Edizione del 1° agosto 2013
Reg. Trib. Civile di Roma
sez. stampa n. 371/2009
Governo, pausa estiva in apprensione
Tutte le decisioni rimandate a settembre
Primo piano
Focus
Quesiti
Rinvio 770
e Expo 2015,
il pressing Ancl
pag. 6
Fallimento,
microimprese,
pensioni e altro
pag. 10
Le risposte a
cura del Centro
Studi Ancl
pag. 24
REDAZIONE
Bollettino ufficiale
Associazione Nazionale
Consulenti del Lavoro
Sindacato Unitario
Anno 6 - Numero 13 (78)
Reg. Tribunale Civile di Roma
sezione stampa
n. 371 del 19.11.2009
Direttore Responsabile
Francesco Longobardi
Capo redattore
Paola Diana Onder
Coordinatori di redazione
Silvia Bradaschia
Giuliana Della Bianca
Francesco Pierro
Antonella Scambia
SOMMARIO
EDIZIONE DEL
1 agosto 2013
EDITORIALE
Pausa estiva: mai così in apprensione
pag. 3
PRIMO PIANO
Politiche occupazionali: serve prima
brillare di luce propria
pag. 5
PRIMO PIANO
Dalla proroga del 770 all’Expo 2015
il pressing dell’Ancl
pag. 6
PRIMO PIANO
“L’armonia tra Ancl, CNO e Enpacl è
la forza delle nostre iniziative”
pag. 7
Redazione e impaginazione
Solcom srl
via Salvatore Matarrese, 2/G
70124 Bari
PRIMO PIANO
Dall’attualità al rapporto con l’Ancl.
Intervista a 360° con Marina Calderone
pag. 8
Editore
Ancl - Segreteria Nazionale
via Cristoforo Colombo, 456
Scala B, I piano
00145 Roma
Focus
Gli approfondimenti degli esperti
pag. 10
Contatti
www.anclsu.com
[email protected]
[email protected]
chiuso alle ore 18:00
del 1 agosto 2013
quesiti
Le risposte a cura del Centro Studi Ancl
pag. 24
NEWS
Sottoscritto tra Ancl e Commissione
Nazionale Casse Edili un protocollod’intesaper la reciproca collaborazione
pag. 29
CHI SIAMO
Dirigenti e sedi
pag. 30
pag. 3 - Edizione del 1 agosto - n. 78 - XIII del 2013
EDITORIALE
Pausa estiva: mai così in apprensione
scrive
Francesco Longobardi
presidente nazionale
ANCL-SU
Imu, Iva, linee guida sull’apprendistato, legge elettorale, modifiche al DL 76 sul lavoro, contratti a termine Expo 2015: si decide
tutto a settembre. Sarà vero? Il clima di fibrillazione attualmente
in essere, non aiuta nessuno. Questo Governo ha numeri spaventosi per fare di tutto. Invece si barcolla, di giorno in giorno, si
tentenna, si predilige l’indecisione alla decisione. Forse non ci si
poteva aspettare di più da un assemblamento di forze politiche
sino a ieri contrapposte e ora alleate. Per non sconfinare in temi
economici o sociali che non ci competono, ma dov’è lo “shock”
del mercato del lavoro che era diffusamente chiesto e spesso annunciato? Niente all’orizzonte. Uno sgravio contributivo
rattoppato, misure per l’apprendistato lontanissime dalle vere
esigenze dei datori di lavoro, tirocini formativi ancora in alto
mare, riforma dei centri per l’impiego a venire. Ma forse, a guardar bene, una misura utile nel DL 76/2013 c’è eccome: il rilancio
dell’apprendistato. Un rilancio che davvero potrà riscontrarsi
nei numeri e nelle prossime statistiche. Già, perché se introduce
una misura agevolativa per un massimo di 18 mesi in cambio
di assunzioni a tempo indeterminato per soggetti al di sotto
dei 29 anni, è di tutta evidenza che sarà preferito il rapporto di
apprendistato, con gli sgravi contributivi per tre/cinque anni, per
i medesimi soggetti sotto i 29 anni e – se ciò non bastasse – anche con la facoltà di recesso “indolore” al termine della formazione. E se proprio invece si dovesse confermare quel rapporto
di apprendistato al termine della formazione, spetta anche un
ulteriore anno di sgravio.
Se l’apprendistato non decolla ora, non decolla più. A parte l’ironia: ma queste leggi chi le scrive? Da qualche parte ci saranno
nomi e cognomi di chi queste norme le elabora? Immaginatevi,
Colleghi, la schiera di persone, tecnici, giuristi, consiglieri, segretari, esperti, che c’è dietro una normativa del genere. Tutta
gente pagata (chissà quanto) per fare le cose giuste, le cose
necessarie, che poi risultano essere cose inutili. La verità è che
non essendoci risorse interne, si fa un provvedimento che può
accedere a risorse europee: ma se vuoi tali risorse, devi attenerti
alle categorie di lavoratori svantaggiati individuati dall’Europa,
quali i sotto ventinovenni, i senza diploma, i single con persone
a carico. Cosicchè, quei miliardi promessi dall’Europa per i mirabili investimenti nell’occupazione italiana, non sono altro che le
risorse già destinate a quelle categorie di soggetti prescelti dalla
UE. Cosicchè, se non hai il diploma (alla faccia delle politiche di
sostegno all’istruzione) ti agevolo l’assunzione, e se vivi da solo
ma hai una persona a carico (un classico soggetto separato o
divorziato con prole a carico) sei uno svantaggiato meritorio di
aiuto. E’ questo che si aspettava il nostro mercato del lavoro?
Fandonie, invenzioni, fantasie. Si noti – e qui invito alla riflessione tutti – che se si agevola l’assunzione di tali soggetti, viene implicitamente assunto un presupposto: quello, cioè, che il lavoro
c’è, e c’è eccome. Per cui, se devi preferire un determinato lavoratore, vattelo a scegliere tra i predetti soggetti che viene molto
meglio. La verità è tutt’altra. Il nostro mercato del lavoro atten-
pag. 4 - Edizione del 1 agosto - n. 78 - XIII del 2013
EDITORIALE
A settembre
tutte le
decisioni
de da tempo ormai immemore una drastica riduzione del costo
del lavoro, divenuto ormai insostenibile. Riduzione del costo
del lavoro della cui immediata necessità tutti sono convinti, ma
nessuno opera in tal senso. Solo con la riduzione del costo del
lavoro si può dare rilancio all’occupazione, all’investimento nelle
risorse umane, a nuove assunzioni ma anche alla stabilizzazione
e conservazione degli attuali livelli occupazionali. Una recente
campagna pubblicitaria recita sapientemente: “Ma se il lavoro
non è un bene di lusso, perché viene tassato come un bene di
lusso?” Il problema è tutto qui: nella risposta che si saprà (o si
vorrà) dare a questo interrogativo.
Aspettiamo quindi settembre, ricchissimo di aspettative normative, ricchissimo di preannunciate soluzioni. Sperando che la
schiacciante maggioranza parlamentare sappia – per una sola
volta – dare un esempio delle reali soluzioni alle esigenze del
Paese. Peraltro, l’estate si preannuncia abbastanza mite e senza
bolle di calore. Rispetto alla capacità di riprendere appieno l’attività legislativa, è già qualcosa. Auguro a tutti buone e serene
ferie e un buon ferragosto.
pag. 5 - Edizione del 1 agosto - n. 78 - XIII del 2013
PRIMO PIANO
Politiche occupazionali:
serve prima brillare di luce propria
Il commento del presidente Ancl Francesco Longobardi
scrive
Francesco Longobardi
Presidente Nazionale Ancl
Assunzione di under 29enni,
di bassa scolarizzazione, single
e con persona a carico (quindi
non convivente). Che sia incremento netto di occupazione
(con tutti i vincoli e problematiche abbondantemente conosciute a riguardo). E’ stato solo
l’inizio. Interviene ora il decreto
del Ministero del Lavoro (in
corso di pubblicazione e già
anticipato sul sito www.anclsu.
com) sul beneficio a favore
dei datori di lavoro privati che
nel corso del 2013 assumano,
a tempo determinato o indeterminato, anche part time o
a scopo di somministrazione,
lavoratori licenziati, nei dodici
mesi precedenti l’assunzione, da imprese che occupano
anche meno di quindici dipendenti per giustificato motivo
oggettivo connesso a riduzione,
trasformazione o cessazione di
attività o di lavoro: 190 euro di
sgravio mensile. Da tale ultimo
provvedimento citato, emerge che condizione per poter
usufruire del beneficio “... il
datore di lavoro deve garantire
interventi di formazione professionale sul posto di lavoro a
favore del lavoratore assunto
anche mediante il ricorso alle
risorse destinate alla formazione continua di competenza
regionale”. (arti 1 c. 2 del DD)
La domanda che cresce nelle
aziende, tra i consulenti del
lavoro, tra gli imprenditori è
“perché misure così particolari,
che non riguardano la generalità del mercato del lavoro
e dell’offerta di lavoro?” Domanda legittima, con risposta
evidente. L’attuale Governo
sta semplicemente utilizzando
risorse europee (già esistenti
e spesso dormienti per l’Italia)
che vincolano il relativo utilizzo alle condizioni previste.
La conferma viene anche dal
citato decreto direttoriale per
la disciplina della agevolazione dei 190 euro di sgravio
mensile, secondo il quale il
Ministero del Lavoro e delle
Politiche Sociali può prevedere
“misure di sostegno al reddito
per lavoratori disoccupati o a
rischio di esclusione dal mercato del lavoro con oneri a carico
del Fondo di rotazione per la
formazione professionale e
per l’accesso al Fondo sociale
europeo previsto dall’articolo
25 della legge 21 dicembre
1978, n. 845, come modificato
dal comma 5 dell’articolo 9 del
decreto-legge n. 148 del 1993”.
La riflessione che consegue al
DL 76/2013 e a questo decreto direttoriale attuativo è la
seguente: bene all’utilizzo di
risorse europee (e forse qualcuno se ne doveva accorgere
prima, perché forse altri Paesi
ne usufruiscono da ben prima);
ma si può fare una politica sociale di rilancio dell’occupazione solo all’ombra delle misure
UE? Dove sono i provvedimenti
auspicati, richiesti a gran voce
dalle parti sociali di rilancio
dell’occupazione attraverso
sistemi tipici interni, peculiari
alla nostra realtà produttiva,
recettori della necessità di abbattimento del costo del lavoro
per competere in quella stessa
Europa che ci detta le regole?
Non si è protagonisti dell’economia né si ha autorevolezza
comunitaria se non si dimostra
prima di brillare di luce propria
e poi, se occorre, di riflettere di
luci altrui.
pag. 6 - Edizione del 1 agosto - n. 78 - XIII del 2013
PRIMO PIANO
Dalla proroga del 770 all’Expo 2015
il pressing dell’Ancl
Soddisfazione del Sindacato per lo slittamento della
scadenza per la presentazione del modello 770.
Accolto favorevolmente anche lo spirito innovativo
contenuto nell’accordo per l’Expo 2015
Un apposito DPCM firmato ieri,
ha fatto slittare la scadenza
prossima del 31 luglio 2013 per
la presentazione del modello 770
ordinario e mod 770 semplificato
al 20 settembre 2013.
Così la dichiarazione annuale
che i sostituti d’imposta (datori
di lavoro ed enti pensionistici,
amministrazioni dello Stato, ecc.)
devono effettuare all’Agenzia delle Entrate, indicando i dati relativi
alle ritenute effettuate in ciascun
periodo d’imposta, quelli relativi
ai versamenti eseguiti, i crediti,
le compensazioni operate e i dati
contributivi e assicurativi, slitta al
20 settembre.
La vignetta - “tra consulenti”
Il presidente Ancl, Francesco
Longobardi, che aveva sollecitato formalmente il Ministro delle
Finanze ad adottare il relativo
provvedimento, ha accolto la notizia con evidente soddisfazione
“essendo state tenute in debito
conto le giuste ragioni rappresentate dall’Ancl e dal Consiglio
Nazionale dell’Ordine”.
Il presidente Ancl ha anche
accolto molto favorevolmente
lo spirito innovativo contenuto
nell’accordo per l’Expo 2015.
“Avevo rappresentato alle forze
in campo la necessità di estendere la sana flessibilità a tutto il territorio nazionale in occasione di
simili eventi, non potendo l’Expo
rappresentare l’unica eccezione
in questo periodo di forte necessità di rilancio dell’occupazione “
(vedasi comunicato stampa
precedente del 16 luglio 2013 “La
flessibilità non può essere solo
Expo”) .
“Le dichiarazioni del Primo
Ministro che propone di adottare l’accordo sottoscritto come
modello su scala nazionale, non
possono che ritenersi aderenti
alla posizione assunta dall’Ancl.
Il buon ascolto da parte della
politica è sempre costruttivo e da
incoraggiare ripetutamente”.
