"Il più lontano possibile da Berlino!" Hermann Hesse sul Lago di Costanza Conferenza di Volker Michels Hermann Hesse aveva 27 anni quando giunse a Gaienhofen e 35 quando la lasciò. Vi ha vissuto dal 1904 al 1912, quindi appena 8 anni. Non era neanche la decima parte della sua vita, ma ebbe conseguenze sia per il suo sviluppo che per quello dell'"Untersee" (Lago inferiore), la parte del "mare svevo" ancora più bella e tranquilla, dove il Reno abbandona il lago. Per questa regione come più tardi per il Sud della Svizzera, il fatto che Hermann Hesse l’avesse eletta a luogo di residenza ispirò molti altri artisti a insediarsi lì. Ma non ci fu mai una vera colonia di artisti, non fu nessuna "Worpswede" sul Lago di Costanza, anche se i motivi che avevano portato in quel luogo quegli scrittori e quei pittori erano simili: volevano fare una vita alternativa, lontana dalle distruzioni della civilizzazione e dell'industrializzazione, in un paesaggio rimasto arcaico e intatto. Sapevano perché: tutti provenivano non dalla provincia ma dalle metropoli: Hesse da Basilea, Otto Dix da Berlino e da Düsseldorf, Erich Heckel da Dresda e da Berlino. Dove ci si accorge meglio del contrasto e dove si può rappresentarlo meglio se non di fronte al contrario della denaturazione e dell'infinità di stimoli nelle metropoli, sia nell'immagine che in programmi contrastivi? Il primo commento finora trovato di Hermann Hesse riguardo al Lago di Costanza racconta di un raffreddore che egli aveva preso a metà dicembre del 1903 durante una gita in nave da Meersburg a Kreuzlingen, in occasione della sua terza visita a Emmishofen in Svizzera dallo scrittore Emil Strauß, che aveva undici anni più di lui. Il suo romanzo scolaresco Freund Hein, pubblicato un anno prima, aveva fatto furore e incoraggiato Hesse a provare a rappresentare il proprio periodo di studente nel racconto Unterm Rad. In data 9 dicembre 1903 Hesse scrive in una lettera all'amico-pittore e architetto Hermann Haas: "Ho una tosse così forte che i miei occhi bruciano. Me l'ho presa al Lago di Costanza dove sono andata a vedere l'amico Hein-Strauß per cinque giorni. È stato proprio splendido, e ho visto tantissime belle cose. I municipi a Überlingen e Costanza, il castello a Meersburg, le chiese a Reichenau e la vecchia cancelleria a Überlingen sono del più bello che ho mai visto e valgono più di una tosse." Hesse aveva allora 26 anni, tre mesi prima aveva concluso il suo apprendistato di libraio e antiquario a Basilea e si era fatto un nome con la pubblicazione di due volumi di poesie e di prosa, ma anche già con delle recensioni in giornali svizzeri e tedeschi. Nello stesso anno Samuel Fischer di Berlino, la più importante casa editrice tedesca per la letteratura contemporanea, aveva accettato il suo primo romanzo Peter Camenzind, che nella prestampa trovò un eco talmente grande da lasciar prevedere il successo internazionale dell'edizione in volume dell'opera, tradotta già nel 1905 in norvegese, russo e svedese. Nel 1902 Hesse aveva conosciuto a Basilea Maria Bernoulli, otto anni più anziana di lui, figlia di un avvocato, che insieme a sua sorella gestiva uno studio fotografico d'arte - come si leggeva sull'insegna della ditta - nella Bäumleingasse a Basilea. Poiché era lei che aveva avuto per prima l’iniziativa del trasferimento sul Lago di Costanza, vogliamo dare uno sguardo più dettagliato a lei e alla storia legata a lei. Insieme a Mia, come Hesse la chiamava, che peraltro fu la prima fotografa professionista in Svizzera oltre che una pianista e un'alpinista appassionata, il poeta fece il suo secondo viaggio in Italia nella primavera del 1903 e poco dopo chiese a suo padre la mano di lei. Questi invece non voleva sapere niente di un genero poeta e il 23 settembre 1903 comunicò al pretendente: "Non posso riconoscere la sua professione di poeta." Nel Peter Camenzind non era riuscito trovare niente di positivo e pur asserendo che l’autore era dotato di un carattere assolutamente rispettabile", gli comunicava però: "Ma non posso dare il mio permesso a una relazione con mia figlia", forse a causa delle lodi al vino tessute nel racconto. Hesse aveva un "terrore indefinito" del matrimonio, temendo che sarebbe potuto essere un vincolo e un impedimento per il suo lavoro artistico. Le lettere che Maria gli scrisse poco