Un uomo... una storia Luigi Della Monaca (1919-1979) L’INFANZIA L uigi Della Monaca nacque a Porto S. Stefano il 26 settembre 1919, ultimo figlio di una modesta famiglia di pescatori. I Della Monaca sono originari di Torre Del Greco. Il primo ad emigrare dalla terra natia fu Carmine Della Monica (questo il cognome originale), pescatore di 35 anni, il quale, verso il 1876, si trasferì con la sua barca a Monte Argentario, prendendo domicilio a Porto S. Stefano. Con lui erano la moglie Vincenza Maddaloni e tre figli in tenera età: Santi (1868-1919), Rosa (1870-1958) e Francesco (1872-1964).1 La richiesta ufficiale per ottenere la residenza nel comune di Monte Argentario fu presentata da Carmine il 25 luglio 1876: Della Monica Carmine L’anno milleottocentosettantasei e questo dì 25 di Luglio a ore 9 antieri in Porto S. Stefano Avanti di me Giovanni Anselmi Sindaco ed Ufficiale dello Stato Civile è comparso Delamonica Carmine del fu Sandro e della fu Angela Rosa Ferrandina di anni 35 nato a Torre del Greco domiciliato in detto luogo di condizione pescatore, il quale mi ha dichiarato di voler trasferire la sua residenza in questo Comune insieme alla sua famiglia composta dalla moglie unita a tre figli, e precisamente in Porto S. Stefano coll’intenzione di fissarvi la sede principale dei propri affari ed interessi, riservandosi di fare la corrispondente dichiarazione nel Comune di Torre del Greco. A quest’atto sono stati presenti Giustiniani Giovanni di anni 32 scritturale, e Giovanni Braccialini di anni 20 scritturale, ambedue residenti in detto comune. Letto il presente atto alle parti interessate l’hanno meco sottoscritto ad eccezione del Delamonica essendo illetterato Giovanni Giustiniani testimone Giovanni Braccialini testimone L’Ufficiale Giovanni Anselmi 2 1 In seguito Carmine e Vincenza Maddaloni ebbero altri 6 figli: Anastasia (1877-1963), Gaetano (1878-1932), Giulia (1880-?), Giuseppe (1882-1883), Giuseppina (1884-1950), Augusto (1889-1972), tutti nati a Porto S. Stefano. 2 Anche se nel documento è scritto Sandro, in realtà il vero nome del padre di Carmine era Santi. Il terzogenito Francesco Gertrude Della Monica, nato e battezzato a Torre del Greco il 6 settembre 1872, continuò il mestiere di pescatore del padre. Il 6 settembre 1897, dopo aver ottenuto dalla Sede Apostolica la dispensa dall’impedimento di consanguineità, sposò la cugina Vincenza Maria Maddaluno, (1876-1966),3 anch’essa di Torre del Greco, e dalla loro unione nacquero 10 figli: Stefano, detto Nino (1898-1973), Maria, detta Mariuccia (1900-1984), Giuseppa, detta Peppa (1902-1977), Rosa (19031957), Santi (1907-1943), Armida (1909-1982), Irma (1905-1974), Felice, detta Felicina (1913-1994), Vincenzo (1915-1975) e Luigi, detto Gigetto (1919-1979), per gli amici Gigetto ‘r napretano. - Nonno Ciccio pannéa i tramagli col nipote Nino “Zanna”, sul molo davanti al Bar Chiodo Francesco, o meglio nonno Ciccio, e Vincenza, o meglio nonna Vicenza, vissero una vita lunga, laboriosa e felice. Morirono, lui a 92 anni e lei a 90, attorniati dai figli e da una nidiata di nipoti affettuosi. 3 Nei documenti anagrafici si trova anche Mataloni, Maddaloni o Matalone. G igetto frequentò la scuola elementare di Porto S. Stefano e fu il solo della famiglia a portare a termine gli studi di scuola elementare. Studente di buona levatura, Gigi si distingueva soprattutto per l’ottimo comportamento sia verso i superiori che verso i compagni. Una volta, tuttavia, fu colto dal maestro Galileo nell’atto di compagno in Casalini suggerire ad un difficoltà, mentre questi si trovava interrogato alla lavagna. Il maestro Galileo, che i più anziani in paese ancora ben ricordano per le sue doti umane e professionali, ma anche per la sua intransigenza, decise di punire severamente il suggeritore colpendolo più - Gigetto piccolo volte sulla schiena con un tubo di gomma (allora si usava così). Gigetto rientrò a casa senza dire nulla, ma la mattina successiva non poté evitare che le sorelle più grandi, le quali di solito lo vestivano e lo preparavano per la scuola, scoprissero i dolorosi segni rimasti impressi sulla sua schiena. Costretto a raccontare come erano andate le cose, quella mattina Gigetto fu accompagnato a scuola dalle sorelle inferocite (in paese tutti conoscevano la loro determinazione, oltre che la stazza...) le quali misero letteralmente sull’attenti il povero maestro, al punto che la mattina stessa questi nominò Gigetto capoclasse, con l’importante compito di vigilare sul