“Sono certo – ha concluso il
Presidente – che dall’esperienza
Expo potranno trarsi notevoli
contributi al miglioramento del
mercato del lavoro e delle relazioni sindacali”.
pag. 7 - Edizione del 1 agosto - n. 78 - XIII del 2013
PRIMO PIANO
“L’armonia tra Ancl, CNO e Enpacl
è la forza delle nostre iniziative”
scrive
Francesco Longobardi
Presidente Nazionale Ancl
Strana categoria la nostra. Sembra quasi incapace di godere
dei buoni risultati ottenuti o
dello splendido posizionamento guadagnato sul campo. Il periodo che stiamo attraversando
dovrebbe infatti indurre tutti ad
uno sforzo comune ancora più
forte per consolidare le nuove
funzioni attribuite. Ovvero a
sostenere il progetto di condivisione della linea politica,
avviatosi al Congresso dell’Ergife del 2007 e che prosegue con
un ottimo stato di salute.
L’armonia esistente tra l’Ancl,
Consiglio Nazionale e Enpacl
è la forza delle nostre iniziative, ed è la chiave del nostro
successo. L’assenza di conflittualità, che ormai si protrae da
molti anni, é il carburante per
l’avanzamento delle nostre proposte. è anche il motivo della
profonda stima che si è creata
tra dirigenti, che gestiscono la
politica di categoria con grande
rispetto. Qua e là, a dire il vero,
sembrano intravvedersi dei
rigurgiti di ingiustificata conflittualità, dettata più da interessi
personali che da situazioni di
categoria. Dimettersi da una
carica all’interno di una delle
rappresentanze della categoria
è sempre un atto volontario, ed
è conseguente a scelte personali, condivisibili o meno. Ma
tale atto non può costituire il
presupposto per alimentare
dissensi e costruirci intorno e
unilateralmente chissà quali retroscena, a maggior ragione se
le recriminazioni che possono
aver portato al volontario recesso, sono state già ampiamente
valutate dagli organi interni
all’uopo preposti.
D’altronde, la realtà di un’azione amministrativa concreta,
efficace, risolutiva e trasparente non può essere offuscata
da chi, a volte, esterna stati
d’animo del tutto personali. La
dirigenza nazionale continua
a godere della fiducia della
categoria in virtù dei risultati
ottenuti e del grado di soddisfazione degli iscritti. La presidente Calderone, oltre che della
piena fiducia dell’Ancl, gode
della stima degli altri Ordini,
che l’hanno voluta nuovamente
a capo del Cup anche per effetto degli ottimi risultati ottenuti
negli ultimi 8 anni dalla nostra
categoria.
Risultati che dobbiamo massimizzare utilizzando al meglio le
nuove funzioni e mantenendo il
più a lungo possibile l’equilibrio
esistente. Né possono essere
ritenuti casualità gli evidenti
risultati ottenuti dall’Ancl nei
medesimi interessi di tutti i
Colleghi: dal tavolo permanente
aperto con l’Inps e con l’Inail,
alle intese raggiunte con ANIV
e CNCE, alla valorizzazione del
sistema COFIDI e Confprofessioni, alle cause pilota del
proprio ufficio legale, solo per
citare i più recenti. Tutto questo, non adagiandosi sui risultati ma guardando sempre avanti:
con questo spirito è avvenuta
proprio in questi giorni la
presentazione dell’Associazione dei Giovani Consulenti che
conferma di voler operare nella
direzione della condivisione dei
percorsi tra le varie componenti
della categoria, aggregazione,
collaborazione, soprattutto con
la classe dirigenziale e le istituzioni di categoria.
Un’associazione che nasce per
la voglia di stare assieme e costruire, che si auspica, in futuro
potrà portare anche un ulteriore sostegno numerico al nostro
Sindacato. Altri percorsi diversi
da quelli citati, peraltro avventurosi, non ve ne sono, se si
hanno a cuore le sorti della categoria. E l’Ancl vigilerà affinché
il prezioso equilibrio esistente
non sia affatto turbato.
pag. 8 - Edizione del 1 agosto - n. 78 - XIII del 2013
PRIMO PIANO
Dall’attualità al rapporto con l’Ancl
Intervista a 360° con Marina Calderone
Alla vigilia della pausa estiva abbiamo sentito la presidente del Consiglio Nazionale e del Cup, Marina Calderone, che in questi anni di presidenza ha conseguito risultati importanti sia per i consulenti del lavoro che
per il sistema ordinistico. Tutto ciò non può non inorgoglire l’Ancl che esprime tutti i componenti del CNO.
Presidente, come state operando per attuare la Riforma?
“In generale, la nostra categoria ha pecorso i tempi, introducendo negli anni nuove regole sulla base di
principi che sono poi stati recepiti dal legislatore della riforma. Per effetto di ciò, oggi ci ritroviamo a non
dover stravolgere il nostro ordinamento perché è sostanzialmente adeguato alle nuove disposizioni. Una
di queste anche per noi sará una novità. Mi riferisco ai Consigli di disciplina, che saranno attivi appena i
Ministeri vigilanti daranno il via libera ai regolamenti. Non è invece una novità la polizza di assicurazione; a
prescindere dall’obbligo, è difficile trovare un professionista disponibile a correre il rischio di svolgere attività senza essere assicurato. Il problema sorge per il particolare momento di tensione finanziaria che stanno
attraversando gli studi; per questo abbiamo richiesto una proroga tecnica della scadenza del termine. Come
Consiglio Nazionale ci siamo attivati per calmierare il mercato, sottoscrivendo una convenzione che permetta
di assicurarsi a partire da 250 euro l’anno, ricomprendendo però in questa cifra tutte le garanzie necessarie
a svolgere le molteplici attività a noi riservate. Abbiamo pensato ai giovani ma anche a tutti coloro che hanno
visto contrarsi il proprio volume d’affari. E poi c’è il praticantato per il quale con soddisfazione posso dire che,
in ossequio alla legge, siamo il primo Ordine professionale ad avere sottoscritto la convenzione con il Miur
per l’anticipazione del tirocinio durante l’ultimo semestre di studi universitari.”
Momento dunque difficile per il Paese e, conseguentemente, anche per i professionisti. Cosa fare
per essere d’aiuto agli studi professionali?
“Credo che si possa fare molto, particolarmente se si opererà sinergicamente con le altre componenti della
categoria. Mi riferisco a tutte le azioni di welfare e ai sostegni finanziari per lo sviluppo delle attività professionali che si possono concertare assieme all’Ente e al Sindacato; così come dobbiamo definire una volta per
tutte la creazione di una infrastruttura telematica che ci aiuti ad offrire agli iscritti servizi esclusivi e di qualità
a costi contenuti.”
E l’Ancl come si inserisce in questo sistema?
“Il rapporto tra Ordine e Sindacato, così come con l’Ente di Previdenza, è proficuo e costante. Difficile pensare a qualcosa di diverso, senza rischiare di compromettere i risultati raggiunti. Dobbiamo impegnarci tutti,
affinché questa forma di collaborazione si rafforzi e possa aiutarci a raggiungere altri obiettivi strategici per
il posizionamento esterno della categoria. Anzi, dovremmo essere di ulteriore esempio per l’intero sistema
ordinistico, che apprezza e invidia la nostra unità d’intenti. Non a caso ritengo che, come Presidente del CUP,
dovrò farmi promotrice della necessità di creare una cabina di regia delle professioni ordinistiche, composta dalle rappresentanze istituzionali, sindacali e previdenziali presenti oggi nei vari contesti. Attraverso la
concertazione, sarà possibile definire un’unica strategia delle professioni che ci porti a rafforzarci a livello
politico e istituzionale. Sarà inoltre possibile individuare e realizzare quelle iniziative di sostegno e di ausilio
agli iscritti che necessitano, per la loro riuscita, di interventi trasversali.”
Cosa ne pensa dell’Ancl e delle sue attivitá?
“Per ognuna delle componenti della categoria é indispensabile trovare una propria linea operativa che sia
concertata con le altre. Questo é il progetto che abbiamo strutturato nel 2007 e che stiamo portando avanti
con convinzione. A livello nazionale c’è grande collaborazione e reciproco rispetto. In ambito territoriale é
importante che tutte le strutture siano propositive ed operative. A volte, invece, siamo costretti a prendere
atto che vi sono realtà che operano solo in funzione dei momenti elettorali. È questo un malvezzo che non
produce alcuna utilità né agli iscritti che non ricevono servizi adeguati, né al Sindacato che non trova collaborazione. Credo che con uno sforzo comune possiamo far si che tutto migliori. L’importante é che tutti remiamo nella stessa direzione.
E dei rapporti con Confprofessioni?
“Sono buoni. Il presidente Stella é stato spesso ospite di nostre iniziative e c’é dialettica. Devo dire che qualche preoccupazione la creano le voci che danno Confprofessioni pronta ad una fusione con il mondo delle
associazioni professionali. Riterrei pericolosa una eventuale scelta in tal senso che, oltre a snaturare il ruolo
storico di Confprofessioni, potrebbe generare conflitti di competenze tra soggetti, gli ordini e le associazioni,
che hanno finalità diverse. In taluni casi, poi, potrebbero crearsi fastidiosi fraintendimenti sulla gestione delle
riserve di legge dei Consulenti del Lavoro che il Consiglio Nazionale è chiamato a tutelare in ogni sede.
pag. 10 - Edizione del 1 agosto - n. 78 - XIII del 2013
FOCUS
Crediti verso il fallimento: privilegio anche
per i professionisti dello studio associato
scrive
Renzo La Costa
Anche ai professionisti facenti parte di uno studio associato va attribuito il privilegio per i crediti
vantati verso il fallimento: è infatti irrilevante la
forma associativa dei professionisti, essendo state
le prestazioni professionali sempre rese a carattere
personale. Così si è espressa la Corte di Cassazione in sentenza 11 luglio 2013, nr. 17207. Nel caso
specifico esaminato dalla suprema Corte, la Corte
territoriale aveva attribuito l’invocato privilegio al
credito che già il giudice delegato aveva ammesso
in chirografo allo stato passivo, della somma pari
alla misura del compenso riferito all’attività professionale esercitata personalmente da singoli professionisti dello studio.
Senza affatto smentire gli enunciati espressi dalla
giurisprudenza consolidata richiamata dal ricorrente curatore fallimentare, ha ritenuto di individuare
le prestazioni personali direttamente espletate cui
si riferiscono i compensi e solo ad esse ha attribuito il privilegio reputando l’ipotesi omologabile
a quella in cui l’opera sia stata svolta dal singolo
professionista, reputando irrilevante la provenienza della richiesta da parte dello studio associato.
L’esegesi si uniforma al principio espresso nel
precedente della stessa Corte (n. 22439/2009) che
ha affermato in un caso analogo che “Il privilegio
generale sui beni mobili del debitore, previsto
dall’art. 2751-bis cod. civ. per le retribuzioni dei
professionisti, trova applicazione anche nel caso
in cui il creditore sia inserito in un’associazione
professionale, costituita con altri professionisti
per dividere le spese e gestire congiuntamente i
proventi della propria attività, a condizione che il
rapporto di prestazione d’opera si instauri tra il singolo professionista ed il cliente, soltanto in tal caso
potendosi ritenere che il credito abbia per oggetto
prevalente la remunerazione di un’attività lavorativa, ancorché comprensiva delle spese organizzative essenziali al suo autonomo svolgimento”.
Ed invero, la proposizione della domanda d’ammissione allo stato passivo da parte dello studio
professionale, in quanto pone, secondo consolidato
orientamento una mera presunzione d’esclusione
della personalità del rapporto professionale, resta
superata e vinta in presenza di documentazione che
consente d’individuare i compensi riferiti alle prestazioni direttamente e personalmente svolte dai
singolo associato allo studio, e, in simile evenienza,
non può precludere il riconoscimento della prelazione a quel singolo personale credito. La stretta
correlazione posta dal disposto dell’art. 2751 bis n.
2 c.c. tra il privilegio e la causa del credito, consente
di valorizzare l’interesse specifico perseguito dal
creditore e dunque di orientare l’interpretazione
della voluntas legis, estendendone l’applicazione
oltre il mero dato letterale, sulla base di un percorso esegetico ritenuto in giurisprudenza ammissibile.
Giova ricordare che in materia di privilegi, seppur
in diverso caso, le S.U. con sentenza n. 11930/2010
hanno affermato che “Le norme del codice civile
che stabiliscono i privilegi possono essere oggetto
di un’interpretazione estensiva che sia diretta ad individuarne il reale significato e la portata effettiva in
modo da delimitare il loro esatto ambito di operatività, anche oltre il limite apparentemente segnato
dalla formulazione testuale, tenendo in considerazione l’intenzione del legislatore e la causa del credito che, ai sensi dell’art. 2745 cod. civ., rappresenta
la ragione giustificatrice di qualsiasi privilegio”.
