"Il più lontano possibile da Berlino!"
Hermann Hesse sul Lago di Costanza
Conferenza di Volker Michels
Hermann Hesse aveva 27 anni quando giunse a Gaienhofen e 35 quando la lasciò.
Vi ha vissuto dal 1904 al 1912, quindi appena 8 anni. Non era neanche la decima
parte della sua vita, ma ebbe conseguenze sia per il suo sviluppo che per quello
dell'"Untersee" (Lago inferiore), la parte del "mare svevo" ancora più bella e
tranquilla, dove il Reno abbandona il lago. Per questa regione come più tardi per il
Sud della Svizzera, il fatto che Hermann Hesse l’avesse eletta a luogo di residenza
ispirò molti altri artisti a insediarsi lì. Ma non ci fu mai una vera colonia di artisti, non
fu nessuna "Worpswede" sul Lago di Costanza, anche se i motivi che avevano
portato in quel luogo quegli scrittori e quei pittori erano simili: volevano fare una vita
alternativa, lontana dalle distruzioni della civilizzazione e dell'industrializzazione, in
un paesaggio rimasto arcaico e intatto. Sapevano perché: tutti provenivano non dalla
provincia ma dalle metropoli: Hesse da Basilea, Otto Dix da Berlino e da Düsseldorf,
Erich Heckel da Dresda e da Berlino. Dove ci si accorge meglio del contrasto e dove
si può rappresentarlo meglio se non di fronte al contrario della denaturazione e
dell'infinità di stimoli nelle metropoli, sia nell'immagine che in programmi contrastivi?
Il primo commento finora trovato di Hermann Hesse riguardo al Lago di Costanza
racconta di un raffreddore che egli aveva preso a metà dicembre del 1903 durante
una gita in nave da Meersburg a Kreuzlingen, in occasione della sua terza visita a
Emmishofen in Svizzera dallo scrittore Emil Strauß, che aveva undici anni più di lui. Il
suo romanzo scolaresco Freund Hein, pubblicato un anno prima, aveva fatto furore e
incoraggiato Hesse a provare a rappresentare il proprio periodo di studente nel
racconto Unterm Rad.
In data 9 dicembre 1903 Hesse scrive in una lettera all'amico-pittore e architetto
Hermann Haas: "Ho una tosse così forte che i miei occhi bruciano. Me l'ho presa al
Lago di Costanza dove sono andata a vedere l'amico Hein-Strauß per cinque giorni.
È stato proprio splendido, e ho visto tantissime belle cose. I municipi a Überlingen e
Costanza, il castello a Meersburg, le chiese a Reichenau e la vecchia cancelleria a
Überlingen sono del più bello che ho mai visto e valgono più di una tosse."
Hesse aveva allora 26 anni, tre mesi prima aveva concluso il suo apprendistato di
libraio e antiquario a Basilea e si era fatto un nome con la pubblicazione di due
volumi di poesie e di prosa, ma anche già con delle recensioni in giornali svizzeri e
tedeschi. Nello stesso anno Samuel Fischer di Berlino, la più importante casa editrice
tedesca per la letteratura contemporanea, aveva accettato il suo primo romanzo
Peter Camenzind, che nella prestampa trovò un eco talmente grande da lasciar
prevedere il successo internazionale dell'edizione in volume dell'opera, tradotta già
nel 1905 in norvegese, russo e svedese.
Nel 1902 Hesse aveva conosciuto a Basilea Maria Bernoulli, otto anni più anziana di
lui, figlia di un avvocato, che insieme a sua sorella gestiva uno studio fotografico
d'arte - come si leggeva sull'insegna della ditta - nella Bäumleingasse a Basilea.
Poiché era lei che aveva avuto per prima l’iniziativa del trasferimento sul Lago di
Costanza, vogliamo dare uno sguardo più dettagliato a lei e alla storia legata a lei.
Insieme a Mia, come Hesse la chiamava, che peraltro fu la prima fotografa
professionista in Svizzera oltre che una pianista e un'alpinista appassionata, il poeta
fece il suo secondo viaggio in Italia nella primavera del 1903 e poco dopo chiese a
suo padre la mano di lei.
Questi invece non voleva sapere niente di un genero poeta e il 23 settembre 1903
comunicò al pretendente: "Non posso riconoscere la sua professione di poeta." Nel
Peter Camenzind non era riuscito trovare niente di positivo e pur asserendo che
l’autore era dotato di un carattere assolutamente rispettabile", gli comunicava però:
"Ma non posso dare il mio permesso a una relazione con mia figlia", forse a causa
delle lodi al vino tessute nel racconto.
