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Una vita previdente
di
M. Giorgina Cauli
Quella mattina, quando si svegliò,
non si sentiva troppo bene. Una strana
sensazione di non essere del tutto a posto
lo aveva preso. Ingoiò il solito caffè, prese
la borsa in similpelle, uscì sul pianerottolo
e chiuse accuratamente con tutte le man-
date la porta blindata; l’ascensore era
occupato e questo lo infastidì ancora di
più.
Scendere le scale dai gradini tirati a cera
dalla portinaia lo faceva sentire ancora
più insicuro e traballante. Come aprì la
porticina dell’androne che si affacciava sul
marciapiede si ritrovò davanti una folla di
persone che camminavano in fila indiana,
a passo svelto, quasi al trotto, a ridosso
della parete di casa. Stava piovendo e
quella pioggerellina invisibile ma umida e
persistente gli peggiorò l’umore. Imboccò
le scale che conducevano alla metropolitana
senza nemmeno vedere i gradini perché
altri come lui stavano scendendo nel
mezzanino e le era impedita la visuale
delle proprie gambe. Poi fu tutto uno
spingere ed essere spinto in una direzione
unica: il centro. Si andava a lavorare,
ognuno al proprio posto, alla solita ora,
solita scrivania, soliti colleghi, solito capo,
solito stipendio. Fece mentalmente il calcolo da quanto tempo il suo stipendio era
immutato e con un sorriso ritornò a quei
giorni. Era giovane allora e pieno di
speranze, aveva i capelli ancora neri e se
c’era qualche filo d’argento questo era
solo motivo d’orgoglio di una esperienza
visibile a tutti. Siamo in emergenza,
tuonava la televisione, la crisi è strisciante,
dicevano alcuni, sacrifici per tutti, scrivevano i giornali, stringiamo la cinghia
ordinava il governo.
Ma ormai la cinghia si era rotta e non
c’erano più soldi per comprarne una
nuova. Anche i soldi… si ricordò quando
ancora a fine mese la busta paga conteneva
i soldi. Adesso la cifra riportata sul
tagliandino era la stessa, ma veniva immediatamente tramutata in buoni. Buoni
per la spesa, buoni per l’affitto, buoni per
il trasporto. Avevano iniziato dividendo i
giorni pari e i giorni dispari: i giorni pari
venivano retribuiti con i buoni, i giorni
dispari con soldi in sonante carta moneta.
Poi si era detto che era un sistema iniquo
perché i giorni dispari erano di più di
quelli pari. Allora si era passati alle settimane: una si e una no (ma non si erano
messi d’accordo se si dovesse iniziare con
quella pari o con quella dispari). Alla fine
per non complicare troppo le cose si era
deciso fosse meglio che i soldi sparissero
del tutto e si era passati a questo nuovo
sistema denominato subito dalla maggioranza “Meglio buoni”. Non che non si
venisse pagati, no! Solo che con i buoni
spesa si era risolto il problema delle
monetine, del resto da dare, degli spiccioli
insomma, e la zecca aveva risparmiato
sulla coniatura del metallo…ed un altro
buco delle casse dello Stato era stato
tappato. Quella sensazione di disagio
improvvisamente si materializzò: era il
giorno in cui nel suo ufficio si sapeva
quanti giorni di vacanza sarebbero stati
attribuiti ad ognuno.
Il sogno di tutti era la settimana, ma per
averla bisognava essere veramente bravi e
fortunati (la verifica periodica delle prestazioni lavorative di ognuno non doveva
mai scendere sotto la voce “eccellente”,
era ammessa la solita eccezione nel caso
di verifica di due eventi che si dovevano
però verificare simultaneamente: catastrofe
naturale sopra la scala sesta e metastasi
diffusa possibilmente con interessamento
del contenuto della scatola cranica).
Oramai non si sognava più la settimana
ai Caraibi: solo i più vecchi, quelli che in
gioventù avevano avuto la fortuna di studiare geografia sapevano che da qualche
parte del globo esisteva quella località.
Si facevano però i conti sul minimo
garantito: tre giorni. Tre giorni all’anno
da passare lontano dal lavoro, dai colleghi, dagli orari da rispettare, dai cartellini
da timbrare, dai tornelli da superare.
Tre giorni all’anno da usufruire subito,
oppure da accumulare e da usare più
avanti, quando le forze sarebbero mancate,
quando l’energia vitale se ne sarebbe
andata via, poco alla volta. Perché oramai
non si andava più in pensione, si lavorava
sempre e solo i più previdenti si potevano
permettere di lasciare questo mondo utilizzando i “giorni vacanza” risparmiati in
lunghi anni di sudato lavoro.
Questo libretto è stato stampato
nel mese di aprile 2010 in venti copie
presso la Tipografia Compositori di Bologna
Copia N.
Copertina originale di
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