LIBERI DI SAPERE
rete sempre ribelli
Liberi di sapere
In un mondo in cui la macchina globale della comunicazione
è capace di manipolare e dirigere pensieri e intelligenze; in
un’Italia in cui l’informazione è sempre più monopolizzata,
distorta, usata come strumento di consenso, dove la Ministra
moratti produce bugie di stato con manualetti ministeriali
(come quello sulla sessualità in cui si afferma che per non
ammalarsi di AIDS bisogna non fare l’amore!)… Vogliamo provare a spezzare la cappa del pensiero unico, dell’informazione
a una sola direzione; a informarci e ribellarci all’ideologia della
guerra permanente, della scuola-azienda, del proibizionismo.
Chi siamo
Questo libretto è frutto del lavoro di alcuni nodi della rete
nazionale studentesca Sempre Ribelli e ne è la terza pubblicazione. Siamo collettivi, laboratori, movimenti studenteschi,
siamo singoli studenti e studentesse che hanno scelto di mettersi in rete perché troppo a lungo hanno gridato senza riuscire a essere ascoltati, perché credono che sia tempo di costruire il nuovo movimento studentesco. Abbiamo scelto di chiamarci sempre ribelli perché siamo quelli che a rimanere a
guardare le ingiustizie del mondo proprio non ce la fanno.
Siamo e vogliamo essere soprattutto un laboratorio, un’esperienza in continua trasformazione, aperta a tutte le realtà di
autorganizzazione studentesca.
Siamo giovani (nati da meno di un anno) ma non siamo figli di
nessuno, se non della straordinaria esperienza del movimento
globale contro il neoliberismo e la guerra, delle incredibili giornate di genova 001 e delle oceaniche manifestazioni contro l’assurda guerra in Iraq. Come gli zapatisti continueremo a camminare domandando, cercando sempre nuovi compagni di strada
nella battaglia per difendere la scuola pubblica, il diritto di
accesso ai saperi, contro la guerra, la repressione, la precarietà;
perché per superare un mondo che ci vuole tutti uguali, obbedienti ai comandi degli dèi mercato e denaro… ribellarsi è giusto!
>>> STOP
GLOBAL WAR
studenti ribelli
dentro la guerra
globale permanente
La scuola nel
tempo della
guerra
globale è un
campo d’addestramento, dove le reclute devono imparare ad
armare le proprie menti per lo scontro di civiltà. Le studentesse
e gli studenti nei tempi della guerra contro l’umanità devono
essere educati all’odio contro tutte quelle e quelli che non
appartengono alla presunta “civiltà occidentale” fondata sul
libero mercato, il liberalismo e la sua santità cristiana. Amen.
Quelli che un tempo nei documenti di governi e parlamenti
venivano chiamati studenti sono diventati col neoliberismo
utenti e con la guerra asimmetrica “contractors”. I fronti di
combattimento non sono solo le città irachene o le montagne
dell’Afghanistan ma anche le nostre città. Anch’esse sono
soggette allo stato d’eccezione. Secondo la dottrina dei neocons
statunitensi, se non si è arruolati nella guerra della “willings’
First lesson: boycott the war
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coalition” si è terroristi. Secondo questa dottrina nelle scuole
dobbiamo imparare a ringhiare come cani da combattimento, ad
avere un padrone e ad amarlo, per difendere i dieci metri quadri di
privilegiato giardino occidentale in cui sopravvivere grazie al
deserto lasciato in tante parti del mondo. I bagliori come i rumori
dei missili che piombano sulle scuole, sulle abitazioni, sulle moschee
in Iraq come in Palestina sono lontani, non scuotono la calma della
lotta all’ultimo credito, la tranquillità dello stupido studio
specializzato. Dobbiamo esercitare il diritto di fuga dalla
quotidiana quotidianità: la guerra infinita può essere fermata!
Il 15 febbraio 2003 in tutto il mondo milioni di donne e uomini
hanno detto no alla guerra, ma non è bastato. Nella storia grandi
eventi si sono determinati con tanti atti di disobbedienza.
Pensate… in uno dei tanti giorni che appaiono normali, con la solita
lezione di storia e il docente che chiede durante una
interrogazione quanti sono stati i morti nella seconda guerra
mondiale, o nell’ora di fisica quando ti spiegano la scissione
dell’atomo, nell’ora di religione mentre vi dicono che c’è un unico
dio, succede che… basta un gesto… rompere le matite
collettivamente in un momento preciso in tutta la scuola, in tutte
le scuole della città, rompere le matite, battere le mani sui banchi,
rompere l’assuefazione alla guerra e dire questa scuola da questo
momento è una “z.l.g.”, zona libera dalla guerra… in pochi minuti
riempire le finestre di bandiere della pace, cominciare una grande
assemblea provando a far partecipare le migranti e i migranti che
subiscono la guerra permanente, nei loro paesi, durante la fuga e
nel tentativo di sfuggire alla carcerazione in un cpt. La zlg deve
contaminare il territorio intorno, moltiplicare azioni contro le
banche che finanziano la guerra, saper costruire un melting pot di
conflitto. La scuola non più come un luogo anonimo dove essere
costretti a passare ore e ore a subire la didattica, ma rovesciarla.
Nostra insegnante è oggi la complessità della vita e del mondo che
ci circonda, vogliamo imparare e studiare la ribellione.
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>>> SCUOLA
PUBBLICA
SOTTO ATTACCO
privatizzazione dell’istruzione
e mercificazione dei saperi
nella globalizzazione neoliberista
>>> INCIPIT
>>> Globalizzazione e scuola
Nell’ambito dei processi di apertura dei mercati e di liberalizzazione dei servizi, il settore dell’istruzione riveste
una grande importanza. Da anni infatti organismi sovranazionali come OCSE e WTO fanno pressione sui governi
nazionali perché si impegnino nella direzione della privatizzazione dell’istruzione. Il principio alla base dell’intero
processo è rendere il sapere una merce come tutte le altre,
subordinata alle logiche del mercato e accessibile solo a
chi può permetterselo.
