Orfeo
Scritto da Teresa Lepore
L’opera musicale di Claudio Monteverdi è tratta dalla Fabula di Orfeo di Poliziano. È composta
da un prologo, Prosopopea della musica e cinque atti. Il libretto segue fedelmente il testo di
Poliziano.
Presenta solo piccole varianti, la più importante delle quali è costituita dal lieto fine, con l’ascesa
in cielo di Orfeo, accompagnato da Apollo. La partitura d'orchestra include pezzi per cinque,
sette o otto parti, nelle quali gli strumenti sono a volte citati, e canti a una, due o tre voci con
basso non cifrato, e cori a cinque voci con basso non cifrato. Lo stile di canto utilizzato può
essere distinto in recitativo, arioso e, nel caso delle arie, strofico. Rappresenta il primo esempio
di opera in musica apparso a Mantova.
Da circa un decennio a Firenze, si andavano sperimentando esempi di teatro tutto cantato.
Nell’ottobre 1600 queste sperimentazioni furono ascoltate durante la festa nuziale per il
matrimonio di Maria de’ Medici con Enrico IV di Francia. Gli invitati avevano potuto così
ammirare quel nuovo modo di fare spettacolo. Tra loro si trovava anche il duca di Mantova
Vincenzo Gonzaga.
La realizzazione di quel progetto teatrale fu affidata all’Accademia degli Invaghiti. Ne faceva
parte il conte Striggio, che si occupò di stendere il testo letterario, da abbinare poi al maestro
della musica ducale, Monteverdi. La recita avvenne in una sala della residenza dei Gonzaga,
allestita per l’occasione.
Alcuni interpreti della “prima” furono il castrato Giovan Gualberto Magli (nel prologo impersonò
la Musica, e poi Proserpina, e la messaggera oppure la Speranza), il tenore Francesco Rasi
(Orfeo), un giovane sacerdote, forse padre Girolamo Bacchini (Euridice).
La partitura monteverdiana prevede un’orchestra formata almeno da due clavicembali, due viole
contrabbasse, dieci viole da braccio, un’arpa doppia, due violini piccoli alla francese e due
ordinari da braccio, tre chitarroni, ceteroni, due organi di legno, tre viole da gamba basse,
cinque tromboni, alcuni regali, due cornetti, due flauti piccoli, quattro trombe di cui una chiarina
e tre sordine.
In occasione della “prima” fu stampato solo il testo letterario di Striggio. La partitura di
Monteverdi fu pubblicata un paio d’anni più tardi per consentire a quest’opera di ottenere
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notorietà anche presso chi non era stato presente alle rappresentazioni mantovane.
Probabilmente fu rappresentato a Torino nel 1610 e a Salisburgo nel 1614. Con certezza fu
rappresentata nel 1646 a Teatro del Falcone a Genova.
Prologo
La Musica introduce la vicenda presentandosi, illustrando l’argomento e chiedendo silenzio
(“Dal mio Parnasso amato a voi ne vegno…”).
Atto primo
I pastori si raccolgono festosi attorno a Orfeo ed Euridice, che stanno per celebrare le loro
nozze. Vengono intonate preghiere propiziatorie ed eseguite gioiose danze corali. Orfeo chiama
gli astri a testimone della sua felicità, ed Euridice gli fa eco. Poi tutti si avviano al tempio in cui si
compirà il rito. Additando quest’ulteriore riprova, il coro invita a non lasciarsi mai prendere dalla
disperazione.
Atto secondo
Orfeo ritorna ai suoi boschi e ai suoi prati, al culmine della felicità, mentre i pastori continuano a
intonare lieti canti. Lo stesso Orfeo si esibisce in una canzone strofica. Quell’atmosfera gioiosa
è però turbata dai gemiti di Silvia che, provocando la costernazione generale, informa
dell’improvvisa e inaspettata morte di Euridice. Silvia racconta come tutto ciò sia potuto
accadere. Mentre raccoglieva fiori, Euridice è stata morsa da un serpente, ed è spirata tra le
braccia delle sue compagne invocando il nome dell’amato Orfeo. Tutti sono sconvolti: Orfeo
addirittura si propone di scendere nell’oltretomba per cercare di riportare Euridice alla vita. Un
generale compianto accompagna la sua disperazione.
Atto terzo
Orfeo attraversa il regno degli inferi guidato dalla Speranza. Lasciato solo, Orfeo s’imbatte in
Caronte, il traghettatore delle anime dei morti, che gli si para davanti impedendogli l’accesso.
Orfeo tenta inutilmente d’impietosirlo. Decide allora di provocarne il sonno intonando
un’appropriata melodia sulla sua lira, e di utilizzarne nel frattempo l’imbarcazione per
attraversare il fiume infernale. Il coro addita quest’azione come caso esemplare di coraggio.
Atto quarto
Giunto al cospetto delle divinità infere, Orfeo espone il suo caso. Trova una sostenitrice in
Proserpina che, in nome e nel ricordo di quanto ha fatto per amor suo, prega Plutone di
accontentare Orfeo. Plutone acconsente, stabilendo però che Orfeo non dovrà mai guardare
Euridice prima di aver lasciato l’oltretomba. Orfeo è dapprima raggiante per il successo, e
canta, ma poi inizia a essere corroso dal dubbio che Euridice lo segua davvero nel cammino di
ritorno sulla terra. Spaventato da strani rumori, si volta a controllare se Euridice è con lui,
infrangendo così la regola dettata da Plutone, perdendola per sempre. Il coro pone l’accento sul
paradosso: Orfeo, che l’aveva spuntata contro la legge di natura, non è riuscito a vincere se
stesso e le sue passioni.
Atto quinto
Ritornato sulla terra, Orfeo piange la sua sorte e si propone di non innamorarsi più. Dal cielo
scende suo padre Apollo, cercando di consolarlo e portandolo con sé in cielo. Il coro se ne
rallegra, sottolineando come il dolore sulla terra sia ripagato in cielo.
Anziché con l’apparizione di Apollo e l’ascesa di Orfeo, il testo letterario faceva terminare
l’opera con un’irruzione delle baccanti, che si abbandonavano a celebrazioni dionisiache prima
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di volgersi all’inseguimento di Orfeo, per punirlo con la morte delle sue affermazioni misogine. Personaggi
La MUSICA (soprano)
PASTORE I (soprano)
PASTORE II (tenore)
Una NINFA (soprano)
ORFEO (tenore)
EURIDICE (soprano)
SILVIA (soprano)
La SPERANZA (soprano)
CARONTE (basso)
PROSERPINA (soprano)
PLUTONE (basso)
Tre SPIRITI INFERNALI (tenore, tenore, baritono)
ECO (tenore)
APOLLO (tenore)
CORI di Ninfe, Pastori, Spiriti infernali, Baccanti.
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