comportamento a scuola dei compagni.4 4 Molti anni dopo (Gigi era già sposato) successe un curioso episodio in cui furono di nuovo tirate in ballo le robuste sorelle di Gigi. Un giorno il figlio Gualtierino, ancora giovinetto, fu preso a colpi di scopa sulla schiena dalle “sorelle del Lippi” che lo accusavano ingiustamente di dare fastidio mentre lavoravano a maglia nel loro magazzino vicino alla chiesa parrocchiale. Gigi corse subito in aiuto del figlio, ma trovandosi di fronte a delle donne rimase un po’ spiazzato e si limitò a dire: “Ehi, a voi, non v’azzardate più a toccà ‘l mi’ figlio, assinnò sciolgo i cani”, minacciando di far intervenire le sue temibili sorelle che a Gualtierino volevano bene come a un figlio. - La licenza elementare ADOLESCENZA E GIOVINEZZA G ià nel periodo dell’età scolastica, durante l’estate, Gigetto usciva spesso con il guzzo del padre e assieme ai fratelli più grandi partecipava alle giornate di pesca. In particolare il fratello Nino, detto anche lui ‘r napretano, al quale Gigi era legato da un profondo affetto, non perdeva occasione di insegnargli i “trucchi” del mestiere. Lasciata la scuola, dopo il conseguimento della licenza elementare, Gigetto continuò a tempo pieno l’attività peschiera con la barca di famiglia, finché, in data 23 dicembre 1936 si iscrisse alla Gente di Mare e il 7 luglio 1937 s’imbarcò come mozzo Giovinezza sul del capo motopeschereccio barca Antonio Loffredo per staccare il libretto. Qualche mese dopo, il 14 dicembre 1937, effettuò il secondo imbarco, sempre - Gigetto al primo imbarco come mozzo, sul Sant’Anna al comando del capo barca Luigi Lubrano. In quegli anni di spensierata giovinezza Gigetto, diventato Gigi, si era fatto un bel ragazzo, alto e robusto, dalla carnagione scura, dai folti capelli ricci e neri, e dagli occhi color nocciola. Durante una scampagnata al Monte conobbe Rina Sclano, una bella ragazza bionda del paese, di qualche anno più giovane di lui. Tra loro scoccò la scintilla ma non ebbero modo di conoscersi più di tanto perché subito dopo Gigi, allora diciottenne, fu mandato dalla famiglia a lavorare a Viareggio. Poco prima di partire Gigi dichiarò il suo amore a Rina la quale non seppe rimanere indifferente di fronte al fascino di quel giovane sempre allegro e ottimista. - Rina e Gigi fidanzatini Gigi era stato ingaggiato da una facoltosa famiglia di armatori livornesi, i Chiesa, che già in passato avevano avuto rapporti di lavoro con il padre e i fratelli più grandi di lui. Avrebbe dovuto lavorare come bagnino e uomo tutto fare in un grande stabilimento balneare. - Gigi impegnato alla voga - Bagnino a Viareggio L’imprevista lontananza, proprio quando si erano appena conosciuti, non facilitò il nascente rapporto tra Rina e Gigi tant’è che ad un certo punto, a causa di alcune incomprensioni, sembrò sul punto di naufragare. Il periodo di lontananza, tuttavia, ebbe breve durata. Gigi capì che non poteva stare senza di lei e tentò in tutti i modi di ricucire lo strappo. - Abbronzatissimo Le mandò una foto giurandole il suo amore: ...il mio pensiero è tutto per te. Sul retro un’altra scritta con la quale si raccomandava: Ti mando questa foto con la speranza che non la strappi, tuo Luigi. E Rina non la strappò... Il disperato tentativo di Gigi ebbe, dunque, successo e i due fidanzatini ritornarono insieme. Facilitati anche dal fatto che, di li a poco, Gigi dovette tornare a Porto S. Stefano per un impegno al quale non poteva sottrarsi: la chiamata al servizio di leva. Rina e Gigi ebbero a disposizione pochi giorni per rinvigorire il loro amore, senza per altro poter dir nulla alle rispettive famiglie. Soprattutto a causa dei genitori e i fratelli di Rina i quali non vedevano di buon occhio il suo rapporto con Gigi, che consideravano un giovane senza arte né parte, incapace di darle un futuro. RINA SCLANO R ina era nata a Porto S. Stefano il 20 marzo 1922 da Angelo Sclano e Virginia Galindo. La sua famiglia, come la maggior parte delle famiglie di allora, era piuttosto numerosa: 5 fratelli e 4 sorelle. Rina aveva un carattere dolce e remissivo, ma quando c’era bisogno sapeva tirar fuori le unghie per farsi valere. Nel caso del suo rapporto con Gigi seppe lottare contro tutto e tutti e alla fine, grazie alla sua ferma determinazione, riuscì a vincere la sua battaglia d’amore. - Pasquetta 1940 - Al mare con le amiche e la cugina Ivelda (24 luglio 1941) - In lutto per la morte in guerra del fratello Gualtiero (ottobre 1941) - Infortunata al piede sinistro