Hesse aveva un "terrore indefinito" del matrimonio, temendo che sarebbe potuto
essere un vincolo e un impedimento per il suo lavoro artistico. Le lettere che Maria gli
scrisse poco tempo dopo dimostrano che egli sembra vedere i dubbi del padre
Bernoulli come una conferma delle sue riserve e pare aver preso egli stesso le
distanze. "Ho tanta voglia di vederti", scrive Mia nel gennaio del 1904, "che almeno io
devo venire da te, se niente viene da te a me! ... Forse allora ti ho spinto al
matrimonio, e ciò ti ha fatto impaziente e ti ha depresso, ma vorrei saperti senza ogni
peso, perché nonostante tutti gli apparenti impedimenti sono convinta internamente
che vinceremo e ce la faremo. Talvolta mi sembra che tutto quello che faccio adesso
senza di te, sia solo tempo sprecato." E due giorni più tardi: "Che tu sia libero. Tanto
che non mi hai mai promesso niente... Capisco che per il tuo sviluppo artistico deve
essere così, non puoi avere riguardi ... Ho pensato di poter servirti con il mio amore e
abbellire la tua vita, ora è successo il contrario ... Addio, tu incomparabile, perdonami
- se non mi posso staccare da te in modo che non te ne accorgi ... Ma mi sia
permesso dirti che il mio amore sarà sempre tuo, anche se non ti posso più tenere."
Le risposte di Hesse alle lettere di Mia purtroppo non si sono conservate. A parte
pochi scritti sono state bruciate nel fuoco della casa di Mia ad Ascona nel 1942. Ma
le lettere di lei mostrano che la sua energia non fu senza esito. "Mio cuore
amatissimo", Mia ringrazia tre giorni più tardi. "Grazie mille volte che non vuoi stare
da solo e posso restare con te ... Vorrei far scorrere su di te tutto il mio amore come
una calda, luminosa corrente solare. Ci apparteniamo l'un l'altro e niente, niente ci
deve più separare."
Da allora tutto accadde velocemente. A Pentecoste i due si fidanzarono, con o senza
il suocero, e da allora l'influsso di Mia è inconfondibile - anche per quanto riguarda il
trasferimento al Lago di Costanza. Quando per esempio Hesse nel febbraio del 1904
pensò di accettare su raccomandazione di Wilhelm Schäfer un posto fisso nella
redazione della "Frankfurter Zeitung" per assicurare economicamente il suo
matrimonio, lei glielo sconsigliò. Quando in aprile lui pensò di andare forse a vivere
nella Schwäbische Alb dopo il matrimonio, lei gli scrisse: "A dir la verità, non mi
deciderei volentieri per la terra degli svevi... in più la Schwäbische Alb per me
sarebbe troppo povera d'acqua; penso che quando ci si trasferisce in campagna
[questa decisione sembra quindi esser stata certa], si possa anche far attenzione a
che in estate non si debba fare il bagno soltanto nella vasca, ma che si abbia a
disposizione almeno un torrente." Per questo, e anche per la maggior vicinanza alla
Svizzera, a lei piaceva di più la foresta nera del Baden. Aveva però anche pensato a
Stein am Rhein in Svizzera, "dove deve essere carino e a buon mercato vivere. E
sarebbe anche nelle vicinanze di Emil Strauß, cosa che non mi dispiacerebbe
affatto."
Sembra che Hesse fosse d'accordo, ma senza aver già deciso per un luogo preciso,
poiché il 31 maggio del 1904 Mia pubblicò un annuncio in cui cercava semplicemente
un appartamento nella parte badense del Lago di Costanza senza indicazione di un
luogo preciso.
Due settimane più tardi andò per quattro giorni da Emil Strauß a Emmishofen per
vedere degli appartamenti a Überlingen, Unteruhldingen, Wangen, Hemmenhofen e
Gaienhofen, dove la casetta presso la capella di Gaienhofen e piacque più di tutte. Il
2 luglio vi ritornò insieme all'amico architetto Hans Hindermann per far esaminare il
podere da uno specialista e per stipulare il contratto d'affitto subito dopo. Tutto
questo quindi senza la collaborazione attiva del suo fidanzato, che dall'ottobre 1903
si era ritirato a Calw per concludere la tragedia degli scolari Unterm Rad sul luogo
dell’azione e per sbrigare due incarichi della Casa Editrice berlinese Schuster &
Loeffler, che aveva chiesto a Hesse di scrivere delle monografie su Boccaccio e su
Francesco d'Assisi.
