APPUNTI DELLE LEZIONI DI MEDICINA DEL LAVORO INDICE Pag. 1 Introduzione Pag. 4 Evoluzione storica della Medicina del Lavoro nel XX secolo Pag. 9 Normativa e legislazione sulla tutela della salute negli ambienti di lavoro Pag. 15 Compiti e organizzazione dei servizi aziendali e pubblici di prevenzione e sicurezza sul Lavoro Pag. 20 Igiene del lavoro. I rischi Pag. 22 La valutazione del rischio. Il monitoraggio ambientale Pag. 26 La quantificazione dei composti chimici aerodispersi Pag. 28 I limiti massimi ammissibili Pag. 30 Il monitoraggio biologico Pag. 33 La bonifica ambientale Pag. 35 La tossicologia industriale. Pag. 39 Tossicocinetica dei tossici industriali Pag. 48 Tossicodinamica Pag. 49 Valutazione del rischio tossicologico Pag. 51 Piombo Pag. 70 Mercurio Pag. 77 Cromo Pag. 82 Cadmio Pag. 87 Manganese Pag. 89 Berillio Pag. 92 Solventi Pag. 120 Fitofarmaci Pag. 132 Mossido di Carbonio Pag. 137 Acido Cianidrico Pag. 140 Amine aromatiche 1 INTRODUZIONE La evoluzione storica della Medicina del Lavoro è strettamente collegata con l'evoluzione della tecnologia. Nell'antichità il lavoro manuale era riservato agli schiavi in quanto esso veniva considerato cosa indegna e degradante per l'uomo libero. Tito Lucrezio Caro nel "De rerum natura"descriveva le drammatiche condizioni di lavoro degli schiavi Ippocrate, Galeno e Plinio già segnalarono forme morbose che comparivano con particolare frequenza in determinate categorie di artigiani. In seguito, nel secolo XV, Agricola e Paracelso descrissero gli aspetti del lavoro nelle miniere di metalli e le malattie che colpivano i minatori e i fonditori, in alcuni casi suggerendo anche possibili applicazioni preventive.. Spetta tuttavia a Bernardino Ramazzini da Carpi il merito di avere per primo considerato che alcune malattie trovano la loro origine nel lavoro e pertanto di avere indagato, in prima persona, i rapporti esistenti tra varie attività lavorative ed insorgenza di malattie, intravedendo inoltre, per primo, la necessità di introdurre la anamnesi lavorativa nell'approccio col paziente. Nel trattato "De morbis artificum diatriba" infatti il Ramazzini, non solo descrive la malattia causata dallo svolgimento del mestiere ma, propugnando l'aforisma "meglio prevenire che curare", suggerisce anche i rimedi utili a limitare o a prevenire la malattia stessa. Il Ramazzini pertanto deve essere considerato l'antesignano della medicina del lavoro in quanto non solo ha considerato e descritto il lavoratore ammalato, ma si è personalmente recato nella bottega per rendersi conto dell'ambiente di lavoro e per trarne opportuni suggerimenti ai fini preventivi. Nella prefazione del trattato il Ramazzini scrive: “ Pioché dunque non solo nel passato, ma anche ai nostri tempi, nelle società ben regolate, sono state fissate delle leggi a vantaggio dei lavoratori, è altrettanto giusto che anche la medicina apporti il proprio contributo in favore e a sollievo di coloro che lo Stato si preoccupa di favorire e, con un impegno particolare che fino ad ora è stato assente, abbia cura della loro salute in modo che per quanto è posibile, possano esercitare senza pericolo l’attività a cui si sono dedicati. Io, da parte mia, ho fatto tutto quello che pensavo fosse giusto fare e non mi sono sentito sminuito quando, per osservare tutte le 2 caratteristiche del lavoro manuale, entravo nelle botteghe artigiane più modeste; d’altra perte in questa nostra epoca anche la medicina impiega osservazioni derivate dalla meccanica. Mi interessa fare notare, in particolare ai miei colleghi medici, che in tutte le realtà è possibile ritrovare le lavorazioni che descrivo ed, inoltre, che le stesse lavorazioni in alcune regioni possono essere eseguite in modo diverso. Questo significa che volta per volta le malattie prodotte da quelle lavorazioni potranno essere diverse da quelle che io descrivo. Nelle botteghe artigiane, come è giusto, cioè direttamente sul campo ho cercato di raccogliere tutte le osservazioni interessanti e formulare indicazioni, cosa questa più importante, sia per la cura che per la prevenzione delle malattie che di solito incombono su quelli che lavorano. Dunque il medico che è chiamato a curare un lavoratore non deve, coma fa di solito, sentirgli immediatamente il polso senza informarsi delle sue condizioni, né deve subito sentenziare sul da farsi; il medico, come fa il giudice, deve mettersi a sedere, anche su uno sgabello o su una panca quando non trova, come succede nelle case dei ricchi, una sedia dorata. Deve parlare affabilmente co l’ammalato e sapere decidere quando è necessario dare consigli medici o invece fare prevalere atteggiamenti di comprensione o di pietà; molte sono le domande che il medico deve rivolgere al malato o a coloro che lo assistono. Ippocatre nel De affectionibus dice: Quando sei di fronte ad un ammalato devi chiedergli di cosa soffra, per quale motivo, da quanti giorni, se va di corpo e cosa mangia. A tutte queste domande bisogna aggiungerne un’altra: che lavoro fa. Quando il malato è uno del popolo, questa domanda risulta importante, anzi necessaria, se non altro per individuare la causa della sua malattia: Succede raramente, nella pratica, che il medico faccia questa domanda agli ammalati. Ma anche quando, per un qualche motivo, è a conoscenza del tipo di lavoro svolto dall’ammalato, il medico non ne tiene conto, compromettendo con ciò l’efficacia della cura. Accogli dunque benevolmente, amico lettore, questo mio trattato, forse scritto con poca arte, ma con l’intento di giovare alla società o per lo meno di dare sollievo ai lavoratori o, se preferisci,, Accetta quest’opera, ispirata non dal desiderio della gloria, ma dal senso del dovere e dall’interesse per gli altri”. 3 Contrariamente a quanto avveniva nel passato, il Ramazzini pertanto non si limitava a descrivere situazioni, magari anche con una notevole carica di pietismo, ma si faceva propugnatore della prevenzione, dopo avere dimostrato che certe malattie non avevano una origine naturale o spontanea bensì erano legate al mestiere. Nella seconda metà del diciottesimo secolo, coll'inizio della rivoluzione industriale, avviene la prevalente trasformazione del lavoro da artigianale ad industriale con tutti i problemi inerenti ai carichi di lavoro, all'orario di lavoro ed all'impiego indiscriminato di mano d'opera femminile e minorile. Nel 1910 Luigi Devoto fonda in Milano la Clinica del Lavoro, fornendo una base scientifica alla medicina del lavoro e soprattutto propugnando il concetto della prevenzione delle malattie da lavoro. LA TUTELA DELLA SALUTE E DELLA SICUREZZA NEGLI AMBIENTI DI LAVORO L'obiettivo della Medicina del Lavoro, secondo le indicazioni del comitato congiunto OILOMS (1959), è quello di: ". promuovere e mantenere il più alto grado di benessere fisico, mentale e sociale del lavoratori in tutte le occupazioni; adoperarsi per prevenire ogni danno causato alla salute da condizioni legate al lavoro e proteggere i lavoratori contro i rischi derivanti dalla presenza di agenti nocivi; destinare e mantenere i lavoratori in occupazioni consone alle loro attitudini fisiologiche e psicologiche; in sostanza, adattare il lavoro all'uomo e collocare ogni persona al posto giusto. La moderna Medicina del Lavoro, dovendo pertanto rispondere a quelli che sono gli obiettivi sanciti dall'OIL-OMS, è divenuta una disciplina composita, dove la Clinica delle malattie professionali, cioè la branca specializzata nel riconoscimento diagnostico, nella terapia e riabilitazione della malattia causata dal lavoro, è una delle diverse componenti della Medicina del Lavoro, assieme all'Igiene Industriale, alla Tossicologia Industriale, alla Fisiologia del Lavoro, alla Ergonomia, alla Psicologia del Lavoro, alla Epidemiologia ed alla Medicina Preventiva dei Lavoratori. La Medicina del Lavoro pertanto, pur essendo una 4 branca nata come uno dei tanti rami dal tronco comune della clinica, è cresciuta assumendo nel tempo una connotazione sempre più propria ed uno spazio sempre più diversificato rispetto alle origini. Identificare pertanto la Medicina del Lavoro con la Clinica delle malattie professionali vorrebbe dire sancire il fallimento della medicina del lavoro, intesa come disciplina che, secondo le indicazioni OIL-OMS si prefigge lo scopo di prevenire le malattie da lavoro e di promuovere il benessere psicofisico del lavoratore. EVOLUZIONE STORICA DELLA MEDICINA DEL LAVORO NEL XX SECOLO Nella introduzione abbiamo trattato a larghi tratti la evoluzione storica della nostra disciplina fino ad arrivare al 1910 cioè alla fondazione della Clinica del Lavoro “L. Devoto” di Milano, evento che pone le basi alla moderna Medicina del Lavoro. A questo punto veniamo a considerare la evoluzione che ha subito nello scorso secolo la disciplina, soprattutto nel profilo della patologia professionale. L’evoluzione della patologia da lavoro è strettamente correlata ai mutamenti della storia sociale, politica ed economica, alle innovazioni tecnologiche e scientifiche e alle trasformazioni organizzative realizzate progressivamente nell’industria e nell’agricoltura. In questo senso, particolarmente interessante è il momento di passaggio dal IX al XX secolo, passaggio segnato essenzialmente dall’enorme sviluppo dell’industria, dei trasporti e del commercio, dallo spostamento gradualmente crescente di manodopera dall’agricoltura all’industria e dalla sostituzione progressiva dei piccoli laboratori artigiani con i grandi complessi industriali. Nella vita e nel lavoro dell’uomo si attua in altri termini una trasformazione rivoluzionaria ed inevitabilmente si impone sempre più all’attenzione generale il problema della salute dei lavoratori, inteso come problema medico, sociale e politico al tempo stesso. Nel 1906, in occasione della inaugurazione del traforo del Sempione, si tiene a Milano il Primo Congresso Internazionale di Medicina del Lavoro, dal quale emerge in maniera ufficiale la patologia da lavoro di più frequente riscontro all’epoca. Dai volumi degli Atti di tale congresso si desume che all’inizio del secolo i problemi di salute dei lavoratori erano principalmente riconducibili : - alle malattie infettive e parassitarie come la tubercolosi, il carbonchio, il tetano, - l’anchilostomiasi; - alle patologie dell’udito; - alle intossicazioni da piombo, zolfo, cemento. Non poche furono inoltre le ricerche condotte su particolari categorie di lavoratori come donne e bambini, ad evidenziare se non la sensibilità, almeno l’interesse per soggetti costituzionalmente più vulnerabili, impiegati comunque in attività lavorative assolutamente non consone. Altra piaga frequente negli ambienti lavorativi di inizio secolo è l’anchilostomiasi, famigerata per la severa anemia, diffusa tra minatori, fornaciai, solfatai e tra gli agricoltori. L’importanza dell’anchilostomiasi è decisamente evidente se si considerano alcuni dati di allora: nel 1882, in seguito ai lavori di costruzione della galleria del San Gottardo, i lavoratori 5 malati di anchilostomiasi furono oltre 10.000, e 20 anni dopo, grazie a semplici interventi igienici di svuotamento e pulizia quotidiana delle latrine, l’incidenza di tale malattia tra i lavoratori del traforo del Sempione, pur sempre rimanendo elevata, veniva notevolmente abbattuta. Nonostante gli sforzi messi in atto, l’anchilostomiasi restava quindi ancora una patologia diffusa, ma ciò che importa è che si comincia ad intravedere la iniziale maturazione di una coscienza sanitaria che assieme alle progressive trasformazioni politiche di sanità pubblica apriranno la strada alla prevenzione ambientale che è parte integrante della Medicina del Lavoro ed elemento indispensabile nell’abbattimento di una qualunque patologia lavorativa. Il segno tangibile dell’efficacia di tale prevenzione si apprezza col tempo: i dati statistici riferiscono infatti l’incidenza di tale malattia professionale progressivamente ridotta negli anni e via via sempre minore al punto che, secondo i dati più recenti disponibili, nel 1996 nell’industria e nell’agricoltura si contano rispettivamente nessuno e due casi denunciati di anchilostomiasi. Una malattia da lavoro di cui molto si parla agli inizi del secolo è il fosforismo, dovuto all’impiego di fosforo bianco nell’industria dei fiammiferi. Questa industria , agli inizi del secolo, era estremamente fiorente e redditizia e ciò spiega l’estrema resistenza, soprattutto da parte degli imprenditori evidentemente, all’abolizione dell’uso del fosforo bianco che, se da un lato generava un’attività industriale necessaria, estremamente fiorente e con un tornaconto economico rapido ed abbondante, dall’altro procurava una malattia tanto deturpante ed avvilente da essere soprannominata volgarmente “lebbra delle fiammiferaie”. Inoltre, in tali fabbriche, numerose in Italia un po’ ovunque e particolarmente concentrate in Piemonte, in Lombardia e in Toscana nella zona di Empoli soprattutto, veniva impiegata di norma manodopera a basso costo, donne e bambini principalmente, o si ricorreva addirittura a detenuti o mendicanti o a coloro costretti al lavoro in fabbrica per estinguere i debiti di gioco. La scoperta del fosforo rosso e la conseguente introduzione dei fiammiferi cosiddetti “svedesi”, l’adozione di nuovi sistemi di lavorazione meccanica, i progressi dell’igiene industriale e le numerose pressioni delle associazioni operaie hanno portato nel 1906 alla Convenzione di Berna che sancisce ufficialmente a livello internazionale l’abolizione dell’impiego del fosforo bianco. Altro quadro clinico oramai appartenente alla storia delle malattie da lavoro è il saturnismo. L’intossicazione da piombo nei primi decenni del secolo riguardava prevalentemente i lavoratori addetti alla metallurgia del Pb, i tipografi o gli esposti a pigmenti piombiferi quali ceramisti e verniciatori, con riferimento in questo ultimo caso all’uso della biacca o di altri colori piombiferi quali il minio. Successivamente, il saturnismo propriamente detto riguardava i tipografi impiegati nella tecnica del linotype, fino praticamente a scomparire in questo settore lavorativo, mentre intanto il rischio da piombo negli altri ambienti di lavoro diminuiva progressivamente, fino ad essere definitivamente controllato con l’applicazione del D.Lgs 277/1991. Da dati pubblicati dall’INAIL appare bene evidente la progressiva riduzione dei casi di patologie da piombo indennizzati dall’Istituto ( da 2.134 nel 1976, a 220 nel 1984 e a 34 nel 1996). Da rilevare poi come i casi indennizzati si riferiscano, nella quasi totalità, a forme di intossicazione lieve e reversibile. Alla storia appartiene anche l’idrargirismo, cioè l’intossicazione da mercurio che fino agli anni Cinquanta era ancora concretamente possibile nelle industrie in cui venivano adoperate amalgame per l’estrazione di metalli preziosi o nei cappellifici, dove il mercurio veniva 6 impiegato nelle cosiddette operazioni di secretaggio, nella produzione di feltri per i cappelli allora tanto in voga. Il mutamento dei cicli tecnologici, ancora una volta il miglioramento dell’igiene degli ambienti di lavoro e non di minore importanza le mutate richieste del mercato portano alla scomparsa di questa grave malattia professionale. Anche il solfocarbonismo, che ha rappresentato una gravissima intossicazione professionale, in passato largamente diffusa, vuoi per il cambiamento delle tecnologie o per il moltiplicarsi delle conoscenze scientifiche o per il miglioramento delle misure di prevenzione oggi è una malattia da lavoro pressoché scomparsa. Il solfuro di carbonio ha trovato impiego prevalente negli anni tra le due guerre mondiali prima e poi intorno agli anni Cinquanta nell’ambito della manifattura del rayon. Successivamente l’industria tessile della viscosa subiva un declino produttivo dovuto fondamentalmente al cambiamento di gusto e orientamento da parte del mercato dei filati. Inevitabilmente, quindi, con il ridursi della richiesta commerciale e grazie agli inevitabili progressi della prevenzione ambientale si riduceva parallelamente il rischio da solfuro di carbonio. Il benzolismo è un’altra patologia che fino agli anni Cinquanta è seriamente presente in quanto il benzene viene ampiamente utilizzato come solvente, come materia prima e, già durante la seconda guerra mondiale, come carburante.Il rischio di intossicazione in quegli anni è da ritenersi elevato soprattutto nell’industria rotocalcografica dove il benzene trova largo impiego come solvente e come diluente di coloranti ed inchiostri e nella industria calzaturiera ove viene impiegato come solvente nei collanti. Nel 1963, con una apposita legge, si decide sulla carta la scomparsa del benzolismo, poiché scompare la possibilità di utilizzare estesamente il benzene come solvente, venendone tollerate solo minime quantità, presenti come impurità nei sostituti. Negli anni a seguire si verificò la netta e progressiva diminuzione dei casi denunciati di emopatia benzenica fino alla loro definitiva scomparsa. Per quanto riguarda la patologia da rumore, questa inizia ad imporsi con il progredire della meccanizzazione dell’industria moderna. In Italia la patologia da rumore ha un trend particolarmente interessante, poiché nel corso del secolo si osserva un progressivo aumento di incidenza, tanto che nel 1989 rappresenta ancora in assoluto la più frequente patologia professionale, seguita a distanza dalle broncopneumopatie pneumoconiogene e non e dalle dermatosi. Da sottolineare tuttavia che tale andamento è anche condizionato dal fatto che negli anni ’80 il danno indennizzabile da ipoacusia professionale fu abbassato all’11% (rispetto a tutte le altre patologie professionali che venivano indennizzate soltanto se il danno raggiungeva il 21%), con le ovvie conseguenze di un enorme incremento dei casi indennizzati, venendosi in tal modo a creare una discrepanza nei confronti delle altre malattie professionali. Da rilevare che, per quanto concerne la prevalenza delle ipoacusie, tra le malattie professionali maggiormente riconosciute ed indennizzate dall’INAIL, la situazione è attualmente invariata e ciò si spiega soprattutto tenendo conto che la maggior parte della patologia professionale emergente non è a tutt’oggi ancora stata inserita tra la patologia indennizzabile. Nel periodo successivo all’ultima guerra mondiale col verificarsi di un notevole incremento della emigrazione verso i bacini minerari del nord (Francia, Germania e Belgio), con lo svilupparsi nel nostro paese di una vasta rete autostradale e con l’incremento della industria metallurgica si profila un nuovo panorama della patologia da lavoro. Vengono pertanto alla ribalta sempre più copiosi i casi di pneumoconiosi che per molto tempo rimarranno frequentissime malattie indennizzate dall’INAIL. 7 Nel periodo compreso tra la metà degli anni Sessanta e quella dei Settanta è da menzionare l’elevato riscontro di polineuropatie nel comparto calzaturiero, causate dapprima dai cresilfosfati ed in seguito dal N - esano. Intorno alla fine degli anni Sessanta i rischi lavorativi sono ormai profondamente mutati rispetto al passato e ciò è ormai ben evidente e tangibile. Con gli anni ’70, in seguito allo sviluppo di nuovi paesi esportatori di prodotti industriali a basso costo e grazie alle nuove tecnologie microelettroniche , avveniva una radicale modificazione nei rapporti forza lavoro nel senso che, contrariamene a quanto accadeva nel passato, nei paesi maggiormente evoluti con maggior benessere, si verificava una netta riduzione del numero dei lavoratori addetti sia all’agricoltura che all’industria ed il terziario veniva a rappresentare il settore lavorativo più sviluppato, col conseguente prevalere dei nuovi rischi e delle nuove patologie propri di tale settore.(1) (1) La composizione della forza lavoro è distinta in tre settori: SETTORE PRIMARIO comprendente l’agricoltura e l’attività mineraria che producono beni materiali non riproducibili (terra); SETTORE SECONDARIO: comprende l’industria che produce beni materiali riproducibili (macchine); SETTORE TERZIARIO comprende quelle attività che non producono beni ma Servizi, attraverso l’impiego del lavoro(sanità, trasporti, credito, assicurazioni,comunicazioni, commercio, catene di distribuzione, pubblicità, informatica, pubblica amministrazione, scuola, giustizia, polizia, vigili del fuoco ecc.) I rischi lavorativi si sono completamente trasformati: nuovi criteri tecnologici e preventivi hanno condotto a riduzioni più o meno sostanziali e talvolta alla eliminazione completa di cause di rischio professionale tradizionale. La evoluzione delle tecnologie ha inoltre portato ad un aumento numerico dei rischi, anche se a potenziale aggressivo singolarmente ridotto; ciò soprattutto nei confronti del rischio chimico ( si consideri il ritmo con cui è stato sintetizzato e successivamente immesso nei cicli produttivi un numero enorme di nuovi composti chimici). Da rilevare anche il notevole incremento del carico psichico sia lavorativo che psicosociale. Inoltre, rispetto ai primi decenni del secolo, già intorno agli anni Sessanta ed ancor più attualmente, si avverte il progressivo aumento del rischio ambientale extralavorativo che si aggiunge al rischio lavorativo, intensificandolo, potenziandone gli effetti e conferendogli connotati ancora più complessi. Così, ad esempio, negli anni Sessanta e Settanta in Italia e precisamente in zone dell’Emilia Romagna come Sassuolo, Scandiano e Faenza con elevata concentrazione di industrie ceramiche che impiegavano piombo, si registrava un importante inquinamento ambientale da parte di questo metallo. Ne derivava il rischio concreto di assunzione e quindi di intossicazione extraprofessionale da piombo il quale era presente in maniera consistente ad esempio nell’acqua potabile ed in alcuni alimenti. In seguito la situazione è nettamente migliorata soprattutto grazie all’attività dei Servizi di Igiene Pubblica istituiti dalla legge 833 del 1978 e da ultimo con la applicazione del Dlgs.277/91. Oltre al progressivo prevalere del settore terziario, alla evoluzione delle tecnologie dobbiamo considerare anche un terzo motivo, quale causa della trasformazione che si è verificata nel profilo della patologia da lavoro nell’ultimo trentennio, cioè quello di una più attenta e specifica prevenzione nei luoghi di lavoro. 8 A questo proposito han rivestito un ruolo assi importante la istituzione e lo sviluppo dei servizi territoriali di medicina del lavoro dapprima come iniziativa degli enti locali (anni ’70) ed in seguito come applicazione della legge 833/78. La maturazione di una coscienza preventiva” sia tra i lavoratori che tra gli imprenditori , assieme al progredire delle conoscenze nel campo della medicina del lavoro, della tossicologia industriale e ella impiantistica hanno concretamente reso possibili tali trasformazioni. E’ proprio da questa trasformazione del rischio lavorativo che deriva la nuova tipologia di malattia da lavoro che si delinea a partire dagli anni Sessanta. La patologia da lavoro nell’ultimo quarto dello scorso secolo è più che altro caratterizzata dalla notevole diminuzione di forme acute, dalla presenza di frequenti manifestazioni croniche, e dalla frequente comparsa lesioni aspecifiche di tipo usurante, a cui si aggiungono gli effetti parafisiologici dell’invecchiamento, che fungono così da fattori di confondimento, con conseguente immancabile difficoltà nella formulazione della diagnosi corretta di malattia da lavoro. I quadri di patologia professionale attualmente emergenti sono riferiti principalmente a: 1- patologia d’organo tossico–degenerativa associata a bassi livelli di esposizione; 2- sindromi allergiche respiratorie e cutanee; 3- danni da rumore e da altri agenti fisici (campi magnetici, radiazioni non ionizzanti, vibrazioni, scuotimenti…) 4- rischio infettivo professionale 5- sick building syndrome 6- patologia da VDT 7- patologia da postura, da movimenti ripetitivi ed in generale da fattori biomeccanici 8- patologia da fattori relazionali. 9- Patologia neoplastica Circa quest’ultimo aspetto si rammenta, ad esempio, il notevole incremento dei mesoteliomi attribuibili all’amianto, anche nelle basse esposizioni. Soprattutto dagli anni Settanta la sick building syndrome, la patologia da VDT e da fattori relazionali e la patologia da postura incongrua e da movimenti ripetitivi si impongono all’attenzione della Medicina del Lavoro nei lavoratori del settore terziario, il cui incremento numerico determina evidentemente, come sopra accennavo, una ulteriore modificazione dei rischi e quindi la comparsa di nuove malattie da lavoro. Di grande rilevanza, in quanto senz’altro destinate a divenire la patologia da lavoro prevalente in futuro, sono a tutt’oggi la patologia da fattori relazionali e la patologia da fattori biomeccanici. Per quanto riguarda la patologia da fattori relazionali, l’incremento del carico psicologico, sia al lavoro che al di fuori, è sempre più evidente oramai in tutte le categorie lavorative. Lo stress, il burn out, il mobbing sono condizioni che sempre più di frequente e sempre più in maniera specifica sono correlati a orari, turni, carichi lavorativi, ai rapporti interpersonali con colleghi e superiori, alle aspettative, alle ambizioni e all’esistenza o meno di possibilità di carriera. L’Italia in questo senso ha ancora molto da imparare dal resto dell’Europa: infatti, a differenza degli altri paesi del continente, sottovaluta ancora la portata e quindi sottostima l’importanza di questa categoria di disturbi legati al lavoro. Infine, per quanto riguarda la patologia da fattori biomeccanici, l’evidenza epidemiologica in Italia, ed ancor più negli altri stati dei Nord Europa e in America, di una elevata incidenza di 9 patologie come il low back pain, dovuta alla movimentazione manuale di carichi, o della Sindrome del Tunnel Carpale, conseguenza diretta di elevata ripetitività del compito, posizione incongrua e sforzo eccessivo, fa a ragione comprendere quale sarà il futuro della patologia professionale ed inevitabilmente i nuovi argomenti di studio della Medicina del Lavoro. Proprio a Bologna, al 58° Congresso Nazionale della SIMLII tenutosi nel 1995, l’argomento principale era rappresentato dalla patologia professionale dell’arto superiore da fattori biomeccanici, argomento trattato per la prima volta nel nostro paese. Nel corso del Congresso, dall’assemblea dei soci della Società Italiana di Medicina del Lavoro e Igiene Industriale (SIMLII)I, fu sollecitato all’unanimità il riconoscimento e la tabellazione della STC come malattia professionale indennizzabile. Concludendo, oggi lo scenario delle malattie da lavoro è decisamente, velocemente e radicalmente cambiato rispetto non solo agli inizi del XX secolo, ma anche rispetto al panorama degli anni sessanta, con mutamenti che hanno reso “insignificanti”, patologie da lavoro un tempo temibili, come il saturnismo, il benzolismo, il solfocarbonismo e le stesse pneumoconiosi, cambiamenti che però allo stesso tempo hanno dato vita a nuovi fattori di rischio, come quelli biomeccanici e relazionali, e quindi a nuove malattie che richiedono appunto un giusto ed opportuno inquadramento sotto il profilo diagnostico, preventivo ed assicurativo. NORMATIVA E LEGGI SULLA TUTELA DELLA SALUTE NEGLI AMBIENTI DI LAVORO a) Precedenti nella legislatura italiana Già dalla fine del IX secolo, l'acquisizione di nuove conoscenze nel campo della patologia da lavoro favorisce lo sviluppo di iniziative legislative che conducono alla istituzione delle assicurazioni obbligatorie contro gli infortuni e le malattie professionali nel seguente ordine: 1898- provvedimenti contro gli infortuni nell'industria 1904- T.U. assicurazione contro gli infortuni 1912- istituzione dell’Ispettorato del Lavoro 1917- provvedimenti contro gli infortuni in agricoltura. 1929- prima assicurazione nei confronti di alcune malattie professionali nell'industria, affidata all'INAIL nel 1933 b) Legislazione vigente art. 2087 Codice Civile: “L’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio della impresa le misure che secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, 10 sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro” 1955 - DPR n. 547: norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro. 1956- DPR 303: disposizioni legislative che forniscono gli elementi per il controllo dell'igiene negli ambienti di lavoro e il controllo sanitario periodico dei lavoratori esposti ai principali rischi di malattia professionale chimici , fisici e biologici. All’art. 33 è previsto che nelle lavorazioni industriali che espongono alla azione di sostanze tossiche o infettanti o che risultino comunque nocivi, indicate nelle tabelle allegate al DPR, i lavoratori devono essere visitati da un medico competente: a) prima della loro ammissione al lavoro per constatare se essi abbiano i requisiti di idoneità al lavoro al quale sono destinati; b) successivamente nei periodi indicati nella tabella, per constatare il loro stato di salute Nel 1965 (D. P. R. 30/6/65 n.1124) è stato approvato il TESTO UNICO sull'assicurazione obbligatoria degli infortuni e delle malattie professionali. Il D.M. 18/4/73 riporta l'elenco delle malattie per le quali è obbligatoria la denuncia contro gli infortuni e le malattie professionali. Questo Decreto Ministeriale cioè rende attuale per la prima volta la previsione dell'art. 139 del Testo Unico (DPR 1124) fornendo l'elenco delle malattie soggette a denuncia obbligatoria da parte di ogni medico che per primo le riscontra ed esaudendo in tal modo anche il principio della raccomandazione CEE 23/7/62. La denuncia va attualmente inoltrata al Servizio di Medicina del Lavoro della USL competente. L. 300/1970 (Statuto dei lavoratori) Art. 5:divieto degli accertamenti da parte del datore di lavoro sulla idoneità e sulla infermità per malattia professionale. Art. 9: possibilità del controllo dell’ambiente di lavoro da parte delle rappresentanze dei lavoratori. 11 1978- L. 833: con la riforma sanitaria e la istituzione dei Servizi di Medicina del Lavoro del S.S.N. è stata infine attuata una più attenta e specifica prevenzione nei luoghi di lavoro. Ai Servizi di Medicina del Lavoro delle USL vengono attribuite le funzioni di vigilanza che prima della presente legge erano esercitate dagli Ispettorati del Lavoro 1991- il DL.gs 277 che prende in considerazione il rischio da piombo, amianto e rumore con il recepimento di una specifica direttiva comunitaria, ha definito la figura ed i compiti del medico del lavoro che viene chiamato "Medico Competente" e deve essere in possesso della Specializzazione in Medicina del Lavoro. 1994 - il DL.gs n. 626 che, recependo 8 direttive CEE riguardanti la sicurezza nel lavoro e la salvaguardia della salute dei lavoratori, prevede tra l'altro la istituzione del Servizio di Prevenzione e Protezione, obbligando ad eseguire una accurata valutazione dei rischi ed a monitorare tali rischi nel tempo coinvolgendo tutte le figure interessate alla prevenzione (datore di lavoro, dirigenti, preposti, medico competente, rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza e lavoratori), inoltre sottopone a sorveglianza sanitaria gli addetti alla movimentazione manuale di carichi, gli addetti ai videoterminali e gli esposti a rischi biologici, fisici, chimici ed a quelli cancerogeni. Infine obbliga a promuovere una adeguata informazione/formazione dei lavoratori. Con tale legge poi l’obbligo del Medico Competente viene esteso alla sorveglianza sanitaria di tutti i lavoratori esposti ai rischi tabellati. Il DL.626/91 si applica a tutti i settori lavorativi pubblici e privati e a tutti i lavoratori dipendenti o figure ad essi equiparate quali : soci di cooperative o società, apprendisti, studenti in genere e universitari che facciano uso dio laboratori, macchine, apparecchi, attrezzature, agenti chimici, fisici o biologici. 12 Vediamo ora nel dettaglio quali sono le innovazioni apportate da questa importantissima e basilare normativa che ci ha fatto entrare, a tutti gli effetti, in Europa per quanto concerne la prevenzione dei rischi e dei danni da lavoro Il DL.gs 626 prevede: A) MISURE ORGANIZZATIVE 1) istituzione del SERVIZIO DI PREVENZIONE E PROTEZIONE 2) nomina del MEDICO COMPETENTE (MEDICO del LAVORO) 3) elezione del RAPPRESENTENTE/I PER LA SICUREZZA B) MISURE OPERATIVE 1) VALUTAZIONE DEI RISCHI 2) Definizione dei PIANI DI EMERGENZA 3) SORVEGLIANZA SANITARIA DEI LAVORATORI 4) INFORMAZIONE E FORMAZIONE Esaminiamo ora nel dettaglio i vari punti. Misure organizzative 1 : Servizio di Prevenzione e Protezione - E’ organizzato all’interno della azienda, o condotto dal datore di lavoro stesso. Ha un oorganico ed un Responsabile (il cui nominativo viene comunicato all’Organo di Vigilanza (cioè la USL competente) Individua e valuta i fattori di rischio e le relative misure di prevenzione. Elabora le procedure di sicurezza. Propone i programmi di informazione e formazione dei lavoratori Partecipa alle riunioni periodiche di prevenzione e protezione. Fornisce ai lavoratori le informazioni sui rischi e le misure di prevenzione Può essere compostio o integrato da personale esterno. Misure organizzative 2 : Medico Competente - E’ un medico specializzato in Medicina del Lavoro - Cura la sorveglianza sanitaria obbligatoria in caso di esposizione ad agenti fisici, chimici, biomeccanici e biologici - Collabora alla valutazione dei rischi - Cura l’archivio dei documenti sanitari - Fornisce informazioni ai lavoratori sugli accertamenti sanitari - Fa elaborazioni di tipo epidemiologico - Collabora alla programmazione del controllo della esposizione e visita i luoghi di lavoro almeno due volte all’anno 13 - Allontana temporaneamente il lavoratore ed esprime il parere per la assegnazione ad altro posto di lavoro disponibile nella azienda Effettua visite richieste dai lavoratori Collabora alla predisposizione del Servizio di Pronto Soccorso. Collabora alla attività di informazione e formazione. Misure organizzative 3: Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS) - E’ eletto dai lavoratori - Nella misura di: 1 fino a 100,3 tra 201-1000, 6 oltre i 1000 - Accede ai luoghi di lavoro - E’ consultato su: valutazione dei rischi designazione per il Servizio di Prevenzione e Protezione(SPP), per il Pronto Soccorso organizzazione della formazione - Riceve: informazione sulla prevenzione in azienda informazione dagli organi di vigilanza formazione adeguata - Promuove la salute e la sicurezza - Formula osservazioni in occasione di ispezioni - Partecipa alle riunioni di prevenzione - Fa proposte in tema di prevenzione - Avverte il responsabile aziendale dei rischi evidenziati - Può fare ricorso alle Autorità Competenti Misure operative 1: Valutazione dei rischi - - La fa il datore di lavoro con il Servizio di Prevenzione e Protezione ed il Medico Competente (consultando il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza) Si compone di: individuazione dei fattori di rischio valutazione dei rischi individuazione delle misure di prevenzione programma di attuazione delle misure E’ tradotta in un documento scritto per azienda o per unità produttiva (Documento di Valutazione del Rischio) che deve essere sempre disponibile alla richiesta di visione da parte degli organi di vigilanza (USL, Vigili del fuoco ecc.). Misure operative 2: Piani di emergenza - Riguardano la prevenzione incendi, la evacuazione dei lavoratori, il pronto soccorso - Devono essere definite procedure specifiche - Devono essre designati e formati i lavoratori incaricati di adottarle - Devono essere organizzati i rapporti necessari con le strutture pubbliche competenti in questa materia (Vigili del Fuoco, Protezione Civile;118 ecc.) 14 Misure operative 3: Sorveglianza Sanitaria - Viene estesa a Movimentazione manuale dei carichi, Videoterminali, Agenti Biologici - Viene definita in modo completo (visite, esami clinici e biologici, indagini diagnostiche, controllo della esposizione) - Viene introdotta la sorveglianza sanitaria a domanda del lavoratore - Viene resa più complessa dal punto di vista gestionale (registri degli esposti a cancerogeni e ad agenti biologici) - E’ sanzionato penalmente il lavoratore che si sottrae alle visite Misure operative 4: Informazione e Formazione - Destinatari: Lavoratori in genere Addetti ai servizi d’emergenza Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza - Come: in orario di lavoro a carico del datore di lavoro - Quando: all’assunzione in caso di trasferimento o cambio di mansione in caso di introduzione di nuove tecnologie da ripetere periodicamente in relazione all’evoluzione dei rischi. Chi attua le misure previste? 1: Il Datore di Lavoro - osserva le misure generali di tutela effettua la valutazione dei rischi redige il documento di valutazione ed il programma attuativo delle misure di prevenzione - designa gli addetti al Servizio di Prevenzione e Protezione ed il relativo responsabile - nomina il Medico Competente Chi attua le misure previste? 2: il Datore di Lavoro, il Dirigente, il Preposto - Designano i lavoratori addetti ai piani di emergenza (che non possono rifiutarsi!) Aggiornano le misure di prevenzione Tengono conto delle capacità individuali nell’affidare i compiti lavorativi Forniscono i mezzi di protezione Controllano l’accesso alle zone a rischio Richiedono ai lavoratori l’osservanza delle norme di sicurezza e dell’uso dei dispositivi di protezione Richiedono le prestazioni del medico Competente Addottano le misure per le emergenze Informano i lavoratori dei pericoli più gravi Non richiedono ai lavoratori di operare in situazioni di imminente pericolo Permettono l’azione del Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza Evitano di causare rischi per la popolazione e l’ambiente 15 - Curano la compilazione del registro degli infortuni Consultano il Rappresentane dei Lavoratori per la Sicurezza Adottano le misure necessarie per la prevenzione degli incendi Chi attua le misure previste? 3: i Lavoratori - Si prendono cura della propria ed altrui sicurezza - Osservano le disposizioni e le istruzioni impartite - Utilizzano correttamente macchinari ed attrezzature - Utilizzano correttamente i dispositivi di protezione - Segnalano immediatamente situazioni di pericolo - Non rimuovono o modificano dispositivi di sicurezza - Non compiono manovre che possano mettere altrio in pericolo - Si sottopongono ai controlli sanitari - Contribuiscono all’adempimento di tutti gli obblighi imposti dalle autorità competenti Le Sanzioni: sono sanzioni penali (la responsabilità penale è personale):arresto o ammenda Altra normativa di importanza fondamentale per la prevenzione dei rischi e danni da lavoro è quella inerente alla radioprotezione fisica e sanitaria DL.gs 230/95 (il medico competente addetto alla sorveglianza sanitaria dei radioesposti viene definito medico autorizzato) e quella inerente alla protezione della gestante DLgs 151/2001. Ricordiamo infine le sentenze n° 179 e 206/1988 della Corte Costituzionale che riconoscono, ai fini dell’indennizzo, anche le malattie da lavoro non tabellate con la differenza che, in tal caso, l’onere della prova è a carico del lavoratore. COMPITI E ORGANIZZAZIONE DEI SERVIZI AZIENDALI E DEI SERVIZI PUBBLICI DI PREVENZIONE E SICUREZZA DEL LAVORO A) SERVIZI AZIENDALI Per ciò che concerne i servizi aziendali prima della applicazione del D.L.gs 626/94 la legislazione italiana è abbastanza carente, nel senso che l’unica menzione a servizi aziendali è reperibile nell’art. 27 del D.P.R. 303/56 e concerne l’organizzazione del “pronto soccorso”. La Convenzione ILO n. 171 del 1975 relativa ai compiti dei servizi aziendali di medicina del lavoro all’art .5 così li distingueva: - identificare e valutare i rischi per la salute sui luoghi di lavoro. 