in seguito ad una caduta (9 luglio 1944) - In posa in mezzo alla neve (9 gennaio 1947) - Autunno 1948 IN GUERRA G igi raggiunse “Maridepocar” a La Spezia il 15 luglio 1939 e, dopo una quindicina di giorni, fu arruolato nella Regia Marina Militare Italiana e destinato alla base navale di Taranto per essere imbarcato sul Real Sommergibile Sirena in qualità di Marò. La ferma durava allora 28 mesi, ma l’entrata in guerra dell’Italia nel giugno del 1940 prorogò inevitabilmente la permanenza di Gigi nella Regia Marina. - Soldatino in tuta da lavoro Durante una delle rare licenze Gigi colse l’occasione per fidanzarsi ufficialmente con la sua Rina. - Rina felice con la divisa di Gigi Durante il periodo bellico le missioni di guerra del sommergibile Sirena si susseguirono numerose. Gigi, a bordo, oltre ad espletare le ordinarie funzioni che spettavano ai marò, era addetto alla mitragliera con la qualifica di tiratore scelto. Il Sirena, sommergibile di piccola crociera varato a Monfalcone nel 1933, all’ingresso in guerra dell'Italia faceva base a Tobruch ed era inquadrato nella X Squadriglia Sommergibili. - Il Regio Sommergibile Sirena Le caratteristiche generali erano le seguenti: Dislocamento in superficie 678.95 t, in immersione 842,2 t; Lunghezza fuori tutto 60,18 m; Larghezza 6,45 m; pescaggio 4,66 m; Profondità operativa 80 m; Propulsione 2 motori diesel Tosi da 1.350 CV e 2 motori elettrici Magneti Marelli da 800 CV; Velocità in superficie 14 nodi, in immersione 7,5 nodi; Autonomia in emersione 2.200 mn a 12 nodi o 5.000 mn a 8 nodi, in immersione 8 mn alla velocità di 8 nodi o 72 mn a 4 nodi. L’equipaggio era composto da 4 ufficiali e 32 tra sottoufficiali e marinai. L’armamento era costituito da un cannone da 100/47 Mod. 1931, due mitragliere da 13,2 mm, Breda Mod. 31, 4 tubi lanciasiluri a prua e 2 a poppa, entrambi da 533 mm, con a bordo 6 siluri e 144 proiettili pesanti per il cannone. Il 18 giugno 1940 il Sirena lasciò la base libica al comando del Tenente di Vascello Raul Galletti, diretto nel Golfo di Sollum. Il giorno 20 individuò un cacciatorpediniere britannico e si portò all’attacco ma. rilevato dalla nave prima di poter attaccare, fu pesantemente bombardato con cariche di profondità. A causa dei gravi danni riportati dovette fare anticipatamente ritorno a Tobruch, il 22 giugno. - Ricordo di una lunga missione di guerra; partiti il 30 ottobre 1940, rientrati il 26 novembre successivo - G i g i a T o b r u k - Gigi a Tobruch - Gigi a La Maddalena - Al ritorno da una missione di guerra (1942) - Gigi (a destra) davanti alla postazione della mitragliera di bordo - Rodi (4 aprile 1942) - In missione di guerra (settembre 1942) Il 25 giugno, compiute le prime riparazioni indispensabili, il Sirena ripartì per Taranto dove avrebbe ricevuto lavori più approfonditi. Quattro giorni dopo, mentre transitava nei pressi di Capo Colonna, fu attaccato da un idrovolante Short Sunderland, ma reagì aprendo il fuoco con la contraerea e riuscì ad abbatterlo. Gigi fu uno dei protagonisti di quell’azione. Dopo le riparazioni il sommergibile prese base a Lero, da dove operò nel Mediterraneo Orientale. Fu inoltre impiegato nel Golfo di Taranto e nel Canale d’Otranto sotto il comando del tenente di vascello Rodolfo Scarelli. Nella notte del giorno 4 aprile 1941, mentre procedeva in superficie, avvistò un cacciatorpediniere inglese classe Tribal e lo attaccò da meno di 2.000 metri lanciando una coppiola di siluri, per poi emergere a verificare i risultati. L’11 luglio 1942 Gigi fu autorizzato a fregiarsi a vita del distintivo d’onore per sommergibilisti e, in data 1 dicembre 1942 fu promosso sottocapo nocchiere di bordo.5 - Il Sirena in transito sotto il ponte girevole nel porto di Taranto 5 In seguito, a guerra finita, esattamente il 1 luglio 1957, Gigi fu promosso a Sergente Nocchiere di Complemento con anzianità di grado. - Distintivo d’onore al marò sommergibilista Della Monaca Luigi - I marinai del sommergibile Sirena - L’equipaggio del Sirena (Gigi è dietro il comandante Scarelli) - Gigi in servizio militare a Pola Il 10 aprile 1943 il Sirena era a La Maddalena quando un violento bombardamento areo colpì la base (affondando gli incrociatori Trieste e Gorizia): il Sirena non fu colpito ma ebbe, fra l’equipaggio sceso a terra, 3 morti e 10 feriti gravi. Gigi, per fortuna, rimase illeso. Con il sommergibile reso momentaneamente inutilizzabile, l’equipaggio fu destinato a terra e Gigi prese servizio a Pola, dove rimase fino al 31 