Il 2 agosto, dopo che i manoscritti furono spediti e il nido sul Lago di Costanza
preparato dalla sposa, finalmente ci si potè sposare - per i tanti amici e parenti a
Basilea. "Il mio matrimonio - Hesse scrive al collega Stefan Zweig - è passato
velocemente. Poiché il suocero non è d'accordo ..., sono venuto quando non era a
Basilea, e 'subitissimo' siamo andati all'ufficio anagrafico. Adesso il vecchio brontola
da lontano, ma sembra che si stia calmando man mano. Ed ora sono proprio un
uomo sposato, e la vita da zingari è per ora finita." La stessa sera, probabilmente per
fuggire dal suocero, gli sposi scapparono, facendo delle pause a Schaffhausen,
Costanza, Rheineck e Ermatingen fino a Steckborn per traghettare dalla sponda
svizzera a Gaienhofen. Da Basilea erano già arrivati sei cartoni di libri. Ma per giorni
dovettero aspettare per i mobili, e anche la scrivania, che l'amico Hermann Haas a
Monaco aveva fatto secondo le indicazioni precise di Hesse, arrivò solo tre settimane
dopo.
Il villaggio Gaienhofen all'epoca non aveva neanche 300 abitanti. Sulla sponda
tedesca del Lago non c'erano né la luce elettrica, né gas o acqua corrente, e tanto
meno collegamenti di traffico comodi. La possibilità più facile per raggiungerla era
prendere il piroscafo da Costanza a Steckborn sulla sponda svizzera e attraversare
poi il lago con il traghetto. Non c'erano neanche possibilità per fare la spesa, tranne
un panificio, cosicché Hesse da allora dovette remare a Steckborn sull'altro lato del
lago due volte alla settimana per rifornirsi di tutto quello che era necessario per
vivere. "So già a memoria la tariffa doganale per le cose di cucina ecc.", scrisse tre
settimane dopo il suo arrivo a Alexander von Bernus, "ma probabilmente preferisco il
contrabbando." In compenso però vivevano con poco. Per un affitto di sogno di 150
marchi all'anno (che all'epoca certamente avevano un po' più valore di oggi), il
contadino Hepfer gli aveva lasciato la parte abitabile della sua tenuta, cinque piccole
stanze, mentre l'altra parte con stalla e granaio era usato ancora per l'agricoltura.
Poco dopo il suo trasloco Hesse dichiara alla padrona di casa di un tempo a Basilea
che adesso era padrone "di una casa, di una donna, di un gatto, di una domestica, di
innumerevoli coleotteri e lumache".
"Di fronte alla Mauritius-Kapelle e la fontana del villaggio, vicino alla scuola e la
imponente Linde di pace del 1871", Hesse si ricorda in una lettera degli anni 50, "ci
sistemammo. La casa abitata della casa consisteva di una cucina e due stanze, la
più grande delle quali era fornita di un grande Kachelofen verde e una cosiddetta
'Kunst' ed era il nostro soggiorno a sala di mangiare. C'erano delle panchine di legno
lungo le pareti; lì era caldo e comodo."
Questo ambiente povero, lontano dalle metropoli e dalla cultura pomposa e felpata
della Belle Epoque dell’imperatore Guglielmo II corrispondeva perfettamente alle
ideali dei giovani sposi, determinati a condurvi, secondo il modello del personaggio
romanzesco di Hesse Peter Camenzind - un successore di Rousseau, Thoreau e
Tolstoi, gli antenati dei verdi di oggi - una vita alternativa da artisti, lontana dalla città,
sana, diligente e senza bisogni, con un unico lusso, e cioè quello di abitare in mezzo
ad un paesaggio bello e caratteristico. Poiché un poeta, come Hesse annota nelle
sue osservazioni "Wahlheimat" (Patria elettiva), è per molti aspetti "l'essere più
modesto che esista". Ma in altri riguardi richiede molto e preferisce morire che
rinunciarci.
"Per me, ad esempio, sarebbe impossibile vivere, senza che l'ambiente desse ai miei
sensi almeno un minimo di sostanza vera, a immagini reali. In una città moderna, in
mezzo di architettura di uso scarsa, in mezzo di legno imitato, in mezzo di tutto
compensazione e delusione, mi sarebbe totalmente impossibile, presto vi crollerei."
Fin dall’inizio Hesse era l'opposto di un letterato impomatato incivilito. Evitava per
quanto fosse possibile gli spazi troppo abitati e i circoli intellettuali. Inoltre non aveva
mai amato il pubblico perché gli dispiaceva vivere in un ambiente dove la gente lo
conosceva soltanto come un nome e una marca. Nel 1933 annotò: "La mia vita non
era per me mai sufficientemente privata, e quindi non ho mai assistito a un incontro
di 'prominenti', sia in un salone, un club, ad un ballo o ad un banchetto; era facile
evitarlo perché ho vissuto sempre in campagna".
Odiava la decadenza, le raccomandazioni, la protezione e la rappresentanza lisciata.
