Un uomo...
una storia
Luigi Della Monaca
(1919-1979)
L’INFANZIA
L
uigi Della Monaca nacque a Porto S. Stefano il 26 settembre 1919,
ultimo figlio di una modesta famiglia di pescatori.
I Della Monaca sono originari di Torre Del Greco. Il primo ad emigrare
dalla terra natia fu Carmine Della Monica (questo il cognome originale),
pescatore di 35 anni, il quale, verso il 1876, si trasferì con la sua barca a
Monte Argentario, prendendo domicilio a Porto S. Stefano. Con lui erano la
moglie Vincenza Maddaloni e tre figli in tenera età: Santi (1868-1919), Rosa
(1870-1958) e Francesco (1872-1964).1
La richiesta ufficiale per ottenere la residenza nel comune di Monte
Argentario fu presentata da Carmine il 25 luglio 1876:
Della Monica Carmine
L’anno milleottocentosettantasei e questo dì 25 di Luglio a ore 9
antieri in Porto S. Stefano
Avanti di me Giovanni Anselmi Sindaco ed Ufficiale dello Stato Civile
è comparso Delamonica Carmine del fu Sandro e della fu Angela Rosa
Ferrandina di anni 35 nato a Torre del Greco domiciliato in detto luogo
di condizione pescatore, il quale mi ha dichiarato di voler trasferire la sua
residenza in questo Comune insieme alla sua famiglia composta dalla
moglie unita a tre figli, e precisamente in Porto S. Stefano coll’intenzione
di fissarvi la sede principale dei propri affari ed interessi, riservandosi di
fare la corrispondente dichiarazione nel Comune di Torre del Greco.
A quest’atto sono stati presenti Giustiniani Giovanni di anni 32
scritturale, e Giovanni Braccialini di anni 20 scritturale, ambedue
residenti in detto comune.
Letto il presente atto alle parti interessate l’hanno meco sottoscritto ad
eccezione del Delamonica essendo illetterato
Giovanni Giustiniani testimone
Giovanni Braccialini testimone
L’Ufficiale Giovanni Anselmi 2
1
In seguito Carmine e Vincenza Maddaloni ebbero altri 6 figli: Anastasia (1877-1963),
Gaetano (1878-1932), Giulia (1880-?), Giuseppe (1882-1883), Giuseppina (1884-1950),
Augusto (1889-1972), tutti nati a Porto S. Stefano.
2
Anche se nel documento è scritto Sandro, in realtà il vero nome del padre di Carmine era
Santi.
Il terzogenito Francesco Gertrude Della Monica, nato e battezzato a
Torre del Greco il 6 settembre 1872, continuò il mestiere di pescatore del
padre.
Il 6 settembre 1897, dopo aver ottenuto dalla Sede Apostolica la
dispensa dall’impedimento di consanguineità, sposò la cugina Vincenza
Maria Maddaluno, (1876-1966),3 anch’essa di Torre del Greco, e dalla loro
unione nacquero 10 figli: Stefano, detto Nino (1898-1973), Maria, detta
Mariuccia (1900-1984), Giuseppa, detta Peppa (1902-1977), Rosa (19031957), Santi (1907-1943), Armida (1909-1982), Irma (1905-1974), Felice,
detta Felicina (1913-1994), Vincenzo (1915-1975) e Luigi, detto Gigetto
(1919-1979), per gli amici Gigetto ‘r napretano.
- Nonno Ciccio pannéa i tramagli col nipote Nino “Zanna”, sul molo davanti al Bar Chiodo
Francesco, o meglio nonno Ciccio, e Vincenza, o meglio nonna Vicenza,
vissero una vita lunga, laboriosa e felice. Morirono, lui a 92 anni e lei a 90,
attorniati dai figli e da una nidiata di nipoti affettuosi.
3
Nei documenti anagrafici si trova anche Mataloni, Maddaloni o Matalone.
G
igetto frequentò la scuola elementare di Porto S. Stefano e fu il
solo della famiglia a portare a termine gli studi di scuola elementare.
Studente di buona levatura, Gigi
si
distingueva
soprattutto
per
l’ottimo comportamento sia verso i
superiori che verso i compagni. Una
volta, tuttavia, fu colto dal maestro
Galileo
nell’atto
di
compagno
in
Casalini
suggerire
ad
un
difficoltà, mentre questi si trovava
interrogato alla lavagna. Il maestro
Galileo, che i più anziani in paese
ancora ben ricordano per le sue doti
umane e professionali, ma anche
per la sua intransigenza, decise di
punire
severamente
il
suggeritore colpendolo più
- Gigetto
piccolo
volte
sulla schiena con un tubo di gomma
(allora si usava così). Gigetto rientrò a casa senza dire nulla, ma la mattina
successiva non poté evitare che le sorelle più grandi, le quali di solito lo
vestivano e lo preparavano per la scuola, scoprissero i dolorosi segni
rimasti impressi sulla sua schiena.