tempo dopo dimostrano che egli sembra vedere i dubbi del padre Bernoulli come una conferma delle sue riserve e pare aver preso egli stesso le distanze. "Ho tanta voglia di vederti", scrive Mia nel gennaio del 1904, "che almeno io devo venire da te, se niente viene da te a me! ... Forse allora ti ho spinto al matrimonio, e ciò ti ha fatto impaziente e ti ha depresso, ma vorrei saperti senza ogni peso, perché nonostante tutti gli apparenti impedimenti sono convinta internamente che vinceremo e ce la faremo. Talvolta mi sembra che tutto quello che faccio adesso senza di te, sia solo tempo sprecato." E due giorni più tardi: "Che tu sia libero. Tanto che non mi hai mai promesso niente... Capisco che per il tuo sviluppo artistico deve essere così, non puoi avere riguardi ... Ho pensato di poter servirti con il mio amore e abbellire la tua vita, ora è successo il contrario ... Addio, tu incomparabile, perdonami - se non mi posso staccare da te in modo che non te ne accorgi ... Ma mi sia permesso dirti che il mio amore sarà sempre tuo, anche se non ti posso più tenere." Le risposte di Hesse alle lettere di Mia purtroppo non si sono conservate. A parte pochi scritti sono state bruciate nel fuoco della casa di Mia ad Ascona nel 1942. Ma le lettere di lei mostrano che la sua energia non fu senza esito. "Mio cuore amatissimo", Mia ringrazia tre giorni più tardi. "Grazie mille volte che non vuoi stare da solo e posso restare con te ... Vorrei far scorrere su di te tutto il mio amore come una calda, luminosa corrente solare. Ci apparteniamo l'un l'altro e niente, niente ci deve più separare." Da allora tutto accadde velocemente. A Pentecoste i due si fidanzarono, con o senza il suocero, e da allora l'influsso di Mia è inconfondibile - anche per quanto riguarda il trasferimento al Lago di Costanza. Quando per esempio Hesse nel febbraio del 1904 pensò di accettare su raccomandazione di Wilhelm Schäfer un posto fisso nella redazione della "Frankfurter Zeitung" per assicurare economicamente il suo matrimonio, lei glielo sconsigliò. Quando in aprile lui pensò di andare forse a vivere nella Schwäbische Alb dopo il matrimonio, lei gli scrisse: "A dir la verità, non mi deciderei volentieri per la terra degli svevi... in più la Schwäbische Alb per me sarebbe troppo povera d'acqua; penso che quando ci si trasferisce in campagna [questa decisione sembra quindi esser stata certa], si possa anche far attenzione a che in estate non si debba fare il bagno soltanto nella vasca, ma che si abbia a disposizione almeno un torrente." Per questo, e anche per la maggior vicinanza alla Svizzera, a lei piaceva di più la foresta nera del Baden. Aveva però anche pensato a Stein am Rhein in Svizzera, "dove deve essere carino e a buon mercato vivere. E sarebbe anche nelle vicinanze di Emil Strauß, cosa che non mi dispiacerebbe affatto." Sembra che Hesse fosse d'accordo, ma senza aver già deciso per un luogo preciso, poiché il 31 maggio del 1904 Mia pubblicò un annuncio in cui cercava semplicemente un appartamento nella parte badense del Lago di Costanza senza indicazione di un luogo preciso. Due settimane più tardi andò per quattro giorni da Emil Strauß a Emmishofen per vedere degli appartamenti a Überlingen, Unteruhldingen, Wangen, Hemmenhofen e Gaienhofen, dove la casetta presso la capella di Gaienhofen e piacque più di tutte. Il 2 luglio vi ritornò insieme all'amico architetto Hans Hindermann per far esaminare il podere da uno specialista e per stipulare il contratto d'affitto subito dopo. Tutto questo quindi senza la collaborazione attiva del suo fidanzato, che dall'ottobre 1903 si era ritirato a Calw per concludere la tragedia degli scolari Unterm Rad sul luogo dell’azione e per sbrigare due incarichi della Casa Editrice berlinese Schuster & Loeffler, che aveva chiesto a Hesse di scrivere delle monografie su Boccaccio e su Francesco d'Assisi. Il 2 agosto, dopo che i manoscritti furono spediti e il nido sul Lago di Costanza preparato dalla sposa, finalmente ci si potè sposare - per i tanti amici e parenti a Basilea. "Il mio matrimonio - Hesse scrive al collega Stefan Zweig - è passato velocemente. Poiché il suocero non è d'accordo ..., sono venuto quando non era a Basilea, e 'subitissimo' siamo andati all'ufficio anagrafico. Adesso il vecchio brontola da lontano, ma sembra che si