Modelli cosmologici e
concezioni del mondo:
cosa può dire la
cosmologia alla
teologia (e viceversa)
Giuseppe Tanzella-Nitti
Pontificia Università della Santa Croce, Roma
Documentazione Interdisciplinare di Scienza e Fede
www.disf.org
L’Hubble Space Telescope ci sta inviando immagini incredibilmente
lontane di un universo molto primitivo
In occasione della ricezione dei risultati dal COBE (1992) sulla
distribuzione delle asimmetrie del fondo di radiazione cosmica
(CMRB), affermava George Smoot, Nobel 2006 per la fisica:
Abbiamo osservato le strutture più vecchie
e più grandi mai viste nell'universo giovane
.[…] Se sei religioso è come vedere Dio.
(G. Smoot, Nelle pieghe del tempo, Mondadori, Milano
1994, p. 263)
Le scienze (in generale) sollecitano la teologia in tre
ambiti importanti
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• la scienza rappresenta una fonte di
conoscenza del reale, quel medesimo
reale che la teologia comprende come
creato da Dio e cerca di spiegare alla
luce della Rivelazione (Sacra Scrittura
interpretata dalla tradizione teologica)
• la teologia viene spinta a ri-formulare
alcuni dei suoi contenuti, secondo asserti
che siano rispettosi dei dati acquisiti in
ambito scientifico
• positivamente, le scienze consentono
uno sviluppo nella comprensione delle
verità di fede, favoriscono la retta
interpretazione della Scrittura ed aiutano
ad esplicitarne le numerose implicazioni.
Non va tuttavia dimenticato che anche la teologia può
sollecitare le scienze (in generale)
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• il reale come creazione (intelligibile, portatore
di significato, disponibile ad un’analisi induttiva,
le cui leggi su scala universale sono conoscibili
partendo dalla loro validità su scala locale, ecc.)
• l’essere umano come immagine di Dio (capace
di conoscere il reale, con un certo ottimismo di
fondo, perché chiamato da Dio a conoscere il
mondo con la sua ragione e, attraverso di esso,
a conoscere anche Dio)
• il tempo come storia (significato della ricerca
di un’origine e di un fine; possibilità di un vero
progresso; evoluzione come progetto
significativo; complessificazione come sviluppo
e non come complicazione).
“Tanto il credente come il non credente si
impegnano a decifrare il complicato
palinsesto della natura, dove le tracce delle
diverse tappe della lunga evoluzione del
mondo si sono sovrapposte e confuse.
Il credente può avere però un vantaggio,
quello di sapere che l'enigma ha una
soluzione, che la scrittura che vuole decifrare
è, in fin dei conti, opera di una intelligenza,
poiché il problema posto dalla natura è stato
posto per essere risolto e la difficoltà di
risolverlo è proporzionata senza dubbio alle
capacità della ragione, dell'umanità presente
o di quella che verrà”.
G. Lemaître, cit. da O. Godart, M. Heller, Les
relations entre la science et la foi chez Georges
Lemaître, in “Pontificia Academia Scientiarum”,
Commentarii, vol. III, n. 21, p. 7
Alcuni risultati della cosmologia contemporanea che
influenzano la lettura teologica della Rivelazione
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decom pr essor e TI FF ( Non com pr esso)
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• L'orizzonte spazio-temporale che
fa da sfondo alla comprensione
dell'universo in cui viviamo ha
subito uno straordinario
allargamento, obbligando pertanto
ad una conseguente
“ricollocazione” del genere umano
e del suo habitat cosmico.
Da questo nuovo contesto spaziotemporale la teologia non può
ormai prescindere, come non si
poté più prescindere, in passato,
dalle grandi scoperte geografiche e
dalle loro conseguenze.
• Il cosmo fisico è passato da fasi assai semplici alla formazione e sviluppo di sistemi
sempre più complessi, con la graduale
produzione dei diversi elementi chimici
mediante la nucleosintesi operata dalle stelle.