Costretto a raccontare come erano andate le cose, quella mattina
Gigetto fu accompagnato a scuola dalle sorelle inferocite (in paese tutti
conoscevano la loro determinazione, oltre che la stazza...) le quali misero
letteralmente sull’attenti il povero maestro, al punto che la mattina stessa
questi nominò Gigetto capoclasse, con l’importante compito di vigilare sul
comportamento a scuola dei compagni.4
4
Molti anni dopo (Gigi era già sposato) successe un curioso episodio in cui furono di nuovo
tirate in ballo le robuste sorelle di Gigi. Un giorno il figlio Gualtierino, ancora giovinetto, fu
preso a colpi di scopa sulla schiena dalle “sorelle del Lippi” che lo accusavano
ingiustamente di dare fastidio mentre lavoravano a maglia nel loro magazzino vicino alla
chiesa parrocchiale. Gigi corse subito in aiuto del figlio, ma trovandosi di fronte a delle
donne rimase un po’ spiazzato e si limitò a dire: “Ehi, a voi, non v’azzardate più a toccà ‘l
mi’ figlio, assinnò sciolgo i cani”, minacciando di far intervenire le sue temibili sorelle che a
Gualtierino volevano bene come a un figlio.
- La licenza elementare
ADOLESCENZA E GIOVINEZZA
G
ià nel periodo dell’età scolastica, durante l’estate, Gigetto usciva
spesso con il guzzo del padre e assieme ai fratelli più grandi partecipava
alle giornate di pesca. In particolare il fratello Nino, detto anche lui ‘r
napretano, al quale Gigi era legato da un profondo affetto, non perdeva
occasione di insegnargli i “trucchi” del mestiere.
Lasciata
la
scuola,
dopo
il
conseguimento della licenza elementare,
Gigetto continuò a tempo pieno l’attività
peschiera con la barca di famiglia, finché,
in data 23 dicembre 1936 si iscrisse alla
Gente di Mare e il 7 luglio 1937 s’imbarcò
come
mozzo
Giovinezza
sul
del
capo
motopeschereccio
barca
Antonio
Loffredo per staccare il libretto.
Qualche mese dopo, il 14 dicembre
1937, effettuò il secondo imbarco, sempre
- Gigetto al primo imbarco
come mozzo, sul Sant’Anna al comando
del capo barca Luigi Lubrano.
In quegli anni di spensierata giovinezza Gigetto, diventato Gigi, si era
fatto un bel ragazzo, alto e robusto, dalla carnagione scura, dai folti capelli
ricci e neri, e dagli occhi color nocciola.
Durante una scampagnata al Monte conobbe Rina Sclano, una bella
ragazza bionda del paese, di qualche anno più giovane di lui.
Tra loro scoccò la scintilla ma non ebbero modo di conoscersi più di
tanto perché subito dopo Gigi, allora diciottenne, fu mandato dalla famiglia a
lavorare a Viareggio.
Poco prima di partire Gigi dichiarò il suo amore a Rina la quale non
seppe rimanere indifferente di fronte al fascino di quel giovane sempre
allegro e ottimista.
- Rina e Gigi fidanzatini
Gigi era stato ingaggiato da una facoltosa famiglia di armatori livornesi, i
Chiesa, che già in passato avevano avuto rapporti di lavoro con il padre e i
fratelli più grandi di lui. Avrebbe dovuto lavorare come bagnino e uomo tutto
fare in un grande stabilimento balneare.
- Gigi impegnato alla voga
- Bagnino a Viareggio
L’imprevista lontananza, proprio quando si erano appena conosciuti, non
facilitò il nascente rapporto tra Rina e Gigi tant’è che ad un certo punto, a
causa di alcune incomprensioni, sembrò sul punto di naufragare.
Il periodo di lontananza, tuttavia, ebbe breve durata. Gigi capì che non
poteva stare senza di lei e tentò in tutti i modi di ricucire lo strappo.
- Abbronzatissimo
Le mandò una foto giurandole il suo amore: ...il mio pensiero è tutto
per te. Sul retro un’altra scritta con la quale si raccomandava: Ti mando
questa foto con la speranza che non la strappi, tuo Luigi.
E Rina non la strappò...
Il disperato tentativo di Gigi ebbe, dunque, successo e i due fidanzatini
ritornarono insieme. Facilitati anche dal fatto che, di li a poco, Gigi dovette
tornare a Porto S. Stefano per un impegno al quale non poteva sottrarsi: la
chiamata al servizio di leva.
Rina e Gigi ebbero a disposizione pochi giorni per rinvigorire il loro
amore, senza per altro poter dir nulla alle rispettive famiglie. Soprattutto a
causa dei genitori e i fratelli di Rina i quali non vedevano di buon occhio il
suo rapporto con Gigi, che consideravano un giovane senza arte né parte,
incapace di darle un futuro.
RINA SCLANO
R
ina era nata a Porto S. Stefano il 20 marzo 1922 da Angelo Sclano
e Virginia Galindo. La sua famiglia, come la maggior parte delle famiglie di
allora, era piuttosto numerosa: 5 fratelli e 4 sorelle.
Rina aveva un carattere dolce e remissivo, ma quando c’era bisogno
sapeva tirar fuori le unghie per farsi valere.
Nel caso del suo rapporto con Gigi seppe lottare contro tutto e tutti e
alla fine, grazie alla sua ferma determinazione, riuscì a vincere la sua
battaglia d’amore.