16 - Controllare i fattori ambientali e le attività di lavoro che possono compromettere la salute degli operai, ivi compresi i presidi sanitari, le mense aziendali, gli alloggi, allorché queste facilitazioni siano fornite ai lavoratori Fornire consulenza in materia di pianificazione e organizzazione del lavoro, ivi compresa la progettazione dei posti di lavoro, la scelta, manutenzione e conduzione delle macchine e delle attrezzature, nonché sulle sostanze utilizzate in produzione Collaborare alla stesura dei programmi per il miglioramento delle attività di lavoro ed all’esame e valutazione di nuove apparecchiature sotto l’aspetto della salute e sicurezza Dare consulenza nel campo della salute, della sicurezza e dell’igiene del lavoro, nel campo dell’ergonomia ed in merito ai mezzi di protezione individuale Sorvegliare la salute degli operai in rapporto al lavoro Promuovere l’adattamento del lavoro all’uomo Contribuire alla riqualificazione professionale Collaborare alla diffusione delle informazioni,alla formazione ed educazione nel campo della salute, dell’igiene e della ergonomia Organizzare il pronto soccorso e i presidi d’urgenza Partecipare all’analisi degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali. In Italia tuttavia la Legge non prevedeva l’obbligo di instaurare i servizi aziendali di medicina del lavoro. Soltanto le grandi industrie (Fiat, Montedison, Marelli, Pirelli ecc.) avevano istituito i servizi interni , mentre le piccole e medie imprese si rivolgevano all’ENPI ( Ente Nazionale per la Prevenzione degli Infortuni) che, attraverso gli Istituti di Medicina Industriale, erogava tali prestazioni Con la soppressione dell’ENPI a seguito della applicazione della riforma sanitaria( L. 833/78) venne a cessare anche quest’ultima possibilità. Con l’applicazione del D.Lgs 626/94, in tutti i settori lavorativi, pubblici o privati, vige l’obbligo al datore di lavoro di provvedere nel merito. Ripetiamo ora in sintesi quanto riportato precedentemente per esteso descrivendo il DLgs 626, cioé quali siano gli obblighi che la legge attribuisce al servizio aziendale di medicina del lavoro. Il D.Lgs 626/94 prevede pertanto misure organizzative quali: - Istituzione del Servizio di Prevenzione e Protezione dotato di un Responsabile ed eventualmente di un organico - Nomina del Medico Competente - Elezione del Rappresentante/i per la Sicurezza (RLS) e misure operative quali: - Valutazione dei rischi - Definizione dei piani d’emergenza 17 - - - Sorveglianza sanitaria dei lavoratori - Informazione e formazione Il datore di lavoro attraverso il Servizio di Prevenzione e Protezione ed il Medico Competente, consultato il Rappresentante per la Sicurezza, esegue la Valutazione dei rischi che consiste in: individuazione dei fattori di rischio valutazione degli stessi individuazione delle misure di prevenzione programma di attuazione delle misure stesura del documento per azienda o per unità produttiva. Documento che deve esser conservato a disposizione dell’Organo di Vigilanza I Piani di emergenza riguardano la : prevenzione incendi, la evacuazione dei lavoratori ed il pronto soccorso. Devono essere definite procedure specifiche, devono essere e designati e formati i lavoratori incaricati di adottarle. Infine devono essere organizzati i rapporti necessari con le strutture pubbliche competenti quali Vigili del Fuoco, 118, Protezione Civile ecc Tramite il D.Lgs 626/94 la Sorveglianza Sanitaria da parte del Medico Competente viene estesa agli addetti alla movimentazione manuale dei carichi, ai videoterminalisti, agli esposti al rischio biologico, chimico e agli agenti cancerogeni. Essa viene definita in modo completo con visite ,esami clinici, biologici e strumentali, indagini diagnostiche e controllo della esposizione. Viene introdotta la sorveglianza a domanda del lavoratore. Il ruolo del Medico competente sarà pertanto quello di: curare la sorveglianza sanitaria obbligatoria in caso di esposizione ad agenti chimici, fisici, biomeccanici e biologici collaborare alla valutazione dei rischi curare l’archivio dei documenti sanitari fornire informazioni ai lavoratori sugli accertamenti sanitari fare elaborazioni di tipo epidemiologico collaborare alla programmazione del controllo dell’esposizione e visitare i luoghi di lavoro almeno due volte all’anno allontanare temporaneamente il lavoratore ed esprimere il parere per l’assegnazione ad altro posto di lavoro disponibile in azienda effettuare visite a richiesta dei lavoratori collaborare alla predisposizione del servizio di pronto soccorso collaborare alla attività di informazione e formazione. B) SERVIZI PUBBLICI STRUTTURE UNIVERSITARIE In numerosi Atenei esistono strutture universitarie (Istituti, Servizi), dotate o meno di posti letto in cui, oltre alle attività didattiche svolte nei Corsi di Laurea Specialistica, in quelli di 18 Laurea Breve e nelle Scuole di Specializzazione ed alla attività di ricerca, viene svolta attività di diagnosi e cura delle malattie professionali. In alcune sedi universitarie inoltre sono stati istituiti, come a Bologna, Servizi di Medicina del Lavoro per la applicazione del D.L.gs 626/94 alle strutture dell’ateneo. SERVIZI OSPEDALIERI DI MEDICINA DEL LAVORO Tali servizi, con o senza posti letto, già esistenti prima della riforma sanitaria, sono entrati a fare parte del SSN quali strutture di secondo livello e svolgono numerose funzioni (diagnostiche, di sorveglianza sanitaria per la applicazione del D.L.gs 626/94 per aziende pubbliche e private, visite di idoneità, indagini epidemiologiche ecc.) SERVIZI DI MEDICINA DEL LAVORO DELLE ASL Previsti dalla L.833/78, tali servizi sono diversamente strutturati da regione a regione in funzione della programmazione regionale, in alcuni casi venendo accorpati alla medicina legale ed alla igiene pubblica. I compiti del servizio di medicina del lavoro, nella nostra regione denominato SPSAL ( Servizio Prevenzione e Sicurezza Ambienti di Lavoro) sono diversi consistendo in: Attività di prevenzione essa è senza dubbio la attività prevalente e la più importante e si fonda: - sulla costituzione di mappe di rischio in base all’obbligo da parte delle aziende di comunicare le sostanze presenti nel ciclo produttivo e le loro caratteristiche tossicologiche - sulla individuazione e controllo delle situazioni di pericolosità negli ambienti di lavoro - sulla diffusione delle conoscenze dei dati ai fini di una corretta gestione degli strumenti informativi - sulla indicazione delle misure idonee a sanare gli ambienti di lavoro Attività ispettiva: è’ condotta dal personale del servizio (medici e tecnici) con qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria ed è finalizzata al a controllare l’applicazione nelle unità produttive pubbliche o private, delle norme sull’igiene e sicurezza sul lavoro. Gli interventi ispettivi possono essere programmati, come nel caso delle aziende classificate a rischio medio-alto o occasionali , quando avvengono su richiesta della magistratura( in caso di infortunio o di malattia professionale) o di lavoratori per segnalare particolari situazioni a rischio. Controlli su nuovi insediamenti produttivi o su ampliamenti e ristrutturazioni: in tali situazioni il servizio di medicina del lavoro assieme al servizio di igiene pubblica esprime pareri, su richiesta del sindaco, per verificare la compatibilità tra questi la salute dei lavoratori e la tutela dell’ambiente. 19 Attivazione di un sistema informativo: la creazione di un sistema informativo consistente in analisi statistiche e valutazioni epidemiologiche rappresenta una altra importante funzione dei servizi di medicina del lavoro che consentirebbe di mirare gli interventi preventivi sul territorio e di utilizzare al meglio le risorse economiche ed il personale del servizio stesso. Accertamenti sanitari: vigilanza sui servizi sanitari aziendali per ciò che concerne la esecuzione della sorveglianza sanitaria dei lavoratori esposti a rischi professionali. Valutazione della idoneità alla mansione specifica ai sensi dell’art. 5 della L. .300/70 (visita di idoneità per cambio posto di lavoro). Partecipazione di diritto alla Commissione per il riconoscimento della invalidità civile. Educazione sanitaria: funzione molto importante attribuita al servizio dalla L. 833/78 consistente non solo nella informazione ma anche nella formazione di tutte le figure coinvolte nella prevenzione dei rischi e danni da lavoro: datori di lavoro e lavoratori, dirigenti, preposti, RLS, responsabili dei SPP, lavoratori, medici competenti, amministratori locali, magistrati ecc. ARPA (agenzia regionale prevenzione e ambiente). Negli anni ’90 tali agenzie hanno sostituito i PMP ( presidi multizonali di prevenzione). Mentre questi ultimi collaboravano strettamente con i le USL nel controllo e tutela dell’igiene ambientale e per la prevenzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali,attualmente l’ARPA, emanazione periferica del Ministero dell’ambiente si occupa esclusivamente dei problemi di igiene ambientale. ISPESL (istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro) L’ISPESL è stato istituito dalla L. 833/78, a seguito della soppressione dell’ENPI, come organo tecnico e scientifico del Ministero della Sanità. Esso è un centro nazionale di informazione, documentazione, ricerca e sperimentazione. Opera, su richiesta, per organismi pubblici e privati e per le imprese, in materia della tutela della salute e della sicurezza e benessere nei luoghi di lavoro. IGIENE DEL LAVORO 20 I RISCHI NEGLI AMBIENTI DI LAVORO Prima di introdurre l’argomento è bene riportare alcune definizioni preliminari. PERICOLO: così possiamo definire la proprietà potenzialmente causa di danno posseduta da una determinata entità ( composti chimici, agenti fisici, agenti biologici, condizioni particolari di lavoro ecc). RISCHIO: cosi viene definita la possibilità che un pericolo possa provocare danno effettivo in condizioni di impiego o di normale attività. Facciamo alcuni esempi. Un solvente dotato di elevata tossicità costituisce un pericolo: se questo viene utilizzato mediante un procedimento tecnologico a ciclo ermeticamente chiuso il rischio sarà assente. Questo subentra e progressivamente aumenterà parallelamente alla progressiva apertura del ciclo ed alla conseguente crescente possibilità di esposizione dei lavoratori. La corrente elettrica rappresenta un pericolo, tuttavia se l’impianto è a norma e l’utensile azionato elettricamente è normalmente dotato di tutti i dispositivi di sicurezza il rischio elettrico per il lavoratore è azzerato. Altro esempio può essere costituito dal lavoro in quota (pericolo) che non costituisce rischio se il lavoratore è regolarmente agganciato. Si deduce da quanto riportato che il rischio è un fattore percentuale che decresce in funzione della applicazione di norme preventive di sicurezza. Il RISCHIO inoltre deve essere considerato sotto un duplice aspetto quello della sicurezza e quello della salute. I RISCHI PER LA SICUREZZA possono riguardare la collettività dei lavoratori di una azienda come quelli legati a carenze di regolare presenza di vie di fuga in caso di improvvisa necessità (incendio), oppure quelli derivati dalla mancata applicazione delle norme antincendio. Inoltre possono riguardare il singolo lavoratore come avviene nel caso della mancanza di dispositivi di sicurezza su macchine o apparecchiature varie con conseguente possibilità di infortuni sul lavoro. 21 I RISCHI PER LA SALUTE sono rappresentati da fattori di rischio (chimici, fisici, biologici, biomeccanici, relazionali) in grado di provocare un danno alla salute acuto (infortunio) o cronico (malattia professionale); essi inoltre sono peculiari dell’ambiente di lavoro. CLASSIFICAZIONE DEI FATTORI DI RISCHIO DA LAVORO 1) Fattori di ordine chimico 2) Fattori di ordine fisico 3) Fattori di ordine biologico 4) Fattori legati al carico di lavoro ed alla postura (biodinamici) 5) Fattori legati alla organizzazione del lavoro(relazionali) Principali fattori di ordine chimico metalli (Pb, Hg, Cd, Cr, ecc.)ed altri elementi tossici(alogeni, As ecc.) solventi (idrocarburi alifatici ed aromatici semplici o alogenoderivati, idrocarburi tecnici, alcoli, acetati, chetoni, glicoli, eteri ); ammine alifatiche ed aromatiche ed altri nitrocomposti; antiparassitari agricoli (pesticidi); gas irritanti e gas tossici; polveri inorganiche ed organiche Principali fattori di ordine fisico radiazioni ionizzanti e radiazioni non ionizzanti; rumore; vibrazioni; microclima insalubre; luminosità; barotraumatismi Fattori di ordine biologico Virus, batteri, miceti, parassiti Fattori legati al carico di lavoro e alla postura lavoro fisico ( posture incongrue, sforzi muscolari eccessivi, movimenti ripetitivi ecc.) lavoro psichico Fattori legati alla organizzazione del lavoro turni antifisiologici, ritmi e tempi, pendolarismo, cottimo, monotonia, autoritarismo eccessivo 22 Gli eventi dannosi conseguenti alla esposizione ai fattori di rischio si distinguono nell’infortunio sul lavoro e nella malattia professionale . INFORTUNIO SUL LAVORO: lesione provocata da causa violenta in occasione di lavoro. La causa violenta è concentrata nel tempo cioè non superiore alla durata del turno di lavoro. Qualora l’infortunio comporti un astensione dal lavoro superiore ai tre giorni determina una inabilità temporanea a cui corrisponde una indennità giornaliera. In questo caso il datore di lavoro ha l’obbligo di inoltrare la denuncia all’INAIL entro il terzo giorno MALATTIA PROFESSIONALE: sono le malattie causate dai fattori di rischio sopramenzionati (rischi per la salute). In tal caso il fattore di rischio agisce in un arco di tempo più o meno lungo ed in genere è nota la sua presenza tanto che, nei casi previsti dalla legge (rischi tabellati), il datore di lavoro deve pagare un premio assicurativo suppletivo. Oltre che per le malattie causate da rischi tabellati, esiste l’obbligo della denuncia, da parte del medico che le riscontra per la prima volta, anche per le malattie professionali comprese nell’elenco allegato al D.M. 18/4/73 Da rammentare che oltre alle malattie professionali causate dai rischi tabellati, esiste la possibilità di ottenere l’indennizzo anche per quelle non tabellate (sentenza 179 e 206/88 della Corte Costituzionale) con la differenza che, in quest’ultimo caso, l’onere della prova è a carico del lavoratore. LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO: significato e metodologia La valutazione del rischio consiste nella valutazione globale delle probabilità che i fattori di rischio presenti nell’ambiente di lavoro costituiscano un reale possibilità di arrecare danni alla salute o interferiscano sulla sicurezza dei lavoratori. L’obiettivo della valutazione del rischio è quello di consentire al datore di lavoro di prendere gli opportuni provvedimenti necessari alla salvaguardare la salute e la sicurezza dei lavoratori. Deve pertanto essere valutata la esistenza ed il livello del rischio (risk assessment) La valutazione dei rischi come abbiamo precedentemente sottolineato è, per ogni realtà lavorativa, obbligatoria a seguito dell’applicazione del D.L. 626/94, sia nei confronti del 23 rischio per la sicurezza che di quello per la salute. La valutazione del rischio sta alla base della prevenzione primaria (prevenzione ambientale) che raggiunge lo scopo attraverso: - la ricerca e la individuazione dei rischi - la quantificazione degli stessi - il loro confronto con i valori limite - la bonifica dell’ambiente di lavoro - il monitoraggio ambientale (risk management) La ricerca dei fattori di rischio La ricerca e la individuazione di fattori di rischio è indispensabile in quanto, se non si conosce esattamente il rischio specifico in tutte le sue dimensioni, è ovvio sarà pressoché impossibile applicare le fasi successive della prevenzione, per cui saranno necessari: - personale esperto e preparato - conoscenza delle tecnologie - esperienza nella valutazione del rischio fisico, chimico, biologico, biomeccanico e relazionale - conoscenza della composizione chimica dei materiali impiegati, degli intermedi e dei prodotti finiti. Esistono metodologie varie da seguire nella valutazione dei rischi, basate in genere su check list. Il rischio può essere riscontrato assente oppure, in altri casi può essere ritenuto accettabile, tenendo conto che la accettabilità del rischio è normalmente fissata ad un livello tale da non causare danno alla maggior parte dei lavoratori esposti per un determinato tempo. In casi estremi sarà necessario valutare il rapporto costi/benefici. Il rischio poi andrà gestito (risk management), cioè andranno presi tutti i provvedimenti rivolti a minimizzare il rischio e/o il danno e andrà effettuato anche un monitoraggio ambientale mediante la quantificazione periodica dei vari fattori di rischio tutte le volte 24 che si ritenga avvenuta una variazione degli stessi oppure a periodicità opportunamente stabilite. Secondo quanto stabilito nel 1984 da un gruppo di lavoro internazionale formato da esperti del NIOSH, dell’OSHA e della Commissione Salute e Sicurezza della CEE, per “monitoraggio” si intende la “sistematica, continua o ripetuta attività mirata ai fini della salute e progettata per portare, se necessario, ad azioni correttive” e per Monitoraggio Ambientale si intende “ la misura e la valutazione degli agenti lesivi per la salute negli ambienti di lavoro e la valutazione della esposizione e dei rischi per la salute ad essa associati utilizzando appropriati limiti di riferimento”. Le molteplici finalità del monitoraggio ambientale possono così essere riassunte: -verifica delle condizioni di inquinamento dell’ambiente di lavoro in rapporto a valori limite stabiliti dalla normativa italiana (D.Lgs.277/91) oppure in rapporto a limiti di consenso quali i TLV dell’ACGIH -studio della correlazione tra le concentrazioni di uno o più inquinanti presenti nell’ambiente di lavoro e la dose nei fluidi biologici dei lavoratori esposti (monitoraggio biologico) -verifica della efficacia di eventuali misure ambientali - controllo dello stato di efficienza dei vari sistemi di abbattimento e verifica di eventuali variazioni - istituzione di un archivio di dati ambientali utili per risalire a possibili rapporti di causa-effetto tra una patologia eventualmente denunciata da uno o più lavoratori e la esposizione documentata -istituzione di un libretto individuale di rischio che riporti i valori di esposizione per ogni singola mansione nel tempo. La quantificazione dei rischi 25 Riportiamo sommariamente le modalità di quantificazione dei fattori di rischio di ordine fisico in quanto una esposizione più approfondita dell’argomento compete alla formazione specialistica. Si ritiene tuttavia opportuno soffermarci maggiormente sulla quantificazione del rischio chimico e da polveri. Rischio fisico. La quantificazione della rumorosità ambientale viene effettuata mediante fonometria attenendosi alle disposizioni previste dal D.Lgs.277/91 e i valori vengono espressi come valori integrati in riferimento alla giornata ( LEP d) o alla settimana lavorativa (LEPw). La quantificazione della esposizione a radiazioni ionizzanti viene valutata dall’esperto qualificato (sorveglianza fisica) mediante valutazioni e controlli ambientali e valutazioni delle dosi individuali assorbite dai lavoratori radioesposti. Sono inoltre quantificabili le esposizioni a vibrazioni, a radiazioni non ionizzanti, a microclima insalubre, ad agenti biologici (batteri, miceti) e a fattori biomeccanici. Rischi da agenti chimici e da polveri DEFINIZIONI dello stato degli inquinanti areodispersi fumo: dispersione in aria di particelle solide (diametro da 0,001 a 10 micron) provenienti o dalla combustione incompleta di sostanze carboniose o dalla sublimazione di sostanze gassose, prodotte dalla volatilizzazione di sostanze surriscaldate nebbia: dispersione in aria di goccioline di liquido (diametro 2 - 50 micron) provenienti dalla condensazione di vapori saturi o dalla diretta nebulizzazione di liquidi. polveri: dispersione in aria di particelle solide, di diametro molto variabile, provenienti dalla movimentazione di solidi preesistenti allo stato polverulento. n.b. il fumo ha una granulometria stretta mentre la polvere, a causa del suo processo di formazione, ha granulometria più ampia. aerosol: miscela bifasica con una fase disperdente aeriforme ed una fase dispersa liquida o solida, avente un certo carattere di stabilità. Distinguiamo due tipi fondamentali di aerosol: a) di dispersione: polveri, spray b) di condensazione: fumi, nebbie. Polveri: particelle solide che si liberano a seguito di lavorazioni meccaniche, distinguibili in granulari, quando sono grossolanamente comparabili ad una sfera ed in fibrose, quando hanno 26 una forma allungata, con lunghezza superiore ai 5 micron e con rapporto lunghezza - larghezza maggiore di 3. Per POLVERE TOTALE si intende l'insieme di particelle solide che si liberano a seguito di lavorazioni meccaniche, che rimangono sospese nell'aria il tempo sufficiente per essere inalate. La granulometria delle polveri totali varia tra valori al di sotto del micron ad alcune decine di micron. Per POLVERE INALABILE (totali)si intende l'insieme di particelle che rimangono sospese nell'aria il tempo sufficiente per essere inalate. Esse si suddividono in : FRAZIONE EXTRATORACICA: quella che non penetra il laringe FRAZIONE TORACICA:quella che penetra oltre il laringe FRAZIONE TRACHEOBRONCHIALE:quella che penetra oltre il laringe, ma non raggiunge le vie respiratorie non cigliate FRAZIONE RESPIRABILE: quella che penetra le vie respiratorie non cigliate Per POLVERE RESPIRABILE si intende pertanto definire la frazione inferiore ai 5 micron che non viene trattenuta da un PRESELETTORE di particolari caratteristiche come vengono sotto riferite: diametro in % che attraversa il micron preselettore 2 90 2,5 75 3,5 50 5 25 10 0 QUANTIFICAZIONE DEI COMPOSTI CHIMICI AERODISPERSII Si attua mediante campionamento e analisi. Esistono diverse metodiche di campionamento. a)metodiche nelle quali l'analisi viene eseguita in un momento successivo a quello della raccolta del campione per cui occorre poter disporre di un laboratorio attrezzato: 1-Campionamento Diretto (raccolta di un campione d'aria) 2-Campionamento con Concentrazione 3-Campionamento per Diffusione (diffusione passiva) b)metodiche in cui l'analisi viene eseguita all'atto stesso del campionamento: 1) - Impiego di Fiale Rivelatrici 2) - Dispositivi di analisi Automatici(in continuo) Considerando la durata del prelievo si possono considerare tre tipi di campionamento: 27 A) Campionamento istantaneo (determina la concentrazione dell'inquinante al momento del prelievo): 1) Campionamento diretto 2) Campionamento con fiale rivelatrici Entrambi i metodi di campionamento permettono di valutare la concentrazione reale del tossico nell’aria in quel determinato momento B) Campionamento integrato o per concentrazione (determina i valori medi dell'inquinante prelevato in periodi variabili): 1) Campionamento per Concentrazione o integrato 2) Campionamento per Diffusione Nella pratica avviene spesso che durante il periodo in cui si svolge il campionamento integrato si rende necessaria la esecuzione di campionamenti istantanei per evidenziare eventuali picchi di concentrazione. C) Campionamento continuo (permette di effettuare il rilievo delle concentrazioni dell'inquinante nel tempo in continuo). Utilizzato anche per valutare l’inquinamento urbano. Metodi di Campionamento Diretto a) Campionatori a volume fisso: ad es. campionatori sotto vuoto b) Campionatori a volume variabile: ad es. siringhe da gas,sacche di plastica ecc. Metodi di Campionamento con Concentrazione (Integrato) mediante l’impiego di una pompa dotata di flussimetro e contalitri viene aspirata l’aria dell’ambiente per un periodo di tempo significativo( ad esempio per un ciclo produttivo). L’aria aspirata dalla pompa passa attraverso un sistema che trattiene l’inquinante che, in un secondo tempo, verrà dosato in laboratorio: 1) assorbimento fisico : gorgogliatori in serie (l’inquinante si scioglie nel liquido contenuto nei gorgogliatori). 2) adsorbimento: filtri a carbone attivo, gel di silice, allumina Metodi di campionamento per Diffusione Campionatori passivi che consistono in apposito campionatore che, posto al livello della zona di respirazione (bavero della tuta) viene attraversato dall’aria trattenendo una quantità di inquinante proporzionale alla sua concentrazione : in seguito, dopo estrazione, il tossico viene dosato in laboratorio mediante metodiche opportune(gascromatografiche oppure in cromatografia liquida). Il campionamento può essere eseguito in varie posizioni dell'ambiente di lavoro mediante: Linea di prelievo fissa: a)dispositivo di captazione b)pompa dotata di flussimetro e contalitri, oppure mediante Campionatori individuali, consistenti in piccola pompa fissata alla cintura del lavoratore collegata alla fialetta di carbone attivo fissata al bavero del lavoratore in modo tale da dosare l'inquinante aerodisperso a livello della zona di respirazione. fiale rivelatrici:si basano su reazioni cromatiche caratteristiche fra l'inquinante ed opportuni reattivi contenuti nella fiala analizzatori automatici in continuo: attualmente sono disponibili solo per un numero limitato di inquinanti (CO,SO2,NOx,O3 ecc.) DETERMINAZIONE DELLE POLVERI a) Campionamento Numerico: si attua mediante l’impiego di svariate metodiche che hanno la finalità di trattenere su un vetrino da microscopio il quantitativo di polveri contenuto nell’aria che ha attraversato il sistema utilizzato. Dopo lettura al microscopio le polveri vengono espresse in pp/cm3 b) Campionamento Ponderale: viene utilizzata una pompa come per il campionamento dei tossici per concentrazione ed il quantitativo di polvere trattenuto da una membrana - filtro applicata all’ingresso dell’aria aspirata dalla pompa viene dosato per pesata. Mediante l'impiego dei campionatori è possibile, utilizzando un apposito preselettore, determinare anche la sola frazione inalabile. Le polveri vengono espresse in mg/m3 ANALISI DELLE POLVERI A) Nel caso del prelievo numerico la conta delle particelle verrà effettuata al microscopio in campo chiaro. La percentuale delle particelle di silice cristallina si effettua al microscopio a contrasto di fase utilizzando una miscela diafanizzante di aldeide cinnamica e dimetilformamide. Con l'analisi del quarzo a contrasto di fase si possono determinare anche la tridimite e la cristobalite. Le particelle di quarzo al contrasto di fase assumono un colore azzurro. Vengono solitamente conteggiate le particelle di 28 diametro compreso tra 0'5 e 5 micron. Il contrasto di fase viene utilizzato anche per il conteggio delle fibre di amianto. B) Nel caso di prelievo ponderale i filtri a membrana vengono sottoposti a diffrattometria a raggi X per il calcolo della percentuale in quarzo. Tale analisi può essere praticata sulle polveri totali e su quelle inalabili. LIVELLI MASSIMI AMMISSIBILI Per esprimere un giudizio sul significato, ai fini della sicurezza dei lavoratori, delle concentrazioni delle sostanze tossiche riscontrate negli ambienti di lavoro dobbiamo ricorrere al loro confronto con i cosiddetti livelli massimi ammissibili. Si è posto dunque il problema di verificare e stabilire a quali concentrazioni i lavoratori potessero rimanere esposti senza avere danni alla salute. In attesa di una lista ufficiale europea attualmente si fa riferimento ai pochi valori limite stabiliti dalla normativa italiana(D.Lgs.277/91) oppure a limiti di consenso quali i TLV dell’ACGIH I TLV (threshold limit value)stabiliti dalla associazione degli igienisti industriali americani (ACGIH) rappresentano concentrazioni medie per un turno di lavoro e si ottengono moltiplicando le varie concentrazioni per i tempi di esposizione e dividendo il prodotto così ottenuto per la durata di un turno lavorativo. I TLV vengono stabiliti in base ai dati più attendibili ricavati dalla esperienza in campo industriale, ai risultati di ricerche sperimentali sull'uomo e sull'animale ed alla combinazione di questi elementi di giudizio.Tali valori vengono sottoposti a revisione annuale.Secondo l'ACGIH vengono stabiliti 3 tipi di TLV: TLV-TWA(valore limite di soglia media ponderata nel tempo): E' la concentrazione media ponderata per una giornata lavorativa di 8 ore ,per 40 ore settimanali e per l'arco della vita lavorativa a cui quasi tutti i lavoratori possono essere sottoposti ripetutamente senza effetti negativi.Se la esposizione umana o animale ad alte concentrazioni non ha messo in evidenza effetti tossici sono ammesse escursioni per esposizioni di breve durata che possono superare un valore pari a tre volte il TLV-TWA per non più di 30 minuti complessivi durante la giornata lavorativa e, in nessun caso, un valore pari a 5 volte il TLV-TWA, sempre nel presupposto che questo non venga superato. TLV-STEL (valore limite di soglia per breve tempo di esposizione): E' la concentrazione a cui i lavoratori possono essere esposti continuativamente per un breve periodo di tempo senza che insorgano irritazione, alterazione cronica o irreversibile del tessuto, narcosi di grado sufficiente ad accrescere le probabilità di infortuni o menomare le capacità di mettersi in salvo o di ridurre materialmente l’efficienza lavorativa, purché il TLV-TWA 29 giornaliero non venga superato. Le esposizioni al valore STEL non devono superare i 15' per più di 4 volte al di (fra due esposizioni successive devono intercorrere almeno 60'). TLV-C (valore limite di soglia, ceiling) E' la concentrazione che non deve essere superata durante l’attività lavorativa, neppure istantaneamente. TLV di miscela In un ambiente di lavoro il più delle volte si trovano contemporaneamente presenti più inquinanti. In tali situazioni i TLV, pur contenendo coefficienti di sicurezza, devono essere valutati in rapporto a FATTORI di CORREZIONE. Ad eccezione di eventuali effetti antagonisti viene applicata la seguente formula: C1/T1 + C2/t2 +C3/T3 +.........Cn/Tn ≤ 1 Dove C1 e C2 sono le concentrazioni ambientali degli inquinanti presenti e T1 e T2 sono i rispettivi TLV. ESEMPIO: L'aria di un ambiente di lavoro contiene 400 ppm di Acetone(TLV=750ppm), 150 ppm di Acetato di Butile (TLV=200ppm) e 100ppm di Butanone (TLV=200ppm): 400/750=0,53 150/200=0,75 100/200=0,50 0,53+0,75+0,50 = 1,78 il TLV di miscela è superato! I valori TLV si possono esprimere sia in ppm che in mg/m3. Conoscendo il peso molecolare, mediante la applicazione della seguente formula, possiamo trasformare un valore nell'altro: mg/m3 x 24,45 -------------------------- =valore in ppm peso molecolare ppm x peso molecolare ------------------------------- = valore in mg/m3 24,45 La PREVENZIONE AMBIENTALE non deve rappresentare, ovviamente, un intervento trasversale, bensì longitudinale attraverso il MONITORAGGIO AMBIENTALE dei fattori di rischio, che consiste nel controllo periodico dei fattori di rischio nell' ambiente di lavoro. Il MONITORAGGIO AMBIENTALE è necessario per i vari motivi che modificano le condizioni di rischio da lavoro quali: - modificazioni dei cicli tecnologici - impiego di nuovi materiali o eliminazione di altri 30 - aumento dei carichi di lavoro, dei tempi di lavoro, della produttività ecc. Il MONITORAGGIO BIOLOGICO invece mira al controllo della entità del rischio, mediante la valutazione di indicatori biologici specifici. Con il termine di monitoraggio biologico dei rischi da lavoro intendiamo indicare il controllo periodico dei lavoratori esposti al rischio di intossicazione professionale mediante la ricerca di due tipi di indicatori biologici: - INDICATORI DI DOSE - INDICATORI DI EFFETTO Gli indicatori di dose, meglio definibili indicatori di esposizione, forniscono informazioni sulla avvenuta esposizione e sulla entità della stessa. Essi esprimono la dose interna del tossico ovvero la quantità di tossico assorbita dal soggetto esposto, nell’espletamento della sua mansione nell’arco del turno di lavoro, attraverso tutte le vie di penetrazione (respiratoria, cutanea digerente).La dose interna è in funzione anche di altri fattori, oltre alla entità della esposizione, dipendendo anche dal carico di lavoro, da fattori individuali interferenti sulla tossicocinetica, da alterazioni funzionali degli organi ecc. Una sostanza tossica una volta assorbita può subire le seguenti trasformazioni: - venire completamente degradata (es. acetato di etile) - venire trasformata in metaboliti comunemente presenti nelle urine ( toluene) - venire trasformata in metaboliti peculiari (xilene, stirene,t ricloroetilene) - venire trasformata in composti non noti Gli indicatori di dose pertanto consistono nel dosaggio dell'agente nocivo, o di eventuali suoi metaboliti, nel sangue, nelle urine, nelle feci, nel sudore, nel latte, negli annessi cutanei o nell'aria espirata. Fornendo alcuni esempi, nel caso di esposizione a metalli e loro composti il dosaggio del metallo nel sangue o nelle urine rappresenta l'indicatore di dose e tale valore, e per alcuni di essi (Cromo), se determinato a settimana lavorativa inoltrata, presenta spesso una correlazione con la concentrazione del tossico presente nell'ambiente di lavoro. Nei confronti della esposizione a solventi o ad altri tossici di natura organica si possono dosare i tossici come tali oppure i loro metaboliti nel sangue e nelle urine. Per i solventi come per altri tossici volatili, è possibile eseguire il dosaggio del tossico direttamente nell’aria espirata. Gli indicatori di effetto biologico ra ppresentano variabili che esprimono l'effetto del fattore nocivo su un sistema biologico (ad esempio la variazione di una attività enzimatica valutabile 31 direttamente o indirettamente attraverso gli effetti indotti). Gli "Indicatori di Effetto Biologico" sono tanto più validi quanto più sono in grado di svelare modificazioni precoci e completamente reversibili. Gli indicatori di effetto a loro volta sono distinti in: 1) Indicatori di effetto subcritico che sono in grado di valutare l’effetto della esposizione ad un tossico quando ancora non si sono verificate alterazioni cellulari, ad esempio l’ALA-deidrasi nella esposizione a Pb 2) Indicatori di effetto critico che evidenziano effetti biologici precoci, tuttavia ancora reversibili; ad esempio la Protoporfirina IX e l’ALAU sempre nella esposizione a PB In tale modo il MONITORAGGIO BIOLOGICO costituisce un intervento di ordine preventivo nel vero senso del termine. ESEMPI DI INDICATORI DI EFFETTO BIOLOGICO Esposizione al piombo dosaggio dell'enzima ALA-DeidratasiI (ALAD)nel sangue. ,, dell'ALA nelle urine (ALAU) ,, della Protoporfirina IX (EP) nel sangue. ,, della Zncoprotoporfirina(ZPP) nel sangue. ,, della Coproporfirina III (CP) nel sangue. esposizione al cadmio: dosaggio della Beta-2-Microglobulina (urine) esposizione ad anticolinesterasici Acetil-Colinesterasi Eritrocitaria (Ache) nel sangue Pseudocolinesterasi plasmatica (Pche) nel sangue. Esterasi Neurotossica (NTE) nei linfociti Esposizione ad induttori enzimatici Gamma-G-T (sangue) Acido-D-Glucarico (urine) Isoenzimi Gamma -G-T (sangue) 6-Beta-Idrossicortisolo( urine) Test alla Antipirinasaliva) Al fine di dare una interpretazione ai livelli di esposizione i valori degli indicatori di dose e di quelli di effetto vanno rapportati a valori limite occupazionali cioè riferiti alla esposizione professionale. La normativa italiana ha stabilito tali limiti solo per alcuni tossici (piombo, protossido di azoto, alotano) per cui si fa di solito riferimento ai valori definiti dall’ACGIH chiamati IBE ( indice biologico di esposizione), che rappresentano i valori del livello dell’indicatore che, con elevata probabilità, è possibile riscontrare in campioni prelevati su lavoratori esposti a livelli di concentrazione nell’aria dell’ordine del TLV-TWA. 32 Con il termine Valore di Riferimento invece si intende il valore di un determinato indicatore ottenuto dalla elaborazione statistica dei risultati del suo dosaggio in campioni biologici prelevati da una popolazione o da un gruppo di riferimento, costituito da soggetti non esposti in modo abnorme alla sostanza in esame per ragioni lavorative, ambientali o abitudinarie. LE CONDIZIONI ESSENZIALI PER PROGRAMMARE IL MONITORAGGIO BIOLOGICO DI UN TOSSICO SONO: - una dettagliata conoscenza del metabolismo della sostanza nell'organismo umano e delle alterazioni che questa causa a carico dell'organo critico - esistenza di indicatori biologici - possibilità di ottenere agevolmente il materiale biologico più adatto - esistenza di metodi analitici attendibili - conoscenza delle relazioni Dose - Effetto Sfortunatamente per numerosi tossici di ordine lavorativo tali requisiti non sono sufficientemente noti (vedi cancerogeni, allergizzanti ecc.) Per una applicazione pratica di un programma di monitoraggio biologico è necessario conosere: - il comportamento degli indicatori utilizzati in relazione alla esposizione considerando in particolare: entità, continuità, durata, intervallo tra termine della esposizione e determinazione del parametro. - tutti i fattori fisiologici e patologici, indipendenti dalla esposizione, che possono modificare i livelli degli indicatori (età, sesso, gravidanza, menopausa, stato di nutrizione, anomalie metaboliche ereditarie, malattie intercorrenti, assunzione di farmaci, abitudini alimentari, assunzione di alcoolici, fumo di tabacco ecc.) - esposizione contemporanea a tossici in grado di influenzare vicendevolmente la loro cinetica ( es. Toluene e Benzene; Xilene e MEK) - eventuale presenza di fattori ambientali di ordine chimico che inibiscono o aumentano l'attività degli enzimi che metabolizzano i tossici. Il monitoraggio biologico dei rischi chimici va eseguito anche in presenza di esposizione potenziale, cioè tutte le volte in cui si ha la presenza di fattori di rischio nel ciclo produttivo, anche se è stato dimostrato il rispetto dei livelli di sicurezza, in quanto ciò non garantisce che una parte dei lavoratori possa manifestare effetti biologici sfavorevoli. Anche in ambienti considerati "sicuri" i livelli di sicurezza possono talora essere superati anche più volte nella stessa giornata in rapporto a particolari situazioni legate a fattori diversi (assorbimento dei tossici per vie diverse da quella respiratoria, spostamenti nell'ambiente di 33 lavoro, cause accidentali, manovre errate, cause extralavorative.) Dobbiamo inoltre sottolineare come il controllo biologico preventivo individuale vada sempre preceduto dalla conoscenza diretta e completa del ciclo produttivo, dei materiali impiegati, degli intermedi e dei prodotti finiti e ciò al fine di arrivare alla esatta conoscenza di ogni rischio potenziale. BONIFICA AMBIENTALE e successiva verifica (sono necessari impiantisti esperti). La importanza di una corretta progettazione ai fini preventivi è indubbia, in quanto, se gli aspetti preventivi vengono presi in considerazione nella fase di progettazione dell' insediamento produttivo, essi risulteranno sempre meno onerosi e più efficaci di certe misure di ripiego applicate in ambienti costruiti senza criteri preventivi POSSIBILI INTERVENTI PER LA ELIMINAZIONE DELL'INQUINAMENTO NEGLI AMBIENTI DI LAVORO a) interventi alla sorgente - eliminazione della sostanza nociva - modifica del processo produttivo - modifica all'impianto(ciclo chiuso) - modifica alla organizzazione del lavoro a)manutenzione b) pulizia c) controllo dei ritmi di produzione b) interventi sulla propagazione - aspirazione localizzata - ventilazione generale - modifica alla organizzazione del lavoro a)spazio b) lay-out c) interventi sull'uomo 1) modifica alla organizzazione del lavoro a) riduzione del tempo di esposizione b) eliminazione del cottimo 2) chiusura in cabine 3) dispositivi di protezione individuale (DPI) ABBATTIMENTO DEGLI INQUINANTI 1)Abbattimento di Polveri, Fumi e Nebbie a- cicloni e camere di sedimentazione b- filtri a tessuto c- filtri elettrostatici d- lavaggio con acqua 2) Abbattimento di Gas e Vapori a- lavaggio (assorbimento) b- adsorbimento (carbone attivo) c- combustione termica d -combustione catalitica La prevenzione dei rischi e danni da lavoro viene pertanto distinta in: - Prevenzione Primaria o Prevenzione Ambientale il cui obbiettivo è quello di abolire o quantomeno ridurre il rischio - Prevenzione Secondaria o Medica che in genere è in grado di ridurre soltanto 34 il danno e consiste nella idoneità preassuntiva alla mansione, nella formazione specifica, nella sorveglianza sanitaria periodica (diagnosi precoce), nel cambiamento di mansione e nella idoneità con prescrizioni. PREVENZIONE MEDICA e' quasi sempre Prevenzione Secondaria. In certi casi tuttavia, oltre alla DIAGNOSI PRECOCE (che non è più prevenzione), possono essere colte situazioni, riferibili a modificazioni prodotte dal fattore di rischio, che rientrano ancora nell'ambito "fisiologico" e pertanto sono ancora completamente reversibili. In tale caso, come anche nel caso di condizioni di ipersuscettibilità al rischio lavorativo riscontrata in occasione della prima visita di idoneità al lavoro, la prevenzione medica può coincidere con la prevenzione primaria. La PREVENZIONE MEDICA si articola in: 1) PRIMA VISITA di IDONEITA' (visita di preventiva) 2) SORVEGLIANZA SANITARIA (visita periodica) 3) MONITORAGGIO BIOLOGICO L'intervento medico il più' delle volte è OBBLIGATORIO per LEGGE Le fasi della prevenzione medica, rappresentate dalle visite mediche e dal monitoraggio biologico, spesso, nella pratica, sono concomitanti, anche se devono essere tenute distinte per importanza e finalità. La SORVEGLIANZA SANITARIA mira infatti ad evidenziare la assenza di modificazioni dello stato di salute, magari (ma non sempre) in fase preclinica e reversibile, al fine di verificare la IDONEITA' a proseguire il lavoro a rischio. La esecuzione del MONITORAGGIO BIOLOGICO ovviamente non esclude dall'obbligo di effettuare le VISITE PERIODICHE della sorveglianza sanitaria previste dalla Legge. La Visita di AVVIAMENTO AL LAVORO (prima visita di idoneità o visita di preventiva) deve essere corredata degli esami clinici , strumentali e laboratoristici necessari ad individuare condizioni di NON IDONEITA' a svolgere il lavoro a rischio, sia assolute che relative. 