• Il tempo trascorso dalla formazione dei primi
elementi chimici fino alla comparsa della vita
sulla terra, e dal sorgere di questa alla comparsa dell’uomo, è stato incredibilmente lungo
• Le scienze naturali hanno la capacità di
ricostruire i passi salienti di questa storia e di
predirne alcuni dei principali scenari futuri.
• Tuttavia, i grandi spazi ed i lunghi tempi coinvolti, lungi dall'essere ridondanti, sono stati
strettamente necessari affinché vi fossero
condizioni, luoghi e tempi che consentissero la
lenta sintesi degli elementi chimici e la formazione di scenari adeguati ad ospitare la vita.
• Esiste una “delicata sintonia primigenia”
fra la struttura fisica dell'universo e le
condizioni fisiche, chimiche e biologiche sulle
quali la vita — che sarebbe apparsa assai
più tardi — sarebbe stata poi basata.
• Al tempo stesso, le condizioni adatte ad
ospitare la vita biologica corrispondono ad
opportune “finestre” che si sono date a
partire da una certa epoca e che dopo un
certo intervallo di tempo non si daranno più.
• Queste delicate condizioni antropiche si presentano come
“condizioni originarie”. Non possono essere rimosse in modo
simile a come il darwinismo ha rimosso l’interpretazione
finalista di un ingenuo accordo fra le diverse forme biologiche
ed il loro habitat. La sorprendente sintonia (fine tuning) delle
costanti di natura non è il risultato di un adattamento
all’ambiente o di una selezione naturale.
Last, but not the least…
• La presenza di stelle con attorno
pianeti in rotazione è un fenomeno
relativamente diffuso. Non esistono
attualmente osservazioni di forme di
vita extraterrestre, neanche
elementari, ma l’ipotesi che queste si
siano originate in ambienti simili al
nostro è plausibile.
Terra
Marte
• A causa delle dimensioni dell’universo
non è possibile (né mai lo sarà) avere
un’informazione completa su tale possibile
presenza: si tratta dunque di una
evenienza che il teologo non può smentire
in base a ragionamenti a priori.
Come la teologia potrebbe approfittare dei risultati e
delle implicazioni della cosmologia odierna...
• Grazie al contributo delle scienze naturali,
della cosmologia in particolare, la teologia
può oggi meglio inquadrare cosa voglia dire
“essere creatura in un mondo creato”. Il
significato e la portata che questi termini
teologici oggi acquistano, la teologia li deve
in buona parte alle scienze.
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• Una più profonda conoscenza scientifica
del reale aiuta l’uomo a comprendere la
portata della custodia del creato affidatagli
dal Creatore (ambito gnoseologico), e quali
implicazioni abbia per lui partecipare in
Cristo alla ricapitolazione /riconduzione del
creato al Padre, per mezzo dello Spirito
(ambito etico).
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• Sapere che le condizioni necessarie, anche se non
sufficienti, che avrebbero poi reso possibile la vita, si siano
date negli istanti iniziali dello sviluppo del cosmo (dati
osservativi legati al Principio Antropico debole), cioè ben
prima della successiva evoluzione biologica, fa guadagnare
unità e coerenza ad una lettura teologica della creazione.
• L’osservazione che l’essere umano venga
ragionevolmente a trovarsi alla sommità di un progressivo
processo di complessificazione biologica e psichica, di scala
globale e non solo locale, ammette importanti risonanze
cristologiche, che fanno meglio comprendere la coerenza e
la portata cosmologica dell’evento cristiano.
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son o ne ces sari per vis uali zzare que st'imma gine .
• L’attenzione rivolta dal cristianesimo alla
teologia del corpo, – partecipe dell’immagine
di Dio, tempio dello Spirito Santo e capace di
rivelare la persona – riceverebbe nuove luci
dal fatto che tale corpo, ancor prima di essere
“umano”, abbia incarnato una lunghissima
storia evolutiva, sia cosmica che biologica.
• Sul piano della storia della salvezza, la
comprensione della portata meta-storica della
redenzione riceve significative suggestioni dai
lunghissimi tempi trascorsi a partire dalla
comparsa della specie umana sulla terra,
soprattutto pensando al fatto che l’enorme
maggioranza degli esseri umani finora vissuti
non sono potuti entrare in contatto storico con
l'evento pasquale di Cristo.
