PERIODICO
NAZIONALE
DELL’ISTITUTO
DEL NASTRO
AZZURRO FRA
COMBATTENTI
DECORATI
AL VALORE
MILITARE
ANNO XLVIII - N. 1 - GEN./FEB. 2009 - Bimestrale - Poste Ital. S.p.A. Sped. in abb. postale D.L. n. 353/2003 (Conv. in L. 27/2/2004 n. 46) Art. 1 comma 2, DCB Roma
ANNO 2009
La Redazione de “Il Nastro Azzurro” rinnova a tutti
i Soci del nostro Istituto gli auguri per un felice anno
2009 che porti anche alle famiglie gioia, serenità e
pace.
A ottobre si celebrerà il XXVIII Congresso Nazionale
del nostro Istituto, ragione per cui è ancora più
importante farci i migliori auguri affinchè il Nastro
Azzurro continui con sempre maggiore efficacia
nella sua missione di sostegno e divulgazione degli
autentici ideali di amor di Patria, coesione sociale e
valore militare.
La Redazione de “Il Nastro Azzurro”
***
IL NASTRO AZZURRO AUMENTA LE SUE PAGINE
Il Comitato di Redazione de “Il Nastro Azzurro”, riunitosi lunedì 1 dicembre 2008, ha deciso l’incremento a 48 pagine della nostra rivista a partire dal n°
1/2009. Per motivi organizzativi non è stato possibile passare dalla cadenza bimestrale a quella mensile, come da molti auspicato.
Questo primo numero riporta più articoli di testimonianza storica, attualità, e varie. Inoltre, sono state
incrementate le pagine a disposizione delle
“Cronache delle Federazioni” da quattro a sei.
Incremento davvero necessario, visto che le attività
delle Federazioni pubblicate si riferiscono ancora ai
mesi estivi dello scorso anno. È stata introdotta una
nuova rubrica, “Notizie in Azzurro”, che si propone
di informare i lettori di tutti quegli eventi non riferiti all’attività del Nastro Azzurro, ma che per la loro
peculiarità possono interessare i nostri soci.
Ma la rivista viene fatta da tutti voi. Infatti il numero di articoli, molto interessanti, che stanno giungendo in redazione, supera di gran lunga la possibilità di
pubblicarli tutti, ma manifesta contemporaneamente l’affettuoso interesse che voi soci dell’Istituto del
Nastro Azzurro, avete per la nostra rivista.
A nome della redazione de “Il Nastro Azzurro” vi ringrazio per la vostra corale e fattiva partecipazione e
vi invito a continuare così affinché la nostra rivista
diventi sempre più bella e piacevole da leggere.
Grazie e Buon Anno a tutti.
• Comunicazioni
• Cominciamo a preparare il Congresso
• Lettere al Direttore
• Due fulgide Medaglie d’Oro al V.M.
abruzzesi del 1° conflitto mondiale
• 2° Raduno interassociativo di ASSOARMA
Trieste: 27 ottobre-2 novembre 2008
• Se fossi…sguardo di adoloscenti sulla realtà
• Un’analisi alla buona per far capire chi
sono gli Alpini
• Profumo di Patria
• L’audace inutile gesto di Maria Pasquinelli
• Detto fra noi
• Elenco delle Federazioni
• Notizie in azzurro
• Da “Borbone” a “Garibaldi”: storia della
prima nave militare ad elica costruita in Italia
• Una tragedia in mare ignorata della seconda
guerra mondiale
• L’elicottero parla barese. Chi ha inventato
l’elicottero?
• Uno scritto sulla storia di Pratica di Mare
• Ti saluto mio vecchio idrovolante!!!