35 Le Le VISITE PERIODICHE o di sorveglianza devono essere eseguite con periodicità che varia in funzione dei diversi fattori di rischio e della loro intensità. Tali visite hanno lo scopo di individuare sia alterazioni provocate dai rischi professionali, sia situazioni patologiche insorte per cause indipendenti dal rischio ma che rappresentano motivo di non idoneità'. La visita medica periodica, intesa come rilievo della anamnesi ed obbiettività clinica da parte del Medico Competente (cioè dallo Specialista in Medicina del Lavoro) deve essere eseguita con periodicità prevista dalla normativa vigente. La visita medica periodica non può sostituire la esecuzione del monitoraggio biologico. TOSSICOLOGIA INDUSTRIALE Studia gli effetti dei composti chimici impiegati nella industria ed in particolare: assorbimento, accumulo, metabolismo, escrezione, meccanismi di azione, interazioni con altre sostanze, diagnostica delle intossicazioni, terapia, monitoraggio biologico. E' definito TOSSICO ogni sostanza che può produrre, come tale o attraverso i suoi metaboliti, effetti dannosi su un sistema biologico. Per TOSSICITA' pertanto si intende la capacità di una sostanza di provocare effetti nocivi nell'organismo. Secondo Paracelso "tutte le sostanze sono velenose, non esiste nessuna sostanza che non sia un veleno. La giusta dose distingue il veleno dalla medicina". Viene definito RISCHIO la probabilità con la quale si avrà un effetto tossico secondo le condizioni di impiego di una determinata sostanza. Si definisce ORGANO CRITICO il primo organo in cui il tossico raggiunge la concentrazione critica, cioè la concentrazione alla quale le cellule più sensibili dell'organismo subiscono alterazioni reversibili o irreversibili. Si ha ACCUMULO si quando la quantità di tossico assorbita supera quella escreta. TIPO DI INTOSSICAZIONE 1) Locale: l’effetto del tossico è indotto esclusivamente nel primo punto di contatto es.: ingestione di caustici → tubo digerente, corrosivi → cute, gas e vapori irritanti→ albero respiratorio e mucose. 2) Generale o sistemica: i danni si esplicano solo dopo assorbimento e distribuzione del tossico e sono prevalenti nell’organo bersaglio, cioè in quell’organo o tessuto o 36 apparato in cui viene, per primo, raggiunta la concentrazione critica del tossico (organo critico). L’effetto si definisce reversibile quando scompare con il cessare della esposizione; irreversibile quando permane o si accentua al termine della esposizione. FORME DI INTOSSICAZIONE 1) ACUTA: breve esposizione, rapido assorbimento(la dose può essere unica o assunta in più riprese nell’arco delle 24 h.), rapida sintomatologia (ad eccezione di alcuni irritanti respiratori quali il fosgene o gli ossidi di N), rapido esito in morte o guarigione 2) SUBACUTA: esposizioni a dosi non capaci di produrre una intossicazione acuta, ripetute nel corso di diversi giorni o settimane, prima che compaiono i sintomi della intossicazione. 3) CRONICA: esposizioni ripetute in un lungo periodo di tempo può avvenire: a) per accumulo del tossico: (la quantità eliminata è inferiore a quella introdotta) i segni della intossicazione compaiono quando il tossico raggiunge la concentrazione critica nell’organo bersaglio. b) per accumulo di effetto : cioè per gli effetti provocati dalle esposizioni ripetute e prolungate nel tempo, senza che il tossico venga accumulato Effetti acuti possono conseguire ad una assunzione del tossico qualora intervengano condizioni particolari (ad es. DDT accumulato o Pb accumulato e condizioni di rapida cessione) Effetti cronici possono seguire una intossicazione acuta grave(CO) o lieve (neuropatia ritardata da anticolinesterasici) ASPETTI QUANTITATIVI DELLA TOSSICITA’ Essi riguardano le dosi. Per DOSE, nella sperimentazione tossicologica, si intende la quantità di sostanza chimica somministrata per una determinata via, espressa per unità di peso corporeo(mg/kg) e, nella tossicità cronica, espressa anche per unità di tempo di durata della somministrazione (mg/kg/die oppure mg/m3x ore). Per convenzione si intende che il turno lavorativo sia di 8 ore. La quantità di aria che in media un soggetto respira in 8 ore è di circa 10 metri cubi, ne deriva che la dose per via inalatoria può approssimativamente essere espressa come quantità di tossico 37 per m3 di aria (concentrazione ambientale) moltiplicata per la durata della esposizione e per il volume di aria inspirato , da cui: mg/m3 x 8 ore x 10 m3/ 8ore. Questa è la dose esterna , rappresentante la contaminazione ambientale, e che è differente dalla DOSE INTERNA, che rappresenta la quantità di tossico realmente assorbita, reperibile negli organi interni, nei tessuti e negli escreti. EFFETTO: viene così definita una modificazione biologica a livello individuale che consegue ad un determinato livello di esposizione o di dose RISPOSTA: si intende la percentuale di popolazione che ha sviluppato quel determinato effetto conseguente ad una specifica dose o livello di esposizione. CURVA DOSE/EFFETTO: modificazione biologica individuale conseguente ad un determinato livello di dose. Graficamente si evidenzia con una curva a concavità positiva o negativa. Essa può essere con soglia di effetto o con soglia di dose. CURVA DOSE/RISPOSTA: rappresenta la relazione tra la dose e la percentuale della popolazione che risponde ad essa con un particolare effetto. Graficamente si presenta con curva ad S italica. L’andamento della curva dimostra che esiste una dose bassa alla quale nessuno degli individui risponde, ed una dose alta alla quale tutti gli individui manifestano quella determinata modificazione. DOSI e SOGLIE di NON EFFETTO Esiste per ogni tossico una dose alla quale nessuno degli animali trattati risponde, cioè una dose alla quale il trattamento è risultato inefficace: Dose Efficace = 0% (DE0) ed esiste una dose alla quale tutti gli animali trattati rispondono: Dose Efficace = 100% (DE100) Qualora il tossico venga inalato si determina la Concentrazione Efficace (CE). Quando l’effetto tossico è la morte allora la dose viene definita Dose Letale(DL) e, se il tossico viene assorbito per via inalatoria si parla di Concentrazione Letale (CL). Col termine di NOAEL (No Observed Adverse Effect Level) si esprime il livello di dose senza effetto nocivo . L’effetto “adverse” o nocivo è quello capace di causare, promuovere o facilitare e/o aggravare una compromissione sia strutturale che funzionale, sottintendendo come questa 38 compromissione sia potenzialmente capace di abbassare la qualità della vita, determinare la insorgenza di una malattia invalidante o condurre a morte prematura(Sherwin 1983). Nella prevenzione, cioè nella tossicologia professionale, il termine di “adverse” deve fare riferimento alla compromissione dello stato di salute e pertanto deve consistere in una alterazione precoce, reversibile, capace di predire il manifestarsi di evidenti segni e sintomi di compromissione della salute, così da potere permettere di promuovere interventi di prevenzione per evitare una malattia manifesta ed un possibile stato di invalidità(Sherwin 1983). Nella seguente sequela di effetti: 1)effetti non osservati, 2) effetti compensatori, 3) effetti precoci di dubbio significato, 4)compromissione della salute in fase precoce, 5) malattia manifesta gli effetti cominciano a diventare “adverse” tra il punto 2 ed il 3. Terminologia: DE50: Dose Efficace per il 50% degli animali. DL50: Dose Letale per il 50% degli animali. CE50: Concentrazione Efficace per il 50% degli animali. Riferita ad una sostanza aerodispersa. CL50: Concentrazione Letale per il 50% degli animali. ADI : Acceptable Daily Intake:rappresenta la quantità di tossico assorbita giornalmente che non provochi effetti nocivi. NOAEL: No Observed Adverse Effect Level LOAEL : Lowest Observed Adverse Effect Level TOSSICOCINETICA Per la valutazione delle proprietà tossicologiche di un agente chimico è necessario anzitutto conoscere le vie di penetrazione, le modalità di assorbimento, di distribuzione nell’organismo, gli interventi metabolici che lo coinvolgono, l’eventuale accumulo, la escrezione e la velocità con la quale questi processi si svolgono. VIE DI PENETRAZIONE DEI TOSSICI orale, inalatoria, cutanea, mucosa, parenterale ASSORBIMENTO 39 Qualsiasi sia la via di introduzione, le sostanze per penetrare nell’organismo e venire in tal modo assorbite, devono attraversare delle membrane biologiche. Una volta assorbita, la sostanza viene distribuita nei liquidi corporei per arrivare agli organi bersaglio e soprattutto all’organo critico. Diverse sono le barriere biologiche che lo xenobiotico deve attraversare: cute, membrana alveolare, epitelio gastrointestinale, la barriera ematoencefalica, le membrane che racchiudono il sangue e gli altri fluidi, le membrane cellulari e quelle intracellulari. Sotto l’aspetto strutturale le membrane biologiche possono essere distinte in quattro tipi: a) quelle composte di vari strati di cellule(cute) b) quelle composte da un singolo strato di cellule(epiteli alveolare ed intestinale) c) quelle di spessore più piccolo di una cellula singola (membrane cellulari) d) quelle che circondano le strutture intracellulari Le membrane biologiche sono formate da uno strato bimolecolare di lipidi nel quale sono immersi molti tipi di proteine, hanno uno spessore di 50-100 Amstrong, le membrane non sono continue presentando molte porosità imbibite d’acqua(pori acquosi o canali ionici) del diametro inferiore all’Amstrong. La velocità di diffusione delle sostanze chimiche attraverso le membrane biologiche è in funzione: a) del gradiente di concentrazione esistente attraverso le membrane: C1- C2 b) della superficie di membrana disponibile per il trasporto: A c) dello spessore della membrana: d d) della costante di diffusione della sostanza trasferita: K K dipende: dal p.m. della sostanza dal grado di ionizzazione dalla sua liposolubilità La velocità(V) di diffusione di una sostanza(legge di Fick) si esprime coll'equazione: 40 K A ( C1- C2) V= ---------------------d Il trasporto di sostanze chimiche attraverso le membrane biologiche può avvenire per: -FILTRAZIONE: piccole molecole idrofile attraverso i pori delle membrane -DIFFUSIONE: dovuta alla esistenza di un gradiente di concentrazione Attraverso questo meccanismo diffondono le molecole liposolubili e non ionizzate Pertanto le sostanze organiche non ionizzate diffonderanno in funzione della loro liposolubilità. -TRASPORTO ATTIVO: avviene "contro un gradiente" e necessita di vettori "carriers". E’ un trasporto SELETTIVO -PINOCITOSI: attraverso invaginazioni della membrana cellulare possono essere assorbite soluzioni - FAGOCITOSI: quando il materiale inglobato è solido ASSORBIMENTO ATTRAVERSO L'APPARATO - bocca: DIGERENTE le sostanze assorbite non sono digerite e saltano in fegato - stomaco e intestino :attraverso la parete intestinale diffondono più rapidamente le molecole liposolubili e non ionizzate ASSORBIMENTO PER VIA INALATORIA il grado di esposizione nei confronti di un tossico è in funzione di C x T, cioè della sua concentrazione per il tempo di esposizione. La quantità assorbita dipende da: - frequenza e volume respiratori (ventilazione) - solubilità nei liquidi biologici (coefficiente di ri partizione aria alv./sangue) - diametro delle particelle - perfusione polmonare ASSORBIMENTO ATTRAVERSO LA CUTE è in funzione di diversi parametri quali le proprietà fisico - chimiche come la idro e la liposolubilità, la concentrazione, la intergrità dei tegumenti, il veicolo usato(solventi) ecc. Può verificarsi attraverso due vie : la transepidermica e la pilo-sebacea. LA BARRIERA EMATO-ENCEFALICA (tra il plasma e lo spazio extracellulare 41 del SNC) si comporta come una semplice membrana lipidica attraverso la quale le sostanze estranee diffonderanno in funzione del grado di dissociazione, della loro concentrazione ed in rapporto alla loro lipofilia e non ionizzazione. E' più permeabile nel neonato che nell'adulto. BARRIERA PLACENTARE è permeabile a numerose sostanze chimiche che la attraversano per semplice diffusione. La velocità di trasporto dipende in parte dal peso molecolare, dal grado di ionizzazione e dalla liposolubilità. Le sostanze presenti nel plasma allo stato ionizzato la attraversano difficilmente. TRASPORTO E DISTRIBUZIONE DEI TOSSICI I tossici , una volta assorbiti, possono combinarsi con le proteine (albumine, globuline) e, sotto questo legame, non sono disponibili nè alla metabolizzazione nè alla eliminazione. La quota libera, biologicamente attiva, è in equilibrio con quella legata alle proteine plasmatiche. I tossici hanno tendenza a localizzarsi in determinati tessuti(ad es. il tessuto adiposo o gli organi ricchi di lipidi trattengono i tossici liposolubili, molti tossici si concentrano nelle emazie, il Pb tende a depositarsi nello scheletro). L'organo critico non è necessariamente quello in cui si verifica l'accumulo prevalente del tossico (ad es.per il Pb l'accumulo avviene nello scheletro mentre l'organo critico è rappresentato dall'apparato emopoietico). Quando l'assorbimento supera l'escrezione si verifica un ACCUMULO( Body burden) del tossico nell'organismo. VIE DI ELIMINAZIONE DEI TOSSICI 1) urinaria, 2) intestinale (bile, succhi pancreatici, secrezioni gastrointestinali), 3) sudore, saliva, lacrime, 4) aria espirata, 6) latte, 7) annessi cutanei, 8) placenta ESCREZIONE URINARIA a) Filtrazione Glomerulare: si produce un ultrafiltrato del plasma contenente le sostanze estranee o i loro metaboliti alla stessa concentrazione della loro concentrazione libera nel plasma. In tale modo, in seguito all’abbassamento della concentrazione della sostanza libera, la frazione legata alle proteine può dissociarsi e venire così eliminata. 42 b) Trasporto Tubulare Passivo: Avviene nel tubulo distale. L’epitelio tubulare si comporta come una membrana lipidica che permette il passaggio delle sostanze liposolubili e non ionizzate. c) Trasporto Tubulare Attivo: avviene a livello del tubulo prossimale ed i composti escreti per trasporto attivo sono le sostanze lipofobe e ionizzate che vengono trasportate mediante l’impiego di carrires contro un gradiente di concentrazione. ESCREZIONE BILIARE I prodotti del metabolismo epatico vengono: 1) trasportati nella circolazione generale, 2) eliminati con la bile. Per alcune sostanze la concentrazione nella bile e nel sangue è la stessa, ma molti composti polari vengono escreti nella bile attivamente. Nell’intestino le sostanze coniugate essendo polari non vengono riassorbite, tuttavia alcune di esse possono venire idrolizzate dagli enzimi presenti nella bile stessa o nell’intestino ed essere in tal modo riassorbite (circolo entero - epatico). La escrezione biliare può essere incrementata con la somministrazione di FENOBARBITAL ELIMINAZIONE POLMONARE la eliminazione attraverso l’aria espirata riguarda prevalentemente le sostanze volatili (ad esempio i solventi) e quelle gassose come il Protossido di azoto. Da ricordare che le sostanze particolate (polveri) che si depositano nel tratto dell’epitelio respiratorio fornito di ciglia vibratili possono essere direttamente eliminate attraverso la clearance bronchiale e raggiungere l’intestino. METABOLISMO DEI TOSSICI Le sostanze organiche estranee (xenobiotici) vengono sottoposte nell'organismo a trasformazioni metaboliche che tendono a rendere il composto più polare, cioè più facilmente eliminabile attraverso gli emuntori. Sede principale del metabolismo è il fegato tuttavia quasi tutti i tessuti sono coinvolti nei processi metabolici di biotrasformazione dei tossici (rene, polmone, placenta ecc.). Le biotrasfomazioni avvengono soprattutto a livello di determinate strutture subcellularicute. 43 Nel citoplasma esiste un complesso sistema di citomembrane, noto come reticolo endoplasmatico. Dal punto di vista morfologico si distingue un reticolo rugoso, così definito in quanto la superficie esterna delle membrane che lo delimitano è rivestita di ribosomi, e un reticolo liscio privo di ribosomi. Quando le cellule vengono sottoposte ad omogeneizzazione, il reticolo plasmatico viene frantumato e i frammenti delle sue pareti essendo elastici si accartocciano dando luogo alla formazione di vescicole, chiamate microsomi In realtà i microsomi sono strutture che in vivo non esistono in quanto si formano dal reticolo plasmatico in seguito alla omogeneizzazione e centrifugazione degli epatociti. La attività di biotrasformazione delle sostanze esogene avviene prevalentemente nel reticolo endoplasmico liscio. Tale attività è catalizzata soprattutto da enzimi presenti nei microsomi. Alcuni composti vanno incontro ad idrolisi spontanea producendo in tal modo metaboliti senza che sia intervenuta alcuna attività enzimatica. I processi metabolici si possono considerare schematicamente divisi in due fasi intercorrelate fra loro: una prima fase PRESINTETICA ed una seconda fase definita di SINTESI. Nel corso dei processi metabolici si possono formare metaboliti dotati di tossicità più elevata di quella del composto di partenza: si possono cioè produrre derivati intermedi più attivi (BIOATTIVAZIONE) o meno attivi (INATTIVAZIONE) della sostanza iniziale. Esempi di bioattivazione: Benzene: Benzene Epossido Pb Tetraetili: Pb Trietile Oarathion: Paraoxon 2-Naftilamina: 2-Nafftilidrossilamina Metanolo:Formaldeide Tetracloruro di Carbonio: CCl3’+Cl L'attività metabolica in altre parole è riconducibile essenzialmente a due livelli di reazioni chimiche: reazioni di I e di II fase.Le reazioni di I FASE, rappresentate da OSSIDAZIONI, RIDUZIONI e IDROLISI, possono dare luogo alla formazione di metaboliti intermedi 44 altamente reattivi (elettrofili), capaci cioè di legarsi a componenti molecolari delle cellule e responsabili di effetti lesivi a carico del sito in cui ha sede la attività metabolica oppure di lesioni a distanza. Le reazioni della II FASE, reazioni di CONIUGAZIONE, intervengono su gruppi funzionali presenti sulle sostanze come tali, o prodottisi in seguito a reazioni della I fase e portano alla formazione di composti polari idrosolubili e pertanto facilmente smaltibili attraverso gli emuntori. REAZIONI della I FASE Reazioni Ossidative sono catalizzate dalle "Monossigenasi o Ossigenasi a funzione mista" presenti nelle frazioni microsomiali del fegato. Il sistema enzimatico è dotato di scarsa specificità di substrato e coinvolge il citocromo P 450 e la Flavoproteina reduttasi. Un componente fosfolipidico sarebbe essenziale per l'attività del sistema. Reazioni riduttive riduzione di azo e nitrocomposti (nitrobenzene, anilina). Coinvolgono il Citocromo P 450. Reazioni di idrolisi catalizzate da enzimi esterasici presenti in altri tessuti oltre al fegato. Nel fegato esiste una epossido idratasi che catalizza il metabolismo degli epossidi. REAZIONI della II FASE Dette anche reazioni di coniugazione, tendono a trasformare le sostanze esogene in composti polari, idrosolubili e facilmente eliminabili attraverso gli emuntori. Le sostanze coniuganti possono essere: 1)-acido glicuronico.Coniuga: --composti con gruppi ossidrilici sia fenolici che alcolici --composti con gruppi carbossilici --composti sulfidrilici -- composti con gruppi aminici 2) Glutatione :- epossidi,-alcheni,-alogenuri alchilici,-arilici 3)-solfato inorganico.:-gruppi ossidrilici,-gruppi alcolici,-gruppi fenolici 4)-glicocolla:-idrocarburi aromatici 45 5)-Donatori di metili,acetili:-amine,-fenoli, tioli,-sulfonamidi FATTORI CHE INFLUENZANO IL METABOLISMO DEI TOSSICI La trasformazione di composto esogeno nell’organismo può presentare variazioni notevoli tra individuo e individuo ed anche variazioni nello stesso individuo nel corso del tempo. 1)Fattori GENETICI a) differenze tra specie animali b) differenze tra diverse razze di una stessa specie c) differenza tra gli individui di una stessa razza alcuni esempi: - dotazione di colinesterasi atipica incapace di idrolizzare la succinilcolina; - variazioni individuali nel metabolismo dell’antipirina, del fenilbutazone e della bis-idrossicumarina; d) diverso rapporto tra isoenzimi di una medesima attività enzimatica: per esempio la ALA deidratasi e ipersensibilità nei confronti del Pb-ione. 2) Fattori FISIOLOGICI a) Età: es. deficit di glicuroconiugazione negli immaturi. Il neonato ha uno scarso sviluppo del sistema microsomiale epatico per cui è molto suscettibile ai tossici; Nell’anziano tutte le attività enzimatiche sono rallentate. b) Sesso: specie nell'animale il maschio metabolizza più rapidamente che la femmina. Nella femmina il tessuto adiposo è superiore del 50% per cui accumula più facilmente tossici lipofili c) Ormoni : gli steroidi stimolano l'attività degli enzimi microsomiali d) Gravidanza : sia durante la gravidanza che durante l'assunzione di contraccettivi orali si ha una riduzione nella attività degli enzimi che metabolizzano gli xenobiotici. Probabilmente a causa degli effetti inibitori esercitati sulle glicuroniltransferasi da Progesterone e Pregnadiolo e) Stato di nutrizione: diete ipoproteiche riducono le attività enzimatiche. La dieta povera in calcio favorisce l'assorbimento di Pb. Il dimagramento rapido libera DDT dai depositi tissutali. f) Costituzione corporea : gli obesi trattengono più a lungo le sostanze 46 lipotrope. 3) Malattie intercorrenti: insufficienza epatobiliare e Pb; malattie infettive ed esposizione al Pb. 4) Tossici Voluttuari: Alcool (induttore enzimatico); modificazioni del metabolismo di alcuni tossici (trielina, metanolo ecc.) dopo somministrazione di alcool. FATTORI CHE MODIFICANO LA TOSSICITA’ .Se in teoria è possibile poter predire per ogni tossico la relazione dose/risposta, in pratica la risposta individuale è assai più variabile di quanto previsto dal modello teorico, in quanto esistono numerosi fattori in grado di influenzare Il tossico assorbito viene distribuito, metabolizzato ed escreto, perciò la risposta tossica non sarà proporzionale alla dose assorbita ma alla dose che arriva ai recettori dell’organismo responsabili della risposta, per cui sarà necessario avere una approfondita conoscenza della cinetica dello xenobiotico per potere predirne la tossicità. Poiché la esposizione lavorativa è intermittente (8 ore su 24), si hanno due possibilità: o il tossico viene eliminato completamente durante gli intervalli o, se la sua eliminazione è incompleta, si verifica il suo progressivo accumulola tossicità. Solo tenendo in considerazione tali fattori saremo in gradi di predire i possibili effetti tossici di un composto. I fattori più importanti che modificano la tossicità di una sostanza possono essere suddivisi in quattro gruppi: 1) proprietà fisico - chimiche della sostanza 2) modalità dell’interazione 3) fattori di ordine biologico legati all’ospite 4) fattori ambientali A causa della loro reciproca interazione si spiegano le diverse risposte che una stessa dose esterna può evocare in soggetti diversi ma anche nello stesso soggetto in momenti diversi a seguito della variabilità della dose che effettivamente raggiunge il bersaglio (organo critico). Proprietà fisico – chimiche Dissociazione delle molecole, dimensione delle molecole, ionizzazione, liposolubilità. Le molecole non polari e liposolubili attraversano facilmente le membrane biologiche. Volatilità: una elevata volatilità aumenta il rischio di effetto tossico. Reattività chimica del composto. Stabilità chimica del composto. Tipo di formulazione del composto (polvere, liquido). Veicoli in cui il composto viene disperso. Stato di dispersione del tossico nell’aria (gas, vapore, fumo, polvere ecc.) Dimensioni delle particelle inalate. Modalità di interazione Continuità o discontinuità delle concentrazioni e dei tempi di esposizione nella giornata lavorativa. Queste intermittenze nella esposizione possono modificare gli effetti del tossico in quanto viene ad esserne modificata la cinetica. Fattori biologici I fattori in grado di interferire sulla quantità della dose assunta, a parità di condizioni ambientali sono numerosi. Anzitutto dobbiamo considerare tutti i fattori che possono influenzare la ventilazione polmonare: sesso, età, costituzione, allenamento, carico di lavoro, patologie ed alterazioni a carico dell’apparato respiratorio. Fattori ambientali Negli ambienti di lavoro è più frequente riscontrare una esposizione contemporanea a più sostanze chimiche: ad esempio i diluenti organici sono costituiti da miscele di solventi, e così’ dicasi , facendo alcuni esempi, per i pigmenti utilizzati in varie tecnologie, per i materiali di saldatura, nella formulazione dei pesticidi ecc. Sostanze assunte contemporaneamente possono determinare interazioni nell’organismo ospite sia di ordine tossicocinetico venendo ad interessare la loro concentrazione nei liquidi biologici e quella dei metaboliti, sia di 47 ordine tossicodinamico con conseguente modificazione della azione tossica sugli organi bersaglio. Entrambi i due tipi di interazioni sono dose-dipendenti verificandosi soltanto nelle esposizioni elevate (professionali) e mai per i bassi livelli di esposizione. Effetti tossicocinetici: infiammazione delle mucose respiratorie da azione di agenti irritanti e conseguente vasodilatazione con aumento dell’assorbimento di altre sostanze tossiche inalate. Effetti tossicodinamici: riduzione della tossicità del mercurio da parte della contemporanea assunzione di selenio, in quanto si formerebbe un complesso proteico mercurio-selenio. Nella contemporanea esposizione di più tossici può verificare: a) I singoli tossici esercitano effetti indipendenti: contemporanea esposizione ad un agente irritante le vie respiratorie (anidride solforosa) ed un tossico sistemico b) I componenti hanno effetto additivo: nella esposizione ad una miscela di solventi si ha una sommazione della azione depressiva sul SNC c) I componenti hanno effetto sinergico o di potenziamento: epatotossici come il CCl4 aumentano la tossicità del Cd. La neurotosicità dell’esano e del MIBK sono potenziate dal MEK (non neurotossico) d) I componenti producono effetti antagonisti: metanolo e glicole etilenico ed etanolo. Oltre alle interazioni derivanti dalla contemporaneità di esposizione a tossici è da considerare anche come in alcuni casi sia importante la sequela con cui si succede la esposizione affinché si manifestino interazioni: ad esempio l’olio di croton nei confronti del 3,4 benzopirene e comparsa di carcinoma cutaneo spinocellulare. PRINCIPALI MECCANISMI D'AZIONE DEI TOSSICI 1)Interferenza col trasporto di O2 e azione sullaHb: CO, tossici metaemoglobinizzanti 2) Interferenza con l'utilizzazione di O2 e la produzione di energia : CN-, Dinitrofenoli 3) Azione sugli enzimi : -Inibizione: a) competitiva: può essere rimossa con aggiunta disubstrato b) non competitiva: reversibile irreversibile: Es.: esteri fosforici, Pb, As -Stimolazione (induzione) a) Selettiva b) Non selettiva : Es. barbiturici, IPA, organoclorati, alcol ecc. 48 4) Generazione di radicali liberi : I R.L. sono molecole che posseggono un elettrone non pari su un'orbita esterna. Possono essere prodotti dalla cattura di elettroni ma più spesso originano dalla scissione di un legame covalente: A:B = A° + B°. Gli EPOSSIDI appartengono ai di R.L. Molte molecole importanti per il funzionamento cellulare rappresentano il bersaglio elettivo dei R.L., in particolare gli acidi grassi insaturi dei fosfolipidi di membrana, i gruppi tiolici, gli acidi nucleici ecc. Gli acidi grassi insaturi delle membrane biologiche in presenza di R.L. e di O2 subiscono una degradazione ossidativa definita Lipoperossidazione. 5) Azione sul sistema immunitario: - immunodepressione (PCB,asbesto) - immunostimolazione - immunosensibilizzazione (allergica) 6) Ipersensibilità di origine genetica: Es. carenze parziali o totali di enzimi( deficit di alfa-2-antitripsina, emoglobinopatie e talassemie, deficit di 6GPD ed ipersensibilità agli emolizzanti). SUSCETTIBILTA’ INDIVIDUALE La risposta individuale ai tossici può, in alcuni casi variare a causa di una condizione di ipersuscettibilità individuale.. L’ipersuscettibilità ai tossici professionale rappresenta un problema non piccolo per il Medico del lavoro, il quale da un canto deve assolutamente proteggere il lavoratore a rischio, mentre dall’altro, non può pretendere che la situazione ambientale, riferita ai possibili contaminanti, sia ridotta ulteriormente al di sotto dei valori di assoluta sicurezza per i lavoratori non affetti dall’handicap. I principali fattori che influenzano la suscettibilità individuale ai tossici professionali sono: 1) condizioni genetiche 2) condizioni fisiologici 3) abitudini di vita 4) esposizioni multiple 5) condizioni patologiche Condizioni genetiche determinanti uno stato di ipersuscettibilità Riportiamo alcuni esempi: Deficit di glucosio 6 fosfato deidrogenasi Nel nostro paese le zone in cui tale deficit è diffuso tra la popolazione sono la Sardegna, la Sicilia e il Delta padano. Tale deficit può condizionare la comparsa di emolisi in seguito ad assunzione di alimenti (fave) o di alcuni farmaci (antimalarici, sulfamidici, CAF, alcuni antipiretici ed analgesici) oppure in seguito all’assorbimento di alcuni tossici in grado di interferire con i processi ossidoriduttivi ed in grado di ossidare i gruppi -SH delle membrane eritrocitarie, il glutatione, il ferroeme e la globina. 49 Tali tossici sono rappresentati dall’Idrogeno Arsenicale, dai derivati amminici, nitrici e clorati degli idrocarburi aromatici. La metaemoglobinemia e più raramente l’emolisi, nei soggetti portatori del deficit congenito, si può verificare a livelli di esposizione di gran lunga inferiori a quelli necessari a far comparire i disturbi nei soggetti normali. Deficit di α1 antitripsina sierica insorgono la BPCO e l’enfisema che, in genere, risultano fatali entro la quinta decade di vita. Soprattutto gli omozigoti, ma anche gli eterozigoti( 5% della popolazione generale) non dovrebbero tale enzima è prodotto dal fegato ed ha la funzione di inibire la elastasi polmonare liberatasi durante la flogosi. Nei portatori omozigoti (circa lo 0,006% della popolazione generale) già in giovane età essere esposti ad agenti broncoirritanti, in considerazione del loro handicap. Modificazione della composizione isoenzimatica della ALA deidratasi In alcuni soggetti si verifica la prevalenza di una frazione isoenzimatica maggiormente sensibile al blocco esercitato dal Pb ione, per cui tali soggetti risultano più suscettibili a manifestare la empatia saturnina VALUTAZIONE DEL RISCHIO TOSSICOLOGICO La tossicologia occupazionale deve essere considerata una branca eminentemente preventiva della Medicina del Lavoro in quanto è in grado di prevedere gli effetti degli agenti chimici a breve e a lungo termine e pertanto fornire le informazioni atte ad attuare la prevenzione del danno. Sotto questo aspetto il medico del lavoro possiede anche le competenze per attuare la prevenzione della popolazione generale nei confronti dei tossici ambientali. Pertanto è compito del Medico del Lavoro quello di valutare il rischio chimico nell’ambiente di lavoro, cioè se questo è presente nelle condizioni di impiego dei vari composti chimici. Questa attività viene espressamente richiesta al Medico Competente dalla Direttiva 93/67 del 20/7/1993 che delinea i principi per la valutazione dei rischi per l’uomo e l’ambiente delle sostanze incluse nella Direttiva sull’etichettatura dei composti chimici. La valutazione del rischio può essere definita, secondo Foà come un “processo sistematico, multistadio, di analisi critica di dati al fine di caratterizzare il tipo (qualità) e l’entità (quantità) del danno alla salute che un agente chimico potrebbe causare in differenti situazioni di esposizione”. E d ancora: “L’obiettivo del processo di valutazione del rischio atteso è pertanto quello di identificare le condizioni di esposizione nelle quali è possibile che, sia in via ipotetica che reale, si estrinsechino le potenzialità pericolose di una sostanza”. Nella Direttiva CEE 93/67 sono definite le quattro componenti principali del processo di valutazione del rischio chimico. 1) IDENTIFICAZIONE DELLA TOSSICITA’ INTRINSECA (pericolo o hazard): consistente nella identificazione della capacità della sostanza di produrre un effetto deleterio sull’uomo: essa consegue alla raccolta ed alla analisi critica dei dati che dimostrano effetti biologici prodotti dalla sostanza in esame e nei meccanismi di azione del composto in oggetto. 2)VALUTAZIONE DELLA CURVA DOSE-RISPOSTA : descrizione della relazione per ognuno degli effetti biologici documentati provocati al composto in oggetto, mettendo in evidenza eventuali incertezze biologiche o statistiche di questa relazione. 3)VALUTAZIONE DELLA ESPOSIZIONE UMANA: in pratica consiste nel determinare l’entità delle emissioni, le vie di distribuzione, la velocità di trasferimento del composto chimico, la sua trasformazione o degradazione, al fine di stimare le concentrazioni o le dosi alle quali la popolazione umana o i compartimenti ambientali possono essere esposti. Devono venire stimate le proprietà fisico-chimiche del composto in esame le quali permettono di ipotizzare verso quale compartimento ambientale(aria, acqua, suolo) esso presenti maggiore affinità e quindi quale sia la via di esposizione prevalente per l’uomo. 4) CARATTERIZZAZIONE E PREVISIONE DEL RISCHIO: deriva dalla combinazione delle componenti (1, 2 e 3) e rappresenta la quantificazione delle probabilità che una esposizione possa determinare un danno 50 alla salute in un determinata popolazione. Nelle condizioni di massima conoscenza si può disporre di una dose giornaliera senza effetto alcuno o con effetto accettabile con cui potere confrontare la dose che può assumere l’uomo nelle condizioni di esposizione evidenziate. Dal rapporto: DOSE ACCETTABILE / DOSE STIMATA deriva il margine di sicurezza che quanto più è grande tanto più è maggiore il livello di protezione. Da quanto esposto appare evidente come sia importante conoscere le condizioni di impiego delle sostanze chimiche potendo esse rappresentare un rischio anche elevato; ed appunto è in questo tipo di attività di conoscenza che si caratterizza in modo peculiare la professione del medico del Lavoro. Il D.Lgs.25/02 che rinnova la legislazione vigente in materia di protezione dei lavoratori dal rischio chimico introducendo nel D.Lgs.626/94 un nuovo titolo (VIIbis) prevede alcuni obblighi nel caso si detengano e si utilizzano sostanze o preparati chimici classificati pericolosi: - Determinazione preliminare della presenza di agenti chimici pericolosi nei luoghi di lavoro - Valutazione del rischio che prenda in considerazione in particolare: a) le proprietà pericolose degli agenti chimici utilizzati b) le informazioni disponibili su tali agenti c) il livello e la durata di esposizione d) il tipo di attivitàsvolta e) i valori limite di esposizione e,se noti,i valori limite biologici f) gli effetti delle misure preventive e protettive adottate - Nel caso di nuove attività che comportino la presenza di agenti chimici pericolosi, la valutazione dei rischi e la attuazione delle misure di prevenzione devono essere predisposte preventivamente. Tali attività possono iniziare solo successivamente alla valutazione dei rischi ed alla predisposizione delle misure preventive e protettive previste. Anche in tema di sorveglianza sanitaria nel D.Lgs. 25/02 vi sono importanti novità, essa deve infatti essere effettuata: - prima di adibire il lavoratore alla mansione che comporta esposizione - periodicamente con cadenza stabilita dal Medico Competente - alla cessazione del rapporto di lavoro Lo studio delle relazioni tra entità della esposizione e rischio di danni alla salute deve essere effettuato utilizzando parametri che permettano di definire da un lato l’intensità della esposizione e dall’altro le modificazioni indotte dal tossico in causa sulle condizioni di salute dei lavoratori esposti; tali parametri caratterizzano quelli interventi che vengono definiti MONITORAGGIO AMBIENTALE e MONITORAGGIO BIOLOGICO PIOMBO CARATTERISTICHE FISICO-CHIMICHE Metallo di colore grigio bluastro, duttile e malleabile. Lucente al taglio, si ossida rapidamente formando una patina grigiastra. Fonde a 337°C Bolle a 1525°C. A 470°C inizia ad emettere fumi e vapori in quantità misurabile. A 500°C i vapori si combinano con l'O2 atmosferico dando luogo alla formazione di OSSIDI di Pb. Gli acidi organici, anche se deboli, lo solubilizzano. E' solubilizzato dall'acqua contenente nitrati o sali d'ammonio. 51 Il minerale principale da cui viene estratto è la GALENA (solfato di Pb), oltre alla Cerussite (carbonato di Pb). Oltre al Pb metallico i composti principali del Pb che possono essere fonte di rischio sono: OSSIDI: Litargirio o Massicot(PbO), Biossido(PbO2), Minio (PbO3) SALI INORGANICI: Carbonato (biacca), Solfato (bianco mulhouse), Cromato (giallo cromo), Antimoniato (giallo napoli) SALI ORGANICI: Stearato, Adipato COMPOSTI METALLO-ORGANICI: Pb-Tetraetile, Pb-tetrametile LEGHE: Pb-Stagno, Pb-Antimonio, Pb-Rame ecc. PRINCIPALI USI DEL Pb E FONTI DI ESPOSIZIONE -miniere di Pb e di Zn -metallurgia del Pb e dello Zn, produzione di tubi, lastre, trattamenti termici -recupero e fusione rottami in Pb -utilizzo di tubazioni in Pb -produzione di munizioni -produzione di accumulatori -produzione ed impiego di pigmenti (verniciatura, ceramica) -produzione di manufatti in plastica -utilizzazione di leghe (saldatura, giocattoli, stampa,oggetti) -produzione e montaggio di schermi antiradiazione -produzione di barriere antirumore e antivibrazione -produzione di vetri e cristalli;laboratori di taglio diamanti -saldature elettriche, taglio con cannello, cantieri navali -polveri e fumi nei poligoni di tiro -impiego di lubrificanti contenenti sali di Pb -Trafilerie; ricopertura di fili e di cavi -fabbricazione di Pb Tetraetile -industria tipografica -fabbricazione di circuiti stampanti 52 Nel complesso le lavorazioni a rischio elevato sono quelle che comportano esposizione a vapori, fumi e polveri (metallurgia , saldatura, industria degli accumulatori, cantieri navali, plastica, verniciatura, pigmenti). Il rischio risulta minore nei minatori, tipografie, industria elettronica e, attualmente, nella verniciatura. Il rischio risulta di minima entità nei vigili, taxisti, garagisti ed esattori autostradali. FONTI DI ASSORBIMENTO DI PB DI NATURA EXTRAPROFESSIONALE 1) ARIA 2) ACQUA ED ALIMENTI 3) RITENZIONE DI PROIETTILI O PALLINI ARIA IL PIOMBO DEVE ESSERE CONSIDERATO ATTUALMENTE UNO DEI PIU' IMPORTANTI INQUINANTI ATMOSFERICI DEGLI AMB IENTI CIRCOSTANTI LE INDUSTRIE E DELLE ZONE URBANE. LA CONCENTRAZIONE ATMOSFERICA MEDIA NELLE STRADE A TRAFFICO INTENSO PUO' RAGGIUNGERE I 3 GAMMA/M3, TUTTAVIA IN CERTE CONDIZIONI DI TRAFFICO INTENSO, IN INCROCI STRADALI O IN TUNNEL SONO STATE OSSERVATE ANCHE CONCENTRAZIONI DI OLTRE 20 GAMMA/M3. IL PIOMBO ATMOSFERICO DEPOSITANDOSI QUINDI SUL TERRENO (AD ES.IN PROSSIMITA' DELLE AUTOSTRADE) INQUINERA' VEGETALI E ACQUA. ANCHE IL FUMO DI SIGARETTA CONTIENE PIOMBO, CONTRIBUENDO PERTANTO ALLA ASSUNZIONE EXTRAPROFESSIONALE DEL METALLO (I FUMATORI HANNO UNA PIOMBEMIA PIU' ALTA DI COLORO CHE NON FUMANO). ACQUA E ALIMENTI LA CONCENTRAZIONE DEL PIOMBO NELL'ACQUA E NEGLI ALIMENTI VARIA IN FUNZIONE DELLA CONCENTRAZIONE NEL TERRENO ED IN FUNZIONE DELLE CARATTERISTICHE FISICO-CHIMICHE CHE NE INFLUENZANO L'ASSORBIMENTO ( Ph DEL TERRENO, COMPOSIZIONE DEL TERRENO, GRADO DI DISPERSIONE). DAI DATI DELLA LETTERATURA, PERALTRO ABBASTANZA SCARSI, SI RILEVANO, PER UNO STESSO ALIMENTO, CONCENTRAZIONI DI PIOMBO CONSIDEREVOLMENTE DIFFERENTI, LEGATE ALLA REGIONE DI ORIGINE. PIOMBO NELL'ACQUA OLTRE ALLE CONCENTRAZIONI DEL METALLO, LOCALMENTE VARIABILI, NELLE ACQUE SOTTERANEE ED IN QUELLE SUPERFICIALI, HANNO MOLTA IMPORTANZA LE CONCENTRAZIONI CHE SI RISCONTRANO DOPO IL PASSAGGIO DELL'ACQUA POTABILE ATTRAVERSO LE CONDUTTURE IN Pb. LE ACQUE DOLCI SONO PIU' PERICOLOSE DELLE ACQUE DURE, IN QUANTO CON L'ACQUA RICCA DI CALCIO LA SUPERFICIE INTERNA DEL TUBO SI RIVESTE DI UNA CAMICIA DI INCROSTAZIONE CHE IMPEDISCE LA SOLUZIONE DEL Pb. PIU' L'ACQUA E' DOLCE PIU' IL PIOMBO , ANZICHE' PRECIPITARE, RESTA IN SOSPENSIONE. 