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• Considerare che nella storia della terra che ha preceduto
l’apparizione dell’uomo sono comparse e poi scomparse
innumerevoli specie, non senza reciproche rivalità e talvolta
dolorosi antagonismi, obbligherebbe a ri-comprendere l’idea
classica di una natura che, nell’armonia e nell’ordine, si
sviluppa fino ad essere coronata con la creazione dell’uomo.
• La presenza della morte biologica, almeno per le specie
animali inferiori, prima della comparsa e della prova morale
dell’uomo, suggerirebbe di chiarire il rapporto fra
“conclusione dell’arco biologico della vita” e “morte umana”
come pena sofferta a causa del peccato originale.
Il significato e la logica della storia della salvezza – che è la
storia della libertà di Dio e della libertà dell'uomo – superano
certamente quanto significato dalle storie evolutive del cosmo
e della vita e dalle possibili ricostruzioni che di esse possono
fare le scienze …
eppure,
la storia della salvezza si dà, cioè ha luogo, in quelle storie e
si interseca con loro.
Il realismo del mistero dell'Incarnazione,
con il quale il Verbo assumendo su di sé
la natura umana ne ha assunto anche
tutte le relazioni con il creato,
suggerisce alla teologia di dover
considerare attentamente tale
intersezione, esplorandone fino in fondo
le virtualità, ma anche le conseguenze.
M. Humason
E. Hubble
C. St. John
A. Michelson
A. Einstein
W. Campbell
W. Adams
Modelli cosmologici e nozione
filosofico-teologica di creazione
Il problema dell’origine dell’universo in
cosmologia e il dibattito circa il ruolo di
un Creatore…
• viene introdotto nel contesto tipico dei
cosiddetti problemi di incompletezza, logica oppure
ontologica, ovvero nel contesto epistemologico del
problema dei fondamenti
• viene erroneamente centrato sul dibattito circa l’esistenza
di un inizio temporale, o su come “chiudere” la scelta di
opportune condizioni al contorno; dunque, nel contesto
della “logica della prima mossa”, o di un “God of the gaps”
• la cosmologia giunge a tematizzarlo nel tentativo di:
a) concettualizzare l’universo fisico come un tutto, in accordo con
l’oggetto specifico voluto dalla cosmologia contemporanea,
b) finendo così con l’identificare erroneamente il problema della
totalità dell’universo fisico con il problema filosofico dell’intero.
In tale dibattito ha ricoperto, e ricopre tuttora, un ruolo
importante la discussione sull’esistenza e sul significato
della “singolarità iniziale”
a) modelli cosmologici che prevedono una
singolarità spazio-temporale iniziale
• modello standard, soluzioni di Friedmann con
geometria FLRW
b) modelli cosmologici che tolgono interesse
all’esistenza di una singolarità iniziale o ne
rimuovono la presenza
• modelli di universo ciclico
Quick Time™e u n
de compr ess ore T IF F (Non c ompr esso )
so no nec essa ri per v is ualizzar e que st'immag in e.
A. Friedmann
1888-1925
QuickT i me™ e un
decompressore T IFF (Non com presso)
sono necessari per vi suali zzare quest 'i mm agine.
• modelli di stato stazionario o quasi-stazionario
F. Hoyle
1915-2001
• modelli nei quali si introducono trasformazioni
geometriche che rimuovono la dipendenza dal
tempo, generando così soluzioni di universo
autoconsistente (self-contained)
• modelli che descrivono l’origine della materiaenergia come fluttuazione quantistica dal nulla
dello spazio vuoto
• modelli che impiegano il quadro di riferimento
della super-string theory e descrivono un’epoca
“pre-Big bang” dove lo spazio-tempo classico
emerge da una foam senza tempo
S. Hawking
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decom pressore T IFF (Non compresso)
sono necessari per vi suali zzare quest 'im magi ne.