I GATS (accordi generali sul commercio dei servizi), con
cui il WTO (organizzazione mondiale del commercio) proponeva ai paesi membri una liberalizzazione totale del
commercio di beni fondamentali come l’acqua e di servizi
pubblici come la sanità e appunto l’istruzione, si sarebbero
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inseriti perfettamente in questa logica, portandola all’estremo con conseguenze potenzialmente devastanti. Nel
vertice di Cancun (settembre 003), alcune divergenze tra
i rappresentanti dei vari stati e, soprattutto, un grande
movimento di contestazione, hanno impedito l’approvazione degli accordi GATS, ma nel settore dell’istruzione processi di privatizzazione sono in atto da tempo, in Italia
come in molti altri stati. I GATS rischiavano di rappresentare la spallata definitiva con cui sancire e rafforzare processi già partiti e spazzare via le ultime resistenze di chi
sostiene che l’istruzione sia un servizio pubblico da garantire a tutt@ e non una merce.
>>> I primi attacchi alla scuola pubblica
In Italia i primi passi nella direzione della distruzione
dell’istruzione pubblica e svendita della scuola al mercato
siano stati compiuti dai governi di centro-sinistra. La legge
di Parità Scolastica approvata nell’estate ‘99 ha sancito
due concetti molto semplici ma di estrema gravità: l’inserimento nel sistema dell’istruzione pubblica delle scuole private parificate (c.d. sistema integrato) e i finanziamenti
diretti e indiretti a queste ultime. Il tutto in aperto contrasto con l’articolo 33 della Costituzione secondo cui gli istituti privati hanno il diritto di esistere, ma «senza oneri per
lo stato».
Pochi mesi dopo veniva approvata la legge di Autonomia
Scolastica, che ha aperto la strada alla subordinazione dell’istruzione alle esigenze del mercato. Più che di autonomia,
ossia di indipendenza e possibilità di autogestione delle singole scuole, si tratta in verità di eteronomia, ossia di una
dipendenza (praticamente obbligata) delle scuole dal mondo
esterno, in particolare da quello delle imprese. L’autonomia
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(finanziaria e gestionale),
dando la possibilità alle
scuole di stipulare convenzioni con enti privati
di ogni genere, quindi
anche e soprattutto con
le imprese circostanti,
unita alla diminuzione
dei finanziamenti statali,
metteva le scuole in condizione di potere, o
meglio di dovere (visto
che i soldi non bastano)
cercare finanziamenti aggiuntivi (tramite convenzioni e
sponsorizzazioni con soggetti privati o aumentando i contributi d’iscrizione richiesti agli studenti) o di essere costrette
a ridurre la qualità dell’offerta formativa. Prima della legge
di Autonomia è stato inoltre approvato il decreto che attribuiva funzioni dirigenziali ai presidi, aumentandone sensibilmente i poteri e ponendo le basi per la gerarchizzazione
dei rapporti tra le varie componenti scolastiche e per uno
svuotamento della gestione collegiale e democratica della
scuola. Qual era quindi la concezione di scuola di Berlinguer? Un sistema con scuole, pubbliche e private, in concorrenza tra loro, gestite sempre più sul modello aziendale dai
presidi-manager, legate, quando non subordinate, alle esigenze del mercato e delle singole imprese. Una scuola tutta
finalizzata all’inserimento nel mondo del lavoro e non alla
formazione dei futuri cittadini, dove i valori di collaborazione, collegialità e solidarietà andavano persi in nome di un
modello efficientista e produttivista, tutto ispirato alla società della libera concorrenza.
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>>> LA
RIFORMA
MORATTI
Una breve sintesi
>>> Una precisazione
La distruzione della scuola pubblica che il governo
Berlusconi sta portando avanti e che per comodità
chiamiamo genericamente «riforma Moratti» in verità è
composta, oltre che dal testo vero e proprio della legge
Moratti approvato in Parlamento (la legge delega n. 53),
anche da tutta un’altra serie di provvedimenti a esso
correlati: decreti, circolari ministeriali, articoli di finanziaria. Quella che faremo qui di seguito è una sintesi di
tutte le novità in tema di istruzione introdotte dalla
Letizia ministro, già attuate, o in procinto di essere tali.
>>> Le novita’ per le scuole superiori
gli ORGANI COLLEGIALI (Consiglio di Istituto e di Classe) verranno pesantemente ridimensionati nel proprio
ruolo di gestione democratica e collegiale della scuola.
Ulteriori poteri verranno accentrati nella mani del preside-manager (processo già iniziato dal ministro Berlin-
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guer), che diventerà in pratica il padrone dell’istituto
senza alcuna possibilità di influire democraticamente
sulle sue decisioni. I Consigli di Classe, oggi luoghi di
discussione e confronto tra studenti, insegnanti e genitori, verranno cancellati, senza alcuna spiegazione logica.
La composizione del Consiglio di Istituto, che perderà
tra l’altro parte dei propri poteri, verrà ridefinita nel
senso di un’ulteriore riduzione della presenza della componente studentesca (e della cancellazione della presenza del personale ATA).
L’ISTRUZIONE VERRÀ SVENDUTA AL MERCATO E ALLE AZIENDE, nel senso che le scuole dovranno reperire parte dei
fondi per il proprio funzionamento (visto il taglio sempre
più ingente dei fondi statali) da SPONSOR PRIVATI, che in
cambio avranno un proprio rappresentante in Consiglio
di Istituto e potranno condizionare pesantemente il
piano di studi secondo i proprio interessi.
verrà istituito il PORTFOLIO DELLE COMPETENZE , una specie di «libretto» che conterrà tutte le annotazioni dell’intera carriera scolastica di uno studente, dalla prima elementare fino all’ultima classe frequentata. Verranno
segnati voti, note di demerito, tipo di scuola frequentata,
in modo che, al momento dell’assunzione, il datore di
lavoro potrà valutare tutto il percorso di apprendimento
del futuro dipendente. Una schedatura in piena regola,
senza possibilità di scampo, perché tutto sarà segnato,
sempre. Mai fare assenze, mai comportarsi male, mai
prendere brutti voti, e meglio frequentare «scuole per
bene», pena la compromissione del tuo futuro lavorativo.
ritorna il 7 IN CONDOTTA come discrimine fondamentale tra promozione e bocciatura, inutile strumento di
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repressione non sottoponibile ad alcun controllo democratico.
sparirà l’attuale DISTINZIONE TRA ISTITUTI TECNICI, PROFESSIONALI E LICEI (e questo in particolare è il provvedimento che il ministro si appresta ad approvare in questi mesi). Gli istituti tecnici (geometra, ragioneria ecc.
ecc.) scompariranno e, dopo la terza media, ogni studente dovrà irrimediabilmente scegliere tra due opzioni,
senza poi possibilità reale di passare da un percorso
all’altro: o iscriversi a un liceo, o frequentare una scuola professionale in un meccanismo di alternanza scuolalavoro (un po’ di ore studi, un po’ lavori in qualche
azienda, logicamente non pagato perché viene considerata «formazione»).