maggio di quello stesso anno.6 Il 1 giugno fu trasferito in Francia al “Comando Nucleo Sommergibili” di Tolone e vi rimase fino all’8 settembre 1943, giorno dell’Armistizio. Nel porto francese, Gigi fu catturato il giorno dopo dai tedeschi insieme ad altri commilitoni e deportato in Germania. Fu internato in un campo di concentramento vicino al villaggio di Meisenheim nella Renania-Platinato, dove rimase prigioniero fino alla primavera del 1945. L’equipaggio del Sirena fu rapidamente ricostituito e il sommergibile continuò le azioni di guerra subendo avarie a causa di attacchi di caccia avversari. Riparato a Napoli, riprese il mare diretto a La Spezia dove attraccò il 7 settembre 1943. Alla proclamazione dell’Armistizio si autoaffondò nel porto ligure. Ultimo comandante fu il Tenente di Vascello Vittorio Savarese. Il Sirena aveva svolto 19 missioni offensivo-esplorative e 14 di trasferimento, per un totale di 19.659 miglia di navigazione in superficie, 3.052 miglia in immersione e 203 giorni effettivi di permanenza in mare, solcando in lungo e in largo il Mediterraneo. 6 - In relax a Tolone (Francia) poco prima della cattura L a prigionia in Germania fu piuttosto dura. Gigi, al pari di tutti i militari internati in Germania fu sfruttato come forza lavoro. A lui toccò lavorare nei campi e sui binari della ferrovia dalla mattina alla sera. Tra l’altro, per la sua agilità e il suo fisico asciutto e muscoloso, fu scelto come sparring-partner per tenere in allenamento un pugile tedesco del luogo. Venne persino ferito, quando si rifiutò di consegnare una foto della sua Rina ad un soldato tedesco che gliela voleva togliere. - Gigi (a sin.) pugile durante la prigionia in Germania Gigi avrebbe preferito strappare la foto piuttosto che consegnarla al soldato, anche gli perché sul retro della foto Rina aveva scritto un breve, tenero messaggio: A Gigetto con affetto perché mai possa dimenticarmi, tua Rina. Di fronte alla resistenza per sua tenace ritorsione, il tedesco lo colpì con un colpo di baionetta al fianco che gli procurò - La foto contesa una ferita piuttosto grave. Tornato in Italia con mezzi di fortuna, Gigi rimase sbandato in territorio nazionale fino al 7 agosto 1945 e, dopo aver regolarizzato la sua posizione presso il Comando della Regia Marina Militare di Livorno e aver superato non poche peripezie, fece finalmente ritorno a Porto Santo Stefano accolto amorevolmente dai genitori, dai fratelli, dalle sorelle e dalla sua amata Rina, la quale non aveva mai smesso di credere nel suo ritorno. Sul retro di una sua foto che lei gli aveva spedito prima che cadesse prigioniero dei tedeschi, era scritto: Ti mando questa mia foto perché guardandomi mi pensi, pensandomi mi ami, tua aff.ma Rina - Porto S. Stefano, 1 marzo 1943 - Rina in attesa dell’imminente ritorno del suo Gigi SPOSI L a ripresa della vita civile non fu affatto semplice. Gigi, tuttavia, sapeva adattarsi e ben presto riprese a navigare come marinaio, prima sui motopescherecci poi sulle navi mercantili. Dall’aprile del 1946 fino al 30 agosto 1949 fu imbarcato sul S. Gabriele, sull’Aida e sull’Anna Maria. - Imbarcato Finalmente, il 20 ottobre del 1949 riuscì a coronare il suo sogno d’amore sposando la sua Rina, la quale aveva saputo aspettare pazientemente il suo ritorno dalla guerra e dalla prigionia. - Rina e Gigi nel 1949 - Il giorno delle nozze - Il momento delle firme - Appena sposati - Lo Sposalizio La coppia andò ad abitare in Via Monte Suello nei pressi dell’antica Fortezza spagnola. Dal matrimonio nacque un anno dopo il loro unico figlio, Gualtierino, che poi, proprio come avevano predetto e auspicato tante volte nonna Vicenza e nonno Ciccio, da grande è diventato professore di scuola. - Gualtierino (gennaio 1951) Negli anni successivi Rina ebbe altre gravidanze che, purtroppo, si rivelarono molto difficili e, nonostante le cure, non andarono a buon fine. Lei, naturalmente, uscì da quelle dolorose esperienze psicologicamente e per anni ne subì le conseguenze. - Gualtierino ‘n collo a Babbone (Natale 1952) distrutta VAPORAIO E PARANZELLAIO S ubito dopo il matrimonio, Gigi per far contenta la moglie Rina che avrebbe sofferto oltremodo una sua nuova lontananza da casa, s’imbarcò sui pescherecci locali Intrepido, Agostino Padre e Anna Maria, al comando del cognato Armando Sclano, l’indimenticato Zi’ Armando. Tuttavia, la situazione economica generale in Italia lasciava molto a desiderare e lo stipendio del paranzellaio, a quei tempi, garantiva a mala pena