In considerazione di ciò, il privilegio in discorso, pur
nel caso in cui il credito sia stato riferito a sé dall’associazione professionale, che è centro autonomo
d’imputazione dei rapporti giuridici, va attribuito,
alle condizioni riferite, al credito del singolo associato onde consentire alle ragioni del prestatore d’opera la stessa tutela accordata al credito del lavoratore
dipendente per soddisfare, come rammenta la dottrina, le esigenze di sostentamento del lavoratore,
anche se autonomo, nel rispetto dei principi che garantiscono le sviluppo della personalità umana- art.
2 Cost.-, e della dignità e tutela del lavoro in tutte
le sue esplicazioni-artt. 35 e 3. La decisione impugnata, avendo valorizzato la causa del credito cui ha
riconosciuto il privilegio, quale remunerazione della
prestazione del singolo soggetto incaricato personalmente eseguita assunta a fondamento giuridico
della prelazione, è stata per l’effetto immune dai
vizi denunciati. Ne è conseguito il rigetto del ricorso
formulato dal curatore.
pag. 11 - Edizione del 1 agosto - n. 78 - XIII del 2013
FOCUS
Microimpresa: i meccanismi
farragginosi del DL 76
scrive
David Trotti
Siamo in procinto di godere delle agognate ferie
ed una volta terminati l’invio del modello 770 e la
chiusura delle paghe di luglio con l’inserimento dei
dati da modello 730 (tanto per parlare dei pochi
adempimenti estivi) potremo andare in vacanza.
Semprechè non venga pubblicato come avviene
da qualche anno qualche documento il 13 agosto (vedi lavoro intermittente lo scorso anno). Le
ferie sono un periodo di relax in cui non pressati
da impegni potremo riflettere ed approfondire
mentalmente alcuni aspetti del nostro lavoro non
eminentemente operativi.
Uno degli aspetti che sicuramente potremo approfondire è quello del recente Decreto Legge lavoro
(che peraltro vogliono abbondantemente emendare) che riguarda l’attenzione che il legislatore ha
avuto, come raramente accade per le microimprese. Dico attenzione senza voler dire altro perché
poi essa non è sostenuta da contenuti che aiutino
chi come noi consulenti deve aiutare le imprese A
CRESCERE, ma in questo periodo avere l’attenzione è già grande cosa. E’ necessario ricordare a chi
ci legge e non è consulente che il consulente del
lavoro è per le microimprese “facilitatore e affiancatore” nel campo del lavoro, forse addirittura un
cogestore vista la fortissima fiducia che esiste tra
esso e il piccolo imprenditore.
Dicevamo di questa attenzione, e per aiutare la riflessione estiva dei colleghi vorremmo provare con
questo intervento, a proporre la visione del decreto legge dal punto di vista di quelle microimprese
che rappresentiamo ai vari tavoli tecnici e come
tenutari del libro unico del lavoro.
Pensando a loro penso allo storia di quel re cinese
che avuto salva la vita da un contadino per riconoscenza gli disse di chiedere quello che voleva.
Il re si aspettava, oro, terre e denaro, invece il
contadino gli chiese di duplicare 2 chicchi di riso
per ogni tessera di una scacchiera in modo che la
prima tessera ne avesse due, la seconda 4, la terza
8, il re rimase stupito di quella che considerava una
sciocchezza e disse va bene. Si rese poi conto che
forse tutto il riso della Cina non sarebbe bastato
perché in quel modo il risultato finale sarebbe stato
2 elevato alla sessantaquattresima... provate a fare
il calcolo di quanto riso risulta.
Molti diranno ma questo cosa c’entra con il DL76 e
la microimpresa? Immaginate che cosa si otterrebbe se ogni microimpresa assumesse un dipendente
(era lo scopo del decreto)? Non risolveremmo il
problema della disoccupazione ma quasi. Questo
risultato non si ottiene però con i meccanismi farragginosi del DL76 che sono di difficile applicazione
e che richiedono mille adempimenti burocratici. E
qui per non essere tacciati di criticismo, potremmo
ipotizzare una proposta: basterebbe dire che in
una sorta di job sharing contributivo, ogni nuova
assunzione è agganciata ad un dipendente a tempo indeterminato e fintanto che rimangono nella
stessa azienda entrambi i lavoratori, il neo assunto
per X anni rimane agevolato; in altre parole per ogni
nuova assunzione avremmo che entrambi versano il 50% (od altra percentuale) oppure il nuovo
assunto non versa contribuzione. Il risultato per lo
stato non cambia e non c’è aggravio di nuove spese.
Perché prima dell’assunzione abbiamo il pagamento di contributi per euro 1000 di imponibile (valore
esemplificativo) poi avremo 2 lavoratori che versano
lo 0,50% su mille euro ciascuno di imponibile. Lo
stato “ci guadagna” perché sui mille del neoassunto che saranno destinati agli acquisti, il lavoratore
pagherà l’Iva. Si tratta di un esempio provocatorio,
che delinea le caratteristiche necessarie ed auspicate nelle norme: certezza e chiarezza. Serve a far
capire, al legislatore, che il piccolo imprenditore di
fronte alla complessità ed alla incertezza si arrende.
Incertezza che è presente in maniera spaventosa
attualmente nella legislazione e che il DL 76 ha
amplificato a parere di chi scrive. Per non essere
tacciati di qualunquismo facciamo due esempi di
incertezza; il primo è il ticket di licenziamento che
nella piccola impresa è vissuto in maniera pesante.
Pensate al calcolo proposto dall’Inps e, alla norma
dove non c’e scritto nulla sui 15 giorni e sulla mensilizzazione del calcolo. Per una piccola azienda euro
1000 oggi possono essere tantissimi. Un secondo
caso è quello segnalatoci da un collega relativamente al bonus di 12.000 euro come Incentivi per
il lavoro previsti dalla legge 214/2011. Quando è
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FOCUS
uscita la norma si pensava che il totale spettasse
in maniera integrale anche ai part time e tutti si
erano fatti i conti in questo senso... poi è arrivata
una precisazione Inps che ha previsto il contrario
(ad oggi senza un apparente riferimento di legge) e
quindi il microimprenditore si è visto riproporzionare il contributo (immaginate se avesse pensato
ad un investimento).
Ma ritorniamo al DL 76 al punto che tratta del Lavoro accessorio. Pensate che il togliere “meramente occasionale” abbia risolto i problemi? Quando
poi nella nota del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali del 12 luglio 2013, prot. n. 37/0012695
si afferma: al riguardo appare tuttavia necessario
operare una “trasformazione” del rapporto in quella che costituisce la “forma comune di rapporto di
lavoro”, ossia il rapporto di natura subordinata a
tempo indeterminato, con applicazione delle relative sanzioni civili e amministrative, esclusivamente
in relazione a quelle prestazioni rese nei confronti
di una impresa o di un lavoratore autonomo secondo i canoni della subordinazione.
Pensate che il datore di lavoro sarà maggiormente
al sicuro rispetto ad una vertenza che come abbiamo già scritto vede il lavoro o autonomo o subordinato quali unici riferimenti nella definizione delle
tipologie lavorative?
Secondo voi poi nel lavoro intermittente era necessario inserire un ulteriore limite, quello delle 400
giornate? A cosa serve se non a far complicare la
vita?
Passiamo alle collaborazioni coordinate e continuative, che in alcune piccole aziende a contenuto
altamente tecnologico venivano usate. E’ possibile
oggi proporle? Quale è il tasso di rischio in questo
guazzabuglio di norme? La domanda a cui forse
non si può rispondere è: quali debbono essere
delle caratteristiche certe in cui si è vittoriosi all’interno di un contenzioso? Oggi il lavoro a progetto
è sicuro solo forse nei call center outbound. Non
entriamo, poi, nella diatriba se un lavoratore
autonomo debba o possa certificare il recesso
e quali sono le cause del suo non recedere dal
punto di vista della libertà personale, a meno che
non si parta dalla prospettiva patologica che ogni
contratto a progetto è fatto per “mascherare un
finto lavoratore subordinato” (e allora perché avere
questa tipologia?).
Il piccolo imprenditore vede oggi probabilmente il
diritto del lavoro con una paura folle e teme il tracollo, perché in una media azienda di 15 persone,
una vertenza anche con il pagamento di 24 mensilità ti mette comunque in ginocchio.
Vogliamo parlare del tirocinio? Si è scritto quello
che sembra o sembrava una soluzione al problema
della frammentazione territoriale (le linee guida)
ma si è dovuta rifare una legge per obbligare a
rendere effettiva la loro applicazione. Oggi andate
ad un centro per l’impiego e chiedete di fare un
tirocinio; sapete quale è il risultato? Le norme che i
centri applicano (a meno di un ricorso amministrativo) sono quelle delle regioni. Il problema è che nel
concreto gli operatori fanno riferimento a quelle
che per loro sono le indicazioni degli organismi gerarchicamente superiori e pertanto alla fine: regione
che vai tirocinio che trovi, indipendentemente dalle
linee guida.
Sull’apprendistato bisogna solo fare silenzio, la
norma del DL 76 cambia per non cambiare come
il confronto tra questi due passi di norme rende
evidenti:
4. Le competenze acquisite dall’apprendista potranno essere certificate secondo le modalità definite
dalle Regioni e Province Autonome di Trento e Bolzano sulla base del repertorio delle professioni di
cui al comma 3 e registrate sul libretto formativo del
cittadino sulla base del repertorio delle professioni
di cui al comma 3 e nel rispetto delle intese raggiunte tra Governo, Regioni e parti sociali nell’accordo
del 17 febbraio 2010. (art.6 D.Lgs 167/2011)
b) la registrazione della formazione e della qualifica professionale a fini contrattuali eventualmente
acquisita è effettuata in un documento avente i
contenuti minimi del modello di libretto formativo
del cittadino di cui al decreto del Ministro del lavoro
e delle politiche sociali del 10 ottobre 2005, recante
“Approvazione del modello di libretto formativo del
cittadino”; (art.2 comma 2 del DL76/2013)
Che dico al mio imprenditore? Era così essenziale?
Questa (e le altre) modificano l’apprendistato e lo
rendono più fruibile?
Il problema resta quello di cui abbiamo parlato già
in molte occasioni, non è questa modalità di cambiare costantemente le norme che risolve i problemi. Speriamo a settembre che le ferie abbiano
aiutato a pensare sui temi che questa riflessione
raccoglie. Se si partecipa a convegni e seminari
(come quelli che abbiamo fatto con l’Ancl da Ottobre 2012 a Maggio 2013 in tutta Italia) si sentono
tanti operatori e colleghi esprimere un unico desiderio: norme chiare e incisive, scritte per aiutare chi
opera e lotta nella vita concreta tutti i giorni. E su
questo non posso non richiamare le parole del Presidente Nazionale scritte sull’ultimo numero della
1081: “In conclusione, continuiamo a comprendere
solo e sempre la stessa cosa: che chi scrive le leggi,
le scrive e basta, senza comprendere come si applicano.
Per applicarle ci siamo noi Consulenti del Lavoro,
che quel patrimonio individuale di conoscenze delle
dinamiche aziendali ed esigenze delle imprese, lo
arricchiamo quotidianamente del rapporto con le
imprese stesse. Ma evidentemente, questo è una
fatto marginale”.
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FOCUS
Un’incongruenza del sistema pensionistico
scrive
Livio Lodi
Premessa
“Conoscere a fondo i propri diritti e doveri nel
campo previdenziale dovrebbe essere una condizione di tutta normalità. La previdenza ci segue
durante la nostra via lavorativa e ci tutela, o meglio sarebbe dire dovrebbe tutelarci, nel momento in cui lasciamo l’attività. Dovremmo quindi
avere tutto il tempo per capirne i meccanismi,
per penetrarne i segreti, per sapere esattamente
come comportarci. Perché non è così? Perché
tante incertezze, tante domande che lavoratori e
pensionati, sperando in una risposta, rivolgono
non solo agli enti previdenziali ma a giornali, settimanali, rubriche radiofoniche e televisive?
Si calcola che nel nostro paese venga pubblicata sulla “Gazzetta Ufficiale” una nuova legge in
materia previdenziale in media ogni settimana;
in totale circa 50 all’anno, tutte fitte di richiami
a provvedimenti precedenti, redatte con quel
linguaggio ermeneutico che si usa definire di
“tecnica legislativa” ma che sembra fatto apposta
per renderne incomprensibile il significato e per
suscitare spesso anche per gli addetti ai lavori una
serie di dubbi sull’esatta interpretazione.”
Abbiamo iniziato il presente lavoro citando una
frase del compianto dr. Roberto Urbani - già
dirigente del Servizio stampa dell’INPS, poi nominato direttore generale dell’INAIL, e riconosciuto
esperto in materia previdenziale - riportata nel
suo libro “La tua pensione”, edito nell’anno 1986
dalla Mondadori, per mettere in risalto una caratteristica che è sempre stata (e lo è tuttora) significativa del sistema pensionistico italiano, vale a
dire di essere un intricato labirinto normativoprocedurale da cui è assai arduo districarsi.