- Pasquetta 1940
- Al mare con le amiche e la cugina Ivelda (24 luglio 1941)
- In lutto per la morte in guerra del fratello Gualtiero (ottobre 1941)
- Infortunata al piede sinistro in seguito ad una caduta (9 luglio 1944)
- In posa in mezzo alla neve (9 gennaio 1947)
- Autunno 1948
IN GUERRA
G
igi raggiunse “Maridepocar” a La Spezia il 15 luglio 1939 e,
dopo una quindicina di giorni, fu arruolato nella Regia Marina Militare
Italiana e destinato alla base navale di Taranto per essere imbarcato sul
Real Sommergibile Sirena in qualità di Marò.
La ferma durava allora 28 mesi, ma l’entrata in guerra dell’Italia nel
giugno del 1940 prorogò inevitabilmente la permanenza di Gigi nella Regia
Marina.
- Soldatino in tuta da lavoro
Durante una delle rare licenze Gigi colse l’occasione per fidanzarsi
ufficialmente con la sua Rina.
- Rina felice con la divisa di Gigi
Durante il periodo bellico le missioni di guerra del sommergibile Sirena si
susseguirono numerose. Gigi, a bordo, oltre ad espletare le ordinarie
funzioni che spettavano ai marò, era addetto alla mitragliera con la qualifica
di tiratore scelto.
Il Sirena, sommergibile di piccola crociera varato a Monfalcone nel 1933,
all’ingresso in guerra dell'Italia faceva base a Tobruch ed era inquadrato
nella X Squadriglia Sommergibili.
- Il Regio Sommergibile Sirena
Le caratteristiche generali erano le seguenti: Dislocamento in superficie
678.95 t, in immersione 842,2 t; Lunghezza fuori tutto 60,18 m; Larghezza
6,45 m; pescaggio 4,66 m; Profondità operativa 80 m; Propulsione 2 motori
diesel Tosi da 1.350 CV e 2 motori elettrici Magneti Marelli da 800 CV;
Velocità in superficie 14 nodi, in immersione 7,5 nodi; Autonomia in
emersione 2.200 mn a 12 nodi o 5.000 mn a 8 nodi, in immersione 8 mn
alla velocità di 8 nodi o 72 mn a 4 nodi.
L’equipaggio era composto da 4 ufficiali e 32 tra sottoufficiali e marinai.
L’armamento era costituito da un cannone da 100/47 Mod. 1931, due
mitragliere da 13,2 mm, Breda Mod. 31, 4 tubi lanciasiluri a prua e 2 a
poppa, entrambi da 533 mm, con a bordo 6 siluri e 144 proiettili pesanti per
il cannone.
Il 18 giugno 1940 il Sirena lasciò la base libica al comando del Tenente
di Vascello Raul Galletti, diretto nel Golfo di Sollum. Il giorno 20 individuò un
cacciatorpediniere britannico e si portò all’attacco ma. rilevato dalla nave
prima di poter attaccare, fu pesantemente bombardato con cariche di
profondità. A causa dei gravi danni riportati dovette fare anticipatamente
ritorno a Tobruch, il 22 giugno.
- Ricordo di una lunga missione di guerra; partiti il 30 ottobre 1940, rientrati il 26 novembre successivo
-
G
i
g
i
a
T
o
b
r
u
k
- Gigi a Tobruch
- Gigi a La Maddalena
- Al ritorno da una missione di guerra (1942)
- Gigi (a destra) davanti alla postazione della mitragliera di bordo
- Rodi (4 aprile 1942)
- In missione di guerra (settembre 1942)
Il 25 giugno, compiute le prime riparazioni indispensabili, il Sirena ripartì
per Taranto dove avrebbe ricevuto lavori più approfonditi. Quattro giorni
dopo, mentre transitava nei pressi di Capo Colonna, fu attaccato da un
idrovolante Short Sunderland, ma reagì aprendo il fuoco con la contraerea e
riuscì ad abbatterlo. Gigi fu uno dei protagonisti di quell’azione.
Dopo le riparazioni il sommergibile prese base a Lero, da dove operò nel
Mediterraneo Orientale. Fu inoltre impiegato nel Golfo di Taranto e nel
Canale d’Otranto sotto il comando del tenente di vascello Rodolfo Scarelli.
Nella notte del giorno 4 aprile 1941, mentre procedeva in superficie,
avvistò un cacciatorpediniere inglese classe Tribal e lo attaccò da meno di
2.000 metri lanciando una coppiola di siluri, per poi emergere a verificare i
risultati.
L’11 luglio 1942 Gigi fu autorizzato a fregiarsi a vita del distintivo d’onore
per sommergibilisti e, in data 1 dicembre 1942 fu promosso sottocapo
nocchiere di bordo.5
- Il Sirena in transito sotto il ponte girevole nel porto di Taranto
5
In seguito, a guerra finita, esattamente il 1 luglio 1957, Gigi fu promosso a Sergente
Nocchiere di Complemento con anzianità di grado.
- Distintivo d’onore al marò sommergibilista Della Monaca Luigi
- I marinai del sommergibile Sirena
- L’equipaggio del Sirena (Gigi è dietro il comandante Scarelli)
- Gigi in servizio militare a Pola
Il 10 aprile 1943 il Sirena era a La Maddalena quando un violento
bombardamento areo colpì la base (affondando gli incrociatori Trieste e
Gorizia): il Sirena non fu colpito ma ebbe, fra l’equipaggio sceso a terra, 3
morti e 10 feriti gravi. Gigi, per fortuna, rimase illeso.
