Direttore Responsabile Francesco Longobardi Capo redattore Paola Diana Onder Coordinatori di redazione Silvia Bradaschia Giuliana Della Bianca Francesco Pierro Antonella Scambia SOMMARIO EDIZIONE DEL 1 agosto 2013 EDITORIALE Pausa estiva: mai così in apprensione pag. 3 PRIMO PIANO Politiche occupazionali: serve prima brillare di luce propria pag. 5 PRIMO PIANO Dalla proroga del 770 all’Expo 2015 il pressing dell’Ancl pag. 6 PRIMO PIANO “L’armonia tra Ancl, CNO e Enpacl è la forza delle nostre iniziative” pag. 7 Redazione e impaginazione Solcom srl via Salvatore Matarrese, 2/G 70124 Bari PRIMO PIANO Dall’attualità al rapporto con l’Ancl. Intervista a 360° con Marina Calderone pag. 8 Editore Ancl - Segreteria Nazionale via Cristoforo Colombo, 456 Scala B, I piano 00145 Roma Focus Gli approfondimenti degli esperti pag. 10 Contatti www.anclsu.com [email protected] [email protected] chiuso alle ore 18:00 del 1 agosto 2013 quesiti Le risposte a cura del Centro Studi Ancl pag. 24 NEWS Sottoscritto tra Ancl e Commissione Nazionale Casse Edili un protocollod’intesaper la reciproca collaborazione pag. 29 CHI SIAMO Dirigenti e sedi pag. 30 pag. 3 - Edizione del 1 agosto - n. 78 - XIII del 2013 EDITORIALE Pausa estiva: mai così in apprensione scrive Francesco Longobardi presidente nazionale ANCL-SU Imu, Iva, linee guida sull’apprendistato, legge elettorale, modifiche al DL 76 sul lavoro, contratti a termine Expo 2015: si decide tutto a settembre. Sarà vero? Il clima di fibrillazione attualmente in essere, non aiuta nessuno. Questo Governo ha numeri spaventosi per fare di tutto. Invece si barcolla, di giorno in giorno, si tentenna, si predilige l’indecisione alla decisione. Forse non ci si poteva aspettare di più da un assemblamento di forze politiche sino a ieri contrapposte e ora alleate. Per non sconfinare in temi economici o sociali che non ci competono, ma dov’è lo “shock” del mercato del lavoro che era diffusamente chiesto e spesso annunciato? Niente all’orizzonte. Uno sgravio contributivo rattoppato, misure per l’apprendistato lontanissime dalle vere esigenze dei datori di lavoro, tirocini formativi ancora in alto mare, riforma dei centri per l’impiego a venire. Ma forse, a guardar bene, una misura utile nel DL 76/2013 c’è eccome: il rilancio dell’apprendistato. Un rilancio che davvero potrà riscontrarsi nei numeri e nelle prossime statistiche. Già, perché se introduce una misura agevolativa per un massimo di 18 mesi in cambio di assunzioni a tempo indeterminato per soggetti al di sotto dei 29 anni, è di tutta evidenza che sarà preferito il rapporto di apprendistato, con gli sgravi contributivi per tre/cinque anni, per i medesimi soggetti sotto i 29 anni e – se ciò non bastasse – anche con la facoltà di recesso “indolore” al termine della formazione. E se proprio invece si dovesse confermare quel rapporto di apprendistato al termine della formazione, spetta anche un ulteriore anno di sgravio. Se l’apprendistato non decolla ora, non decolla più. A parte l’ironia: ma queste leggi chi le scrive? Da qualche parte ci saranno nomi e cognomi di chi queste norme le elabora? Immaginatevi, Colleghi, la schiera di persone, tecnici, giuristi, consiglieri, segretari, esperti, che c’è dietro una normativa del genere. Tutta gente pagata (chissà quanto) per fare le cose giuste, le cose necessarie, che poi risultano essere cose inutili. La verità è che non essendoci risorse interne, si fa un provvedimento che può accedere a risorse europee: ma se vuoi tali risorse, devi attenerti alle categorie di lavoratori svantaggiati individuati dall’Europa, quali i sotto ventinovenni, i senza diploma, i single con persone a carico. Cosicchè, quei miliardi promessi dall’Europa per i mirabili investimenti nell’occupazione italiana, non sono altro che le risorse già destinate a quelle categorie di soggetti prescelti dalla UE. Cosicchè, se non hai il diploma (alla faccia delle politiche di sostegno all’istruzione) ti agevolo l’assunzione, e se vivi da solo ma hai una persona a carico (un classico soggetto separato o divorziato con prole a carico) sei uno svantaggiato meritorio di aiuto. E’ questo che si aspettava il nostro mercato del lavoro? Fandonie, invenzioni, fantasie. Si noti – e qui invito alla riflessione tutti – che se si agevola l’assunzione di tali soggetti, viene implicitamente assunto un presupposto: quello, cioè, che il lavoro c’è, e c’è eccome. Per cui, se devi preferire un determinato lavoratore, vattelo a scegliere tra i predetti soggetti che viene molto meglio. La verità è tutt’altra. Il nostro mercato del lavoro atten- pag. 4 - Edizione del 1 agosto - n. 78 - XIII del 2013 EDITORIALE A settembre tutte le decisioni de da tempo ormai immemore una drastica riduzione del costo del lavoro, divenuto ormai insostenibile. Riduzione del costo del lavoro della cui immediata necessità tutti sono convinti, ma nessuno opera in tal senso. Solo con la riduzione del costo del lavoro si può dare rilancio all’occupazione, all’investimento nelle risorse umane, a nuove assunzioni ma anche alla stabilizzazione e conservazione degli attuali livelli occupazionali. Una recente campagna pubblicitaria recita sapientemente: “Ma se il lavoro non è un bene di lusso, perché viene tassato come un bene di lusso?” Il problema è tutto qui: nella risposta che si saprà (o si vorrà) dare a questo interrogativo. Aspettiamo quindi settembre, ricchissimo di aspettative normative, ricchissimo di preannunciate soluzioni. Sperando che la schiacciante maggioranza parlamentare sappia – per una sola volta – dare un esempio delle reali soluzioni alle esigenze del Paese. Peraltro, l’estate si preannuncia abbastanza mite e senza bolle di calore. Rispetto alla capacità di riprendere appieno l’attività legislativa, è già qualcosa. Auguro a tutti buone e serene ferie e un buon ferragosto. pag. 5 - Edizione del 1 agosto - n. 78 - XIII del 2013 PRIMO PIANO Politiche occupazionali: serve prima brillare di luce propria Il commento del presidente Ancl Francesco Longobardi scrive Francesco Longobardi Presidente Nazionale Ancl Assunzione di under 29enni, di bassa scolarizzazione, single e con persona a carico (quindi non convivente). Che sia incremento netto di occupazione (con tutti i vincoli e problematiche abbondantemente conosciute a riguardo). E’ stato solo l’inizio. Interviene ora il decreto del Ministero del Lavoro (in corso di pubblicazione e già anticipato sul sito www.anclsu. com) sul beneficio a favore dei datori di lavoro privati che nel corso del 2013 assumano, a tempo determinato o indeterminato, anche part time o a scopo di somministrazione, lavoratori licenziati, nei dodici mesi precedenti l’assunzione, da imprese che occupano anche meno di quindici dipendenti per giustificato motivo oggettivo connesso a riduzione, trasformazione o cessazione di attività o di lavoro: 190 euro di sgravio mensile. Da tale ultimo provvedimento citato, emerge che condizione per poter usufruire del beneficio “... il datore di lavoro deve garantire interventi di formazione professionale sul posto di lavoro a favore del lavoratore assunto anche mediante il ricorso alle risorse destinate alla formazione continua di competenza regionale”. (arti 1 c. 2 del DD) La domanda che cresce nelle aziende, tra i consulenti del lavoro, tra gli imprenditori è “perché misure così particolari, che non riguardano la generalità del mercato del lavoro e dell’offerta di lavoro?” Domanda legittima, con risposta evidente. L’attuale Governo sta semplicemente utilizzando risorse europee (già esistenti e spesso dormienti per l’Italia) che vincolano il relativo utilizzo alle condizioni previste. La conferma viene anche dal citato decreto direttoriale per la disciplina della agevolazione dei 190 euro di sgravio mensile, secondo il quale il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali può prevedere “misure di sostegno al reddito per lavoratori disoccupati o a rischio di esclusione dal mercato del lavoro con oneri a carico del Fondo di rotazione per la formazione professionale e per l’accesso al Fondo sociale europeo previsto dall’articolo 25 della legge 21 dicembre 1978, n. 845, come modificato dal comma 5 dell’articolo 9 del decreto-legge n. 148 del 1993”. La riflessione che consegue al DL 76/2013 e a questo decreto direttoriale attuativo è la seguente: bene all’utilizzo di risorse europee (e forse qualcuno se ne doveva accorgere prima, perché forse altri Paesi ne usufruiscono da ben prima); ma si può fare una politica sociale di rilancio dell’occupazione solo all’ombra delle misure UE? Dove sono i provvedimenti auspicati, richiesti a gran voce dalle parti sociali di rilancio dell’occupazione attraverso sistemi tipici interni, peculiari alla nostra realtà produttiva, recettori della necessità di abbattimento del costo del lavoro per competere in quella stessa Europa che ci detta le regole? Non si è protagonisti dell’economia né si ha autorevolezza comunitaria se non si dimostra prima di brillare di luce propria e poi, se occorre, di riflettere di luci altrui. pag. 6 - Edizione del 1 agosto - n. 78 - XIII del 2013 PRIMO PIANO Dalla proroga del 770 all’Expo 2015 il pressing dell’Ancl Soddisfazione del Sindacato per lo slittamento della scadenza per la presentazione del modello 770. Accolto favorevolmente anche lo spirito innovativo contenuto nell’accordo per l’Expo 2015 Un apposito DPCM firmato ieri, ha fatto slittare la scadenza prossima del 31 luglio 2013 per la presentazione del modello 770 ordinario e mod 770 semplificato al 20 settembre 2013. Così la dichiarazione annuale che i sostituti d’imposta (datori di lavoro ed enti pensionistici, amministrazioni dello Stato, ecc.) devono effettuare all’Agenzia delle Entrate, indicando i dati relativi alle ritenute effettuate in ciascun periodo d’imposta, quelli relativi ai versamenti eseguiti, i crediti, le compensazioni operate e i dati contributivi e assicurativi, slitta al 20 settembre. La vignetta - “tra consulenti” Il presidente Ancl, Francesco Longobardi, che aveva sollecitato formalmente il Ministro delle Finanze ad adottare il relativo provvedimento, ha accolto la notizia con evidente soddisfazione “essendo state tenute in debito conto le giuste ragioni rappresentate dall’Ancl e dal Consiglio Nazionale dell’Ordine”. Il presidente Ancl ha anche accolto molto favorevolmente lo spirito innovativo contenuto nell’accordo per l’Expo 2015. “Avevo rappresentato alle forze in campo la necessità di estendere la sana flessibilità a tutto il territorio nazionale in occasione di simili eventi, non potendo l’Expo rappresentare l’unica eccezione in questo periodo di forte necessità di rilancio dell’occupazione “ (vedasi comunicato stampa precedente del 16 luglio 2013 “La flessibilità non può essere solo Expo”) . “Le dichiarazioni del Primo Ministro che propone di adottare l’accordo sottoscritto come modello su scala nazionale, non possono che ritenersi aderenti alla posizione assunta dall’Ancl. Il buon ascolto da parte della politica è sempre costruttivo e da incoraggiare ripetutamente”. “Sono certo – ha concluso il Presidente – che dall’esperienza Expo potranno trarsi notevoli contributi al miglioramento del mercato del lavoro e delle relazioni sindacali”. pag. 7 - Edizione del 1 agosto - n. 78 - XIII del 2013 PRIMO PIANO “L’armonia tra Ancl, CNO e Enpacl è la forza delle nostre iniziative” scrive Francesco Longobardi Presidente Nazionale Ancl Strana categoria la nostra. Sembra quasi incapace di godere dei buoni risultati ottenuti o dello splendido posizionamento guadagnato sul campo. Il periodo che stiamo attraversando dovrebbe infatti indurre tutti ad uno sforzo comune ancora più forte per consolidare le nuove funzioni attribuite. Ovvero a sostenere il progetto di condivisione della linea politica, avviatosi al Congresso dell’Ergife del 2007 e che prosegue con un ottimo stato di salute. L’armonia esistente tra l’Ancl, Consiglio Nazionale e Enpacl è la forza delle nostre iniziative, ed è la chiave del nostro successo. L’assenza di conflittualità, che ormai si protrae da molti anni, é il carburante per l’avanzamento delle nostre proposte. è anche il motivo della profonda stima che si è creata tra