Avrebbe avuto occasione per queste cose poiché nel frattempo il libro Peter
Camenzind aveva avuto successo anche nella capitale: "Per mille ragioni", Hesse
scrive allora da Gaienhofen, "dovrei andare a Berlino, e ho paura di questo. L'unica
cosa che mi piace di Berlino è che è molto lontana da qui." Hesse non ha accettato
nessuno degli inviti del suo editore a Berlino a dispetto e contrariamente a quasi tutti
gli altri autori della Casa Editrice Fischer, ed è significativo quello che dice in una
poesia scritta poco prima del trasferimento a Gaienhofen:
"Man hatte mich eingeladen,
ich wusste nicht warum.
Viel Herren mit schmalen Waden
standen im Saal herum.
Es waren Herren von Namen
und von gewaltigem Ruf,
von denen er eine Dramen,
der andre Romane schuf.
Sie wussten sich flott zu betragen
und machten ein groß Geschrei,
da schämte ich mich zu sagen,
dass ich auch ein Dichter sei."
Anche i vicini a Gaienhofen probabilmente all'inizio non avevano supposto che fosse
un poeta, poiché siccome in paese in quegli anni non c'erano artigiani ma solo
contadini e pescatori, egli stesso dovette mettersi a sistemare la vecchia casa
decrepita dal tetto fino al pavimento.
Hesse, tanto svevo quanto risparmiatore, racconta di avere "drizzato i chiodi delle
casse del trasloco sulla soglia di pietra della nostra casa e imbottito le fessure al
primo piano con la stoppa e la carta, poi dipinto il legno dell’intelaiatura in rosso." Ma
appena la casetta fu pressappoco sistemata , sua moglie Mia, forse a causa
dell'inconsueto clima umido, forse a causa delle fatiche del trasloco, ebbe degli
attacchi di reumatismi così dolorosi che dovette recarsi in clinica a Basilea per tre
mesi. Non stupisce quindi che Hesse allora si lamentasse in una lettera alla scrittrice
Helene Voigt-Diederichs: "Und ist das Häuschen noch so klein, der Teufel hängt den
Schwanz hinein." (Tanto piccola che sia la casetta, il diavolo ci può entrare.)
Anche Stefan Zweig fece questa esperienza, uno dei circa cento amici e colleghi che
già nel primo anno visitarono Hesse a Gaienhofen. Lo scrittore viennese, così facile
agli entusiasmi, entrò così entusiasta nello studio di Hesse al primo piano della casa
che non vide la trave un po’ bassa della porta e la urtò con la testa così forte che
dovette sdraiarsi per un quarto d'ora prima di poter di nuovo parlare. Ma successe
anche ad altri ospiti di perdere la parola, specialmente se arrivano senza preavviso.
In questi casi infatti poteva succedere che in estate incontrassero Hesse in un
abbigliamento che consisteva solo degli occhiali e del sigaro, un nudismo a cui
faceva omaggio non solo quando faceva il bagno nel lago. In questo caso
naturalmente senza il sigaro.
Oggi non è invece più verificabile se Hesse mise mai in atto la sua intenzione di
tenere lontani con la balestra i visitatori indesiderati e i turisti fastidiosi che volevano
rubargli del tempo, e di salutare gli amici con uno sparo di mortaretto, ma non
sembra improbabile dato che gli piacevano i fuochi d'artificio e giocare con il fuoco.
Hesse ne parla in una delle sue risposte alle lettere dei lettori, che già allora erano
così numerose che alla fine del 1904 domandò all'ufficio distrettuale del granducato
Baden a Costanza un proprio ufficio postale per Gaienhofen. Tre settimane dopo il
suo arrivo al Lago di Costanza si procurò una barca a remi, per fare la spesa e per le
gite che si potevano fare da lì, sia per la vicina isola di Reichenau che nel Thurgau o
giù a Stein am Rhein e a Schaffhausen. "Con un certo disprezzo della morte", scrisse
nel novembre del 1904 allo scrittore Wilhelm Schmidtbonn, con essa si potrebbe
anche andare a vela. Alcune delle immagini suggestive raccolte nel suo libro sul
Lago di Costanza devono la loro concretezza e il loro colore stagionale a quelle gite
in barca.
Leggendo queste descrizioni che a noi ancora oggi sembrano istintive come un grido
di un gabbiano o un raggio di sole, non ci si sente più uno spettatore o un'estraneo,
ma parte del paesaggio fra il Ried e il lago. Questa inusuale sensualità della sua
prosa, notata anche da Kurt Tucholsky che era usualmente molto critico, ispirò il
satirico viennese Franz Blei a descrivere il collega nel suo libro Literarisches
Bestiarium (Bestiario letterario) come segue: "La Hesse, così si chiama un dolce
pigione di bosco che nono si incontra più nella natura. Per la sua graziosità è
diventato un usccello di Käfig molto popolare, che rallegra il visitatore nel fare gesti
come nel bosco libero. Queso dà al cittadino la sensazione di natura e questa si
aumenta con piccole ghiandole da cui emana un odore che ricorda l'odore di pini."