stia calmando man mano. Ed ora sono proprio un uomo sposato, e la vita da zingari è per ora finita." La stessa sera, probabilmente per fuggire dal suocero, gli sposi scapparono, facendo delle pause a Schaffhausen, Costanza, Rheineck e Ermatingen fino a Steckborn per traghettare dalla sponda svizzera a Gaienhofen. Da Basilea erano già arrivati sei cartoni di libri. Ma per giorni dovettero aspettare per i mobili, e anche la scrivania, che l'amico Hermann Haas a Monaco aveva fatto secondo le indicazioni precise di Hesse, arrivò solo tre settimane dopo. Il villaggio Gaienhofen all'epoca non aveva neanche 300 abitanti. Sulla sponda tedesca del Lago non c'erano né la luce elettrica, né gas o acqua corrente, e tanto meno collegamenti di traffico comodi. La possibilità più facile per raggiungerla era prendere il piroscafo da Costanza a Steckborn sulla sponda svizzera e attraversare poi il lago con il traghetto. Non c'erano neanche possibilità per fare la spesa, tranne un panificio, cosicché Hesse da allora dovette remare a Steckborn sull'altro lato del lago due volte alla settimana per rifornirsi di tutto quello che era necessario per vivere. "So già a memoria la tariffa doganale per le cose di cucina ecc.", scrisse tre settimane dopo il suo arrivo a Alexander von Bernus, "ma probabilmente preferisco il contrabbando." In compenso però vivevano con poco. Per un affitto di sogno di 150 marchi all'anno (che all'epoca certamente avevano un po' più valore di oggi), il contadino Hepfer gli aveva lasciato la parte abitabile della sua tenuta, cinque piccole stanze, mentre l'altra parte con stalla e granaio era usato ancora per l'agricoltura. Poco dopo il suo trasloco Hesse dichiara alla padrona di casa di un tempo a Basilea che adesso era padrone "di una casa, di una donna, di un gatto, di una domestica, di innumerevoli coleotteri e lumache". "Di fronte alla Mauritius-Kapelle e la fontana del villaggio, vicino alla scuola e la imponente Linde di pace del 1871", Hesse si ricorda in una lettera degli anni 50, "ci sistemammo. La casa abitata della casa consisteva di una cucina e due stanze, la più grande delle quali era fornita di un grande Kachelofen verde e una cosiddetta 'Kunst' ed era il nostro soggiorno a sala di mangiare. C'erano delle panchine di legno lungo le pareti; lì era caldo e comodo." Questo ambiente povero, lontano dalle metropoli e dalla cultura pomposa e felpata della Belle Epoque dell’imperatore Guglielmo II corrispondeva perfettamente alle ideali dei giovani sposi, determinati a condurvi, secondo il modello del personaggio romanzesco di Hesse Peter Camenzind - un successore di Rousseau, Thoreau e Tolstoi, gli antenati dei verdi di oggi - una vita alternativa da artisti, lontana dalla città, sana, diligente e senza bisogni, con un unico lusso, e cioè quello di abitare in mezzo ad un paesaggio bello e caratteristico. Poiché un poeta, come Hesse annota nelle sue osservazioni "Wahlheimat" (Patria elettiva), è per molti aspetti "l'essere più modesto che esista". Ma in altri riguardi richiede molto e preferisce morire che rinunciarci. "Per me, ad esempio, sarebbe impossibile vivere, senza che l'ambiente desse ai miei sensi almeno un minimo di sostanza vera, a immagini reali. In una città moderna, in mezzo di architettura di uso scarsa, in mezzo di legno imitato, in mezzo di tutto compensazione e delusione, mi sarebbe totalmente impossibile, presto vi crollerei." Fin dall’inizio Hesse era l'opposto di un letterato impomatato incivilito. Evitava per quanto fosse possibile gli spazi troppo abitati e i circoli intellettuali. Inoltre non aveva mai amato il pubblico perché gli dispiaceva vivere in un ambiente dove la gente lo conosceva soltanto come un nome e una marca. Nel 1933 annotò: "La mia vita non era per me mai sufficientemente privata, e quindi non ho mai assistito a un incontro di 'prominenti', sia in un salone, un club, ad un ballo o ad un banchetto; era facile evitarlo perché ho vissuto sempre in campagna". Odiava la decadenza, le raccomandazioni, la protezione e la rappresentanza lisciata. Avrebbe avuto occasione per queste cose poiché nel frattempo il libro Peter Camenzind aveva avuto successo anche nella capitale: "Per mille ragioni", Hesse scrive allora da Gaienhofen, "dovrei andare a Berlino, e ho paura di questo. L'unica cosa che mi piace