• Bella iniziativa a Montevarchi
• Cronache delle Federazioni
• Consigli Direttivi
• Azzurri nell’azzurro dei cieli
• Recensioni
• Oggettistica del Nastro Azzurro
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In copertina:
Antonio Daniele
“IL NASTRO AZZURRO”
Ha iniziato le pubblicazioni a Roma il 26 marzo 1924
(La pubblicazione fu sospesa per le vicende connesse al secondo conflitto mondiale e riprese nel 1951)
Direz. e Amm.: Roma 00161 - p.zza Galeno, 1 - tel. 064402676 - fax 0644266814 - Sito internet: www.istitutonastroazzurro.org
- E-mail: [email protected] - Direttore Editoriale: Giorgio Zanardi - Presidente Nazionale dell’Istituto - Direttore
Responsabile: Antonio Daniele - Comitato di Redazione: Giorgio Zanardi, Antonio Daniele, Carlo Maria Magnani, Giuseppe
Picca, Bruno Stegagnini, Antonio Teja, Antonino Zuco - Segretaria di Redazione: Barbara Coiante - Autorizzazione del
Tribunale Civile e Penale di Roma con decreto n.° 12568 del 1969 - Progetto Grafico e stampa: Arti Grafiche San Marcello
s.r.l. - v.le Regina Margherita, 176 - 00198 Roma - Finito di stampare: gennaio 2009
Per abbonarsi i versamenti possono essere effettuati su C/C Postale n. 25938002 intestato a “Istituto del Nastro Azzurro”, oppure su C/C Bancario CASSA DI RISPARMIO DI FERRARA - Filiale di Roma - P.zza Madonna Loreto, 24 - c/c n. 0722122-3 - CIN IT “A” ABI 06155 - CAB 03200 - IBAN: IT69A0615503200000000002122 - C.F. 80226830588
Abbonamento ordinario: 20 Euro; sostenitore: 25 Euro; benemerito: 30 Euro e oltre.
Associato alla Unione Stampa Periodica Italiana
COMINCIAMO A PREPARARE IL CONGRESSO
nostre Federazioni svolgono costantemente con
Azzurri carissimi,
successo.
invito tutti a prepararsi a
A quelle Federazioni che non stanno dando
illustrare argomenti relativi
apporti in questo campo raccomando di rivolgersi
al nostro Istituto in occasioprima di tutto ai propri iscritti decorati affinchè
ne del XXVIII Congresso che
iscrivano come aggregati i discendenti diretti e inditerremo quest’anno a
retti, iscrizione di cui saranno certamente orgoglioBologna nel mese di setsi.
tembre.
Meno facile compito avranno quelle Federazioni
Non aspettate l’ultimo
che non hanno più decorati viventi nei loro organimomento ma cominciate
ci, tuttavia basterà riflettere sul prestigio di cui fruifin da ora a pensarci e a
sce in ogni ambiente il nostro
studiaIstituto per avere successo nelre il modo più idoneo per forl’offrire l’iscrizione a Soci simnire anche il vostro contributo.
...INVITO TUTTI A PREPARARSI A
patizzanti ai migliori cittadini
Al 31 dicembre 2008 i quaILLUSTRARE ARGOMENTI RELATIVI delle loro giurisdizioni.
dri del nostro organico risultaAL NOSTRO ISTITUTO IN
È partendo da queste consino questi: decorati viventi
OCCASIONE DEL XXVIII
derazioni che dobbiamo preiscritti 3.000, soci aggregati e
pararci al Congresso di
simpatizzanti 2.800. Ma sicuraCONGRESSO…
Bologna ed è con queste conmente i decorati a settembre
vinzioni, frutto di personale
saranno un po’ di meno peresperienza, che tutti noi ex combattenti e non
ché la legge dell’anagrafe peserà di più dell’apporpotremo continuare a svolgere con successo il
to dei nuovi decorati che, anche se non combattennostro entusiasmante compito di diffusione del
ti, meritano decorazioni nelle missioni di Pace menconcetto più giusto di Patria.
tre i soci aggregati e simpatizzanti saranno certaGiorgio Zanardi
mente di più grazie all’azione che quasi tutte le
IL CONGRESSO NAZIONALE DEL 2009 A BOLOGNA
Sarà la città di Bologna a ospitare nel 2009 il congresso nazionale del Nastro Azzurro. La Federazione provinciale
petroniana si prepara quindi sin d’ora ad accogliere le più alte cariche dello Stato, le massime autorità dell’Istituto e
gli invitati con una duplice consapevolezza: da una parte l’orgoglio di rappresentare, di fronte alla cittadinanza
bolognese, un ente nazionale di primo piano per importanza storica e per solidità dei valori di riferimento; dall’altra il
privilegio di ricevere gli “azzurri” provenienti da tutta l’Italia in qualità di custode della memoria dei decorati al valore
militare di una provincia – quella di Bologna – che nel corso della storia tanto ha dato alla nazione.