53 CLORURI E NITRATI E SALI DI AMMONIO FAVORISCONO LA SOLUZIONE DEL PIOMBO. UNO STUDIO ESEGUITO IN INGHILTERRA (CRAWFORD E COLL.1972) HA DIMOSTRATO UN RAPPORTO INVERSO TRA CONTENUTO IN CALCIO DELL'ACQUA POTABILE E QUOZIENTE DI MORTALITA' INFANTILE, NEL SENSO CHE NELLE CITTA' CON ACQUA A BASSO CONTENUTO IN CALCIO LA MORTALITA' INFANTILE ERA SUPERIORE, ELIMINATA NATURALMENTE L'INFLUENZA DEI BEN NOTI FATTORI SOCIALI ASSOCIATI ALLA MORTALITA' INFANTILE STESSA. L'ACQUA DI PRIMA USCITA (RISTAGNATA A LUNGO NELLA TUBATURA) CONTIENE UNA MAGGIORE QUANTITA' DEL METALLO. ESISTONO STUDI IN LETTERATURA, TRA CUI UNO CONDOTTO IN ITALIA DA SATTA (1946) IN CUI VIENE RICHIAMATA L'ATTENZIONE SULLA POSSIBILITA' DI UNA LENTA INTOSSICAZIONE DA PIOMBO SPECIALMENTE IN BAMBINI, IN SEGUITO ALLA RIPETUTA INGESTIONE DI ACQUE DEL MATTINO CHE HANNO SOSTATO A LUNGO NEI TUBI. DALLE ANALISI CONDOTTE A SIENA DA SATTA FURONO DIMOSTRATE QUANTITA' DI Pb COMPRESE FRA 50 E 330 GAMMA/L NEI CAMPIONI COSTITUITI DAI PRIMI DUE LITRI D'ACQUA DEFLUITA AL MATTINO, DOPO UNA SOSTA NOTTURNA DENTRO LE TUBAZIONI, DI 8 ORE (N.B. ALLORA NON SI UTILIZZAVA ANCORA L'ASSORBIMENTO ATOMICO PER CUI I VALORI RISULTAVANO PIU' ELEVATI) . IN ABITAZIONI DEL BELGIO IN CUI ESISTONO ANCORA TUBATURE IN Pb FURONO RISCONTRATE CONCENTRAZIONI DEL METALLO ANCHE SUPERIORI A 700 GAMMA/L NELL'ACQUA DEL MATTINO. SECONDO LE RACCOMANDAZIONI DELL'OMS LA MASSIMA CONCENTRAZIONE AMMISSIBILE DEL PIOMBO NELL'ACUA POTABILE NON DEVE SUPERARE I 50 GAMMA/LITRO. ALIMENTI CERAMICHE DI QUALITA' SCADENTE SE VENGONO A CONTATTO CON SOLUZIONI DEBOLMENTE ACIDE POSSONO RILASCIARE NOTEVOLI QUANTITA' DEL METALLO: NUMEROSI A.A. HANNO SEGNALATO CASI DI INTOSSICAZIONE DA PIOMBO IN SOGGETTI CHE UTILIZZAVANO RECIPIENTI DI QUESTO TIPO PER CONSERVARE SUCCHI DI FRUTTA, SCIROPPI, MARMELLATE, VINO. KLEIN E COLL.NEL 1970 DIMOSTRARONO CHE LA QUANTITA' DI PIOMBO LIBERATO DA 264 DIFFERENTI TIPI DI MATERIALI PER RIVESTIMENTO DI STOVIGLIE DESTINATE A CONTENERE CIBI, NEL 50% DEI CASI, SUPERAVA IL LIMITE MASSIMO FISSATO DALLA FDA (7 PPM) IL 30% DEI CAMPIONI CONTENEVA PIU' DI 100 PPM DI Pb. Il Pb PUO' ESSERE INTRODOTTO ATTRAVERSO IL CONSUMO DI VEGETALI CONTAMINATI (FRUTTA E ORTAGGI) OPPURE ATTRAVERSO LATTE CONTENENTE IL METALLO (BESTIAME ALIMENTATO CON FORAGGI CONTAMINATI); ATTRAVERSO FARINE. NEGLI U S A ED IN AUSTRALIA SONO STATI SEGNALATI NUMEROSI CASI DI INTOSSICAZIONE DA PIOMBO, ANCHE GRAVI E MORTALI , IN BAMBINI CHE INTRODUCEVANO IL METALLO ATTRAVERSO LA INGESTIONE DI FRAMMENTI DI PITTURE E DI INTONACI. PARTICOLARMENTE COLPITI ERANO I SOGGETTI IN ETA' PRESCOLARE E QUELLI PROVENIENTI DEGLI STRATI SOCIALI PIU' BASSI. SEMPRE NEGLI U S A SONO STATI SEGNALATI NUMEROSI CASI DI INTOSSICAZIONE DOVUTA AL CONSUMO DI SUPERALCOOLICI PRODOTTI ILLEGALMENTE E DISTILLATI IN VECCHI RADIATORI DI AUTO. VINO IN UNA NORMALE DIETA ALIMENTARE IL VINO CONTRIBUISCE IN MANIERA DETERMINANTE ALL'APPORTO DI PIOMBO, TANTO CHE ABITUALMENTE I FORTI BEVITORI DI VINO PRESENTANO LIVELLI DI PIOMBEMIA PIU' ELEVATI DI QUELLI RISCONTRATI NEGLI ASTEMI. IN ITALIA IL VALORE MASSIMO AMMISSIBILE DI Pb NEL VINO E' STATO STABILITO DAL D.M.2/7/84 IN mg 0,3/LITRO. NESSUN VALORE MASSIMO AMMISSIBILE E' STATO FISSATO INVECE DALLA FAO. IN GENERE IL CONTENUTO MEDIO DI PIOMBO NEI VINI E' ASSAI VARIABILE: ESSO E' DI SOLITO COMPRESO FRA 50 e 400 gamma/litro. ESISTONO TUTTAVIA SEGNALAZIONI, SPECIE FRANCESI, CHE INDICANO COME TALI QUANTITA' POSSONO ESSERE LARGAMENTE SUPERATE, ANCHE FINO A RAGGIUNGERE I 5 MG/LITRO. NEI CASI DI ASSUNZIONE CONSIDEREVOLE, PER QUANTITA' E DURATA, DI VINI CON ELEVATA CONTAMINAZIONE DA PIOMBO, SI OSSERVANO ANCHE QUADRI CLINICI DI SATURNISMO FLORIDO CHE SONO ORMAI DI DIFFICILE RISCONTRO NELLA PATOLOGIA PROFESSIONALE. INFATTI IN QUESTO SETTORE, GLI INTERVENTI DI PREVENZIONE CONDOTTI NEGLI ULTIMI DECENNI, HANNO SIGNIFICATIVAMENTE RIDOTTO IL RISCHIO DI CONTRARRE IL SATURNISMO NEGLI INSEDIAMENTI INDUSTRIALI. DELLE 11 SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE COMPARSE IN LETTERATURA DAL 1960 IN RIFERIMENTO 54 AD INTOSSICAZIONI DA Pb PER ASSUNZIONE DI VINO CONTAMINATO, RISULTA CHE LA MAGGIOR PARTE DI ESSE SI RIFERISCONO A CASI ITALIANI (8 SU UN TOTALE DI 25 CASI): LE REGIONI INTERESSATE DA QUESTI EPISODI SONO: EMILIA-ROMAGNA, LOMBARDIA,PIEMONTE, PUGLIA, BASILICATA E SARDEGNA. ASSORBIMENTO COMPLESSIVO DI Pb ATTRAVERSO GLI ALIMENTI DA UNA RICERCA CONDOTTA DALLA CLINICA DEL LAVORO DI MILANO SULLA INTRODUZIONE DEL METALLO CON GLI ALIMENTI (ZURLO E GRIFFINI, 1979) RISULTA CHE UN SOGGETTO ADULTO DI SESSO MASCHILE INGERISCE IN MEDIA 505 GAMMA/DIE DI Pb E 400 GAMMA/DIE SE DI SESSO FEMMINILE. UN'ANALOGA RICERCA CONDOTTA DALL'ISTITUTO DI MEDICINA DEL LAVORO DI CAGLIARI (DEVOTO E SPINAZZOLA, 1972) HA EVIDENZIATO UNA INTRODUZIONE DI Pb CON GLI ALIMENTI DI 400 GAMMA/DIE NEGLI AGRICOLTORI E DI 480 GAMMA/DIE NEI CITTADINI. DA UNA INDAGINE CONDOTTA IN ITALIA NEL 1972 SUI PRODOTTI ALIMENTARI PER BAMBINI E' STATA STIMATA UNA INGESTIONE GIORNALIERA DI Pb (DAL 4° AL 12° MESE DI VITA): DA 170 GAMMA/DIE A 4 MESI A 280 GAMMA/ DIE A 12 MESI. L'ALIMENTO CON MAGGIORE CONTENUTO IN Pb E' RISULTATO IL LATTE IN POLVERE (GAMMA1,8/GRAMMO), SEGUITO DALLE FARINE (GAMMA 1,2/GRAMMO). DA RILEVARE CHE L'ASSORBIMENTO DI Pb NEL CANALE DIGERENTE DA 3 MESI A 8 ANNI DI ETA' E' DI CIRCA IL 50% (RISPETTO AL 10% DELL'ADULTO). L'OMS HA RACCOMANDATO NEL 1971 CHE LA MASSIMA INTRODUZIONE GIORNALIERA DI Pb COL CIBO E LE BEVANDE NON SUPERI I 5 GAMMA/Kg (CHE VUOLE DIRE CHE UN ADULTO DI 70 Kg NON DOVREBBE INGERIRE PIU' DI 350 GAMMA/DIE DI PIOMBO). ASSORBIMENTO del PIOMBO Il Pb può essere assorbito per via inalatoria, digerente e cutanea. Mentre la via cutanea interessa prevalentemente il Pb-Tetraetile ed il Pb-Naftenato presente in certi oli industriali, l'assorbimento per via inalatoria interessa soprattutto la esposizione professionale e quello per via digerente, la esposizione extraprofessionale. ASSORBIMENTO PER VIA RESPIRATORIA Si ritiene che il 35-50% del Pb pervenuto al polmone distale venga assorbito e direttamente trasferito al sangue. Tale percentuale è in funzione di: -solubilità del composto -dimensione delle particelle -ventilazione polmonare -stati flogistici, broncospasmo, respirazione nasale Con ciò si spiega perché a parità di esposizione, l'assorbimento del Pb non è omogeneo. ASSORBIMENTO PER VIA DIGERENTE Il Pb che transita attraverso il canale digerente proviene da: -introduzione per via orale (acqua, alimenti, scarsa igiene) -provenienza dall'apparato respiratorio(clearence ciliare) 55 -provenienza dalla bile, succhi pancreatici e saliva -escrezione attraverso la parete gastrointestinale Del Pb che transita attraverso l'intestino l'individuo adulto ne assorbe una quantità pari all'810%, mentre il bambino ne assorbe circa il 50%. E' stato ipotizzato un meccanismo competitivo tra assorbimento intestinale del Pb e quello del Ca. Una dieta povera in calcio fa aumentare l'assorbimento del piombo, mentre un elevato contenuto dietetico di calcio e fosfati fanno diminuire l'assorbimento del metallo. La Vitamina D fa aumentare l'assorbimento di Pb.Il filtro epatico ed il circolo entero-epatico del Pb concorrono a ritardare gli effetti tossici del metallo ingerito rispetto a quello inalato che viene messo in circolo direttamente. DISTRIBUZIONE Il Pb è trasportato ai tessuti attraverso il sangue e si deposita in funzione di un gradiente e delle specifiche affinità dei vari tessuti. Oltre il 90% del Pb presente nel nostro organismo è depositato nello scheletro. La quota restante è distribuita tra sangue e tessuti molli. Il 90-95% del metallo presente nel sangue si trova adsorbito alla superficie interna della membrana eritrocitaria, forse legato a fosfati e lipoproteine. Nel plasma in parte è legato a proteine ed in parte è libero (ionizzato) e diffusibile. Quest'ultimo costituisce il punto centrale del pool del Pb nell'organismo, essendo i suoi livelli in equilibrio con la quantità assorbita, quella depositata e quella escreta. Esso costituisce inoltre la quota biologicamente attiva. Qualora venga raggiunta una condizione di equilibrio nell'organismo si può ipotizzare la presenza di 4 compartimenti in base alle differenti velocità di scambio del Pb (vedi figura) Pb delle ossa. Non si conosce esattamente il legame Pb-ossa, ma se ne ipotizzano per lo meno due tipi: uno con legame molto tenace nella matrice ossea (Pb di vecchia data), l'altro, più mobilizzabile e riferito al Pb di più recente deposito, anche se quest'ultimo può persistere Le ossa lunghe hanno un contenuto di Pb maggiore delle piatte. I denti contengono più per anni dopo la cessata esposizione. Nella popolazione generale la quantità di Pb nelle ossa aumenta con l'età fino a raggiungere valori massimi alla quarta decade, quindi si mantiene costante per decrescere infine nella vecchiaia (osteoporosi). 56 Dai depositi il metallo può mobilizzarsi, anche rapidamente, in particolari condizioni (malattie infettive particolarmente debilitanti, gravidanza, dieta povera in calcio, fratture, alcolismo acuto o cronico ecc.) potendo dare luogo alla insorgenza di quadri clinicamente acuti (forme floride). VIE DI ELIMINAZIONE -feci (bile, succhi pancreatici, saliva, escrezione tranmucosa) -urine (la quota è correla ta al Pb diffusibile) -sudore, latte, placenta -annessi cutanei MECCANISMI DI AZIONE Il Pb si lega a gruppi sulfidrilici (SH), a gruppi amminici (NH2), idrossilici (-OH) e fosfatici (-H2PO3).La membrana cellulare rappresenta il primo ed il più importante sito d'azione del Pb in quanto essa è sede dei gruppi menzionati. Le azioni esplicate dal Pb possono così sintetizzarsi: - azione inibente sugli enzimi (eritroblasti, eritrociti, fegato, reni ) - azione spasmogena sulla muscolatura liscia diretta e mediata(precursori dell’eme) - azione sul sistema nervoso centrale e su quello periferico diretta e mediata (pre cursori dell’eme) - azione genotossica AZIONE DEL PIOMBO SUL SANGUE 1) INTERFERENZA SULLA SINTESI DELL EME Il Pb ione blocca numerosi enzimi necessari alla sintesi dell'eme ed in particolare: -ALA-DEIDRATASI -EMESINTETASI -CoproporfirinogenoIII Decarbossilasi Tali blocchi comportano: - aumento dell'acido Delta-aminolevulinico (ALA) nel sangue e nelle urine (ALAU) - aumento del tasso di Protoporfirina IX libera eritrocitaria( EP) e di Zinco-protoporfirina (ZPP) nelle emazie - aumento del tasso di Coproporfirina III nelle urine(CPU) 57 - anche il porfobilinogeno, l'uroprfirina e la Coproporfirina I possono essere escreti in quantità più elevata - aumento del livello del ferro serico e provocano la comparsa di ANEMIA 2) ALTERAZIONI MORFOLOGICHE Mediante biopsia midollare si evidenzia la comparsa di granulazioni basofile negli eritroblasti. Esse derivano dalla inibizione della emesintetasi e consistono in accumuli, all'interno dei mitocondri, di Fe non utilizzato. Si presume pertanto che le punteggiature basofile che si riscontrano anche nelle emazie circolanti non siano altro che frammenti di mitocondri contenenti Fe, di RNA e di residui microsomiali. 3) EFFETTI SULLE EMAZIE CIRCOLANTI Il Pb ione determina la inibizione della Na, K-ATPasi della membrana eritrocitaria. Tale azione diviene particolarmente importante qualora il Pb ione raggiunga elevate concentrazioni provocando in tal modo la comparsa di una anemia emolitica... Tale anemia, associata ad iperbilirubinemia indiretta, si accompagna di solito con gli altri disturbi riferiti al saturnismo florido (colica, paralisi del nervo radiale, sindrome di Fanconi). All'anemia emolitica segue RETICOLOCITOSI. E' stata segnalata anche la formazione di HbF. L’anemia saturnina di solito nell' adulto è di modesta entità, non scendendo al di sotto dei 3.500.000 G.R. e degli 8-10 g. di Hb, mentre più severa lo è nei bambini (nei quali esordisce con microcitemia ed ipocromia). Negli stadi precoci e nelle riacuzie si ha un accorciamento della vita media dei G.R. Gli effetti ematologici del Pb sono gli unici per i quali esista un rapporto dose-risposta: la inibizione dell'ALA deidratasi (ALAD) è misurabile a valori di piombemia inferiori ai 20 mcg %, rappresentando in tal modo il guasto metabolico critico della intossicazione saturnina. La escrezione dell'ALAU e l'aumento delle EP/ZPP sono misurabili a valori di Piombemia(PbB) maggiori di 40 mcg%. La reticolocitosi da emolisi a valori di piombemia di 60-80 mcg%. La anemia non si sviluppa con piombemia al di sotto degli 80 mcg%. Le granulazioni basofile non sono correlabili ai vari parametri. 58 EFFETTI DEL Pb SUL SISTEMA NERVOSO a) S N Centrale ENCEFALOPATIA SATURNINA Si può dire che, al giorno d'oggi, questa forma sia pressoché scomparsa( di eccezionale riscontro in artigiani, mentre esistono ancora segnalazioni negli USA ed in Australia in bambini ed in consumatori di Wisky contaminato). Si può distinguere una forma acuta ed una cronica. Forma ACUTA Compare con Piombemie maggiori di 150 mcg%. Anatomopatologicamente è caratterizzata da edema cerebrale, congestione vascolare e presenza di petecchie emorragiche (notevole è la componente vascolare). Si ha anche una prevalenza delle lesioni nella corteccia cerebellare rispetto alla cerebrale. Nella sostanza bianca si verifica perdita di mielina e reazione astrocitaria. Si hanno notevoli alterazioni metaboliche cellulari. La sintomatologia è variabile: compaiono convulsioni, delirio, psicosi tossica e coma. Le crisi convulsive sono dovute sia alla azione tossica del Pb sulle cellule nervose, sia a crisi ipertensive con ipertensione endocranica e con papilla da stasi. La prognosi della forma acuta è infausta: prima dell'impiego dei chelanti moriva oltre il 70%. Ora la mortalità è del 15% e circa nel 25% residua un danno cerebrale permanente con grave ritardo mentale, cecità, turbe sensorie e turbe comportamentali. L'alcool aggrava la entità della forma Forma CRONICA Essa può fare seguito a diversi accessi di episodi acuti o insorgere come tale ed è caratterizzata dalla prevalenza di turbe psichiche e di alterazioni del comportamento. Anatomopatologicamente si possono riscontrare ampie distruzioni di tessuto con formazioni cavitarie ed alterazioni della parete vascolare che confermano il contributo vascolare nella patogenesi della encefalopatia. Le forme più lievi possono essere poste in evidenza solo con i test psicologici. 59 I tipici sintomi della forma subclinica sono rappresentati da basse preformances rilevate ai test psicometrici, turbe psicomotorie, diminuzione delle funzioni intellettive ed alterazioni della personalità. b) S.N. Periferico Le POLINEURITI saturnine sono, insieme alla colica, le manifestazioni morbose più caratteristiche del saturnismo, anche se divenute ormai di rara osservazione. Si tratta, nella maggior parte dei casi, di neuriti a carico del RADIALE con paralisi dei muscoli estensori della mano, senza turbe sensitive, spesso unilaterali ed a destra. Possono venire interessati dalla paralisi anche altri muscoli dell'arto superiore, quelli oculari estrinseci e muscoli estensori degli arti inferiori (nervi peronieri ed estensori delle dita con comparsa di piede cadente). In rari casi la paralisi motoria può essere generalizzata con comparsa di asfissia per paralisi laringea e dei muscoli respiratori. Nei bamini è stata descritta anche la comparsa di neurite ottica con cecità. Sono state segnalate anche turbe della funzione uditiva. Sotto l'aspetto anatomopatologico si verifica la demielinizzazione e degenerazione Walleriana. Si ritiene che concomitino anche lesioni a carico delle corna anteriori del midollo. Nella patogenesi si verifica depressione della funzione colinergica ed alterazione del flusso degli ioni. La PARALISI del RADIALE è preceduta da parestesie e da debolezza motoria degli estensori; altre volte la paralisi è improvvisa o in pieno benessere, oppure in corso di colica. Sotto l'aspetto funzionale vi è un allungamento della velocità di conduzione motoria, fibrillazione e diminuzione del numero di unità motorie attivate alla contrazione massimale. Fra i muscoli innervati dal radiale il primo ad essere interessato è l'estensore comune delle dita (mano che fa le corna). Vengono quindi coinvolti gli altri muscoli estensori (mano cadente). Nei muscoli paralizzati, di solito, si instaura precocemente l'atrofia, che non si accompagna a contratture. Generalmente mancano alterazioni della sensibilità. I riflessi superficiali e profondi sono aboliti. La PROGNOSI nelle forme gravi è severa. Talora nelle forme lievi si ottiene la guarigione, ma occorre una efficace terapia chelante e l'allontanamento definitivo dal rischio. Se la chelazione non è efficace il quadro neuropatico non guarisce. 60 EFFETTI SUL SISTEMA NEUROVEGETATIVO Il Pb può indurre effetti stimolanti sul sistema vagale, determinando la comparsa di ipervagotonia (vagotonia tossica presente anche nella intossicazione da altri metalli) ALTERAZIONI A CARICO DELL'APPARATO DIGERENTE TURBE DIGESTIVE Possono essere precoci e precedere il quadro di saturnismo conclamato. Compaiono manifestazioni dispeptiche quali: lingua suburrale, alitosi, sapore metallico specie quando si fuma, anoressia, scialorrea, nausea, stipsi, meteorismo. Frequente comparsa di patologia gastroduodenale nella cui genesi possono giocare un ruolo importante sia le alterazioni vascolari a livello della parete, sia una vagotonia tossica indotta dal metallo. Presenza di dolori addominali (colon irritabile). Costante è la stipsi. ORLETTO DI BURTON: Striscia di colore grigio-bluastro, situata sul margine libero della gengiva, specie a livello degli incisivi e dei canini. Non si forma se manca il dente ed è favorita dalla mancanza di igiene personale. E' dovuto al solfuro di Pb che si forma all'interno dei capillari della mucosa gengivale e che precipita in forma insolubile, di colore nero, obliterando così i capillari e colorando di nero la sottomucosa. Il solfuro di Pb si forma per reazione del Pb che circola nei capillari con l'idrogeno solforato sviluppato dai batteri, che prolificano per scarsa igiene buccale. L'orletto di Burton è patognomonico solo della esposizione al Pb, non concomitando obbligatoriamente ad intossicazione saturnina PAROTITE SATURNINA E' dovuta ad ipertrofia cronica semplice delle ghiandole, causata dal Pb. Spesso si complica per infezione batterica. COLICA SATURNINA Rappresenta il quadro più tipico e drammatico del saturnismo florido. Frequentemente la colica è preceduta da prodromi consistenti in: malessere, pallore cutaneo, dispepsia associata a stipsi ostinata. 61 Il dolore, localizzato prevalentemente in regione ombelicale e periombelicale, può insorgere gradatamente o improvvisamente. Il dolore si accompagna quasi sempre a chiusura dell'alvo a feci e, talora, anche a gas. Può concomitare rialzo termico e talora modica leucocitosi. Si accompagna di solito ad ipertensione arteriosa, bradicardia, anemia emolitica, subittero, oliguria. Può concomitare anche una neurite del radiale. Assume carattere parossistico, con crisi dolorose subentranti, intervallate da periodi brevi di remissione ed il p. trova sollievo alla compressione dell'addome.La colica può persistere anche per 3-4 giorni ed il dolore in genere scompare con l'apertura dell'alvo. La somministrazione endovenosa di un sale di calcio (calcio gluconato) fa regredire solitamente la colica in modo molto rapido. EFFETTI DEL PIOMBO SUL RENE NEFROPATIA ACUTA Le alterazioni renali caratteristiche della fase florida sono transitorie e reversibili, legate allo spasmo indotto dal Pb ione sulla muscolatura dei vasi renali, con oliguria ed alterazione della clearance della urea. Se persiste tuttavia una elevata esposizione con il ripetersi di episodi acuti, si verifica il passaggio delle primitive alterazioni funzionali ischemiche in alterazioni anatomiche rappresentate dalla arteriolo e glomerulosclerosi con progressivo passaggio nella nefrosclerosi. La tipica nefropatia acuta saturnina, rilevabile nel corso del saturnismo florido e nel saturnismo infantile, è caratterizzata dalla SINDROME DI FANCONI, dovuta alla lesione (reversibile) dell'epitelio del tubulo prossimale con aminoaciduria, glicosuria ed iperfosfaturia. In questa fase è possibile il riscontro nelle cellule di sfaldamento dei tubuli renali di INCLUSIONI INTRANUCLEARI costituite da complessi piombo-proteici che rappresentano un meccanismo di detossificazione. Tale meccanismo tuttavia si esaurisce entro i primi anni di esposizione lasciando il posto ad una fibrosi interstiziale di grado modesto. NEFROPATIA CRONICA Tranne che nei bambini gravemente intossicati e nei bevitori di wisky contaminato al giorno d'oggi non vediamo più le forme croniche e progressive di nefropatia saturnina. Il danno renale è caratterizzato dalla fibrosi interstiziale cronica, dalla degenerazione tubulare e da alterazioni vascolari delle arterie e delle arteriole. 62 La NEFROSCLEROSI SATURNINA è preceduta di solito dall'instaurarsi di una ipertensione arteriosa stabile. Il quadro anatomopatologico del rene grinzo saturnino, che rappresenta l'esito irreversibile della nefropatia saturnina cronica, è identico a quello che si osserva nella arteriosclerosi. In questi casi, l'anemia che si associa, riconosce anche una concausa nella uremia. ALTRI EFFETTI TOSSICI DEL PIOMBO IPERTENSIONE ARTERIOSA : si può instaurare acutamente durante la colica saturnina ed è dovuta allo spasmo della muscolatura liscia della parete arteriolare con riduzione del flusso ematico renale. Concomita anche, come concausa, una attivazione del sistema reninaangiotensina da parte del Pb. Nella malattia cronica la ipertensione concomita in genere con la nefropatia; anche se sono stati frequentemente segnalati, nei soggetti con esposizione elevata al Pb, valori pressori medi, elevati anche in assenza di nefropatia. ALTERAZIONI CARDIACHE Durante la colica è stata riscontrata la comparsa di alterazioni ECGrafiche quali inversione dell'onda T, ampia angolatura del QRS-T, rallentamento della conduzione A-V, bradicardia. Tali alterazioni regrediscono in genere dopo il trattamento chelante. - Nei bambini intossicati sono stati riscontrati gravi forme di miocardite. GOTTA SATURNINA Fino dal passato è stata segnalata la associazione tra saturnismo ed artropatia gottosa, associata soprattutto alla nefropatia saturnina cronica. Le manifestazioni non differiscono dalle altre forme di gotta. L'iperuricemia ha una duplice derivazione: - dalla diminuita escrezione tubulare dell'acido urico per alterazione funzionale del tubulo - dall'aumentata sintesi di purine a partire dall'ALA ABERRAZIONI CROMOSOMICHE Sia sperimentalmente ma anche in lavoratori esposti sono state poste in evidenza aberrazioni cromosomiche linfocitarie. Sia sperimentalmente che in lavoratori esposti è stata posta in evidenza una depressione della captazione dello iodio da parte della tiroide. In lavoratori esposti al rischio sono stati segnalati casi di ridotta fertilità in assenza di evidenti alterazioni ormonali quantitative o qualitative. CANCEROGENESI Nel ratto il piombo somministrato per lungo tempo attarverso gli alimenti produce un aumento dei tumori renali. QUADRI CLINICI DELLA INTOSSICAZIONE DA Pb I primi sintomi compaiono in genere al di sopra dei 70 mcgr% di piombemia. Sono poco specifici e non gravi: astenia, apatia, irritabilità, perdita di interesse alle attività del tempo 63 libero. Il p. si accorge dei disturbi soltanto se si allontana dal rischio e nota quindi la scomparsa degli stessi. Aumentando la esposizione compaiono: insonnia, cefalea, sapore metallico in bocca specie se si fuma, anoressia, dispepia, stipsi o diarrea. Sono presenti dolori muscolari, dolorabilità alle articolazioni, intorpidimento agli arti inferiori, tremori a fini scosse, iperiflessia. A questo stadio (piombemia di 80-100 mcgr%) vi è modesta anemia, inibizione quasi completa dell'ALAD, netto aumento dell'ALAU, EP/ZPP e CP; all'EMG si riscontra depressione della velocità di conduzione motoria. A questo punto , se non si interviene, possono comparire i segni del saturnismo florido, compresa l'encefelopatia. Il termine di SATURNISMO andrebbe riservato alla intossicazione cronica da Pb, tuttavia esiste anche la possibilità che si verifichi una intossicazione acuta con la conseguente comparsa di una sequela di sintomi, che in parte si identificano con quelli del saturnismo florido, cioè di quegli episodi acuti che compaiono nel corso della intossicazione cronica in seguito ad una eccessiva mobilizzazione del metallo dai depositi, oppure per un improvviso incremento dell'apporto dall'esterno. La INTOSSICAZIONE ACUTA ormai non si osserva più nella industria, tranne che in caso di ingestione accidentale di acetato di Pb. Essa è tuttavia ancora segnalata nel bambino (non in Italia). La sintomatologia,che presenta una gravità crescente in funzione della dose introdotta, comprende: - turbe digestive: dolori epigastrici ed addominali, vomito, diarrea, scialorrea con sapore metallico, orletto gengivale - lesioni renali: albuminuria, cilindruria, oliguria - lesioni epatiche: epatomegalia, ittero, necrosi epatocellulare - anemia emolitica - miocardite - encefalopatia INTOSSICAZIONE CRONICA (SATURNISMO) La maggior parte degli AA riconoscono tre fasi nel decorso della intossicazione cronica o saturnismo: Fase di impregnazione o di abnorme assorbimento del tossico: caratterizzata da un abnorme aumento del metallo nel sangue, feci e urine e con alterazioni degli indici di effetto biologico. 64 Fase di stato o intossicazione franca: caratterizzata dalla comparsa, dopo prodromi di scarso rilievo, di sintomi di acuzie o subacuzie (saturnismo florido). Fase di saturnismo cronico: in fase stazionaria o lentamente evolutiva, dominato dalle manifestazioni croniche (anemia, nefropatia, sindrome psicorganica ecc.) Secondo gli AA anglosassoni col termine di saturnismo si intende definire una condizione patologica in cui i sintomi soggettivi ed oggettivi si accompagnano a valori alterati dei tradizionali indici di laboratorio: non viene pertanto fatta diagnosi di saturnismo in assenza di una palese malattia. Secondo i criteri dell'OMS tuttavia, in base ai quali il lavoratore deve mantenere la integrità psicofisica, dobbiamo considerare anche una intossicazione latente in cui, accanto alla positività dei test di laboratorio, abbiamo una sequela di sintomi aspecifici (SATURNISMO LATENTE o presaturnismo). DIAGNOSI DIFFERENZIALE Per fare diagnosi differenziale non dobbiamo basarci naturalmente soltanto sulla piombemia, anche se questa, quando eccede certi limiti(120-150 mcgr%), è già sufficiente a confermare la diagnosi di saturnismo. Si deve comunque evitare l'errore che il medico, per spiegare un quadro sintomatologico strano, si appoggi al risultato della sola piombemia modicamente elevata, per fare una diagnosi di saturnismo. Il compito più difficile è quello di confermare od escludere la diagnosi di saturnismo in un soggetto con pregressa esposizione e con una sintomatologia in atto . In tale caso,se i test di laboratorio sono normali, occorre eseguire il test di mobilizzazione con Ca Na2 EDTA. della ENCEFALOPATIA ACUTA con: - meningite asettica DIAGNOSI DIFFERENZIALE dellaCOLICA SATURNINA con: - appendicite acuta - gastroduodenite acuta - malattia ulcerosa - colica renale - colica epatica - porfiria 65 - infestazione parassitaria - meningite infettiva - neoplasie della PARALISI DEL RADIALE con: - polineuriti tossiche - polineuriti virali - sindrome di Guillain Barrè - polineurite diabetica tutte le forme soprariferite sono anche sensitive. TEST DIAGNOSTICI INDICATORI DI DOSE - piombemia PbB - piomburia PbU - piomburia provocata PbU EDTA - piombo nei capelli PbH - piombo nelle ossa (metodo alla rx fluorescenza) INDICATORI DI EFFETTO - ALA deidratasi eritrocitaria ALAD - protoporfirina IX libera intraeritrocitaria EP - zincoprotoprfirina ZPP - acido delta-aminolevulinico urinario ALAU - coproporfirina III nelle urine CPU Altri esami: - esame morfologico del sangue - conteggio delle emazie con punteggiati basofili - conteggio dei reticolociti - dosaggio enzimi nelle urine - elettromiografia EMG - test psicometrici - rx del tubo digerente TERAPIA DEL SATURNISMO La diagnosi di saturnismo impone l’immediato allontanamento dal rischio ed il trattamento con CHELANTI secondo schemi che dipendono dalla entità del quadro. Attualmente i chelanti disponibili per la terapia del saturnismo sono tre: Ca Na2 EDTA, BAL, PENICILLAMINA. I primi due sono utilizzati per via parenterale, l’ultimo per os. In letteratura non compaiono trials in cui i differenti metodi di trattamento siano stati scientificamente comparati, per cui risulta poco agevole stabilire quale sia il trattamento migliore. La regola generale è la seguente: più gravi sono i sintomi più rapido ed efficace deve essere il trattamento. E. D. T . A. (acido etilen-diammino-tetracetico) Nella terapia del saturnismo si usa il suo sale monocalcico disodico(Ca Na2 EDTA). 66 Il farmaco viene impiegato anche nella intossicazioni da rame, ferro, manganese, vanadio e, localmente, nelle ulcere da cromo. Agisce scambiando lo ione Ca con uno ione Pb che si lega ad atomi di ossigeno e di azoto per formare un chelato molto stabile. Non viene metabolizzato ed il 70% viene eliminato nelle prime 4 ore di trattamento, prevalentemente attraverso le urine ma anche con la bile e le feci. Supera difficilmente e molto lentamente la barriera ematoencefalica e non rimuove il Pb delle emazie. Chela esclusivamente il Pb extracellulare. OCCORRE SOSPENDERE LA TERAPIA DOPO ALCUNI GIORNI IN MODO CHE SI RICOSTITUISCA IL Pb PLASMATICO DISPONIBILE. Durante il trattamento chelante con Versenato possono comparire ALBUMINURIA ed IPERAZOTEMIA, che in genere scompaiono al termine del trattamento. Sono stati descritti casi di necrosi tubulare attribuibili al farmaco. E’ possibile la comparsa di FEBBRE, CEFALEA e DERMATITI allergiche. La via di somministrazione del CaNa2EDTA è prevalentemente quella endovenosa. In caso di grave intossicazione o di nefropatia si può ricorrere alla somministrazione per via venosa associata a DIALISI PERITONEALE, per cui si elimina attraverso il liquido dialitico una quantità di metallo notevolmente superiore a quella eliminata con le urine. Il farmaco può essere somministrato anche per via intramuscolare alla dose di 100-600 mg/die. Solitamente si impiega la via venosa per infusione lenta, somministrando in media 1 grammo/die diluito in soluzione fisiologica. Nei casi molto gravi conviene somministrare un eccesso di chelante per infusione continua lenta ed eventualmente associarlo alla contemporanea somministrazione di basse dosi per via intramuscolare, al fine di evitare una eccessiva mobilizzazione del metallo che potrebbe scatenare la insorgenza di una forma florida. PENICILLAMINA (DIMETILCISTEINA) Il farmaco viene anche impiegato come chelante del rame nel morbo di Wilson, nelle intossicazioni da oro e mercurio e nella artrite reumatoide. Lega il Pb mediante atomi di S e di N. E’ efficace per via orale. Il chelato è eliminato con le urine. Il farmaco viene assorbito massivamente a livello gastrico, per cui viene evitata una eccessiva chelazione del Pb presente nel tubo digerente. Può indurre la comparsa di manifestazioni a tipo nefrosico, di dermatiti allergiche, leucopenia e trombocitopenia. Determina allergia crociata con la pennicillina. Viene somministrata per os, a stomaco vuoto, alla dose media di 1 grammo/die. La prima dose non dovrebbe superare i 250 mg. Nel corso del trattamento è opportuno controllare la crasi ematica e la funzionalità renale. BAL o DIMERCAPROLO (2,3-dimercapto-1-propanolo) E’ stato usato nella terapia della intossicazione da vescicanti arsenicali. E’ il farmaco di elezione nella terapia della intossicazione acuta da arsenico, mercurio e oro. Somministrato per via intramuscolare, raggiunge i massimi livelli ematici fra la 2° E’ stato il primo chelante impiegato nel saturnismo. e la 3° ora e viene eliminato completamente fra la 6° e la 24° ora. Si distribuisce rapidamente in tutti i tessuti compreso l’encefalo. Riduce rapidamente il contenuto in Pb delle emazie (chela il Pb intraeritrocitario). La dose singola è di 2,5-5 mg/kg. a seconda della gravità del quadro. Esaurendosi l’effetto farmacologico entro le 4 ore, nella terapia d’attacco deve essere somministrato ogni 4 ore per almeno 4 giorni. rovoca la insorgenza di effetti secondari immediati e reversibili (lacrimazione, blefarospasmo, parestesie, nausea, tachicardia, ipertensione). Oggi si usa il BAL solo nella encefalopatia, in quanto il solo Versenato, nelle prime ore di trattamento, può aggravare la sintomatologia neurologica ed incrementare una sindrome di Fanconi (mediante un rapido incremento del Pb-ione nel sangue in seguito alla sua fuoruscita dalle emazie per la scomparsa del Pb circolante, eliminato dalla rapida azione chelante del Versenato). L’associazione BAL -VERSENATO pare ridurre notevolmente la mortalità per encefalopatia. Il meso-DMSA (acido meso-2,3-dimercapto-succinico) 67 è un analogo del BAL che tuttavia ha la caratteristica di essere IDROSOLUBILE (contrariamente al BAL), assorbibile per via orale e molto meno tossico del BAL, con un indice terapeutico circa 30 volte maggiore. Nel 1991 la FDA ne ha approvato la somministrazione orale nel trattamento dei bambini intossicati la cui piombemia fosse superiore a 45 gamma%. Non è in grado di attraversare le membrane cellulari per cui , similmente all'EDTA, ha esclusivamente una distribuzione extracellulare. Altro chelante analogo al BAL è il DMPS (2,3-dimercapto-1-propansulfonato), liposolubile e pertanto a distribuzione intracellulare nell'organismo. In passato era stato usato nella terapia del saturnismo sotto il nome di Unithiol, ma il suo impiego fu abbandonato a causa della elevata tossicità. SCHEMI TERAPEUTICI a) in assenza di encefalopatia: cicli di terapia con Ca Na2 EDTA alla dose di g.1-2 al di in 500 cc di soluzione fisiologica per infusione venosa lenta, ripetuta per 3-5 giorni e per cicli successivi, intervallati da periodi di 7-10 giorni onde permettere la ricostituzione del metallo nel comparto ematico. b) in caso di encefalopatia saturnina: BAL 2,5 mg/kg + Ca Na2 EDTA 8 mg/kg per via intramuscolare ogni 4 ore per 5-7 giorni, seguiti da un secondo ciclo dopo 2-3 settimane di intervallo se la piombemia è al di sopra degli 80 gamma%., somministrando i due farmaci ad intervalli più allargati (ogni 8-12 ore). La terapia dovrebbe essere continuata con un trattamento a base di PENICILLAMINA per os per 3-6 mesi alla dose di 500-750 mg/24 ore c) in corso di colica: Ca NA2EDTA+ BAL intramuscolo per 3-5 giorni, seguiti da ciclo di PENICILLAMINA per os per 2 mesi oppure fino a quando la Pburia non è scesa al di sotto dei 500 gamma/24 h. d) nella neuropatia del radiale: il trattamento base è fatto con PENICILLAMINA per os per 1-2 mesi. Se la piombemia è superiore a 100gamma% si deve ricorrere al trattamento BAL+Ca Na2EDTA per via intra-muscolare per 3-5 giorni prima del trattamento con Penicillamina. INTOSSICAZIONE DA DERIVATI ALCHILICI DEL Pb Questi composti organici del Pb devono essere trattati a parte per la diversità delle modalità di ASSORBIMENTO, del METABOLISMO, e per il tipo di AZIONE TOSSICA. Tra i numerosi composti piombo-alchilici soltanto due vengono industrialmente utilizzati: il Pb TETRAETILE (TEL) e quello TETRAMETILE (TML). L’unico campo di impiego è quello della etilazione delle benzine: uniti a Cloruro e Bromuro di Etilene costituiscono l’ETHYL FLUID,che viene aggiunto alle benzine nella misura non superiore all’1% . In seguito .alla combustione vengono trasformati ed eliminati sotto forma di sali di Pb. La esposizione al rischio si verifica solo in alcune fasi del processo di etilazione delle benzine (prevalentemente durante il contatto con i fanghi). Pericolosi sono anche i fanghi delle cisterne contenenti benzine etilate. Assorbito attraverso l’apparato respiratorio e la cute, passa facilmente la barriera emato-encefalica. Si accumula prevalentemente nei tessuti ricchi di lipidi e nell’encefalo. Il TML è meno tossico del TEL, tuttavia essendo quest’ultimo meno volatile, il rischio risulta praticamente uguale per i due composti. Una volta assorbito si lega in parte ai lipidi del sangue. Nel fegato (e pare anche nel cervello) viene metabolizzato dalle ossidasi microsomiali in Pb-Trietile, che sembra essere il metabolita tossico. PATOGENESI Non interferisce nella sintesi dell’eme e non esercita azione spasmogena sulla muscolatura liscia. Determina la inibizione delle fosforilazioni ossidative con conseguente ostacolo della glicolisi aerobica. Inibisce la 5idrossi-triptofano decarbossilasi con conseguente riduzione della concentrazione di serotonina nel cervello. Interferisce sulla conduzione adrenergica e colinergica. La intossicazione esordisce con sintomi aspecifici e, nei casi lievi ,non progredisce con ulteriore aggravamento. Nei casi gravi la sintomatologia può essere improvvisa e drammatica. Più precoce è l’insorgenza dei sintomi più severa è l’intossicazione (in genere, se i sintomi insorgono 8 giorni dopo la cessazione della esposizione, la prognosi è favorevole). 68 L’INTOSSICAZIONE LIEVE e gli stadi PREMONITORI di una intossicazione più grave sono caratterizzati da sintomi nervosi (insonnia,instabilità emotiva, cefalea, onirismo terrifico, iperattività psichica, turbe vestibolari); da turbe gastroenteriche (anoressia, nausea, sapore metallico, vomito, diarrea). Sono presenti tremore, accentuazione dei riflessi tendinei e ipotensione arteriosa. Nei casi gravi, ai prodromi fa rapidamente seguito un quadro drammatico con allucinazioni, agitazione psicomotoria, accessi di riso e di urla. La ipereccitazione può durare per alcuni giorni e sfociare in uno stato comatoso seguito da morte o dal miglioramento. Qualora compaia il coma la prognosi è severa. Durante la remissione, che può richiedere settimane o mesi, persistono a lungo i sintomi neurologici. DIAGNOSI Oltre alla tipica sintomatologia si riscontra un aumento della Piomburia senza aumento della Piombemia ed una diminuzione della ALA-deidratasi senza aumento dell’ALA urinario. TERAPIA Il trattamento è esclusivamente sintomatico. Sono necessari abbondanti dosaggi di barbiturici e benzodiazepine. PREVENZIONE del RISCHIO da Pb Il DL 277/91 che ha recepito le direttive CEE sul rumore, piombo e amianto, indica le norme per la protezione dei lavoratori dai rischi relativi. Il DL stabilisce che nel caso di esposizione al Pb, al fine di adottare misure preventive e protettive, il datore di lavoro è tenuto ad effettuare una valutazione della esposizione dei lavoratori al metallo. In particolare deve essere valutata la concentrazione del Pb nell’atmosfera dell’ambiente di lavoro, individuando sia i punti di emissione sia quelli a maggior rischio. La valutazione della esposizione comprende una determinazione della esposizione personale (è consigliabile l’uso del campionatore individuale) ed una determinazione della piombemia. Se il Pb nell’ambiente di lavoro supera i 40 gamma/m3,come media ponderata per 8 ore lavorative e/o i livelli individuali di piombemia sono uguali o superano i 35 gamma/100 ml, il datore di lavoro è tenuto ad attuare le seguenti misure: 1) informazione dei lavoratori : - sul corretto uso dei mezzi individuali di protezione - sulla necessità del monitoraggio ambientale e biologico - sui risultati dei controlli ambientali e biologici 2) assunzione di misure tecniche, organizzative e procedurali: - caratteristiche degli ambienti e degli impianti - impiego del Pb in quantità non eccedente - riduzione al minimo del numero di esposti - evitare e ridurre la emissione e la diffusione del Pb - uso di appropriati indumenti di lavoro e di mezzi protettivi individuali 3) misure igieniche: - regolare ed adeguata pulizia degli impianti e dei locali - disponibilità di aree senza rischio di contaminazione da Pb per sostare nelle pause, fumare o consumare cibi e bevande - disponibilità di servizi igienici provvisti di docce 69 - possibilità di riporre gli indumenti da lavoro in luoghi separati da quelli destinati agli abiti civili. Il trasporto degli abiti da lavoro va effettuato in imballaggi chiusi ed il lavaggio va eseguito in lavanderie che dispongano di macchine esclusivamente adibite a tale funzione. 4) controllo sanitario: - visite mediche preventive onde verificare la esistenza della idoneità (assenza di emopatie congenite e acquisite, di insufficienza renale o epatica) - visite periodiche per il controllo delle condizioni di salute e della persistenza della idoneità. La periodicità delle visite è annuale, salvo si verifichi il superamento dei valori limite biologici (vedi tabella) 5) controllo della esposizione dei lavoratori: va eseguito attraverso la misurazione della concentrazione del metallo nell’aria (media ponderata per 8 ore giornaliere). Il controllo va effettuato : -annualmente : -se il Pb ambientale è al disotto di 100gamma/m3 in due controlli immediatamente precedenti. -la piombemia è uguale o inferiore a 60 gamma% - semestralmente: -se vengono superati tali parametri. Se viene superata la concentrazione ambientale di 150 gamma/m3 il datore di lavoro deve: - - identificare e rimuovere le cause - provvedere alla determinazione dei parametri biologici - verificare l’efficacia delle misure adottate mediante la nuova determinazione del Pb nell’aria informare i lavoratori e l’organo di vigilanza MERCURIO E' l'unico metallo liquido alla temperatura ambientale. E' dotato di discreta VOLATILITA' per cui alla t° ambientale emette vapori in quantità apprezzabile (vedi tab.). Molti metalli si sciolgono nel mercurio con la conseguente formazione di AMALGAME. Il principale minerale da cui viene estratto il M. è il CINABRO (solfuro di mercurio). L'Italia detiene più di 1/5 delle riserve mondiali del metallo. 