dirigenti, che gestiscono la politica di categoria con grande rispetto. Qua e là, a dire il vero, sembrano intravvedersi dei rigurgiti di ingiustificata conflittualità, dettata più da interessi personali che da situazioni di categoria. Dimettersi da una carica all’interno di una delle rappresentanze della categoria è sempre un atto volontario, ed è conseguente a scelte personali, condivisibili o meno. Ma tale atto non può costituire il presupposto per alimentare dissensi e costruirci intorno e unilateralmente chissà quali retroscena, a maggior ragione se le recriminazioni che possono aver portato al volontario recesso, sono state già ampiamente valutate dagli organi interni all’uopo preposti. D’altronde, la realtà di un’azione amministrativa concreta, efficace, risolutiva e trasparente non può essere offuscata da chi, a volte, esterna stati d’animo del tutto personali. La dirigenza nazionale continua a godere della fiducia della categoria in virtù dei risultati ottenuti e del grado di soddisfazione degli iscritti. La presidente Calderone, oltre che della piena fiducia dell’Ancl, gode della stima degli altri Ordini, che l’hanno voluta nuovamente a capo del Cup anche per effetto degli ottimi risultati ottenuti negli ultimi 8 anni dalla nostra categoria. Risultati che dobbiamo massimizzare utilizzando al meglio le nuove funzioni e mantenendo il più a lungo possibile l’equilibrio esistente. Né possono essere ritenuti casualità gli evidenti risultati ottenuti dall’Ancl nei medesimi interessi di tutti i Colleghi: dal tavolo permanente aperto con l’Inps e con l’Inail, alle intese raggiunte con ANIV e CNCE, alla valorizzazione del sistema COFIDI e Confprofessioni, alle cause pilota del proprio ufficio legale, solo per citare i più recenti. Tutto questo, non adagiandosi sui risultati ma guardando sempre avanti: con questo spirito è avvenuta proprio in questi giorni la presentazione dell’Associazione dei Giovani Consulenti che conferma di voler operare nella direzione della condivisione dei percorsi tra le varie componenti della categoria, aggregazione, collaborazione, soprattutto con la classe dirigenziale e le istituzioni di categoria. Un’associazione che nasce per la voglia di stare assieme e costruire, che si auspica, in futuro potrà portare anche un ulteriore sostegno numerico al nostro Sindacato. Altri percorsi diversi da quelli citati, peraltro avventurosi, non ve ne sono, se si hanno a cuore le sorti della categoria. E l’Ancl vigilerà affinché il prezioso equilibrio esistente non sia affatto turbato. pag. 8 - Edizione del 1 agosto - n. 78 - XIII del 2013 PRIMO PIANO Dall’attualità al rapporto con l’Ancl Intervista a 360° con Marina Calderone Alla vigilia della pausa estiva abbiamo sentito la presidente del Consiglio Nazionale e del Cup, Marina Calderone, che in questi anni di presidenza ha conseguito risultati importanti sia per i consulenti del lavoro che per il sistema ordinistico. Tutto ciò non può non inorgoglire l’Ancl che esprime tutti i componenti del CNO. Presidente, come state operando per attuare la Riforma? “In generale, la nostra categoria ha pecorso i tempi, introducendo negli anni nuove regole sulla base di principi che sono poi stati recepiti dal legislatore della riforma. Per effetto di ciò, oggi ci ritroviamo a non dover stravolgere il nostro ordinamento perché è sostanzialmente adeguato alle nuove disposizioni. Una di queste anche per noi sará una novità. Mi riferisco ai Consigli di disciplina, che saranno attivi appena i Ministeri vigilanti daranno il via libera ai regolamenti. Non è invece una novità la polizza di assicurazione; a prescindere dall’obbligo, è difficile trovare un professionista disponibile a correre il rischio di svolgere attività senza essere assicurato. Il problema sorge per il particolare momento di tensione finanziaria che stanno attraversando gli studi; per questo abbiamo richiesto una proroga tecnica della scadenza del termine. Come Consiglio Nazionale ci siamo attivati per calmierare il mercato, sottoscrivendo una convenzione che permetta di assicurarsi a partire da 250 euro l’anno, ricomprendendo però in questa cifra tutte le garanzie necessarie a svolgere le molteplici attività a noi riservate. Abbiamo pensato ai giovani ma anche a tutti coloro che hanno visto contrarsi il proprio volume d’affari. E poi c’è il praticantato per il quale con soddisfazione posso dire che, in ossequio alla legge, siamo il primo Ordine professionale ad avere sottoscritto la convenzione con il Miur per l’anticipazione del tirocinio durante l’ultimo semestre di studi universitari.” Momento dunque difficile per il Paese e, conseguentemente, anche per i professionisti. Cosa fare per essere d’aiuto agli studi professionali? “Credo che si possa fare molto, particolarmente se si opererà sinergicamente con le altre componenti della categoria. Mi riferisco a tutte le azioni di welfare e ai sostegni finanziari per lo sviluppo delle attività professionali che si possono concertare assieme all’Ente e al Sindacato; così come dobbiamo definire una volta per tutte la creazione di una infrastruttura telematica che ci aiuti ad offrire agli iscritti servizi esclusivi e di qualità a costi contenuti.” E l’Ancl come si inserisce in questo sistema? “Il rapporto tra Ordine e Sindacato, così come con l’Ente di Previdenza, è proficuo e costante. Difficile pensare a qualcosa di diverso, senza rischiare di compromettere i risultati raggiunti. Dobbiamo impegnarci tutti, affinché questa forma di collaborazione si rafforzi e possa aiutarci a raggiungere altri obiettivi strategici per il posizionamento esterno della categoria. Anzi, dovremmo essere di ulteriore esempio per l’intero sistema ordinistico, che apprezza e invidia la nostra unità d’intenti. Non a caso ritengo che, come Presidente del CUP, dovrò farmi promotrice della necessità di creare una cabina di regia delle professioni ordinistiche, composta dalle rappresentanze istituzionali, sindacali e previdenziali presenti oggi nei vari contesti. Attraverso la concertazione, sarà possibile definire un’unica strategia delle professioni che ci porti a rafforzarci a livello politico e istituzionale. Sarà inoltre possibile individuare e realizzare quelle iniziative di sostegno e di ausilio agli iscritti che necessitano, per la loro riuscita, di interventi trasversali.” Cosa ne pensa dell’Ancl e delle sue attivitá? “Per ognuna delle componenti della categoria é indispensabile trovare una propria linea operativa che sia concertata con le altre. Questo é il progetto che abbiamo strutturato nel 2007 e che stiamo portando avanti con convinzione. A livello nazionale c’è grande collaborazione e reciproco rispetto. In ambito territoriale é importante che tutte le strutture siano propositive ed operative. A volte, invece, siamo costretti a prendere atto che vi sono realtà che operano solo in funzione dei momenti elettorali. È questo un malvezzo che non produce alcuna utilità né agli iscritti che non ricevono servizi adeguati, né al Sindacato che non trova collaborazione. Credo che con uno sforzo comune possiamo far si che tutto migliori. L’importante é che tutti remiamo nella stessa direzione. E dei rapporti con Confprofessioni? “Sono buoni. Il presidente Stella é stato spesso ospite di nostre iniziative e c’é dialettica. Devo dire che qualche preoccupazione la creano le voci che danno Confprofessioni pronta ad una fusione con il mondo delle associazioni professionali. Riterrei pericolosa una eventuale scelta in tal senso che, oltre a snaturare il ruolo storico di Confprofessioni, potrebbe generare conflitti di competenze tra soggetti, gli ordini e le associazioni, che hanno finalità diverse. In taluni casi, poi, potrebbero crearsi fastidiosi fraintendimenti sulla gestione delle riserve di legge dei Consulenti del Lavoro che il Consiglio Nazionale è chiamato a tutelare in ogni sede. pag. 10 - Edizione del 1 agosto - n. 78 - XIII del 2013 FOCUS Crediti verso il fallimento: privilegio anche per i professionisti dello studio associato scrive Renzo La Costa Anche ai professionisti facenti parte di uno studio associato va attribuito il privilegio per i crediti vantati verso il fallimento: è infatti irrilevante la forma associativa dei professionisti, essendo state le prestazioni professionali sempre rese a carattere personale. Così si è espressa la Corte di Cassazione in sentenza 11 luglio 2013, nr. 17207. Nel caso specifico esaminato dalla suprema Corte, la Corte territoriale aveva attribuito l’invocato privilegio al credito che già il giudice delegato aveva ammesso in chirografo allo stato passivo, della somma pari alla misura del compenso riferito all’attività professionale esercitata personalmente da singoli professionisti dello studio. Senza affatto smentire gli enunciati espressi dalla giurisprudenza consolidata richiamata dal ricorrente curatore fallimentare, ha ritenuto di individuare le prestazioni personali direttamente espletate cui si riferiscono i compensi e solo ad esse ha attribuito il privilegio reputando l’ipotesi omologabile a quella in cui l’opera sia stata svolta dal singolo professionista, reputando irrilevante la provenienza della richiesta da parte dello studio associato. L’esegesi si uniforma al principio espresso nel precedente della stessa Corte (n. 22439/2009) che ha affermato in un caso analogo che “Il privilegio generale sui beni mobili del debitore, previsto dall’art. 2751-bis cod. civ. per le retribuzioni dei professionisti, trova applicazione anche nel caso in cui il creditore sia inserito in un’associazione professionale, costituita con altri professionisti per dividere le spese e gestire congiuntamente i proventi della propria attività, a condizione che il rapporto di prestazione d’opera si instauri tra il singolo professionista ed il cliente, soltanto in tal caso potendosi ritenere che il credito abbia per oggetto prevalente la remunerazione di un’attività lavorativa, ancorché comprensiva delle spese organizzative essenziali al suo autonomo svolgimento”. Ed invero, la proposizione della domanda d’ammissione allo stato passivo da parte dello studio professionale, in quanto pone, secondo consolidato orientamento una mera presunzione d’esclusione della personalità del rapporto professionale, resta superata e vinta in presenza di documentazione che consente d’individuare i compensi riferiti alle prestazioni direttamente e personalmente svolte dai singolo associato allo studio, e, in simile evenienza, non può precludere il riconoscimento della prelazione a quel singolo personale credito. La stretta correlazione posta dal disposto dell’art. 2751 bis n. 2 c.c. tra il privilegio e la causa del credito, consente di valorizzare l’interesse specifico perseguito dal creditore e dunque di orientare l’interpretazione della voluntas legis, estendendone l’applicazione oltre il mero dato letterale, sulla base di un percorso esegetico ritenuto in giurisprudenza ammissibile. Giova ricordare che in materia di privilegi, seppur in diverso caso, le S.U. con sentenza n. 11930/2010 hanno affermato che “Le norme del codice civile che stabiliscono i privilegi possono essere oggetto di un’interpretazione estensiva che sia diretta ad individuarne il reale significato e la portata effettiva in modo da delimitare il loro esatto ambito di operatività, anche oltre il limite apparentemente segnato dalla formulazione testuale, tenendo in considerazione l’intenzione del legislatore e la causa del credito che, ai sensi dell’art. 2745 cod. civ., rappresenta la ragione giustificatrice di qualsiasi privilegio”. In considerazione di ciò, il privilegio in discorso, pur nel caso in cui il credito sia stato riferito a sé dall’associazione professionale, che è centro autonomo d’imputazione dei rapporti giuridici, va attribuito, alle condizioni riferite, al credito del singolo associato onde consentire alle ragioni del prestatore d’opera la stessa tutela accordata al credito del lavoratore dipendente per soddisfare, come rammenta la dottrina, le esigenze di sostentamento del lavoratore, anche se autonomo, nel rispetto dei principi che garantiscono le sviluppo della personalità umana- art. 2 Cost.