Con il sommergibile reso momentaneamente inutilizzabile, l’equipaggio
fu destinato a terra e Gigi prese servizio a Pola, dove rimase fino al 31
maggio di quello stesso anno.6
Il 1 giugno fu trasferito in Francia al “Comando Nucleo Sommergibili” di
Tolone e vi rimase fino all’8 settembre 1943, giorno dell’Armistizio. Nel porto
francese, Gigi fu catturato il giorno dopo dai tedeschi insieme ad altri
commilitoni e deportato in Germania. Fu internato in un campo di
concentramento vicino al villaggio di Meisenheim nella Renania-Platinato,
dove rimase prigioniero fino alla primavera del 1945.
L’equipaggio del Sirena fu rapidamente ricostituito e il sommergibile continuò le azioni di
guerra subendo avarie a causa di attacchi di caccia avversari. Riparato a Napoli, riprese il
mare diretto a La Spezia dove attraccò il 7 settembre 1943. Alla proclamazione
dell’Armistizio si autoaffondò nel porto ligure. Ultimo comandante fu il Tenente di Vascello
Vittorio Savarese. Il Sirena aveva svolto 19 missioni offensivo-esplorative e 14 di
trasferimento, per un totale di 19.659 miglia di navigazione in superficie, 3.052 miglia in
immersione e 203 giorni effettivi di permanenza in mare, solcando in lungo e in largo il
Mediterraneo.
6
- In relax a Tolone (Francia) poco prima della cattura
L
a prigionia in Germania
fu piuttosto dura. Gigi, al pari di
tutti
i
militari
internati
in
Germania fu sfruttato come forza
lavoro. A lui toccò lavorare nei
campi e sui binari della ferrovia
dalla mattina alla sera. Tra l’altro,
per la sua agilità e il suo fisico
asciutto e muscoloso, fu scelto
come sparring-partner per tenere
in allenamento un pugile tedesco
del luogo.
Venne persino ferito, quando
si rifiutò di consegnare una foto
della sua Rina ad un soldato
tedesco
che
gliela
voleva
togliere.
- Gigi (a sin.) pugile durante la prigionia in Germania
Gigi
avrebbe
preferito
strappare la foto piuttosto che
consegnarla al soldato, anche gli
perché sul retro della foto Rina
aveva scritto un breve, tenero
messaggio: A Gigetto con affetto
perché mai possa dimenticarmi,
tua Rina.
Di
fronte alla
resistenza
per
sua
tenace
ritorsione,
il
tedesco lo colpì con un colpo di
baionetta al fianco che gli procurò
- La foto contesa
una ferita piuttosto grave.
Tornato in Italia con mezzi di fortuna, Gigi rimase sbandato in territorio
nazionale fino al 7 agosto 1945 e, dopo aver regolarizzato la sua posizione
presso il Comando della Regia Marina Militare di Livorno e aver superato
non poche peripezie, fece finalmente ritorno a Porto Santo Stefano accolto
amorevolmente dai genitori, dai fratelli, dalle sorelle e dalla sua amata Rina,
la quale non aveva mai smesso di credere nel suo ritorno.
Sul retro di una sua foto che lei gli aveva spedito prima che cadesse
prigioniero dei tedeschi, era scritto: Ti mando questa mia foto perché
guardandomi mi pensi, pensandomi mi ami, tua aff.ma Rina
- Porto S. Stefano, 1 marzo 1943
- Rina in attesa dell’imminente ritorno del suo Gigi
SPOSI
L
a ripresa della vita civile non fu affatto semplice. Gigi, tuttavia,
sapeva adattarsi e ben presto riprese a navigare come marinaio, prima sui
motopescherecci poi sulle navi mercantili.
Dall’aprile del 1946 fino al 30 agosto 1949 fu imbarcato sul S. Gabriele,
sull’Aida e sull’Anna Maria.
- Imbarcato
Finalmente, il 20 ottobre del 1949 riuscì a coronare il suo sogno d’amore
sposando la sua Rina, la quale aveva saputo aspettare pazientemente il
suo ritorno dalla guerra e dalla prigionia.
- Rina e Gigi nel 1949
- Il giorno delle nozze
- Il momento delle firme
- Appena sposati
- Lo Sposalizio
La coppia andò ad abitare in Via Monte Suello nei pressi dell’antica
Fortezza spagnola.
Dal matrimonio nacque un anno dopo il loro unico figlio, Gualtierino, che
poi, proprio come avevano predetto e auspicato tante volte nonna Vicenza e
nonno Ciccio, da grande è diventato professore di scuola.
- Gualtierino (gennaio 1951)
Negli anni successivi Rina ebbe altre gravidanze che, purtroppo, si
rivelarono molto difficili e, nonostante le cure, non andarono a buon fine.
Lei,
naturalmente,
uscì
da
quelle
dolorose
esperienze
psicologicamente e per anni ne subì le conseguenze.