70 Tra i componenti di maggior interesse sotto l'aspetto tossicologico ricordiamo i sali solubili (ad es. il Cloruro mercurico o Sublimato corrosivo), il cloruro mercuroso o Calomelano, gli Ossidi, il Nitrato di Hg ed i composti organo-mercuriali. Nelle tabelle vengono riportate le principali lavorazioni a rischio ed i composti del mercurio maggiormente interessati. Il M. è presente nel suolo, nella atmosfera e nelle acque in un equilibrio geochimico che tende a mantenere costanti le singole concentrazioni ed i vari dei composti inorganici ed organici. L'enorme aumento dell'impiego del M. a livello industriale ha sconvolto, nel corso di questi decenni, l'equilibrio preesistente, rendendo così assai complesso il controllo a livello ambientale e problematica la valutazione della esposizione industriale (prevalentemente la produzione di Cloro-Soda e la combustione del petrolio e derivati). Conseguenza di ciò è la assunzione del Mercurio nella catena alimentare attraverso due vie: acqua ed alimenti (vegetali ed animali). La valutazione del M. in vari strati di ghiaccio in Groenlandia dimostra, similmente a quanto avviene nei confronti del Piombo, un notevole incremento a partire dall’inizio del 1900 fino ai giorni nostri, correlabile all’incremento del M. nell’acqua piovana. Per quanto riguarda il nostro paese, la maggior fonte di inquinamento industriale da Hg è rappresentata dagli impianti di produzione Cloro-soda. Negli USA fu calcolato che la perdita di Hg per ogni tonnellata di cloro prodotta fino al 1970 variava da 45 a 250 grammi, con una perdita media annuale di 400 tonnellate. Da quel periodo in poi, mediante il riciclo delle acque di scarico, e l'impianto di bacini di sedimentazione, la riduzione degli scarichi di Hg è risultata mediamente dell'86%. Non dobbiamo tuttavia sottovalutare la liberazione di M. nell’atmosfera derivante dalla combustione di petroli ed altri idrocarburi naturali (la concentrazione dl metallo nella atmosfera delle grandi città è stata valutata di circa i mcg/m3 ).Il risultato globaleè che circa 2000 tonnellate di Hg sono state disperse tra gli anni ’60 e’70 (4 volte più rispetto al periodo 1900-1940). La conseguenza più grave di tale dispersione è rappresentata dalla assunzione del M. nella catena alimentare attraverso l’acqua e gli stessi alimenti. L’ingresso del derivato organico del M, nella catena alimentare dell’uomo si verifica nel seguente modo: il M. inorganico e quello inorganico vengono trasformati in METILMERCURIO ad opera dei microrganismi nelle condizioni anaerobie esistenti nei fondali delle riviere o dei laghi (vedi tab.). I derivati organici vengono quindi assorbiti dal plancton che a sua volta è assorbito dai pesci, il cui contenuto in metilmercurio aumenta progressivamente. Anche il fitoplancton si arricchisce in organomercuriali. La ingestione di carni animali nutriti con cereali trattati agli organomercuriali può provocare intossicazioni. In Svezia ed in Canada sono state riscontrate elevate concentrazioni di Mercurio (100 ppm) in alcuni uccelli. La causa di tale contaminazione si identificava nel fatto che gli uccelli si erano alimentati con granaglie o con pesce contenenti il metallo. La contaminazione delle acque da parte del M. accelera il processo di contaminazione degli alimenti in quanto il M. ed i suoi composti si concentrano negli organismi acquatici viventi ad un tasso di 103-105 rispetto al M. libero nelle acque, prevalentemente come Metilmercurio, in quanto i microrganismi anaerobi dei fanghi trasformano il Mercurio in composto alchilato. L'inserimento del M nella catena alimentare ha determinato la comparsa di quella gravissima epidemia che va sotto il nome di SINDROME di MINAMATA, dal nome del villaggio presso l'omonima baia nel Giappone, interessata dagli scarichi di un impianto industriale per la produzione di acetaldeide. Nel periodo dal 1953 al 1960 furono colpite dalla intossicazione 121 persone, di cui 48 decedute a seguito della alimentazione con pesce contaminato. Significativi sono anche, per quanto riguarda il nostro paese, i dati relativi ad una analoga zona costiera con analoghi problemi di scarichi industriali, la baia di VADA (Livorno): nel 1979 infatti le concentrazioni medie di Hg totale in pesci di diverso tipo arrivavano a 2,1 mg/Kg di pesce umido, rappresentate per più del 90% da metilmercurio. Da notare che il tasso di M. nel pesce destinato alla alimentazione umana non deve superare, in Italia, limitatamente al pesce spada, lo squalo congelato ed il pesce importato gli 0,7 mg/kg di pesce umido. La produzione di pane con grano trattato con preparati organomercuriali fu la causa di numerosi casi di avvelenamento avvenuti in Iraq (1956,1964,1962), in Pakistan ( 1961) ed in Guatemala (1963,1964,1965). ASSORBIMENTO DEL MERCURIO 71 Via inalatoria: è la principale via di assorbimento del mercurio metallico(sotto forma di vapore) nella esposizione professionale. La percentuale di ritenzione polmonare varia dal 74 al 76%. Attraverso la via respiratoria vengono assorbiti anche i derivati organici. Via digerente: è la principale via di assorbimento dei composti inorganici solubili del Mercurio. Sotto il profilo della esposizione professionale è irrilevante. Il Mercurio metallico viene assorbito dal tubo digerente in quantità irrilevante. Attraverso questa via i composti organici del metallo sono assorbiti in elevata quantità. Via cutanea:i composti organici, se veicolati da solventi adatti, possono essere assorbiti attraverso la cute integra. Viasottocutanea: rappresenta sempre una via di assorbimento accidentale. TRASPORTO e DISTRIBUZIONE nei TESSUTI Il MERCURIO possiede una spiccata affinità per i gruppi sulfidrilici. Il M. elementare inalato viene in massima parte ossidato, nel sangue e negli eritrociti, a ione mercurico. Finché si trova allo stato elementare è liposolubile ed oltrepassa facilmente la barriera ematoencefalica, accumulandosi nel cervello. Dopo la ossidazione a ione mercurico, si comporta tossicologicamente come ione. Nel sangue è distribuito equamente tra plasma (legato alla albumina) e all’interno delle emazie (fissato in gran parte ai gruppi SH della globina). I composti organici del M. vengono trasportati all’interno dei globuli rossi nella misura del 90%. Nella esposizione a vapori, il M. si deposita in gran parte nel SNC e nel rene, con facile passaggio attraverso la barriera placentare ed accumulo nel feto. Sia i composti inorganici che quelli organici si depositano in parte nel SNC ed in gran parte nei parenchimi specialmente nel rene. Nel SNC il M è particolarmente concentrato nelle cellule di Purkinje del cervelletto, nel nucleo dentato e, successivamente, in altre zone dell’encefalo. L’emivita biologica del M. inorganico accumulato a livello renale, valutabile in 64 giorni, è più lunga di quello del M. nell’organismo in toto (58 gg), tuttavia inferiore a quella nel SNC (1 anno). 72 Una parte importante del M. inorganico si fissa nel rene ad una proteina simile alla Tioneina. Tale proteina sembra avere un ruolo di difesa poiché l’azione tossica del metallo si avrebbe solo quando la sua capacità di fissarlo sia esaurita. I composti organici del M., essendo molto liposolubili, attraversano facilmente la barriera ematoencefalica, accumulandosi nel cervello. Essi attraversano facilmente anche la barriera placentare. Tutti i composti organomercuriali si concentrano facilmente nei capelli. Il M. intracellulare è particolarmente accumulato nei lisosomi. ESCREZIONE Sotto qualsiasi forma penetri nell’organismo il M. viene eliminato attraverso : - reni (l’eliminazione aumenta con il progredire della esposizione) - feci (bile, succhi digestivi, saliva, mucosa digerente) - ghiandole sudoripare - capelli e annessi cutanei - placenta - latte - aria espirata(M. inorganico) Viene prevalentemente secreto dai tubuli renali. I processi di deposito e di escrezione renale sono sincronizzati: a partire dal momento in cui inizia la esposizione c’è una latenza nella escrezione massima fino a che il rene non abbia accumulato una certa quantità di metallo. Una quota discreta del M. viene eliminata col sudore, anche se tale via di eliminazione non è stata sufficientemente valutata MECCANISMO di AZIONE Il meccanismo di azione del M. è tuttora in parte sconosciuto. Giunto a contatto con i tessuti in concentrazioni elevate provoca necrosi coagulativa per precipitazione delle proteine cellulari. Per la spiccata affinità del M. per i gruppi sulfidrilici il metallo viene a bloccare numerosi recettori costituenti la maggior parte dei componenti proteici, quelli essenziali per la integrità delle membrane cellulari ed in particolare gli enzimi. In vitro gli ioni Mercurio inibiscono un centinaio di enzimi ed interferiscono nella maggior parte delle funzioni di membrana. E’ stato ipotizzato che la tossicità a livello cellulare sia da attribuire alla azione del M. sugli enzimi idrolitici lisosomiali in seguito all’accumulo selettivo del metallo a livello dei lisosomi. 73 A livello renale pare che rivesta un ruolo importante la metallotioneina la cui sintesi nel rene è stimolata dal M. stesso: una volta saturata la capacità di legame compaiono gli effetti tossici a livello dell’organo. Il M. non stimola la sintesi della tioneina a livello epatico. Il M. alchilato deprime la sintesi proteica ed il ciclo di Krebs. Pare che esistano delle interazioni biologiche tra M. e Selenio, per cui alcuni composti del Selenio sembrano esercitare un effetto protettivo nei confronti del M. organico. INTOSSICAZIONE ACUTA DA MERCURIO INORGANICO a) Per via inalatoria (sotto forma di vapori) Per esposizione ad elevate concentrazioni ambientali di vapori si verifica una irritazione delle vie respiratorie (bronchiti e bronchioliti erosive) che nelle forme più gravi può sfociare nell’edema polmonare chimico e nella polmonite chimica interstiziale(ARDS). b) Per via digerente (sali solubili) la dose letale per l’uomo si aggira sul grammo. Irritazione massiva dell’apparato digerente con gastroenterite emorragica dovuta all’azione necrotizzante del M. sulle mucose. Stomatite ulcerosa. Necrosi del tubulare renale con nefropatia anurica e shock. Se il p. supera la fase anurica, dopo un periodo di poliuria isostenurica (per la distruzione dell’epitelio tubulare), si può avere una lenta guarigione. c) Per penetrazione parenterale. Comparsa di manifestazioni infiammatorie locali. Raramente si verifica la possibilità di gravi fenomeni embolici. Si può verificare la formazione di granulomi e la comparsa di segni di intossicazione generale. Il M. ò provocare la comparsa di dermatiti allergiche sia da contatto, sia in seguito alla sua introduzione. INTOSSICAZIONE CRONICA da MERCURIO INORGANICO Maggiormente interessati sono gli apparati nervoso,digerente e renale. A carico del SNC: a ) di ordine psichico: eretismo, turbe della personalità e del carattere, allucinazioni, ipocondria, demenza. 74 b) il tremore è il sintomo più caratteristico. E’ statico ed intenzionale. Inizialmente è lieve ed inavvertito. Nelle forme più gravi (concussio mercurialis) può continuare anche durate il sonno, con scosse tonico cloniche che possono interessare tutta la muscolatura volontaria. c) Nei casi più gravi si associano alterazioni dei nuclei della base e del cervelletto con facies parkinsonianana, asinergia, adiadococinesia, nistagmo, turbe della parola (psellismo). A carico del S.N.P. Comparsa di polineuriti sensitivo motorie per interessamento delle cellule delle corna anteriori e degenerazione assonica. A carico dell’APPARATO DIGERENTE : Stomatite, gengivite facilmente emorragica, piorrea espulsiva. Orletto gengivale di colore grigio argento. Ipertrofia delle ghiandole salivari. Sono presenti anoressia, dispepsia, dimagrimento fino alla cachessia. A carico del RENE. Sindrome nefrosica con albuminuria ed edemi. Si ha un interessamento tubulare su base tossica ed un interessamento glomerulare su base verosimilmente immunologica. La nefropatia tende a regredire coll’allontanamento dal rischio. Mercurialentis: fenomeno evidenziabile all’esame oftalmologico, attualmente de raro riscontro. Consiste nella comparsa di un riflesso grigio - bruno dovuto al deposito di particelle di M. nella capsula del cristallino. Una dermatosi eritemato - papulosa può comparire anche nella intossicazione cronica. La comparsa della sintomatologia neurologica e psichica del mercurialismo cronico è preceduta da una “sindrome neurovegetativa o micromercurialismo” caratterizzata da aumento di volume della tiroide (aumento della captazione del radioiodio), tachicardia, dermografismo, gengivite ed incremento della eliminazione urinaria del metallo. Inizia quindi a comparire il tremore, all’inizio intenzionale e che interessa le funzioni motorie molto innervate quali polpastrelli, labbra e palpebre. INTOSSICAZIONE da COMPOSTI ORGANICI del MERCURIO I composti organici del mercurio possono agire come tali, determinando la insorgenza di un quadro prevalentemente neurologico, oppure liberare il mercurio ione determinando quindi la comparsa dei sintomi dell’idrargirismo. 75 Nella intossicazione da composti alchilici, dopo una latenza variabile da alcuni a parecchi giorni, compare una sintomatologia caratterizzata da astenia, apatia, parestesie alle labbra, alla lingua ed alle dita. Compare quindi atassia cerebellare, disartria, insorgenza di movimenti coreici ed atetosici. Cecità di origine corticale. Sordità. Interessamento dei nervi periferici. Sintomi psichici: irritabilità, depressione, confusione mentale. Coma e morte. Nella intossicazione da ETIL-MERCURIO, oltre ai sintomi esposti, compaiono: atrofia muscolare progressiva e turbe digestive. Particolarmente sensibile è il SNC del feto. Il composto è teratogeno provocando la insorgenza di malformazioni gravi. Frequente la comparsa di dermatiti. 0,3 mg./die nella dieta per alcune settimane possono provocare la comparsa di un quadro neurologico. I segni neurologici iniziano quando nel cervello viene raggiunta la concentrazione di 8 ppm pari a 12 mg. Già a concentrazioni di 1 ppm (corrispondenti a 2 gamma/l nel sangue) si avvertono parestesie. DIAGNOSI La diagnosi viene posta in base alla anamnesi lavorativa e a quella patologica, alla obiettività clinica e ai valori del mercurio nel sangue, urine e capelli. Utile possono risultare l’elettromiografia e la esplorazione della funzionalità renale. Dosaggio del M. nelle urine: si ha un’ampia fluttuazione nella escrezione del metallo nell’arco delle 24 ore e della settimana, per cui tale parametro non può essere utilizzato come indicatore di intossicazione, ma soltanto come indicatore di esposizione ( soprattutto come valore medio rilevato nel gruppo omogeneo di esposti). Nei soggetti esposti un valore medio di 50 gamma/l rilevato nel gruppo omogeneo corrisponde all’incirca alla esposizione a 0,05 mg/m3 (attualmente il TLV-TWA è di 0,025 mg/m3 L’IBE attualmente è di 35 gamma/g. di creatinina. Dosaggio del mercurio nel sangue: è stata evidenziata una correlazione tra le concentrazioni ematiche del metallo e la incidenza dei sintomi soggettivi in gruppi di esposti esaminati. Il BEI è di 15 gamma/ litro nella esposizione al M. inorganico Dosaggio nei capelli : 76 il dosaggio del metallo nei capelli può risultare utile nella valutazione della quantità assorbita con la crescita del capello, per cui tale valore fornisce un indice di accumulo. TERAPIA a) INTOSSICAZIONE ACUTA In caso di ingestione di un sale solubile: - lavanda gastrica con acqua albuminosa e bicarbonato - somministrazione intra muscolare di BAL alla dose di 3-4 mg Kg ogni 4 ore per via intramuscolare nei primi due giorni ed ogni 12 ore per 10 giorni. b) INTOSSICAZIONE CRONICA E' solo sintomatica. Non esiste terapia efficace dell'intossicazione cronica INTOSSICAZIONE DA COMPOSTI ORGANICI La terapia è solo sintomatica CROMO Metallo che allo stato puro è di colore grigio acciaio. E’ molto resistente all’usura. E’ presente sotto forma bi-, tri- ed esavalente. E’ un oligoelemento essenziale e si trova nei tessuti in forma trivalente. Hanno interesse industriale solo i composti tri- ed esavalenti. I composti del Cr trivalente (cromici) derivano dal sesquiossido (Cr2O) e rivestono importanza industriale il verde cromo ed il solfato cromico I composti esavalenti o cromati derivanti dal triossido (CrO3) o acido cromico, sono forti ossidanti, tossici e diffusamente utilizzati. La principale fonte naturale di Cr è la CROMITE, di cui esistono giacimenti anche in Italia. IMPIEGHI del CROMO e FONTI di RISCHIO - metallurgia del cromo - siderurgia degli acciai speciali - cromatura galvanica - concia minerale delle pelli: gli atomi di Cr si legano ai gruppi carbossilici del collageno formando ponti che saldano le catene proteiche in modo tale da rendere la pelle imputrescibile e resistente - fabbricazione di cromati e bicromati: pigmenti e coloranti e loro impiego (industria tessile litografia, stampa, conceria, tintoria, fotografia) - addizione del Cr nei mattoni refrattari per altiforni - manipolazione del cemento contenete Cr esavalente CINETICA 77 E’ assorbito principalmente per via inalatoria, mentre le altre vie non hanno importanza sotto il profilo professionale. Il CROMO ESAVALENTE è dotato di notevole potere OSSIDANTE per cui, a contatto con i tessuti provoca la ossidazione dei gruppi SH-- di alcuni aminoacidi con formazione di ponti S-S e conseguente alterazione della struttura delle proteine (EFFETTO USTIONE). Probabilmente da tale effetto deriva la capacità del Cr esavalente di passare attraverso le membrane biologiche intatte, e in tale passaggio si riduce a Cr TRIVALENTE. Il Cr trivalente ha la proprietà di legarsi alle proteine dando origine a complessi Cr-PROTEINA dotati anche di azione antigenica. Si ritiene che nell’organismo il Cr si trovi solo sotto forma trivalente, tanto che sia entrato come tale attraverso soluzioni di continuo della cute o attraverso le vie respiratorie o sia penetrato sotto forma esavalente attraverso l’effetto ustione. Non si hanno notizie circa gli eventuali effetti tossici del Cr metallico. Una volta assorbito il Cr trivalente è trasportato per via ematica , legato alle proteine plasmatiche. Il Cr esavalente, per la possibilità di attraversare le membrane cellulari, penetra negli eritrociti ove, sotto forma trivalente, si lega alla globina. Circa il 50% del Cr intracellulare è legato all’acido ribonucleico. Si accumula nei polmoni, ossa, fegato, milza e reni. La via principale di eliminazione è quella urinaria. In parte viene eliminato attraverso le mucose digerenti. MECCANISMO D’AZIONE - effetto irritante (effetto ustione) - effetto sensibilizzante - azione sugli enzimi - azione oncogena QUADRI CLINICI INTOSSICAZIONE ACUTA L'assorbimento accidentale di sali di cromo provoca generalmente sintomi acuti da irritazione gastrointestinale. 78 E' presente un interessamento renale con oliguria ed il quadro può sfociare nella insufficienza renale acuta. Sono state descritte anche lesioni epatiche con ittero. La inalazione dei elevate quantità di cromo esavalente o di fumi e vapori di Cr può determinare gravi effetti irritativi a carico dell’apparato respiratorio. INTOSSICAZIONE CRONICA a) Manifestazioni Cutanee La lesione tipica è l'ULCERA da Cromo con sede preferenziale al dorso delle mani e degli avambracci: le ulcere si manifestano negli esposti ad acido cromico ed a cromati, assumendo il tipico aspetto ad "occhio di pollo"; sono dovute all'effetto ossidante (concia) o "effetto ustione". Sono rotondeggianti, a margini lisci, rilevati, duri; molto profonde, potendo raggiungere l'osso sottostante. Con l'allontanamento dal rischio si ha la guarigione, residuando di solito una cicatrice infossata e spesso iperpigmentata.In epoca preantibiotica, nelle localizzazioni alle dita (peraltro molto frequenti) si verificava spesso una complicanza osteomielitica che a volte richiedeva l'amputazione della falange o del dito. L'ECZEMA ALLERGICO è dovuto ai composti del Cr esavalente e si manifesta in quelle categorie di lavoratori che vengono a contatto con i vari prodotti del Cr esavalente. Frequentemente colpiti sono coloro che lavorano a contatto con il CEMENTO (eczema dei muratori). Nel soggetto sensibilizzato anche il Cr metallico può scatenare la comparsa dell'eczema.L'eczema da cromo di solito è inizialmente localizzato alle mani, avambracci, caviglie e piedi, quindi si può estendere. b) Manifestazioni respiratorie ULCERAZIONE DEL SETTO NASALE: Si manifesta negli esposti al Cr esavalente e si localizza prevalentemente nella regione antero inferiore del setto cartilagineo (zona di Little), in cui la mucosa, essendo priva di sottomucosa con relative ghiandole, presenta minore resistenza nei confronti dell'effetto ustione. L'ulcera, spesso preceduta da atrofia localizzata della mucosa, decorre per lo più in modo silente e progredisce fino alla perforazione del setto. Raramente si instaura anosmia. Sono state descritte ulcere da cromo in altre sedi dell'apparato respiratorio (faringe, laringe, trachea e grossi bronchi). 79 La esposizione al Cr esavalente può determinare anche la comparsa di bronchiti croniche irritative con alterazioni della funzionalità respiratoria. I casi di ASMA ALLERGICO da cromo sono poco frequenti c) Manifestazioni a carico dell'apparato digerente Negli esposti al Cr esavalente è stata segnalata una più elevata incidenza di ulcere gastriche e duodenali. E' stata descritta anche una enteropatia cronica da Cr con quadro simile alla colite ulcerosa ed alla ileite terminale. In letteratura sono stati riferiti casi di epatopatia ad impronta necrotica attribuiti al metallo. d) Manifestazioni Renali Da alcuni è ammessa la Nefropatia da Cr, dovuta prevalentemente all'azione del metallo sugli enzimi delle cellule dei tubuli renali: Sarebbe una tipica nefropatia da eliminazione: il Cr filtrato attraverso i glomeruli viene riassorbito dai tubuli. In condizioni di aumentato assorbimento il Cr non verrebbe completamente eliminato e di conseguenza si accumulerebbe nel tubulo, determinando in tal modo la inibizione del riassorbimento tubulare del metallo stesso, per cui si avrebbe un incremento della sua Clearence che sarebbe proporzionale alla durata della esposizione. e) Rischio Oncogeno. Il Cr esavalente attraversa le membrane cellulari ma la sua vita è molto breve in quanto viene rapidamente ridotto a Cr trivalente. E' la forma trivalente che risulta cancerogena. Se la riduzione da ESA a TRIVALENTE avviene nel citoplasma, lontano dal nucleo, il rischio oncogeno è basso, ma se avviene in prossimità del DNA nucleare, il potenziale oncogeno diviene ELEVATO. Pertanto se il Cr, divenuto trivalente, si lega ai componenti citoplasmatici, esso non risulta oncogeno, ma se si lega agli acidi nucleici, agli enzimi nucleari e ai nucleotidi, lo sarà. I cromati INSOLUBILI, non potendo cedere il Cr+++ non sono oncogeni. I Cromati altamente o rapidamente solubili(come quelli di Na o di K o l'Acido Cromico stesso),venendo eliminati rapidamente, non risultano oncogeni. I Cromati a lenta o moderata solubilità ( cromato di Ca, di Pb o di Zn) risulterebbero i più pericolosi per la lunga persistenza nei tessuti e per la capacità di raggiungere i nuclei delle cellule del polmone. 80 Le forme neoplastiche sono in prevalenza di origine broncogena e le metastasi ai linfonodi toracici sono frequenti. Nei lavoratori esposti ai cromati sono stati descritti anche tumori a carico dei seni paranasali ed orofaringei, tuttavia senza che vi sia certezza che la frequenza di tali neoplasie sia veramente superiore a quella attesa. DIAGNOSTICA DI LABORATORIO CROMURIA: si ha un incremento della clearence renale del Cr che è direttamente proporzionale alla durata della esposizione. La cromuria (CrU) è un l'indicatore di esposizione .Enzimuria: il dosaggio della Beta-glicurunidasi sarebbe correlabile alla entità della esposizione Cutireazione al Bicromato di K: che risulta positiva nei soggetti sensibilizzati Citologia dell'escreato e del muco nasale Rinoscopia anteriore LAVORAZIONI DEL CROMO A RISCHIO DI PATOLOGIA NEOPLASTICA - FONDERIE DI MINERALE DI CROMO: non risulta maggiore evidenza di tumori:Presenza di rischi da altri fattori -LAVORAZIONE DEL CROMO METALLICO e LEGHE: non risulta maggiore evidenza di tumori. Rischi da altri fattori -PRODUZIONE DI PIGMNENTI: aumento delle neoplasie polmonari (cromati di Ca, Pb e Zn) - GALVANICA: non risulta maggiore evidenza di tumori. Rischi da altri fattori. -SALDATURA: aumento dei tumori (vi sono oncogeni diversi dal Cr) -PRODUZIONE FERRO-LEGHE: non risulta maggiore evidenza. Rischi da altri fattori -VERNICIATURA A SPRUZZO: non risulta una chiara relazione con l'aumento di patologia neoplastica CADMIO Il CADMIO (Cd) è un sottoprodotto della industria dello ZINCO. Questo metallo è oggigiorno impiegato in larga misura, prevalentemente nella produzione di leghe metalliche e nella copertura dei metalli. FONTI di INTOSSICAZIONE -Metallurgia dello zinco ed estrazione del Cd dai suoi residui -Cadmiatura galvanica 81 -Fabbricazione di leghe: Cd-Fe(acciai per cuscinetti a sfere);Cd-Cu-Zn (cavi elettrici);Cd-Pb-Zn-Bi o lega di Wood che fonde a 71° e viene usata per bocchettoni antincendio e per valvole fusibili -Fabbricazione ed impiego di bacchette per saldatura -Fabbricazione di accumulatori al Cd-Ni -Uso nell'industria atomica(fabbricazione di barre di controllo e di vetri al Cd per la cattura di neutroni) -Fabbricazione ed impiego di smalti e vernici - Produzione di: cellule fotoelettriche, lampade a vapori di Cd, fuochi d'artificio, apparecchiature elettriche - Come stabilizzante nella industria delle materie plastiche - E' contenuto nei concimi fosfati. Il Cd, pur non essendo un oligoelemento biologicamente indispensabile per la vita animale, si trova anche negli individui non esposti professionalmente in quantità progressivamente crescente con l'età. Il metallo viene infatti assorbito attraverso gli alimenti in ragione circa del 6% dei 40 gamma introdotti giornalmente. Il Cd assieme al Pb è presente nel fumo di sigaretta, nell'aria atmosferica degli agglomerati urbani e delle zone industriali. I licheni ed i muschi sono organismi che accumulano i metalli pesanti tra cui il Cd. La loro concentrazione in Cd permette di valutare la entità dell'inquinamento atmosferico (il loro tasso in Cd è generalmente inferiore al ppm ma in prossimità di fonti inquinanti può raggiungere le 100 ppm). Essendo il Cd solubile negli acidi inorganici ed organici, esso può essere ceduto da stoviglie e contenitori per cibi in Zn contenenti Cd oppure da contenitori cadmiati. Il consumo di acqua contaminata da raffinerie di Zn,Cd e Cu, ed il consumo di riso coltivato in tali acque, ha provocato in Giappone la comparsa di una intossicazione collettiva, chiamata "Sindrome di Itai Itai, caratterizzata da gravi quadri di osteomalacia con notevole componente algica. CINETICA Nella esposizione professionale il Cd è assorbito prevalentemente attraverso la via respiratoria con una ritenzione che varia dal 10 al 40 %. Attraverso la via digerente ne viene assorbito circa il 5%. L’assorbimento attraverso l’apparato digerente è limitato in quanto la ingestione di quantità consistenti del metallo provoca rapidamente il vomito. Una dieta mista normale contiene giornalmente da 30 a 60 gamma di metallo. 82 E’ un tossico che si accumula. Un basso contenuto in calcio nella dieta fa aumentare l’assorbimento del metallo. Si deposita prevalentemente nei polmoni, reni, fegato, pancreas, tiroide e testicoli. Il fegato è il principale deposito iniziale. La eliminazione dal fegato tuttavia è più rapida di quella dal pancreas e dai reni per cui, dopo un certo periodo, la concentrazione in questi organi supera quella del fegato. La quantità totale di Cd in un individuo adulto non esposto professionalmente varia da 10 a 50 mg. Nei tessuti si fissa selettivamente alla tioneina, una alfa-globulina ricca di radicali SH- per cui il Cd si fissa ad essi. Il Cd stimola la sintesi della tioneina soprattutto nel fegato ma anche in altri organi quali il rene.Nel sangue il Cd per il 90% è all’interno delle emazie legato alla emoglobina ed alla tioneina. Secondo alcuni AA il trasporto del metallo dal fegato agli altri organi avviene sotto forma di complesso metallo-tioneina, complesso che passa attraverso il filtro glomerulare e viene riassorbito nel tubulo prossimale; alcuni AA hanno ipotizzato che tale complesso sarebbe, nei confronti del rene, più tossico del Cd libero e dei sui composti non coniugati.Negli esposti il livello del Cd ematico aumenta in apparente relazione alla esposizione con valori variabili da 2 a 10 gamma % ed oltre. Cessando la esposizione, la cadmiemia per lo più diminuisce ma di solito non ritorna normale (al di sotto di 1 gamma %). Negli esposti la eliminazione urinaria di Cd si mantiene abbastanza bassa per un periodo di tempo necessario affinchè si raggiunga nel rene una concentrazione critica in grado di innescare la lesione renale e solo allora si avrà un netto incremento della cadmiuria associata naturalmente alla proteinuria. Se la esposizione cessa la cadmiuria diminuisce senza tuttavia ritornare ai valori normali. Attraverso le feci viene eliminato il Cd non assorbito e quello eliminato con la bile. Il metallo viene eliminato anche attraverso gli annessi cutanei. La cadmiemia (CdS) è l’indicatore più attendibile della esposizione recente, essendo correlata strettamente alla concentrazione del metallo nell’aria dell’ambiente di lavoro. La cadmiuria (CdU) è l’indicatore più idoneo dell’accumulo tissutale: essa aumenta quando il Cd ha raggiunto nel rene la situazione critica e da tale momento sta ad indicare, oltre alla quantità di metallo accumulato , anche la entità della esposizione. Tra CdS e CdU non vi è correlazione nella esposizione recente. MECCANISMI DI AZIONE 83 Il CADMIO in generale agisce attraverso la inibizione diretta di diversi enzimi, specialmente di quelle contenenti gruppi sulfidrilici, interferendo per questa o per altre vie anche col metabolismo di oligoelementi quali Zn, Co e Cu. Sono inibite la anidrasi carbonica,la alfa-1-antitripsina e l’angiotensinasi esercita anche una spiccata azione irritante sui tessuti con cui viene a contatto (mucose respiratorie e le digerenti) INTOSSICAZIONE ACUTA a) PER INGESTIONE Si tratta in genere di intossicazioni di origine extraprofessionale. Sono quasi sempre dovute alla ingestione di cibi o di bevande contenute in recipienti cadmiati. Il Cd agisce come irritante della mucosa gastroenterica e possiede spiccata azione emetica (il vomito in genere previene la ingestione di elevate quantità di Cd). La sintomatologia inizia entro pochi minuti dalla assunzione dell'alimento contaminato (10'-30') e ciò è utile per fare la diagnosi differenziale con altre intossicazioni alimentari. I sintomi sono caratterizzati da scialorrea, gastralgie, vomito talora sanguinolento, algie addominali, diarrea, tenesmo e mialgie.Rari sono i casi mortali. b) PER VIA INALATORIA I fumi di CdO sono inodori e non sonoimmediatamente irritanti. Ciò rappresenta un inconveniente in quanto il lavoratore non si allontana precocemente dal rischio. I sintomi iniziano a carico delle vie superiori in genere dopo 3-4ore dall'inizio della esposizione con secchezza delle mucose rinofaringee e laringotrachealiI, starnutazione e tosse secca.. E' presente in bocca sapore metallico(accentuato dal fumo di sigaretta). In seguito compare cefalea, febbre con brivido,dolori torecici, nausea e vomito. Il quadro viene frequentemente scambiato per una forma influenzale o per una febbre da fumi etallici. Questi segni possono attenuarsi fino a scomparire. Dopo un periodo di 12-36 ore si instaura una tipica ARDS con un quadro sintomatologico ingravescente che corrisponde alla fase delledema polmonare, in genere non vi è febbre ma tosse,polipnea,dolore toracico.Si può avere emoconcentrazione. Compaiono quindi dispnea ingravescente e cianosi. L'ascoltazione del torace in questa fase può essere normale, comparendo i rantoli solo quando inizia lo scompenso cardiaco. Dispnea e cianosi si accentuano in 4°-5° giornata, quando compare la polmonite interstiziale proliferativi. Il decesso può avvenire in 1°-3° giornata in seguito all'edema ed allo scompenso cardiaco oppure in 5°-7° giornata in seguito alla grave insufficienza respiratoria secondaria alla polmonite chimica.. All’esame radiologico si apprezza un tipico quadro caratterizzato dalla presenza di opacità reticolo micronodulari prevalenti ai campi medio inferiori. La mortalità si aggira sul 15-20%. Più precoci sono i sintomi della irritazione delle alte vie respiratorie ed il dolore toracico (entro 12 ore dall'inizio della esposizione), più' severa è la prognosi. Di solito l'exitus avviene entro 7 giorni e, se viene superato tale termine, la prognosi in genere è buona. Entro l'11° giorno si ha la guarigione. Tranne nei rari casi in cui si instaura una fibrosi interstiziale il quadro radiologico si normalizza entro 30 giorni. ANATOMIA PATOLOGICA( INTOSSICAZIONE ACUTA) 1) FASE EDEMATOSA Inizia di solito già durante la esposizione, raggiunge l'acme in un periodo di 4-48 h. Generalmente diminuisce dopo 72 h. Rappresenta una reazione infiammatoria aspecifica, non molto dissimile da quella da altri irritanti consistendo in un RAPIDO STRAVASO di fluidi dai capillari nello interstizio, qui la pressione dei fluidi può essere tale da scollare l'intero foglio dell'epitelio alveolare dallo stroma. I fluidi che invadono gli alveoli diventano progressivamente più viscosiI per il precipitare di fibrina. 2) FASE PROLIFERATIVA 84 Questa presenta una risposta più specifica alla azione del Cadmio e conduce al quadro della polmonite proliferativa interstiziale con ispessimento dei setti interalveolari, metaplasia cuboide dell’epitelio alveolare, proliferazione dello stroma reticolare con infiltrazione linfocitaria e formazione di mammelloni solidi protrudenti nel lume alveolare con tendenza ad obliterarlo. 3) FASE FIBROGENA Rappresenta una fibrosi interstiziale generalizzata con distribuzione peribronchiolare e perivascolare. Si osserva solo negli individui capaci di superare l'insulto massivo dei primi due stadi. Non sempre è presente. In alcuni casi può residuare un deficit ventilatorio restrittivo. TERAPIA DELLA INTOSSICAZIONE ACUTA PER VIA RESPIRATORIA 1) Anche in assenza di chiari sintomi è necessario il RIPOSO assoluto per ritardare il tempo di comparsa dell'edema polmonare. Trascurare tale precauzione potrebbe risultare fatale. 2 ) Appena evidenti i sintomi respiratori iniziare ossigenoterapia con: Ossigeno al 70-100% umidificato ed alla pressione atmosferica. L'uso prolungato di O2 al 100% va tuttavia evitato. 3) In certi casi può essere utile la tracheotomia 4) Somministrare aerosols con broncodilatatoriI simpaticomimetici (Isuprel, Epinefrina ecc.) insieme a mucolitici epatoprotettori del surfactans non irritanti per evitare il broncospasmo ed incrementare la produzione di muco 5) Somministrare steroidiI ad alte dosi per via venosa, quindi per os onde combattere l'edema e l'insorgenza di bronchiolite obliterante. 6) Somministrare analgesici per il dolore toracico, evitando assolutamente morfina ed altri depressori del respiro. 7) Antibioticoterapia ad ampio spettro. 8)Evitare assolutamente l'uso di chelanti INTOSSICAZIONE CRONICA Apparato respiratorio 1) LESIONI NASALI Comparsa di atrofia della mucosa nasale, talora con piccole ulcerazioni fino alla completa e spesso ignorata perforazione del setto. IIposmia fino alla anosmia che pare dovuta all'effetto distrofico diretto sulla mucosa olfattiva 2) ENFISEMA POLMONARE Insorge di solito senza precedenti bronchitici e senza concomitanti bronchiti. Si ha un aumento del volume residuo senza aumento della C P T. Anatomopalogicamente è un enfisema panlobulare, distrofico, con parenchima periferico ben areato, ben diverso da quello cronico ostruttivo, avvicinandosi a quello senile. Insorge tardivamente dopo una esposizione media superiore ai 10 anni. Nella patogenesi viene invocata la inibizione della alfa-1-antitripsina da parte del metallo. Alle PFR si ha uno spiccato aumento del VR. Secondo un ‘altra interpretazione patogenetica, l’enfisema deriverebbe dalla azione sui setti degli enzimi derivanti dalla necrosi di macrofagi alveolari provocata dal Cd. L’aumento della attività alfa-1-antitripsinasica non sarebbe stato riscontrato, secondo altri AA, in gruppi di lavoratori esposti sia con che senza enfisema. MODIFICAZIONI A CARICO DEI DENTI Comparsa di pigmentazione gialla dello smalto dei denti che inizia ad anello sul colletto del dente scendendo verso il basso senza raggiungere tuttavia il bordo. Si ha assenza di impregnazione delle gengive. LESIONI RENALI 85 Friberg nel 1950 descrisse la tipica proteinuria che non precipita con i comuni test al riscaldamento e con l'acido Picrico (reattivo di Esbach), ma solo con acido nitrico al 25%, acido Tricloroacetico al 25% o acidisolfosalicilico al 3%. Si tratta di una proteinuria abasso peso molecolare (20'000-30'000), con mobilità variabile alla elettroforesi dalle albumine alle gammaglobuline (con prevalenza alle alfa e beta). La proteinuria è rappresentata da catene lambda e K delle immunoglobuline, beta-2microglobulina, lisosima, ribonucleasi, Retinol Binding Protein. La proteinuria a basso peso molecolare sarebbe un segno precoce della intossicazione da Cd. In caso di esposizione ulteriormente protratta possono comparire: glicosuria, aminoaciduria, iperfosfaturia, ipercalciuria (S.di FANCONI secondaria). Le lesioni sono espressione di un danno a carico del TUBULO PROSSIMALE. La modificazione della funzionalità renale inizia quando la concentrazione del metallo nella corteccia dell'organo raggiunge le 200 ppm. Tardivamente può comparire anche un interessamento glomerulare con aumento della creatininemia. Rari sono i casi evolventi verso la insufficienza renale cronica. Frequente è la comparsa di litiasi renale calcica. LESIONI OSSEE articolari o di neuriti (SINDROME DI ITAI ITAI per i Giapponesi). In seguito ad assorbimento protratto di Cd, sia in campo professionale che extraprofessionale, sono state descritte turbe a carico dell'apparato locomotore consistenti nella comparsa di dolore al rachide LS ed agli arti inferiori con difficoltà alla deambulazione, in assenza di lesioni Tali disturbi corrispondono a quadri di osteoporosi e osteomalacia dovuti alla alterazione del metabolismo dell'osso provocate dal Cd in esso accumulato ed alla eccessiva perdita di calcio e di fosfati attraverso il rene. E’ riportato anche un aumento della calcolosi renale calcica. Pare che questi quadri siano favoriti da un diminuito apporto alimentare di Calcio e di Vitamina D. All'esame radiologico si riscontrano fissurazioni simmetriche delle ossa, spesso al collo del femore ma anche alle scapole ed al bacino (Milkman-Looser). Si possono inoltre riscontrare turbe genearli quali dimagramento, astenia, alfa , beta e gamma iperglobulinemia, ipertransferrinemia. E' frequente una anemia di grado medio-modesto, tendenzialmente ipocromica ma anche normocromica, nella cui genesi è stato ipotizzata una diminuzione dell'assorbimento del Ferro ed anche una depressione della chelatasi. Nell'animale intossicato l'anemia si previene mediante la somministrazione di Fe e Vit.C. Risultati di indagini epidemiologiche e di ricerche sperimentali avrebbero fatto ipotizzare che il Cd provocasse la insorgenza di IPERTENSIONE ARTRERIOSA, tali ipotesi tuttavia non appaiono del tutto confermate dai dati della letteratura più recente, mentre parrebbe appurato che il Cd eleverebbe solo i valori della sistolica. E' stato ipotizzato che il Cd possa produrre un incremento delle neoplasie prostatiche e polmonari. MANGANESE Oligoelemento biologicamente indispensabile il cui fabbisogno giornagliero è di 4 mg. E' un regolatore della emopoiesi e dello sviluppo osseo. E' un metallo di colore grigio acciaio, molto duro. Allo stato metallico ha proprietà riducenti. Ha diverse valenze. In natura è diffusamente rappresentato, specie i suoi ossidi, tra cui il più importante è il biossido (Pirolusite). Il Mn puro non viene usato. 86 FONTI DI RISCHIO - estrazione e trasporto del minerale - industria siderurgica e metalmeccanica: produzione di leghe: Fe-Mn (acciaio al Mn), Cu-Mn (bronzo) - insaccamento delle scorie Thomas (contenenti l'8% di Mn) - produzione di elettrodi per saldatura - fabbricazione di pile a secco (contenenti pirolusite) - produzione di Permanganato di K e suo impiego nella industria chimica - impiego di sali di Mn come pigmenti (ceramica, vetro, tessile) - impiego di composti organici: Resinato e Oleato di Mn (essicanti di vernici), ASSORBIMENTO E CINETICA Viene assorbito prevalentemente per via respiratoria sotto forma di polveri e fumi. La via digerente è meno importante a causa della bassa percentuale della quota assorbita (soprattutto per la sua scarsa solubilità nel succo gastrico). Si deposita prevalentemente nelle ossa, fegato e nel rene, milza, midollo osseo e cervello. In circolo si trova sotto forma trivalente, legato ad una proteina (TRANSMANGANINA) che è una beta1 globulina e serve per il trasporto del metallo. L'emuntorio principale è quello biliare, con parziale riassorbimento attraverso il circolo entero - epatico. La eliminazione urinaria è molto bassa, salvo in caso di terapia chelante. La eliminazione avviene in una prima fase rapida che dura circa 4 giorni (ne viene eliminato il 30% circa), ed una seconda fase lenta di circa 40 giorni. Nei soggetti non esposti la via principale di introduzione è quella orale. PATOGENESI Mentre il metallo è poco tossico, gli OSSIDI ed i composti ORGANICI presentano elevata tossicità. A dosi elevate presenta una duplice azione tossica: locale e generale. azione locale: esercita effetto irritante a carico delle mucose respiratorie e digerenti azione generale: azione tossica sul SNC soprattutto a livello del corpo striato, nucleo dentato e putamen. Inibisce le sostanze neurotrasmettitrici centrali: dopamina, serotonina, colinesterasi e monoamminossidasi. Inibisce l'adenilciclasi e stimola la cAMP-fosfodiesterasi con conseguente caduta dell'cAMP nelle cellule nervose.Provoca lesioni epatiche.Provoca la insorgenza di poliglobulia forse in relazione ad alteraziobni del SNC. INTOSSICAZIONE ACUTA a) per INGESTIONE Gastroenterite emorragica con edema della glottide in seguito ad ingestione dei composti del Mn più dotati di effetto ossidante (ad es. permanganato di K) b) per INALAZIONE Gli OSSIDI di Mn possono provocare la insorgenza di fenomeni irritativi delle vie respiratorie con febbre. Nei saldatori può provocare l'insorgenza di un quadro simile alla "febbre da fumi metallici". In soggetti affetti da infezioni respiratorie provoca la comparsa di manifestazioni flogistiche fino ad arrivare alla POLMONITE MANGANICA, ad estensione lobare, con espettorato vischioso colore ruggine (miele denso) e talora emoftoico. Tale quadro, nella cui patogenesi ha molta importanza la inibizione macrofagica da parte del metallo, presenta una elevata mortalità. INTOSSICAZIONE CRONICA (manganismo) Al I stadio della malattia si possono avere segni neurologici e psichici aspecifici quali: astenia, sonnolenza, ipereccitabilità, diminuzione della libido ,motilità goffa. Segue un II Stadio con difficoltà alla deambulazione, amimia, disartria, tremori sia spontanei anche in seguito a fatica od emozioni. III Stadio con riso spastico, accentuazione dei tremori, impossibilità di effettuare la marcia all'indietro, andatura a gallinaccio, psicosi maniaco - depressiva. La cessazione della esposizione arresta in genere la evolutività, talora con lieve e parziale regressione del quadro. Vi è diversa suscettibilità a contrarre il manganismo ed è legata sia alla differente capacità di escrezione del tossico sia anche a situazioni ferrocarenziali. A carico del sangue si ha leucopenia e poliglobulia. Possono comparire rinite cronica con epistassi e stomatite eritemato - ulcerosa. 