-, e della dignità e tutela del lavoro in tutte le sue esplicazioni-artt. 35 e 3. La decisione impugnata, avendo valorizzato la causa del credito cui ha riconosciuto il privilegio, quale remunerazione della prestazione del singolo soggetto incaricato personalmente eseguita assunta a fondamento giuridico della prelazione, è stata per l’effetto immune dai vizi denunciati. Ne è conseguito il rigetto del ricorso formulato dal curatore. pag. 11 - Edizione del 1 agosto - n. 78 - XIII del 2013 FOCUS Microimpresa: i meccanismi farragginosi del DL 76 scrive David Trotti Siamo in procinto di godere delle agognate ferie ed una volta terminati l’invio del modello 770 e la chiusura delle paghe di luglio con l’inserimento dei dati da modello 730 (tanto per parlare dei pochi adempimenti estivi) potremo andare in vacanza. Semprechè non venga pubblicato come avviene da qualche anno qualche documento il 13 agosto (vedi lavoro intermittente lo scorso anno). Le ferie sono un periodo di relax in cui non pressati da impegni potremo riflettere ed approfondire mentalmente alcuni aspetti del nostro lavoro non eminentemente operativi. Uno degli aspetti che sicuramente potremo approfondire è quello del recente Decreto Legge lavoro (che peraltro vogliono abbondantemente emendare) che riguarda l’attenzione che il legislatore ha avuto, come raramente accade per le microimprese. Dico attenzione senza voler dire altro perché poi essa non è sostenuta da contenuti che aiutino chi come noi consulenti deve aiutare le imprese A CRESCERE, ma in questo periodo avere l’attenzione è già grande cosa. E’ necessario ricordare a chi ci legge e non è consulente che il consulente del lavoro è per le microimprese “facilitatore e affiancatore” nel campo del lavoro, forse addirittura un cogestore vista la fortissima fiducia che esiste tra esso e il piccolo imprenditore. Dicevamo di questa attenzione, e per aiutare la riflessione estiva dei colleghi vorremmo provare con questo intervento, a proporre la visione del decreto legge dal punto di vista di quelle microimprese che rappresentiamo ai vari tavoli tecnici e come tenutari del libro unico del lavoro. Pensando a loro penso allo storia di quel re cinese che avuto salva la vita da un contadino per riconoscenza gli disse di chiedere quello che voleva. Il re si aspettava, oro, terre e denaro, invece il contadino gli chiese di duplicare 2 chicchi di riso per ogni tessera di una scacchiera in modo che la prima tessera ne avesse due, la seconda 4, la terza 8, il re rimase stupito di quella che considerava una sciocchezza e disse va bene. Si rese poi conto che forse tutto il riso della Cina non sarebbe bastato perché in quel modo il risultato finale sarebbe stato 2 elevato alla sessantaquattresima... provate a fare il calcolo di quanto riso risulta. Molti diranno ma questo cosa c’entra con il DL76 e la microimpresa? Immaginate che cosa si otterrebbe se ogni microimpresa assumesse un dipendente (era lo scopo del decreto)? Non risolveremmo il problema della disoccupazione ma quasi. Questo risultato non si ottiene però con i meccanismi farragginosi del DL76 che sono di difficile applicazione e che richiedono mille adempimenti burocratici. E qui per non essere tacciati di criticismo, potremmo ipotizzare una proposta: basterebbe dire che in una sorta di job sharing contributivo, ogni nuova assunzione è agganciata ad un dipendente a tempo indeterminato e fintanto che rimangono nella stessa azienda entrambi i lavoratori, il neo assunto per X anni rimane agevolato; in altre parole per ogni nuova assunzione avremmo che entrambi versano il 50% (od altra percentuale) oppure il nuovo assunto non versa contribuzione. Il risultato per lo stato non cambia e non c’è aggravio di nuove spese. Perché prima dell’assunzione abbiamo il pagamento di contributi per euro 1000 di imponibile (valore esemplificativo) poi avremo 2 lavoratori che versano lo 0,50% su mille euro ciascuno di imponibile. Lo stato “ci guadagna” perché sui mille del neoassunto che saranno destinati agli acquisti, il lavoratore pagherà l’Iva. Si tratta di un esempio provocatorio, che delinea le caratteristiche necessarie ed auspicate nelle norme: certezza e chiarezza. Serve a far capire, al legislatore, che il piccolo imprenditore di fronte alla complessità ed alla incertezza si arrende. Incertezza che è presente in maniera spaventosa attualmente nella legislazione e che il DL 76 ha amplificato a parere di chi scrive. Per non essere tacciati di qualunquismo facciamo due esempi di incertezza; il primo è il ticket di licenziamento che nella piccola impresa è vissuto in maniera pesante. Pensate al calcolo proposto dall’Inps e, alla norma dove non c’e scritto nulla sui 15 giorni e sulla mensilizzazione del calcolo. Per una piccola azienda euro 1000 oggi possono essere tantissimi. Un secondo caso è quello segnalatoci da un collega relativamente al bonus di 12.000 euro come Incentivi per il lavoro previsti dalla legge 214/2011. Quando è pag. 12 - Edizione del 1 agosto - n. 78 - XIII del 2013 FOCUS uscita la norma si pensava che il totale spettasse in maniera integrale anche ai part time e tutti si erano fatti i conti in questo senso... poi è arrivata una precisazione Inps che ha previsto il contrario (ad oggi senza un apparente riferimento di legge) e quindi il microimprenditore si è visto riproporzionare il contributo (immaginate se avesse pensato ad un investimento). Ma ritorniamo al DL 76 al punto che tratta del Lavoro accessorio. Pensate che il togliere “meramente occasionale” abbia risolto i problemi? Quando poi nella nota del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali del 12 luglio 2013, prot. n. 37/0012695 si afferma: al riguardo appare tuttavia necessario operare una “trasformazione” del rapporto in quella che costituisce la “forma comune di rapporto di lavoro”, ossia il rapporto di natura subordinata a tempo indeterminato, con applicazione delle relative sanzioni civili e amministrative, esclusivamente in relazione a quelle prestazioni rese nei confronti di una impresa o di un lavoratore autonomo secondo i canoni della subordinazione. Pensate che il datore di lavoro sarà maggiormente al sicuro rispetto ad una vertenza che come abbiamo già scritto vede il lavoro o autonomo o subordinato quali unici riferimenti nella definizione delle tipologie lavorative? Secondo voi poi nel lavoro intermittente era necessario inserire un ulteriore limite, quello delle 400 giornate? A cosa serve se non a far complicare la vita? Passiamo alle collaborazioni coordinate e continuative, che in alcune piccole aziende a contenuto altamente tecnologico venivano usate. E’ possibile oggi proporle? Quale è il tasso di rischio in questo guazzabuglio di norme? La domanda a cui forse non si può rispondere è: quali debbono essere delle caratteristiche certe in cui si è vittoriosi all’interno di un contenzioso? Oggi il lavoro a progetto è sicuro solo forse nei call center outbound. Non entriamo, poi, nella diatriba se un lavoratore autonomo debba o possa certificare il recesso e quali sono le cause del suo non recedere dal punto di vista della libertà personale, a meno che non si parta dalla prospettiva patologica che ogni contratto a progetto è fatto per “mascherare un finto lavoratore subordinato” (e allora perché avere questa tipologia?). Il piccolo imprenditore vede oggi probabilmente il diritto del lavoro con una paura folle e teme il tracollo, perché in una media azienda di 15 persone, una vertenza anche con il pagamento di 24 mensilità ti mette comunque in ginocchio. Vogliamo parlare del tirocinio? Si è scritto quello che sembra o sembrava una soluzione al problema della frammentazione territoriale (le linee guida) ma si è dovuta rifare una legge per obbligare a rendere effettiva la loro applicazione. Oggi andate ad un centro per l’impiego e chiedete di fare un tirocinio; sapete quale è il risultato? Le norme che i centri applicano (a meno di un ricorso amministrativo) sono quelle delle regioni. Il problema è che nel concreto gli operatori fanno riferimento a quelle che per loro sono le indicazioni degli organismi gerarchicamente superiori e pertanto alla fine: regione che vai tirocinio che trovi, indipendentemente dalle linee guida. Sull’apprendistato bisogna solo fare silenzio, la norma del DL 76 cambia per non cambiare come il confronto tra questi due passi di norme rende evidenti: 4. Le competenze acquisite dall’apprendista potranno essere certificate secondo le modalità definite dalle Regioni e Province Autonome di Trento e Bolzano sulla base del repertorio delle professioni di cui al comma 3 e registrate sul libretto formativo del cittadino sulla base del repertorio delle professioni di cui al comma 3 e nel rispetto delle intese raggiunte tra Governo, Regioni e parti sociali nell’accordo del 17 febbraio 2010. (art.6 D.Lgs 167/2011) b) la registrazione della formazione e della qualifica professionale a fini contrattuali eventualmente acquisita è effettuata in un documento avente i contenuti minimi del modello di libretto formativo del cittadino di cui al decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali del 10 ottobre 2005, recante “Approvazione del modello di libretto formativo del cittadino”; (art.2 comma 2 del DL76/2013) Che dico al mio imprenditore? Era così essenziale? Questa (e le altre) modificano l’apprendistato e lo rendono più fruibile? Il problema resta quello di cui abbiamo parlato già in molte occasioni, non è questa modalità di cambiare costantemente le norme che risolve i problemi. Speriamo a settembre che le ferie abbiano aiutato a pensare sui temi che questa riflessione raccoglie. Se si partecipa a convegni e seminari (come quelli che abbiamo fatto con l’Ancl da Ottobre 2012 a Maggio 2013 in tutta Italia) si sentono tanti operatori e colleghi esprimere un unico desiderio: norme chiare e incisive, scritte per aiutare chi opera e lotta nella vita concreta tutti i giorni. E su questo non posso non richiamare le parole del Presidente Nazionale scritte sull’ultimo numero della 1081: “In conclusione, continuiamo a comprendere solo e sempre la stessa cosa: che chi scrive le leggi, le scrive e basta, senza comprendere come si applicano. Per applicarle ci siamo noi Consulenti del Lavoro, che quel patrimonio individuale di conoscenze delle dinamiche aziendali ed esigenze delle imprese, lo arricchiamo quotidianamente del rapporto con le imprese stesse. Ma evidentemente, questo è una fatto marginale”. pag. 13 - Edizione del 1 agosto - n. 78 - XIII del 2013 FOCUS Un’incongruenza del sistema pensionistico scrive Livio Lodi Premessa “Conoscere a fondo i propri diritti e doveri nel campo previdenziale dovrebbe essere una condizione di tutta normalità. La previdenza ci segue durante la nostra via lavorativa e ci tutela, o meglio sarebbe dire dovrebbe tutelarci, nel momento in cui lasciamo l’attività. Dovremmo quindi avere tutto il tempo per capirne i meccanismi, per penetrarne i segreti, per sapere esattamente come comportarci. Perché non è così? Perché tante incertezze, tante domande che lavoratori e pensionati, sperando in una risposta, rivolgono non solo agli enti previdenziali ma a giornali, settimanali, rubriche radiofoniche e televisive? Si calcola che nel nostro paese venga pubblicata sulla “Gazzetta Ufficiale” una nuova legge in materia previdenziale in media ogni settimana; in totale circa 50 all’anno, tutte fitte di richiami a provvedimenti precedenti, redatte con quel linguaggio ermeneutico che si usa definire di “tecnica legislativa” ma che sembra fatto apposta per renderne incomprensibile il significato e per suscitare spesso anche per gli addetti ai lavori una serie di dubbi sull’esatta interpretazione.” Abbiamo iniziato il presente lavoro citando una frase del compianto dr. Roberto Urbani - già dirigente del Servizio stampa dell’INPS, poi nominato direttore generale dell’INAIL, e riconosciuto esperto in materia previdenziale - riportata nel suo libro “La tua pensione”, edito nell’anno 1986 dalla Mondadori, per mettere in risalto una caratteristica che è sempre stata (e lo è tuttora) significativa del sistema pensionistico italiano, vale a dire di essere un intricato labirinto normativoprocedurale da cui