- Gualtierino ‘n collo a Babbone (Natale 1952)
distrutta
VAPORAIO E PARANZELLAIO
S
ubito dopo il matrimonio, Gigi per far contenta la moglie Rina che
avrebbe sofferto oltremodo una sua nuova lontananza da casa,
s’imbarcò sui pescherecci locali Intrepido, Agostino Padre e Anna Maria, al
comando del cognato Armando Sclano, l’indimenticato Zi’ Armando.
Tuttavia, la situazione economica generale in Italia lasciava molto a
desiderare e lo stipendio del paranzellaio, a quei tempi, garantiva a mala
pena una vita poco più che dignitosa, o per lo meno non adeguata alle
difficoltà che tale lavoro allora, più di oggi, comportava. Gigi, quindi, fu
costretto suo malgrado a trovare un imbarco sui piroscafi, lontano dalla sua
famiglia.
Nel marzo del 1951 s’imbarcò a Livorno sul piroscafo Pietro Gori, a cui
seguì un secondo imbarco a Genova, il 3 luglio di quello stesso anno,
sull’Aspromonte, e un terzo imbarco sul Saronno. Entrambi i piroscafi
facevano rotta nell’Atlantico, tra il Nord Europa e il Nord America.
Lasciata la navigazione atlantica, nel marzo del 1953 Gigi riprese
l’attività peschiera sulle paranze santostefanesi. S’imbarcò prima sul
Corsaro III, poi sullo Sparviero, quindi sull’Isola Madre, sul Dandolo e infine
sul Montecristo.
Dopo un’ultima breve parentesi sul T/C Ignazio Bibolini, che faceva
viaggi tra l’Italia e il Venezuela, Gigi tornò di nuovo sulle paranze, questa
volta sul Filippo Neri del padrone marittimo Luigi Castriconi, dove rimase dal
settembre del 1956 all’agosto del 1958.
Padre e marito esemplare, Gigi era una persona schietta e leale a cui
piacevano le cose semplici e genuine. Aveva un carattere allegro e
compagnone, sempre pronto a scherzare. Il suo attore preferito era Totò,
perché, come spesso diceva, era capace di farlo sbellicare dalla risate, e in
fatto di musica amava moltissimo la canzone napoletana.
Nel periodo del Carnevale, specialmente durante i primi anni di
matrimonio, egli era solito mascherarsi con vestiti da donna e la sera usciva
in compagnia delle amiche della moglie Rina (alla quale non piaceva
mascherarsi ma amava truccare e vestire il marito in abiti femminili) per
andare di casa in casa a fare scherzi e burle, come si usava una volta.
- Compagnone...
Gigi era anche un tipo piuttosto “attacchino”, che quando c’era da menar
le mani non si tirava indietro: «Prima si picchia, poi si discute», rispose una
volta a Rina che lo aveva ripreso perché era intervenuto istintivamente in
aiuto di un suo cugino che stava litigando con un’altra persona.
La moglie era contrariata e dispiaciuta perché lui aveva picchiato il
malcapitato senza sapere il motivo del diverbio o di chi fosse la ragione. Ma
lui aveva aggiunto convinto: «Sono sicuro che Checco (il cugino) avrebbe
fatto lo stesso per me». Quando c’erano di mezzo i Della Monaca, Gigi non
guardava in faccia a nessuno.
Rina, tuttavia, con il tempo riuscì a smussare quel lato particolare del
suo carattere che a lei, di natura mite e riservata, non piaceva affatto.
Verso la metà degli anni ’50, nei mesi che restava a terra sbarcato, Gigi
trascorreva il tempo in famiglia.
Amava poco andare al bar o alla frasca, come facevano molti suoi
coetanei, ma essendo un accanito fumatore, quasi ogni giorno si recava nel
vicino bar di “Gina”, posto nei pressi della Fortezza Spagnola (Gigi e la sua
famiglia abitavano allora in via Monte Suello), per comprare le abituali
(maledette) sigarette nazionali senza filtro.
In quegli anni il Palio Marinaro era molto sentito. Gigi era un Pirarellaio
doc, ma gli succedeva spesso che nel suddetto bar egli venisse interpellato
dai responsabili del Rione Fortezza, abituali clienti di “Gina”, che cercavano
in tutti i modi di convincerlo a correre il Palio con i colori Giallo, Rosso e
Verde, in qualità di timoniere.
Molti Fortezzaioli, Rina compresa, erano convinti che la Fortezza, in
quegli anni eterna seconda dietro l’odiata Pilarella, perdeva il Palio non
perché i suoi rematori fossero inferiori, ma a causa delle girate troppo
“larghe” di Primo “il Macellaio”, timoniere storico del Rione Fortezza.
Gigi, che non disdegnava affatto di mettersi in mostra, si lasciava
convincere, ma una volta tornato a casa doveva fare i conti con la moglie
che al contrario, pur essendo un’accesa Fortezzaiola e pur non avendo in
simpatia l’odiata Pilarella, non voleva assolutamente che lui si esponesse
così tanto e perciò gli imponeva di tornare subito su da “Gina” per disdire
l’impegno appena preso. E Gigi, seppur a malincuore, obbediva.