Un ulteriore connotato che contraddistingue la
specifica materia consiste nella riscontrata sussistenza di una pluralità di fondi pensione i quali,
a motivo della loro poca comunicabilità intergestionale, arrecano non poche penalizzazioni agli
iscritti: ciò costituisce, sia pure limitatamente
ad uno specifico aspetto, l’oggetto del presente
lavoro.
Il motivo per cui ciò avviene è che assai frequentemente l’avvicendamento nell’occupazione, a
cui deve sottoporsi una larga fetta dei lavoratori,
il che implica anche il passaggio da una gestione
previdenziale ad un’altra.
Si verifica infatti che i prestatori d’opera, nel corso
della propria vita lavorativa, cambino attività:
può infatti accadere che passino da un esercizio
libero-professionale, o comunque da un’attività di
natura autonoma, ad un’altra di carattere subordinata e viceversa, come pure, nell’ambito del
lavoro dipendente, da un datore di lavoro privato
ad un altro che rivesta la qualificazione di Pubblica amministrazione.
Tutto ciò può comportare (anzi la circostanza si
verifica quasi sempre) considerevoli riflessi sul
sottostante rapporto di assicurazione sociale il
quale, come è noto, risente appunto in modo
diretto delle specifiche modalità di svolgimento
del rapporto di lavoro, nonché del settore economico nel quale viene inquadrata l’attività svolta ed
infine della natura giuridica del datore di lavoro.
In particolare, così come si parla di “giungla retributiva”, allo stesso tempo si deve constatare la
sussistenza di una “giungla previdenziale”, la quale ultima, anzi, si manifesta alquanto più complessa se non addirittura maggiormente ingarbugliata
di quella retributiva.
Consapevole degli inconvenienti a cui andavano
incontro i lavoratori, spesso contro la loro volontà, l’ordinamento previdenziale si è dovuto preoccupare di introdurre alcuni istituti previdenziali
che li evitassero o che comunque ne riducessero
l’entità degli effetti: in questa occasione ci limiteremo a commentare una prima soluzione adottata in sede legislativa ormai oltre mezzo secolo fa
e che è rimasta operativa fino all’anno 2010, non
prima però di aver operato alcuni richiami sulla
classificazione tradizionale delle gestioni previdenziali, utilizzata frequentemente anche dal legislatore, in fondi esclusivi, sostitutivi ed integrativi
dell’Assicurazione generale obbligatoria (A. G. O.).
Le diverse tipologie di gestioni previdenziali
Nel corso dei decenni successivi alla data di istituzione della prima assicurazione sociale che ha
interessato la generalità dei lavoratori nel nostro
Paese (come sappiamo, l’A. G. O., acronimo di
“Assicurazione generale obbligatoria”, altrimenti
denominata “Assicurazione comune”, ed ancora
“Assicurazione collettrice”), che registra ormai
quasi un secolo di vita (la sua data di nascita
ascende infatti al lontano 1° luglio 1920), la specifica materia è stata sottoposta ad un processo
di sedimentazione normativa che ha provocato
la possibile coesistenza, in capo ad un medesimo
soggetto, di una pluralità di gestioni assicurative.
Inoltre, la triplice qualificazione attribuita alla
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FOCUS
suddetta forma di assicurazione sociale (giova
ripeterlo, “generale”, “comune” e “collettrice”) ha
fatto sorgere una contrapposizione dicotomica
tra la medesima, da una parte, e le altre forme
di previdenza, dall’altra parte, ancorchè introdotte prima o dopo l’A. G. O., tanto che le gestioni
diverse dall’Assicurazione generale obbligatoria
sono state qualificate come “Assicurazioni sociali
alternative” (v., in chiave di prassi istituzionale,
il punto 1 della circolare dell’INPS n. 142 del 5
novembre 2010).
Ma vi è di più! La sussistenza di numerose casse
di previdenza comporta anche l’erogazione di
trattamenti pensionistici differenziati, come pure
per ricondurre ad un unico comun denominatore
i diversi spezzoni contributivi, si rende necessario
ristorare le gestioni che erogano prestazioni di
ammontare più elevato mediante il versamento della riserva matematica (ricongiunzione dei
periodi contributivi), laddove invece, qualora il
pluriassicurato non intendesse sostenere tale
onere, la pensione sarebbe sì liquidata sulla base
di tutta la contribuzione accreditata, ma il metodo
di calcolo sarebbe notevolmente penalizzante a
motivo dell’utilizzo del sistema contributivo in luogo di quello retributivo (totalizzazione dei periodi
contributivi).
Al riguardo vale altresì la pena di chiarire che,
nonostante l’emanazione, nel corso degli anni
novanta dello scorso secolo, di norme rivolte
all’armonizzazione dei diversi Fondi pensione in
direzione dell’Assicurazione generale obbligatoria,
permangono, anche al momento in cui si scrive,
notevoli differenziazioni tra di loro.
Ciò su cui al momento preme porre l’accento è
tuttavia la classificazione storico-sistematica delle
forme di previdenza obbligatorie, tanto cara,
come già accennato, al legislatore, il quale, ogni
volta che emana una norma in materia previdenziale, non manca di fare ricorso, all’occorrenza,
alla terminologia tradizionale secondo la quale i
Fondi pensione, ovviamente quelli diversi dall’A.
G. O., sono raggruppati in Fondi esclusivi, Fondi
sostitutivi, Fondi esonerativi e Fondi integrativi
della stessa Assicurazione generale obbligatoria.
In relazione alla circoscritta indagine che si propone il presente lavoro, ci limiteremo a ricordare
che i “Fondi esclusivi” dell’A. G. O. sono quelli
amministrati dall’ormai ex INPDAP (ora confluito
all’INPS) e riguardano i dipendenti delle Pubbliche
amministrazioni (Stato, Regioni, Provincie, Comuni, Enti pubblici non territoriali, ecc.): alla data di
istituzione dell’A. G. O. (come ormai sappiamo, il
1° luglio 1920) a detti soggetti l’Ente di appartenenza già assicurava un trattamento di previdenza, per di più maggiormente vantaggioso rispetto
a quello che avrebbe erogato l’Assicurazione generale obbligatoria, per cui si ritenne opportuno
“escluderli” dall’obbligo contributivo a favore della
costituenda forma di previdenza (di qui appunto
la denominazione di “Fondi esclusivi”).
Risultano attualmente operativi i seguenti Fondi
esclusivi:
- la Gestione Separata dei Trattamenti Pensionistici ai dipendenti dello Stato (GSTPDS), altrimenti
denominata, più brevemente, Cassa Trattamenti
Pensionistici dello Stato (CTPS);
- la Cassa per le pensioni ai dipendenti degli enti
locali (CPDEL);
- la Cassa pensioni degli insegnanti di asili nido e
di scuole elementari parificate (CPI); - la Cassa per le pensioni ai sanitari (CPS), a cui
erano, e lo sono tuttora, iscritti i medici chirurghi
ed i veterinari dipendenti dello Stato, delle Province, dei Comuni e delle Istituzioni di pubblica
assistenza e beneficenza (IPAB); - la Cassa per le pensioni agli ufficiali giudiziari
(CPUG).
I “Fondi sostitutivi” dell’A. G. O. sono invece quelli
relativamente ai quali l’ordinamento previdenziale ha ritenuto di dover garantire un trattamento
differenziato (anche in questo caso più favorevole) rispetto a quello fornito dall’A. G. O. La giustificazione di tale regime di favore trova fondamento
sia nelle particolari caratteristiche del rapporto
di lavoro, sia in relazione alla maggiore forza
contrattuale che i prestatori d’opera potevano
far valere comparativamente alle altre categorie:
essi sono il Fondo elettrici, il Fondo dazio, il Fondo
autoferrotranvieri, il Fondo volo, il Fondo telefonici, il Fondo per i dirigenti di aziende industriali, il Fondo per i lavoratori dello spettacolo (ex
ENPALS), tutti amministrati dall’INPS, ed infine
il Fondo per i giornalisti, gestito, quest’ultimo,
dall’Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti
italiani (INPGI).
Per effetto dei decreti di armonizzazione con
l’Assicurazione generale obbligatoria, molti di
essi continuano a mantenere la qualificazione di
Fondi sostitutivi con riferimento alle sole anzianità contributive (e della corrispondente quota di
pensione) fatte valere prima dell’entrata in vigore
dei decreti medesimi.
Vanno annoverati tra i fondi sostitutivi anche il
Fondo dei dipendenti delle ferrovie dello Stato s.
p. a. ed il Fondo di quiescenza per i dipendenti
delle poste (gestito, quest’ultimo, dall’ex Istituto
Postelegrafonici, IPOST), ed ora anch’essi amministrati dall’INPS.
Il Fondo postelegrafonici, in particolare, sembrerebbe essere stato solo recentemente assimilato
ai fondi sostitutivi dell’A. G. O., dopo cioè la c. d.
“Riforma Monti/Fornero” (il decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214) laddove
precedentemente si qualificava in modo inconte-
pag. 15 - Edizione del 1 agosto - n. 78 - XIII del 2013
FOCUS
stabile come un Fondo esclusivo.
Il condizionale è d’obbligo in quanto, al punto
11. 5 della circolare dell’INPS n. 35 del 14 marzo
2012, l’Istituto previdenziale ha affermato, senza peraltro fornire motivazione alcuna, che “Nei
confronti degli iscritti al Fondo di quiescenza
delle Poste trovano applicazione le disposizioni
di cui all’art. 24 del decreto legge n. 201 del 2011,
convertito in legge n. 214 del 2011, relative alle
gestioni sostitutive dell’AGO.”
Ciò che suscita perplessità, a parte l’accennata
mancanza di motivazione, è la circostanza che dal
testo dell’art. 24, rubricato con il titolo di “Disposizioni in materia di trattamenti pensionistici”, non
si rileva cenno alcuno di tale presunta assimilazione: staremo a vedere gli sviluppi che tale situazione potrà assumere in seguito, e specificatamente
se sarà confermata la presa di posizione dell’INPS.
La prima parziale soluzione: la legge 2 aprile
1958, n. 322
In via preliminare occorre precisare che l’argomento oggetto del presente lavoro riguarda
unicamente i trasferimenti unidirezionali che
andavano (spiegheremo in seguito l’utilizzo del
tempo imperfetto) dai fondi esclusivi e sostitutivi
dell’Assicurazione generale obbligatoria verso la
medesima A. G. O, tralasciando di commentare le
altre intricate situazioni parimenti sussistenti, ed
in particolare quelle che si dirigono in senso opposto, vale a dire i trasferimenti dall’A. G. O. verso
i Fondi esclusivi ed esonerativi.
Prima dell’entrata in vigore del decreto legge 31
maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni,
dalla legge 30 luglio 2010, n. 122 (1° luglio 2010),
la relazione che intercorreva tra l’Assicurazione
generale obbligatoria e le altre due tipologie di
Fondi pensioni era di natura (ci si lasci passare
il termine) “morganatica”, vale a dire che l’Assicurazione generale obbligatoria era considerata
(a ragione, occorre convenire) di rango inferiore
rispetto ai Fondi esclusivi e sostitutivi, dal momento che l’A. G. O., non solo erogava prestazioni di entità meno elevata rispetto alle altre, ma
prevedeva altresì che le condizioni per l’accesso ai
trattamenti pensionistici fossero più severe.
L’ovvia conseguenza sarebbe stata che in caso di
eventuale trasferimento della contribuzione da
un Fondo esclusivo o sostitutivo presso l’Assicurazione generale obbligatoria, non avrebbe dovuto
conseguire alcun onere a carico del lavoratore
interessato all’operazione.
Occorre anche mettere in evidenza che la norma
in epigrafe sarebbe stata operativa unicamente
in ipotesi di cessazione dal servizio dei lavoratori
dipendenti iscritti presso i suddetti fondi senza
che ciò avesse comportato l’insorgenza del diritto
a pensione.
Recitava infatti l’articolo unico della legge 2 aprile
1958, n. 322, come modificato dall’art. 52, della
legge 30 aprile 1969, n. 153, ed ora abrogato
dall’art. 12, comma 12-undecies, dell’appena citata legge 30 luglio 2010, n. 122, che “In favore dei
lavoratori iscritti a forme obbligatorie di previdenza sostitutive della assicurazione per l’invalidità,
la vecchiaia e i superstiti o ad altri trattamenti di
previdenza che abbiano dato titolo all’esclusione
da detta assicurazione, deve essere provveduto,
quando viene a cessare il rapporto di lavoro che
aveva dato luogo alla iscrizione alle suddette forme o trattamenti di previdenza senza il diritto a
pensione, alla costituzione, per il corrispondente
periodo di iscrizione, della posizione assicurativa
nell’assicurazione obbligatoria per l’invalidità, la
vecchiaia e i superstiti, mediante versamento dei
contributi determinati secondo le norme della
predetta assicurazione.