G. Veneziano
c) modelli di multiverso originatisi in scenari
di inflazione
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de comp ress ore TIFF (Non c ompresso )
so no ne cess ari p er vis ualiz zare ques t' imm agin e.
A. Guth
a) modelli cosmologici con una singolarità gravitazionale
spazio-temporale iniziale
• sono le soluzioni di A. Friedmann alle equazioni di campo di A.
Einstein per modelli di universi in espansione (matter dominated)
• molti parlano dell’esistenza di questa singolarità come di un
evento teologico di creazione; ciò non ha senso perché:
- le singolarità gravitazionali classiche (Big Bang) non
corrispondono alla definizione fisico-matematica di
un'origine dei tempi: il punto t=0 non appartiene al
dominio di definizione delle equazioni, e dunque per t —> 0
vi è una divergenza dei parametri fisici significativi T, r, ecc.
- la natura della dipendenza che un universo creato avrebbe
da un Creatore non viene rappresentata adeguatamente dal
“problema dell’inizio”
 Da questo equivoco nasce l’associazione fra Big Bang e
creazione del cosmo, comune nella divulgazione scientifica e
nell’immaginario popolare
A mostrare l’impossibilità di attribuire uno “speciale valore
filosofico” alle singolarità gravitazionali spazio-temporali bastino
ancora le seguenti considerazioni:
- non possediamo alcuna fisica adeguata a rappresentare le
condizioni della materia-energia e dello spazio-tempo entro l’era di
Planck, ovvero per distanze inferiori a 10-33 cm e tempi inferiori a
10 -43 sec;
- poiché la densità di massa, al determinare la geometria, determina anche la velocità con cui scorre il tempo, l’approccio temporale
ad una singolarità finita potrebbe durare un tempo infinito...
b/1) modelli cosmologici che rimuovono la singolarità iniziale
eliminando la dipendenza dal tempo (J. Hartle, S. Hawking)
• mediante una trasformazione geometrica che introduce
un tempo immaginario (t —> -i t), la geometria
quadridimensionale ammette come limite una geometria
tridimensionale
• rimuovendo la singolarità iniziale, il modello non
possiede più condizioni al contorno e diviene una sorta di
universo autocontenuto, perché esso stesso è la sua
condizione al contorno
• il modello, in realtà, non parte dal nulla: presuppone la
geometria del super-spazio che utilizza, oltre alle
assunzioni matematiche richieste
b/2) modelli cosmologici che descrivono l’origine
dell’universo come fluttuazione quantistica
(A. Vilenkin, E. Tryon, Y. Zel’dovich, A. Starobinski, et al.)
• divengono possibili in un quadro di unificazione generale delle
4 forze fondamentali (elaborazione di una gravità quantistica)
ove l’universo diviene, nel suo insieme, un oggetto quantistico
• operano nell’ipotesi che la somma di energia gravitazionale
(negativa) e di energia in massa-energia (positiva) presenti
nell’universo sia algebricamente zero
• operano, come logico, all’interno di una metrica e con
l’assunzione di precise leggi quantistiche, dunque non hanno
alcun riferimento (né potrebbero averlo) con il nulla metafisico
• poiché descrivono l’apparizione dell’universo senza violazione
delle leggi di conservazione, sono stati (erroneamente) invocati
sia per mostrare la plausibilità di una creazione (teologica) dal
nulla, sia per sostenerne la sua non necessità.
“L’universo può emergere dal nulla, senza intervento. Per caso”
(P.W. Atkins, Creation revisited, Freeman, New York 1992, p. 143).
«So long as the universe had a beginning, we could
suppose that it had a creator. But if the universe is
really completely self-contained, having no boundary
or edge, it would have neither beginning nor end: it
would simply be. What place, then, for a creator?»