Ricordiamo, a solo titolo di esempio, il conferimento alla città di Bologna della Medaglia alle città benemerite del
Risorgimento nazionale, «in ricompensa del valore dimostrato dalla cittadinanza nell’episodio militare dell’8 agosto
1848». Infatti, nell’estate di quell’anno l’esercito austriaco aveva invaso l’Emilia, facendo il suo ingresso in Bologna il
4 agosto: provocati dall’arroganza dei soldati, i bolognesi insorsero quattro giorni dopo, espugnando la Montagnola
prospiciente la piazza d’armi e costringendo il nemico a lasciare la città. Soltanto il 15 maggio 1849, dopo un lungo
assedio, gli austriaci avrebbero visto Bologna capitolare. Inoltre, la città ebbe una Medaglia d’Oro al Valore Militare
per l’attività svolta nella Resistenza (1943-1945) e una Medaglia d’Oro al Valor Civile per l’opera profusa dopo
l’attentato alla stazione centrale del 2 agosto 1980, quando la cittadinanza «in una gara spontanea di solidarietà
collaborava attivamente con gli Organi dello Stato, prodigandosi con esemplare slancio nelle operazioni di soccorso»
e contribuendo al salvataggio di numerose vite umane.
Inoltre la Provincia di Bologna ha recentemente ricevuto, nel 2006, la Medaglia d’Oro al Merito Civile, per aver dato
«prova di eroico coraggio, indomito spirito patriottico ed altissima dignità morale, offrendo numerosi esempi di
generoso spirito di solidarietà umana» nel corso delle vicende più significative del Novecento, dalle stragi e
rappresaglie nazifasciste ai più recenti attentati terroristici ai treni Italicus e 904 e alla stazione ferroviaria.
Forte di queste memorie di indubbia rilevanza, che garantiscono un collante indissolubile fra il patrimonio
risorgimentale, il combattentismo militare, la resistenza patriottica al nazifascismo e la crescita civile della città nel
dopoguerra, la Federazione di Bologna si accinge a un intenso lavoro di preparazione per costituire la sede degna del
congresso 2009.
Cav. Giorgio Bulgarelli
(Presidente della Federazione di Bologna)
IL NASTRO AZZURRO
3
LETTERE AL DIRETTORE
Gentile Direttore,
sono la vedova dell’Azzurro Domenico Giorgetti. Leggo con piacere e attenzione il periodico che regolarmente mi
giunge. Nel n.° 2 “Marzo-Aprile” ho apprezzato nel “Detto fra noi” l’articolo firmato da Antonio Teja che riguarda la
nostra Bandiera. Mi permetto di inviarLe la fotocopia di ciò che ho potuto recuperare da una lettera che mio marito
aveva inviato ai suoi dall’Africa. Mi scuso per la sua non completezza, ma l’inchiostro verde con cui era stata scritta, ha
perso colore e la carta (Posta aerea) è diventata più che trasparente. Sto facendo una raccolta (quasi diario) dei suoi scritti
che inviava alla famiglia durante i suoi sei lunghi anni di lontananza dalla Patria (Africa – India). Ciò servirà non ai miei
figli, che hanno avuto un buon maestro di vita, ma ai miei nipoti che, se pur sani, vivono in questa atmosfera inquinata
ed inquinante che, per le memorie di chi ci ha lasciato, dobbiamo bonificare, magari ogni tanto, con qualche fioca
reminiscenza.
La ringrazio di avermi ascoltato e le invio cordiali saluti.