Quelli che finiranno il liceo potranno (anzi dovranno,
perché i licei non rilasceranno alcun titolo di studio realmente spendibile sul mercato del lavoro) iscriversi all’università, cosa che invece quelli che avranno frequentato un istituto professionale non potranno in pratica fare.
Questi ultimi, per tentare di proseguire gli studi, dovranno frequentare un anno integrativo, sempre che tutte le
scuole lo istituiscano, e poi cercare di passare il test di
ingresso all’università, visto che quasi tutte le facoltà,
con la strada spianata dalle riforme del centro-sinistra,
stanno introducendo il numero chiuso. Peccato che i programmi della scuole professionali saranno stati talmente
indirizzati alla spendibilità sul mondo del lavoro (facendo sparire tutta una serie di «inutili materie» teoriche,
come italiano, storia ecc. ecc.), che sarà un’impresa ardua
competere con chi avrà frequentato un liceo. Dunque, a
13 anni, finite le scuola medie, sceglierai subito il tuo
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futuro, con pochissime possibilità effettive poi di cambiare: o liceo + università (sempre più costosa e a numero chiuso), o scuola professionale e poi lavoro (tendenzialmente precario e sottopagato).
>>> Le novita’ nella scuola primaria (elementari e medie)
L’anno scorso, tra le proteste generalizzate di professori e genitori, è stato approvato un decreto attuativo
della legge Moratti che ha interessato la scuola primaria. Almeno 4 sono i punti fondamentali:
L’abolizione del tempo pieno, strumento di grande
utilità sociale ma anche straordinaria esperienza pedagogico-educativa, preso ad esempio da tutta Europa per
il proprio valore didattico ma cancellato d’un colpo
dalla Moratti.
La diminuzione del monte ore obbligatorio e garantito (da 40 a 27 ore settimanali, più 10 di mensa e 3
facoltative), secondo una tendenza riscontrabile anche
nei progetti di riforma delle scuole superiori, all’insegna
del risparmio (a spese della cultura) e della messa in
concorrenza tra le varie scuole, che potranno attivare
corsi facoltativi (a pagamento).
La «personalizzazione dei percorsi formativi», concetto estremamente ambiguo che rischia di concretizzarsi nei gruppi di livello (i più bravi divisi dai meno
bravi), metodologia discutibile e pericolosa anche riferita alla scuola superiore, ma semplicemente aberrante
per bambini tra i 6 e i 10 anni.
L’introduzione del Tutor, figura assimilabile al vecchio maestro prevalente e valutata negativamente da
pedagogisti e educatori di ogni scuola di pensiero.
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Fin dai primi anni di scuola il bambino viene quindi
«schedato» e incanalato verso il percorso che altri scelgono per lui. La coerenza di tali proposte con l’impianto
generale della Riforma Moratti, e in particolare con il
meccanismo di selezione insito nel doppio canale istruzione liceale/formazione professionale, è evidente.
>>> La scuola che verra’
Questi sono soltanto una minima parte degli sconvolgimenti che attendono la scuola pubblica o che, in parte,
la stanno già interessando. A essi poi si aggiunge una
lunga serie di modifiche dell’organizzazione di tutto il
sistema d’istruzione, dei programmi di studio, del ruolo
dei professori e della loro indipendenza didattica. Il
quadro che si ottiene è preoccupante e mostra nel
nostro immediato futuro una scuola che, se tutto va
come vorrebbe la Moratti, sarà:
autoritaria e non democratica, con gli studenti che
non avranno più voce nella gestione della scuola e
saranno ridotti a semplici fruitori, per di più sotto il
costante ricatto di vari strumenti di repressione (tra cui
il 7 in condotta e il portfolio); i professori, sempre più
precari, che perderanno la propria autonomia didattica;
il preside che diventerà padrone e manager della scuola in stretto contatto e alle dipendenze di qualche azienda locale;
integralista, dove la multietnicità, il laicismo e la
conoscenza e il rispetto di tutte le confessioni religiose
saranno sacrificati di fronte al potenziamento della centralità della religione cattolica (viene ribadito l’obbligo
inderogabile del crocefisso in classe, vengono stabiliti
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dei canali privilegiati di assunzione degli insegnanti di
religione cattolica e quest’ultima viene definita ufficialmente «materia fondamentale di insegnamento»);
classista, ossia che non aiuta a superare le differenza sociali ma che le sedimenta. Non solo l’istruzione
diviene sempre più cara, l’università sempre più costosa e si comincia a parlare di lezioni a pagamento, ma,
fatto ancor più grave, si istituisce una divisione netta
tra chi sceglie (a 13 anni, con chissà quanta consapevolezza…) la scuola professionale e avrà quindi davanti
a sé soltanto la possibilità di un lavoro di basso livello e
chi, più fortunato, potrà permettersi 10 anni e più di
studi non certo gratuiti, prima al liceo e poi all’università, accedendo poi così alle professioni di prestigio.
>>> DUE PAROLE… sui finanziamenti
I SOLDI PER LA SCUOLA PUBBLICA NON CI SONO,
MENTRE PER LA SCUOLA PRIVATA SI’
Mentre i finanziamenti nazionali, regionali e locali alle
scuole private aumentano costantemente, il Governo
dichiara che, vista la mancanza di fondi per la scuola
pubblica, sono necessari tagli negli investimenti e nei
posti di lavoro. Ecco qualche dato. Se il 2000 si era
chiuso con un finanziamento di 347 miliardi di lire per
le scuole paritarie e private, nel 2002 le suddette voci
hanno subito un incremento del 134%. Con la Finanziaria dello scorso anno è stato poi introdotto uno sconto fiscale di 90 milioni di euro destinato alle famiglie
che iscriveranno i loro figli alle scuole private.
Tutto questo mentre, per esempio, nonostante la legge
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23/96 disponeva il finanziamento di 60 miliardi di lire
annui per l’adeguamento degli edifici scolastici, nel
2002, tale finanziamento è stato azzerato. Eppure dai
dati forniti dal Ministero si evince che delle 41.698
scuole statali presenti in Italia il 64,53% è privo di certificazione di conformità per le norme antincendio e il
42,32% è privo del certificato di agibilità statica.