L’importo di tali contributi è portato in detrazione,
fino a concorrenza del suo ammontare, dell’eventuale trattamento in luogo di pensione spettante
all’avente diritto.
Tali norme sono valide anche per il personale cessato dal servizio prima del 30 aprile 1958. Qualora
gli iscritti a dette forme obbligatorie di previdenza
abbiano ottenuto una liquidazione in luogo di
pensione per il corrispondente periodo di iscrizione, possono chiedere all’Istituto nazionale della
previdenza sociale la costituzione della posizione
assicurativa, mediante il versamento dei contributi alle stesse condizioni a cui li avrebbero versati
le gestioni previdenziali in applicazione della
presente legge.”
La scelta dell’Assicurazione generale obbligatoria
come gestione collettrice trovava giustificazione
nel fatto che al regime generale era iscritto (e per
la verità lo è tuttora) circa il 60-70 per cento dei
lavoratori operanti in Italia e che di conseguenza
maggiore sarebbe stata la possibilità che l’interessato, qualora si fosse rioccupato, avrebbe potuto
essere assicurato presso l’A. G. O., con l’ulteriore conseguenza che sarebbe stato più facile la
riunione dei nuovi spezzoni contributivi ai precedenti.
La legge n. 322, se pure, come si è già avuto modo
di sottolineare, rappresentò un considerevole
passo in avanti, lasciò tuttavia scoperte molte
altre situazioni, la più eclatante delle quali era il
passaggio inverso, vale a dire quello dell’occupazione da una azienda privata ad un’altra del
settore pubblico.
L’operazione di trasferimento dei contributi
presso l’A. G. O. era dunque del tutto gratuita e
poteva avvenire, come già accennato, al verificarsi
di due presupposti fondamentali, e cioè che fosse
cessato il rapporto di lavoro e che alla data di
detta cessazione non fosse maturato il diritto alla
pag. 16 - Edizione del 1 agosto - n. 78 - XIII del 2013
FOCUS
pensione.
Qualora invece l’assicurato avesse già conseguito
il requisito contributivo minimo per il diritto alla
prestazione, la stessa sarebbe poi stata concessa
alla data del verificarsi delle altre condizioni previste dall’ordinamento (per esempio, con riferimento alla pensione di vecchiaia, quello dell’età
anagrafica all’uopo stabilita).
Detti soggetti rimanevano pertanto “vincolati”, ai
fini dell’erogazione dei futuri trattamenti pensionistici, alla gestione di appartenenza originaria,
senza avere la possibilità di assemblare la propria
contribuzione presso un unico fondo di previdenza: qualora infatti avessero posto in essere una
ulteriore attività lavorativa comportante l’iscrizione ad un Fondo diverso dal precedente avrebbero
dovuto conseguire i requisiti contributivi minimi
anche presso tale ultima gestione.
Diversamente, l’ulteriore contribuzione versata
sarebbe andata perduta, con l’unica eccezione
di quella affluita nell’A. G. O., la quale, a mente
dell’art. 5 della legge 12 agosto 1962, n. 1338,
avrebbe dato luogo al riconoscimento della pensione supplementare.
Ma gli inconvenienti non finivano qui! Il trasferimento presso l’Assicurazione generale obbligatoria avrebbe comportato tre ordini di penalizzazioni, la prima delle quali consisteva, tanto per
fare un esempio, nella perdita dei cc. dd. “anni di
scivolo”: è noto infatti che per alcune professioni
(militari, forze di polizia, vigili del fuoco, guardie
carcerarie, carabinieri, guardia di finanza, ecc.), in
considerazione del particolare logorio psico-fisico
e sensoriale a cui le relative mansioni li sottopongono, la contribuzione relativa al servizio effettivo
viene maggiorata di un coefficiente che varia a
seconda tipologia dell’attività svolta (cc. dd. “aumenti del computo dei servizi”).
La seconda, sempre per il motivo appena accennato, si manifestava nella perdita del requisito
minimo anagrafico per il diritto alla pensione di
vecchiaia, limite che era (e ad onor del vero lo è
tuttora) notevolmente più basso rispetto a quello
previsto per la generalità degli altri lavoratori.
La terza riguardava il sistema di liquidazione del
trattamento pensionistico: sempre per rimanere
nell’esempio, ai dipendenti statali la base pensionabile è di natura c. d. “tabellare”, costituita
cioè dall’ultimo stipendio o dall’ultima paga o
retribuzione e dagli assegni o indennità percepiti
al momento della cessazione dal sevizio, aumentata, con riferimento alle anzianità fatte valere
fino al 31 dicembre 1992, del 18 per cento del
loro ammontare: ciò comporta indubbiamente il
riconoscimento di un surplus dell’importo della
pensione.
Altri esempi potrebbero essere fatti avuto riguardo alla generalità degli altri fondi sostitutivi
dell’Assicurazione generale obbligatoria, esempi
che, per motivi di spazio, eviteremo di percorrere.
Questo spiega perché, pur essendo la forma più
economica (era, come già detto, gratuita), il trasferimento dei contributi presso l’A. G. O. è stata
la meno richiesta dagli assicurati, attesi i minori
vantaggi che la pensione a carico di detta gestione
previdenziale offre rispetto alle prestazioni erogate
dalle forme assicurative esclusive ed esonerative
della stessa Assicurazione generale obbligatoria.
Con il sistema di cui alla legge 2 aprile 1958, n.
322, tali prerogative, peraltro sacrosante, se non
altro anche a motivo del fatto che gli importi dei
contributi versati sono di ammontare maggiore
rispetto alla stessa Assicurazione generale obbligatoria, venivano dunque perduti.
La legge 7 febbraio 1979, n. 29, rubricata con il
titolo di “Ricongiunzione dei periodi assicurativi
dei lavoratori ai fini previdenziali”, aveva esteso
(art. 1, comma 1) tale istituto previdenziale alla
generalità degli assicurati, per cui anche coloro
che avessero conseguito il diritto ad una pensione
autonoma a carico di un Fondo esclusivo od esonerativo dell’Assicurazione generale obbligatoria al
momento della cessazione dal servizio avrebbero
potuto, a domanda ed alternativamente, o trasferire, sempre a titolo gratuito, presso l’A. G. O. la
contribuzione fatta valere presso i fondi esclusivi e
sostitutivi della medesima, ovvero ricongiungere,
quasi sempre a titolo oneroso, presso questi ultimi, la contribuzione accreditata nell’Assicurazione
generale obbligatoria.
La situazione dicotomica appena illustrata è rimasta operativa fino alla più sopra citata data del 1°
luglio 2010, allorquando la legge 30 luglio 2010, n.
122, ha introdotto, lo vedremo a breve, l’istituto
previdenziale della ricongiunzione a titolo oneroso
dei periodi assicurativi ex legge n. 29 anche per
la fattispecie precedentemente tutelata, a titolo
gratuito, dalla legge 2 aprile 1958, n. 322, come
integrato dall’art. 1, comma 1, della legge 7 febbraio 1979, n. 29.
L’ulteriore penalizzazione introdotta dalla legge 30 luglio 2010, n. 122
Il sistema delle penalizzazioni non finisce purtroppo qui! Come accennato nel paragrafo precedente,
l’art. 12, comma 12-undecies, del decreto legge 31
maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, ha abrogato
la legge n. 322: in sua vece il comma 12-septies
dello stesso articolo ha previsto che l’utilizzo della
contribuzione fatta valere nei fondi sostitutivi
ed esclusivi dell’A. G. O. sarebbe stata possibile
unicamente con lo strumento della ricongiunzione,
con l’ulteriore aggravante della soppressione della
prerogativa della gratuità.
Recita infatti il suddetto comma che “A decorrere
pag. 17 - Edizione del 1 agosto - n. 78 - XIII del 2013
FOCUS
dal 1° luglio 2010 alle ricongiunzioni di cui all’articolo 1, primo comma, della legge 7 febbraio 1979,
n. 29, si applicano le disposizioni di cui all’articolo
2, commi terzo, quarto e quinto della medesima
legge. L’onere da porre a carico dei richiedenti è
determinato in base ai criteri fissati dall’articolo 2,
commi da 3 a 5, del decreto legislativo 30 aprile
1997, n. 184.”
La legge 30 luglio 2010, n. 122, ha dunque inferto
un colpo durissimo agli assicurati dei fondi esclusivi ed esonerativi dell’A. G. O. i quali devono ora
sostenere anche l’onere della riserva matematica
sulla quale è imperniato l’istituto previdenziale
della ricongiunzione.
In particolare fa carico al richiedente il 50 per cento dell’importo della riserva matematica detratti i
contributi trasferiti dal fondo esclusivo e/o sostitutivo maggiorati dell’interesse composto annuo
del 4,50 per cento.
La circostanza non è di poco conto, dal momento che il costo sotteso alla riserva matematica
è direttamente proporzionale, insieme ad altri
elementi (il sesso dell’assicurato, la retribuzione
percepita al momento della domanda, l’entità del
vantaggio che sul piano pensionistico i contributi
trasferiti fanno realizzare nella nuova gestione), all’età anagrafica del richiedente: se a ciò
si aggiunge che detta leva viene posta in essere
all’indomani dell’avvenuto accumulo, in capo al
soggetto interessato, di un considerevole numero di anni di copertura assicurativa (e di conseguenza in età anagrafica avanzata), si comprende
come coloro che abbiano interesse ad utilizzarla
dovranno sopportare una spesa di considerevole
entità che si giustifica solo in situazioni del tutto
eccezionali, circostanza che precedentemente
all’entrata in vigore della legge 30 luglio 2010, n.
122, invece non si verificava.
A mero titolo di esempio, la convenienza a ricongiungere i periodi di assicurazione ex lege n. 29,
nonostante gli inconvenienti appena elencati, si
potrebbe registrare allorchè i contributi da trasferire presso l’Assicurazione generale obbligatoria fossero necessari per il conseguimento del diritto alla
pensione calcolata secondo il metodo retributivo,
che richiede il possesso di almeno diciotto anni
di contribuzioni che si collochino temporalmente
prima del 31 dicembre 1995 e che, come molti
sapranno, è nettamente più favorevole rispetto a
quello contributivo.
Ulteriori elementi di valutazione dovranno essere esaminati, come di consueto, caso per caso.
Considerazioni conclusive
L’emanazione della legge 30 luglio 2010, n. 122,
rientrerebbe nell’inderogabile necessità di ridimensionare il “Welfare State”, che caratterizzerebbe la nostra epoca, almeno a dire delle forze
politiche che hanno governato il nostro Paese da
alcuni decenni (circostanza che chi scrive condivide
in minima parte).
Non si può comunque fare a meno, nel caso in
esame, di effettuare una critica durissima nei
confronti di coloro che hanno posto in essere un
provvedimento tanto penalizzante, che per giunta,
lo si è appena evidenziato, colpisce soggetti già
altrimenti danneggiati.
Si può anche condividere la necessità di realizzare
delle economie nel sistema della previdenza sociale: pur tuttavia ciò deve (o per lo meno, dovrebbe)
avvenire nei confronti di coloro che hanno dei
privilegi ingiustificati sul piano etico-morale e non
già relativamente a chi è già stato (e non poco,
aggiungeremmo noi) penalizzato.
L’auspicio è ovviamente che chi di competenza
ritorni sul piano normativo, sulla spinosa questione e ripristini almeno la situazione preesistente
alla legge n. 122 che, ancorchè presenti gli inconvenienti precedentemente accennati, eviti se non
altro il costo della ricongiunzione.
pag. 18 - Edizione del 1 agosto - n. 78 - XIII del 2013
FOCUS
I nuovi parametri e la forza delle idee
scrive
Luca De Compadri
Il provvedimento di approvazione dei parametri
rappresenta un importante ed ulteriore riconoscimento del ruolo del Consulente del lavoro
nel panorama ordinistico italiano nonché nella
capacità di assistenza globale del contribuente
nello svolgimento degli adempimenti necessari
per il regolare funzionamento della Pubblica
Amministrazione.
In tale Decreto Ministeriale (n. 46 del 21 febbraio
2013) infatti, viene legislativamente definita in
senso positivo la competenza del Consulente del
lavoro in materia fiscale e tributaria. Infatti:
-nell’art. 2 (“Tipologia di attività”), il quale delimita l’ambito delle competenze professionali
del Consulente del lavoro, alla lettera f) vengono
inseriti: il contenzioso fiscale, le dichiarazioni e
le prestazioni amministrative, contabili e fiscalitributarie;
-nell’art. 3 (“Definizioni”), il quale specifica ulteriormente il senso degli adempimenti attribuibili
al Consulente del lavoro, alla lettera f) viene
stabilito che per «consulenza e rappresentanza
tributaria» ha da intendersi: “la consulenza in
qualsiasi materia tributaria e l’intervento personale, quale mandatario del cliente, presso
gli uffici tributari, le commissioni tributarie e in
qualunque altra sede anche in relazione alle verifiche fiscali, nonché ogni adempimento amministrativo contabile e dichiarativo”.