di Berlino è che è molto lontana da qui." Hesse non ha accettato nessuno degli inviti del suo editore a Berlino a dispetto e contrariamente a quasi tutti gli altri autori della Casa Editrice Fischer, ed è significativo quello che dice in una poesia scritta poco prima del trasferimento a Gaienhofen: "Man hatte mich eingeladen, ich wusste nicht warum. Viel Herren mit schmalen Waden standen im Saal herum. Es waren Herren von Namen und von gewaltigem Ruf, von denen er eine Dramen, der andre Romane schuf. Sie wussten sich flott zu betragen und machten ein groß Geschrei, da schämte ich mich zu sagen, dass ich auch ein Dichter sei." Anche i vicini a Gaienhofen probabilmente all'inizio non avevano supposto che fosse un poeta, poiché siccome in paese in quegli anni non c'erano artigiani ma solo contadini e pescatori, egli stesso dovette mettersi a sistemare la vecchia casa decrepita dal tetto fino al pavimento. Hesse, tanto svevo quanto risparmiatore, racconta di avere "drizzato i chiodi delle casse del trasloco sulla soglia di pietra della nostra casa e imbottito le fessure al primo piano con la stoppa e la carta, poi dipinto il legno dell’intelaiatura in rosso." Ma appena la casetta fu pressappoco sistemata , sua moglie Mia, forse a causa dell'inconsueto clima umido, forse a causa delle fatiche del trasloco, ebbe degli attacchi di reumatismi così dolorosi che dovette recarsi in clinica a Basilea per tre mesi. Non stupisce quindi che Hesse allora si lamentasse in una lettera alla scrittrice Helene Voigt-Diederichs: "Und ist das Häuschen noch so klein, der Teufel hängt den Schwanz hinein." (Tanto piccola che sia la casetta, il diavolo ci può entrare.) Anche Stefan Zweig fece questa esperienza, uno dei circa cento amici e colleghi che già nel primo anno visitarono Hesse a Gaienhofen. Lo scrittore viennese, così facile agli entusiasmi, entrò così entusiasta nello studio di Hesse al primo piano della casa che non vide la trave un po’ bassa della porta e la urtò con la testa così forte che dovette sdraiarsi per un quarto d'ora prima di poter di nuovo parlare. Ma successe anche ad altri ospiti di perdere la parola, specialmente se arrivano senza preavviso. In questi casi infatti poteva succedere che in estate incontrassero Hesse in un abbigliamento che consisteva solo degli occhiali e del sigaro, un nudismo a cui faceva omaggio non solo quando faceva il bagno nel lago. In questo caso naturalmente senza il sigaro. Oggi non è invece più verificabile se Hesse mise mai in atto la sua intenzione di tenere lontani con la balestra i visitatori indesiderati e i turisti fastidiosi che volevano rubargli del tempo, e di salutare gli amici con uno sparo di mortaretto, ma non sembra improbabile dato che gli piacevano i fuochi d'artificio e giocare con il fuoco. Hesse ne parla in una delle sue risposte alle lettere dei lettori, che già allora erano così numerose che alla fine del 1904 domandò all'ufficio distrettuale del granducato Baden a Costanza un proprio ufficio postale per Gaienhofen. Tre settimane dopo il suo arrivo al Lago di Costanza si procurò una barca a remi, per fare la spesa e per le gite che si potevano fare da lì, sia per la vicina isola di Reichenau che nel Thurgau o giù a Stein am Rhein e a Schaffhausen. "Con un certo disprezzo della morte", scrisse nel novembre del 1904 allo scrittore Wilhelm Schmidtbonn, con essa si potrebbe anche andare a vela. Alcune delle immagini suggestive raccolte nel suo libro sul Lago di Costanza devono la loro concretezza e il loro colore stagionale a quelle gite in barca. Leggendo queste descrizioni che a noi ancora oggi sembrano istintive come un grido di un gabbiano o un raggio di sole, non ci si sente più uno spettatore o un'estraneo, ma parte del paesaggio fra il Ried e il lago. Questa inusuale sensualità della sua prosa, notata anche da Kurt Tucholsky che era usualmente molto critico, ispirò il satirico viennese Franz Blei a descrivere il collega nel suo libro Literarisches Bestiarium (Bestiario letterario) come segue: "La Hesse, così si chiama un dolce pigione di bosco che nono si incontra più nella natura. Per la sua graziosità è diventato un usccello di Käfig molto popolare, che rallegra il visitatore nel fare gesti come nel bosco libero. Queso dà al cittadino la sensazione di natura e questa si aumenta con piccole