Parallelamente i finanziamenti destinati ad alunni
portatori di handicap calano complessivamente del
12,6%, mentre la quota per alunno diminuisce del 18%
scendendo a 118 euro. Il Piano programmatico finanziario per l’attuazione della (contro)riforma Moratti prevede poi uno stanziamento complessivo di 8.320 milioni di euro per il quinquennio 2004/2008, ossia uno
stanziamento medio-annuo di circa 800 milioni di euro.
Per il 2004 però, lo stanziamento previsto è soltanto di
90 milioni, cioè il 2,2% dell’intera somma da stanziare
nel quinquennio.
Il Ministro smantella la scuola pubblica, ma non è
nemmeno in grado di trovare i fondi per ricostruirla
secondo i propri progetti. Certo è che, visto che i soldi da
qualche parte dovranno saltar fuori, non possiamo che
aspettarci aumenti delle tasse scolastiche e ulteriori
tagli nei finanziamenti all’istruzione pubblica. A tutto
ciò bisogna inoltre sommare i tagli nel personale docente e non docente: 33.500 posti di insegnanti in meno in
tre anni e 9.600 bidelli in meno, a fronte di un aumento costante di iscritti.
La nuova Finanziaria 2005 non fa che esasperare la
situazione, visto che non prevede alcun fondo per il
diritto allo studio e l’edilizia scolastica, mentre prospet-
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ta l’ipotesi che lo Stato, per far tornare i conti del bilancio pubblico, possa vendere una serie di edifici pubblici,
tra cui gli edifici scolastici (che poi, per garantire le
lezioni, dovrebbero essere affittati).
… su devolution e regionalizzazione
LA FRANTUMAZIONE DELLA SCUOLA PUBBLICA
Altro tema centrale per la difesa della scuola pubblica
è quello della REGIONALIZZAZIONE.
La Devolution di Bossi prevede infatti un ulteriore
aumento delle competenze assegnate alle regioni in
materia di ordine pubblico, sanità e, appunto, scuola.
Anche in materia di regionalizzazione va ricordato che
è stato il governo di centro-sinistra ad aprire la strada,
approvando la modifica al Titolo V della Costituzione.
La regionalizzazione, sia nella forma «temperata» proposta dall’Ulivo, sia a maggior ragione in quella più
spinta proposta da Bossi, ci trova totalmente contrari
per almeno due motivi.
Innanzitutto spaventa la possibile disgregazione del
sistema scolastico nazionale: nell’ipotesi estrema in cui
ogni regione dovesse approvare una propria legge regionale sulla scuola si potrebbe arrivare ad avere 20 sistemi scolastici diversi per altrettante regioni. In secondo
luogo al processo di regionalizzazione rischia di seguire
a breve distanza, sulla base del principio di sussidiarietà orizzontale, quello della privatizzazione, tramite
esternalizzazione dei servizi (la scuola non gestisce più
direttamente tutte le funzioni, ma ne affida alcune ad
aziende e ditte private, con relativo aumento dei costi
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per gli studenti) e convenzioni tra regioni e enti privati.
Per questo riteniamo importante non solo schierarsi
contro il principio della regionalizzazione, ma anche
opporsi localmente a ogni tentativo di legge regionale
sull’istruzione che vada nelle direzioni della frammentazione e della privatizzazione del sistema scolastico.
>>> LA SCUOLA CHE VOGLIAMO
>>> Un’altra scuola e’ possibile
Di fronte a una riforma dell’istruzione tanto pericolosa e
dannosa, la nostra prima richiesta deve essere, senza
mezzi termini, l’annullamento totale e immediato della
riforma Moratti. Ogni compromesso è inaccettabile. Parallelamente il ritorno alla riforma Berlinguer non può essere
una soluzione accettabile, perché anche questo modello
contiene, sebbene in forma più temperata, molti dei concetti che critichiamo fortemente nella riforma Moratti:
svendita dell’istruzione al mercato, privatizzazione dell’istruzione, gerarchizzazione della scuola. La scuola italiana va riformata, ma abbandonando completamente le
proposte di Berlinguer e della Moratti, per ripartire invece da una serie di punti chiave imprescindibili:
FINANZIAMENTO PRIORITARIO DEL DIRITTO ALLO STUDIO E
ALLA CULTURA. Per essere veramente pubblica, accessibile
a tutti, l’istruzione non può che essere completamente
gratuita. Veramente gratuita. Vanno predisposti quindi
investimenti adeguati a garantire un reale diritto allo
studio e alla cultura a tutti, vale a dire: trasporti pubblici gratuiti, libri di testo gratuiti o in comodato d’uso, eliminazione dei contributi volontari di iscrizione (che poi
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volontari spesso non sono), predisposizione di mense studentesche, possibilità di un accesso a prezzi fortemente
agevolati a tutti i luoghi e le manifestazioni della cultura (cinema, teatri, mostre…), salario sociale studentesco
costituito da un contributo monetario. Tutti questi provvedimenti, che a noi sembrano marziani ma che sono
realtà in quasi tutti i paesi europei, non sono altro che la
concretizzazione dei concetti contenuti nella nostra
Costituzione, ossia della riconosciuta necessità di permettere a tutti, indipendentemente dalle condizioni economiche, di raggiungere i medesimi livelli di istruzione.
INVESTIMENTI INGENTI NELL’ISTRUZIONE PUBBLICA. Nessuna
valorizzazione dell’istruzione pubblica può prescindere
da massicci investimenti finanziari, invertendo un ciclo
che vede costanti tagli nei fondi stanziati per la scuola
pubblica e un parallelo dirottamento delle risorse a favore degli istituti privati. Finanziamento dell’edilizia scolastica e messa a norma di tutti gli edifici, ammodernamento tecnologico, valorizzazione economica dei docenti (i più sottopagati d’Europa), sono semplicemente le cose
che ci spettano di diritto.