Lucia Polidori
(fotocopia allegata)
PER VIA AEREA
p. Festa Natale di Roma 1940
… Oggi è stata una giornata memorabile per il 204° Artiglieria: è stata consegnata al Reggimento la Bandiera. La
cerimonia è stata veramente toccante e commovente; mentre il colonnello diceva ad alta voce (in mezzo al piazzale dove
erano inquadrati in perfetto ordine tutti gli uomini e schierati i pezzi, i trattori e gli automezzi) le tradizionali parole di
rito in cui è detto tra l’altro che dovremo difendere fino all’ultima stilla di sangue il glorioso vessillo simbolo del Re e
della Patria, un’ondata di commozione è passata su tutti e molti avevano i lucciconi agli occhi.
Tutte le alte autorità del Corpo d’Armata erano presenti: c’era l’Eccellenza Umberto Somma, il generale di
Divisione, il Prefetto e il Podestà di Derna.
Alla consegna del vessillo ha fatto seguito lo sfilamento dei cannoni trainati dai trattori e degli uomini sugli
automezzi.
Anche questa manifestazione è riuscita imponente e ci siamo meritati l’alto elogio del Comandante….
Gentile Signora Polidori,
ho atteso qualche mese per pubblicare la Sua bella lettera, poiché la ritengo utile per solennizzare, in
modo forse un po’ originale ma certamente adeguato la ricorrenza, la Festa del Tricolore.
Le Sue parole e, soprattutto, lo stralcio della lettera di Suo marito che racconta con fierezza e commozione le fasi salienti della consegna della Bandiera al suo Reggimento, oggi suonano strane. Devo dire:
“purtroppo”.
Come diceva il grande Indro Montanelli “…il fascismo ha fatto molti più danni dopo la sua caduta che
quando era al potere…”, infatti, nel 1940 cerimonie come quella narrata da Suo marito erano sentite
profondamente e nessuno si scandalizzava se il Comandante di un Reggimento esortava i suoi uomini a
“..difendere fino all’ultima stilla di sangue il glorioso vessillo…” che rappresenta la Patria. Oggi, parole
del genere verrebbero bollate subito come “fasciste (appunto) e guerrafondaie”. Già è tanto che nessuno abbia finora proposto di confinare l’esibizione della Bandiera Tricolore alle sole manifestazioni sportive. Persino nelle basi militari, le cerimonie giornaliere dell’alzabandiera e dell’ammainabandiera sono
considerate “manfrine”.
Tutto ciò deriva da sessant’anni di lenta ma inesorabile corrosione dei valori fondamentali posti alla
base della coesione della nostra Patria. I motivi di tale corrosione, che è stata voluta e messa in pratica
(non è stato un fatto casuale), ci porterebbero ad una lunga dissertazione sul collegamento di alcuni
nostri partiti (uno in particolare) a scenari non proprio limpidi della politica internazionale durante la
guerra fredda. Ma, ormai, la guerra fredda è terminata da quasi vent’anni e non c’è più alcuno scopo nell’assimilare i Valori legati all’Amor di Patria col fascismo…eppure, è ancora difficile parlare serenamente
di queste cose senza essere fraintesi.
L’Italia è l’unica nazione al mondo che ha avuto la necessità di istituire una giornata in onore della propria Bandiera Nazionale. Ciò non è buon segno, ma costituisce il tentativo disperato di recuperare qualcosa che, speriamo di no, forse è ormai irrimediabilmente perduto: la nostra coscienza nazionale.
Grazie, Signora per la Sua bellissima lettera.
Antonio Daniele
4
IL NASTRO AZZURRO
Generale Bernardini,
nel leggere sul Bollettino n.5 “Sett.Ott” del Nastro Azzurro il Suo racconto “Il mio otto Settembre 1943” non solo
mi sono commossa, ma nelle sue espressioni semplici e veritiere, in tutta la sua amarezza e disprezzo, mi è sembrato
rileggere quelle altrettanto amare che ha scritto il mio indimenticabile Ugo nelle sue memorie: “…Comandante
dell’Aeroporto di Centocelle, corsi al Comando Supremo e trovai solo un carabiniere che con aria sconsolata mi disse: Sono scappati tutti…”.