è assai arduo districarsi. Un ulteriore connotato che contraddistingue la specifica materia consiste nella riscontrata sussistenza di una pluralità di fondi pensione i quali, a motivo della loro poca comunicabilità intergestionale, arrecano non poche penalizzazioni agli iscritti: ciò costituisce, sia pure limitatamente ad uno specifico aspetto, l’oggetto del presente lavoro. Il motivo per cui ciò avviene è che assai frequentemente l’avvicendamento nell’occupazione, a cui deve sottoporsi una larga fetta dei lavoratori, il che implica anche il passaggio da una gestione previdenziale ad un’altra. Si verifica infatti che i prestatori d’opera, nel corso della propria vita lavorativa, cambino attività: può infatti accadere che passino da un esercizio libero-professionale, o comunque da un’attività di natura autonoma, ad un’altra di carattere subordinata e viceversa, come pure, nell’ambito del lavoro dipendente, da un datore di lavoro privato ad un altro che rivesta la qualificazione di Pubblica amministrazione. Tutto ciò può comportare (anzi la circostanza si verifica quasi sempre) considerevoli riflessi sul sottostante rapporto di assicurazione sociale il quale, come è noto, risente appunto in modo diretto delle specifiche modalità di svolgimento del rapporto di lavoro, nonché del settore economico nel quale viene inquadrata l’attività svolta ed infine della natura giuridica del datore di lavoro. In particolare, così come si parla di “giungla retributiva”, allo stesso tempo si deve constatare la sussistenza di una “giungla previdenziale”, la quale ultima, anzi, si manifesta alquanto più complessa se non addirittura maggiormente ingarbugliata di quella retributiva. Consapevole degli inconvenienti a cui andavano incontro i lavoratori, spesso contro la loro volontà, l’ordinamento previdenziale si è dovuto preoccupare di introdurre alcuni istituti previdenziali che li evitassero o che comunque ne riducessero l’entità degli effetti: in questa occasione ci limiteremo a commentare una prima soluzione adottata in sede legislativa ormai oltre mezzo secolo fa e che è rimasta operativa fino all’anno 2010, non prima però di aver operato alcuni richiami sulla classificazione tradizionale delle gestioni previdenziali, utilizzata frequentemente anche dal legislatore, in fondi esclusivi, sostitutivi ed integrativi dell’Assicurazione generale obbligatoria (A. G. O.). Le diverse tipologie di gestioni previdenziali Nel corso dei decenni successivi alla data di istituzione della prima assicurazione sociale che ha interessato la generalità dei lavoratori nel nostro Paese (come sappiamo, l’A. G. O., acronimo di “Assicurazione generale obbligatoria”, altrimenti denominata “Assicurazione comune”, ed ancora “Assicurazione collettrice”), che registra ormai quasi un secolo di vita (la sua data di nascita ascende infatti al lontano 1° luglio 1920), la specifica materia è stata sottoposta ad un processo di sedimentazione normativa che ha provocato la possibile coesistenza, in capo ad un medesimo soggetto, di una pluralità di gestioni assicurative. Inoltre, la triplice qualificazione attribuita alla pag. 14 - Edizione del 1 agosto - n. 78 - XIII del 2013 FOCUS suddetta forma di assicurazione sociale (giova ripeterlo, “generale”, “comune” e “collettrice”) ha fatto sorgere una contrapposizione dicotomica tra la medesima, da una parte, e le altre forme di previdenza, dall’altra parte, ancorchè introdotte prima o dopo l’A. G. O., tanto che le gestioni diverse dall’Assicurazione generale obbligatoria sono state qualificate come “Assicurazioni sociali alternative” (v., in chiave di prassi istituzionale, il punto 1 della circolare dell’INPS n. 142 del 5 novembre 2010). Ma vi è di più! La sussistenza di numerose casse di previdenza comporta anche l’erogazione di trattamenti pensionistici differenziati, come pure per ricondurre ad un unico comun denominatore i diversi spezzoni contributivi, si rende necessario ristorare le gestioni che erogano prestazioni di ammontare più elevato mediante il versamento della riserva matematica (ricongiunzione dei periodi contributivi), laddove invece, qualora il pluriassicurato non intendesse sostenere tale onere, la pensione sarebbe sì liquidata sulla base di tutta la contribuzione accreditata, ma il metodo di calcolo sarebbe notevolmente penalizzante a motivo dell’utilizzo del sistema contributivo in luogo di quello retributivo (totalizzazione dei periodi contributivi). Al riguardo vale altresì la pena di chiarire che, nonostante l’emanazione, nel corso degli anni novanta dello scorso secolo, di norme rivolte all’armonizzazione dei diversi Fondi pensione in direzione dell’Assicurazione generale obbligatoria, permangono, anche al momento in cui si scrive, notevoli differenziazioni tra di loro. Ciò su cui al momento preme porre l’accento è tuttavia la classificazione storico-sistematica delle forme di previdenza obbligatorie, tanto cara, come già accennato, al legislatore, il quale, ogni volta che emana una norma in materia previdenziale, non manca di fare ricorso, all’occorrenza, alla terminologia tradizionale secondo la quale i Fondi pensione, ovviamente quelli diversi dall’A. G. O., sono raggruppati in Fondi esclusivi, Fondi sostitutivi, Fondi esonerativi e Fondi integrativi della stessa Assicurazione generale obbligatoria. In relazione alla circoscritta indagine che si propone il presente lavoro, ci limiteremo a ricordare che i “Fondi esclusivi” dell’A. G. O. sono quelli amministrati dall’ormai ex INPDAP (ora confluito all’INPS) e riguardano i dipendenti delle Pubbliche amministrazioni (Stato, Regioni, Provincie, Comuni, Enti pubblici non territoriali, ecc.): alla data di istituzione dell’A. G. O. (come ormai sappiamo, il 1° luglio 1920) a detti soggetti l’Ente di appartenenza già assicurava un trattamento di previdenza, per di più maggiormente vantaggioso rispetto a quello che avrebbe erogato l’Assicurazione generale obbligatoria, per cui si ritenne opportuno “escluderli” dall’obbligo contributivo a favore della costituenda forma di previdenza (di qui appunto la denominazione di “Fondi esclusivi”). Risultano attualmente operativi i seguenti Fondi esclusivi: - la Gestione Separata dei Trattamenti Pensionistici ai dipendenti dello Stato (GSTPDS), altrimenti denominata, più brevemente, Cassa Trattamenti Pensionistici dello Stato (CTPS); - la Cassa per le pensioni ai dipendenti degli enti locali (CPDEL); - la Cassa pensioni degli insegnanti di asili nido e di scuole elementari parificate (CPI); - la Cassa per le pensioni ai sanitari (CPS), a cui erano, e lo sono tuttora, iscritti i medici chirurghi ed i veterinari dipendenti dello Stato, delle Province, dei Comuni e delle Istituzioni di pubblica assistenza e beneficenza (IPAB); - la Cassa per le pensioni agli ufficiali giudiziari (CPUG). I “Fondi sostitutivi” dell’A. G. O. sono invece quelli relativamente ai quali l’ordinamento previdenziale ha ritenuto di dover garantire un trattamento differenziato (anche in questo caso più favorevole) rispetto a quello fornito dall’A. G. O. La giustificazione di tale regime di favore trova fondamento sia nelle particolari caratteristiche del rapporto di lavoro, sia in relazione alla maggiore forza contrattuale che i prestatori d’opera potevano far valere comparativamente alle altre categorie: essi sono il Fondo elettrici, il Fondo dazio, il Fondo autoferrotranvieri, il Fondo volo, il Fondo telefonici, il Fondo per i dirigenti di aziende industriali, il Fondo per i lavoratori dello spettacolo (ex ENPALS), tutti amministrati dall’INPS, ed infine il Fondo per i giornalisti, gestito, quest’ultimo, dall’Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani (INPGI). Per effetto dei decreti di armonizzazione con l’Assicurazione generale obbligatoria, molti di essi continuano a mantenere la qualificazione di Fondi sostitutivi con riferimento alle sole anzianità contributive (e della corrispondente quota di pensione) fatte valere prima dell’entrata in vigore dei decreti medesimi. Vanno annoverati tra i fondi sostitutivi anche il Fondo dei dipendenti delle ferrovie dello Stato s. p. a. ed il Fondo di quiescenza per i dipendenti delle poste (gestito, quest’ultimo, dall’ex Istituto Postelegrafonici, IPOST), ed ora anch’essi amministrati dall’INPS. Il Fondo postelegrafonici, in particolare, sembrerebbe essere stato solo recentemente assimilato ai fondi sostitutivi dell’A. G. O., dopo cioè la c. d. “Riforma Monti/Fornero” (il decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214) laddove precedentemente si qualificava in modo inconte- pag. 15 - Edizione del 1 agosto - n. 78 - XIII del 2013 FOCUS stabile come un Fondo esclusivo. Il condizionale è d’obbligo in quanto, al punto 11. 5 della circolare dell’INPS n. 35 del 14 marzo 2012, l’Istituto previdenziale ha affermato, senza peraltro fornire motivazione alcuna, che “Nei confronti degli iscritti al Fondo di quiescenza delle Poste trovano applicazione le disposizioni di cui all’art. 24 del decreto legge n. 201 del 2011, convertito in legge n. 214 del 2011, relative alle gestioni sostitutive dell’AGO.” Ciò che suscita perplessità, a parte l’accennata mancanza di motivazione, è la circostanza che dal testo dell’art. 24, rubricato con il titolo di “Disposizioni in materia di trattamenti pensionistici”, non si rileva cenno alcuno di tale presunta assimilazione: staremo a vedere gli sviluppi che tale situazione potrà assumere in seguito, e specificatamente se sarà confermata la presa di posizione dell’INPS. La prima parziale soluzione: la legge 2 aprile 1958, n. 322 In via preliminare occorre precisare che l’argomento oggetto del presente lavoro riguarda unicamente i trasferimenti unidirezionali che andavano (spiegheremo in seguito l’utilizzo del tempo imperfetto) dai fondi esclusivi e sostitutivi dell’Assicurazione generale obbligatoria verso la medesima A. G. O, tralasciando di commentare le altre intricate situazioni parimenti sussistenti, ed in particolare quelle che si dirigono in senso opposto, vale a dire i trasferimenti dall’A. G. O. verso i Fondi esclusivi ed esonerativi. Prima dell’entrata in vigore del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122 (1° luglio 2010), la relazione che intercorreva tra l’Assicurazione generale obbligatoria e le altre due tipologie di Fondi pensioni era di natura (ci si lasci passare il termine) “morganatica”, vale a dire che l’Assicurazione generale obbligatoria era considerata (a ragione, occorre convenire) di rango inferiore rispetto ai Fondi esclusivi e sostitutivi, dal momento che l’A. G. O., non solo erogava prestazioni di entità meno elevata rispetto alle altre, ma prevedeva altresì che le condizioni per l’accesso ai trattamenti pensionistici fossero più severe. L’ovvia conseguenza sarebbe stata che in caso di eventuale trasferimento della contribuzione da un Fondo esclusivo o sostitutivo presso l’Assicurazione generale obbligatoria, non avrebbe dovuto conseguire alcun onere a carico del lavoratore interessato all’operazione. Occorre anche mettere in evidenza che la norma in epigrafe sarebbe stata operativa unicamente in ipotesi di cessazione dal servizio dei lavoratori dipendenti iscritti presso i suddetti fondi senza che ciò avesse comportato l’insorgenza del diritto a pensione. Recitava infatti l’articolo unico della legge 2 aprile 1958, n. 322, come modificato dall’art. 52, della legge 30 aprile 1969, n. 153, ed ora abrogato dall’art. 12, comma 12-undecies, dell’appena citata legge 30 luglio 2010, n. 122, che “In favore dei lavoratori iscritti a forme obbligatorie di previdenza sostitutive della assicurazione per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti o ad altri trattamenti di previdenza che abbiano dato titolo all’esclusione da detta assicurazione, deve essere provveduto, quando viene a cessare il rapporto di lavoro che aveva dato luogo alla iscrizione alle suddette forme o trattamenti di previdenza senza il diritto a pensione, alla costituzione, per il corrispondente periodo di iscrizione, della posizione assicurativa nell’assicurazione obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti, mediante versamento dei contributi determinati