INNALZAMENTO REALE DELL’OBBLIGO SCOLASTICO. Contro
ogni ipotesi di divisione precoce fra istituti professionali e licei, contro ogni ipotesi di avviamento professionale e di alternanza scuola-lavoro è necessario non solo
innalzare realmente l’obbligo scolastico a 18 anni, ma
dare a ciascuno la possibilità di scegliere coscientemente e in autonomia il proprio percorso scolastico e di vita,
scelta che quindi non può essere fatta, come propone la
Moratti, a 13 anni. Si potrebbe pensare, ad esempio, a
un biennio comune per le scuole superiori, in cui tutti
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acquisiscano una serie di nozioni e capacità di base
simili, al termine del quale effettuare la scelta del proprio percorso specifico in piena consapevolezza
VALORIZZAZIONE DELLA GESTIONE DEMOCRATICA DELLA
SCUOLA. La gestione della scuola, luogo di crescita e formazione del cittadino, non può che essere democratica e
collegiale. Vanno rifiutati tutti gli strumenti di repressione e schedatura (7 in condotta e portfolio), e va cancellata la figura di un preside-manager, padre e padrone della
scuola, nelle mani del quale sono accentrati tutti i poteri.
La priorità delle decisioni va riconsegnata al Consiglio di
Istituto, al quale la partecipazione studentesca va
ampliata nel numero dei componenti eletti, in quanto lo
studente deve essere protagonista e non semplice fruitore del mondo-scuola. Sempre nella direzione del favorire
la partecipazione degli studenti alla vita e alla gestione
dell’istituto vanno aumentate le ore di assemblea di istituto concesse annualmente (oggi soltanto 25), per cercare di far sì che l’assemblea di istituto diventi il luogo dove
si discutono i problemi della scuola, dove si pratica il
confronto e il dibattito, e dove sia possibile proporre
forme autogestite di cultura alternativa, dibattendo e
approfondendo problemi di attualità o argomenti normalmente esclusi dal programma tradizionale di lezione.
VALORIZZAZIONE DELLA MULTICULTURALITÀ E DEL LAICISMO. La scuola pubblica, proprio perché di tutti, tanto
più in un clima sempre più acceso di guerra e terrorismo
che porta verso l’orlo di uno scontro di civiltà, deve
essere multiculturale e laica. Per questo, ad esempio,
l’ora di religione cattolica deve essere sostituita dall’ora
di storia di tutte religioni e vanno in parte rivisti i pro-
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grammi di insegnamento nel senso di uno studio anche
delle culture extraeuropee, così come anacronistico ci
sembra essere l’obbligo del crocifisso in classe.
vanno adottati una serie di provvedimenti atti a
MIGLIORARE IL FUNZIONAMENTO DELLA SCUOLA, L’INSEGNAMENTO, LA VALORIZZAZIONE DEGLI INSEGNANTI. Va ripristinato ad
esempio il numero massimo di 20 studenti per classe
evitando sovraffollamenti che nuocciono all’insegnamento, va prevista l’immissione in ruolo di tutti i precari, non solo come doverosa misura di giustizia, ma anche
per far fronte alle costanti carenze di organico e all’innalzamento dei carichi di lavoro degli insegnanti.
va in generale RIPENSATO IL RUOLO DELL’ISTRUZIONE E
DELLA CULTURA e vanno rivisti i metodi di insegnamento,
tornando a pensare una scuola che possa essere efficacemente formatrice dei valori di cittadinanza, democrazia, rispetto, in cui venga maggiormente valorizzato il
protagonismo della componente studentesca e la sua
funzione attiva (e non solo di semplice ascoltatore e
fruitore), il tutto in nome di un’istruzione che non sia
subordinata alle esigenze del mercato ma che sia sperimentatrice di nuovi modelli e di nuove proposte e che
possa rivestire
una funzione propulsiva e innovatrice della società
e del mercato.
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>>> I BUONI
SCUOLA
rubare ai poveri
per dare ai ricchi
>>> Un breve inciso: i buoni scuola
Quello dei buoni scuola è un provvedimento, inventato qualche anno fa da Formigoni, presidente della Regione Lombardia (ma subito copiato da molte altre regioni),
destinato teoricamente al rimborso delle spese sostenute dalle famiglie per mandare i propri figli a scuola. Peccato che per accedere a tale finanziamento sia necessario dimostrare di spendere più di una soglia minima (ad
esempio 206 euro in Lombardia), e che dal conteggio
delle spese utili per raggiungere tale limite sono escluse
quelle relative a libri di testo, mense, trasporti, materiale didattico e gite d’istruzione. In fin dei conti, quindi, le
uniche cose rimborsabili sono le tasse e le rette di iscrizione. Ma, visto il fatto che difficilmente (per fortuna) le
tasse di iscrizione delle scuole pubbliche non sono così
alte da raggiungere la soglia minima definita per il rim-
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borso, a essere finanziate sono solamente le rette di
iscrizione alle scuole private.
Qualche dato per capire nel concreto il meccanismo.
In Lombardia, ad esempio, sono state presentate 55.040
domande, di cui 46.935 domande. Di queste solo 600
provenienti da famiglie con figli che frequentano le
scuole statali (1,27%), nella forma particolare delle
scuole civiche. Il 99,73% dei contributi, per un valore
di circa 30 milioni di euro, è finito a scuole private, con
un contributo medio pari a 649 euro per studente. Come
se non bastasse, poi, i buoni scuola sono stati erogati
senza alcun controllo sulla qualità delle scuole (basta
che siano private, diplomifici e Cepu compresi) e sul
reddito delle famiglie. Il tetto di reddito massimo, infatti, per essere considerato «bisognoso di aiuto pubblico» e
quindi ricevere il buono scuola è, sempre in Lombardia,
di circa 30.000 euro lordi annui pro capite. Ciò significa che, senza calcolare i possedimenti immobiliari,
materiali e i depositi bancari, una famiglia di 4 persone
che guadagna annualmente 120.000 euro (ossia una
media di 30.000 euro testa) riceve lo stesso i buoni
scuola, soldi pubblici regalati a chi non ne ha assolutamente bisogno.
Il fine è chiaro: sostenere una scelta ideologica di
finanziamento delle scuole private. Ciò che è più grave
non è solo che tale modello è passato dalla Lombardia a
molte altre
regioni, ma
che alcune
dichiarazioni della
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«nostra» ministra della pubblica istruzione lasciano ritenere che questo Governo ha intenzione di estendere
questa misura a livello nazionale (già l’anno scorso sono
stati varati delle specie di buoni nazionali per rimborsare parte delle spese delle scuole private, per uno stanziamento pari a 30 milioni di euro annui).