Questa descrizione è di una cattiveria amabile e forse anche un po' gelosa.
Hesse descrive anche gli uomini alla stessa memorabile maniera come la natura, il
"Föhn", le formazioni delle nuvole, l'acqua e il mutabile paesaggio alpino e prealpino
del lago.
Così, per esempio, in un viaggio nell’Appenzell, una delle numerose escursioni che
fa da Gaienhofen nelle vicinanze, non gli sfugge come a partire dal Romanshorn il
ritmo del treno "sembra rallentare in modo gentile per degli abitanti del luogo saliti sul
treno. Questo accade soltanto a causa del dialetto, dei personaggi, dei visi e dei
gesti". Non gli sfugge nemmeno quale ruolo giocano i decessi,che qui, poiché nei
comuni più piccoli come il suo paesino sul lago accadono più raramente, vengono
rispettati di più che nelle città, "dove ogni giorno muoiono delle persone senza che i
vicini se ne accorgano." Un giudizio di stima per tutto ciò che fa parte della comunità
e unisce è evidente nelle osservazioni che scrisse quando abitava sul Lago. Hesse
non faticò mai a valicare i confini arbitrari e il nazionalismo limitato, non solo per la
familiarità fra gli uomini del "Dreiländereck" ("L'angolo dei tre paesi"), ma anche per
la sua origine sovranazionale. "Il mio credo nella 'razza'", scrive nel 1919, "non è mai
stato molto vivo e non oserei definirmi alemanno in questo senso. In realtà sono
alemanno e lo sono tanto più fortemente e consapevolmente di coloro che lo sono
realmente per razza. ... La regione a sud ovest della Svizzera tedesca è la mia patria
e il fatto che questo territorio sia attraversato da più confini regionali e da uno
nazionale, l'ho più volte sentito come incisivo sia nelle grandi che nelle piccole cosa,
ma nel mio intimo non ho mai potuto considerare questi confini come naturali. ... La
presenza di questi confini non si è mai manifestata in nessun luogo con sostanziali
differenze nella gente, nella loro lingua e nelle loro abitudini, di qua e di là del confine
non si notavano grosse differenze nel paesaggio, né nelle coltivazioni, né
nell'architettura, e neppure nella vita familiare. ... Per me, la patria si estendeva di
qua e di là del Reno, non importava se si chiamasse Svizzera, Baden o
Württemberg. ... Per tutta la vita non sono riuscito a considerare il confine tra la
Germania e la Svizzera come qualcosa di naturale, di comprensibile e di sacro, ma al
contrario come qualcosa di arbitrario che divideva dei territori fratelli. E ben presto
nacque in me una diffidenza verso i confini e un amore profondo, spesso
appassionato, per quei beni umani che per loro natura stanno al di là dei confini, che
creano altri rapporti oltre a quelli politici." (E mi dichiaro alemanno, trad. di Enza Gini)
Questo atteggiamento, giudicato da molti dei suoi critici come "astorico", "escapismo"
e "sentimentale" ha reso impossibile più tardi una partecipazione di Hesse al senso
di realtà non sentimentale e all'"apertura storica" a due guerre mondiali. Al contrario,
Hesse, invecchiando, si trovò "spinto a valorizzare molto di più di quello che le
separa quello che congiunge le nazioni, le ideologie e le religioni."
Questo elemento appunto salva le descrizioni di Hesse del Lago di Costanza dal
provincialismo da letteratura edificante regionale. Allo stesso tempo il senso della
provenienza e della patria rimase in lui, che comunque non negò mai né perse il suo
dialetto svevo, sempre molto sviluppato. Ma egli non sopravvalutò mai la sua origine
a scapito di altre appartenenze. All'inizio della prima guerra mondiale scrive:
"Una delle esigenze più semplici a cui non si pensa mai, perché non fanno patire la
fame, è anche la terra natia. Con ciò non intendo la patria... Intendo le immagini che
ognuno di noi ha conservato come i ricordi migliori dell'infanzia. Non sono così belle
perché la propria patria è necessariamente più bella del resto del mondo; ma perché
l'abbiamo vista per prima e con la gratitudine e la freschezza iniziali dei nostri occhi
infantili. Questo non è sentimentalismo. La patria è la cosa più sicura che abbiamo se
non abbiamo ancora raggiunto i più alti gradini nello spirito. Per patria si possono
intendere cose diverse. La patria può essere un paesaggio, o un giardino, o una
bottega, o anche un suono di una campana, o un profumo. Si tratta di un ricordo del
tempo dell'adolescenza, delle impressioni più forti e più sacre della nostra vita. A ciò
appartiene anche il dialetto della terra d'origine.