secondo le norme della predetta assicurazione. L’importo di tali contributi è portato in detrazione, fino a concorrenza del suo ammontare, dell’eventuale trattamento in luogo di pensione spettante all’avente diritto. Tali norme sono valide anche per il personale cessato dal servizio prima del 30 aprile 1958. Qualora gli iscritti a dette forme obbligatorie di previdenza abbiano ottenuto una liquidazione in luogo di pensione per il corrispondente periodo di iscrizione, possono chiedere all’Istituto nazionale della previdenza sociale la costituzione della posizione assicurativa, mediante il versamento dei contributi alle stesse condizioni a cui li avrebbero versati le gestioni previdenziali in applicazione della presente legge.” La scelta dell’Assicurazione generale obbligatoria come gestione collettrice trovava giustificazione nel fatto che al regime generale era iscritto (e per la verità lo è tuttora) circa il 60-70 per cento dei lavoratori operanti in Italia e che di conseguenza maggiore sarebbe stata la possibilità che l’interessato, qualora si fosse rioccupato, avrebbe potuto essere assicurato presso l’A. G. O., con l’ulteriore conseguenza che sarebbe stato più facile la riunione dei nuovi spezzoni contributivi ai precedenti. La legge n. 322, se pure, come si è già avuto modo di sottolineare, rappresentò un considerevole passo in avanti, lasciò tuttavia scoperte molte altre situazioni, la più eclatante delle quali era il passaggio inverso, vale a dire quello dell’occupazione da una azienda privata ad un’altra del settore pubblico. L’operazione di trasferimento dei contributi presso l’A. G. O. era dunque del tutto gratuita e poteva avvenire, come già accennato, al verificarsi di due presupposti fondamentali, e cioè che fosse cessato il rapporto di lavoro e che alla data di detta cessazione non fosse maturato il diritto alla pag. 16 - Edizione del 1 agosto - n. 78 - XIII del 2013 FOCUS pensione. Qualora invece l’assicurato avesse già conseguito il requisito contributivo minimo per il diritto alla prestazione, la stessa sarebbe poi stata concessa alla data del verificarsi delle altre condizioni previste dall’ordinamento (per esempio, con riferimento alla pensione di vecchiaia, quello dell’età anagrafica all’uopo stabilita). Detti soggetti rimanevano pertanto “vincolati”, ai fini dell’erogazione dei futuri trattamenti pensionistici, alla gestione di appartenenza originaria, senza avere la possibilità di assemblare la propria contribuzione presso un unico fondo di previdenza: qualora infatti avessero posto in essere una ulteriore attività lavorativa comportante l’iscrizione ad un Fondo diverso dal precedente avrebbero dovuto conseguire i requisiti contributivi minimi anche presso tale ultima gestione. Diversamente, l’ulteriore contribuzione versata sarebbe andata perduta, con l’unica eccezione di quella affluita nell’A. G. O., la quale, a mente dell’art. 5 della legge 12 agosto 1962, n. 1338, avrebbe dato luogo al riconoscimento della pensione supplementare. Ma gli inconvenienti non finivano qui! Il trasferimento presso l’Assicurazione generale obbligatoria avrebbe comportato tre ordini di penalizzazioni, la prima delle quali consisteva, tanto per fare un esempio, nella perdita dei cc. dd. “anni di scivolo”: è noto infatti che per alcune professioni (militari, forze di polizia, vigili del fuoco, guardie carcerarie, carabinieri, guardia di finanza, ecc.), in considerazione del particolare logorio psico-fisico e sensoriale a cui le relative mansioni li sottopongono, la contribuzione relativa al servizio effettivo viene maggiorata di un coefficiente che varia a seconda tipologia dell’attività svolta (cc. dd. “aumenti del computo dei servizi”). La seconda, sempre per il motivo appena accennato, si manifestava nella perdita del requisito minimo anagrafico per il diritto alla pensione di vecchiaia, limite che era (e ad onor del vero lo è tuttora) notevolmente più basso rispetto a quello previsto per la generalità degli altri lavoratori. La terza riguardava il sistema di liquidazione del trattamento pensionistico: sempre per rimanere nell’esempio, ai dipendenti statali la base pensionabile è di natura c. d. “tabellare”, costituita cioè dall’ultimo stipendio o dall’ultima paga o retribuzione e dagli assegni o indennità percepiti al momento della cessazione dal sevizio, aumentata, con riferimento alle anzianità fatte valere fino al 31 dicembre 1992, del 18 per cento del loro ammontare: ciò comporta indubbiamente il riconoscimento di un surplus dell’importo della pensione. Altri esempi potrebbero essere fatti avuto riguardo alla generalità degli altri fondi sostitutivi dell’Assicurazione generale obbligatoria, esempi che, per motivi di spazio, eviteremo di percorrere. Questo spiega perché, pur essendo la forma più economica (era, come già detto, gratuita), il trasferimento dei contributi presso l’A. G. O. è stata la meno richiesta dagli assicurati, attesi i minori vantaggi che la pensione a carico di detta gestione previdenziale offre rispetto alle prestazioni erogate dalle forme assicurative esclusive ed esonerative della stessa Assicurazione generale obbligatoria. Con il sistema di cui alla legge 2 aprile 1958, n. 322, tali prerogative, peraltro sacrosante, se non altro anche a motivo del fatto che gli importi dei contributi versati sono di ammontare maggiore rispetto alla stessa Assicurazione generale obbligatoria, venivano dunque perduti. La legge 7 febbraio 1979, n. 29, rubricata con il titolo di “Ricongiunzione dei periodi assicurativi dei lavoratori ai fini previdenziali”, aveva esteso (art. 1, comma 1) tale istituto previdenziale alla generalità degli assicurati, per cui anche coloro che avessero conseguito il diritto ad una pensione autonoma a carico di un Fondo esclusivo od esonerativo dell’Assicurazione generale obbligatoria al momento della cessazione dal servizio avrebbero potuto, a domanda ed alternativamente, o trasferire, sempre a titolo gratuito, presso l’A. G. O. la contribuzione fatta valere presso i fondi esclusivi e sostitutivi della medesima, ovvero ricongiungere, quasi sempre a titolo oneroso, presso questi ultimi, la contribuzione accreditata nell’Assicurazione generale obbligatoria. La situazione dicotomica appena illustrata è rimasta operativa fino alla più sopra citata data del 1° luglio 2010, allorquando la legge 30 luglio 2010, n. 122, ha introdotto, lo vedremo a breve, l’istituto previdenziale della ricongiunzione a titolo oneroso dei periodi assicurativi ex legge n. 29 anche per la fattispecie precedentemente tutelata, a titolo gratuito, dalla legge 2 aprile 1958, n. 322, come integrato dall’art. 1, comma 1, della legge 7 febbraio 1979, n. 29. L’ulteriore penalizzazione introdotta dalla legge 30 luglio 2010, n. 122 Il sistema delle penalizzazioni non finisce purtroppo qui! Come accennato nel paragrafo precedente, l’art. 12, comma 12-undecies, del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, ha abrogato la legge n. 322: in sua vece il comma 12-septies dello stesso articolo ha previsto che l’utilizzo della contribuzione fatta valere nei fondi sostitutivi ed esclusivi dell’A. G. O. sarebbe stata possibile unicamente con lo strumento della ricongiunzione, con l’ulteriore aggravante della soppressione della prerogativa della gratuità. Recita infatti il suddetto comma che “A decorrere pag. 17 - Edizione del 1 agosto - n. 78 - XIII del 2013 FOCUS dal 1° luglio 2010 alle ricongiunzioni di cui all’articolo 1, primo comma, della legge 7 febbraio 1979, n. 29, si applicano le disposizioni di cui all’articolo 2, commi terzo, quarto e quinto della medesima legge. L’onere da porre a carico dei richiedenti è determinato in base ai criteri fissati dall’articolo 2, commi da 3 a 5, del decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 184.” La legge 30 luglio 2010, n. 122, ha dunque inferto un colpo durissimo agli assicurati dei fondi esclusivi ed esonerativi dell’A. G. O. i quali devono ora sostenere anche l’onere della riserva matematica sulla quale è imperniato l’istituto previdenziale della ricongiunzione. In particolare fa carico al richiedente il 50 per cento dell’importo della riserva matematica detratti i contributi trasferiti dal fondo esclusivo e/o sostitutivo maggiorati dell’interesse composto annuo del 4,50 per cento. La circostanza non è di poco conto, dal momento che il costo sotteso alla riserva matematica è direttamente proporzionale, insieme ad altri elementi (il sesso dell’assicurato, la retribuzione percepita al momento della domanda, l’entità del vantaggio che sul piano pensionistico i contributi trasferiti fanno realizzare nella nuova gestione), all’età anagrafica del richiedente: se a ciò si aggiunge che detta leva viene posta in essere all’indomani dell’avvenuto accumulo, in capo al soggetto interessato, di un considerevole numero di anni di copertura assicurativa (e di conseguenza in età anagrafica avanzata), si comprende come coloro che abbiano interesse ad utilizzarla dovranno sopportare una spesa di considerevole entità che si giustifica solo in situazioni del tutto eccezionali, circostanza che precedentemente all’entrata in vigore della legge 30 luglio 2010, n. 122, invece non si verificava. A mero titolo di esempio, la convenienza a ricongiungere i periodi di assicurazione ex lege n. 29, nonostante gli inconvenienti appena elencati, si potrebbe registrare allorchè i contributi da trasferire presso l’Assicurazione generale obbligatoria fossero necessari per il conseguimento del diritto alla pensione calcolata secondo il metodo retributivo, che richiede il possesso di almeno diciotto anni di contribuzioni che si collochino temporalmente prima del 31 dicembre 1995 e che, come molti sapranno, è nettamente più favorevole rispetto a quello contributivo. Ulteriori elementi di valutazione dovranno essere esaminati, come di consueto, caso per caso. Considerazioni conclusive L’emanazione della legge 30 luglio 2010, n. 122, rientrerebbe nell’inderogabile necessità di ridimensionare il “Welfare State”, che caratterizzerebbe la nostra epoca, almeno a dire delle forze politiche che hanno governato il nostro Paese da alcuni decenni (circostanza che chi scrive condivide in minima parte). Non si può comunque fare a meno, nel caso in esame, di effettuare una critica durissima nei confronti di coloro che hanno posto in essere un provvedimento tanto penalizzante, che per giunta, lo si è appena evidenziato, colpisce soggetti già altrimenti danneggiati. Si può anche condividere la necessità di realizzare delle economie nel sistema della previdenza sociale: pur tuttavia ciò deve (o per lo meno, dovrebbe) avvenire nei confronti di coloro che hanno dei privilegi ingiustificati sul piano etico-morale e non già relativamente a chi è già stato (e non poco, aggiungeremmo noi) penalizzato. L’auspicio è ovviamente che chi di competenza ritorni sul piano normativo, sulla spinosa questione e ripristini almeno la situazione preesistente alla legge n. 122 che, ancorchè presenti gli inconvenienti precedentemente accennati, eviti se non altro il costo della ricongiunzione. pag. 18 - Edizione del 1 agosto - n. 78 - XIII del 2013 FOCUS I nuovi parametri e la forza delle idee scrive Luca De Compadri Il provvedimento di approvazione dei parametri rappresenta un importante ed ulteriore riconoscimento del ruolo del Consulente del lavoro nel panorama ordinistico italiano nonché nella capacità di assistenza globale del contribuente nello svolgimento degli adempimenti necessari per il regolare funzionamento della Pubblica Amministrazione. In tale Decreto Ministeriale (n. 46 del 21 febbraio 2013) infatti, viene legislativamente definita in senso positivo la competenza del Consulente del lavoro in materia fiscale e tributaria. Infatti: -nell’art. 2 (“Tipologia di attività”), il quale delimita l’ambito delle competenze professionali del Consulente del lavoro, alla lettera f) vengono inseriti: il contenzioso fiscale, le dichiarazioni e le prestazioni amministrative, contabili e fiscalitributarie; -nell’art. 3 (“Definizioni”), il quale specifica ulteriormente il senso degli adempimenti attribuibili al Consulente del lavoro, alla lettera f) viene