Nel settembre del 1958, mentre la grave crisi economica in cui era
attanagliato il Paese sembrava non volesse cessare, Gigi, nel tentativo di
migliorare le condizioni di vita della sua famiglia, decise di imbarcarsi come
capo pesca sul Primo Secondo dei fratelli Vitelli, un motopeschereccio
attrezzato per la pesca nell’Oceano Atlantico che aveva come destinazione i
pescosi mari africani della Liberia.
Gigi rimase in Africa per ben due anni. Quel difficile periodo, lontano da
casa e dai suoi cari, segnò molto la sua vita ed ebbe un’importanza
determinante nelle decisioni relative al suo futuro lavoro, che egli prese
subito dopo il suo ritorno a Porto S. Stefano.
- Il Primo Secondo in partenza per Monrovia (Liberia)
Nella casa in Via Monte Suello, Rina e il figlio Gualtiero sentivano molto
la sua mancanza. Per fortuna, ad alleviare le difficoltà di quel lungo periodo
di separazione ci pensò zi’ Elia, una delle sorelle di Rina, che non essendo
sposata, andò ad abitare con loro.
- L’equipaggio del Primo Secondo
- Gigi a Monrovia
- Babbone, mi manchi, torna presto...
- Gigi e Rina davanti alla casa in Via Monte Suello
YACHT & SAILING
G
li inizi degli anni ’60 furono caratterizzati dal boom economico che
determinò tra l’altro il repentino sviluppo della nautica da diporto.
Gigi, stanco della vita di pescatore, decise di provare una nuova
esperienza in quel promettente settore.
Il primo imbarco fu subito impegnativo: marinaio a bordo dello M/Y
Skagerrak, un magnifico veliero battente bandiera cilena che in passato era
appartenuto niente meno che a Adolf Hitler.7
Sullo Skagerrak, che allora
apparteneva al barone Zerilli,
Gigi restò imbarcato dal 19
aprile
1961
all’11 gennaio
1963.
Il comandante era Michele
Cerulli, detto “Tronchetto”, il
quale
portò
Gigi
con
sé,
anche quando il barone, ormai
in età avanzata, decise di
vendere l’impegnativo yacht
d’epoca per comprare il più
tranquillo Stella Marina, un
classico panfilo a motore, stile
vaporetto, battente bandiera
panamense.
Sullo Stella Marina Gigi
rimase
imbarcato
con
le
mansioni di marinaio insieme
l’amico Velis Collantoni detto il “Mozzone” dal 12 febbraio 1963 al 30
settembre 1964. Dopo di ché fu chiamato da Sauro Danei, comandante del
7
Lo Skagerrak oggi appartiene al senatore Raffaele Ranucci.
King, un potente e veloce motoscafo battente bandiera panamense, sul
quale rimase imbarcato fino al 30 marzo del 1967.
- Lo Stella Marina ormeggiato al porto del Valle
Nel frattempo Gigi e la sua famiglia avevano lasciato la casetta in Via
Monte Suello e si erano trasferiti al Valle, in Via Roma, andando ad abitare
in una casa più grande e moderna.
Gigi aveva ormai capito che la nautica da diporto era il suo vero campo
d’azione in ambito professionale, ma capì anche che per farsi strada in quel
settore era necessario acquisire brevetti e patentini vari.
Così, per incominciare, già in data 29 maggio 1962 aveva sostenuto e
superato l’esame che lo abilitava a condurre motoscafi, e/o imbarcazioni a
motore ad uso privato; mentre il 31 ottobre 1966 prese il patentino di Capo
Barca per il traffico locale e per la pesca costiera, a cui seguì, il 12 marzo
1968, il certificato di radiotelegrafista per navi di stazza lorda inferiore alle
150 tonnellate con stazione di potenza fino a 60 watt.
Titoli che, seppur limitati, gli davano maggiori possibilità e ulteriori
garanzie per aspirare ad ottenere il comando di una imbarcazione da
diporto.
La grande occasione si presentò agli inizi dell’estate 1968 quando Gigi
fu ingaggiato dal capitano d’armamento della famiglia Moratti, sig. Ugo
Fresia, per essere destinato al comando del M/Y Sarroch Primo.
- Il Sarroch Primo in navigazione
- Gigi al comando del Sarroch Primo
ANNI FELICI
A
ngelo Moratti, noto imprenditore nel campo petrolifero, in quegli
anni era anche Presidente dell’Inter, la squadra di calcio allenata da Selenio
Herrera che stava vincendo allori sia in campo nazionale che in quello
internazionale.
La famiglia Moratti possedeva quattro panfili e quello che comandava
Gigi, il Sarroch Primo era la barca personale di Angelo Moratti. Si trattava di
un motoscafo tipo “Paraggina” che in quanto a stazza era forse la barca più
piccola della flottiglia, ma sicuramente era la più veloce.
Angelo Moratti la usava spesso per trascorrere i brevi momenti di relax
che la vita intensa degli affari gli offriva, anche se a bordo del Sarroch Primo
egli concluse più di un affare, stipulando vantaggiosi contratti con
personaggi italiani e stranieri dell’alta finanza internazionale, magari davanti
a un piatto di pasta aglio, olio e peperoncino, uno dei piatti preferiti da Gigi
che, inevitabilmente, Angelo Moratti aveva imparato ad apprezzare.