87 In taluni casi viene segnalata la insorgenza di epatopatia cronica ad evoluzione cirrogena. PROGNOSI In caso di polmonite, con l'avvento della antibioticoterapia, la prognosi è nettamente migliorata. Nel caso di manganismo, se la intossicazione viene diagnosticata in fase precoce (I stadio) e se è seguita dall'allontanamento definitivo, si può ottenere anche una guarigione completa, entro alcuni mesi dopo trattamento chelante. Nel manganismo al II stadio i sintomi nervosi di solito non regrediscono e nel migliore dei casi si ottiene l'arresto della evoluzione in seguito all'allontanamento definitivo. TERAPIA a) polmonite chimica: riposo assoluto. Ossigenoterapia, antibioticoterapia ad ampio spettro. Terapia sintomatica c) manganismo cronico: viene somministrato CaNa2EDTA alle stesse dosi usate per il saturnismo. L'uso del chelante è indicato soprattutto nel I stadio in quanto, dopo la insorgenza dei segni motori, i risultati della terapia chelante sono meno evidenti.E' stato utilizzato anche il sale sodico-dicalcico dell'acido DietilenTriammino-Pentacetico (DPTA), alla dose giornaliera di di 1 g. profuso lentamente per vena. Viene usato anche la L-DOPA che risulta molto utile nel migliorare la acinesia e la rigidità. BERILLIO Metallo leggero, molto duro ed elastico. Si estrae prevalentemente dal berillo (silicato di Al e Be). FONTI DI RISCHIO Estrazione del minerale e Metallurgia. Fabbricazione do LEGHE. La più importante e' la Cu-Be (bronzo al berillio) Essendo amagnetico ed ottimo conduttore, impiegato nella industria elettrica ed in quella elettronica, in orologeria e negli apparecchi di precisione. Fabbricazione filamenti per lampade. Altre leghe con Mg, Ni, Co ed Al sono le più usate (aeronautica, tv ecc.). Ricerche spaziali: la debole densità, la durezza e l'amagnetismo sono caratteristiche che ne condizionano l'impiego nella fabbricazione delle strutture leggere dei razzi e dei satelliti artificiali. Industria nucleare. Larga utilizzazione nei reattori nucleari (serve come fonte di neutroni). Preparazione di pietre preziose sintetiche. Ceramica. Industria del cristallo. Tubi fluorescenti: il 2% di Be aggiunto al silicato di Zn costituisce la migliore sostanza fluorescente che tuttavia oggi non è più usata. ESPOSIZIONE EXTRAPROFESSIONALE Contaminazione dell'aria in prossimità di insediamenti industriali. Combustione del carbone. Fumo di sigaretta. Attraverso l'acqua e gli alimenti ( circa 100 gamma/die) CINETICA Il dosaggio del metallo nelle urine può essere correlato con una recente esposizione. La La principale via di assorbimento è quella respiratoria (fumi, vapori e polveri). Viene assorbito tuttavia in minima parte anche sotto forma di composti idrosolubili. Per via digerente viene assorbito in misura inferiore all'1%. E' presente nel sangue in concentrazioni molto basse (1 o 2 gamma nella intera massa sanguigna). Si localizza diffusamente in tutti gli organi ma dapprima nel polmone, quindi nel fegato, milza e scheletro. 88 Sembra non esistere una correlazione tra Be ematico ed entità della esposizione. Viene escreto molto lentamente attraverso feci ed urine. La escrezione urinaria si protrae per lunghi tempi anche dopo la cessazione della esposizione. MECCANISMO d'AZIONE L'attività biologica del Berillio è elevata: è sufficiente la concentrazione anche solo di 1 gamma/m3 nell'aria per provocare la insorgenza di manifestazioni croniche. Concentrazioni atmosferiche di 25 gamma /m3 possono indurre la comparsa di effetti acuti. I sali idrosolubili di Be quali il fluoruro, il solfato ed il cloruro così come l'ossido di Be sono dotati di elevata azione irritante nei confronti della cute e delle mucose (respiratorie e congiuntivali). Le particelle di Be metallico NON sono irritanti. L'effetto irritante dei composti del Be è alla base dei quadri di patologia acuta. Gli effetti cronici provocati dallo ione Be sono dovuti ad un meccanismo, molto presumibilmente di tipo immunitario.L'esatto meccanismo d'azione tuttavia è tutt' ora incerto. Sembra che il Be si comporti da aptene e, una volta coniugato con una proteina, inneschi il meccanismo immunitario. Nei soggetti affetti da berilliosi è costante una ipergammaglobulinemia. Linfocititi di pazienti affetti da berilliosi cimentati con berillio- ioni subiscono una trasformazione blastica. Nel BAL di soggetti affetti da berilliosi è presente un alto numero di linfociti con elevata percentuale di linfociti T. Le particelle di Be come pure gli ossidi di Be inducono la formazione di granulomi epitelioidi nei soggetti predisposti, infiltrazione dei setti ed infine fibrosi. Sembra che il FLUORURO di Be possa provocare una tipica alveolite da ipersensibilizzazione se inalato in concentrazioni superiori al TLV ma non elevate al punto da provocare l'insorgenza di effetti da irritazione. Dai polmoni il Be viene lentamente trasferito agli altri organi. Il Fluoruro di Be è da considerarsi un forte sensibilizzante cutaneo. Il Be ha una grande affinità per alcuni enzimi quali la fosfatasi alcalina, la fosfoglicomutasi e la Na, K -ATPasi Si localizza nel nucleo dei gli epatociti ove inibisce la sintesi del DNA Il Be è stato riscontrato essere induttore dei sistemi enzimatici lizosomiali e cellulari epatici. Il Be agisce nei processi osteogenetici mediante il blocco delle fosfatasi alcaline dell'osso. In diverse specie di animali è stato riscontrato cancerogeno. Nell'uomo è sospettata una azione oncogena a carico del polmone. INTOSSICAZIONE ACUTA La inalazione di Sali alogogenati o di ossidi del Be determina un quadro irritativo delle vie respiratorie il cui esordio può essere analogo a quello della febbre da fumi metallici. La inalazione di forti dosi di Be provoca uno spiccato risentimento dell'albero bronchiale con tosse secca, dolore toracico e talora può essere presente spiccato broncospasmo. In funzione della entità della dose inalata si ha una ARDS cioè una compromissione del polmone distale che porta all'EDEMA ed alla POLMONITE CHIMICA (broncop Il quadro radiologico è caratterizzato in un primo tempo dalla comparsa di opacità sfocate in sede parailare e dalla presenza di micronodulazione diffusa con aspetto miliariforme. In seguito compaiono infiltrati omogenei che dipartono dall'ilo ai campi medio-inferiori. Nei casi particolarmente gravi si ha una accentuazione della cianosi e della dispnea, epatomegalia interessamento renale con proteinuria; la mortalità è molto elevata. Nei casi favorevoli la normalizzazione del quadro può richiedere anche anni. E’ concomitante una irritazione delle vie aeree superiori, con ulcerazioni della mucosa rinofaringea e soffusioni emorragiche. E' stata segnalata anche la perforazione del setto nasale. 89 Associate coesistonocongiuntivite e dermatiti papulose e papulo-vescicolari. La penetrazione di frammenti di Be sottocute determina la formazione di granulomi e di ulcere torpide formati da cellule epitelioidi, monociti, linfociti circondati da uno stroma fibroso che possono andare incontro a caseificazione. Raramente guariscono se non si esegue una escissione chirurgica. INTOSSICAZIONE CRONICA (BERILLIOSI) La BERILLIOSI (CBD chronic beryllium disease) insorge da 2 a 9 anni dall'inizio della esposizione ed è una pneumopatia interstiziale granulomatosa che insorge solo in una determinata e non elevata percentuale degli esposti. Raramente la forma può rappresentare la prosecuzione di una intossicazione acuta. La forma può esordire anche anche dopo diversi anni dalla cessazione dalla esposizione. In una fase precoce si ha alveolite con ispessimento dei setti alveolari ed infiltrazione dell'interstizio da parte di linfociti, plasmacellule, cellule epitelioidi, cellule giganti con inclusioni concoidi, asteroidi e cristalline. Analoga composizione è quella dei granulomi diffusi a tutto il polmone ma che possono essere presenti anche nel fegato, nella milza e nei linfonodi. A tale quadro corrisponde un corteo sintomatologico caratterizzato da tosse secca, dispnea, dolore toracico, astenia, dimagrimento. Il quadro evolve verso la fibrosi intersiziale diffusa. Insorgenza di cuore polmonare cronico. La dispnea aumenta, compaiono cianosi, ippocratismo digitale ed evoluzione verso la insufficienza respiratoria. Sotto il profilo funzionale il deficit di diffusione alveolo-capillare è precoce e può precedere la comparsa dei segni radiologici. Il deficit funzionale ventilatorio è di tipo restrittivo anche se in alcuni casi può insorgere anche una componente ostruttiva. Possono concomitare epatosplenomegalia e dolori. Articolari. Sotto il profilo radiologico si ha dapprima la comparsa di una micronodulazione (tipo p) ed in seguito compare reticolazione seguita da una nodulazione diffusa (tipo q) con quadro miliariforme a tempesta di neve simile a quello della sarcoidosi. Possono aggiungersi atelettasie agli apici o alle basi ed enfisema bolloso. La guarigione è eccezionale e la mortalità nei casi gravi e' elevata. La maggioranza degli AA concordano per un meccanismo immunologico (vi sarebbe una buona correlazione tra gravità del quadro e trasformazione blastica dei linfociti). Gravi situazioni stressanti (interventi chirurgici, gravidanze, malattie infettive)possono accelerare l'aggravamento e la evoluzione . Può concomitare una litiasi renale calcica. Dal punto di vista umorale sono presenti iperprotidemia con ipergamma-globulinemia ed ipercalcemia con ipercalciuria. Viene descritto anche un quadro di reumatismo cronico di tipo reumatoide. La diagnosi differenziale viene posta con la SARCOIDOSI Il patch test al Be può essere positivo.Nella berilliosi non vi è coalescenza delle immagini radioopache.La risposta alla terapia cortisonica è meno buona nella berilliosi.Si possono riscontrare dermatiti eczematose allergiche accompagnate spesso da congiuntiviti.i. 90 SOLVENTI Definizione. Composti organici generalmente ma non necessariamente liquidi alla temperatura ed alla pressione ambientale, capaci do sciogliere numerose sostanze organiche insolubili in acqua, senza modificarne le proprietà. PRINCIPALI CAMPI DI APPLICAZIONE DEI SOLVENTI INDUSTRIA CHIMICA (petrolchimica, sintesi) PRODUZIONE VERNICI ED INCHIOSTRI VERNICIATURA (metalmeccanica, legno) INDUSTRIA CALZATURIERA INDUSTRIA DEL CAUCCIU' INDUSTRIA DEL GIOCATTOLO SGRASSANTI (metalmeccanica, elettronica ecc.) LAVANDERIE A SECCO INDUSTRIA GRAFICA INDUSTRIA FRIGORIFERA PROFUMERIA INDUSTRIA ALIMENTARE TAPEZZERIA SANITA' HOBBISTICA CLASSIFICAZIONE DEI SOLVENTI - IDROCARBURI ALIFATICI - IDROCARBURI AROMATICI - IDROCARBURI ALICICLICI - DERIVATI ALOGENATI DEGLI IDROCARBURI ALIFATICI ed AROMATICI - IDROCARBURI TECNICI - ALCOOLI e GLICOLI - ALDEIDI e CHETONI - ESTERI ed ETERI DI ALCOOLI e GLICOLI - AMMIDI - NITROPARAFFINE AROMATICHE ed ALIFATICHE - COMPOSTI a STRUTTURA VARIA I solventi disponibili sono molto numerosi, tuttavia nelle varie attività lavorative, sia artigianali che industriali, ricorrono frequentemente gli stesi prodotti ed in numero piuttosto limitato per cui, in effetti, si restringe notevolmente il numero di composti che 91 rivestono particolare interesse sotto il profilo,della pratica quotidiana del medico del lavoro Il consumo medio annuo di solventi industriali in Italia è di circa 800.000 tonnellate di cui il: 50% utilizzati per vernici, diluenti, colle, inchiostri e profumi 20% nella industria della gomma 20% nella industria dei pesticidi 9% nello sgrassaggio dei metalli e nei lavasecco 1% nella industria degli esplosivi Nei prodotti vernicianti i solventi sono prevalentemente rappresentati da Toluene e Xilene; mentre nelle pelletterie vi è un massiccio impiego di N-Esano. Secondo la CEE nel 1990 in Europa si è verificato un consumo di 4.400.000 tonnellate di solventi: di cui il 43% nella verniciatura ed il 10% nello sgrassaggio dei metalli., il consumo era ripartito nel seguente ordine: Idrocarburi alifatici 28% Idrocarburi aromatici 20% Idrocarburi clorurati 18% Alcooli 14% Chetoni 10% Esteri 7% Glicoli e Eteri 3% CARATTERISTICHE GENERALI DEI SOLVENTI Caratteristiche fisico chimiche e biologiche dei solventi Ad eccezione di alcuni composti (ad esempio i fluoroalcani) i solventi, alla temperatura ambientale, si presentano allo stato liquido. La maggior parte di questi composti presenta una elevata volatilità, tale da farli diffondere rapidamente nell'ambiente di lavoro, raggiungendo facilmente concentrazioni pericolose. Ad eccezione della maggior parte dei composti alifatici alogenati, i solventi sono infiammabili e spesso i loro vapori diluiti nell'aria, costituiscono miscele esplosive. Circa la biodegradabilità i solventi si comportano in maniera diversa a seconda della composizione chimica: dalla rapida biodegradabilità di alcuni composti (esteri, alcoli, chetoni ecc.) si passa alla lunga persistenza di molti composti alogenati nell'ambiente e negli organismi viventi (vedi tabelle allegate). La principale via d'assorbimento, nella esposizione professionale, è quella respiratoria, anche se diversi solventi possono essere facilmente assorbiti attraverso la cute integra. Per diversi solventi la via respiratoria rappresenta anche una importante via di eliminazione (vedi tabella). 92 Tutti i solventi in genere, oltre ad esercitare una azione sgrassante della cute, rendendola oltretutto più vulnerabile nei confronti degli agenti fisici e chimici, possono, in misura diversa fra loro, esercitare direttamente un effetto irritante, fino a determinare la comparsa di gravi dermatiti. Alcuni solventi sono in grado di indurre la comparsa di sensibilizzazione allergica (eczema, orticaria). Anche l'occhio può facilmente essere il bersaglio dell'azione irritante esercitata dai solventi con la comparsa di congiuntiviti e, nei casi più gravi, di cheratiti. Effetto irritante viene ad esercitarsi anche a carico delle mucose delle prime vie aeree e di quelle bronchiali (rino-faringo-tracheiti, bronchiti), fino a determinare, nei casi più gravi, la comparsa di edema polmonare acuto. Altra azione importante esercitata da quasi tutti i solventi (tranne pochissime eccezioni) è rappresentata dalle modificazioni indotte sul SNC in seguito ad intossicazione acuta. Sia per la grande quantità di sangue che affluisce all'encefalo, che per la spiccata lipofilia dei solventi, nei casi di introduzione massiva (per via digerente o per via respiratoria) questi composti raggiungono elevate concentrazioni nel SNC determinando dapprima fugaci effetti di tipo irritativo (come ad es. la ebbrezza alcolica), seguiti dalla comparsa di spiccati effetti depressivi, fino alla narcosi ed al coma. Nelle intossicazioni gravissime viene saltata la fase eccitatoria e compaiono immediatamente gli effetti depressivi che possono condurre rapidamente alla morte per paralisi dei centri vitali. Rammentiamo come molti solventi siano stati impiegati per la narcosi in chirurgia. Gli effetti cronici dei solventi sul SNC talora consistono nella induzione di un progressivo degrado delle funzioni psichiche superiori, con abbassamento delle varie performances e l'instaurarsi di una sindrome psico-organica talora accompagnata da ipotrofia della corteccia cerebrale, rilevabile alla TAC o alla RMN. Altro effetto della esposizione cronica ai solventi è rappresentato dalla comparsa di alterazioni a carico del Sistema Nervoso vegetativo, la cosiddetta Sindrome vagale (caratterizzata da vampate di calore, tachicardia, alterazioni del ritmo cardiaco, dermografismo, alterazioni della sudorazione ecc.). Altri effetti cronici indotti dai solventi a carico del S.N. sono rappresentati dalle polineuriti che interessano generalmente i nervi periferici e sono di tipo sensitivo-motorio. 93 Numerosi solventi possono indurre la comparsa di lesioni epatiche sia mediante un effetto citotossico diretto sull'epatocita che porta al quadro della necrosi centrolobulare (tipica la azione esercitata da alcuni composti alifatici alogenati , ad esempio il Tetracloruro di Carbonio). Altri solventi possono favorire la comparsa di steatosi epatica.Ed altri ancora possono esercitare induzione enzimatica. Alcuni solventi infine possono provocare lesioni tubulari renali. Dobbiamo infine rammentare come tra i solventi siano stati riscontrati numerosi composti dotati di effetti mutageni e cancerogeni per l'uomo (benzene, cloruro di vinile, tetracloruro di carbonio, Dimetilsolfato). Moltissimi poi sono i solventi riscontrati cancerogeni sperimentali e pertanto considerati come possibili cancerogeni per l'uomo(a quest'ultimo gruppo appartengono numerosi composti clorurati). Una volta assorbiti i solventi vengono sottoposti a biotrasformazioni metaboliche con conseguente possibilità di ottenere: - una degradazione completa (eteri, esteri alcoli) - una trasformazione in metaboliti peculiari (xilene, stirene, tricloroetilene ecc.) - una trasformazione in metaboliti comuni ad altri composti assunti con gli alimenti (benzene, toluene) - una trasformazione in composti non noti IDROCARBURI TECNICI Sotto questo termine vengono compresi diversi composti liquidi, derivati dalla distillazione del PETROLIO e costituiti da miscele di IDROCARBURI. Gli idrocarburi contenuti in questi prodotti sono rappresentati prevalentemente dagli ALIFATICI saturi (paraffine) lineari o ramificati, da idrocarburi ALICICLICI ciclopentadienici e cicloesanici (naftenici) ed, in minor misura, da idrocarburi AROMATICI. Essi vengono definiti con vari termini e, secondo le loro caratteristiche, vengono impiegati come combustibili (benzine, nafta, gasolio, kerosene, oli combustibili ecc.), grassanti e diluenti (benzine, ragia minerale, solvente Stoddard, petrolio, nafta, etere di petrolio, White spirit ecc.), insetticidi e oli lubrificanti. La esposizione protratta (professionale) a questi prodotti provoca prevalentemente la comparsa di fenomeni irritativi a carico della cute e delle mucose (congiuntive, vie aeree superiori) e la comparsa di alterazioni a carico del S.N. La eventuale mielotossicità è in funzione del contenuto in BENZENE. La via principale di introduzione è quella RESPIRATORIA, attraverso la quale vengono anche inparteeliminati i vari idrocarburi. Via accidentale è quella DIGERENTE. Questi prodotti possono venire assorbiti in parte anche attraverso la CUTE integra. INTOSSICAZIONE ACUTA 94 Tale forma di intossicazione riguarda soprattutto il petrolio greggio e gli oli leggeri in quanto più inalabili e più assorbibili.. Le forme acute conseguono alla inalazione oppure alla ingestione di quantità elevate di solvente. a) forma FULMINANTE Conseguente ad ingestione oppure ad inalazione massiva. Predomina l'effetto narcotico con rapida perdita di coscienza, convulsioni, collasso c.c., coma e morte nello spazio di una decina di minuti. b) FORMA ACUTA(per inalazione o per ingestione) Rapida comparsa di sintomi nervosi di tipo irritativo con delirio, vertigini, contrazioni muscolari, seguiti da disturbi depressivi con affievolimento di coscienza, sopore, diminuzione dei riflessi, amnesia, irritazione oculare, turbe respiratorie, cianosi, nausea, vomito e turbe enteriche. Se introdotto per via respiratoria si ha un grave quadro irritativo con EDEMA POLMONARE emorragico e POLMONITE CHIMICA con grave evoluzione. La insorgenza della pneumopatia è rapida e già dopo 30' dalla introduzione è possibile riscontrare opacità radiologiche. Le lesioni prediligono le basi polmonari bilateralmente oppure quella destra. Si possono avere superinfezioni batteriche con decorso iperpirettico e la comparsa di ascessi polmonari. Talora si associano gravi lesioni degenerative epatiche, renali e miocardiche. La guarigione avviene in genere dopo 15 giorni con scomparsa anche dei segni radiologici (opacità isolate oppure confluenti). INTOSSICAZIONE CRONICA a) CUTE Le alterazioni cutanee rappresentano i disturbi più frequenti nella esposizione cronica a questi prodotti. Esse insorgono nelle sedi più esposte quali mani, avambracci, volto, faccia interna delle cosce, scroto. Sono in genere dermatiti croniche con IPERCHERATOSI diffusa, FOLLICOLITI con comedoni occlusivi, MELANODERMIA. Talora insorgono VERRUCHE (con possibilità di evoluzione neoplastica). Frequenti sono le forme da SENSIBILIZZAZIONE. SISTEMA NERVOSO Il quadro neurologico che viene più spesso riferito alla esposizione cronica è quello della SINDROME PSICOORGANICA. Apparato EMOPOIETICO Forme di anemia, piastrinopenia, leucopenia, aplasia midollare e di leucosi sono state attribuite alla presenza di BENZENE. IDROCARBURI ALIFATICI a)allo stato GASSOSO: METANO: non tossico(solo asfissiante) ETANO: idem PROPANO: modesta neurotossicità(vertigini) BUTANO: idem(sonnolenza) b)allo stato LIQUIDO: PENTANO, ESANO, EPTANO, OTTANO sono dotati di blanda azione irritante sulla cute e sulle mucose. Posseggono blanda azione narcotica. L'ESANO (n-esano), impiegato soprattutto come COLLANTE nei calzaturifici, è considerato NEUROTOSSICO e responsabile della polineurite dei calzaturieri (forma sensitivo motoria che interessa i 4 arti, soprattutto gli inferiori). 95 Il metabolita neurotossico dell'esano è il 2-5-ESANDIONE, che è anche metabolita del MetilN-Butilchetone, solvente impiegato come collante nei calzaturifici e anch'egli riscontrato neurotossico. IDROCARBURI AROMATICI Oltre al BENZENE il cui impiego come solvente è proibito per legge e che fino alla prima metà degli anni 60 , prima della sua proibizione, rappresentava uno tra i solventi più diffusamente utilizzati, a questo gruppo di solventi appartengono il TOLUENE e lo XILENE (nei suoi tre isomeri), che in parte hanno sostituito il benzene stesso nel suo impiego come solvente e lo STIRENE, utilizzato diffusamente nella produzione di manufatti in vetroresina. n.b. la desinenza in -ene indica il prodotto puro mentre quella in -olo sta ad indicare il prodotto commerciale. BENZENE Dal 1963,a seguito della applicazione delle disposizioni di legge che proibivano l'impiego del Benzene come solvente, il rischio è limitato alla presenza nei suoi sostituti nella misura del 2%, tollerata dalla legge. In alcune attività artigianali e nel lavoro domiciliare sono state riscontrate evasioni della legge, soprattutto per il basso costo del benzene e per le sue qualità tecniche. Il rischio professionale, seppure diluito, è presente nella PETROLCHIMICA, in altri settori della industria chimica e presso coloro che lavorano o che manipolano derivati del petrolio contenenti il B. La esposizione extraprofessionale è rappresentata dalla presenza del B. come contaminate l'aria nelle aree ad elevato traffico autoveicolare e nelle zone circostanti le raffinerie (vedi figure). Anche il fumo di sigaretta, sia attivo che passivo, rappresenta una fonte di introduzione. Il B. infine può essere un contaminante delle acque e di cibi e bevande. VIE DI ASSORBIMENTO, DEPOSITO E VIE DI ELIMINAZIOINE Nella esposizione professionale la via di assorbimento più importante è la respiratoria. 96 Attraverso tale via, in ambienti di lavoro sprovvisti di adeguati sistemi di aspirazione, possono essere introdotte quantità pericolose del tossico, anche se il B. è presente nelle miscele dei sostituti entro le misure previste dalla legge. L'assorbimento per via transcutanea attualmente risulta irrilevante. Nella esposizione professionale la via digerente non rappresenta una via di assorbimento, mentre lo può diventare nella esposizione extraprofessionale , per la presenza del B. come contaminante di cibi e bevande. Il Benzene assorbito viene depositato nei tessuti in relazione al loro contenuto il lipidi. Nella esposizione cronica i principali organi di deposito sono: tessuto adiposo, midollo osseo ed, in minor misura, fegato e milza. L'abbondanza di adipe costituisce un fattore predisponenente per la intossicazione cronica, in quanto il B. permane più a lungo nell'organismo (la eliminazione dei metaboliti è più lenta nella femmina che nel maschio e forse questo è il motivo della maggior vulnerabilità del sesso femminile). Il 50% circa del Benzene assorbito viene eliminato come tale attraverso il polmone dopo la esposizione. La quota trattenuta viene sottoposta a trasformazione metabolica, con escrezione piuttosto rapida dei metaboliti, che si completa in 24-48 ore. Attraverso le urine viene escreta una piccola quantità del solvente come tale (non superiore al 3%) La biotrasformazione avviene prevalentemente a livello del sistema reticolo endoplasmatico. La prima reazione è catalizzata dalle monossidasi microsomiali e tasforma il tossico in BENZENE EPOSSIDO, prodotto intermedio altamente reattivo (radicale libero) che può legarsi a costituenti cellulari (proteine, ac.nucleici ecc.) oppure essere ulteriormente metabolizzato. Il B-epossido viene quindi trasformato in FENOLO, il quale viene successivamente coniugato con ac.glicuronico o con solfati ed eliminato attraverso i reni. Il Fenolo libero e coniugato rappresenta il principale metabolita urinario. In piccola parte il B.Epossido si lega al glutatione per formare ACIDO MERCAPTURICO (Nacetil-S-fenil-cisteina). Esistono altre due vie metaboliche di minore importanza che portano alla eliminazione l'una, di CHINOLO(idrochinone), CATECOLO (1,2-di-idrobenzene), IDROSSICHINOLO (1,2,4- 97 benzen-triolo) e l'altra, dopo apertura dell'anello, porta alla eliminazione di ACIDO TRANS,TRANS MUCONICO. PATOGENESI Sia gli effetti tossici che quelli cancerogeni e genotossici vengono generalmente attribuiti essenzialmente al BENZENE EPOSSIDO. In letteratura tuttavia non vi è totale accordo in quanto diversi AA ipotizzano anche l'intervento degli altri metaboliti( fenolici e non) nella patogenesi della intossicazione cronica. Il BENZENE EPOSSIDO comunque è un radicale libero altamente elettrofilo che si lega con legame covalente a complessi macromolecolari cellulari provocando modificazioni strutturali a livello delle matrici biologiche e tale modificazione può essere considerata il primo passo verso l'effetto tossico (lesione chimica). Anche l'AC.TRANS-TRANS MUCONICO ha potenzialità mutagene in quanto può trasformarsi in diepossido. E' stato ipotizzato che gli enzimi presenti nel midollo osseo possano produrre dal Benzene ac.t,t,muconico ed in seguito i relativi diepossidi, spiegando in tal modo la tossicità e la cancerogenicità. EFFETTI CRONICI DEL BENZENE solventi, trattiamo, tra gli effetti cronici, soltanto quelli esercitati dal B. sul SISTEMA EMOPOIETICO, essendo gli altri aspetti della azione cronica simili a quelli provocati dalla maggior parte dei solventi (epatotossicità, neurotossicità ecc.). Il tempo di latenza tra inizio della esposizione e comparsa dei sintomi può essere molto lungo (anche di diversi anni), per cui i sintomi possono comparire anche dopo la cessazione della esposizione. I fattori individuali di ipersuscettibilità rivestono una importanza notevole: a parità di esposizione solo alcuni soggetti possono manifestare il danno midollare. Maggiormente colpito è il sesso femminile. I PRODROMI della intossicazione cronica, se presenti, sono del tutto aspecifici (turbe dispeptiche di lieve entità, cefalea e vertigini). E’ da premettere che la mielopatia benzenica (ipoplasia ed aplasia midollare) rappresenta la patologia da B. dosedipendente e, in quanto tale, attualmente a seguito della 98 proibizione del B. come solvente, la si può considerare scomparsa, al contrario di quello che si verifica Omettendo la descrizione degli effetti acuti, peraltro sovrapponibili a quelli degli altri nei confronti della patologia genotossica (blastica) del solvente, più poltre trattata, che, non essendo dose dipendente ma stocastica, è purtroppo tutt’oggi di elevata attualità. I primi sintomi riferibili a danno midollare sono rappresentati dai segni correlabili ad uno lieve stato anemico (anemia normo o ipercromica di tipo iporigenerativo con aumento del VCM) e ad una piastrinopenia con conseguente diatesi emorragica.. In questa fase il controllo del morfologico, oltre alla anemia, rileva una LEUCOPENIA con linfocitosi relativa e piastrinopenia, bilirubinemia normale e sideremia elevata da scarsa utilizzazione di Fe. Alla mielobiopsia il quadro è in genere ipoplastico con riduzione degli elementi di tutte le serie. In certi casi può essere presente dissociazione tra il quadro midollare (iperplastico) e il quadro periferico. Nei casi a con midollo iperplastico spesso si ha un blocco maturativi. Negli stadi iniziali talora si può riscontare una ipoplasia selettiva a carico di una sola serie e l'interessamento di tutti gli elementi solo in un secondo tempo. In certi casi la SINDROME EMORRAGICA è presente anche in assenza di piastrinopenia, dipendendo in tal caso da una alterazione funzionale delle piastrine o da una aumentata fragilità capillare. Se i p. vengono allontanati dal rischio precocemente ed opportunamente trattati possono giungere alla guarigione, in genere dopo diversi anni. L'allontanamento dal rischio anche in fase precoce non esclude tuttavia che una buona parte dei p. sviluppi la emopatia in modo sfavorevole. Se la esposizione al tossico non è sospesa definitivamente i sintomi subiscono un Progressivo aggravamento e si instaura il quadro della APLASIA MIDOLLARE. Un quadro di PANCITOPENIA ACUTA si può riscontrare anche in assenza dei segni di intossicazione cronica. TOSSICITA' CRONICA:FORME BLASTICHE Le LEUCOSI BENZENICHE insorgono in genere in p. con anemia iporigenerativa datante da lungo tempo nel cui decorso il midollo passa dal quadro ipoplastico a quello leucemico. 99 Le leucemie benzeniche sono in genere leucemie acute emocitoblastiche e mieloblastiche; è possibile una modesta leucocitosi, tranne che in fase terminale. Modesta è in genere la splenomegalia. Alla mielobiopsia si riscontra la sostituzione da parte di elementi indifferenziati. In alcuni casi il midollo è povero mentre esiste infiltrazione leucemica in altri organi. Frequentemente le leucemie insorgono durante la esposizione, tuttavia sono state descritte forme leucemiche insorte anche dopo diversi anni dalla cessazione del rischio. Sono state descritte anche ERITROLEUCEMIE e data la rarità di tali forme, il numero di esse è risultato sempre più elevato di quello atteso. I francesi attribuiscono al Benzene anche la insorgenza di leucosi croniche. Il decorso delle Leucemie benzeniche è simile a quello delle forme "spontanee", cioè fatale. DIAGNOSI In considerazione della particolare gravità della intossicazione cronica da B., che risulta fatale nella maggior parte dei casi, al giorno d'oggi è assurdo parlare di diagnosi di BENZOLISMO, in quanto tale rischio non dovrebbe più esistere in alcun modo (il NIOSH propone TLV non superiori a 1ppm). Esiste purtroppo ancora oggi la probabilità che lavoratori siano esposti al rischio, seppure minimo, anche utilizzando miscele di solventi a norma di legge, soprattutto se non vengono applicate le norme di igiene industriale. E' pertanto necessario eseguire una accurata sorveglianza sanitaria ed un efficiente monitoraggio biologico ogni volta si presenti il rischio, anche se diluito. Il controllo sanitario periodico, oltre l'esame clinico, dovrà comprendere la esecuzione dell'es. emocromocitometrico completo con VCM e con formula leucocitaria, conta delle piastrine e la esecuzione dei test biologici di esposizione. I risultati dell'esame morfologico devono essere riferiti a quelli dei controlli precedenti e soprattutto a quelli precedenti l'assunzione e non ai "valori normali", essendo molto ampio il range di normalità degli elementi figurati del sangue . Il riscontro di una alterazione della crasi ematica ai primi controlli periodici consiglia l'immediato e definitivo allontanamento dal rischio. Il controllo periodico dell'esame morfologico non consente tuttavia di escludere la possibilità di comparsa di improvvise alterazioni della crasi ematica in lavoratori con precedenti controlli costantemente normali, in quanto l'inizio della ipoplasia midollare può essere spesso insidioso, 100 date le ampie riserve funzionali del midollo osseo, per cui il quadro ipoplastico si può manifestare in seguito alla azione di concomitanti fattori scatenanti. Dai valori dei parametri utilizzati per il monitoraggio biologico della esposizione a benzene si ricavano utili informazioni sulla possibilità di esistenza di danni latenti. I principali indicatori di dose utilizzati sono: 1) dosaggio del FENOLO TOTALE(libero e coniugato) nelle urine (indicatore non specifico) non dovrebbe venire più utilizzato. 2) dosaggio del BENZENE nell'aria espirata 3) dosaggio del BENZENE nel sangue e nelle urine 4) determinazione del rapporto SOLFATI INORGANICI / SOLFATI TOTALI nelle urine (attualmente non più utilizzato) 5) dosaggio dell’acido Trans, Trans Muconico : attualmente rappresenta il test più 6) dosaggio dell’acido 5- fenilmercapturico urinario Gli ultimi due markers vengono oggi utilizzati in quanto indicatori specifici 7) conteggio delle aberrazioni cromosomiche. Test dei MICRONUCLEI Il dosaggio del fenolo urinario, essendo questo metabolita un indicatore assolutamente aspecifico e non utilizzabile nelle esposizioni a basse dosi, attualmente non dovrebbe più venire utilizzato. TOLUENE E’ uno.tra i solventi maggiormente impiegati. - solvente di oli, resine, gomma naturale e sintetica, bitumi, asfalti ecc. - diluente di pitture, vernici, inchiostri - nelle sintesi chimiche (esplosivi, fenolo, industria farmaceutica, profumi ecc.) - è presente nei carburanti, specie in quelli per la aeronautica, per le proprietà antidetonanti. Il prodotto, altamente purificato contiene tracce di Benzene nell'ordine dello 0,01%,tuttavia quello industriale ne contiene quantità maggiori (n.b.la legge permette un contenuto del 2 0/00 come impurità) Il Toluene è meno volatile del Benzene e più volatile dello Xilene. Viene assorbito prevalentemente per via respiratoria nella misura del 50% della quantità inalata. 101 L'attività fisica aumenta la quantità di solvente inalata. L'assorbimento per via transcutanea è più elevato che per il Benzene e, mentre è trascurabile l'assorbimento cutaneo dei vapori areodispersi, può divenire pericoloso quello conseguente al contatto cutaneo con la fase liquida. Il 18% del TOLUENE assorbito viene eliminato attraverso l'aria alveolare, mentre l'82% viene trattenuto e metabolizzato. La quota trattenuta si distribuisce nell'organismo pressappoco come per il Benzene. METABOLISMO: La quota di solvente trattenuta viene metabolizzata, a livello epatico, dal sistema reticoloendoplasmatico e precisamente si ha la idrossilazione della catena laterale da parte delle ossidasi epatiche a funzione mista, seguita da ossidazione ad acido benzoico ed infine da coniugazione con Glicina per formare ACIDO IPPURICO (vedi fig.). L'80% del T. assorbito viene eliminato come acido ippurico attraverso le urine. Lo 0,05% del Toluene assorbito viene trasformato in O-CRESOLO ed eliminato come tale attraverso le urine. Data la non peculiarità dell'acido ippurico quale indicatore di dose assorbita, in quanto presente, anche in quantità elevate, nei soggetti non esposti, il dosaggio dell' O-Cresolo urinario, se non fosse molto indaginoso e, allo stato attuale, non ancora utilizzabile routinariamente, potrebbe rappresentare un indicatore specifico di dose assorbita. AZIONE TOSSICA La tossicità acuta del Toluene è superiore a quella del Benzene. Il T. possiede una notevole azione irritante nei confronti della cute, dell'occhio e delle mucose respiratorie. L'azione predominante è quella esercitata sul S.N.C. Provoca induzione enzimatica. Possibilità di sensibilizzare il miocardio alle catecolamine endogene. Assenza di azione mielotossica. INTOSSICAZIONE ACUTA: In seguito a contatto oculare può provocare congiuntiviti e cheratiti. A livello respiratorio si possono manifestare, oltre a faringo-tracheo-bronchiti anche edema polmonare a carattere emorragico, polmonite chimica. Il quadro della intossicazione acuta è tuttavia caratterizzato dalla predominanza dei disturbi nervosi (cefalea, vertigini, astenia, parestesie, disturbi della coordinazione e dell'equilibrio, perdita della coscienza e, nei casi gravissimi, coma e morte). Sono stati segnalati casi di morte improvvisa specie in seguito ad assunzione voluttuaria. TOSSICITA' CRONICA Turbe a carico del S.N.C. con cefalea, insonnia, irritabilità e astenia. In casi di inalazione voluttuaria è stata riscontrata la insorgenza di encefalopatia permanente, caratterizzata da tremore, atassia e da turbe comportamentali. La esposizione cronica porta alla comparsa di quadri riferibili a sindrome psico-organica. 102 Comparsa di turbe dell’equilibrio per alterazioni delle vie vestibolari centrali con iperreflettività bilaterale. Epatotossicità': si può riscontrare epatomegalia da induzione enzimatica. Epatosteatosi. In passato sono stati segnalati casi di epatopatia a lieve impronta citotossica e necrotica con aumento delle transaminasi e riduzione del t. di protrombina. Nelle intossicazioni voluttuarie sono stati segnalati quadri di danno renale con acidosi tubulare, acidosi ipercloremica, ipocaliemia ed ipobicarbonatemia. I casi di danno midollare riscontrati negli esposti al T. sono da riferire al contenuto in Benzene, presente, in quantità variabile, come impurità. XILENE Lo XILENE è costituito da una miscela dei suoi tre isomeri (orto, meta e para), tra cui il metaxilene è in quantità prevalente (circa il 50-70%). E' un solvente moltoinfiammabile, come peraltro lo sono sia il Benzene che il Toluene. E' molto meno volatile del Toluene. Gli impieghi dello Xilene sono pressoché gli stessi del Toluene, unitamente al quale spesso viene utilizzato come solvente e diluente. E' molto usato, come lo è anche il Toluene, nei laboratori biologici. La via di introduzione principale è quella respiratoria. L'assorbimento per via transcutanea è simile a quello del Toluene. Il 60% dello Xilene inalato viene assorbito. Della quota di Xilene assorbita circa il 10%viene eliminato attraverso i polmoni ed il 90% viene trattenuto e metabolizzato. La quota assorbita viene trasportata nel sangue prevalentemente unita alle proteine sieriche. Si deposita, analogamente agli altri solventi aromatici, prevalentemente nei tessuti ricchi in lipidi. METABOLISMO Esistono due vie di biotrasformazione dello xilene di cui la principale consiste nella ossidazione di uno dei metili con trasformazione in acido toluico e successiva coniugazione degli acidi meta e para- toluico con glicina con conseguente trasformazione in acido metilippurico (Acidi meta e para-toluico) e come tali eliminati attraverso le urine. L'acido orto toluico invece viene direttamente glicoroconiugato ed eliminato con le urine. La seconda via di biotrasformazione consiste nella idrossilazione dei tre isomeri con conseguente formazione di Orto, Meta e Para xilenolo che sono eliminati anch'essi attraverso i reni come tali o previa glicuro o solfoconiugazione. Approssimativamente il 95% dello Xilene ritenuto viene eliminato sotto forma di Ac.MetilIppurico attraverso le urine. TOSSICITA' La soglia olfattiva dello X. è più bassa di quelle del Benzene e Toluene. 