A me, che vivo fuori, ad ogni rientro a casa il primo ferroviere svevo sembra un
uccello del paradiso! ... Tocca la parte più profonda dell'anima, il piccolo tesoro
sicuro che abbiamo degli anni della primissima infanzia. Immagini e impressioni
giacciono in disordine, spesso non le sappiamo valutare, ma l’insieme è una
soluzione satura che non si può toccare senza che si creino cristalli."
Ma torniamo al Lago di Costanza. Il frutto letterario del soggiorno di otto anni di
Hesse a Gaienhofen è stato ricco e eccezionalmente vario per quanto riguarda i temi,
25 grandi racconti sono stati scritti qui. Come esempi cito solo i seguenti che in parte
sono ancora ambientati a Calw: "In der alten Sonne" (Nel sole vecchio), "Die
Marmorsäge" (La sega di marmo), "Der Lateinschüler" (Il discepolo di latino),
"Heumond" (Luna di fieno), "Schön ist die Jugend" (Bella è la gioventù), "Ladidel",
"Das Nachtpfauenauge" (La pavonia), "Casanovas Bekehrung" (La conversione di
Casanova) e la prima parte di "Knulp". Appena terminati furono pubblicati quasi
subito dalle redazioni tedesche, austriache e svizzere, molto tempo prima che
uscissero in forma di libro nei volumi di racconti "Diesseits" (Al di qua, 1907),
"Nachbarn" (Vicini di casa, 1908) e "Umwege" (Vie traverse, 1912). Alcune raccolte
di poesie, proprie e di altri autori, come pure i romanzi "Unterm Rad" e "Gertrud"
appartengono ai tempi di Gaienhofen. Con grande dispiacere del suo editore Samuel
Fischer, Hesse non pubblicò da lui a Berlino il romanzo musicale Gertrud, ma dal
concorrente Albert Langen di Monaco di Baviera, alla cui rivista satirica settimanale
Simplicissimus collaborava con prosa breve e poesie dal 1905.
In compagnia del geniale illustratore Thomas Theodor Heine, l'editore Albert Langen
aveva visitato Hesse al Lago di Costanza per la prima volta nel marzo del 1905, per
cercare di convincerlo, con l'auspicio di grosse percentuali, a lasciare la Casa
Editrice Fischer. Ma su Hesse facevano effetto non tanto le tentazioni finanziarie, che
usava semmai per mettere il suo editore berlinese sotto pressione, quanto il
cosmopolitismo e il coraggio civile dell'intraprendente Albert Langen, che dovette
andare in esilio in Francia a causa dei suoi attacci contro l'imperatore Guglielmo II, e
nonostante questo riuscì a fare della sua Casa Editrice uno strumento per il suo
scopo di aprire culturalmente la Germania agli stati confinanti europei. A Hesse
piaceva anche l'opposizione di Langen contro la predominanza prepotente,
condiscendente e centralistica della politica culturale prussiana (nei confronti degli
artisti nel Sud della Germania, considerati provinciali e arretrati), per cui seguì
volentieri la proposta di Langen di collaborare come curatore ad una nuova rivista,
che radunò tutto quello che le culture tedesca-meridionale, svizzera e austriaca
offriva e che ricevette il titolo März (Marzo) in ricordo del movimento democratico del
1848. Per mettere in pratica questo progetto la piccolissima Gaienhofen diventò
allora un centro di politica culturale tedesca, quando l'editore di Monaco tornò a
Gaienhofen nel 1906 per fondare la rivista, questa volta in compagnia di Ludwig
Thoma e Olaf Gulbransson. Fece scalpore che arrivarono in una delle prime
automobili fabbricate in serie. Il 33enne Albert Langen aveva una passione talmente
forte per il nuovo mezzo di locomozione che un anno dopo assunse addirittura la
direzione di una rappresentanza generale per la distribuzione di automobili in Baviera
e nel Württemberg, una passione, che poco dopo gli costò la vita. All'età di neanche
40 anni morì nel 1909 per le conseguenze di una forte otite, dopo che aveva cercato
di raggiungere con una decapotabile aperta un dirigibile zeppelin.
Per cinque anni, fino alla sua partenza da Gaienhofen, Hesse curò la parte culturale
della rivista März, che lui chiamava un "giornale di battaglia in decisa opposizione".
Dovette fare molti viaggi alla redazione a Monaco. Ma dopo la morte di Albert Langen
il suo lavoro fu reso più difficile e Hesse poco tempo dopo lasciò volentieri il lavoro di
curatore al più giovane Theodor Heuss.
All'inizio del 1907, quando uscirono i primi fascicoli della nuova rivista, Hesse
cominciò a costruire una propria casa nella vicina Erlenloh, perché nel frattempo era
nato un figlio, e due altri seguiranno durante il periodo sul Lago di Costanza. Un
credito infruttifero del suocero a Basilea, che si era forse ormai rassegnato al genero
diventato nel frattempo famoso, semplificò la ricerca dei 20.000 marchi necessari e
finalmente ebbero anche la corrente elettrica e l’acqua corrente.