una vita poco più che dignitosa, o per lo meno non adeguata alle difficoltà che tale lavoro allora, più di oggi, comportava. Gigi, quindi, fu costretto suo malgrado a trovare un imbarco sui piroscafi, lontano dalla sua famiglia. Nel marzo del 1951 s’imbarcò a Livorno sul piroscafo Pietro Gori, a cui seguì un secondo imbarco a Genova, il 3 luglio di quello stesso anno, sull’Aspromonte, e un terzo imbarco sul Saronno. Entrambi i piroscafi facevano rotta nell’Atlantico, tra il Nord Europa e il Nord America. Lasciata la navigazione atlantica, nel marzo del 1953 Gigi riprese l’attività peschiera sulle paranze santostefanesi. S’imbarcò prima sul Corsaro III, poi sullo Sparviero, quindi sull’Isola Madre, sul Dandolo e infine sul Montecristo. Dopo un’ultima breve parentesi sul T/C Ignazio Bibolini, che faceva viaggi tra l’Italia e il Venezuela, Gigi tornò di nuovo sulle paranze, questa volta sul Filippo Neri del padrone marittimo Luigi Castriconi, dove rimase dal settembre del 1956 all’agosto del 1958. Padre e marito esemplare, Gigi era una persona schietta e leale a cui piacevano le cose semplici e genuine. Aveva un carattere allegro e compagnone, sempre pronto a scherzare. Il suo attore preferito era Totò, perché, come spesso diceva, era capace di farlo sbellicare dalla risate, e in fatto di musica amava moltissimo la canzone napoletana. Nel periodo del Carnevale, specialmente durante i primi anni di matrimonio, egli era solito mascherarsi con vestiti da donna e la sera usciva in compagnia delle amiche della moglie Rina (alla quale non piaceva mascherarsi ma amava truccare e vestire il marito in abiti femminili) per andare di casa in casa a fare scherzi e burle, come si usava una volta. - Compagnone... Gigi era anche un tipo piuttosto “attacchino”, che quando c’era da menar le mani non si tirava indietro: «Prima si picchia, poi si discute», rispose una volta a Rina che lo aveva ripreso perché era intervenuto istintivamente in aiuto di un suo cugino che stava litigando con un’altra persona. La moglie era contrariata e dispiaciuta perché lui aveva picchiato il malcapitato senza sapere il motivo del diverbio o di chi fosse la ragione. Ma lui aveva aggiunto convinto: «Sono sicuro che Checco (il cugino) avrebbe fatto lo stesso per me». Quando c’erano di mezzo i Della Monaca, Gigi non guardava in faccia a nessuno. Rina, tuttavia, con il tempo riuscì a smussare quel lato particolare del suo carattere che a lei, di natura mite e riservata, non piaceva affatto. Verso la metà degli anni ’50, nei mesi che restava a terra sbarcato, Gigi trascorreva il tempo in famiglia. Amava poco andare al bar o alla frasca, come facevano molti suoi coetanei, ma essendo un accanito fumatore, quasi ogni giorno si recava nel vicino bar di “Gina”, posto nei pressi della Fortezza Spagnola (Gigi e la sua famiglia abitavano allora in via Monte Suello), per comprare le abituali (maledette) sigarette nazionali senza filtro. In quegli anni il Palio Marinaro era molto sentito. Gigi era un Pirarellaio doc, ma gli succedeva spesso che nel suddetto bar egli venisse interpellato dai responsabili del Rione Fortezza, abituali clienti di “Gina”, che cercavano in tutti i modi di convincerlo a correre il Palio con i colori Giallo, Rosso e Verde, in qualità di timoniere. Molti Fortezzaioli, Rina compresa, erano convinti che la Fortezza, in quegli anni eterna seconda dietro l’odiata Pilarella, perdeva il Palio non perché i suoi rematori fossero inferiori, ma a causa delle girate troppo “larghe” di Primo “il Macellaio”, timoniere storico del Rione Fortezza. Gigi, che non disdegnava affatto di mettersi in mostra, si lasciava convincere, ma una volta tornato a casa doveva fare i conti con la moglie che al contrario, pur essendo un’accesa Fortezzaiola e pur non avendo in simpatia l’odiata Pilarella, non voleva assolutamente che lui si esponesse così tanto e perciò gli imponeva di tornare subito su da “Gina” per disdire l’impegno appena preso. E Gigi, seppur a malincuore, obbediva. Nel settembre del 1958, mentre la grave crisi economica in cui era attanagliato il Paese sembrava non volesse cessare, Gigi, nel tentativo di migliorare le condizioni di vita della sua famiglia, decise di imbarcarsi come capo pesca sul Primo Secondo dei fratelli Vitelli, un motopeschereccio attrezzato per la pesca nell’Oceano Atlantico che aveva come destinazione i pescosi mari africani della Liberia. Gigi rimase in Africa per ben due anni. Quel difficile periodo, lontano da casa e dai suoi cari, segnò