103 La tossicità sia acuta che cronica dello Xilene è pressocchè sovrapponibile a quella del Toluene. Nella intossicazione acuta si hanno gravi sintomi a carico del S.N.C. In seguito ad inalazione massiva o ad introduzione nelle vie respiratorie si ha edema polmonare acuto a carattere emorragico e polmonite chimica, lesioni oculari (congiuntiviti, cheratiti) e cutanee, ove il contatto prolungato provoca la comparsa di dermatite bollosa. E' stato segnalato danno epatico con aumento delle transaminasi. Nella esposizione CRONICA possono comparire dermatiti, congiuntiviti, flogosi delle vie aeree. A carico del S.N.C. : sindrome psico-organica e possibile comparsa di disfunzioni vascolari autonomiche. Sono stati ipotizzati danni a carico del fegato e del rene. STIRENE Lo STIRENE o VINIL-BENZENE è uno tra i composti aromatici maggiormente impiegati. Liquido a bassa volatilità e con bassa soglia olfattiva (inferiore ad 1 ppm). E' una molecola molto reattiva per cui facilmente reagisce con altri composti e polimerizza anche spontaneamente. IMPIEGHI Come solvente viene scarsamente impiegato, mentre il principale campo di impiego è nella produzione di POLIMERI quali il Polistirene, resine ABS (acrilonitrile, butadiene, stirene), gomma SBR (styrene butadiene rubber), manufatti plastici rinforzati, vetroresina FRP ( fiberglass reinforced polyester). Viene assorbito prevalentemente per via aerea. Attraverso la cute viene assorbito soprattutto in seguito al contatto con la fase liquida. Circa il 60-75% dello S. inalato viene assorbito. Una piccola parte dello S. assorbito (4-5%) viene eliminato attraverso il respiro, il restante viene metabolizzato. Tende ad accumularsi nel tessuto adiposo per tempi piuttosto lunghi. METABOLISMO dello STIRENE Lo S. viene trasformato in epossido dalle ossidasi microsomiali epatiche quindi in glicole stirenico dalle epossidoidratasi. Infine viene trasformato in acido mandelico e acido fenilgliossilico. Nelle esposizioni elevate (oltre le 250 ppm) una parte dello S. viene trasformata in Ac.Benzoico e, dopo essere stata coniugata con glicina, viene eliminata attraverso il rene come acido ippurico. 104 I metaboliti dello S. vengono tutti eliminati attraverso le urine nelle quali sono presenti anche piccole quantita' di S. non metabolizzato. Nelle esposizioni fino a 250 ppm l'Ac. Mandelico urinario è ben correlabile con la esposizione giornaliera, mentre quello Fenigliossilico fornisce informazioni anche sulla esposizione protratta. EFFETTI TOSSICI Effetto irritante su cute e mucose: manifestazioni acute e croniche cutanee, respiratorie ed oculari. Effetti sul S.N.C.: anche nella esposizione professionale è possibile riscontrare alterazioni E.E.Grafiche, modificazioni dei potenziali evocati visivi, cefalea, astenia, vertigini, turbe del sonno, sindrome autonomica, alterazioni della acuità visiva e della discriminazione cromatica. Modificazioni della performance psicomotoria correlata alla quantità della escrezione urinaria dell'acido mandelico. Nelle esposizioni elevate sono stati descritti anche casi di epatite tossica, di alterazioni della crasi ematica (leucopenia, anisocitosi ed emazie a punteggiatura basofila), turbe digestive (anoressia, nausea e vomito), disordini del ciclo mestruale ed incremento della abortività spontanea. Possibile insorgenza di POLINEVRITI. E' mutageno al test di Ames. Negli esposti sono state riscontrate aberrazioni cromosomiche. Allo stato attuale non risulta cancerogeno. IDROCARBURI ALIFATICI ALOGENATI Sono derivati dagli IDROCARBURI ALIFATICI SATURI ed INSATURI, nei quali uno o più atomi di Idrogeno sono sostituiti da ALOGENI. I composti di questo gruppo utilizzati come SOLVENTI appartengono essenzialmente ai CLORODERIVATI ed, in minore misura, ai FLUORODERIVATI. Tra i derivati IODIOSOSTITUITI ricordiamo lo IODURO di METILE(CH3I) e lo IODIOFORMIO(CHI3),utilizzati come intermediari nella industria chimica ed entrambi dotati di elevata epato e nefrotossicità. I BROMODERIVATI sono composti dotati tutti di epato e nefrotossicità nettamente superiore a quella del CCl4. 105 Tra essi ricordiamo il BROMURO di METILE (BH3Br), utilizzato come insetticida e nella industria del freddo, dotato di elevatissima neurotossicità. FLUORODERIVATI DEGLI IDROCARBURI ALIFATICI I composti maggiormente noti sono i derivati degli idrocarburi saturi (FLUOROALCANI), utilizzati come propellenti, nella industria del freddo, come solventi e come anestetici. I Fluoroderivati degli idrocarburi alifatici insaturi (FLUOROALCHENI), sono utilizzati soprattutto come monomeri per la produzione di polimeri fluorurati e per la sintesi di pesticidi. Essi provocano notevole irritazione delle vie respiratorie, in alcuni casi anche edema polmonare alveolite essudativa e fibrosi interstiziale come postumo. Sono dotate anche di spiccata epato e nefrotossicità. Ricordiamo la FEBBRE da FUMI di POLIMERI FLUORURATI (TEFLON). Particolare menzione per il Perfluoroisobutilene (CF3)2C=CF2 che è un irritante polmonare dieci volte più tossico del Fosgene (edema polmonare emorragico). FLUOROALCANI I prodotti di maggiore impiego sono: -Triclorotriflouroetano o FREON 113 -Tricloromonofluorometano o FREON 11 -Diclorotetrafluoroetano o FREON 114 -Clorobromotrifluoroetano o ALOTANO -Diclorodifluorometossipropano o METOSSIFLUORANO Se esposti al calore si decompongono in composti broncoirritanti (acido cloridrico e fluoridrico e fosgene). La loro biodegradabilità è notevolmente più rapida che per i cloroderivati. E' stato ipotizzato che l'utilizzo su vasta scala di questi composti potrebbe ridurre la quantità di ozono stratosferico con conseguente aumento di raggi UV che raggiungono la superficie terrestre. TOSSICITA' La tossicità dei FLUOROALCANI è notevolmente inferiore a quella dei Cloroalcani. 106 a) debole azione irritante sulle mucose respiratorie senza alterazioni strutturali e della attività ciliare. La inalazione di forti concentrazioni di fluoroalcani può modificare le proprietà del surfactante e favorire la comparsa di atelettasia. b) modesta epatossicità, segnalata soprattutto a carico dell'ALOTANO e modesta nefrotossicità a carico del METOSSIFLUORANO e ALOTANO c) cardiotossicità : rappresenta, accanto alla neurotossicità, la predominante di questo gruppo di composti caratteristica ed è dovuta a: - sensibilizzazione del miocardio alle catecolamine - diminuzione dell'inotropismo per inibizione della ATPasi miocardica - esacerbazione delle alterazioni cardiache indotte dalla ipossia (aritmie, segni di ischemia, scompenso) Quest'ultima sembra avvenire solo in condizioni sperimentali. - la cardotossicità aumenta nel cuore infartuato neurotossicità:: d) deterioramento delle performances psico-fisiche e) sintomi irritativi, vertigini, tremori f) anestesia g) polinevriti CLORODERIVATI DEGLI IDROCARBURI ALIFATICI Alcuni di questi composti, appartenenti sia al gruppo dei CLOROALCANI (DICLOROMETANO, 111-TRICLOROETANO) sia a quello dei CLOROALCHENI (TRICLOROETILENE, TETRACLOROETILENE) trovano vastissimo impiego come solventi. Altri impieghi sono rappresentati da: - uso come sgrassanti (tesssile, metalmeccanica) - estintori di fiamma - refrigeranti e propellenti - anestetici di superficie - antiparassitari 107 - sintesi chimiche - industria alimentare CARATTERISTICHE FISCO-CHIMICHE Sono tutti scarsamente biodegradabili e la loro persistenza nell'ambiente e negli organismi viventi è molto lunga. Tranne in Cloruro di Etile e quello di Metile sono tutti allo stato liquido alla pressione ambientale e sono in genere molto volatili. Ad eccezione del Cloruro di Metile , di quello di Etile e del Dicloroetano non sono infiammabili. Per effetto della luce e del calore si decompongono parzialmente in composti più tossici quali FOSGENE, CO, Ac. CLORIDRICO, DICLORO-ACETILCLORURO. ASSORBIMENTO, METABOLISMO ed ELIMINAZIONE La principale via di assorbimento è quella inalatoria,tuttavia possono venire assorbiti per via transcutanea in quantità significativa. La eliminazione per via alveolare è differente tra i vari composti e la quota trattenuta e metabolizzata varia notevolmente a seconda del composto. Tendono ad accumularsi nell'organismo tanto che alla fine della settimana si raggiunge una dose interna notevolmente maggiore di quella di inizio settimana. Vengono tutti metabolizzati, in diversa misura tra di loro, ad ACIDO TRICLOROACETICO e TRICLOROETANOLO e la eliminazione urinaria di tali cataboliti, individuabili con la reazione di FUJIWARA, è quantitativamente diversa da un composto all'altro(vedi figure). EFFETTI TOSSICI La tossicità e la liposolubilità aumentano con l'aumentare degli atomi di idrogeno sostituiti. Tutti i composti del gruppo esercitano a carico del SNC una spiccata azione prevalentemente depressiva, di tipo narcotico, ad eccezione del Cloruro di Metile che produce prevalentemente effetti di tipo irritativo. Frequente è la comparsa di neuriti a carico di alcuni nervi cranici, che recentemente venivano attribuite al tetracloroetano contenuto come impurità negli altri composti. Provocano anche la insorgenza di turbe psichiche, modificazioni delle performances, alterazioni della memoria e del carattere. 108 Frequente è la insorgenza di turbe neurovegetative(sindrome autonomica). Possibile insorgenza di fenomeni di assuefazione edi dipendenza Epatotossicità La epatotossicità è caratteristica comune di questo gruppo di composti ma in misura notevolmente diversa tra loro. Per quanto riguarda la epatotossicità acuta esplicantesi con fenomeni di necrosi centrolobularee citolisi, sono chiamati in causa il Tetracloruro di C., il Dicloroetano, l'112Tricloroetano, Tetracloroetano e il Cloroformio e, con minor frequenza, i Cloroalcheni. Forme di epatopatia cronica cronica, prevalentemente a tipo di epatosclerosi ma più spesso a tipo di epatosteatosi, sono state attribuite alla esposizione cronica o ripetuta nel tempo ai composti del gruppo, limitatamente a quelli dotati di maggiore epatotossicità acuta. Quasi tutti i composti del gruppo sono stati riscontrati esercitare un effetto induttore sugli enzimi microsomiali epatici. Nefrotossicità': i composti dotati di elevata epatotossicità risultano essere anche nefrotossici (necrosi tubulare acuta) . Cardiotossicità: Nella intossicazione acuta tutti i composti del gruppo possono provocare la comparsa di alterazioni del ritmo, della conduzione e della contrattilità miocardica con possibilità anche di morte improvvisa per arresto cardiaco. Turbe del ritmo e della conduzione ed alterazioni di tipo ischemico coronarico sono state segnalate quali postumi di una intossicazione acuta. E' stato ipotizzato che tutti i composti del gruppo esercitino azione depressiva sulla ATPasi miocardica. In caso di severa esposizione professionale o in caso di intossicazione subacuta sono state segnalati con una discreta frequenza casi di morte improvvisa per fibrillazione ventricolare. Nella patogenesi di tali eventi è stata ipotizzata la insorgenza di sensibilizzazione alle catecolamine endogene. Tutti i composti del gruppo esercitano una azione irritante sulla cute e sulle mucose. Oltre alle conseguenze della perdita del film lipidico protettivo, viene ad esercitarsi una spiccata azione irritativa diretta, con comparsa di eritema, flittene fino alla necrosi. Possono provocare lesioni corneali. Azione oncogena: Cloruro di Vinile e Tetracloruro di C. sono considerati oncogeni per l'uomo. Numerosi sono gli oncogeni sperimentali fra i quali il Tricloroetilene ed il 109 Percloroetilene. Da non dimenticare che questi ultimi subiscono una trasformazione metabolica ad epossidi. TETRACLOROMETANO o TETRACLORURO di CARBONIO CCl4 Liquido molto volatile utilizzato in passato come solvente, refrigerante, insetticida (fumigante assieme al dicloroetano), propellente, per la carica degli estintori. Oggi il suo impiego è notevolmente limitato per la elevata tossicità. Viene trasformato in parte in triclorometano da parte delle monossidasi microsomiali epatiche e tale metabolita, essendo un radicale libero ( -CCL3 ), determina gravi danni cellulari, come conseguenza di una lipoperossidazione delle membrane intracellulari degli epatociti, con gravi lesioni degenerative fino alla necrosi. Presenta una spiccata tossicità a carico del S.N.C., fegato e reni. La intossicazione acuta esordisce con gravi sintomi a carico del S.N.C. inizialmente di tipo irritativo, seguiti da quelli di tipo depressivo. Dopo uno o due giorni compaiono i segni della insufficienza epatica, con grave quadro di epatopatia acuta di tipo necrotico. Concomita una sindrome emorragica per deficit dei fattori emocoagulativi epatodipendenti. Contemporaneamente alle lesioni epatiche compaiono lesioni a carico dei tubuli renali prossimali con fenomeni di necrosi ed insufficienza renale acuta. Elevata è la mortalità. La contemporanea assunzione di induttori enzimatici aggrava la tossicità del composto. Nella esposizione cronica si può riscontrare la insorgenza di steatosi epatica che conduce progressivamente a cirrosi. Nell'uomo è stato segnalato un aumento della percentuale di incidenza di epatomi. 1,1,1-TRICLOROETANO o CLOROTENE o METIL-CLOROFORMIO (CCl3-CH3) E' il meno tossico tra i cloroderivati alifatici. E' stato fino ad alcuni anni fa uno dei solventi del gruppo maggiormente impiegati, specialmente come sgrassante nel comparto metalmeccanico. Attualmente i suo impiego come solvente è vietato a causa del suo contributo, assieme ai fluoroalcani a formare il buco dell’ozono Viene eliminato in grande quantità attraverso l'apparato respiratorio. 110 La quota trattenutaviene in parte metabolizzata a tricloroetanolo e acido tricloroacetico. Presenta una scarsa tossicità, limitata al S.N.C.in quanto non risulta epato o nefrotossico. L'isomero 1,1,2-TRICLOROETANO viene prevalentemente trattenuto e completamente metabolizzato (vedi fig.). Il prodotto non viene quasi mai impiegato. Solo in minima parte viene eliminato sotto forma di metaboliti Fujiwara positivi. Esso presenta una elevata neuro, epato e nefrotossicità. MONOCLOROETILENE o CLORURO di VINILE CLCH=CH2 Alla pressione ambientale è allo stato gassoso. E' dotato di spiccato potere irritante su cute e mucose. E' utilizzato come monomero per la produzione di PVC. Viene metabolizzato ad acido monocloroacetico, S-formil-etil-glutatione e acido tiodiglicolico. Presenta una tossicità acuta caratterizzata, oltre che dagli effetti irritativi, agisce sul S.N.C. con netta depressione preceduta da euforia, vertigini, disorientamento, perdita di coscienza e morte oppure rapido miglioramento se l'infortunato viene opportunamente soccorso. TOSSICITA' CRONICA: in seguito a ripetuti contatti manuali(pulizia delle autoclavi di polimerizzazione) provoca la comparsa di fenomeni di acroosteolisi a carico delle falangi distali delle dita, associati a lesioni di tipo sclerodermico ed al fenomeno di Raynaud. Fenomeni di osteolisi sono stati descritti anche in altre sedi( rotula,arti inferiori, bacino). Le lesioni ossee, che interessano le falangi ungueali di più dita di entrambe le mani, sono simmetriche. Si ha osteolisi con deformazione e riduzione del volume della falange(talora l'osso appare amputato all'esame radiologico). Dopo l'allontanamento dalla esposizione le condizioni generali migliorano rapidamente,mentre le falangi colpite rimangono deformate (a forma di bacchetta da tamburo, con unghie più ampie e bombate). Caratteristiche istologiche delle lesioni osteolitiche sono: -ispessimento scleroialino del periostio -metaplasia condroide degli strati più profondi Nei tessuti molli circostanti si riscontrano processi di capillarità e arteriolite stenosante. 111 Il tossico può provocare la comparsa di lesioni epatiche caratterizzate da fibrosi epatica con splenomegalia con comparsa di un quadro simile alla S.di Banti, con ipertensione portale e varici esofagee. Il quadro è spesso associato ad anemia, leucopenia e trombocitopenia. Nella patogenesi è invocato un meccanismo autoimmune (per la presenza di un aumento delle IgG e la presenza di immunocomplessi circolanti). Sarebbe un metabolita del CV che avrebbe il ruolo di aptene. Il rischio maggiore tuttavia è quello cancerogeno in quanto il CV provoca la comparsa di angiosarcoma epatico (con un eccesso di 300 volte superiore all'atteso) e una maggiore incidenza di neoplasie in altre sedi (polmone ,encefalo e tessuto linfatico ed emopoietico). Il metabolita genotossico sarebbe rappresentato dall'ossido di cloroacetaldeide. TRICLOROETILENE o TRIELINA ( CCl2=CHCl ) Fino a pochi anni fa è stato uno fra i solventi maggiormente impiegati, specialmente nelle lavanderie a secco ed in metalmeccanica. Viene impiegato come solvente di cere, resine, vernici, catrami, inchiostri, mastici ecc. Nella industria alimentare viene utilizzato per la estrazione di grassi ed oli da vegetali ed animali. Viene impiegato nella decaffeinizzazione e nella denicotinizzazione. In passato è stato impiegato come anestetico in chirurgia. Liquido volatile, non infiammabile. Si decompone per effetto della luce e del calore in acido cloridrico, fosgene, CO e in dicloroacetilcloruro. Per tali motivi viene conservato in recipienti scuri ed addizionato a stabilizzanti. Il 75% circa della quota inalata viene trattenuto dall'organismo e metabolizzato. Viene trasformato in EPOSSIDO, quindi in idrato di cloralio, che a sua volta viene ridotto a Tricloroetanolo (TCE) od ossidato ad acido Tricloroacetico (TCA) (vedi figure). Il TCA è il metabolita principale e costituendo da solo circa l'85% dei metaboliti urinari della Trielina. ll Tricloroetanolo viene eliminato sotto forma di glicuroconiugato. La emivita del TCE è breve (circa 12 ore), mentre quella del TCA è più lunga (circa 100 ore). 112 Il TCA contrae facilmente legami con le proteine e pertanto la sua permanenza nell'organismo èpiù lunga. In corso di esposizione e nelle prime ore dopo la cessazione di questa prevale in assoluto la eliminazione di TCE, mentre quella di TCA è prevalente solo dopo che sono trascorse 10 o più ore dalla fine della esposizione. TOSSICITA' La TRIELINA esplica i suoi effetti tossici soprattutto attraverso i metaboliti. La spiccata azione sul SNC è dovuta prevalentemente al tricloroetanolo ed al cloralio idrato, mentre gli effetti tossici sul fegato e rene sono verisimilmente attribuibili all'epossido. Esplica azione irritante su cute e mucose. A carico del SNC agisce sia sulla corteccia che sui centri diencefalici (diencefalosi tossica). Sensibilizza il miocardio alle catecolamine. Interferisce sul metabolismo dell'alcool etilico attraverso la inibizione competitiva della etanodeidrogenasi, che trasforma sia l'alcool in aldeide acetica che il cloralio idrato in tricloroetanolo. La contemporanea assunzione di alcool e di trielina oltre ad aumentare la quota di solvente eliminata per via respiratoria, provoca anche un aumento della emivita dell'alcool stesso. La Trielina inoltre deprime la idrolisi della aldeide acetica bloccando la acetaldeidedeidrogenasi con conseguente accumulo di acetaldeide. INTOSSICAZIONE ACUTA Inalazione massiva o per ingestione accidentale. La DL per l'uomo per via orale è di circa 60 ml. Se introdotto per os compaiono rapidamente turbe gastroenteriche (vomito, diarrea, emorragia, dolore, talora ileo).Se inalato compare irritazione delle vie aeree fino all'edema polmonare. Precocemente compaiono i segni a carico del SNC (dapprima quelli di tipo eccitatorio, seguiti dai depressivi). Comparsa di turbe del ritmo cardiaco e della conduzione. Possibilità di morte improvvisa. Lesioni dell'occhio(congiuntiviti, cheratiti). Quali postumi della intossicazione acuta possono comparire lesioni a carico di alcuni nervi cranici. In particolare del Trigemino e dell'Ottico. 113 Lesioni epatiche e renali anche di grave entità che da parte di molti AA vengono in genere attribuite alla presenza di contaminanti più tossici. INTOSSICAZIONE CRONICA La esposizione protratta nel tempo può portare ad una progressiva degenerazione del S.N. con astenia, cefalea, torpore psichico, sonnolenza (segno del metrò), turbe del sonno, perdita della memoria, sindrome psico-organica, gravi psicosi fino alla demenza. Alterazioni delle perfomances, dopo 8 ore di esposizione, potenzialmente responsabili di infortuni in itinere. Interessamento dei nervi cranici con insorgenza di gravi forme di nevriti resistenti alle terapie. Particolarmente interessato è il trigemino, con analgesia e perdita del senso gustativo. Il nervo ottico, con gravi turbe visive e possibile comparsa di scotoma centrale. Possibile comparsa di polineuriti a carico dei nervi periferici con insorgenza di polineuropatia simmetrica sensitivo-motoria specie agli arti inferiori con inizio distale e progressione in senso prossimale. Sindrome autonoica con nausea, vomito vertigini, vampate di calore, iperidrosi, dermografismo, tachicardia, polipnea. Risulta abbastanza frequentemente segnalata la TOSSICOMANIA, in cui il solvente viene assunto in dosi anche elevate per il gradevole senso di ebbrezza e di torpore che provoca. Frequente comparsa dei segni da intolleranza all'alcool (degrease's flush), con vasodilatazione cutanea arrossamento del volto e tachicardia. L'etilismo cronico aggrava le alterazioni a carico del S.N. Anche nella intossicazione cronica viene interessato il cuore con comparsa di extrasistoli, di turbe del ritmo (fibrillazione ventricolare), e di forme anginose. L'nteressamento epatico e renale nei soggetti professionalmente esposti è raramente segnalato, mentre viene segnalato nei tossicomani che inalano il solvente. Si tratta di epatopatie ad impronta necrotica (nercrosi centrolobulare), talora accompagnate da interessamento renale(necrosi tubulare). Da parte di alcuni AA viene segnalata anche la epatosteatosi. Frequente negli esposti alla trielina è l'nteressamento cutaneo con comparsa di dermatiti generalizzate (esfoliativa, eritrodermica, papulovescicolare) talora accompagnate da ipertermia e marcata eosinofilia con quadri simili allo Steven Johnson. Dermatiti da contatto di tipo irritativo e di tipo allergico. 114 Il metabolita Ac.Tricloroacetico, legandosi alle proteine, può spiazzare altre sostanze, compresi alcuni farmaci quali dicumarolici, fenilbutazonici, sulfaniluree, anticonvulsivanti. La trielina è un cancerogeno sperimentale: nell'animale (topo) induce la comparsa di neoplasie epatiche e renali. E'stata ipotizzato, oltre all'effetto cancerogeno dell'epossido, anche la presenza di un metabolita oncogeno, la diclorovinilcisteina, quale responsabile dei tumori renali. Possiede anche attività mutagena, riscontrata in vitro. In soggetti esposti sono state riscontrate alterazioni cromosomiche linfocitarie. TETRACLOROETILENE o PERCLOROETILENE ( CCl2=CCl2) Solvente che ha caratteristiche fisico-chimiche molto affini alla trielina (non infiammabilità, decomponibilità spontanea in composti irritanti, scarsa biodegradabilità). E' meno volatile della trielina. Trova gli stessi impieghi della trielina, e, in certi settori (lavanderie a secco), la ha praticamente sostituita. A differenza della Trielina oltre il 90% del Percloroetilene assorbito viene successivamente eliminato attraverso la via respiratoria. La quota ritenuta subisce la stessa trasformazione metabolica della trielina, con inversione del rapporto tra i metaboliti urinari in quanto il metabolita principale è l'Ac.Tricloroacetico. Ha una lunga emivita biologica(150 ore) e tende ad essere trattenuto nel tessuto adiposo. Possiede le stesse caratteristiche biologiche e tossicologiche della trielina. ALCOLI Sono composti organici caratterizzati dalla presenza di un -OH legato ad un atomo di carbonio. Quelli a catena alifatica inferiore a 12 atomi di C sono allo stato liquido, mentre quelli a catena più lunga sono solidi. La presenza dell'-OH nella molecola la rende idrosolubile, mentre l'idrocarburo di partenza è solo liposolubile. Tale caratteristica si riduce col crescere della catena alifatica tanto che gli alcoli superiori si comportano come gli idrocarburi corrispondenti. 115 Nella esposizione professionale le vie di assorbimento sono rappresentate dalla respiratoria e da quella transcutanea. Quest'ultima rappresenta la via principale di assorbimento per i composti a maggior peso molecolare che hanno una minore tensione di vapore. Oltre che come solventi ,gli alcoli trovano impiego nella industria chimica, nelle sintesi, e nella industria alimentare. Una volta assorbiti vengono prevalentemente metabolizzati dal fegato e solo in piccola parte eliminati come tali attraverso il respiro o attraverso le urine. Vengono ossidati dall'alcol-deidrogenasi ad aldeidi, quindi, o sono completamente degradati, oppure vengono eliminati attraverso le urine, dopo essere stati coniugati. La tossicità degli alcoli è in genere inferiore a quella delle corrispondenti aldeidi. La esposizione contemporanea ad alcoli diversi oppure ad alcoli e ad altri composti organici che utilizzano le stesse vie metaboliche può modificare la tossicocinetica dei composti. Alcuni alcoli sono induttori enzimatici. Raramente gli alcoli causano la insorgenza di tecnopatie. Una elevata esposizione a vapori di alcooli può causare turbe a carico del S.N.C. con nausea, vertigini, torpore fino al coma. Hanno azione irritante su cute e mucose(occhio), specialmente l'a. Allilico ed il Butilico. ALCOL METILICO (Metanolo) CH3OH Liquido incolore, volatile e di odore gradevole. Nella esposizione professionale viene assorbito prevalentemente attraverso la via respiratoria. Viene rapidamente metabolizzato a livello epatico E' ossidato dalla alcool-deidrogenasi ad aldeide formica e dalla aldeide-deidrogenasi in acido formico. Nella intossicazione acuta è presente in elevata concentrazione nel liquor e nei liquidi dell'occhio. Nella retina può venire ossidato ad aldeide formica per effetto della retinolo-deidrogenasi dei coni e dei bastoncelli. La emivita è abbastanza breve (1-2 ore) e viene eliminato attraverso le urine sotto forma di ACIDO FORMICO e solo in piccola parte come tale(una piccola quantità viene emessa attraverso il respiro). Se la dose introdotta è elevata la emivita si allunga per effetto della saturazione dei sistemi metabolici. 116 La ossidazione del Metanolo è competitiva con quella dell'etanolo ed il fenomeno viene sfruttato a scopo terapeutico. TOSSICITA' La DL per l'uomo è variabile(in media 30 ml). Nella intossicazione acuta si verifica un grave stato di acidosi per effetto dell'acido Formico e dell'acido Lattico che si forma per la inibizione della citocromo-ossidasi da parte dell'acido formico stesso. Il danno oculare sarebbe da attribuire all'acido formico che produrrebbe lesioni sia a livello della retina(edema ) che a carico del nervo ottico(modificazioni del flusso assoplasmatico con atrofia). La intossicazione acuta, spesso mortale, può conseguire sia alla ingestione che alla inalazione. Nella intossicazione acuta, dopo un periodo di latenza di diverse ore, compaiono: -Turbe digestive: dolore, nausea, vomito -Turbe neurologiche: eccitazione, depressione, coma. -Turbe visive: midriasi, diminuzione del visus, abolizione del riflesso alla luce, amaurosi. -Turbe emodinamiche: ipotensione -Turbe metaboliche: acidosi In caso di intossicazione mortale la concentrazione del Metanolo nel sangue supera di solito il g/l. Il decesso si verifica per paralisi respiratoria, edema polmonare, collasso c.c., edema cerebrale. Quali postumi di una intossicazione acuta possono persistere gravi alterazioni visive. Il trattamento antidotico della intossicazione acuta viene praticato somministrando etanolo (infusione venosa di 3000 cc di soluzione al 5% in 24 h). Trattamento della acidosi con bicarbonato di Na per os o per infusione. Iperventilazione assistita. Nei casi molto gravi è necessario ricorrere alla emodialisi. Nella esposizione cronica, oltre alla possibile comparsa di fenomeni irritativi a carico della cute e delle mucose respiratorie e oculari, è possibile il manifestarsi di una diminuzione della acuità visiva. SOLFURO DI CARBONIO E' un composto di sintesi. Liquido, incolore, molto volatile, infiammabile, i vapori frammisti all'aria sono esplosivi. 117 Mentre il prodotto puro ha odore gradevole quello tecnico, contenendo tracce di H2S, emana odore sgradevole. Fino a pochi anni fa è stato largamente utilizzato nella produzione del raion col metodo della viscosa. E' un ottimo solvente e viene impiegato come solvente dello zolfo, del caucciù (vulcanizzazione a freddo), nell'industria della gomma, solvente di grassi, oli, resine cere, lacche. Insetticida e ratticida. Nella esposizione professionale viene assorbito per via inalatoria e transcutanea. Della quota assorbita circa il 10-30% viene eliminato col respiro, l'1% come tale attraverso le urine, mentre il restante viene metabolizzato. Circa l'80% viene eliminato sotto forma di solfati inorganici. Una parte viene trattenuta nell'organismo e si distribuisce in tutti gli organi. Contrae legami con i gruppi aminici e con atomi di N delle proteine. Per questa caratteristica e per la liposolubilità si spiega la tendenza ad essere in parte trattenuto nell'organismo. La coniugazione con aminoacidi determina la formazione di ditiocarbammati e di tiourea che in parte vengono escreti con le urine. Patogenesi : Gli effetti tossici esercitati dal CS2 come tale o attraverso i metaboliti sono molteplici per la capacità di agire cogli aminogruppi, gruppi tiolici di proteine, polipeptidi, con conseguente inibizione e denaturazione di sistemi enzimatici e blocco di aminoacidi essenziali. Il Ditiocarbamato e il 2-Tiazolidinone-4-tione, entrambi metaboliti del CS2, esercitano azione chelante e, chelando il RAME, possono inibire gli enzimi che hanno tale metallo (tirosinasi, citocromossidasi, dopamino-beta-idrossilasi). Secondo molti AA le manifestazioni a carico della psiche, comuni nel solfocarbonismo, sarebbero dovute a tali inibizioni enzimatiche. Il CS2 reagisce con la Piridossamina formando disolfuro di tiourame ed in tale modo provoca una deplezione di Vitamina B6. Interferisce con il metabolismo delle catecolamine con conseguenti ripercussione sul metabolismo lipidico. Per inibizione delle MAO determina un accumulo di serotonina nel S.N.C. La neurite periferica sarebbe da attribuire alle alterazioni del metabolismo del rame. Deprime la lipoproteinlipasi e la attività lipolitica delle pareti arteriose. Altera il metabolismo dei lipidi con aumento delle betalipoproteine, degli acidi grassi e del colesterolo. Stimola la sintesi epatica del colesterolo. intossicazione acuta: encefalopatia acuta con grave eccitazione psicomotoria seguita da coma e morte. Nei soggetti sopravvissuti residuano sempre gravi postumi neuropsichici. intossicazione cronica: insonnia ,cefalea, turbe psichiche. Parkinson. Deperimento organico. Polineurite sensitivo motoria prevalente agli arti inferiori, simmetrica. Turbe visive, neurite ottica retrobulbare con restringimento progressivo del campo visivo. Oligospermia e perdita della libido. Ipotiroidismo e iposurrenalismo conseguenti all'azione del CS2 sull'ipotalamo-ipofisi. Turbe vascolari: aterosclerosi, encefalopatia vascolare, retinopatia, coronarite, ipertensione, nefrosclerosi. Per valutare la entità della esposizione è utile il test alla azide sodica: 118 2NaN3 + 2I ---- 3N2 +2NaI Si determina il tempo necessario per la scomparsa del colore dello iodio. FITOFARMACI In passato venivano chiamati PESTICIDI, intendendo definire con tale termine i presidi chimici utilizzati in agricoltura per combattere i parassiti delle piante e dei prodotti agricoli. Il termine “Pesticidi” deriva dall’inglese (pest = animali o piante dannose) e tale termine fu suggerito dall’OMS. In Italia questi prodotti vengono più correttamente definiti Antiparassitari agricoli e sono costituiti da un gruppo di sostanze aventi come caratteristica comune la capacità di agire contro le crittograme parassite (ANTICRITTOGAMICI o Funghicidi), contro insetti (INSETTICIDI) e acari (ACARICIDI), contro nematodi (NEMATOCIDI), contro le fanerogame superiori parassite e infestanti (ERBICIDI o DISERBANTI), contro mammiferi roditori (RODENTICIDI e RATTICIDI). Significato analogo ha il termine di FITOFARMACI, usato di solito dai fitoiatri ed anche dal Ministero della Sanità, termine che comprende anche i FITOREGOLATORI, gli INTEGRATORI e i COADIUVANTI. Appare evidente come i fitofarmaci rappresentino un gruppo di composti assai eterogenei dal punto di vista chimico e fisico, dotati però tutti della capacità di interferire in qualche modo con sistemi biologici viventi. Da tale punto di vista possono forse essere considerati come l’unica classe di sostanze tossiche (anche per l’uomo) che viene volontariamente disseminata nell’ambiente. E’ evidente come la possibilità di utilizzare questi prodotti sia stata e sia tutt’ora (e lo sarà probabilmente anche in futuro) un presidio indispensabile per la salvaguardia della agricoltura ma anche per la eliminazione di diverse malattie a diffusione endemica (basti ricordare la scomparsa 119 pressoché totale nelle nostre regioni e, in generale nei paesi occidentali, di una grave malattia quale la malaria). Questi motivi possono, almeno in parte, spiegare l’elevato consumo mondiale dei fitofarmaci di cui più del 60% avviene nei paesi occidentali, tra i quali l’Italia copre circa il 3% dei consumi mondiali. A fronte di questo vasto impiego i dati sulla mortalità e morbilità da fitofarmaci indicano una incidenza di questi fenomeni relativamente bassa per cui hanno sicuramente contribuito, assieme ad oggettive difficoltà di controllo intrinseche all’attività agricola stessa, a determinare una scarsa considerazione dei problemi relativi alla loro nocività. Le norme che regolamentano la produzione, la registrazione, il commercio e l’impiego dei pesticidi sono in genere molto severe nei paesi occidentali. L’Italia forse è uno dei paesi in cui vi è maggiore rigore sia nella registrazione dei prodotti sia nella regolamentazione del loro impiego e nella determinazione dei residui accettabili sulle derrate agricole. Col DPR n.223 del 1988 che recepiva una Direttiva CEE, i pesticidi utilizzati nel nostro paese, la cui DL50 o CL50 nell’animale sono comprese al di sotto dei 500mg/kg, sono stati divisi in due Classi (rispettivamente fino a 50 e fino a 500mg/kg). Per la commercializzazione e per l’acquisto i prodotti appartenenti ad entrambe le classi è necessario il possesso di un patentino, ottenuto mediante il superamento di un apposito esame e che ha una durata di 5 anni. Ogni tipo di pesticida deve essere utilizzato solo per le colture indicate nella registrazione (pianta, seme, terreno ecc.) e devono venire scrupolosamente osservati sia il TEMPO di CARENZA che il TEMPO di RIENTRO specifici per ogni prodotto e riportati nelle istruzioni scritte, allegate per legge ad ogni confezione. Il Tempo di carenza è l’ntervallo di tempo che deve intercorrere tra l'ultimo trattamento antiparassitario e la raccolta del prodotto, mentre il Tempo di rientro è l’intervallo necessario per poter rientrare nelle colture trattate onde espletare operazioni varie (dirado, diserbo manuale, potatura ecc.). Per oggi tipo di pesticida infine è stato stabilito il RESIDUO MASSIMO TOLLERATO (cioè la quantità massima di principio attivo che può essere tollerata nei prodotti destinati alla alimentazione). I pesticidi possono essere sotto forma liquida solida e gassosa. 120 I fitofarmaci sono messi in commercio sotto forma di formulati in cui il principio attivo o più principi attivi vengono addizionati a solventi o diluenti se sono allo stato liquido e a disperdenti inerti se sono sotto forma di polveri. ESPOSIZIONE La esposizione umana a pesticidi può verificarsi nell’ambito sia professionale che extraprofessionale. La esposizione professionale avviene sia in campo industriale, durante la loro produzione che in campo agricolo durante il loro impiego. Altri gruppi di soggetti professionalmente esposti sono rappresentati dagli addetti alla formulazione e dagli addetti ai trattamenti disinfestanti in sanità pubblica. La esposizione assume in questi ambiti caratteristiche assai diverse, tali da influire sulle modalità con cui può essere attuato il controllo del rischio sia sotto il profilo ambientale che sotto quello sanitario come appare evidente nella successiva tabella. Nella Formulazione si verifica una modalità di esposizione intermedia fra quella industriale produttiva e quella degli utilizzatori in campo agricolo o in sanità pubblica, in quanto avviene di solito in ambienti chiusi e con tecnologie tipicamente industriali, comportando tuttavia una rotazione rapida dei tipi di prodotti e di principi attivi. Esiste infine un rischio da fitofarmaci non legato ad attività lavorativa. Essendo infatti tali sostanze immesse nell’ambiente di vita, la esposizione ai fitofarmaci o ai loro residui può interessare anche la popolazione generale, che può venire a contatto con questi prodotti, sia per contiguità degli insediamenti abitativi con aree di produzione o di utilizzazione, che per contaminazione delle acque o degli alimenti. ESTERI FOSFORICI Gli ESTERI FOSFORICI, detti anche Organofoforici, rappresentano tutt’ora il gruppo di insetticidi maggiormente utilizzato in agricoltura. Caratteristica comune di questi composti è la presenza di acido fosforico esterificato con un radicale organico. Oltre che per via digerente ed inalatoria, tutti i composti appartenenti a questo gruppo di pesticidi vengono rapidamente assorbiti attraverso la cute e le mucose. 121 La maggior parte degli insetticidi organofosforici, specie quelli a maggiore impiego, sono in genere rapidamente metabolizzati ed allontanati dall’organismo, per cui essi sono di solito responsabili di quadri di intossicazione acuta o al massimo subacuta, senza accumulo di tossico nell’organismo. Molti organofosforici non agiscono come tali ma attraverso il prodotto derivato dalla ossidazione (ad es.il PARATHION). Oltre alle reazioni di attivazione possono andare incontro a reazioni di detossificazione che li privano della capacità inibente: la principale reazione è rappresentata dalla rimozione del radicale non alchilico (ad es. dal Parathion si forma Paranitrofenolo) con la contemporanea formazione di alchilfosfati. Un’altra importante reazione è l’ossigeno-dealchilazione. Tale reazione, che avviene di solito per idrolisi enzimatica, è di per se’ una reazione detossicante; essa può avvenire anche dopo che il tossico si è già legato alla acetilcolinesterasi, determinando in tal modo l’invecchiamento dell’enzima. PATOGENESI Tutti gli insetticidi organofosforici basano il loro meccanismo d’azione tossica sulla inibizione della ACETILCOLINESTERASI (AchE) nel tessuto nervoso e a livello neuromuscolare. La AchE è presente anche nel sangue all’interno delle emazie Tale inibizione è detta impropriamente “irreversibile” ma in realtà la inibizione dell’enzima da parte dell’insetticida è reversibile, almeno in un primo momento, in presenza di specifici catalizzatori della reazione nel senso opposto (tali composti,le ossime, trovano impiego nella terapia della intossicazione acuta). Il complesso enzima + inibitore, dopo un intervallo di tempo variabile, va incontro ad un processo detto “invecchiamento”, determinato dalla formazione di una carica negativa sulla molecola, con successiva alterazione strutturale che determina l’irreversibile perdita funzionale dell’enzima. A questo punto il ripristino della capacità acetilcolinesterasica dipende dalla sintesi di nuovo enzima. Il tossico inibisce anche altri enzimi a funzione esterasica o non ; è importante (esclusivamente ai fini diagnostici) la inibizione della Pseudocolinesterasi plasmatica (PchE) e quella della Esterasi Neurotossica (NTE) presente, oltre che nel nervo, anche nei linfociti e nelle piastrine; questo ultimo blocco è responsabile della polineurite ritardata. 122 Il blocco della acetilcolinesterasi del S.N. (presente nelle sinapsi del S.N.C. e periferico,nella prima sinapsi del sistema nervoso simpatico e nelle sinapsi del parasimpatico), determina il polimorfo quadro sintomatologico della intossicazione acuta. Alla inibizione della AchE consegue che l’Acetilcolina non idrolizzata dall’enzima inibito, si accumula nello spazio sinaptico determinando la continua attivazione dei recettori colinergici INTOSSICAZIONE ACUTA La sintomatologia in genere esordisce solo quando la inibizione della AchE supera il 70%. SINTOMI MUSCARINICI interessano gli organi innervati dal parasimpatico e le ghiandole sudoripare (sono sperimentalmente riproducibili mediante somministrazione di muscarina e possono essere neutralizzati dalla ATROPINA) SINTOMI NICOTINICI interessano i gangli del sistema vegetativo simpatico e le terminazioni neuromuscolari SINTOMI A CARICO DEL SNC I sintomi muscarinici comprendono: miosi, nausea , vomito, diarrea,dolori addominali, scialorrea, iperlacrimazione, bradicardia con ipotensione, broncospasmo con ipersecrezione bronchiale. I sintomi nicotinici comprendono: tachicardia con ipertensione, midriasi, astenia, facile esauribilità muscolare, crampi con fascicolazioni. I sintomi a carico del SNC comprendono: confusione, disorientamento, ansietà, insonnia, incoordinazione motoria, convulsioni, coma. I quadri clinici che derivano dall’insieme di questi sintomi assumono particolare connotazione a seconda della quantità di tossico assorbita. I sintomi muscarinici prevalentemente localizzati al digerente (nausea,vomito e algie) compaiono per primi nelle intossocazioni di più lieve entità. Miosi con turbe visive, bradicardia, cefalea ed ipersecrezione bronchiale stanno ad indicare una intossicazione più severa; mentre la presenza di sintomi nicotinici è indizio di maggiore gravità. Nei casi più gravi il decesso avviene per arresto cardiaco o per insufficienza respiratoria. 