Alla bella casa con otto camere, una veranda e un terrazzo, il grando studio al primo
piano con una vista allora ancora aperta sul Lago fino alla cattedrale di Costanza e
alle alpi, apparteneva anche un giardino proprio, progettato per fornire il più possibile
una alimentazione di propria produzione. Presto fu una delle occupazioni più care al
poeta curare il giardino nel tempo libero. I visitatori hanno raccontato molto dei frutti
del suo zelo, dello splendore fertile e rigoglioso dei fiori nel giardino a Gaienhofen,
della sua aiuola incorniciata di fiori, dei più di trenta alberi da frutto e del viale di
girasoli. "Nel giardinaggio c'è qualcosa di simile alla presunzione e al piacere della
creazione:", Hesse annotò allora. "si può plasmare un pezzetto di terra come si
vuole, per l'estate ci si può procurare i frutti, i colori e i profumi che si preferiscono. Si
può trasformare una piccola aiuola, un paio di metri quadrati di nuda terra, in un mare
di colori, in una delizia per gli occhi, in un angolo di paradiso." ("In giardino", trad. di
Roberto Carifi).
Uno dei suoi ospiti, un giovane insegnante (dell'istituto di educazione regionale a
Glarisegg sull'altra sponda del Lago) raccontò decenni dopo nella "Gazette de
Lausanne", che Hesse allora lo condusse nel giardino nuovo e indicato
particolarmente la via principale coperta di sabbia: "Faccia attenzione a come è bella
ferma questo sentiero. Sotto la sabbia c’è un buon letto, ma non di pietra, ma lì sotto
giace graziosamente stratificata tutta la letteratura tedesca di oggi." In una lettera dal
settembre 1944 al figlio Martin Hesse confermò questo episodio: "Avevamo a
Gaienhofen sabbia in abbondanza, ma non delle pietre, e avevo messo come fondo
del sentiero tanti libri inutili e una quantità di riviste." Ciò era tanto pratico quanto
inconvenzionale. Poiché Hesse riceveva già allora dagli editori circa 500 libri all'anno
da recensire, i meno adatti dei quali egli smaltì in questo modo "definitivo".
Una voglia di rompere le convenzioni, qualcosa di fresco, di sfrenato, non raramente
anche di drastico brilla nella maggior parte delle lettere scritte da Gaienhofen. A
Hesse piaceva anteporre alla dispendiosa coscienza di classe della società
guglielmina uno stile di vita provocatoriamente semplice, e alla maniera artificiale dei
colleghi intellettuali un senso pratico laconico. Anche i suoi racconti di artigiani,
vagabondi e personaggi strani scritti in quel periodo parlano un po' di questa
avversione contro tutto quello che è celebrativo e pomposo. Man mano una piccola
colonia di artisti cominciò a stabilirsi a Gaienhofen, e presto nel cerchio di amici di
Hesse si intrecciarono nel modo più produttivo artisti di ogni genere, poeti, pittori e
musicisti.
Il primo a seguirlo fu il suo amico degli anni di gioventù a Tubinga, il medico e poeta
Ludwig Finckh, che alla fine del 1905 si stabilì definitivamente a Gaienhofen. I poeti
Emil Strauß, Emanuel von Bodman, Jakob Schaffner, Wilhelm von Scholz, Wilhelm
Schussen e Christian Wagner erano degli ospiti benvenuti. Da Stoccarda giunse
Wilhelm Lang, scrittore e lettore della Casa Editrice Deutsche Verlagsanstalt, con la
quale Hesse raccolse l'antologia di canti popolari Der Lindenbaum.