L’art. 12, rubricato “Contenzioso fiscale, operazioni societarie, dichiarazioni e prestazioni
amministrative, contabili, fiscali-tributarie e formazione del bilancio”, stabilisce che il compenso
per il contenzioso fiscale, operazioni societarie,
dichiarazioni e prestazioni amministrative, contabili, fiscali-tributarie e formazione del bilancio
e’ liquidato utilizzando i parametri nella misura
indicata, al Capo III sezione prima in rubrica, Disposizioni concernenti Dottori Commercialisti ed
Esperti contabili, del decreto del Ministro della
giustizia n. 140 del 20 luglio 2012 e successive
modificazioni.
Orbene, tale decreto è immediatamente applicabile ad ogni tipo di controversia, insorta tra il
Consulente del lavoro ed un suo cliente, avente
ad oggetto la liquidazione dei compensi del Con-
sulente del lavoro stesso.
Ma ciò che preme sottolineare è il fatto che la
materia fiscale e tributaria, come testé descritta, appartiene alla competenza del Consulente
del lavoro. Ne deriva che la tesi secondo cui il
contratto, stipulato tra il Consulente del lavoro
ed un cliente per lo svolgimento delle attività
contabili e fiscali come su delineate, sarebbe affetto da nullità, rilevabile anche d’ufficio in ogni
stato e grado, risulta in realtà in contrasto con il
dettato normativo. Peraltro, l’articolato in esame
viene a sostituire l’ambito applicativo (seppure
nel contesto giudiziario) prima appartenuto alle
abrogate Tariffe professionali, senza intervenire, però, nella rimodulazione degli ambiti di
competenze professionali dei singoli Ordini. Ciò
significa che nel D.M. 21 febbraio 2013 n. 46, in
una interpretazione autentica, seppure atipica,
si prende inequivocabilmente atto che da sempre quelle materie specifiche appartengono alla
competenza del Consulente del lavoro. Non va
scordato che il decreto ministeriale ha forza di
legge e che nel sistema delle fonti del diritto può
rivestire il carattere di fonte normativa secondaria, laddove ponga un regolamento. Ebbene, nel
caso di specie è stato posto un Regolamento (!),
il quale viene emanato in conseguenza di quanto
disposto dall’art. 9, comma 2, primo periodo, del
decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito,
con modificazioni,legge 24 marzo 2012, n. 27,
che prevede “nel caso di liquidazione da parte
di un organo giurisdizionale, il compenso del
professionista”, appartenente alle professioni
regolamentate nel sistema ordinistico, “è determinato con riferimento a parametri stabiliti con
decreto del Ministro vigilante”.
Credo, quindi, che debba essere riconosciuto al
Consiglio Nazionale ed in particolare al Presidente Marina Calderone il grande merito di avere
saputo intervenire con efficacia politica e competenza giuridica nella “vexata quaestio” in esame,
la cui risoluzione positiva per il Consulente del
lavoro consolida in via definitiva la centralità del
nostro Ordine professionale “nel sistema-Paese”.
Su questa strada è necessario proseguire, impegnandoci tutti a sostenere lealmente l’azione del
Consiglio Nazionale e della nostra Presidente,
volta a ridefinire le nostre regole interne alla
luce delle nuove competenze fin qui acquisite
e di quelle che, ne sono certo, arriveranno in
futuro.
pag. 19 - Edizione del 1 agosto - n. 78 - XIII del 2013
FOCUS
Spettacolo e contratto a termine
Occasione mancata
scrive
Giuseppe De Biase
Con il D. L. 76/2013 si è nuovamente intervenuti
sulla disciplina del contratto a termine, ridisegnando ancora una volta il D.Lgs 368/2001.
Ogni nuovo governo aggiunge, modifica, stralcia
articoli con l’intento di migliorare la disciplina
del contratto a termine e di renderlo sulla carta
più adattabile al nuovo mercato del lavoro e
alla flessibilità richiesta dallo stesso.
Ma ogni governo fino ad oggi, sembra essersi
dimenticato del mondo dello spettacolo, della
sua peculiarità, della necessità di rivedere la
legislazione sociale dello spettacolo ferma ad
un Dlgs CPS del 1947, tanto da ritenere il settore dello spettacolo marginale e non degno di
attenzione.
Quindi si continua a parlare di interventi sul
contratto a termine, su come effettuare nuove
modifiche in vista dell’Expo 2015, dimenticando che tale tipologia di contratto è la tipologia
prevista dalla Legge oltre ad esser la più adatta,
per scritturare i lavoratori dello spettacolo del
primo gruppo di cui all’art. 3 del DCPS 708/47.
Il legislatore del 1962 è stato sicuramente più
lungimirante nel prevedere una eccezione al
divieto generale di assunzione a tempo determinato per il settore dello spettacolo (Legge
230/1962).
Tale eccezione è stata soppressa dal D.Lgs
368/2001, ritenendo che i lavoratori dello
spettacolo appartenenti al primo gruppo attori,
cantanti, orchestrali...fossero gestibili come un
operaio metalmeccanico o un salumiere, con
l’unica differenza che l’evento spettacolo è per
sua natura sporadico e limitato nel tempo.
Il mondo dello spettacolo è fatto da tante
piccole realtà imprenditoriali che si affannano per promuovere eventi o singoli spettacoli
anche con fini culturali, che non conoscono a
priori le possibili richieste per dar vita al singolo spettacolo né quando si realizzerà e che
quindi si ritrovano a dover fare i conti con una
legislazione del contratto a termine che minac-
cia di veder trasformato il rapporto di lavoro a
termine instaurato per esempio con un attore,
se dopo alcuni giorni e non dopo 10 giorni di
pausa (60 giorni per la Fornero), si presentasse
l’opportunità di dare vita ad una nuova replica
dello spettacolo.
Vi immaginereste un attore che in una commedia ricopre il ruolo di Don Chisciotte, il cui rapporto di lavoro fosse trasformato per quanto
sopra a tempo indeterminato? Sarebbe condannato a fare il Don Chisciotte a vita.
Il legislatore sembra non ricordare la peculiarità e la caratteristica della previdenza ex Enpals di detti lavoratori per cui necessitano 120
giornate lavorative per l’accredito di un anno , e
delle modalità di pagamento della contribuzione per singole giornate lavorate.
Il paradosso è che negli ultimi anni esponenti
degli schieramenti più vari hanno presentato
delle proposte di Legge di rivisitazione del Dlgs
368/2001 che escludeva i lavoratori dello spettacolo dalla applicazione di quelle disposizioni
incoerenti rispetto alla tipologia di detto settore.
Posso citare il progetto di Legge del 31/07/2012
presentato all’indomani della Legge Fornero in
maniera bi-partisan dai senatori Ichino, Treu,
Castro, Serra Germontani e altri ancora.
Il progetto di Legge che va nella stessa direzione, presentato nell’ordine del giorno del Senato
n. G/3249/3/11 al DDL. nr. 3249 dai senatori
Vita, De Luca, Ghedini, Nerozzi e altri ancora.
E allora cosa si aspetta a fare piccole modifiche
che diano certezza e applicabilità del contratto
a termine alle aziende dello spettacolo?
Basterebbe rendere non applicabile per il
mondo dello spettacolo il comma 4 e 5 dell’art.
5 Dlgs. 368/2001 (divieto di stipulare non prima
di 10 giorni un altro contratto a termine).
Basta Poco.
E poi l’Expo 2015 è un evento si importante
ma passeggero, le realtà imprenditoriali dello
spettacolo sono realtà già esistenti e che rimarranno anche dopo il 2015.
pag. 20 - Edizione del 1 agosto - n. 78 - XIII del 2013
FOCUS
Unico 2013: le principali anomalie
da studi di settore
scrive
Celeste Vivenzi
Il software GERICO 2013 effettua un controllo derivante dall’insieme di diversi indici:
1) congruità dei ricavi dichiarati;
2) INE ovvero indici di normalità economica;
3) indici di coerenza economica;
4) correttivi anti-crisi;
5) correttivi non legati alla crisi.
TABELLA INDICI INE
A COSA SERVONO GLI INE
ELENCO DEI PRINCIPALI INE
Incidono sulla congruità del contribuente; barrando la casella contenuta nel sofware gerico
possono essere disapplicati e modificati in via
autonoma dal contribuente.
Ammortamento / valore storico Beni strumentali; Canoni leasing/valore storico; leasing; durata
delle scorte; incidenza costo venduto sui ricavi;
incidenza dei costi residui sui ricavi; rendimento
orario; percorrenza giornaliera taxi; consumo
carburante taxi; costo al litro carburante per
autotrasportatori; resa consumi energia elettrica; un nuovo INE è rappresentato dall’assenza
di valore dei beni strumentali con lo scopo di incrociare i dati indicati nella parte contabile dello
studio; molto importante per i professionisti è il
rendimento orario che misura il valore aggiunto
prodotto.
TABELLA INDICI DI COERENZA
Secondo quanto dettato dalla nota tecnica e metodologica gli indicatori di coerenza economica basati su anomalie sono i seguenti:
a) incoerenza nel valore delle rimanenze finali e/o delle esistenze iniziali relative ad opere, forniture
e servizi di durata ultra-annuale;
b) valore negativo del costo del venduto, comprensivo del costo per la produzione di servizi;
c) valore negativo del costo del venduto, relativo a prodotti soggetti ad aggio o ricavo fisso;
d) valore del costo del venduto, relativo a prodotti soggetti ad aggio o ricavo fisso, superiore al valore dei corrispondenti ricavi;
e) presenza anomala di costi o ricavi relativi a prodotti soggetti ad aggio o ricavo fisso;
pag. 21 - Edizione del 1 agosto - n. 78 - XIII del 2013
FOCUS
f) mancata dichiarazione delle spese per beni mobili acquisiti in dipendenza di contratti di locazione
non finanziaria in presenza del relativo valore dei beni strumentali;
g) mancata dichiarazione delle spese per beni mobili acquisiti in dipendenza di contratti di locazione
finanziaria in presenza del relativo valore dei beni strumentali;
h) mancata dichiarazione del valore dei beni strumentali in presenza dei relativi ammortamenti;
i) mancata dichiarazione del numero e/o della percentuale di lavoro prestato dagli associati in partecipazione, in presenza di utili spettanti agli associati in partecipazione con apporti di solo lavoro:
l) margine per addetto non dipendente: ovvero capacità dell’impresa di remunerare il lavoro non
dipendente;
m) resa del capitale rispetto al valore aggiunto: misura il valore creato dall’uso dei beni strumentali;
n) vi sono poi indici specifici per alcune categorie (ad esempio resa chilometrica per le attività di
noleggio, numero dei pasti per le attività di mensa, ricavo medio per pratica per le attività di pratiche
automobilistiche ecc.)
TABELLA CORRETTIVI ANTICRISI – NUOVO QUADRO T
CORRETTIVO DURATA DELLE SCORTE
CORRETTIVI PER LA CRISI SPECIFICI
CORRETTIVI CONGIUNTURALI DI SETTORE
CORRETTIVI CONGIUNTURALI INDIVIDUALI
INDICAZIONE DATI CONTABILI ANNI 2010 E 2011
Tiene conto dell’eventuale aumento delle rimanenze a causa della crisi; tiene conto della riduzione dei ricavi 2012 per la crisi e delle rimanenze
iniziali.
Si tratta: costo carburante, credito per caro
petrolio, familiare che svolge attività esclusiva di
segreteria.
Tiene conto delle riduzioni delle tariffe per le
seguenti attività professionali: biologi, notai,
consulenti e commercialisti, ingegneri e architetti,
geometri, agronomi e agrotecnici.
Tengono conto del possibile incasso ritardato dei
compensi professionali che il professionista ha
avuto come incarico.
Se lo studio non è stato presentato ad esempio
per il 2010 in quanto l’attività era esclusa occorre
indicare i costi e i ricavi come se lo studio fosse
stato presentato; se invece nel periodo oggetto di
indicazione non sono stati conseguiti ricavi, non è
possibile beneficiare dei correttivi.
TABELLA DEI CORRETTIVI NON LEGATI ALLA CRISI
SPESE PER APPRENDISTI - Quadro x
Tale spesa non viene presa in considerazione
per il valore contabile indicato ma per il minore
importo calcolato dal correttivo (il software Gerico contiene una funzionalità utile al calcolo). La
riduzione tiene conto della durata del contratto di
apprendistato e del tempo di apprendistato effettuato. Utile compilare il rigo in maniera corretta
per usufruire della agevolazione.
pag. 22 - Edizione del 1 agosto - n. 78 - XIII del 2013
FOCUS
QUOTA PER AFFITTO LOCALI Quadro x
Valore dei beni strumentali
ANZIANITA’ PROFESSIONALE
Indicare le spese sostenute per la locazione, corrisposte per l’utilizzo di strutture polifunzionali;
anche in questo caso il software Gerico applica
un correttivo ai fini del calcolo riducendo le spese.