ghiandole da cui emana un odore che ricorda l'odore di pini." Questa descrizione è di una cattiveria amabile e forse anche un po' gelosa. Hesse descrive anche gli uomini alla stessa memorabile maniera come la natura, il "Föhn", le formazioni delle nuvole, l'acqua e il mutabile paesaggio alpino e prealpino del lago. Così, per esempio, in un viaggio nell’Appenzell, una delle numerose escursioni che fa da Gaienhofen nelle vicinanze, non gli sfugge come a partire dal Romanshorn il ritmo del treno "sembra rallentare in modo gentile per degli abitanti del luogo saliti sul treno. Questo accade soltanto a causa del dialetto, dei personaggi, dei visi e dei gesti". Non gli sfugge nemmeno quale ruolo giocano i decessi,che qui, poiché nei comuni più piccoli come il suo paesino sul lago accadono più raramente, vengono rispettati di più che nelle città, "dove ogni giorno muoiono delle persone senza che i vicini se ne accorgano." Un giudizio di stima per tutto ciò che fa parte della comunità e unisce è evidente nelle osservazioni che scrisse quando abitava sul Lago. Hesse non faticò mai a valicare i confini arbitrari e il nazionalismo limitato, non solo per la familiarità fra gli uomini del "Dreiländereck" ("L'angolo dei tre paesi"), ma anche per la sua origine sovranazionale. "Il mio credo nella 'razza'", scrive nel 1919, "non è mai stato molto vivo e non oserei definirmi alemanno in questo senso. In realtà sono alemanno e lo sono tanto più fortemente e consapevolmente di coloro che lo sono realmente per razza. ... La regione a sud ovest della Svizzera tedesca è la mia patria e il fatto che questo territorio sia attraversato da più confini regionali e da uno nazionale, l'ho più volte sentito come incisivo sia nelle grandi che nelle piccole cosa, ma nel mio intimo non ho mai potuto considerare questi confini come naturali. ... La presenza di questi confini non si è mai manifestata in nessun luogo con sostanziali differenze nella gente, nella loro lingua e nelle loro abitudini, di qua e di là del confine non si notavano grosse differenze nel paesaggio, né nelle coltivazioni, né nell'architettura, e neppure nella vita familiare. ... Per me, la patria si estendeva di qua e di là del Reno, non importava se si chiamasse Svizzera, Baden o Württemberg. ... Per tutta la vita non sono riuscito a considerare il confine tra la Germania e la Svizzera come qualcosa di naturale, di comprensibile e di sacro, ma al contrario come qualcosa di arbitrario che divideva dei territori fratelli. E ben presto nacque in me una diffidenza verso i confini e un amore profondo, spesso appassionato, per quei beni umani che per loro natura stanno al di là dei confini, che creano altri rapporti oltre a quelli politici." (E mi dichiaro alemanno, trad. di Enza Gini) Questo atteggiamento, giudicato da molti dei suoi critici come "astorico", "escapismo" e "sentimentale" ha reso impossibile più tardi una partecipazione di Hesse al senso di realtà non sentimentale e all'"apertura storica" a due guerre mondiali. Al contrario, Hesse, invecchiando, si trovò "spinto a valorizzare molto di più di quello che le separa quello che congiunge le nazioni, le ideologie e le religioni." Questo elemento appunto salva le descrizioni di Hesse del Lago di Costanza dal provincialismo da letteratura edificante regionale. Allo stesso tempo il senso della provenienza e della patria rimase in lui, che comunque non negò mai né perse il suo dialetto svevo, sempre molto sviluppato. Ma egli non sopravvalutò mai la sua origine a scapito di altre appartenenze. All'inizio della prima guerra mondiale scrive: "Una delle esigenze più semplici a cui non si pensa mai, perché non fanno patire la fame, è anche la terra natia. Con ciò non intendo la patria... Intendo le immagini che ognuno di noi ha conservato come i ricordi migliori dell'infanzia. Non sono così belle perché la propria patria è necessariamente più bella del resto del mondo; ma perché l'abbiamo vista per prima e con la gratitudine e la freschezza iniziali dei nostri occhi infantili. Questo non è sentimentalismo. La patria è la cosa più sicura che abbiamo se non abbiamo ancora raggiunto i più alti gradini nello spirito. Per patria si possono intendere cose diverse. La patria può essere un paesaggio, o un giardino, o una bottega, o anche un suono di una campana, o un