Oltre a Albert Langen venne da Monaco di Baviera anche il giovane editore Georg
Müller in compagnia di Leo Greiner, il direttore del gruppo cabaret "Die 11
Scharfrichter" (Gli 11 carnefici); Wilhelm Schäfer, curatore dell’influente rivista d'arte
"Die Rheinlande", giunsero in visita alcune volte anche Jakob Wassermann, Stefan
Zweig e Carl Hauptmann, il fratello dimenticato di Gerhart Hauptmann. Vi si
aggiunsero tutti gli amici pittori e musicisti, come l'intagliatore in legno Max Bucherer
di Basilea, che nel 1905 si stabilì qui, il pittore Wilhelm Steinhausen di Francoforte, i
disegnatori Ludwig Renner e Otto Blümel, che fra l'altro aveva disegnato la grafica
per il romanzo di Hesse Gertrud, per le raccolte di poesie Unterwegs e Lieder
deutscher Dichter e che fece anche le silhouette ingegnose e i versi per la sua storia
truculenta ("Moritat") sul viaggio di Hesse in India. ("Siehe, er umschifft Europen /
Und ist plötzlich in den Tropen" - Vedi, circumnaviga l'Europa / E d'improvviso è nei
tropici.) Vennero i pittori Ernst Würtenberger, il quale fece un ritratto di Hesse nel
1905, e Fritz Widmann, compagno di viaggio durante numerose escursioni nell'Italia
settentrionale, i musicisti Edwin Fischer e Alfred Schlenker, dentista e compositore a
Costanza, per il quale Hesse nel 1910 scrisse il libretto per un'opera lirica, Die
Flüchtlinge, e che nel marzo del 1911 gli presentò a Gaienhofen il giovane
compositore di Lieder svizzero Otmar Schoeck. Hesse sentì un'affinità elettiva con
questo genio di melodie congeniali; nel 1910 infatti egli scrisse a Theodor Heuss:
"Come poeta inconfessato forse alla fin fine la voglia di melodia mi è più cara della
compenetrazione di grandi temi."
Ma appena raggiunto quello che Hesse aveva sognato per molto tempo, casa e
appartenenza, nel suo carattere sempre in oscillazione fra sedentarismo e
nomadismo si annunciarono i segni di futuri cambiamenti. Similmente a Robert
Walser il quale gli era vicino di carattere, Hesse era molto attratto dai cambiamenti
dell’arredo, da gite e viaggi sempre più lontani. "O, voi viaggiatori", scrisse allora, "voi
allegri leggeroni, guardo ognuno di voi, anche se gli ho regalato un cinquino, come
se fosse un re!" Per lui i vagabondi nella loro prontezza a cambiare e ricominciare
sono uno stimolo e una sfida per guardarsi dalla stagnazione e dalla vita sedentaria.
Di conseguenza non a caso nella descrizione di un viaggio a piedi in autunno
(Fußreise im Herbst) egli nota dei coetanei soddisfatti, che aveva conosciuto quando
"avrebbero venduto la vita per un bacio e il mondo per una pazzia", che adesso però
se ne stavano lì "con i loro bei favoriti, avevano accanto la moglie casalinga e si
arrabbiavano in chiacchiere da filistei sui prezzi dei terreni e i cambiamenti degli orari
dei treni."
Il tentativo di sfogarsi scrivendo di questa problematica con il racconto di un
vagabondo dal titolo "Knulp" gli riuscì solo a metà. Il manoscritto rimase incompleto.
Solo anni dopo, quando aveva raggiunto una distanza anche esteriore nei confronti
di Gaienhofen, e la prima guerra mondiale aveva messo fine ai suoi vagabondaggi,
riuscì a terminare la storia. "Taedium vitae" - così si intitola significativamente un
racconto scritto negli ultimi anni a Gaienhofen.
Non fu quindi un rifiuto nei confronti del Lago di Costanza il motivo per cui Hesse
dopo otto anni cercò di fuggire dall'idillio. Avrebbe dovuto staccarsi da ogni altro
luogo in quell'epoca. Nel settembre del 1911 era arrivato il momento: cinque
settimane dopo la nascita del suo terzo figlio Martin egli parte per il viaggio più
lontano della sua vita, per l'India, verso la quale anche i suoi genitori e i nonni erano
partiti con l'intenzione di evangelizzarla.
Torna a metà dicembre e poco dopo decide di lasciare Gaienhofen per sempre e di
vendere la casa, costruita solo quattro anni prima. Nel settembre del 1912 si
trasferisce con la famiglia in un "piccola tenuta nobile ma trascurata" vicino a Berna,
la casa del pittore amico Albert Welti, morto poco prima. Con ciò finisce il periodo più
tranquillo e solitario della vita di Hermann Hesse. È alle soglie la prima guerra
mondiale e con essa "il liberarsi da una piacevole cecità e dall'irresponsabilità", come
retrospettivamente riassume gli anni trascorsi sul Lago di Costanza. La seconda
parte della vita che segue, "fu la più drammatica", dice all'età di 80 anni, "piena di
battaglie, di nemici, di miseria e successi, ma la forza per sopportare questa parte di
vita irrequieta veniva, mi sembra, dalla prima parte, più tranquilla, dai quasi quaranta
anni di pace, che mi è stato concesso di vivere, prima che il teatro mondiale
chiassoso diventasse tangibile in modo così invadente per noi. Si è parlato della
guerra come di un bagno di acciaio", continua, "nella mia esperienza però solo la
pace dà forza."
Relazione tenuta il 22 luglio 1995 presso l’ Hermann-Hesse-Höri-Museum,
Gaienhofen.
Copyright Volker Michels, 1995.
Scarica

Michels su Gaienhofen (Adobe PDF, 108 kb)