Alcuni studi prevedono l’indicazione del valore
beni strumentali secondo il periodo di possesso
(es. nei primi 5 anni, oltre i 5 anni ecc.): il software provvede anche in questo caso al calcolo del
valore corretto secondo le indicazioni fornite.
Per i professionisti viene chiesta l’indicazione
dell’anzianità professionale. Tale dato incide sul
calcolo causando una sorta di crescita dei ricavi
per un certo periodo ovvero una stabilizzazione
o decrescita per altri periodi.
LE COMUNICAZIONI DI ANOMALIE DA STUDI DI SETTORE E I RIFLESSI SUL MODELLO
UNICO 2013
L’Agenzia delle Entrate sta inviando ai Contribuenti le Comunicazioni di anomalia riscontrate nei
modelli studi di settore inviati per i periodi d’imposta 2010 e 2011. La comunicazione può essere
inviata sia al Contribuente e sia all’intermediario fiscale se vi è la presupposizione che tali anomalie
dipendano da ipotetici errori nella trasmissione telematica della dichiarazione. Tali soggetti dovranno poi rispondere alle richieste attraverso l’apposito software messo a disposizione denominato “Comunicazioni anomalie”. La richiesta di chiarificazione da parte dell’Amministrazione è sorretta dalla
convinzione che spesso si ricorre all’indicazione infedele ovvero alla omissione dei dati con lo scopo
di ridurre i ricavi richiesti da Gerico; l’Agenzia raccomanda di adottare comportamenti più consoni
nella compilazione del modello UNICO 2013 onde evitare l’inserimento dei contribuenti in liste da
sottoporre a controllo.
TABELLA DELLE ANOMALIE COMUNICATE E POSSIBILI GIUSTIFICAZIONI AGLI
SCOSTAMENTI
Incoerenza rimanenze finali 2010 e rimanenze
iniziali 2011
Gestione del magazzino
In effetti le rimanenze finali di un esercizio devono coincidere con quelle iniziali del prossimo
esercizio; in questo caso siamo in presenza di un
errore materiale.
Comprendono gli indici della durata delle scorte
magari troppo alte rispetto al settore di appartenenza; la comunicazione di anomalia prevede la
compilazione di un prospetto riepilogativo delle
rimanenze per chiarire la situazione oggetto di
richiesta. Il dato potrebbe significare rimanenze
gonfiate appositamente dal contribuente. Diverso è il caso del contribuente che a fine anno si è
approvvigionato volontariamente per sfruttare
prezzi vantaggiosi (in questo caso sarà sua cura
spiegare il tutto all’Agenzia).
pag. 23 - Edizione del 1 agosto - n. 78 - XIII del 2013
FOCUS
Mancata indicazione valore beni strumentali e
delle quote di ammortamento
Anche in questo caso l’indicazione delle quote di
ammortamento rende necessaria l’indicazione del
valore dei beni strumentali; anche in questo caso
siamo in presenza di errore materiale.
Incidenza dei costi residuali rispetto ai ricavi
Il contribuente potrebbe giustificare tali costi
dichiarati
ad esempio con le deduzioni forfettarie degli
autotrasportatori, con deduzioni IRAP 10% e sul
valore del costo del personale.
Indicazione di soci con percentuali lavorative infe- È utile verificare se i soci svolgono anche altre
riori al 50% in assenza di altri addetti e di giorna- attività lavorative.
te di apertura superiori a 300
Non corretta indicazione del numero dei soci e
Verificare l’assenza per malattia e lo svolgimento
associati , non corretta indicazione delle ore di
di altre attività che rendono possibile l’effettuaattività prestate e delle settimane di lavoro
zione di minori ore lavorate.
Presenza per un triennio della causa di esclusione da studi di settore n.7- altre situazioni di non
normale svolgimento dell’attività
Verificare se la causa presenta anomalie o se
corrisponde al vero.
Altri indici di anomalia
Presenza valore negativo del costo del venduto;
codice attività non congruo con i dati strutturali
indicati nel modello.
pag. 24 - Edizione del 1 agosto - n. 78 - XIII del 2013
quesiti
a cura di
Paola Diana Onder
Coordinatrice
Centro Studi Nazionale Ancl
F24, come compilarlo
nel caso in cui
un’azienda prenda
in carico debiti e crediti
di un’altra che
ha cessato attività?
quesito
L’azienda “A” ha cessato l’attività in data 31/12/2012- DAL 01/01/2013, i dipendenti sono stati incorporati dall’azienda “B” peraltro già esistente nel 2012. Il conguaglio fiscale, libro unico e DM sono a carico
dell’azienda “A” ma il mod F24 verrà pagato dall’azienda “B” (avendo preso in carico sia i debiti che i
crediti dell’azienda “A”). Come deve essere compilato il modello F24 nella sezione contribuente? (Azienda
“A” o “B”) deve essere indicato il codice fiscale del coobbligato?
Risposta
Esperto:
Cristiana Michieli
Dal tenore del quesito sembra di poter comprendere che si tratti di un’operazione societaria straordinaria con estinzione del sostituto d’imposta. Come previsto dall’attuale normativa in tali fattispecie il
soggetto che succede nei precedenti rapporti è tenuto ad effettuare ogni adempimento, compresa dichiarazione dei sostituti d’imposta che deve essere comprensiva anche dei dati relativi al periodo dell’anno in cui il soggetto estinto ha operato. Questo implica che il modello F24 relativo all’ultimo versamento
dovrà essere intestato al soggetto che succede nei rapporti. Ovviamente la matricola inps sarà quella
del soggetto estinto. In sede di dichiarazione andranno inserite tutte quelle informazioni richieste per le
operazioni societarie straordinarie.
pag. 25 - Edizione del 1 agosto - n. 78 - XIII del 2013
quesiti
è possibile attivare
un tirocinio in una
ditta che ha già
apprendisti assunti?
quesito
Vorrei conoscere il vostro parere circa la possibilità di instaurare un tirocinio in una Ditta che ha alle
proprie dipendenze solo n. 3 apprendisti assunti successivamente al 04/2012 ai sensi del Testo Unico
167/11 e quindi considerati a tutti gli effetti contratti a tempo indeterminato.
Soluzione proposta. Essendo contratti a tempo indeterminato a tutti gli effetti si propende per una
risposta affermativa; l’unico dubbio è la parte formativa dei contratti a tempo indeterminato che non si
conciliano con il tirocinio.
Risposta
Esperto:
Renzo La Costa
Pur se la scelta del legislatore di consentire la facoltà di recesso anche da parte datoriale al termine della
formazione , può far dubitare della tipologia indeterminata del rapporto di apprendistato, l’art. 1 del
dlgs 167/2011 stabilisce che la detta tipologia contrattuale è – a tutti gli effetti – un rapporto di lavoro
subordinato a tempo indeterminato.In applicazione alle nuove modalità operative come introdotte dalla
legge 92/2012 ed in ossequio alle linee guida deliberate dalla Conferenza permanente per i rapporti tra
lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano in data 24 gennaio 2013, può attivarsi il
numero massimo di un tirocinio nelle unità operative con non più di cinque dipendenti a tempo indeterminato.Si concorda quindi sulla legittima possibilità di attivare il tirocinio in presenza di 3 lavoratori
apprendisti, avendo cura – ovviamente – di individuare nella persona del titolare il tutor previsto dalla
normativa, in quanto responsabile dell’attuazione del piano formativo e dell’inserimento e affiancamento
del tirocinante sul luogo di lavoro per tutto il periodo previsto dal progetto formativo.Né nella richiamata
legge 92/2012 né nelle linee guida da ultimo adottate, risulta peraltro alcun espresso divieto applicabile
al caso esposto nel quesito.
pag. 26 - Edizione del 1 agosto - n. 78 - XIII del 2013
quesiti
Subentro di una cooperativa
in appalto pubblico,
c’è l’obbligo di acquisire
tutto il personale?
quesito
Premesso che: a) una Cooperativa sociale deve subentrare ad un’altra nell’appalto del servizio sociale di
assistenza domiciliare agli anziani del Comune; b) entrambe le Cooperative, sia cedente che subentrante,
applicano il CCNL delle Cooperative Sociali e pertanto sono obbligate al rispetto dell’art. 37; c) la Cooperativa sociale cessante ha svolto il servizio oggetto dell’appalto dal 1.02.2012 al 30.11.2012 con personale
inquadrato con Co.Co.PRO fino al 30.11 e dal 1.11.2012 al 30.11.2012 (data fine appalto) lo ha trasformato in lavoro dipendente. Tutto ciò premesso, vorrei sapere se: 1) la Cooperativa sociale subentrante ha
comunque l’obbligo di acquisire tutto il personale nonostante sia stato trasformato in subordinato solo
in prossimità della cessazione del servizio e addirittura di alcune figure (assistenti sociali) ne ha già in
organico più d’uno anche come soci; 2) la Cooperativa subentrante ha l’obbligo di acquisire una lavoratrice che dovrebbe svolgere le mansioni di COORDINATRICE ma ha il titolo di Educatrice sociale e non di
Assistente sociale, come richiede il nuovo appalto.
Soluzione proposta. L’intenzione della Cooperativa subentrante è quella di rinunciare solo alle uniche
2 figure con professionalità elevata (liv. D2) perchè ha già in organico tali soggetti e tra l’altro fra i soci
stessi, mentre acquisirà sicuramente le rimanenti 16 addette al servizio quali operatrici. Il mio dubbio,
in merito all’assunzione delle 2 figure, è riposto esclusivamente sulla interpretazione delle lettere B e
D dell’art. 37 del CCNL (...nel caso in cui siano rimaste invariate le prestazioni richieste...) delle Coop.
Sociali in quanto i due appalti hanno delle diversità fra loro e cioè: a) le prestazioni richieste sono variate in quanto prima si richiedeva l’assistenza oltre che agli anziani anche ai portatori di handicap e alle
loro famiglie, mentre con il nuovo appalto il servizio è rivolto esclusivamente agli anziani; b) in merito al
personale, prima non vi era alcun obbligo di inquadramento mentre nel nuovo servizio vi è l’obbligo di
inquadramento secondo il vigente CCNL; c) nel precedente servizio non era richiesta alcuna figura D2
mentre adesso vengono richieste esclusivamente 2 assistenti sociali di cui 1 quale coordinatrice; d) sono
variati sia la durata dell’appalto che l’importo.
Risposta
Esperto:
Paola Maschietto
Sotto la spinta dell’esperienza comunitaria, normativa e giurisprudenziale, il mutamento della titolarità
dell’appalto di servizi è stato sempre più letto dal legislatore come un processo speciale, composito,
concertativo, funzionale a rendere compatibili le diverse esigenze: non solo quelle dell’azienda, ma anche
quelle dei lavoratori coinvolti. 1) La cooperativa è tenuta ad applicare ai lavoratori in forza il trattamento
economico e normativo previsto dai contratti collettivi di lavoro, nazionali, territoriali ed aziendali vigenti
all’atto del trasferimento dell’appalto. Tale previsione è finalizzata a tutelare i lavoratori garantendo loro
la protezione offerta dalla contrattazione collettiva che regolava il loro rapporto, soprattutto nel caso
in cui la cooperativa subentrante non applichi alcun contratto collettivo. Gli accordi in essere possono
essere sostituiti da altri contratti collettivi di pari livello, il che non implica la garanzia di eguali condizioni,
pag. 27 - Edizione del 1 agosto - n. 78 - XIII del 2013
quesiti
potendo accadere che vi sia un peggioramento determinato dalla loro sostituzione. Tale peggioramento
però non può pregiudicare i diritti acquisiti dal lavoratore nel corso della precedente contrattazione.
Occorre tener presente che nella prassi questa sostituzione viene solitamente accompagnata da contratti
ad hoc, così detti “di armonizzazione”, che hanno la finalità di garantire una equilibrata transazione tra
i due contratti. 2) La Cassazione ha osservato che il subentro di altra ditta nell’appalto non può essere
di per sé considerato giustificato motivo di licenziamento, anche se la legge non esclude la possibilità di
attivare la procedura dei licenziamenti collettivi per riduzione di personale. Sono sempre possibili licenziamenti motivati da esigenze tecnico-produttive del cedente, o da ristrutturazioni aziendali programmate, purché avvengano nel rispetto della disciplina e delle procedure applicabili. L’eventuale licenziamento
di personale non potrà prescindere dalla sussistenza di una giusta causa o di un giustificato motivo,
ai sensi della disciplina limitativa del licenziamento: il fatto di avere le stesse professionalità trai i soci
sicuramente non lo è. Ove venisse illegittimamente disposto il recesso, graverà sul subentrante l’obbligo
di ripristinare il rapporto di lavoro, che si considererà come mai interrotto. In caso di licenziamento del
lavoratore, in occasione della chiusura dell’appalto precedente e l’immediata riassunzione, il datore di
lavoro deve provare di non avere alcun intento fraudolento, o l’effettivo, esplicito ed anteriore consenso
del lavoratore alla risoluzione immediata, altrimenti il rapporto di lavoro sarà considerato come se non si
fosse mai stato interrotto.