profumo. Si tratta di un ricordo del tempo dell'adolescenza, delle impressioni più forti e più sacre della nostra vita. A ciò appartiene anche il dialetto della terra d'origine. A me, che vivo fuori, ad ogni rientro a casa il primo ferroviere svevo sembra un uccello del paradiso! ... Tocca la parte più profonda dell'anima, il piccolo tesoro sicuro che abbiamo degli anni della primissima infanzia. Immagini e impressioni giacciono in disordine, spesso non le sappiamo valutare, ma l’insieme è una soluzione satura che non si può toccare senza che si creino cristalli." Ma torniamo al Lago di Costanza. Il frutto letterario del soggiorno di otto anni di Hesse a Gaienhofen è stato ricco e eccezionalmente vario per quanto riguarda i temi, 25 grandi racconti sono stati scritti qui. Come esempi cito solo i seguenti che in parte sono ancora ambientati a Calw: "In der alten Sonne" (Nel sole vecchio), "Die Marmorsäge" (La sega di marmo), "Der Lateinschüler" (Il discepolo di latino), "Heumond" (Luna di fieno), "Schön ist die Jugend" (Bella è la gioventù), "Ladidel", "Das Nachtpfauenauge" (La pavonia), "Casanovas Bekehrung" (La conversione di Casanova) e la prima parte di "Knulp". Appena terminati furono pubblicati quasi subito dalle redazioni tedesche, austriache e svizzere, molto tempo prima che uscissero in forma di libro nei volumi di racconti "Diesseits" (Al di qua, 1907), "Nachbarn" (Vicini di casa, 1908) e "Umwege" (Vie traverse, 1912). Alcune raccolte di poesie, proprie e di altri autori, come pure i romanzi "Unterm Rad" e "Gertrud" appartengono ai tempi di Gaienhofen. Con grande dispiacere del suo editore Samuel Fischer, Hesse non pubblicò da lui a Berlino il romanzo musicale Gertrud, ma dal concorrente Albert Langen di Monaco di Baviera, alla cui rivista satirica settimanale Simplicissimus collaborava con prosa breve e poesie dal 1905. In compagnia del geniale illustratore Thomas Theodor Heine, l'editore Albert Langen aveva visitato Hesse al Lago di Costanza per la prima volta nel marzo del 1905, per cercare di convincerlo, con l'auspicio di grosse percentuali, a lasciare la Casa Editrice Fischer. Ma su Hesse facevano effetto non tanto le tentazioni finanziarie, che usava semmai per mettere il suo editore berlinese sotto pressione, quanto il cosmopolitismo e il coraggio civile dell'intraprendente Albert Langen, che dovette andare in esilio in Francia a causa dei suoi attacci contro l'imperatore Guglielmo II, e nonostante questo riuscì a fare della sua Casa Editrice uno strumento per il suo scopo di aprire culturalmente la Germania agli stati confinanti europei. A Hesse piaceva anche l'opposizione di Langen contro la predominanza prepotente, condiscendente e centralistica della politica culturale prussiana (nei confronti degli artisti nel Sud della Germania, considerati provinciali e arretrati), per cui seguì volentieri la proposta di Langen di collaborare come curatore ad una nuova rivista, che radunò tutto quello che le culture tedesca-meridionale, svizzera e austriaca offriva e che ricevette il titolo März (Marzo) in ricordo del movimento democratico del 1848. Per mettere in pratica questo progetto la piccolissima Gaienhofen diventò allora un centro di politica culturale tedesca, quando l'editore di Monaco tornò a Gaienhofen nel 1906 per fondare la rivista, questa volta in compagnia di Ludwig Thoma e Olaf Gulbransson. Fece scalpore che arrivarono in una delle prime automobili fabbricate in serie. Il 33enne Albert Langen aveva una passione talmente forte per il nuovo mezzo di locomozione che un anno dopo assunse addirittura la direzione di una rappresentanza generale per la distribuzione di automobili in Baviera e nel Württemberg, una passione, che poco dopo gli costò la vita. All'età di neanche 40 anni morì nel 1909 per le conseguenze di una forte otite, dopo che aveva cercato di raggiungere con una decapotabile aperta un dirigibile zeppelin. Per cinque anni, fino alla sua partenza da Gaienhofen, Hesse curò la parte culturale della rivista März, che lui chiamava un "giornale di battaglia in decisa opposizione". Dovette fare molti viaggi alla redazione a Monaco. Ma dopo la morte di Albert Langen il suo lavoro fu reso più difficile e Hesse poco tempo dopo lasciò volentieri il lavoro di curatore al più giovane Theodor Heuss. All'inizio del 1907, quando