stabilito che per «consulenza e rappresentanza tributaria» ha da intendersi: “la consulenza in qualsiasi materia tributaria e l’intervento personale, quale mandatario del cliente, presso gli uffici tributari, le commissioni tributarie e in qualunque altra sede anche in relazione alle verifiche fiscali, nonché ogni adempimento amministrativo contabile e dichiarativo”. L’art. 12, rubricato “Contenzioso fiscale, operazioni societarie, dichiarazioni e prestazioni amministrative, contabili, fiscali-tributarie e formazione del bilancio”, stabilisce che il compenso per il contenzioso fiscale, operazioni societarie, dichiarazioni e prestazioni amministrative, contabili, fiscali-tributarie e formazione del bilancio e’ liquidato utilizzando i parametri nella misura indicata, al Capo III sezione prima in rubrica, Disposizioni concernenti Dottori Commercialisti ed Esperti contabili, del decreto del Ministro della giustizia n. 140 del 20 luglio 2012 e successive modificazioni. Orbene, tale decreto è immediatamente applicabile ad ogni tipo di controversia, insorta tra il Consulente del lavoro ed un suo cliente, avente ad oggetto la liquidazione dei compensi del Con- sulente del lavoro stesso. Ma ciò che preme sottolineare è il fatto che la materia fiscale e tributaria, come testé descritta, appartiene alla competenza del Consulente del lavoro. Ne deriva che la tesi secondo cui il contratto, stipulato tra il Consulente del lavoro ed un cliente per lo svolgimento delle attività contabili e fiscali come su delineate, sarebbe affetto da nullità, rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado, risulta in realtà in contrasto con il dettato normativo. Peraltro, l’articolato in esame viene a sostituire l’ambito applicativo (seppure nel contesto giudiziario) prima appartenuto alle abrogate Tariffe professionali, senza intervenire, però, nella rimodulazione degli ambiti di competenze professionali dei singoli Ordini. Ciò significa che nel D.M. 21 febbraio 2013 n. 46, in una interpretazione autentica, seppure atipica, si prende inequivocabilmente atto che da sempre quelle materie specifiche appartengono alla competenza del Consulente del lavoro. Non va scordato che il decreto ministeriale ha forza di legge e che nel sistema delle fonti del diritto può rivestire il carattere di fonte normativa secondaria, laddove ponga un regolamento. Ebbene, nel caso di specie è stato posto un Regolamento (!), il quale viene emanato in conseguenza di quanto disposto dall’art. 9, comma 2, primo periodo, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni,legge 24 marzo 2012, n. 27, che prevede “nel caso di liquidazione da parte di un organo giurisdizionale, il compenso del professionista”, appartenente alle professioni regolamentate nel sistema ordinistico, “è determinato con riferimento a parametri stabiliti con decreto del Ministro vigilante”. Credo, quindi, che debba essere riconosciuto al Consiglio Nazionale ed in particolare al Presidente Marina Calderone il grande merito di avere saputo intervenire con efficacia politica e competenza giuridica nella “vexata quaestio” in esame, la cui risoluzione positiva per il Consulente del lavoro consolida in via definitiva la centralità del nostro Ordine professionale “nel sistema-Paese”. Su questa strada è necessario proseguire, impegnandoci tutti a sostenere lealmente l’azione del Consiglio Nazionale e della nostra Presidente, volta a ridefinire le nostre regole interne alla luce delle nuove competenze fin qui acquisite e di quelle che, ne sono certo, arriveranno in futuro. pag. 19 - Edizione del 1 agosto - n. 78 - XIII del 2013 FOCUS Spettacolo e contratto a termine Occasione mancata scrive Giuseppe De Biase Con il D. L. 76/2013 si è nuovamente intervenuti sulla disciplina del contratto a termine, ridisegnando ancora una volta il D.Lgs 368/2001. Ogni nuovo governo aggiunge, modifica, stralcia articoli con l’intento di migliorare la disciplina del contratto a termine e di renderlo sulla carta più adattabile al nuovo mercato del lavoro e alla flessibilità richiesta dallo stesso. Ma ogni governo fino ad oggi, sembra essersi dimenticato del mondo dello spettacolo, della sua peculiarità, della necessità di rivedere la legislazione sociale dello spettacolo ferma ad un Dlgs CPS del 1947, tanto da ritenere il settore dello spettacolo marginale e non degno di attenzione. Quindi si continua a parlare di interventi sul contratto a termine, su come effettuare nuove modifiche in vista dell’Expo 2015, dimenticando che tale tipologia di contratto è la tipologia prevista dalla Legge oltre ad esser la più adatta, per scritturare i lavoratori dello spettacolo del primo gruppo di cui all’art. 3 del DCPS 708/47. Il legislatore del 1962 è stato sicuramente più lungimirante nel prevedere una eccezione al divieto generale di assunzione a tempo determinato per il settore dello spettacolo (Legge 230/1962). Tale eccezione è stata soppressa dal D.Lgs 368/2001, ritenendo che i lavoratori dello spettacolo appartenenti al primo gruppo attori, cantanti, orchestrali...fossero gestibili come un operaio metalmeccanico o un salumiere, con l’unica differenza che l’evento spettacolo è per sua natura sporadico e limitato nel tempo. Il mondo dello spettacolo è fatto da tante piccole realtà imprenditoriali che si affannano per promuovere eventi o singoli spettacoli anche con fini culturali, che non conoscono a priori le possibili richieste per dar vita al singolo spettacolo né quando si realizzerà e che quindi si ritrovano a dover fare i conti con una legislazione del contratto a termine che minac- cia di veder trasformato il rapporto di lavoro a termine instaurato per esempio con un attore, se dopo alcuni giorni e non dopo 10 giorni di pausa (60 giorni per la Fornero), si presentasse l’opportunità di dare vita ad una nuova replica dello spettacolo. Vi immaginereste un attore che in una commedia ricopre il ruolo di Don Chisciotte, il cui rapporto di lavoro fosse trasformato per quanto sopra a tempo indeterminato? Sarebbe condannato a fare il Don Chisciotte a vita. Il legislatore sembra non ricordare la peculiarità e la caratteristica della previdenza ex Enpals di detti lavoratori per cui necessitano 120 giornate lavorative per l’accredito di un anno , e delle modalità di pagamento della contribuzione per singole giornate lavorate. Il paradosso è che negli ultimi anni esponenti degli schieramenti più vari hanno presentato delle proposte di Legge di rivisitazione del Dlgs 368/2001 che escludeva i lavoratori dello spettacolo dalla applicazione di quelle disposizioni incoerenti rispetto alla tipologia di detto settore. Posso citare il progetto di Legge del 31/07/2012 presentato all’indomani della Legge Fornero in maniera bi-partisan dai senatori Ichino, Treu, Castro, Serra Germontani e altri ancora. Il progetto di Legge che va nella stessa direzione, presentato nell’ordine del giorno del Senato n. G/3249/3/11 al DDL. nr. 3249 dai senatori Vita, De Luca, Ghedini, Nerozzi e altri ancora. E allora cosa si aspetta a fare piccole modifiche che diano certezza e applicabilità del contratto a termine alle aziende dello spettacolo? Basterebbe rendere non applicabile per il mondo dello spettacolo il comma 4 e 5 dell’art. 5 Dlgs. 368/2001 (divieto di stipulare non prima di 10 giorni un altro contratto a termine). Basta Poco. E poi l’Expo 2015 è un evento si importante ma passeggero, le realtà imprenditoriali dello spettacolo sono realtà già esistenti e che rimarranno anche dopo il 2015. pag. 20 - Edizione del 1 agosto - n. 78 - XIII del 2013 FOCUS Unico 2013: le principali anomalie da studi di settore scrive Celeste Vivenzi Il software GERICO 2013 effettua un controllo derivante dall’insieme di diversi indici: 1) congruità dei ricavi dichiarati; 2) INE ovvero indici di normalità economica; 3) indici di coerenza economica; 4) correttivi anti-crisi; 5) correttivi non legati alla crisi. TABELLA INDICI INE A COSA SERVONO GLI INE ELENCO DEI PRINCIPALI INE Incidono sulla congruità del contribuente; barrando la casella contenuta nel sofware gerico possono essere disapplicati e modificati in via autonoma dal contribuente. Ammortamento / valore storico Beni strumentali; Canoni leasing/valore storico; leasing; durata delle scorte; incidenza costo venduto sui ricavi; incidenza dei costi residui sui ricavi; rendimento orario; percorrenza giornaliera taxi; consumo carburante taxi; costo al litro carburante per autotrasportatori; resa consumi energia elettrica; un nuovo INE è rappresentato dall’assenza di valore dei beni strumentali con lo scopo di incrociare i dati indicati nella parte contabile dello studio; molto importante per i professionisti è il rendimento orario che misura il valore aggiunto prodotto. TABELLA INDICI DI COERENZA Secondo quanto dettato dalla nota tecnica e metodologica gli indicatori di coerenza economica basati su anomalie sono i seguenti: a) incoerenza nel valore delle rimanenze finali e/o delle esistenze iniziali relative ad opere, forniture e servizi di durata ultra-annuale; b) valore negativo del costo del venduto, comprensivo del costo per la produzione di servizi; c) valore negativo del costo del venduto, relativo a prodotti soggetti ad aggio o ricavo fisso; d) valore del costo del venduto, relativo a prodotti soggetti ad aggio o ricavo fisso, superiore al valore dei corrispondenti ricavi; e) presenza anomala di costi o ricavi relativi a prodotti soggetti ad aggio o ricavo fisso; pag. 21 - Edizione del 1 agosto - n. 78 - XIII del 2013 FOCUS f) mancata dichiarazione delle spese per beni mobili acquisiti in dipendenza di contratti di locazione non finanziaria in presenza del relativo valore dei beni strumentali; g) mancata dichiarazione delle spese per beni mobili acquisiti in dipendenza di contratti di locazione finanziaria in presenza del relativo valore dei beni strumentali; h) mancata dichiarazione del valore dei beni strumentali in presenza dei relativi ammortamenti; i) mancata dichiarazione del numero e/o della percentuale di lavoro prestato dagli associati in partecipazione, in presenza di utili spettanti agli associati in partecipazione con apporti di solo lavoro: l) margine per addetto non dipendente: ovvero capacità dell’impresa di remunerare il lavoro non dipendente; m) resa del capitale rispetto al valore aggiunto: misura il valore creato dall’uso dei beni strumentali; n) vi sono poi indici specifici per alcune categorie (ad esempio resa chilometrica per le attività di noleggio, numero dei pasti per le attività di mensa, ricavo medio per pratica per le attività di pratiche automobilistiche ecc.) TABELLA CORRETTIVI ANTICRISI – NUOVO QUADRO T CORRETTIVO DURATA DELLE SCORTE CORRETTIVI PER LA CRISI SPECIFICI CORRETTIVI CONGIUNTURALI DI SETTORE CORRETTIVI CONGIUNTURALI INDIVIDUALI INDICAZIONE DATI CONTABILI ANNI 2010 E 2011 Tiene conto dell’eventuale aumento delle rimanenze a causa della crisi; tiene conto della riduzione dei ricavi 2012 per la crisi e delle rimanenze iniziali. Si tratta: costo carburante, credito per caro petrolio, familiare che svolge attività esclusiva di segreteria. Tiene conto delle riduzioni delle tariffe per le seguenti attività professionali: biologi, notai, consulenti e commercialisti, ingegneri e architetti, geometri, agronomi e agrotecnici. Tengono conto del possibile incasso ritardato dei compensi professionali che il professionista ha avuto come incarico. Se lo studio non è stato presentato ad esempio per il 2010 in quanto l’attività era esclusa occorre indicare i costi e i ricavi come se lo studio fosse stato presentato; se invece nel periodo oggetto di indicazione non sono stati conseguiti ricavi, non è possibile beneficiare dei correttivi. TABELLA DEI CORRETTIVI NON LEGATI ALLA CRISI SPESE PER APPRENDISTI - Quadro x Tale spesa non viene presa in considerazione per il valore contabile indicato ma per il minore importo calcolato dal correttivo (il software Gerico contiene una funzionalità utile al calcolo). La riduzione tiene conto della durata del contratto di apprendistato e del tempo di apprendistato effettuato. Utile compilare il rigo in maniera corretta per usufruire della agevolazione. pag. 22 - Edizione del 1 agosto - n. 78 - XIII del 2013 FOCUS QUOTA PER AFFITTO LOCALI Quadro x Valore dei beni strumentali ANZIANITA’ PROFESSIONALE Indicare le spese sostenute per la locazione, corrisposte per l’utilizzo di strutture polifunzionali; anche in questo caso il software Gerico applica un correttivo ai fini del calcolo riducendo le spese. Alcuni studi prevedono l’indicazione del valore beni strumentali secondo il periodo di possesso (es. nei primi 5 anni, oltre i 5 anni ecc.): il software provvede anche in questo caso al calcolo del valore corretto secondo le indicazioni fornite. Per i professionisti viene chiesta l’indicazione dell’anzianità professionale. Tale dato incide sul calcolo causando una sorta di crescita dei ricavi per un certo periodo ovvero una stabilizzazione o decrescita per altri periodi. LE COMUNICAZIONI DI ANOMALIE DA STUDI DI SETTORE E I RIFLESSI SUL MODELLO UNICO 2013 L’Agenzia delle Entrate sta inviando ai Contribuenti le Comunicazioni di anomalia riscontrate nei modelli studi di settore inviati per i periodi d’imposta 2010 e 2011. La comunicazione può essere inviata sia al Contribuente e sia all’intermediario fiscale se vi è la presupposizione che tali anomalie dipendano da ipotetici errori nella trasmissione telematica della dichiarazione. Tali soggetti dovranno poi rispondere alle richieste attraverso l’apposito software messo a disposizione denominato “Comunicazioni anomalie”. La richiesta di chiarificazione da parte dell’Amministrazione è sorretta dalla convinzione che spesso si ricorre all’indicazione infedele ovvero alla omissione dei dati con lo scopo di ridurre i ricavi richiesti da Gerico; l’Agenzia raccomanda di adottare comportamenti più consoni nella compilazione del modello UNICO 2013 onde evitare l’inserimento dei contribuenti in liste da sottoporre a controllo. TABELLA DELLE ANOMALIE COMUNICATE E POSSIBILI GIUSTIFICAZIONI AGLI SCOSTAMENTI Incoerenza rimanenze finali 2010 e rimanenze iniziali 2011 Gestione del magazzino In effetti le rimanenze finali di un esercizio devono coincidere con quelle iniziali del prossimo esercizio; in questo caso siamo in presenza di un errore materiale. Comprendono gli indici della durata delle scorte magari troppo alte rispetto al settore di appartenenza; la comunicazione di anomalia prevede la compilazione di un prospetto riepilogativo delle rimanenze per chiarire la situazione oggetto di richiesta. Il dato potrebbe significare rimanenze gonfiate appositamente dal contribuente. Diverso è il caso del contribuente che a fine anno si è approvvigionato volontariamente per sfruttare prezzi vantaggiosi (in questo caso sarà sua cura spiegare il tutto all’Agenzia). pag. 23 - Edizione del 1 agosto - n. 78 - XIII del 2013 FOCUS Mancata indicazione valore beni strumentali e delle quote di ammortamento Anche in questo caso l’indicazione delle quote di ammortamento rende necessaria l’indicazione del valore dei beni strumentali; anche in questo caso siamo in presenza di errore materiale. Incidenza dei costi residuali rispetto ai ricavi Il contribuente potrebbe giustificare tali costi dichiarati ad esempio con le deduzioni forfettarie degli autotrasportatori, con deduzioni IRAP 10% e sul valore del costo del personale. Indicazione di soci con percentuali lavorative infe- È utile verificare se i soci svolgono anche altre riori al 50% in assenza di altri addetti e di giorna- attività lavorative. te di apertura superiori a 300 Non corretta indicazione del numero dei soci e Verificare l’assenza per malattia e lo svolgimento associati , non corretta indicazione delle ore di di altre attività che rendono possibile l’effettuaattività prestate e delle settimane di lavoro zione di minori ore lavorate. Presenza per un triennio della causa di esclusione da studi di settore n.7- altre situazioni di non normale svolgimento dell’attività Verificare se la causa presenta anomalie o se corrisponde al vero. Altri indici di anomalia Presenza valore negativo del costo del venduto; codice attività non congruo con i dati strutturali indicati nel modello. pag. 24 - Edizione del 1 agosto - n. 78 - XIII del 2013 quesiti a cura di Paola Diana Onder Coordinatrice Centro Studi Nazionale Ancl F24, come compilarlo nel caso in cui un’azienda prenda in carico debiti e crediti di un’altra che ha cessato attività? quesito L’azienda “A” ha cessato l’attività in data 31/12/2012- DAL 01/01/2013, i dipendenti sono stati incorporati dall’azienda “B” peraltro già esistente nel 2012. Il conguaglio fiscale, libro unico e DM sono a carico dell’azienda “A” ma il mod F24 verrà pagato dall’azienda “B” (avendo preso in carico sia i debiti che i crediti dell’azienda “A”). Come deve essere compilato il modello F24 nella sezione contribuente? (Azienda “A” o “B”) deve essere indicato il codice fiscale del coobbligato? Risposta Esperto: Cristiana Michieli Dal tenore del quesito sembra di poter comprendere che si tratti di un’operazione societaria straordinaria con estinzione del sostituto d’imposta. Come previsto dall’attuale normativa in tali fattispecie il soggetto che succede nei precedenti rapporti è tenuto ad effettuare ogni adempimento, compresa dichiarazione dei sostituti d’imposta che deve essere comprensiva anche dei dati relativi al periodo dell’anno in cui il soggetto estinto ha operato. Questo implica che il modello F24 relativo all’ultimo versamento dovrà essere intestato al soggetto che succede nei rapporti. Ovviamente la matricola inps sarà quella del soggetto estinto. In sede di dichiarazione andranno inserite tutte quelle informazioni richieste per le operazioni societarie straordinarie. pag. 25 - Edizione del 1 agosto - n. 78 - XIII del 2013 quesiti è possibile attivare un tirocinio in una ditta che ha già apprendisti assunti? quesito Vorrei conoscere il vostro parere circa la possibilità di instaurare un tirocinio in una Ditta che ha alle proprie dipendenze solo n. 3 apprendisti assunti successivamente al 04/2012 ai sensi del Testo Unico 167/11 e quindi considerati a tutti gli effetti contratti a tempo indeterminato. Soluzione proposta. Essendo contratti a tempo indeterminato a tutti gli effetti si propende per una risposta affermativa; l’unico dubbio è la parte formativa dei contratti a tempo indeterminato che non si conciliano con il tirocinio. Risposta Esperto: Renzo La Costa Pur se la scelta del legislatore di consentire la facoltà di recesso anche da parte datoriale al termine della formazione , può far dubitare della tipologia indeterminata del rapporto di apprendistato, l’art. 1 del dlgs 167/2011 stabilisce che la detta tipologia contrattuale è – a tutti gli effetti – un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.In applicazione alle nuove modalità operative come introdotte dalla legge 92/2012 ed in ossequio alle linee guida deliberate dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano in data 24 gennaio 2013, può attivarsi il numero massimo di un tirocinio nelle unità operative con non più di cinque dipendenti a tempo indeterminato.Si concorda quindi sulla legittima possibilità di attivare il tirocinio in presenza di 3 lavoratori apprendisti, avendo cura – ovviamente – di individuare nella persona del titolare il tutor previsto dalla normativa, in quanto responsabile dell’attuazione del piano formativo e dell’inserimento e affiancamento del tirocinante sul luogo di lavoro per tutto il periodo previsto dal progetto formativo.Né nella richiamata legge 92/2012 né nelle linee guida da ultimo adottate, risulta peraltro alcun espresso divieto applicabile al caso esposto nel quesito. pag. 26 - Edizione del 1 agosto - n. 78 - XIII del 2013 quesiti Subentro di una cooperativa in appalto pubblico, c’è l’obbligo di acquisire tutto il personale? quesito Premesso che: a) una Cooperativa sociale deve subentrare ad un’altra nell’appalto del servizio sociale di assistenza domiciliare agli anziani del Comune; b) entrambe le Cooperative, sia cedente che subentrante, applicano il CCNL delle Cooperative Sociali e pertanto sono obbligate al rispetto dell’art. 37; c) la Cooperativa sociale cessante ha svolto il servizio oggetto dell’appalto dal 1.02.2012 al 30.11.2012 con personale inquadrato con Co.Co.PRO fino al 30.11 e dal 1.11.2012 al 30.11.2012 (data fine appalto) lo ha trasformato in lavoro dipendente. Tutto ciò premesso, vorrei sapere se: 1) la Cooperativa sociale subentrante ha comunque l’obbligo di acquisire tutto il personale nonostante sia stato trasformato in subordinato solo in prossimità della cessazione del servizio e addirittura di alcune figure (assistenti sociali) ne ha già in organico più d’uno anche come soci; 2) la Cooperativa subentrante ha l’obbligo di acquisire una lavoratrice che dovrebbe svolgere le mansioni di COORDINATRICE ma ha il titolo di Educatrice sociale e non di Assistente sociale, come richiede il nuovo appalto. Soluzione proposta. L’intenzione della Cooperativa subentrante è quella di rinunciare solo alle uniche 2 figure con professionalità elevata (liv. D2) perchè ha già in organico tali soggetti e tra l’altro fra i soci stessi, mentre acquisirà sicuramente le rimanenti 16 addette al servizio quali operatrici. Il mio dubbio, in merito all’assunzione delle 2 figure, è riposto esclusivamente sulla interpretazione delle lettere B e D dell’art. 37 del CCNL (...nel caso in cui siano rimaste invariate le prestazioni richieste...) delle Coop. Sociali in quanto i due appalti hanno delle diversità fra loro e cioè: a) le prestazioni richieste sono variate in quanto prima si richiedeva l’assistenza oltre che agli anziani anche ai portatori di handicap e alle loro famiglie, mentre con il nuovo appalto il servizio è rivolto esclusivamente agli anziani; b) in merito al personale, prima non vi era alcun obbligo di inquadramento mentre nel nuovo servizio vi è l’obbligo di inquadramento secondo il vigente CCNL; c) nel precedente servizio non era richiesta alcuna figura D2 mentre adesso vengono richieste esclusivamente 2 assistenti sociali di cui 1 quale coordinatrice; d) sono variati sia la durata dell’appalto che l’importo. Risposta Esperto: Paola Maschietto Sotto la spinta dell’esperienza comunitaria, normativa e giurisprudenziale, il mutamento della titolarità dell’appalto di servizi è stato sempre più letto dal legislatore come un processo speciale, composito, concertativo, funzionale a rendere compatibili le diverse esigenze: non solo quelle dell’azienda, ma anche quelle dei lavoratori coinvolti. 1) La cooperativa è tenuta ad applicare ai lavoratori in forza il trattamento economico e normativo previsto dai contratti collettivi di lavoro, nazionali, territoriali ed aziendali vigenti all’atto del trasferimento dell’appalto. Tale previsione è finalizzata a tutelare i lavoratori garantendo loro la protezione offerta dalla contrattazione collettiva che regolava il loro rapporto, soprattutto nel caso in cui la cooperativa subentrante non applichi alcun contratto collettivo. Gli accordi in essere possono essere sostituiti da altri contratti collettivi di pari livello, il che non implica la garanzia di eguali condizioni, pag. 27 - Edizione del 1 agosto - n. 78 - XIII del 2013 quesiti potendo accadere che vi sia un peggioramento determinato dalla loro sostituzione. Tale peggioramento però non può pregiudicare i diritti acquisiti dal lavoratore nel corso della precedente contrattazione. Occorre tener presente che nella prassi questa sostituzione viene solitamente accompagnata da contratti ad hoc, così detti “di armonizzazione”, che hanno la finalità di garantire una equilibrata transazione tra i due contratti. 