Quei tutti che con abile doppiogiochismo ancor oggi seggono su immeritate poltrone e che si fregiano di altrettanto
immeritate onorificenze e medaglie, si ricordino comunque che - come ben disse l’indimenticato On.le Catella “I decorati
al Valor Militare sono l’aristocrazia dell’Esercito” - e loro non sono né aristocratici né veri soldati servitori della Patria. Una
Patria lasciata allo sbando, senza difesa e quindi inerme. Una Patria che si aspettava da loro e con diritto la prontezza di un
coraggioso militare intervento anziché solo vigliaccheria, inettitudine e opportunismo.
Questo volevo dire al Generale Bernardini al quale riconosco la solita leale sincerità nelle Sue espressioni che, anche
se ancor oggi di una amarezza e di una indimenticata sofferenza, ha il coraggio di ricordare.
Grazie, generale Bernardini. La ricordo brillante soldato. La saluto con immutata ammirazione e con tanto rispetto.
D.O. Clara Campanelli Vedova UGO CAMPANELLI
Gentile Signora,
è un vero piacere pubblicare la sua lettera aperta al generale Bernardini, che ho l’onore di conoscere personalmente da molti anni, perché in questo modo “Il Nastro Azzurro” ottiene due risultati.
Il primo riguarda Lei e il Suo caro defunto marito: infatti, Le è così possibile esprimere sentimenti custoditi per decenni nel sacrario dei ricordi di famiglia, ma anche di aggiungere un importante testimonianza relativa a quella che è stata, senza dubbio alcuno, la pagina di storia più nera della nostra Patria, ma
è stato pure il momento nel quale i veri soldati, i veri eroi, i veri sostenitori della Patria, hanno anteposto
il dovere ai timori per la propria incolumità e, invece di partecipare al fuggi fuggi generale, non avendo
altra possibilità di contatto, si sono recati “personalmente” presso i comandi superiori a “chiedere ordini
e disposizioni”. Si era caduti così in basso che, venendo meno il normale flusso degli ordini in base ai quali
l’organizzazione militare vive ed opera, esso veniva addirittura sollecitato a gran voce, ma senza risultato, dagli stessi militari responsabili delle unità periferiche.
Il secondo risultato ci gratifica particolarmente come redazione, poiché ci sprona e ci incoraggia a continuare sulla via intrapresa, cioè quella della ricerca delle testimonianze dei protagonisti degli eventi, i soli
in grado di riferire come vennero vissuti tali eventi da coloro che ne rimasero coinvolti. La testimonianza
del generale Bernardini è stata particolarmente significativa, non solo per la stupenda carica di umanità
della vicenda (il “morso” della mamma che, sollevata, scarica così sul figlio tutta l’ansia che aveva dovuto
sopportare, ne è un’immagine iconoclastica), ma soprattutto per l’eccezionale documento di come si sia
effettivamente potuto verificare che un’intera nazione sia stata ridotta allo sbando dalla mancanza di
ordini e disposizioni.
Alcuni mesi fa ebbi l’occasione di leggere un saggio il cui autore, di dichiarata fede monarchica, cercava di avallare l’ipotesi che l’8 settembre si fosse verificato per un “cedimento morale” collettivo di tutti o
quasi tutti i militari italiani i quali, pur in presenza di ordini e disposizioni, secondo lui, chiari ed inequivocabili, hanno gettato alle ortiche armi e uniformi e sono semplicemente tornati alle loro case. Si tratta
di un’ipotesi molto suggestiva ma completamente priva di fondamento storico e, quando la lessi, volevo
confutarla anche sulle colonne di questa rivista. Ma, per evitare di contribuire all’approfondimento di una
spaccatura sociale prodottasi in Italia proprio in quell’infausto giorno e ancora non sanata, ho preferito
tacere.
Il racconto del generale Bernardini ha fatto inconsapevolmente giustizia di un’ipotesi tanto fantasiosa quanto irrispettosa della verità storica e del sacrificio di tanti eroi delle nostre Forze Armate.