L’imprenditore lombardo usava il Sarroch Primo anche per le sue
scappatelle con l’amante di turno e Gigi era spesso chiamato a spostarsi
velocemente da un porto all’altro del Mediterraneo per cercare di evitare
che la moglie di Angelo, la signora Erminia, a bordo del più grande e
lussuoso, ma anche meno veloce, Lady Real, arrivasse all’improvviso
cogliendo in flagrante il marito.
Erminia Moratti voleva comunque bene a Gigi e ogni anno, prima che
cominciasse la stagione estiva, lo convocava per raccomandarsi di non
essere troppo complice del marito, e per tenerlo “buono” gli donava
regolarmente una sterlina d’oro che Gigi conservava gelosamente.
La barca, quando non veniva tirata a terra per i lavori di manutenzione
della sosta invernale, rimaneva a Fiumicino che era anche la base estiva
preferita da Angelo Moratti. Non che egli non amasse l’Argentario, che anzi
era sempre nel suo cuore perché come aveva raccontato a Gigi era qui che
aveva iniziato a costruire la sua fortuna vendendo nafta ai motopescherecci
di Porto S. Stefano, subito dopo la fine della guerra. Il fatto era, però, che
Fiumicino, per trovarsi vicino all’aeroporto, tornava molto comodo ad un
uomo d’affari come lui, sempre impegnato e costretto ad essere pronto a
mettersi in viaggio in qualsiasi momento.
- Rina ospite sul Sarroch Primo
Dell’Argentario, Angelo Moratti amava soprattutto Porto Ercole e non
c’era estate che il Sarroch Primo non facesse una breve sosta nel piccolo,
grazioso porto sud-orientale del promontorio.
A Fiumicino, dove passava gran parte dell’anno, Gigi era conosciuto e
ben voluto da tutti, per l’indole buona e il carattere estroverso e scherzoso.
I suoi datori di lavoro lo apprezzavano e stimavano per l’onestà e per la
serietà professionale. D’altra parte, Gigi, con la nautica da diporto, riusciva
ad esprimere al meglio sia le sue qualità professionali che quelle umane,
abbinando la vasta esperienza di uomo di mare, acquisita in tanti anni di
navigazione sui sommergibili, sui piroscafi e sui motopescherecci, con
l’innata capacità di saper intavolare rapporti interpersonali positivi e
costruttivi, grazie ai quali era ben accetto sia tra le persone di un certo
lignaggio, che tra quelle al pari suo, quali pescatori, marinai, ecc.
- Nonostante il diploma di Allievo Capitano di Macchine, Gualtiero non ha seguito le orme del padre...
- Il Sarroch Primo in cantiere a Porto S. Stefano
- Gigi con il capitano d’armamento Ugo Fresia e consorte, a bordo del Lady Real
Durante il periodo invernale, quando il Sarroch Primo era al sicuro
nell’hangar di Fiumicino, Gigi trascorreva qualche settimana a casa con la
famiglia.
- Pasquetta 1969 a La Sgrilla
Di tanto in tanto i cogini Della Monaca, armatori ed esperti conduttori di
barche da pesca, lo chiamavano a sostituire qualcuno del loro equipaggio
che era momentaneamente indisponibile. Lui accettava volentieri e i cogini
non mancavano di ricompensare adeguatamente la sua disponibilità. Grazie
ai cugini Della Monaca, ai quali Gigi era molto legato, il pesce fresco non è
mai mancato sulla tavola della sua famiglia, anche quando lui non lavorava
più sulle paranze.
Sempre ben disposto a migliorare le sue conoscenze per poter
progredire nel suo lavoro, Gigi, il 12 febbraio 1974, conseguì la patente per
comandare o condurre imbarcazioni da diporto a motore di stazza lorda non
superiore alle 25 tonnellate in navigazione oltre le 20 miglia dalla costa.
Nel frattempo, grazie al lavoro di lui e alle doti di madre e moglie
avveduta di lei, Gigi e Rina erano finalmente riusciti a farsi una casa tutta
loro in Via Panoramica n. 23, dove la famiglia andò ad abitare nella
primavera del 1973. Inoltre furono in grado di sostenere economicamente
gli studi universitari per il figlio Gualtiero, laureatosi a Pisa nel 1975, e i suoi
viaggi-soggiorno
a Londra per migliorare la conoscenza della lingua
inglese.
Ogni estate Angelo Moratti concedeva per qualche giorno il Sarroch
Primo a parenti ed amici. Succedeva spesso che Gigi avesse a bordo alcuni
giocatori della “Grande Inter” di Herrera, da Facchetti a Corso, da Mazzola a
Suarez, ai quali, lui che era super tifoso del Napoli, chiedeva medagliette e
distintivi nero-azzurri che poi regalava ai soci dell’esclusivo “Inter Club” di
Porto S. Stefano.
Non di rado a bordo del Sarroch Primo passavano giornate di completo
relax personaggi importanti della finanza internazionale, nonché nomi
famosi dello spettacolo e del jet set degli anni ’60 -’70.
Il figlio di Gigi, Gualtiero, ricorda ancora con piacere una splendida
giornata trascorsa all’isola di Montecristo, durante l’estate del 1968, insieme
alla famiglia di Tito Stagno, allora giornalista di primo piano della RAI.