molto la sua vita ed ebbe un’importanza determinante nelle decisioni relative al suo futuro lavoro, che egli prese subito dopo il suo ritorno a Porto S. Stefano. - Il Primo Secondo in partenza per Monrovia (Liberia) Nella casa in Via Monte Suello, Rina e il figlio Gualtiero sentivano molto la sua mancanza. Per fortuna, ad alleviare le difficoltà di quel lungo periodo di separazione ci pensò zi’ Elia, una delle sorelle di Rina, che non essendo sposata, andò ad abitare con loro. - L’equipaggio del Primo Secondo - Gigi a Monrovia - Babbone, mi manchi, torna presto... - Gigi e Rina davanti alla casa in Via Monte Suello YACHT & SAILING G li inizi degli anni ’60 furono caratterizzati dal boom economico che determinò tra l’altro il repentino sviluppo della nautica da diporto. Gigi, stanco della vita di pescatore, decise di provare una nuova esperienza in quel promettente settore. Il primo imbarco fu subito impegnativo: marinaio a bordo dello M/Y Skagerrak, un magnifico veliero battente bandiera cilena che in passato era appartenuto niente meno che a Adolf Hitler.7 Sullo Skagerrak, che allora apparteneva al barone Zerilli, Gigi restò imbarcato dal 19 aprile 1961 all’11 gennaio 1963. Il comandante era Michele Cerulli, detto “Tronchetto”, il quale portò Gigi con sé, anche quando il barone, ormai in età avanzata, decise di vendere l’impegnativo yacht d’epoca per comprare il più tranquillo Stella Marina, un classico panfilo a motore, stile vaporetto, battente bandiera panamense. Sullo Stella Marina Gigi rimase imbarcato con le mansioni di marinaio insieme l’amico Velis Collantoni detto il “Mozzone” dal 12 febbraio 1963 al 30 settembre 1964. Dopo di ché fu chiamato da Sauro Danei, comandante del 7 Lo Skagerrak oggi appartiene al senatore Raffaele Ranucci. King, un potente e veloce motoscafo battente bandiera panamense, sul quale rimase imbarcato fino al 30 marzo del 1967. - Lo Stella Marina ormeggiato al porto del Valle Nel frattempo Gigi e la sua famiglia avevano lasciato la casetta in Via Monte Suello e si erano trasferiti al Valle, in Via Roma, andando ad abitare in una casa più grande e moderna. Gigi aveva ormai capito che la nautica da diporto era il suo vero campo d’azione in ambito professionale, ma capì anche che per farsi strada in quel settore era necessario acquisire brevetti e patentini vari. Così, per incominciare, già in data 29 maggio 1962 aveva sostenuto e superato l’esame che lo abilitava a condurre motoscafi, e/o imbarcazioni a motore ad uso privato; mentre il 31 ottobre 1966 prese il patentino di Capo Barca per il traffico locale e per la pesca costiera, a cui seguì, il 12 marzo 1968, il certificato di radiotelegrafista per navi di stazza lorda inferiore alle 150 tonnellate con stazione di potenza fino a 60 watt. Titoli che, seppur limitati, gli davano maggiori possibilità e ulteriori garanzie per aspirare ad ottenere il comando di una imbarcazione da diporto. La grande occasione si presentò agli inizi dell’estate 1968 quando Gigi fu ingaggiato dal capitano d’armamento della famiglia Moratti, sig. Ugo Fresia, per essere destinato al comando del M/Y Sarroch Primo. - Il Sarroch Primo in navigazione - Gigi al comando del Sarroch Primo ANNI FELICI A ngelo Moratti, noto imprenditore nel campo petrolifero, in quegli anni era anche Presidente dell’Inter, la squadra di calcio allenata da Selenio Herrera che stava vincendo allori sia in campo nazionale che in quello internazionale. La famiglia Moratti possedeva quattro panfili e quello che comandava Gigi, il Sarroch Primo era la barca personale di Angelo Moratti. Si trattava di un motoscafo tipo “Paraggina” che in quanto a stazza era forse la barca più piccola della flottiglia, ma sicuramente era la più veloce. Angelo Moratti la usava spesso per trascorrere i brevi momenti di relax che la vita intensa degli affari gli offriva, anche se a bordo del Sarroch Primo egli concluse più di un affare, stipulando vantaggiosi contratti con personaggi italiani e stranieri dell’alta finanza internazionale, magari davanti a un piatto di pasta aglio, olio e peperoncino, uno dei piatti preferiti da Gigi che, inevitabilmente, Angelo Moratti aveva imparato ad apprezzare. L’imprenditore lombardo usava il Sarroch Primo anche per le sue scappatelle con l’amante di turno e Gigi era spesso chiamato a spostarsi velocemente da un porto all’altro del Mediterraneo per cercare di evitare che la moglie di Angelo, la signora Erminia, a bordo del più grande e lussuoso, ma anche meno veloce, Lady