Quindi, La ringrazio per quanto già Le ho esposto e anche per i valori di amore per la Patria e di custodia delle sue più fulgide reliquie: le verità storiche narrate dai protagonisti dei fatti stessi, che Lei dimostra di amare così profondamente, e Le porgo a titolo personale e a nome dell’Istituto del Nastro Azzurro
il più sentito dei saluti
Antonio Daniele
IL NASTRO AZZURRO
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DUE FULGIDE MEDAGLIE D’ORO AL V.M.
ABBRUZZESI DEL 1o CONFLITTO MONDIALE
I
n località “Bocca di Valle”
del
Comune
di
Guardiagrele, vi è un
Sacrario, scavato nella roccia
della Maiella, non di rado meta
di cerimonie patriottiche. Vi è
sepolta la salma del 1° Ten. Di
Vasc. Andrea Bafile, Medaglia
d’Oro al V.M.. La sepoltura nel
Sacrario avvenne nel settembre
del 1923 alla presenza del Duca
D’Aosta con una solenne cerimonia e con grande afflusso di
autorità e di popolo.
Andrea Bafile, nato a
Bagno (AQ) nel 1878, fu allievo
dell’Accademia Navale di
Livorno nel 1896 e quindi ufficiale della Regia Marina.
Meritò
una
Medaglia
d’Argento nella guerra ItaloTurca. Nel primo periodo della
guerra contro l’Austria fu
imbarcato sul naviglio silurante
e poi comandò un treno armato che agiva lungo il
litorale per controbattere i cannoneggiamenti della
flotta nemica.
Nell’ottobre del 1917, in seguito alla ritirata di
Caporetto, fu destinato con i
suoi marinai sulla linea del
Piave, dovendosi ad ogni costo
rinforzare la strenua difesa. Il
10 marzo del 1918, unitamente
a quattro arditi marinai, gli
venne assegnata una missione
particolarmente importante e
rischiosa. Bisognava accertare
la reale consistenza delle difese
disposte dal nemico sulla sponda sinistra del Piave e gli eventuali suoi preparativi per qualche azione. Ma quando, dopo
aver investigato e raccolto tutti
i dati possibili, era sulla via del
ritorno, si accorgeva che mancava uno dei suoi marinai.
Allora, in uno slancio di solidarietà e fraternità, pur conscio
dell’aumentato pericolo di
essere scoperto, tornava indietro per cercare di trovarlo e
soccorrerlo. Purtroppo una raffica di mitragliatrice partita dalla sponda nemica lo
investì e lo ferì mortalmente. Spirò con la serenità
dei forti dopo che seppe che il marinaio era tornato
salvo.
ANDREA BAFILE
Tenente di Vascello ( M.M. , Comandante del battaglione d'assalto "Caorle"
Data del conferimento: 13- 6- 1918 D.L.
Medaglia d’Oro al Valor Militare alla memoria
“Comandante di un battaglione di marinai, mentre preparavasi una operazione
sull’estrema bassura del Piave, volle personalmente osare un’arrischiata ricognizione
tra i canneti e i pantani della sponda sinistra perchè, dallo strappato segreto delle
difese nemiche, traesse maggiore sicurezza la sua gente. Tutto vide e frugò, e sventato
l’allarme, già trovava riparo, quando notò la mancanza di uno dei suoi arditi. Rifece
allora da solo la via perigliosa per ricercarlo e, scoperto poi dal nemico mentre
ripassava il fiume, e fatto segno a vivo fuoco, veniva mortalmente ferito. Guadagnata
la sponda destra in gravissime condizioni, conscio della fine imminente, con mirabile
forza d’animo e completa lucidità di mente, riferiva anzitutto quanto aveva osservato
nella sua ricognizione, e dirigendo ai suoi infiammate parole, atteggiato il volto a
lieve sorriso che gli era abituale, si diceva lieto che il suo sacrificio non sarebbe stato
vano. E passò sereno qual visse, fulgido esempio delle più elette virtù militari,
coronando con gloriosa morte una vita intessuta di luminoso coraggio, di fredda,
consapevole e fruttuosa audacia, del più puro eroismo.”