(A Brief History of Time, London 1988, pp 140-141)
«A molte persone l'idea che il tempo abbia avuto un
inizio non piace, probabilmente perché questa
nozione sa un po' di intervento divino»
(Dal Big Bang ai buchi neri, Milano 1993, pp. 64-65)
«Molti scienziati sono perplessi quando si parla di
condizioni iniziali dell'universo, perché percepiscono
che ciò si trova al confine con la metafisica e la
religione»
(The Edge of Spacetime, in P. Davies (ed.), “The New
Physics”, Cambridge Univ. Press, Cambridge 1989, p. 68)
In una riunione della Pontificia Accademia delle scienze, di cui è
membro, Stephen Hawking espose il suo modello di generazione
dell’universo senza singolarità iniziale, “out of nothing”,
affermando che un tale universo non avrebbe avuto bisogno di
un Dio Creatore. All’esposizione era presente Giovanni Paolo II.
Hawking confidò —e in un’occasione scrisse— che dopo quella
relazione immaginava di essere condannato come Galileo,
accarezzando l’ipotesi di venire considerato un “Galileo 2”. Lo
scienziato restò però deluso, perché in quell’occasione Giovanni
Paolo II non fece alcun commento.
Stephen Hawking riceve da
Paolo VI la medaglia Pio XI
il 9 aprile 1975, per i suoi
studi sui black holes
Qualche tempo dopo, in una riunione informale di scienziati a
Castelgandolfo, Joseph Zycinski chiese a Giovanni Paolo II perché
in quell’occasione, dopo la relazione di Hawking alla Pontificia
Accademia, egli non ebbe alcuna reazione, riferendo anche al
Pontefice il disappunto di Hawking, per non essere stato
“condannato”.
Giovanni Paolo II rispose che in fisica non c’era motivo di
menzionare il Creatore. Aggiunse, però, che la fisica sottende
questioni filosofiche come, ad esempio, perché esistono le leggi di
natura, o perché il cosmo è intelligibile, dicendo di essere certo
che Hawking non avrebbe negato la sensatezza di tali domande.
Se queste domande fossero state negate, allora sì, si sarebbe
dovuto dire qualcosa.
Fonte: Joseph Zycinski (2006),
private communication
c) modelli cosmologici di multi-verso (infiniti universi
indipendenti) generati in uno scenario di inflazione
(A. Guth, S. Hawking. A. Vilenkin, Q. Smith, et al.)
• descritti nelle cosmologie ove una fase iniziale di
inflazione preve-de la formazione di molte regioni spaziotemporali causalmente sconnesse (isolate e indipendenti);
sofisticate geometrie descrivono la possibilità di successioni
di big-bangs, e dunque di loro ramificazioni, subordinando
universi-figli a universi-madri
• sebbene tali modelli siano matematicamente consistenti,
ci si chiede quale valore abbiano in un quadro scientifico
osservativo
• vengono invocati nel contesto della ricerca di spiegazione
alla insolite condizioni antropiche del nostro universo
• oltre a non poterlo essere filosoficamente, tali universi
non sono mai totalmente indipendenti nemmeno nella loro
descrizione fisica, in quanto esistono delle grandezze fisiche
che risultano fissate prima che i molti-mondi si differenzino
fra loro.
Artist’s view di uno dei possibili modelli di multiple universes
 Da un punto di vista filosofico-teologico:
• ricorrere ad una infinità di mondi, come a un procedere
infinito nella durata, non sopprime la necessità di riconoscere
un fondamento per ciò che, in ogni momento e in ogni parte,
non può auto-fondarsi né spiegarsi da solo
• Dio non sarebbe meno necessario ad un insieme infinito di
mondi, o ad un perpetuo ricominciamento di infiniti Big bangs,
di quanto non lo sia in un inizio assoluto che inaugura tutto il
reale. Resterebbe infatti irrisolto il dilemma di come dare
attributi necessari ed eterni a ciò che, nell’ordine fisico, si
sperimenta continuamente come contingente.
 Da un punto di vista più generale:
• La cosmologia non è solo una scienza dell’Universo, ma anche
una scienza circa le assunzioni che occorre fare per rendere una
scienza dell’Universo possibile
• e nella scelta di queste assunzioni essa ricorre necessariamente
a pre-comprensioni e ad opzioni a priori, di ambito filosofico.