Real, arrivasse all’improvviso cogliendo in flagrante il marito. Erminia Moratti voleva comunque bene a Gigi e ogni anno, prima che cominciasse la stagione estiva, lo convocava per raccomandarsi di non essere troppo complice del marito, e per tenerlo “buono” gli donava regolarmente una sterlina d’oro che Gigi conservava gelosamente. La barca, quando non veniva tirata a terra per i lavori di manutenzione della sosta invernale, rimaneva a Fiumicino che era anche la base estiva preferita da Angelo Moratti. Non che egli non amasse l’Argentario, che anzi era sempre nel suo cuore perché come aveva raccontato a Gigi era qui che aveva iniziato a costruire la sua fortuna vendendo nafta ai motopescherecci di Porto S. Stefano, subito dopo la fine della guerra. Il fatto era, però, che Fiumicino, per trovarsi vicino all’aeroporto, tornava molto comodo ad un uomo d’affari come lui, sempre impegnato e costretto ad essere pronto a mettersi in viaggio in qualsiasi momento. - Rina ospite sul Sarroch Primo Dell’Argentario, Angelo Moratti amava soprattutto Porto Ercole e non c’era estate che il Sarroch Primo non facesse una breve sosta nel piccolo, grazioso porto sud-orientale del promontorio. A Fiumicino, dove passava gran parte dell’anno, Gigi era conosciuto e ben voluto da tutti, per l’indole buona e il carattere estroverso e scherzoso. I suoi datori di lavoro lo apprezzavano e stimavano per l’onestà e per la serietà professionale. D’altra parte, Gigi, con la nautica da diporto, riusciva ad esprimere al meglio sia le sue qualità professionali che quelle umane, abbinando la vasta esperienza di uomo di mare, acquisita in tanti anni di navigazione sui sommergibili, sui piroscafi e sui motopescherecci, con l’innata capacità di saper intavolare rapporti interpersonali positivi e costruttivi, grazie ai quali era ben accetto sia tra le persone di un certo lignaggio, che tra quelle al pari suo, quali pescatori, marinai, ecc. - Nonostante il diploma di Allievo Capitano di Macchine, Gualtiero non ha seguito le orme del padre... - Il Sarroch Primo in cantiere a Porto S. Stefano - Gigi con il capitano d’armamento Ugo Fresia e consorte, a bordo del Lady Real Durante il periodo invernale, quando il Sarroch Primo era al sicuro nell’hangar di Fiumicino, Gigi trascorreva qualche settimana a casa con la famiglia. - Pasquetta 1969 a La Sgrilla Di tanto in tanto i cogini Della Monaca, armatori ed esperti conduttori di barche da pesca, lo chiamavano a sostituire qualcuno del loro equipaggio che era momentaneamente indisponibile. Lui accettava volentieri e i cogini non mancavano di ricompensare adeguatamente la sua disponibilità. Grazie ai cugini Della Monaca, ai quali Gigi era molto legato, il pesce fresco non è mai mancato sulla tavola della sua famiglia, anche quando lui non lavorava più sulle paranze. Sempre ben disposto a migliorare le sue conoscenze per poter progredire nel suo lavoro, Gigi, il 12 febbraio 1974, conseguì la patente per comandare o condurre imbarcazioni da diporto a motore di stazza lorda non superiore alle 25 tonnellate in navigazione oltre le 20 miglia dalla costa. Nel frattempo, grazie al lavoro di lui e alle doti di madre e moglie avveduta di lei, Gigi e Rina erano finalmente riusciti a farsi una casa tutta loro in Via Panoramica n. 23, dove la famiglia andò ad abitare nella primavera del 1973. Inoltre furono in grado di sostenere economicamente gli studi universitari per il figlio Gualtiero, laureatosi a Pisa nel 1975, e i suoi viaggi-soggiorno a Londra per migliorare la conoscenza della lingua inglese. Ogni estate Angelo Moratti concedeva per qualche giorno il Sarroch Primo a parenti ed amici. Succedeva spesso che Gigi avesse a bordo alcuni giocatori della “Grande Inter” di Herrera, da Facchetti a Corso, da Mazzola a Suarez, ai quali, lui che era super tifoso del Napoli, chiedeva medagliette e distintivi nero-azzurri che poi regalava ai soci dell’esclusivo “Inter Club” di Porto S. Stefano. Non di rado a bordo del Sarroch Primo passavano giornate di completo relax personaggi importanti della finanza internazionale, nonché nomi famosi dello spettacolo e del jet set degli anni ’60 -’70. Il figlio di Gigi, Gualtiero, ricorda ancora con piacere una splendida giornata trascorsa all’isola di Montecristo, durante l’estate del 1968, insieme alla famiglia di Tito Stagno, allora giornalista di primo piano della RAI. Quel giorno Gigi, che quando si trattava di piatti a base di pesce cucinava da Dio, preparò un appetitoso risotto allo