123 In seguito a contatti limitati si possono avere solo effetti locali non seguiti da intossicazione sistemica: es.miosi o spasmo della accomodazione oppure ipersecrezione bronchiale e broncospasmo. La intossicazione acuta si accompagna a marcata riduzione delle colinesterasi ematiche (AchE e PchE), però non si riscontra sempre una stretta correlazione tra entità della inibizione e sintomi. La intossicazione acuta può essere seguita da sequele di ordine psichiatrico,psicologico, ematologico (leucopenia,ipocoagulazione), renale ed epatico. INTOSSICAZIONE SUBACUTA e CRONICA Il problema della esistenza o meno di una intossicazione cronica da Organofosforici è attualmente alquanto controverso. Un effetto abbastanza chiarito, sequela della intossica-zione acuta, è la cosidetta NEUROPATIA RITARDATA. Tale quadro si sviluppa con il classico quadro della paralisi ascendente dopo un intervallo di 10-15 giorni da un episodio di intossicazione acuta, anche se di lieve entità. Il meccanismo patogenetico è rappresentato dalla nibizione ed il successivo invecchiamento di una proteina ampiamente diffusa nella frazione microsomiale dei neuroni, nota come esterasi neurotossica o NTE (neuropathy target enzyme) presente anche nel sangue e in altri tessuti. Tale assonopatia distale centrale periferica, secondo indagini sperimentali, si manifesta quando i livelli di NTE sono scesi al di sotto del 20%. Essa è di solito evidente solo a livello periferico. In riferimento alla attività sull’NTE gli esteri fosforici si suddividono in due gruppi: il primo, comprendente i composti in grado di provocare l’aging della NTE, ed il secondo comprende organofosforici, cosidetti protettori, che non invecchiano la NTE (a questo gruppo appartengono i composti attualmente in uso nel nostro paese). DIAGNOSI Si basa essenzialmente sulla anamnesi lavorativa, sulla sintomatologia e sulle indagini di laboratorio. I principali esami sono:AchE, PchE, NTE (nei linfociti), dosaggio dei metaboliti. Talora può mancare una perfetta corrispondenza tra sintomatologia ed inibizione dell’enzima, per cui tale dosaggio può risultare più utile per valutare l’entità della esposizione piuttosto che la 124 gravità della intossicazione.Quest’ultima sembra più in rapporto sia coll’entità della depressione enzimatica, sia con il tempo in cui tale depressione si realizza. Infatti i soggetti cronicamente esposti possono presentare progressive riduzione dell’enzima, anche vicino al 20% dei valori iniziali, senza avvertire disturbi, mentre lo stesso grado di depressione, se insorto acutamente, può causare gravi disturbi. La AchP si rigenera spontaneamente (nel fegato) e torna ai valori di partenza entro un breve periodo(15-30 giorni), mentre la AchE non presenta rigenerazione spontanea, per cui si reintegra solo col rinnovarsi della popolazione eritrocitaria. Il dosaggio della NTE linfocitaria dopo una intossicazione acuta può costituire un utile test preditivo per il manifestarsi o meno della polineuropatia ritardata, tuttavia andrebbe riferito ad un valore preespositorio. TERAPIA ATROPINA L' atropina contrasta i sintomi parasimpatici (protezione dei recettori muscarinici) e i sintomi a livello del S N C . Viene somministrata sotto forme di SOLFATO di ATROPINA alla dose di 1-2 mg per via endovenosa ripetuti ogni 10'-15' fino all'instaurarsi dei fenomeni di atropinizzazione (midriasi, tachicardia, rossore cutaneo). Nelle emergenze extraospedaliere la terapia atropinica è controindicata qualora vi sia anossia, per il pericolo di insorgenza di fibrillazione ventricolare o di gravi lesioni ischemiche del miocardio. Pertanto ,in presenza di anossiemia, la terapia atropinica va intrapresa dopo adeguata ossigenoterapia. Ottenuta la atropinizzazione, questa va mantenuta a lungo (24-48h), in quanto la rapida sospensione dell'antidoto può portare a grave insufficienza respiratoria acuta o ad edema polmonare. La mancata comparsa dei segni di atropinizzazione dopo la somministrazione parenterale di 1-2 mg del farmaco conferma la ipotesi di intossicazione da esteri fosforici, mentre la comprsa immediata di midriasi e tachicardia , dopo tale dose, pone in dubbio la intossicazione o depone 125 per una forma molto lieve. L'Atropina non ha alcun effetto sui sintomi nicotinosimili. Non va mai somministrata a scopo preventivo. OSSIME Sono antidoti specifici in quanto riattivatoriI delle colinesterasi. Sono farmaci caratterizzati dalla presenza di un radicale ossimico ( -CH=NOH) orientato in modo da esercitare un attacco nucleofilico al P che ha occupato il sito attivo delle colinesterasi, con conseguente formazione di un complesso OSSIMA-FOSFONATO e rimozione del radicale fosforico. Le più note sono la PRALIDOSSIMA o 2PAM (metil ioduro di Piridin-2-Aldossima) ed il CONTRATHION o P2S (Piridina-2-Aloxino Etasulfonato). La TOXOGONINA ed il DAM,non presenti in Italia, sono meno attivi ma presentano il vantaggio di poter attraversare la barriera ematoencefalica e di poter così riattivare l'enzima nel cervello. Il 2PAM viene solitamente somministrato alla dose di g.0,5 endovena lentamente (10') per evitare la comparsa di disturbi quali diplopia, astenia, nausea e tachicardia. Tale dose può essere ripetuta dopo 12 ore. E' consigliabile tuttavia la somministrazione per infusione venosa continua (nei casi più gravi alla dose anche di 0,5 g/h). La somministrazione del CONTRATHION si effettua per via endovenosa lenta (flaconi da 200 mg). Nei casi gravi possono essere somministrati 400 mg per vena (lentamente), seguiti, se dopo 30' persistono i sintomi, da somministrazione di 200 mg per via venosa lenta, ripetibili una terza volta nella giornata. Le ossime vanno somministrate in associazione con la terapia atropinica. Il trattamento con le ossime va continuato anche dopo che è stata superata la fase acuta, in quanto, essendo la emivita delle ossime molto breve e la loro eliminazione attraverso le urine molto rapida, gli esteri fosforici, specialmente gli inibitori indiretti che presentano un metabolismo lento ( es.Parathion), possono raggiungere, dopo la sospensione dell'antidoto, livelli ematici molto pericolosi e determinare lacomparsa di una ricaduta, talora anche mortale. Essendo le ossime eliminate per via renale, in caso di insufficienza renale, i dosaggi andranno proporzionalmente ridotti. Sono controindicati: morfina, fenotiazina, amminofillinici e tranquillanti.. Anche in caso di intossicazione non grave è sempre opportuno ricoverare il p. in reparto di terapia intensiva. TERAPIA DELLA INTOSSICAZIONE ACUTA A) MISURE DI DECONTAMINAZIONE Sono finalizzate alla decontaminazione del tossico non ancora assorbito e consistono in: - togliere gli indumenti contaminati - lavare la cute contaminata con acqua e sapone o con una soluzione alcalina di ammoniaca al 5-10 per mille, evitando un eccessivo frizionamento della cute - irrigazione degli occhi in caso di contaminazione oculare - lavaggio gastrico o somministrazione di emetici(ad eccezione di stato convulsivo o di coma). B) MISURE DI RIANIMAZIONE Nei casi più severi di intossicazione è necessario praticare immediatamente la Respirazione artificiale o assistita e la somministrazione di OSSIGENO per il pericolo di morte per insufficienza respiratoria acuta (paralisi dei muscoli respiratori, ingombro bronchiale, paralisi del centro respiratorio). Può essere necessario praticare una intubazione tracheale oppure una tracheotomia. 126 CARBAMMATI INSETTICIDI Gli esteri dell’acido metil e dimetil carbammico sono utilizzati da molto tempo come parasimpaticomimetici (Eserina o Fisiostigmina,Neostigmina o Prostigmina). In seguito fu scoperto che il Metil e il Dimetil-carbammato avevano proprietà insetticida. I Carbammati Insetticidi sono pertanto esteri dell’ acido Carbammico . Il loro meccanismo d’azione è simile a quello degli esteri fosforici (inibizione della AchE e di altre esterasi) Tuttavia il legame tra l’insetticida e l’enzima è meno stabile per cui il rischio per l’uomo è assai limitato. La inibizione infatti è transitoria e “in vivo” l’enzima attivo è rigenerato molto più rapidamente di quanto avviene dopo la inibizione da organofosforici.Sono tutti inibitori diretti. Dopol’assorbimento (per via digerente, respiratoria o cutanea), i Carbamati vengono metabolizzati rapidamente nell’organismo mediante idrolisi con formazione di metaboliti privi di attività anticolinesterasica ma non necessariamente privi di azione tossica (vedi nitrosocarbaryl) Oltre alla idrolisi vanno incontro anche ad altre trasformazioni metaboliche (ad es. il Carbaryl viene ossidato a 1-Naftolo ed eliminato con le urine). INTOSSICAZIONE ACUTA Gli insetticidi Carbammati producono gli stessi sintomi degli esteri fosforici ma con sintomatologia molto fugace. La loro tossicità acuta varia entro limiti piuttosto ampi: accanto al Carbaryl, che è il prodotto più diffuso,”scarsamente tossico”, abbiamo l’Aldicarb (Temkin), il cui uso in Italia è limitato alle barbabie-tole, che ha una DL50 di 1 mg/kg ed è stato ipotizzato che la causa della sua elevata tossicità sia dovuta al metabolita Aldicarb sulfossido, inibitore molto più potente. I Carbammati, a differenza degli organofosforici, penetrano in minima quantità nel SNC così da non indurre effetti sulla AchE cerebrale. La dose letale è un multiplo considerevolmente maggiore della dose che provoca una iniziale sintomatologia (al contrario di ciò che avviene con i fosforoorganici). La esistenza di effetti cronici viene posta in discussione. Non esiste un rapporto diretto evidente tra inibizione delle colinesterasi ed entità delle esposizione o della intossicazione e ciò è da attribuirsi alla rapida riattivazione dell’enzima. Nei confronti del Carbaryl non viene in genere segnalata la esistenza di un rapporto diretto fra il valore dell’1-Naftolo urinario e quadro sintomatologico. Tale parametro non viene correlato con certezza nemmeno con la esposizione. Questi aspetti pertanto impediscono pertanto la possibilità di effettuare un valido monitoraggio biologico degli esposti. Sotto l’aspetto TERAPEUTICO il migliore antidoto è la ATROPINA,che tuttavia deve essere somministrata con cautela,data la rapida riattivazione della AchE. I riattivatori delle colinesterasi (Ossime) sono inefficaci e possono addirittura aggravare le manifestazioni tossiche. INSETTICIDI ORGANOCLORATI Sono composti dotati di eccezionale stabilità chimica e quindi capaci di accumularsi nell’ambiente: Capostipite di questi composti è stato il DDT (diclori-difenil-tricloroetano), il primo ed il più usato tra gli insetticidi di sintesi. Hanno ormai un interesse storico in quanto sono stati quasi tutti rimpiazzati da altri composti; ricordiamo che l’uso del DDT in campo agricolo è vietato con il D.M. del 11.10. 1978. 127 Caratteristica principale dell’azione tossica di questi composti è l’azione selettiva a livello della permeabilità delle membrane delle cellule nervose, che potrebbe avvenire con vari meccanismi molecolari(azione sui canali del sodio, sulla pompa sodio/potasio, sui meccanismi di produzione di energia ATP dipendenti). Il quadro dell’intossicazione acuta nell’animale è caratterizzato da convulsioni seguite da coma e dalla morte. Nell’uomo sono stati descritti casi di intossicazione acuta, in persone che avevano ingerito DDT a scopo suicida, caratterizzati da nausea, vomito e alterazioni neurologiche, prevalentemente convulsioni, risoltesi rapidamente in maniera favorevole. Non sono noti, al momento, quadri patologici da esposizione cronica ad insetticidi organoclorati. Il DDT è stato ritenuto dalla IARC (International Agency for Research on Cancer) cancerogeno per l’animale con sufficiente evidenza. INSETTICIDI PIRETROIDI caratterizzate da parestesie facciali risolventesi spontaneamente alcune ore dopo la fine della esposizione. Non esistono ancora dati precisi per un valido monitoraggio biologico a causa della incompletezza delle conoscenze del complesso metabolismo di questi composti. Il trattamento delle reazioni da piretroidi è puramente sintomatico. Il Piretro è stato uno dei primi composti impiegati dall’uomo a scopo insetticida.Gli estratti naturali di Piretro sono piuttosto diffusi nei prodotti destinati all’uso domestico, mentre i piretroidi di sintesi si stanno diffondendo nell’uso agricolo. Proprio a motivo della loro relativamente recente introduzione in campo agricolo le informazioni sulla tossicologia di questi composti sono piuttosto scarse. I piretroidi esplicano la loro azione a livello del sistema nervoso degli insetti e degli animali di laboratorio, probabilmente determinando una prolungata apertura dei canali del sodio delle membrane cellulari, con conseguente persistente depolarizzazione delle membrane nervose. Il piretro e i suoi derivati possono essere assorbiti per via respiratoria e digestiva, mentre scarso è l’assorbimento cutaneo:Assai complesso è il loro metabolismo, che si svolge principalmente in sede epatica, attraverso reazioni di idrolisi ed ossidazione. Queste sostanze sono attivi induttori degli enzimi microsomiali epatici. Presentano una tossicità acuta relativamente bassa nei confronti dei mammiferi, mentre è elevata la tossicità acuta verso gli insetti. Sembra esistere pertanto un buon margine di sicurezza tra il livello di tossicità negli insetti e nei mammiferi compreso l’uomo. In corso di esposizione professionale sono stati rilevati prevalentemente effetti di sensibilizzazione. La capacità sensibilizzante sembra essere maggiore per i composti a base di piretro di origine vegetale rispetto a quelli contenenti piretroidi di sintesi. L’estrinsecazione più frequente dell’effetto allergizzante del piretro è rappresentata dalla comparsa di dermatite da contatto allergica eritemato- vesciculo-papulosa: in alcuni individui sono state segnalate reazioni simili alla rinite allergica. Esistono anche segnalazioni di asma estrinseco conseguenti alla esposizione a miscele contenenti piretro. E’ stato altresì riportato un caso di polmonite da piretroidi, con dolore toracico, tosse, dispnea e quadro radiologico di un infiltrato interstiziale bilaterale: recentemente sono state segnalate, in operai esposti a piretroidi, turbe neurologiche ANTICRITTOGAMICI DITIOCARBAMMATI Sono tra i fungicidi più utilizzati; essi sono costituiti da gruppi tiocarbammici legati a cationi metallici (zinco, manganese ed altri). Generalmente sono dotati di bassa tossicità per l’uomo ed il loro uso non è stato associato a problemi rilevanti per i lavoratori esposti: più frequentemente dermatiti da contatto allergiche e anche irritative, talvolta sono possibili crisi di asma allergico. I soggetti con deficit di G-6-P DH e di glutatione ridotto possono sviluppare una anemia emolitica a seguito di una introduzione del composto. Due di questi composti il Maneb(manganese-etilenbisditiocarbammato) e lo Zineb (zinco-etilenbisditiocarbammato) sono stati dichiarati teratogeni. In effetti questi composti possono essere trasformati in etilen-tiourea, composto dotato di capacità mutagena, teratogena e cancerogena.. per tale motivo devono venire adottate tutte le misure di prevenzione onde ridurre al minimo l’esposizione dei lavoratori a questi composti. La terapia è sintomatica, utile in via preventiva la ricerca nei lavoratori di possibili deficit enzimatici eritrocitari: 128 ERBICIDI DPIRIDILICI Il PARAQUAT è il prodotto più noto di questo gruppo. L’assorbimento può avvenire sia per via orale che per le vie respiratoria e transcutanea, queste ultime due direttamente interessate nella esposizione professionale. Il Paraquat si accumula nei polmoni grazie ad un processo di assorbimento attivo ad opera dei pneumociti di I e di II tipo. Il meccanismo della sua azione lesiva si basa sulla capacità di provocare la formazione di radicali liberi ossidanti . Il composto viene eliminato immodificato con le urine; oltre il 90% della dose assorbita viene escreta nelle prime 48 ore. Esiste tuttavia un accumulo in sede renale. La tossicologia nell’uomo è stata studiata in numerosi casi in cui il prodotto era stato ingerito a scopo suicida. Il reperto più evidente consiste in una notevole proliferazione fibrocellulare dell’interstizio polmonare che conduce a morte per insufficienza respiratoria nel giro di due o tre settimane. L’inizio dei sintomi respiratori può essere differito, dal momento della intossicazione, anche di due settimane. Si ritiene che le lesioni polmonari si manifestano con tale ritardo perchè nelle prime fasi della intossicazione i reni sono ancora in grado di provvedere alla escrezione del tossico; successivamente, coll’instaurarsi di una progressiva insufficienza renale, il tossico raggiunge la concentrazione ematica sufficiente ad iniziare il processo patologico polmonare, per il quale non è possibile, al momento, alcuna terapia efficace. Alla ingestione inoltre può fare seguito la comparsa di un danno a carico del SNC, dell’apparato gastroenterico, del cuore e dei reni. La esposizione professionale siè dimostrata in grado di produrre prevalentemente lesioni circoscritte quali dermatiti, lesioni ungueali e cheratocongiuntiviti; meno frequentemente sono stati segnalati segni di interessamento epatico e neurologico, mentre rarissimi sono i casi di interessamento polmonare, nei quali tuttavia non è mai stata osservata la comparsa di fibrosi polmonare, tipica nei casi da ingestione. Utile il dosaggio del tossico nelle urine come indicatore di dose assorbita. TERAPIA Il solo sospetto di avvelenamento richiede un rapido intervento senza attendere i risultati degli esami di laboratorio. Nel caso di ingestione gli obiettivi principali del trattamento terapeutico sono: - eliminare la massima quantità possibile di tossico all’interno del tubo gastroenterico e non ancora assorbito - attivare tutte le possibili vie di eliminazione del tossico - effettuare i trattamenti sintomatici sulla base del monitoraggio continuo delle funzioni e degli equilibri biologici. Il trattamento ospedaliero prevede la lavanda gastrica immediata ed il contemporaneo dosaggio del tossico nelle urine. Alla lavanda gastrica dovrà fare seguito la somministrazione orale di un litro di sospensione composta da terra di Fuller,mannitolo e acqua. La terra di Fuller lega il tossico neutralizzandolo. Misure di pronto soccorso da prendre subito anche a domicilio: in caso di ingestione provocare il vomito e ricoverare al più presto possibile il p.nel più vicino ospedale che deve essere stato preavvertito telefonicamente. In caso di contaminazione oculare eseguire immediatamente un abbondante lavaggio con acqua per 10’-15’; nel caso di contaminazione cutanea rimuovere gli indumenti contaminati e lavare subito la cute con acqua e sapone. ERBICIDI FENOSSIACETICI I più noti composti di questo gruppo sono i Sali e gli esteri dell’acido 2,4-diclorofenossiacetico (2,4D) e 2,4,5triclorofenossiacetico (2,4,5-T). Il 2,4-D è dotato di una tossicità acuta moderata, La DL50 orale acuta nel ratto è di 375 mg/kg per cui appartiene alla seconda classe tossicologica. Viene assorbito prevalentemente per via digestiva e respiratoria, scarso è l’assorbimento cutaneo. Dopo quattro giorni circa l’80% della dose assorbita è eliminata immodificata attraverso le urine. In caso di assorbimento per via orale sono descritte: perdita di coscienza, ipertonia muscolare, mialgie, possibili crisi epilettiche, febbre, sudorazione profusa e vomito. Nel corso della intossicazione per gia inalatoria e transcutanea, di più stretto interesse professionale, possono manifestarsi debolezza muscolare, parestesie ed altri segni di neuropatia periferica prevalentemente a carico degli arti inferiori, che può evolvere verso una paraparesi flaccida. 129 Nel 1986 è stata segnalata dal National Cancer Institute di Bethesda una possibile correlazione tra esposizione ad erbicidi a base di 2,4-D e comparsa di linfoma non Hodgkin. Per quanto riguarda il 2,4,5-T il suo uso in campo agricolo è stato vietato nel nostro Paese dal 1970. Il contatto di questi composti con la cute produce un tipo di dermatite piuttosto grave, detto anche cloracne Questo tipo di effetto tuttavia non è specifico dei derivati fenossiacetici quanto di un composto che si può produrre durante la sintesi del 2,4,5-T e cioè la 2,3,7,8-tetraclorodibenzo-diossina(TCDD) ormai nota per l’incidente di Severo: La supposta teratogenicità di questi composti, che ha portato a drastiche misure per limitarne l’impiego, appare ora sempre più in relazione alla presenza anche di limitatissime quantità di TCDD come impurezza nel 2,4,5-T e nei composti correlati. Il Monitoraggio può essere eseguito dosando i composti immodificati nelle urine. Il trattamento della intossicazione acuta è sintomatico, utile può dimostrarsi l’induzione di una diuresi forzata e l’alcalinizzazione delle urine. Secondo alcuni AA potrebbero essere utili la somministrazione di solfato di chinidina per ridurre i disturbi muscolari e prevenire possibili, seppure assai rare, aritmie cardiache. PATOLOGIA DA OSSIDO DI CARBONIO Il MONOSSIDO di CARBONIO (CO) è un asfissiante chimico che, contrariamente agli asfissianti semplici (es. metano, azoto ecc.) che agiscono come tali solo se presenti nell’ambiente in quantità tali da ridurre enormemente la pressione parziale dell’O2, agisce in piccole concentrazioni provocando la insorgenza di gravi quadri di asfissia. CARATTERISTICHE CHIMICO-FISICHE Gas incolore e inodore. Non irritante. Ha una densità leggermente inferiore a quella dell’aria. Trae origine dalla combustione incompleta di sostanze organiche carboniose (carbone, legno, carburanti, ecc.). Fornelli, stufe, forni, impianti di riscaldamento possono costituire fonti di rischio. E’ contenuto nei gas di scarico dei motori a scoppio. Si può formare anche quando una fiamma libera lambisce superfici fredde. FONTI DI RISCHIO a) professionali - industria estrattiva - industria del vetro - industria metallurgica (fonderie) - petrolchimica - prova motori a scoppio, autofficine, garages - produzione del gas da riscaldamento - incendi b) extraprofessionali - incidenti domestici - traffico automobilistico 130 - fumo di tabacco MECCANISO D’AZIONEM 1) legame con la emoglobina: il CO per la elevata affinità che ha verso l’emoglobina, che è di circa 210 volte superiore a quella per l’O2, spiazza quest’ultimo dalla sua combinazione con l’emoglobina: HbO2 + CO → Hb CO + O2 In tal modo la Hb non è più in grado di legare l'O2 per cui si instaura una ANOSSIA ANEMICA. La quantità di Hb trasformata in HbCO dipende da: - concentrazione del CO nell’aria e sua pressione parziale - durata della esposizione - grado di attività muscolare che attraverso l’incremento della ventilazione polmonare aumenta l’assorbimento del CO - pressione parziale dell’O2 nell’aria Il CO è distribuito nell’organismo nel seguente modo: - quota intravascolare 80-90% di cui il 99% legato alla Hb e l’1% libero e attivo sciolto nel plasma - quota extravascolare 20-10% legato alla mioglobina, al citocromo, catalasi e perossidasi. 2) Effetto Haldane Il CO aumenta la affinità della emoglobina per l’ossigeno (con spostamento a sinistra della curva di dissociazione della HbO2). Tale effetto riduce ulteriormente la disponibilità di O2 a livello tissutale (ANOSSIA ANEMICA). 3) Legame con la mioglobina Anche se la affinità del CO per la mioglobina è inferiore di quella per l’emoglobina, la inibizione parziale della mioglobina potrebbe ridurre il trasporto dell'Ossigeno ai mitocondri delle fibre muscolari, specie al muscolo cardiaco. 4) Legame col citocromo: Il citocromo P 450, potendo fissare il CO, viene inattivato con conseguente depressione del metabolismo ossidativo delle sostanze estranee da parte del fegato. 5) Interferenze su varie attività enzimatiche Durante attività fisica leggera un soggetto adulto che sosti in un ambiente contenete CO per 50’ presenterà i seguenti valori di HbCO 131 % di CO nell’aria inspirata % HbCO < 0.02 (200 ppm) < 5 < 0,05 (500 ppm) < 13 < 0,10 (1000 ppm) < 22 < 0,20 (2000 ppm) < 38 All’equilibrio, cioè quando la concentrazione del CO nel sangue è uguale a quella nell’aria alveolare (tempo = ∞) i livelli di HbCO saranno rispettivamente: % CO nell’aria inspirata % HbCO all’equilibrio < 0,02 % < 22,6% < 0,05 % < 44,8% < 0,10 % < 62 % < 0,20 % < 78 % INTOSSICAZIONE ACUTA a) Forma fulminante: quando la esposizione è massiva per cui il decesso si verifica quasi immediatamente. b) Forma progressiva: si può dividere in tre stadi: - fase di impregnazione o precomatosa - fase di stato o di coma - fase di morte apparente I sintomi sono caratterizzati da violenta cefalea con malessere generale e senso di stordimento, vertigini, nausea vomito, agitazione, impotenza muscolare, si ha quindi perdita di coscienza e subentra il coma. c) Forma lieve: HbCO = 10%: riduzione dell’acuità mentale; dispnea per uno sforzo intenso HbCO = 20%: dispnea per sforzi moderati, cefalea, diminuzione della velocità di Conduzione nel nervo HbCO = 30%: cefalea, irritabilità, marcate turbe visive e mentali HbCO =40-50%:cefalea, confusione, agitazione, nausea, vomito, perdita di coscienza al minimo sforzo HbCO =60-70%: convulsioni, coma e morte 132 SEQUELE della INTOSSICAZIONE ACUTA 1) cardiache: coronaropatie, aritmie, turbe della ripolarizzazione 2) sistema nervoso centrale e periferico: motorie (parkinsonismo, plineuriti), psichiche (riduzione delle capacità intellettive, turbe della personalità, demenza, schizofrenia) 3) organi di senso: ipoacusia, sindrome di Meniere, turbe visive 4) apparato digerente: - turbe funzionali epatiche 5) rene: cilindruria, ematuria 6) sangue: poliglobulia INTOSSICAZIONE CRONICA Verte sulla triade sintomatologica ASTENIA, VERTIGINI e CEFALEA. La esistenza di una intossicazione cronica da CO è stata tuttavia messa in dubbio da diversi AA che adducevano il motivo che i forti fumatori, in cui si raggiunge un elevato tasso di HbCO ( 5-8% ), non presentano la classica triade sintomatologica. Se si considera però che la presenza di HbCO sposta a sinistra la curva dissociativa della HbO2, un tasso di carbossiemoglobina dell’8%, che può essere riscontrato nella esposizione al TLV (50 ppm), o un tasso anche di poco superiore possono creare un livello di ipossia in grado di determinare, col tempo, la insorgenza di effetti dannosi a carico dei tessuti e degli organi che maggiormente richiedono un apporto ottimale di O2. Oltre alla triade sopra riportata, nella esposizione cronica al CO possono comparire: - alterazioni neurofisiologiche: aumento della cronassia sia a livello vestibolare che a livello dei nervi motori - alterazioni psicologiche e comportamentali - alterazioni cardiovascolari - aumento della infortunistica La ipossia determinata dall’aumento della HbCO può determinare danni a carico dei tessuti che richiedono maggiore apporto di ossigeno. Nel tessuto nervoso avviene un adeguato rifornimento di energia (ATP) solo per via ossidativa. 133 Per glicolisi aerobia da 1 mole di glucosio si ottengono 38 moli di ATP, mentre nella glicolisi anaerobia 1 mole di glucosio genera soltanto 2 moli di ATP. Quando l’apporto di O2 non è sufficiente, interviene un meccanismo di compenso rappresentato dalla glicolisi da parte della lattico-deidrogenasi per cui ne consegue una acidosi tissutale con conseguente edema cellulare, disturbi della microcircolazione, con riduzione locale del flusso ematico. Tale situazione spiega la sintomatologia a carico del S.N. La esposizione cronica al CO rappresenta un notevole rischio aterogeno per l’apparato cardiocircolatorio (esperienze di Astrup). La ipossia determinata dal CO provoca una sofferenza dell’endotelio arteriolare consistente in una maggiore permeabilita ai lipidi macromolecolari con conseguente loro accumulo subintimale ed innesco del processo aterogeno. La esposizione a CO rappresenta un fattore aggravante la malattia anginosa (esperienza di Anderson). e la claudicatio intermittens. In uno studio epidemiologico condotto in oltre 1000 volontari in età da 30 a 70 anni è stato dimostrato che soggetti con tassi di HbCO superiori o uguali al 5% presentavano un rischio di coronaropatia ischemica ed altre manifestazioni angiosclerotiche 21 volte superiori a quello di soggetti della stessa età e sesso con concentrazione di HbCO inferiore al 3%. EFFETTI SUI TEST NEUROFISIOLOGICI E:E:G. modificazioni nell’uomo riscontrate a valori diversi a partire dal 7% di HbCO: basso voltaggio, riduzione di ampiezza dell’onda α, instabilità delle frequenze fondamentali. Potenziali evocati visivi: le alterazioni riguardano il tempo di latenza e l’ampiezza delle onde e vengono rapportati a livelli di HbCO superiori al 7 % Potenziali evocati uditivi: anche essi sono modificati a partire dal 7 % di HbCO Riflessi elettrocorticali condizionati: non sono modificati a livelli di HbCO del 16% EFFETTI SUI TEST PSICOLOGICI COMPORTAMENTALI NELL’UOMO - Coordinazione motoria: il test è normale con tassi variabili dal 3 al 30% di HbCO - Tempi di reazione: molto spesso sono normali a livello di esposizione al TLV, tranne in alcune ricerche che dimostrano alterazioni a valori di HbCO del 5 % - test di destrezza e performance nella guida: le riduzioni corrispondono a livelli di HbCO del 6-7% In alcune ricerche tuttavia a tali livelli non 134 sono state dimostrate modificazioni - Performance lavorativa: concordemente non compromessa ai valori di esposizione al TLV - Discriminazione temporale: la capacità di distinguere la durata di stimoli acustici o visivi è normale a livelli maggiori del 13-15 % di HbCO - Discriminazione e vigilanza visiva:i dati variano: da alterazioni segnalate a tassi di 3-5 % di HbCO,si hanno test normali a livelli di 15-18-20 % - Frequenza di fusione centrale critica della retina: in genere non è modificata per livelli di HbCO inferiori al 12 - Discriminazione e vigilanza uditiva: i test sono già alterati a livelli che superano il 7% -Test arimetici di attenzione e di intelligenza:i test sono già alterati a partire da livelli di 3-5% diHbCO. TERAPIA La terapia della intossicazione acuta è essenzialmente rappresentata dalla OSSIGENOTERAPIA naturalmente dopo avere allontanato l’infortunato dall’ambiente inquinato. L’ossigeno andrebbe addizionato a piccola percentuale di CO2 al fine di mantenere stimolati i centri del respiro; sarebbe inoltre preferibile la ossigenoterapia iperbarica. MONITORAGGIO BIOLOGICO Nel procedere al monitoraggio biologico degli esposti al CO è opportuno considerare che: nei non fumatori si ha un tasso di HbCO variabile dallo 0,7 a 3,6%, nei fumatori può essere raggiunto un tasso di HbCO del 6-8%, ad una esposizione di 25 ppm (TLV-TWA) si ha un tasso di HbCO del 3,5% ed a 35 ppm si ha un tasso di HbCO del 5% e a 50 ppm dell'8%. Il tasso di CO nell'aria espirata nel soggetto non esposto e non fumatore è di solito inferiore ai 2 ppm, esso aumenta nell'inquinamento urbano (6-12 ppm). L'ACGIH propone un BEI di 20 ppm a fine turno. Al fine di salvaguardare i cardiopatici , Lauwerys propone i seguenti limiti per i non fumatori: HBCO inferiore al 3,5% e CO nell'aria espirata inferiore ai 12 ppm. ACIDO CIANIDRICO (HCN o Acido Prussico) 135 Liquido altamente volatile o gas incolore che presenta il caratteristico odore di mandorle amare. In natura è presente nelle strutture glucosidiche di alcuni vegetali. Si produce dalla decomposizione di cianuri alcalini con acidi forti. Industrialmente viene ottenuto dalla reazione del metano con Ammoniaca e Ossigeno. E’ stato usato per la fumigazione di stive di navi, di fabbricati e di frutteti. E’ utilizzato per la sintesi di nitrili, specie per le fibre sintetiche e per le plastiche. Derivati principali: CIANURI: molto utilizzati sono i cianuri alcalini di Na, K e di Ca nella galvanoplastica, nei processi termici in metallurgia (tempera), nella estrazione di metalli preziosi, nella sintesi dei nitrili e nelle fumigazioni. E’ presente nel fumo di sigaretta. PATOGENESI Il radicale CN- ,che nel sangue circola in concentrazione più elevata all’interno delle emazie che nel plasma, ha una particolare affinità per i metalli contenuti negli enzimi, specie per il Fe trivalente (ferrico), per il Cu e per il Co. Il più importante degli enzimi inibiti è la citocromo ossidasi : il tossico si unisce sia al Fe trivalente che al Co dell’enzima, bloccando in tal modo la respirazione cellulare, in quanto l’enzima rappresenta la catena finale del meccanismo di transfert di elettroni all’ossigeno molecolare. Si verifica pertanto una IPOSSIA ISTOTOSSICA. L’ossigeno, non potendo venire utilizzato dalle cellule, permane nel sangue venoso che presenta pertanto lo stesso grado di saturazione in O2 del sangue arterioso. Nei casi non mortali il radicale CN- viene progressivamente liberato dal legame con lo ione ferrico della citocromo-ossidasi subendo la trasformazione in TIOCIANATO (SCN-) non tossico, polare ed eliminabile attraverso le urine. La reazione che porta alla produzione di tiocianato è la seguente ed è catalizzata dalla transulfatasi: S2 O3 - - + CN- → SO3-- + SCN- tiosolfato solfito tiocianato La affinità del CN verso composti normalmente presenti nell’organismo osserva la seguente progressione discendente: IDROSSICOBALAMINA, METAEMOGLOBINA, CITOCROMOOSSIDASI e PIGMENTI RESPIRATORI, EMOGLOBINA. 136 INTOSSICAZIONE ACUTA a) Forma fulminante: La inalazione anche di poche boccate di vapori di HCN o la ingestione di 200-300 mg di cianuri comporta la insorgenza di rapida morte per arresto respiratorio. Attualmente la terapia antidotica, qualora venga tempestivamente instaurata, permette la sopravvivenza in un numero abbastanza elevato di casi. b) Forma grave : Viene solitamente distinta in quattro fasi. 1) Fase di ECCITAZIONE: cefalea, alito di odore di mandorle amare, vertigini, lipotimia, nausea e vomito, polipnea, agitazione con urli 2) Fase di DEPRESSIONE: dispnea con fasi di apnea, stupore ansioso, cute rosea 3) Fase CONVULSIVA: convulsioni tonico-cloniche, perdita di coscienza 4) Fase PARALITICA: coma profondo, collasso c.c, arresto respiratorio. INTOSSICAZIONE CRONICA Nella esposizione cronica a cianuri, specie nella galvano-plastica è stata descritta la insorgenza di sintomi aspecifici quali: astenia, cefalea, vertigini, affezioni cutanee di varia morfologia e comparsa di gozzo per la inibizione della captazione dello iodio da parte della tiroide. TERAPIA Lo ione CN- non ha grande affinità per la emoglobina mentre la ha per il Fe trivalente della metaemoglobina combinandosi con questa in maniera molto stabile, formando CIANMETAEMOGLOBINA. La formazione del 10-20 % di metaemoglobina, non costituendo alcun rischio, è in grado di distaccare il CN- dalla citocromo ossidasi, riattivandola. Mediante la somministrazione di metaemoglobinizzanti quali Nitrito di Amile e Nitrito di Sodio, si riuscirà a liberare gli enzimi respiratori bloccati e la contemporanea somministrazione endovenosa di Tiosolfato trasformerà il CN- in Tiocianato. Utile anche la somministrazione di Idrossicobalamina. SCHEMA TERAPEUTICO Si basa sull’allontanamento dell’infortunato dalla atmosfera inquinata, esecuzione della respirazione artificiale e ossigenoterapia e sulla terapia antidotica. Casi di lieve entità:Inalazione immediata di una soluzione di Nitrito di Amile (0,5 ml) ogni 5’, cessando quando la pressione massima arriva ad 80 mm di Hg. Casi gravi :Somministrazione di Nitrito di Sodio in soluzione al 3% nella quantità di 10 ml ogni 2’-3’ fino a che la pressione arteriosa massima raggiunge 80 mm di Hg. 137 Oppure: 4-Dimetilaminofenazolo cloridrato 2,5-3,25 mg per via venosa. Il farmaco esplica attività metaemoglobinizzante più rapida dei nitriti. Alla somministrazione dei metaemoglobinizzanti deve fare seguito la somministrazione endovenosa di una soluzione al 25 % di Tiosolfato di Sodio. La somministrazione di Nitrito di Sodio e di Tiosolfato va ripetuta dopo 30’ se non si è avuto miglioramento. La rigenerazione in ossiemoglobina della quota di metaemoglobina trasformata a scopo terapeutico avviene spontaneamete ad opera dei sistemi riduttivi eritrocitari in tempi abbastanza brevi. Utile può risultare la somministrazione di Co2EDTA (Etilendiamminotetracetato dicobaltico) alla dose di 2 fiale da 300 mg per via venosa oppure di Idrossicobalamina per via venosa alla dose di 100-200 mg/kg. In caso di ingestione è utile la somministrazione di idrossicobalamina per os, dopo la lavanda gastrica, al fine di legare il CN- ancora presente nel tubo digerente. AMINE AROMATICHE I derivati aminici della serie aromatica sono caratterizzati, sotto l’aspetto chimico, dalla sostituzione di un atomo di idrogeno del Benzene con un gruppo aminico (NH2). Capostipite della serie deve essere considerata la ANILINA che viene ottenuta dal Benzene mediante il seguente ciclo produttivo: Benzene → reazione di nitrazione mediante introduzione di NO2 e formazione di Nitrobenze → riduzione dell’NO2 a NH2 I derivati aminici e nitrici del benzene costituiscono un vasto gruppo di sostanze largamente impiegate: - come intermedi : coloranti, farmaceutici, sintesi chimiche varie, industria della gomma - come stabilizzanti degli esplosivi - come solventi per la distillazione estrattiva dei petroli ASSORBIMENTO e CINETICA Le amine aromatiche nella esposizione professionale sono assorbite per via respiratoria e per via cutanea. Passano la barriera cutanea sia allo stato liquido che allo stato di vapore per cui è notevole il rischio di intossicazione relativo al contatto diretto o indiretto (abiti). Nel fegato vengono sottoposti ad ossidazione da parte degli enzimi microsomiali quindi vengono coniugati per essere escreti attraveso le urine. La ANILINA viene ossidata a p-aminofenolo, che dopo essere stato glucuroconiugato, viene eliminato con le urine. 138 La Anilina in parte viene anche N-idrossilata a Fenilidrossilamina ( che è il metabolita responsabile della azione metaemoglobinizzante) e che, a sua volta, può venire ossidata a p-aminofenolo. La Anilina esercita attività induttrice enzimatica. In piccole quantità sia l’anilina che numerose altre amine aromatiche vengono escrete come tali. PATOGENESI La importanza tossicologica delle amine aromatiche deriva dal fatto che questi composti esercitano azione metaemoglobinizzante, inoltre molti tra questi composti sono stati riscontrati cancerogeni per l’animale ed alcuni anche per l’uomo. Azione metaemoglobinizzante Le sostanze metaemoglobinizzanti determinano una ossidazione del Ferro ferroso (Fe--) della HbO2 in Ferro ferrico(Fe---) trasformando la Hb in MetaHb. Al pari della HbCO, la MetaHb è incapace di fissare l’O2. Nell’uomo è normale il riscontro di un tasso di MetaHb pari all’1% circa. La presenza di MetaHb impartisce al sangue un colore rosso scuro, che non scompare anche dopo la esposizione all’aria. Nell’uomo un tasso di MetaHb superiore al 10% determina la comparsa di cianosi che inizia alle labbra, unghie e alle orecchie. Come per la HbCO, la MetaHB comporta lo spostamento a sinistra della curva di dissociazione della HbO2 (curva di Haldane) per cui si viene ulteriormente ad aggravarsi lo stato anossico instauratosi. La morte sopravviene quando il tasso di MetaHb supera i 2/3 del totale. Molti agenti metaemoglobinizzanti quali gli amino, nitro e cloroderivati degli idrocarburi aromatici oltre alla MetaHb provocano la formazione di Sulfoemoglobina, Corpi di Heinz, e portano alla emolisi. La Sulfoemoglobina deriva dalla ossidazione della globina, non raggiunge mai concentrazioni elevate in vivo e persiste fino alla morte del globulo rosso. I Corpi di Heinz sono granuli intraeritrocitari, birifrangenti e si ritiene siano costituiti dalla precipitazione di polimeri derivati dalla Hb denaturata. Essi sono adesi alla membrana del G.R., forse interferendo sulla pompa ionica di membrana attraverso un legame disolfurico tra i loro gruppi SH e quelli degli enzimi di membrana. 139 Secondo molti AA la MetaHb, la SulfoHb ed i Corpi di Heinz dovrebbero essere le tappe di un unico processo ossidativo a carico delle emazie che precede l’emolisi. Epatotossicità: alcune amine aromatiche provocano induzione enzimatica. In letteratura sono riportati casi di atrofia giallo acuta insorta in soggetti ad elevata esposizione. Effetto sensibilizzante: molti composti del gruppo (es.parafenilendiammina), oltre che esercitare effetti irritanti su cute e mucose, possono determinare la comparsa di fenomeni di sensibilizzazione e spesso anche di sensibilizzazione crociata con farmaci. Effetti cancerogeni : alcuni derivati quali la beta-naftilamina, la Benzidina e il 4-aminodifenile sono stati riscontrati cancerogeni per l’uomo, in grado di provocare la comparsa di neoplasie a carico dell’apparato escretore urinario. Tali sostanze non sono direttamente cancerogene, ma lo sono i loro metaboliti attivi derivanti dalla N-idrossilazione. Rhen nel 1895 attribuì alla anilina la insorgenza di tumori vescicali riscontrati in operai addetti alla sintesi di coloranti (da qui deriva l’uso improprio di definire tali neoplasie “tumori da anilina”). Le neoplasie più frequenti sono quelle a carico della vescica, a livello del trigono. Vi possono essere tuttavia altre localizzazioni (calici, bacinetto e ureteri) uniche o in più sedi concomitanti. TERAPIA E’ importante instaurare tempestivamente la terapia nel caso di intossicazione acuta. Di solito i pazienti con un tasso di MetaHb inferiore al 30% necessitano solo di riposo al letto, senza effettuare trattamento antidotico. Nei p. con valori di MetaHb superiori al 30% occorre dosare la MetaHb ripetutamente in quanto la riconversione della HbO2 è abbastanza rapida e, d’altra parte, l’uso di Blu di Metilene, alla dose di 1-3 mg/kg in soluzione all’1% per infusione venosa lenta, va riservato solo ai casi con MetaHb superiore al 60%. L’Acido Ascorbico riduce la MetaHb molto lentamente e non è di grande utilità. 140 Nelle forme gravissime è indicato l’uso di O2 iperbarico e, se si assiocia una grave emolisi, la exanguinotrasfusione. 141 142