2) La Cassazione ha osservato che il subentro di altra ditta nell’appalto non può essere di per sé considerato giustificato motivo di licenziamento, anche se la legge non esclude la possibilità di attivare la procedura dei licenziamenti collettivi per riduzione di personale. Sono sempre possibili licenziamenti motivati da esigenze tecnico-produttive del cedente, o da ristrutturazioni aziendali programmate, purché avvengano nel rispetto della disciplina e delle procedure applicabili. L’eventuale licenziamento di personale non potrà prescindere dalla sussistenza di una giusta causa o di un giustificato motivo, ai sensi della disciplina limitativa del licenziamento: il fatto di avere le stesse professionalità trai i soci sicuramente non lo è. Ove venisse illegittimamente disposto il recesso, graverà sul subentrante l’obbligo di ripristinare il rapporto di lavoro, che si considererà come mai interrotto. In caso di licenziamento del lavoratore, in occasione della chiusura dell’appalto precedente e l’immediata riassunzione, il datore di lavoro deve provare di non avere alcun intento fraudolento, o l’effettivo, esplicito ed anteriore consenso del lavoratore alla risoluzione immediata, altrimenti il rapporto di lavoro sarà considerato come se non si fosse mai stato interrotto. Il periodo di prova deve essere inteso per tutti i contratti a termine? quesito Il ccnl, a proposito dei contratti a termine e aziende stagionali, prevede un periodo di prova di 10 giorni. Questo periodo di prova deve essere inteso solo per gli stagionali oppure per tutti i contratti a termine? Soluzione proposta. Secondo me vale solo per gli stagionali. Risposta Esperto: Cristiana Michieli Come già proposto dal collega il periodo di prova previsto vale solo per i contratti a termine di natura stagionale. Infatti, questa disciplina trova una propria specifica collocazione nel contratto collettivo nel Titolo XI, capo III, nella parte speciale del contratto del settore turismo. pag. 28 - Edizione del 1 agosto - n. 78 - XIII del 2013 quesiti Scatti di anzianità, come calcolarli? quesito L’articolo 56 disciplina gli scatti di anzianità, prevedendo un aumento degli importi a partire dal 01.01.2009. Il dubbio concerne se si deve rivalutare gli scatti maturati precedentemente tale data. Soluzione proposta. Dalla lettura della norma contrattuale la mia interpretazione è che gli scatti di anzianità maturati precedentemente il 01.01.2009 non vadano rivalutati e tutti gli scatti di anzianità maturati successivamente tale data vadano erogati con i nuovi importi; per cui per un impiegato di 4° livello assunto il 04.11.2002 che a dicembre 2012 ha maturato il 5° e ultimo scatto di anzianità, l’importo complessivo degli stessi è pari a euro 51,94, derivante da 3 scatti maturati antecedentemente il 01.01.2009 (9,62 x 3) e gli ultimi 2 scatti maturati successivamente a tale data (11,54 x 2). In attesa di un Vs cosrtese cenno porgo i miei più cordiali saluti. Risposta Esperto: Antonio Stella Il testo esplicitato nell’art. 56 del CCNL Edilizia artigiana relativo agli scatti di anzianità previsti per il personale impiegatizio non rappresenta di certo un esempio di chiarezza a livello di disposto contrattuale. Come si puo’ desumere dal confronto con il precedente testo relativo al medesimo articolo tratto dal CCNL del 1 gennaio 2004, a decorrere dal 1° gennaio 2009 risultano solo leggermente modificati i valori relativi agli scatti, restando di fatto invariata la parte restante del testo che risente ancora della fase transitoria dell’istituto riferita a periodi ante 1980. Lo stesso problema a livello di ermeneutica contrattuale è presente nel CCNL Edilizia industria quasi speculare nel testo. Considerato che con l’ultimo rinnovo del CCNL per espressa previsione del nuovo art. 56 i nuovi valori sono preceduti dall’indicazione “ A decorrere dal 1° gennaio 2009”, quando ben poteva essere lasciata la precedente decorrenza del 1 gennaio 1986 con conseguente pacifica rivalutazione di quanto in precedenza maturato, si ritiene che gli importi ante e post 2009 abbiano ad essere diversamente valorizzati in base ai parametri contenuti nei singoli accordi di rinnovo. All.to Art. 56 CCNL 1.1.2004 Art. 56 (Aumenti periodici di anzianità) A decorrere dal 1º gennaio 1986 l’impiegato ha diritto, per ogni biennio di anzianità di servizio presso la stessa impresa, ad uno scatto biennale, per un massimo di cinque scatti, secondo i valori mensili sottoindicati per ciascuna categoria: Impiegato 1ª super (7º livello): euro 13,94; Impiegato 1ª (6º livello): euro 12,85; Impiegato 2ª A (5º livello): euro 10,46; Impiegato 2ª B (4º livello): euro 9,62; Impiegato 3ª (3º livello): euro 8,99; Impiegato 4ª (2º livello): euro 8,22. Gli aumenti periodici di anzianità decorrono dal primo giorno del mese immediatamente successivo a quello in cui si compie il biennio di anzianità. Gli aumenti periodici di cui al presente articolo assorbono gli aumenti già concessi per lo stesso titolo. Gli aumenti periodici di anzianità non possono comunque essere assorbiti da precedenti o successivi aumenti di merito, nè gli aumenti di merito possono essere assorbiti dagli aumenti periodici maturati o da maturare. In caso di passaggio a categoria superiore sarà mantenuto all’impiegato l’importo in cifra degli aumenti periodici maturati nelle categorie di provenienza. La frazione di biennio in corso al momento del passaggio di categoria sarà considerata utile agli effetti della maturazione del biennio della nuova categoria. pag. 29 - Edizione del 1 agosto - n. 78 - XIII del 2013 news Protocollo d’intesa tra Ancl e CNCE Al termine di un approfondito confronto, è stato sottoscritto tra Ancl e Commissione Nazionale Casse Edili un protocollo d’intesa per la reciproca collaborazione nelle materie specifiche di competenza della CNCE e Consulenti del Lavoro. Il protocollo sottoscritto rappresenta una integrazione/continuazione del protocollo già sottoscritto nel 2006, e rappresenta il rinnovo della volontà a creare condizioni sinergiche tra le parti. Il documento si pone come obbiettivo la costituzione di un tavolo di lavoro e confronto tra l’Associazione ed i rappresentanti della CNCE utile alla risoluzione dei problemi che affliggono il settore edilizio e delle problematiche connesse ad adempimenti amministrativi. Si individueranno anche specifiche materia di studio e approfondimento sulla semplificazioni dei sistemi informatici e sul rilascio del DURC. L’avvio dell’intesa sarà presentata in una conferenza stampa cui parteciperanno il Presidente Nazionale Ancl Francesco Longobardi ed il Presidente nazionale CNCE Giorgio Forlani. Il testo del protocollo d’intesa è consultabile sul portale www.anclsu.com. Approvato in Senato il nuovo DL 76/2013 Recepita pienamente la proposta Ancl Il presidente nazionale Ancl, Francesco Longobardi, ha espresso grande soddisfazione a seguito della approvazione in senato del nuovo testo del DL 76. Nei giorni scorsi lo stesso presidente aveva reso noto di aver presentato un emendamento all’art. 1 con il quale si intendeva garantire ai datori di lavoro la certezza dello sgravio contributivo previsto per le nuove assunzioni. L’emendamento prevedeva nuove modalità di concessione dei benefici, tali da assicurare al datore di lavoro l’accesso alle risorse finanziarie. Si proponeva quindi una preliminare domanda del datore di lavoro, la successiva comunicazione dell’Inps di assicurazione di capienza delle risorse, e la succesiva comunicazione del datore di avvenuta assunzione. Tutto ciò, pienamente recepito nel testo approvato al Senato che così recita: «14. L’incentivo di cui al presente articolo è riconosciuto dall’INPS con le modalità di cui al presente comma. L’Istituto provvede, entro tre giorni dalla presentazione della domanda di ammissione al beneficio da parte del soggetto interessato, a fornire una specifica comunicazione in ordine alla sussistenza di una effettiva disponibilità di risorse per l’accesso al beneficio medesimo. A seguito della comunicazione di cui al precedente periodo, in favore del richiedente opera una riserva di somme pari all’ammontare previsto del beneficio spettante sulla base della documentazione allegata alla domanda e allo stesso richiedente è assegnato un termine perentorio di sette giorni lavorativi per provvedere alla stipula del contratto di lavoro che dà titolo all’agevolazione. Entro il termine perentorio dei successivi sette giorni lavorativi, lo stesso richiedente ha l’onere di comunicare al competente ufficio dell’INPS l’avvenuta stipula del contratto che dà titolo all’agevolazione. In caso di mancato rispetto dei termini perentori di cui ai periodi che precedono, il richiedente decade dalla riserva di somme operata in suo favore, che vengono conseguentemente rimesse a disposizione di ulteriori potenziali beneficiari. L’incentivo di cui al presente articolo è riconosciuto dall’INPS in base all’ordine cronologico di presentazione delle domande cui abbia fatto seguito l’effettiva stipula del contratto che dà titolo all’agevolazione e, in caso di insufficienza delle risorse indicate, valutata anche su base pluriennale con riferimento alla durata dell’incentivo, l’INPS non prende più in considerazione ulteriori domande con riferimento alla regione per la quale è stata verificata tale insufficienza di risorse, fornendo immediata comunicazione anche attraverso il proprio sito internet istituzionale. L’INPS provvede al monitoraggio delle minori entrate valutate con riferimento alla durata dell’incentivo, inviando relazioni mensili al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell’economia e delle finanze» “Questo notevole risultato - ha commentato il presidente Francesco Longobardi - oltre ad essere di grande vantaggio e semplificazione per il datore di lavoro ed il Consulente del Lavoro, si spera possa essere di esempio per prossime normative affinchè si adottino sempre più meccanismi certi ed efficaci che evitino indecisioni applicative, nella direzione della progressiva semplificazione delle procedure”. pag. 30 - Edizione del 1 agosto - n. 78 - XIII del 2013 CHI SIAMO Dirigenti e sedi Associazione Nazionale Consulenti del Lavoro Sindacato Unitario UFFICIO DI PRESIDENZA NAZIONALE Da chi è composto l’Ufficio di presidenza Presidente Nazionale Francesco Longobardi Vice Presidente Nazionale Vicario Stefano Sassara Segretario Tesoriere Luca Bonati Segretario Amministrativo Romana Bettoni Coordinatore del Centro Studi Professionale Paola Diana Onder Componenti Claudio Faggiotto, Manuela Maffiotti, Roberto Morini, Guido Sciacca CONSIGLIO NAZIONALE SINDACI REVISORI Da chi è composto il Consiglio Giammaria Monticelli, Renato Boscutti, Luigi Sabatini CONSIGLIO NAZIONALE PROBIVIRI Da chi è composto il Consiglio Rossano Zanella, Filippo Continisio, Luciano Ognissanti CONSIGLIO NAZIONALE Da chi è composto il Consiglio Consiglieri di estrazione congressuale Walter Agostini, Mario Alborno, Mario Annaro, Omar Barella, Giovanni Besio, Romana Bettoni, Paolo Biscarini, Francesco Blasini, Luca Bonati, Bruno Bravi, Luciana Bruno, Maurizio Buonocore, Biancamaria Burali, Stefano Camassa, Stella Crimi, Nestore D’Alessandro, Laura Della Rosa, Roberto Entilli, Claudio Faggiotto, Vittorina Faoro, Nicola Filippi, Carlo Flagella, Giovanna Formentin, Annarita Formicola, Debora Furlan, Massimiliano Gerardi, Antonietta Giacomin, Zeno Giarola, Daniele Girini, Mariano Giunta, Alfonso Izzo, Manuela Maffiotti, Livio Masi, Domenico Monaco, Dario Montanaro, Roberto Morini, Piervittorio Morsiani, Loredana Nicoli, Paola Diana Onder, Marco Operti, Leonardo Pascazio, Roberto Pasquini, Valeria Rama, Alessandro Rota Porta, Alberto Saitta, Antonio Saporito, Roberto Sartore, Stefano Sassara, Guido Sciacca, Stefania Scoglio, Roberta Sighinolfi, Antonella Spalletti, Giuseppe Trovato, Massimiliano Umbaldo, Enrico Vannicola. Ex presidenti ed ex segretari generali nazionali - consiglieri nazionali di diritto Giancarlo Bottaro, Roberto De Lorenzis, Franco Dolli, Giuseppe Innocenti, Gabriella Perini, Benito Pesenato PRESIDENTI CONSIGLI REGIONALI ANCL I presidenti dei Consigli Regionali dell’Associazione Nazionale Consulenti del Lavoro Pasquale Arteritano (Campobasso), Crocifisso Baldari (Puglia), Elisabetta Battistella (Bolzano), Alessandro Bonzio (Veneto), Filippo Carrozzo (Piemonte), Maria Paola Cogotti (Sardegna), Paolo Dressi (Friuli Venezia Giulia), Luca Fedeli (Toscana), Luca Follatello (Lombardia), Gianni Giacobelli (Marche), Anna Maria Granata (Campania), Giacomo Greco (Aosta), Francesca Antonia Laganà (Calabria), Giovanna Manca (Basilicata), Claudia Paoli (Umbria), Fabiano Paoli (Trento), Andrea Parlagreco (Lazio), Luca Piscaglia (Emilia Romagna), Elisabetta Plevano (Abruzzo), Luigi Schenone (Liguria), Stefania Scoglio (Sicilia).