scoglio che i suoi illustri ospiti fecero sparire in quattro e quattr’otto. La stessa Bedi Moratti, figlia maggiore di Angelo, usava spesso il Sarroch Primo per le sue romantiche fughe d’amore. A questo proposito, Gigi, di solito abituato ad essere fidato e discreto, non poté fare a meno di raccontare a Rina le burrascose giornate trascorse a bordo dalla Bedi e dall’attore Klaus Kinski, accompagnatore di turno, caratterizzate da liti furibonde a cui seguivano repentine riappacificazioni a luci rosse, che i due focosi amanti non si preoccupavano minimamente di nascondere agli occhi dell’equipaggio. - Beato in passerella Gigi era apprezzato soprattutto per saper svolgere diligentemente il suo lavoro, pensando innanzitutto alla sicurezza dei suoi passeggeri e alla salvaguardia della barca. Quando il mare era grosso, ad esempio, a nulla valevano le insistenze dei suoi illustri ospiti, se Gigi diceva che a suo giudizio la barca non si doveva muovere, non si muoveva. GLI ULTIMI ANNI G igi lavorò con la famiglia Moratti per 12 anni, dal 1968 al 1979, anno della sua morte Angelo Moratti volle mantenerlo in servizio a tutti gli effetti, anche quando, durante i due lunghi anni di tormentata malattia, non poteva più espletare di fatto le sue funzioni lavorative. In pratica, Gigi, pur non essendo imbarcato, continuò a percepire regolarmente lo stipendio. Una disposizione che, per volere di Angelo Moratti, continuò ad essere mantenuta fino al giorno della sua morte. Il periodo peggiore per lui era l’arrivo della bella stagione, quando tutti i suoi amici e colleghi comandanti di panfili prendevano il mare, mentre lui era costretto a rimanere a terra. Era quello uno dei rari momenti in cui Gigi, perduta l’abituale allegria, a stento riusciva a nascondere la nostalgia che gli stringeva il cuore. Angelo Moratti, avuta notizia della grave malattia che avrebbe tenuto Gigi lontano dal suo lavoro, gli scrisse di suo pugno un affettuoso messaggio di solidarietà: Milano 8 giugno 1978 Caro Della Monaca, ho la sua con la quale mi conferma purtroppo che, date le sue attuali condizioni di salute, deve lasciare il comando della barca. Le assicuro che sono veramente rattristato dei motivi che l’hanno costretta a prendere una simile decisione. Nell’inviarle i più sentiti auguri per una pronta e completa guarigione, desidero ringraziarla della collaborazione prestata e darle atto non solo delle capacità professionali, ma anche di quelle doti personali che hanno facilitato e reso particolarmente validi i nostri rapporti sia sul piano tecnico che su quello dei rapporti umani. Sarà per me un piacere, passando da Porto Ercole, di venirla a trovare. A presto, gradisca frattanto i più cordiali saluti. Angelo Moratti - Babbo e figlio Gigi morì la mattina del 22 novembre 1979. Le sue ultime parole furono: “Che peccato!” Pronunciate con il grande rammarico di chi, per forza di cose, non avrebbe potuto realizzare l’ultimo desiderio su cui con la mente e col cuore si era soffermato piacevolmente a fantasticare tante volte, ovvero quello di passare una tranquilla vecchiaia, andando a pesca lungo la costa dell’Argentario col guzzo e coi tramagli. Al funerale intervennero numerosi tutti quelli che lo avevano conosciuto e gli avevano voluto bene, compreso il capitano d’armamento Ugo Fresia, il quale rivolse a nome suo e quello della famiglia Moratti commosse parole di condoglianze al figlio Gualtiero e alla moglie Rina, affranti dal dolore per la perdita del loro Gigi. - Una delle ultime immagini felici di Rina e Gigi APPENDICE Tra la navigazione militare, mercantile, da diporto e da pesca, nel corso della sua vita Gigi aveva navigato per 29 anni, 5 mesi e 24 giorni. In data 11 marzo 1991, oltre 10 anni dopo la sua scomparsa, il Presidente della Repubblica Italiana gli conferì la Medaglia d’Oro di Lunga Navigazione. - Il prefetto di Grosseto durante la cerimonia per la consegna della medaglia d’onore In data 18 novembre 2009, a nome della Repubblica Italiana, il prefetto di Grosseto dott. Giuseppe Linardi ha consegnato al figlio di Luigi, Gualtiero, la Medaglia d’Onore alla Memoria per la lunga prigionia sofferta dal padre nel campo di concentramento in Germania, durante la II Guerra Mondiale. - Gualtiero con la Medaglia d’Onore appena assegnata alla memoria del padre Luigi - La Medaglia d’Onore conferita a Luigi Della Monaca per la prigionia sofferta in Germania - Gualtiero mostra con orgoglio la Medaglia d’Onore... ...ricevuta dalle mani del prefetto di Grosseto