Basso Piave, 12 marzo 1918.
6
IL NASTRO AZZURRO
RAFFAELE PAOLUCCI
Tenente medico Nave “Emanuele Filiberto”
Data del conferimento: 10 - 11- 1918 M.P.S.
Medaglia d’Oro al Valor Militare
“Portò geniale contributo nell’ideare un mirabile ordigno di guerra marittima.Volle
a se riservato l’altissimo onore di impiegarlo e, con l’audacia dei forti, con un solo
compagno, penetrò di notte nel munito porto di Pola. Con mirabile freddezza attese
il momento propizio e verso l’alba affondò la nave ammiraglia della flotta austroungarica.”
Pola, 1° novembre 1918
L’evento della sepoltura dell’eroe ebbe risonanza
nazionale tanto che l’allora diffusissimo periodico
“La Domenica del Corriere” ne diede un’efficace
rappresentazione ad opera del pittore Beltrame.
Degna di particolare nota è l’iscrizione, scolpita a
profondi caratteri sulla roccia, posta in alto sull’ingresso del Sacrario che così dice:
“Figli d’Abbruzzo morti combattendo per l’Italia
e sepolti lontano tra le Alpi e il mare, la Maiella
Madre vi guarda e benedice in eterno.”
Il Sacrario con questa toccante iscrizione e così
pure l’idea perché vi fosse accolta la salma di Andrea
Bafile sono da attribuire all’opera tenace di un’altra
fulgida Medaglia d’Oro al V.M. della prima guerra
mondiale: il Cap. medico Raffaele Paolucci,
l’affondatore della corazzata austriaca “Viribus
Unitis”, il quale, sebbene nato a Roma, si sentì sempre abruzzese; ebbe sempre nel suo cuore Orsogna
(CH), luogo di origine della sua famiglia e successivamente sua residenza elettiva, poiché in essa trovava
le sue autentiche radici.
In cooperazione col maggiore del genio navale
Raffaele Rossetti ideò la “mignatta”, un’arma semplice che si rivelò molto efficace sin dal suo primo
impiego. L’ordigno era composto di due parti: quella posteriore serviva per la propulsione, mentre l’anteriore era costituita da due cariche esplosive da 170
kg. di tritolo ciascuna. Le cariche potevano essere
staccate ed, essendo munite di elettrocalamite, attaccate allo scafo metallico
della nave nemica. Inoltre le cariche
erano provviste di un congegno ad orologeria da regolare opportunamente per
l’esplosione, in modo da dare il tempo
agli operatori di mettersi in salvo.
La notte del 31 ottobre 1918,
Paolucci e Rossetti lasciavano il MAS che
li aveva portati nelle vicinanze delle
ostruzioni che proteggevano il porto di
Pola. Con perizia riuscivano a superarle
ed, all’alba del primo novembre, applicavano le cariche sotto lo scafo della
“Viribus Unitis” regolando l’esplosione
per le 6,30. L’esplosione avvenne puntualmente e la corazzata affondò rapidamente. Con questa epica e ardita
impresa si chiudeva la nostra guerra
navale 1915-1918.
Amm. Guido Natale
(Presidente della Federazione di
Pescara)
IL NASTRO AZZURRO
7
2o RADUNO INTERASSOCIATIVO DI ASSOARMA
Trieste: 27 ottobre - 2 novembre 2008
I
l Consiglio Nazionale Permanente delle
Associazioni d’Arma (Assoarma) ha deciso di
celebrare
a
Trieste
il
2°
Raduno
Interassociativo Nazionale cogliendo una grande
occasione: la celebrazione del 90° Anniversario
della Vittoria nella prima guerra mondiale e
della prima Redenzione all’Italia della città di
Trieste.
Lunedì 27 ottobre l’inaugurazione dell’area
espositiva ha segnato l’inizio delle celebrazioni.
L’esposizione, particolarmente significativa e
suggestiva, ripercorre la storia della città che fieramente si è sempre professata italiana, ma è riuscita solo da meno di un
secolo a riunirsi alla madre Patria.