Quello che ci chiediamo è perché, di fronte a una
scuola pubblica che cade a pezzi e che è sempre più
costosa, si decida, anche a livello regionale, di destinare
decine di milioni di euro non al diritto di tutti di frequentare la scuola di tutti, ma al privilegio di pochi di
frequentare la scuola privata. Una scuola privata elitaria, costosissima, spesso semplice posto dove si va, si
paga e si riceve un diploma (magari facendo pure 2 o 3
anni in uno), talvolta decisamente poco democratica e
assolutamente non aperta a tutti (in ben poche scuole
private esiste il Consiglio di Istituto, molte rifiutano gli
studenti portatori di handicap perché troppo costosi da
seguire, tantissime sono di stampo confessionale cattolico e quindi non accettano coloro i quali professano
diverse religioni). Quello che vogliamo è la cosa più
semplice e logica: che i fondi destinati ai buoni scuola
vengano invece utilizzati per finanziare la legge regionale quella che dovrebbe garantire (e invece non lo fa
per mancanza di fondi) il diritto allo studio di tutti gli
studenti, coprendo le spese di libri di testo, trasporti, gite
e materiale didattico.
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>>> MORATTI
PROIBIZIONISMO
E REPRESSIONE
(la moratti si droga?)
La scuola pubblica fa crescere attraverso il confronto?
La scuola della Moratti e Fini L’ARRESTANO!
LETTERA APERTA AI NOSTRI GENITORI
Nelle scuole si fa uso di sostanze stupefacenti? Nelle
scuole ci sono gli spacciatori? Si, ci sono. Ci sono come in
tutte le piazze, le banche, gli stadi, le discoteche, le caserme, i
bar, le carceri, fino al parlamento. Ci sono perché molte volte
chi usa sostanze le spaccia e perché chi le spaccia le usa, e si
scopre così che lo «spacciatore cattivo» è inaspettatamente il
figlio del vicino di casa, l’amico del figlio, il ragazzo della
figlia, e via di seguito. Oggi le sostanze legali o illegali, usate o
abusate, fanno parte, che si voglia o no, del nostro presente,
della nostra normalità. Il loro utilizzo è in aumento rispetto al
passato e non coinvolge soltanto noi, i giovani, ma tutta la
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società, e non si fermerà comunque aggiungendo alla
repressione di oggi la repressione di domani: basta uscire
di casa o guardare la storia per vedere questo fallimento.
In questo discorso noi, i giovani, gli adolescenti, siamo i
più osservati da sempre, ma anche noi osserviamo, e
vediamo in tutte le case cassetti pieni di psicofarmaci,
mentre sentiamo dire che le droghe uccidono, con tv e
giornali del Premier pieni di pubblicità per promuovere
l’uso di alcolici mentre insieme al suo Vicepremier
(tabagista) vogliono approvare una legge che dovrebbe
educare e prevenire l’uso di droghe con il carcere. Noi,
«consentiteci», li ringraziamo del pensiero, ma vorremmo
crescere senza carcere e reclamiamo invece il diritto di
essere informati correttamente sulle sostanze, perché non
è vero che tutte le sostanze sono uguali, ma è vero che
tutte potrebbero diventare pericolose, per cui non ci
servono telecamere e cani poliziotto, non ci serve che gli
insegnanti si trasformino in spie, perché finite le lezioni
saremmo daccapo, nel mondo del rischio senza nessuno
strumento per evitare di ferirsi. Per noi serve invece che
le scuole divengano agenzia formative anche su un tema
complesso e delicato come questo, strutturando luoghi e
momenti dove si può discutere liberamente senza essere
sorvegliati, dove si promuove la salute e non il dialetto,
dove potersi confrontare con esperti con argomenti
scientifici invece che con l’ideologia e la morale. Dateci
una mano a costruire una nuova scuola. Di carceri ne
abbiamo già abbastanza. In attesa di una vostra
partecipazione vi abbracciamo calorosamente.
i vostri figli
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>>> Riforma Moratti,
Lo scorso anno scolastico
proibizionismo
e repressione
abbiamo assistito a episodi inquietanti: agenti
della digos che si travestono da bidelli per controllare gli studenti di una scuola romana e il loro uso di sostanze stupefacenti e organizzano poi, in pompa magna, un blitz notturno
nel quale sequestrano pochi grammi di hashish; incontri più
o meno segreti tra il ministro della pubblica istruzione Letizia
Moratti e il capo della polizia De Gennaro, per mettere a
punto piani congiunti contro le occupazioni e il consumo di
droghe nelle scuole; vicepresidenti regionali (Prosperini in
Lombardia) che propongono di somministrare a tutti gli studenti delle scuole superiori una pillola capace di segnalare se
lo studente ha fatto uso di droghe, qualsiasi esse siano; l’assessore regionale della Liguria che promette di mandare lui
stesso le forze dell’ordine a sgomberare gli istituti occupati o
autogestiti laddove non lo facessero i presidi stessi.
A questi episodi eclatanti si aggiunge poi una quotidianità
fatta di agenti della guardia di Finanza con cani antidroga
che sostano davanti alle nostre scuole, quando addirittura
non entrano. L’estate, poi, ci ha riservato un’ulteriore sorpresa, ancora più inquietante: il preside di un liceo scientifico di
Rho (in provincia di Milano), il Majorana, è stato condannato a un anno e otto mesi di reclusione con l’accusa di «favoreggiamento» e «agevolazione dolosa dello spaccio». La sua
colpa secondo l’accusa: non aver denunciato alla magistratura il fatto che alcuni studenti fumavano spinelli nei bagni
della scuola. La verità però sembra essere un’altra: il preside
Bruno Dagnini aveva in questi anni costruito nella sua scuola un clima fatto di dialogo tra studenti e docenti, su molti
problemi tra cui l’utilizzo di sostanze stupefacenti, rifiutando
di cadere nella becera e inutile repressione. Era stato creato
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un programma sulle tossicodipendenze collaborando con
il Sert, era stato approvato un regolamento interno sui
diritti degli studenti per il quale non si poteva punire uno
studente senza una procedura fatta di alcune regole precise, come il diritto di essere difesi dai compagni di classe
e dalla famiglia, aveva contestato la presenza di vigilantes privati della provincia fuori dalla scuola con i cani
antidroga. E questo, evidentemente, non è piaciuto a
qualcuno. E così ci ha pensato la magistratura a riportare le cose «a posto», in linea con le convinzioni e le politiche del Governo e dei ministri Moratti e Fini.