Quel giorno Gigi, che quando si trattava di piatti a base di pesce
cucinava da Dio, preparò un appetitoso risotto allo scoglio che i suoi illustri
ospiti fecero sparire in quattro e quattr’otto.
La stessa Bedi Moratti, figlia maggiore di Angelo, usava spesso il
Sarroch Primo per le sue romantiche fughe d’amore. A questo proposito,
Gigi, di solito abituato ad essere fidato e discreto, non poté fare a meno di
raccontare a Rina le burrascose giornate trascorse a bordo dalla Bedi e
dall’attore Klaus Kinski, accompagnatore di turno, caratterizzate da liti
furibonde a cui seguivano repentine riappacificazioni a luci rosse, che i due
focosi amanti non si preoccupavano minimamente di nascondere agli occhi
dell’equipaggio.
- Beato in passerella
Gigi era apprezzato soprattutto per saper svolgere diligentemente il suo
lavoro, pensando innanzitutto alla sicurezza dei suoi passeggeri e alla
salvaguardia della barca. Quando il mare era grosso, ad esempio, a nulla
valevano le insistenze dei suoi illustri ospiti, se Gigi diceva che a suo
giudizio la barca non si doveva muovere, non si muoveva.
GLI ULTIMI ANNI
G
igi lavorò con la famiglia Moratti per 12 anni, dal 1968 al 1979,
anno della sua morte Angelo Moratti volle mantenerlo in servizio a tutti gli
effetti, anche quando, durante i due lunghi anni di tormentata malattia, non
poteva più espletare di fatto le sue funzioni lavorative.
In pratica, Gigi, pur non essendo imbarcato, continuò a percepire
regolarmente lo stipendio. Una disposizione che, per volere di Angelo
Moratti, continuò ad essere mantenuta fino al giorno della sua morte.
Il periodo peggiore per lui era l’arrivo della bella stagione, quando tutti i
suoi amici e colleghi comandanti di panfili prendevano il mare, mentre lui
era costretto a rimanere a terra.
Era quello uno dei rari momenti in cui Gigi, perduta l’abituale allegria, a
stento riusciva a nascondere la nostalgia che gli stringeva il cuore.
Angelo Moratti, avuta notizia della grave malattia che avrebbe tenuto
Gigi lontano dal suo lavoro, gli scrisse di suo pugno un affettuoso
messaggio di solidarietà:
Milano 8 giugno 1978
Caro Della Monaca,
ho la sua con la quale mi conferma purtroppo che, date le sue attuali condizioni
di salute, deve lasciare il comando della barca. Le assicuro che sono veramente
rattristato dei motivi che l’hanno costretta a prendere una simile decisione.
Nell’inviarle i più sentiti auguri per una pronta e completa guarigione, desidero
ringraziarla della collaborazione prestata e darle atto non solo delle capacità
professionali, ma anche di quelle doti personali che hanno facilitato e reso
particolarmente validi i nostri rapporti sia sul piano tecnico che su quello dei
rapporti umani.
Sarà per me un piacere, passando da Porto Ercole, di venirla a trovare.
A presto, gradisca frattanto i più cordiali saluti.
Angelo Moratti
- Babbo e figlio
Gigi morì la mattina del 22 novembre 1979. Le sue ultime parole furono:
“Che peccato!” Pronunciate con il grande rammarico di chi, per forza di
cose, non avrebbe potuto realizzare l’ultimo desiderio su cui con la mente e
col cuore si era soffermato piacevolmente a fantasticare tante volte, ovvero
quello di passare una tranquilla vecchiaia, andando a pesca lungo la costa
dell’Argentario col guzzo e coi tramagli.
Al funerale intervennero numerosi tutti quelli che lo avevano conosciuto
e gli avevano voluto bene, compreso il capitano d’armamento Ugo Fresia, il
quale rivolse a nome suo e quello della famiglia Moratti commosse parole di
condoglianze al figlio Gualtiero e alla moglie Rina, affranti dal dolore per la
perdita del loro Gigi.
- Una delle ultime immagini felici di Rina e Gigi
APPENDICE
Tra la navigazione militare, mercantile, da diporto e da pesca, nel corso
della sua vita Gigi aveva navigato per 29 anni, 5 mesi e 24 giorni.
In data 11 marzo 1991, oltre 10 anni dopo la sua scomparsa, il Presidente
della Repubblica Italiana gli conferì la Medaglia d’Oro di Lunga Navigazione.
- Il prefetto di Grosseto durante la cerimonia per la consegna della medaglia d’onore
In data 18 novembre 2009, a nome della Repubblica Italiana, il prefetto
di Grosseto dott. Giuseppe Linardi ha consegnato al figlio di Luigi, Gualtiero,
la Medaglia d’Onore alla Memoria per la lunga prigionia sofferta dal padre
nel campo di concentramento in Germania, durante la II Guerra Mondiale.
- Gualtiero con la Medaglia d’Onore appena assegnata alla memoria del padre Luigi
- La Medaglia d’Onore conferita a Luigi Della Monaca per la prigionia sofferta in Germania
- Gualtiero mostra con orgoglio la Medaglia d’Onore...
...ricevuta dalle mani del prefetto di Grosseto
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