“Subtle influences of personal philosophy,
cultural, and in some cases , religious
background lead to very different choices
of paradigm in many branches of science,
but this tendency is particularly noticeable
in cosmology…”
P. Coles, F. Lucchin, Cosmology. The origin and
Evolution of Cosmic Structure, Wiley and Sons,
Circhester 1995, xii
“An individual scientist may perhaps believe that he
pursues his work without considering philosophical
questions, but this belief is illusory and arises simply
because the scientist has unconsciously acquired
some particular metaphysical outlook”
G.C. McVittie, General Relativity and Cosmology, Univ. of
Illinois Press, Urbana 1963, p. 3
«Per quanto le nostre spiegazioni scientifiche possano
essere coronate dal successo, esse incorporano sempre
certe assunzioni iniziali. Per esempio, la spiegazione di
un fenomeno in termini fisici presuppone la validità delle
leggi della fisica, che vengono considerate come date.
Ma ci si potrebbe chiedere da dove hanno origine queste
leggi stesse. Ci si potrebbe perfino interrogare sulla
logica su cui si fonda ogni ragionamento scientifico.
Prima o poi tutti dobbiamo accettare qualcosa come
dato, sia esso Dio, oppure la logica, o un insieme di
leggi, o qualche altro fondamento dell'esistenza»
(P. Davies, La mente di Dio, Mondadori, Milano 1993, p. 5).
«Anche se possiamo attribuire una causa a ogni evento (e ciò è
improbabile, a quanto ci dice la fisica quantistica) rimarrebbe sempre
misterioso perché l’universo è fatto come è fatto, o perché c’è un universo
mentre potrebbe non esserci»
(Dio e la nuova fisica, Mondadori, Milano 2002, p. 67).
«L’universo è così com’è perché Dio ha deciso che fosse così. La scienza,
che per definizione si occupa solo dell’universo fisico, potrà riuscire a
spiegare ogni cosa ricorrendo ad altre cose, ma la totalità delle cose
fisiche richiede una spiegazione dall’esterno» (ibidem, pp. 72-73).
Osservazioni conclusive
• Nel suo tentativo di concettualizzare l’universo
fisico come un unico oggetto di intelligibilità —cosa
oggi favorita dalla comprensione evolutiva del
cosmo e dalla conoscenza della sua fenomenologia
su larga scala— la cosmologia fisica contemporanea accede a “domande ultime” (origine, fine e
senso del tutto, ecc.), usualmente affrontate dalla
metafisica e dalla filosofia della natura.
• Tale scenario di lavoro fa sì che la cosmologia si
imbatta nel problema dei fondamenti e nei classici
problemi di incompletezza, logica e ontologica,
percependo la necessità di un meta-linguaggio e di
una meta-fisica che le consenta di ascendere a
livelli di astrazione più ampi.
• Nella ricerca di tali livelli, essa corre il rischio di
chiudere aporie e incompletezze mediante il ricorso
ad assunzioni di taglio idealistico, che oltrepassano
l’ambito empirico-osservativo, o comunque indirettamente legato ad esso, cedendo così a visioni
totalizzanti che presuppongono scelte filosofiche.
• La caratteristica della cosmologia di accedere a
domande ultime va valorizzata, ma posta in dialogo
con le riflessioni di una filosofia della natura e di
una metafisica di taglio realista. Il tal modo metodo
scientifico può riconoscere i suoi fondamenti e
proteggersi da sconfinamenti.
• L’ordine empirico non accede al livello della finalità
intenzionale di un Creatore, ma ne coglie solo gli
aspetti di livello inferiore (coerenza, ordine,
coordinamento funzionale, teleologia dei processi,
ecc.). Il perché davvero ultimo del mondo non
possiamo conoscerlo mediante un’indagine
empirica, ma possiamo riceverlo solo come donato.
• Anche se la cosmologia, e le scienze naturali in
genere, fossero in grado di ricostruire tutti i
passaggi che hanno condotto l’evoluzione del
cosmo e della vita dai suoi inizi remoti fino
all’apparizione dell’uomo sulla terra, la catena
causale individuata da questi innumerevoli “perché”
non risponderebbe al perché più importante:
perché nell’universo ci sono io.
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Tanzella-Nitti