Ma ciò che è ancora più preoccupante è che tutto questo si inserisce in un quadro preciso che, in questi anni,
il governo Berlusconi, per mano del ministro Moratti, sta
pericolosamente costruendo. L’obiettivo della Letizia
ministro è quello infatti di costruire un nuovo modello di
scuola (e più in generale di società), radicalmente diverso da quello che conosciamo, nell’organizzazione, nei
programmi e nelle finalità, non solo aziendalista e privatista, ma anche e soprattutto NORMALIZZATA. Tutto
quello che non è «normalmente accettato», ogni comportamento considerato dalla destra bizzarro o ribelle, ogni
atteggiamento che turbi l’immagine pulita e tranquilla
dello studente modello va represso e cancellato. Per le
anomalie non c’è posto nella scuola perfetta della Moratti. Ed ecco allora il 7 in condotta, per chi è troppo agitato, troppo impertinente, troppo ribelle; e allora ecco gli
accordi per reprimere immediatamente le occupazioni,
inaccettabile elemento di critica al sistema; e allora ecco
cancellato il potere decisionale degli organi collegiali
(consiglio di istituto e di classe), affinché tutte le scelte
possano essere tenute sotto controllo da una persona di
fiducia (il preside); e allora ecco ribadito l’obbligo del cro-
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cifisso in classe, contro il terrore della multiculturalità e
della tolleranza; e allora ecco la legge Fini, che si accanisce in particolar modo contro i fumatori di cannabis (non
a caso un apposito articolo della legge definisce l’obbligo
dell’insegnante di segnalare alla famiglia comportamenti
anomali, che si suppongono – anche senza nessuna
prova – legati all’uso di droghe, da parte dello studente).
Tutto quadra, anche troppo perfettamente.
Contro questo modello repressivo rivendichiamo il diritto alla gestione democratica della scuola in cui lo studente sia protagonista, il diritto a un nuovo concetto di scuola, che sappia valorizzare le differenze e sia promotore di
informazioni corrette anche, ad esempio, in tema di uso di
sostanze stupefacenti e di sessualità. Dobbiamo averlo ben
chiaro: batterci contro la legge Fini significa batterci anche
per un altro modello di scuola. Batterci contro la riforma
Moratti significa anche rifiutare quest’assurda legge sulle
droghe. In nome di un altro modello di società.
>>> Due parole sul DDL Fini
Giusto per sapere cosa ci aspetta…
Proponiamo qui una stringata sintesi degli articoli più
«interessanti» della proposta di legge di Fini sulle droghe.
Nel giudicarne la «ponderatezza», tenete presente che,
attualmente, le pene previste per l’associazione di tipo
mafioso raggiungono un massimo di 15 anni, o che la pena
prevista per il delitto di violenza sessuale è, nel peggiore
dei casi, di 10 anni di reclusione; che 10 anni di reclusione è la pena massima anche per i delitti di rapina e di
estorsione; mentre 5 anni di reclusione è la pena massima
per la corruzione e 8 anni è il massimo per la concussione. Per il possesso di qualche grammo di marijuana, con
questa legge, si rischierebbero fino a 20 anni di carcere.
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ARTICOLO 14: VIENE SANCITA L’EQUIPARAZIONE TRA DROGHE LEGGERE E PESANTI.
NELLE ALLEGATE TABELLE VENGONO POI DEFINITI I VALORI OLTRE I QUALI SCATTA L’ACCUSA DI SPACCIO (RELATIVAMENTE AL PRINCIPIO ATTIVO): 0,25 GRAMMI DI THC (OSSIA
CIRCA 3-4 GRAMMI DI HASHISH O MARIJUANA), 0,5 GRAMMI DI COCAINA, 0,3 GRAMMI DI
MDMA ECC.
ARTICOLO 73: CHI COLTIVA, TRASPORTA, VENDE, INVIA, PROCURA, PASSA, DETIENE
QUANTITA’ DI SOSTANZE SUPERIORI A QUELLE DEFINITE NELLE TABELLE E’ PUNITO CON LA
DETENZIONE DA 6 A 20 ANNI E CON UNA MULTA DA 26.000 A 260.000 EURO. SE I
FATTI SONO GIUDICATI DI LIEVE ENTITA’ LA DETENZIONE E’ DA 1 A 6 ANNI + MULTA DA
3000 A 26000 EURO (IN DEFINITIVA TUTTO QUESTO SE TI BECCANO CON QUALCHE
GRAMMO DI ERBA O HASHISH)
ARTICOLO 75: PER I CASI DI POSSESSO DI SOSTANZE AL DI SOTTO DELLE DOSI SOPRA
DEFINITE, LE PENE SARANNO LA SOSPENSIONE DELLA PATENTE O DEL PASSAPORTO DA 1 A
12 MESI, IL RITIRO IMMEDIATO DEL VEICOLO A MOTORE A DISPOSIZIONE DELL’INTERESSATO, L’OBBLIGO DI SEGUIRE PERCORSI TERAPEUTICI E SOCIO-RIABILITATIVI (TUTTO QUESTO
LA PRIMA VOLTA CHE TI BECCANO CON UNA CANNA)
ARTICOLO 76: PER I CASI IN CUI, PUR NON ESSENDO RICONOSCIUTA L’ACCUSA DI SPACCIO,
IL SOGGETTO SIA CONSIDERATO “PERICOLOSO PER LA SICUREZZA PUBBLICA” (AD ESEMPIO SE
HAI UN QUALSIASI ALTRO REATO PENDENTE O SE SEI GIA’ STATO TROVATO IN POSSESSO DI STUPEFACENTI), SCATTANO LE SEGUENTI SANZIONI PER UNA DURATA MASSIMA DI
2 ANNI:
. OBBLIGO DI PRESENTARSI ALMENO DUE VOLTE A SETTIMANA PRESSO I LOCALI DELLA
POLIZIA
. OBBLIGO DI RIENTRARE A CASA ENTRO UNA DETERMINATA ORA
. DIVIETO DI FREQUENTARE DETERMINATI LOCALI PUBBLICI
. DIVIETO DI LASCIARE IL COMUNE DI RESIDENZA
. DIVIETO DI CONDURRE QUALSIASI VEICOLO A MOTORE
. OBBLIGO DI PRESENTARSI AL COMANDO DI POLIZIA NEGLI ORARI DI ENTRATA E DI USCITA DA SCUOLA
IN CASO DI VIOLAZIONE DI QUESTE DISPOSIZIONI SCATTA L’ARRESTO DA 3
(TUTTO QUESTO SE TI BECCANO UNA SECONDA VOLTA CON UNA CANNA)
A
18
MESI
ARTICOLO 82: CHIUNQUE ISTIGA PUBBLICAMENTE O PRIVATAMENTE ALL’USO DI DROGHE
E’ PUNITO CON LA CARCERAZIONE DA 1 A 6 ANNI E CON UNA MULTA DA 1000 A 5000
EURO (TUTTO QUESTO IN DEFINITIVA SE TI SALTA IN MENTE DI OPPORTI A QUESTA LEGGE).