uscirono i primi fascicoli della nuova rivista, Hesse cominciò a costruire una propria casa nella vicina Erlenloh, perché nel frattempo era nato un figlio, e due altri seguiranno durante il periodo sul Lago di Costanza. Un credito infruttifero del suocero a Basilea, che si era forse ormai rassegnato al genero diventato nel frattempo famoso, semplificò la ricerca dei 20.000 marchi necessari e finalmente ebbero anche la corrente elettrica e l’acqua corrente. Alla bella casa con otto camere, una veranda e un terrazzo, il grando studio al primo piano con una vista allora ancora aperta sul Lago fino alla cattedrale di Costanza e alle alpi, apparteneva anche un giardino proprio, progettato per fornire il più possibile una alimentazione di propria produzione. Presto fu una delle occupazioni più care al poeta curare il giardino nel tempo libero. I visitatori hanno raccontato molto dei frutti del suo zelo, dello splendore fertile e rigoglioso dei fiori nel giardino a Gaienhofen, della sua aiuola incorniciata di fiori, dei più di trenta alberi da frutto e del viale di girasoli. "Nel giardinaggio c'è qualcosa di simile alla presunzione e al piacere della creazione:", Hesse annotò allora. "si può plasmare un pezzetto di terra come si vuole, per l'estate ci si può procurare i frutti, i colori e i profumi che si preferiscono. Si può trasformare una piccola aiuola, un paio di metri quadrati di nuda terra, in un mare di colori, in una delizia per gli occhi, in un angolo di paradiso." ("In giardino", trad. di Roberto Carifi). Uno dei suoi ospiti, un giovane insegnante (dell'istituto di educazione regionale a Glarisegg sull'altra sponda del Lago) raccontò decenni dopo nella "Gazette de Lausanne", che Hesse allora lo condusse nel giardino nuovo e indicato particolarmente la via principale coperta di sabbia: "Faccia attenzione a come è bella ferma questo sentiero. Sotto la sabbia c’è un buon letto, ma non di pietra, ma lì sotto giace graziosamente stratificata tutta la letteratura tedesca di oggi." In una lettera dal settembre 1944 al figlio Martin Hesse confermò questo episodio: "Avevamo a Gaienhofen sabbia in abbondanza, ma non delle pietre, e avevo messo come fondo del sentiero tanti libri inutili e una quantità di riviste." Ciò era tanto pratico quanto inconvenzionale. Poiché Hesse riceveva già allora dagli editori circa 500 libri all'anno da recensire, i meno adatti dei quali egli smaltì in questo modo "definitivo". Una voglia di rompere le convenzioni, qualcosa di fresco, di sfrenato, non raramente anche di drastico brilla nella maggior parte delle lettere scritte da Gaienhofen. A Hesse piaceva anteporre alla dispendiosa coscienza di classe della società guglielmina uno stile di vita provocatoriamente semplice, e alla maniera artificiale dei colleghi intellettuali un senso pratico laconico. Anche i suoi racconti di artigiani, vagabondi e personaggi strani scritti in quel periodo parlano un po' di questa avversione contro tutto quello che è celebrativo e pomposo. Man mano una piccola colonia di artisti cominciò a stabilirsi a Gaienhofen, e presto nel cerchio di amici di Hesse si intrecciarono nel modo più produttivo artisti di ogni genere, poeti, pittori e musicisti. Il primo a seguirlo fu il suo amico degli anni di gioventù a Tubinga, il medico e poeta Ludwig Finckh, che alla fine del 1905 si stabilì definitivamente a Gaienhofen. I poeti Emil Strauß, Emanuel von Bodman, Jakob Schaffner, Wilhelm von Scholz, Wilhelm Schussen e Christian Wagner erano degli ospiti benvenuti. Da Stoccarda giunse Wilhelm Lang, scrittore e lettore della Casa Editrice Deutsche Verlagsanstalt, con la quale Hesse raccolse l'antologia di canti popolari Der Lindenbaum. Oltre a Albert Langen venne da Monaco di Baviera anche il giovane editore Georg Müller in compagnia di Leo Greiner, il direttore del gruppo cabaret "Die 11 Scharfrichter" (Gli 11 carnefici); Wilhelm Schäfer, curatore dell’influente rivista d'arte "Die Rheinlande", giunsero in visita alcune volte anche Jakob Wassermann, Stefan Zweig e Carl Hauptmann, il fratello dimenticato di Gerhart Hauptmann. Vi si aggiunsero tutti gli amici pittori e musicisti, come l'intagliatore in legno Max Bucherer di Basilea, che nel 1905 si stabilì qui, il pittore Wilhelm Steinhausen di Francoforte, i disegnatori Ludwig Renner e Otto Blümel, che