Il periodo di prova
deve essere inteso
per tutti i contratti
a termine?
quesito
Il ccnl, a proposito dei contratti a termine e aziende stagionali, prevede un periodo di prova di 10 giorni.
Questo periodo di prova deve essere inteso solo per gli stagionali oppure per tutti i contratti a termine?
Soluzione proposta. Secondo me vale solo per gli stagionali.
Risposta
Esperto:
Cristiana Michieli
Come già proposto dal collega il periodo di prova previsto vale solo per i contratti a termine di natura
stagionale. Infatti, questa disciplina trova una propria specifica collocazione nel contratto collettivo nel
Titolo XI, capo III, nella parte speciale del contratto del settore turismo.
pag. 28 - Edizione del 1 agosto - n. 78 - XIII del 2013
quesiti
Scatti di anzianità,
come calcolarli?
quesito
L’articolo 56 disciplina gli scatti di anzianità, prevedendo un aumento degli importi a partire dal
01.01.2009. Il dubbio concerne se si deve rivalutare gli scatti maturati precedentemente tale data.
Soluzione proposta. Dalla lettura della norma contrattuale la mia interpretazione è che gli scatti di anzianità maturati precedentemente il 01.01.2009 non vadano rivalutati e tutti gli scatti di anzianità maturati successivamente tale data vadano erogati con i nuovi importi; per cui per un impiegato di 4° livello
assunto il 04.11.2002 che a dicembre 2012 ha maturato il 5° e ultimo scatto di anzianità, l’importo complessivo degli stessi è pari a euro 51,94, derivante da 3 scatti maturati antecedentemente il 01.01.2009
(9,62 x 3) e gli ultimi 2 scatti maturati successivamente a tale data (11,54 x 2). In attesa di un Vs cosrtese
cenno porgo i miei più cordiali saluti.
Risposta
Esperto:
Antonio Stella
Il testo esplicitato nell’art. 56 del CCNL Edilizia artigiana relativo agli scatti di anzianità previsti per il personale impiegatizio non rappresenta di certo un esempio di chiarezza a livello di disposto contrattuale.
Come si puo’ desumere dal confronto con il precedente testo relativo al medesimo articolo tratto dal
CCNL del 1 gennaio 2004, a decorrere dal 1° gennaio 2009 risultano solo leggermente modificati i valori
relativi agli scatti, restando di fatto invariata la parte restante del testo che risente ancora della fase transitoria dell’istituto riferita a periodi ante 1980. Lo stesso problema a livello di ermeneutica contrattuale è
presente nel CCNL Edilizia industria quasi speculare nel testo. Considerato che con l’ultimo rinnovo del
CCNL per espressa previsione del nuovo art. 56 i nuovi valori sono preceduti dall’indicazione “ A decorrere dal 1° gennaio 2009”, quando ben poteva essere lasciata la precedente decorrenza del 1 gennaio 1986
con conseguente pacifica rivalutazione di quanto in precedenza maturato, si ritiene che gli importi ante
e post 2009 abbiano ad essere diversamente valorizzati in base ai parametri contenuti nei singoli accordi
di rinnovo.
All.to Art. 56 CCNL 1.1.2004
Art. 56
(Aumenti periodici di anzianità)
A decorrere dal 1º gennaio 1986 l’impiegato ha diritto, per ogni biennio di anzianità di servizio presso la
stessa impresa, ad uno scatto biennale, per un massimo di cinque scatti, secondo i valori mensili sottoindicati per ciascuna categoria: Impiegato 1ª super (7º livello): euro 13,94; Impiegato 1ª (6º livello): euro
12,85; Impiegato 2ª A (5º livello): euro 10,46; Impiegato 2ª B (4º livello): euro 9,62; Impiegato 3ª (3º livello):
euro 8,99; Impiegato 4ª (2º livello): euro 8,22.
Gli aumenti periodici di anzianità decorrono dal primo giorno del mese immediatamente successivo a
quello in cui si compie il biennio di anzianità.
Gli aumenti periodici di cui al presente articolo assorbono gli aumenti già concessi per lo stesso titolo.
Gli aumenti periodici di anzianità non possono comunque essere assorbiti da precedenti o successivi
aumenti di merito, nè gli aumenti di merito possono essere assorbiti dagli aumenti periodici maturati o
da maturare.
In caso di passaggio a categoria superiore sarà mantenuto all’impiegato l’importo in cifra degli aumenti
periodici maturati nelle categorie di provenienza.
La frazione di biennio in corso al momento del passaggio di categoria sarà considerata utile agli effetti
della maturazione del biennio della nuova categoria.
pag. 29 - Edizione del 1 agosto - n. 78 - XIII del 2013
news
Protocollo d’intesa tra Ancl e CNCE
Al termine di un approfondito confronto, è stato sottoscritto tra Ancl e Commissione Nazionale Casse Edili
un protocollo d’intesa per la reciproca collaborazione nelle materie specifiche di competenza della CNCE e
Consulenti del Lavoro. Il protocollo sottoscritto rappresenta una integrazione/continuazione del protocollo
già sottoscritto nel 2006, e rappresenta il rinnovo della volontà a creare condizioni sinergiche tra le parti.
Il documento si pone come obbiettivo la costituzione di un tavolo di lavoro e confronto tra l’Associazione ed
i rappresentanti della CNCE utile alla risoluzione dei problemi che affliggono il settore edilizio e delle problematiche connesse ad adempimenti amministrativi.
Si individueranno anche specifiche materia di studio e approfondimento sulla semplificazioni dei sistemi
informatici e sul rilascio del DURC. L’avvio dell’intesa sarà presentata in una conferenza stampa cui parteciperanno il Presidente Nazionale Ancl Francesco Longobardi ed il Presidente nazionale CNCE Giorgio Forlani.
Il testo del protocollo d’intesa è consultabile sul portale www.anclsu.com.
Approvato in Senato il nuovo DL 76/2013
Recepita pienamente la proposta Ancl
Il presidente nazionale Ancl, Francesco Longobardi, ha espresso grande soddisfazione a seguito della approvazione in senato del nuovo testo del DL 76. Nei giorni scorsi lo stesso presidente aveva reso noto di aver
presentato un emendamento all’art. 1 con il quale si intendeva garantire ai datori di lavoro la certezza dello
sgravio contributivo previsto per le nuove assunzioni. L’emendamento prevedeva nuove modalità di concessione dei benefici, tali da assicurare al datore di lavoro l’accesso alle risorse finanziarie. Si proponeva quindi
una preliminare domanda del datore di lavoro, la successiva comunicazione dell’Inps di assicurazione di
capienza delle risorse, e la succesiva comunicazione del datore di avvenuta assunzione.
Tutto ciò, pienamente recepito nel testo approvato al Senato che così recita:
«14. L’incentivo di cui al presente articolo è riconosciuto dall’INPS con le modalità di cui al presente comma.
L’Istituto provvede, entro tre giorni dalla presentazione della domanda di ammissione al beneficio da parte
del soggetto interessato, a fornire una specifica comunicazione in ordine alla sussistenza di una effettiva
disponibilità di risorse per l’accesso al beneficio medesimo. A seguito della comunicazione di cui al precedente periodo, in favore del richiedente opera una riserva di somme pari all’ammontare previsto del beneficio
spettante sulla base della documentazione allegata alla domanda e allo stesso richiedente è assegnato un
termine perentorio di sette giorni lavorativi per provvedere alla stipula del contratto di lavoro che dà titolo
all’agevolazione. Entro il termine perentorio dei successivi sette giorni lavorativi, lo stesso richiedente ha
l’onere di comunicare al competente ufficio dell’INPS l’avvenuta stipula del contratto che dà titolo all’agevolazione. In caso di mancato rispetto dei termini perentori di cui ai periodi che precedono, il richiedente decade
dalla riserva di somme operata in suo favore, che vengono conseguentemente rimesse a disposizione di ulteriori potenziali beneficiari.
L’incentivo di cui al presente articolo è riconosciuto dall’INPS in base all’ordine cronologico di presentazione
delle domande cui abbia fatto seguito l’effettiva stipula del contratto che dà titolo all’agevolazione e, in caso
di insufficienza delle risorse indicate, valutata anche su base pluriennale con riferimento alla durata dell’incentivo, l’INPS non prende più in considerazione ulteriori domande con riferimento alla regione per la quale
è stata verificata tale insufficienza di risorse, fornendo immediata comunicazione anche attraverso il proprio
sito internet istituzionale. L’INPS provvede al monitoraggio delle minori entrate valutate con riferimento alla
durata dell’incentivo, inviando relazioni mensili al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero
dell’economia e delle finanze»
“Questo notevole risultato - ha commentato il presidente Francesco Longobardi - oltre ad essere di grande
vantaggio e semplificazione per il datore di lavoro ed il Consulente del Lavoro, si spera possa essere di esempio per prossime normative affinchè si adottino sempre più meccanismi certi ed efficaci che evitino indecisioni applicative, nella direzione della progressiva semplificazione delle procedure”.
pag. 30 - Edizione del 1 agosto - n. 78 - XIII del 2013
CHI SIAMO
Dirigenti e sedi Associazione Nazionale
Consulenti del Lavoro Sindacato Unitario
UFFICIO DI PRESIDENZA NAZIONALE
Da chi è composto l’Ufficio di presidenza
Presidente Nazionale Francesco Longobardi
Vice Presidente Nazionale Vicario Stefano Sassara
Segretario Tesoriere Luca Bonati
Segretario Amministrativo Romana Bettoni
Coordinatore del Centro Studi Professionale Paola Diana Onder
Componenti Claudio Faggiotto, Manuela Maffiotti, Roberto Morini, Guido Sciacca
CONSIGLIO NAZIONALE SINDACI REVISORI
Da chi è composto il Consiglio
Giammaria Monticelli, Renato Boscutti, Luigi Sabatini
CONSIGLIO NAZIONALE PROBIVIRI
Da chi è composto il Consiglio
Rossano Zanella, Filippo Continisio, Luciano Ognissanti
CONSIGLIO NAZIONALE
Da chi è composto il Consiglio
Consiglieri di estrazione congressuale
Walter Agostini, Mario Alborno, Mario Annaro, Omar Barella, Giovanni Besio, Romana Bettoni, Paolo Biscarini, Francesco Blasini, Luca Bonati, Bruno Bravi, Luciana Bruno, Maurizio Buonocore, Biancamaria Burali,
Stefano Camassa, Stella Crimi, Nestore D’Alessandro, Laura Della Rosa, Roberto Entilli, Claudio Faggiotto,
Vittorina Faoro, Nicola Filippi, Carlo Flagella, Giovanna Formentin, Annarita Formicola, Debora Furlan, Massimiliano Gerardi, Antonietta Giacomin, Zeno Giarola, Daniele Girini, Mariano Giunta, Alfonso Izzo, Manuela
Maffiotti, Livio Masi, Domenico Monaco, Dario Montanaro, Roberto Morini, Piervittorio Morsiani, Loredana
Nicoli, Paola Diana Onder, Marco Operti, Leonardo Pascazio, Roberto Pasquini, Valeria Rama, Alessandro
Rota Porta, Alberto Saitta, Antonio Saporito, Roberto Sartore, Stefano Sassara, Guido Sciacca, Stefania Scoglio, Roberta Sighinolfi, Antonella Spalletti, Giuseppe Trovato, Massimiliano Umbaldo, Enrico Vannicola.
Ex presidenti ed ex segretari generali nazionali - consiglieri nazionali di diritto
Giancarlo Bottaro, Roberto De Lorenzis, Franco Dolli, Giuseppe Innocenti, Gabriella Perini, Benito Pesenato
PRESIDENTI CONSIGLI REGIONALI ANCL
I presidenti dei Consigli Regionali dell’Associazione Nazionale Consulenti del Lavoro
Pasquale Arteritano (Campobasso), Crocifisso Baldari (Puglia), Elisabetta Battistella (Bolzano), Alessandro
Bonzio (Veneto), Filippo Carrozzo (Piemonte), Maria Paola Cogotti (Sardegna), Paolo Dressi (Friuli Venezia
Giulia), Luca Fedeli (Toscana), Luca Follatello (Lombardia), Gianni Giacobelli (Marche), Anna Maria Granata (Campania), Giacomo Greco (Aosta), Francesca Antonia Laganà (Calabria), Giovanna Manca (Basilicata),
Claudia Paoli (Umbria), Fabiano Paoli (Trento), Andrea Parlagreco (Lazio), Luca Piscaglia (Emilia Romagna),
Elisabetta Plevano (Abruzzo), Luigi Schenone (Liguria), Stefania Scoglio (Sicilia).
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