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>>> APPENDICE:
agire locale,
pensare globale
>>> Migranti e scuole: siamo tutti clandestini!
Nell’anno scolastico 1988/89 gli alunni e gli studenti stranieri presenti nelle scuole italiane erano meno di 12.000,
oggi si avvicinano ai 300.000. Basterebbe questo dato
(fonte Caritas) a comprendere come l’immigrazione in Italia
sia ormai un fattore che investe ogni aspetto della vita
sociale compresa la scuola. Nonostante i vincoli, imposti da
legislazioni passate e precedenti, che non favoriscono l’instaurarsi di progetti di vita a lungo termine sono aumentati
i ricongiungimenti familiari, le nascite da famiglie non
autoctone, la presenza stabile nel nostro territorio di nuclei
familiari. Un fatto positivo, non ancora sufficientemente
valorizzato e irto di difficoltà. I tagli imposti al sistema scolastico non favoriscono infatti percorsi di inserimento e tendono anzi a scoraggiare un ingresso egualitario rispetto ai
coetanei italiani nella scuola. Il solo fatto che – sempre in
base al dossier recentemente redatto dalla Caritas – la percentuale di studenti stranieri bocciati o il cui rendimento
risulta inferiore alla media è infatti da ricercarsi non solo
nella carenza di percorsi di formazione linguistica ma nel
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fatto che la nostra scuola come la nostra società è modellata
in maniera tale da adattarsi solo a studenti in discrete condizioni economiche, che non necessitano di sostegni, e che
non hanno problemi indotti dalla precarietà delle condizioni di vita del proprio nucleo familiare. Una famiglia la cui
presenza stessa in Italia è condizionata dal rapporto con il
datore di lavoro (v. legge bossi-fini), che non può esigere
diritti, che non può, spesso, seguire i propri figli, è sovente
costretta a ridimensionare le loro aspettative. Non a caso
sono alti i tassi di abbandono scolastico quando il ragazzo/a
figlio/a di migrante trova un posto di lavoro in grado di poter
modificare il proprio permesso di soggiorno. Ancora più
grave è la situazione per i ragazzi e le ragazze figli di genitori non in regola con i documenti: per costoro subentrano
difficoltà burocratiche a volte insormontabili per il semplice
reingresso a scuola dopo una malattia, non potendo ottenere
un regolare certificato medico. L’istituzione scolastica si
rivela poi sovente incapace e impreparata ad affrontare l’ingresso di questi nuovi cittadini: il corpo docente non è in
grado di stabilire un rapporto con le famiglie e a volte neanche con gli stessi studenti, permangono atteggiamenti che
impongono l’assimilazione culturale o, in alternativa forme
di paternalistica tolleranza. Una scuola apparentemente per
uguali ma fatta per persone che non godono di eguali opportunità e che manifestano anche esigenze diverse.
Vogliamo costruire una battaglia per i diritti di questo
corpo nuovo, di soggetti cresciuti nelle nostre città e contemporaneamente accolti e discriminati; per imporre una
migliore formazione in senso policulturale per il corpo
docente, che tenga conto del fatto che in città come Roma o
Milano studiano ragazzi e ragazze provenienti da oltre 150
paesi diversi. Perché, in quanto istituzione pubblica, è la
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scuola a doversi avvicinare e adattare a una società in
cambiamento e non viceversa. Le recenti riforme (tanto
quella «Moratti» quanto quella «Berlinguer»), nel loro furore aziendalista ignorano tali problemi. La Bossi-Fini sull’immigrazione è una legge non solo sbagliata e ingiusta ma
anche miope e inadatta ai tempi, priva di riferimento con la
realtà e con i bisogni espressi dalla collettività. Combatterle, anche a partire dalla scuola, è doveroso e necessario.
>>> Solidarieta’ e cooperazione fra le scuole del mondo
La rete Sempre Ribelli si propone anche di cominciare un
percorso di cooperazione dal basso con lo scopo di promuovere percorsi di solidarietà attiva con studentesse, studenti, scuole di territori dilaniati da guerra, repressione, neoliberismo. Negli ultimi mesi abbiamo avviato delle relazioni
con strutture associative palestinesi e israeliane attive nel
campo del pacifismo e della ricerca di un dialogo tra i due
popoli. Siamo stati in Palestina per incontrare la società
civile e nei prossimi mesi ci impegniamo a costruire iniziative di gemellaggio con scuole palestinesi e di scambio giovanile con associazioni e gruppi studenteschi volte a promuovere la costruzione di spazi pubblici di dibattito.
Un secondo campo di intervento è quello che stiamo
avviando con i municipi ribelli zapatisti in Chiapas, dove
siamo intenzionati a promuovere iniziative per la
costruzione di scuole nei villaggi zapatisti
e la formazione del personale docente. A
tale scopo attiveremo delle campagne
volte al coinvolgimento di giovani
studenti e degli organismi collegiali
delle scuole e di raccolta dei fondi
necessari all’attivazione di questi percorsi di cooperazione dal basso.
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INDICE
p. 3
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p. 20
p. 23
p. 29
stop global war
scuola pubblica sotto attacco
la riforma moratti
i buoni scuola
la moratti e la droga
appendice: agire locale pensare globale
PER CONTATTARE, ADERIRE, PARTECIPARE, CONTRIBUIRE
ALLA RETE SEMPRE RIBELLI:
WEB: WWW.SEMPRERIBELLI.ORG [email protected]
TEL: PER IL CENTRO-NORD:
KEKKO 3289528130
PER IL SUD:
IVAN 3494791890
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FINITO DI STAMPARE NEL MESE DI NOVEMBRE 2004
PRESSO LA TIPOGRAFIA GRAFFITI (ROMA)
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