fra l'altro aveva disegnato la grafica per il romanzo di Hesse Gertrud, per le raccolte di poesie Unterwegs e Lieder deutscher Dichter e che fece anche le silhouette ingegnose e i versi per la sua storia truculenta ("Moritat") sul viaggio di Hesse in India. ("Siehe, er umschifft Europen / Und ist plötzlich in den Tropen" - Vedi, circumnaviga l'Europa / E d'improvviso è nei tropici.) Vennero i pittori Ernst Würtenberger, il quale fece un ritratto di Hesse nel 1905, e Fritz Widmann, compagno di viaggio durante numerose escursioni nell'Italia settentrionale, i musicisti Edwin Fischer e Alfred Schlenker, dentista e compositore a Costanza, per il quale Hesse nel 1910 scrisse il libretto per un'opera lirica, Die Flüchtlinge, e che nel marzo del 1911 gli presentò a Gaienhofen il giovane compositore di Lieder svizzero Otmar Schoeck. Hesse sentì un'affinità elettiva con questo genio di melodie congeniali; nel 1910 infatti egli scrisse a Theodor Heuss: "Come poeta inconfessato forse alla fin fine la voglia di melodia mi è più cara della compenetrazione di grandi temi." Ma appena raggiunto quello che Hesse aveva sognato per molto tempo, casa e appartenenza, nel suo carattere sempre in oscillazione fra sedentarismo e nomadismo si annunciarono i segni di futuri cambiamenti. Similmente a Robert Walser il quale gli era vicino di carattere, Hesse era molto attratto dai cambiamenti dell’arredo, da gite e viaggi sempre più lontani. "O, voi viaggiatori", scrisse allora, "voi allegri leggeroni, guardo ognuno di voi, anche se gli ho regalato un cinquino, come se fosse un re!" Per lui i vagabondi nella loro prontezza a cambiare e ricominciare sono uno stimolo e una sfida per guardarsi dalla stagnazione e dalla vita sedentaria. Di conseguenza non a caso nella descrizione di un viaggio a piedi in autunno (Fußreise im Herbst) egli nota dei coetanei soddisfatti, che aveva conosciuto quando "avrebbero venduto la vita per un bacio e il mondo per una pazzia", che adesso però se ne stavano lì "con i loro bei favoriti, avevano accanto la moglie casalinga e si arrabbiavano in chiacchiere da filistei sui prezzi dei terreni e i cambiamenti degli orari dei treni." Il tentativo di sfogarsi scrivendo di questa problematica con il racconto di un vagabondo dal titolo "Knulp" gli riuscì solo a metà. Il manoscritto rimase incompleto. Solo anni dopo, quando aveva raggiunto una distanza anche esteriore nei confronti di Gaienhofen, e la prima guerra mondiale aveva messo fine ai suoi vagabondaggi, riuscì a terminare la storia. "Taedium vitae" - così si intitola significativamente un racconto scritto negli ultimi anni a Gaienhofen. Non fu quindi un rifiuto nei confronti del Lago di Costanza il motivo per cui Hesse dopo otto anni cercò di fuggire dall'idillio. Avrebbe dovuto staccarsi da ogni altro luogo in quell'epoca. Nel settembre del 1911 era arrivato il momento: cinque settimane dopo la nascita del suo terzo figlio Martin egli parte per il viaggio più lontano della sua vita, per l'India, verso la quale anche i suoi genitori e i nonni erano partiti con l'intenzione di evangelizzarla. Torna a metà dicembre e poco dopo decide di lasciare Gaienhofen per sempre e di vendere la casa, costruita solo quattro anni prima. Nel settembre del 1912 si trasferisce con la famiglia in un "piccola tenuta nobile ma trascurata" vicino a Berna, la casa del pittore amico Albert Welti, morto poco prima. Con ciò finisce il periodo più tranquillo e solitario della vita di Hermann Hesse. È alle soglie la prima guerra mondiale e con essa "il liberarsi da una piacevole cecità e dall'irresponsabilità", come retrospettivamente riassume gli anni trascorsi sul Lago di Costanza. La seconda parte della vita che segue, "fu la più drammatica", dice all'età di 80 anni, "piena di battaglie, di nemici, di miseria e successi, ma la forza per sopportare questa parte di vita irrequieta veniva, mi sembra, dalla prima parte, più tranquilla, dai quasi quaranta anni di pace, che mi è stato concesso di vivere, prima che il teatro mondiale chiassoso diventasse tangibile in modo così invadente per noi. Si è parlato della guerra come di un bagno di acciaio", continua, "nella mia esperienza però solo la pace dà forza." Relazione tenuta il 22 luglio 1995 presso l’ Hermann-Hesse-Höri-Museum, Gaienhofen. Copyright Volker Michels, 1995.