L’esposizione, rimasta aperta al pubblico fino al 4 novembre, ha interessato tre location: la Camera di
Commercio, la sala Filoxenia e la
Galleria Tergesteo.
Domenica 2 novembre è stata la
giornata clou della manifestazione. I
radunisti, giunti da ogni parte
d’Italia, si sono dati convegno nella
bellissima Piazza dell’Unità d’Italia
dove, alle nove di mattina, ha avuto
luogo l’alzabandiera. Hanno preso
poi la parola le autorità istituzionali
convenute. Il sindaco di Trieste,
Roberto Dipiazza, ha ricordato le sofferenze della città che si è potuta
8
IL NASTRO AZZURRO
unire all’Italia solo alla fine della
prima guerra mondiale. La regione
Friuli Venezia Giulia era presente con
l’Assessore alla cultura che ha espresso il plauso all’iniziativa. Ha poi preso
la parola il Presidente Nazionale di
Assoarma,
generale
di
Corpo
d’Armata Giuseppe Calamani, che ha
illustrato le finalità del raduno e l’importanza della coincidenza con l’anniversario della prima redenzione di
Trieste all’Italia. Il Capo di Stato
Maggiore della Difesa, generale di
squadra Aerea Vincenzo Camporini, si
è detto lieto di essere italiano tra italiani a Trieste.
Una menzione particolare va al
Ministro della Difesa, on. Ignazio La
Russa, che ha pronunciato un discorso
molto sentito ed applaudito, nel
quale ha, in particolare, affermato che “…sarebbe molto bello che la ricorrenza del 4 novembre,
Festa delle Forze Armate e della Vittoria, fosse
celebrata da tutti gli italiani serenamente riuniti
con le proprie famiglie, come è giusto che avvenga in un normale giorno festivo…”. Per questo
evidente richiamo all’opportunità di ripristinare
la festa nazionale del 4 novembre così come è
già stato fatto per il 2 giugno, il Presidente
Nazionale del Nastro Azzurro, Comandante
Giorgio Zanardi, ha espresso al Ministro La Russa
le sue più vive congratulazioni e l’auspicio che egli si faccia promotore di
tale proposito presso il Governo e le
sedi istituzionali preposte alla decisione alla quale tutto l’Istituto del
Nastro Azzurro da il proprio pieno e
convinto appoggio.
Ha poi avuto luogo la parte più
coreografica della manifestazione:
alcuni paracadutisti hanno eseguito
un lancio di precisione atterrando al
centro della piazza. Ognuno di essi
recava una diversa versione del tricolore italiano. Subito dopo, salutato da
due ali di folla festante, è avvenuto lo
sfilamento in parata degli inquadramenti delle ben 31 Associazioni
LA FANFARINA DELLA FEDERAZIONE PROVINCIALE
DEL NASTRO AZZURRO DI BRESCIA
Quattro anni or sono alla Federazione di Brescia fu
proposto di “adottare” un gruppo musicale formatosi da
tempo e in cerca di un’associazione d’arma che gli
permettesse di partecipare a cerimonie patriottiche.
I componenti del gruppo facevano già parte di diverse
bande e fanfare: erano in possesso di quelle conoscenze
musicali e formali che costituivano un’ottima base di
partenza. Pertanto senza esitazione fu accolto e nacque
“La Fanfarina”, dotata di alcuni simboli esteriori
dell’Istituto quali la cravatta e la bustina.
Nel gennaio 2005 vi fu la presentazione ufficiale a Salò in
occasione della consegna delle tessere sociali ai nuovi
iscritti della locale sezione. Primo capitolo di una storia
che sino ad oggi è stata un crescendo di affermazioni e
successi, grazie alla guida del Presidente Bruno Tameni e
del Capo Fanfara Lino Piovanelli.
Da allora la strada percorsa è stata veramente tanta: dal primo concerto pubblico il 5 novembre 2005 al Teatro San
Carlino di Brescia ai raduni nazionali dei Sottufficiali (Mantova) e dell’Arma di Fanteria (Massa), passando da
innumerevoli servizi nella Provincia di Brescia. Due sono gli avvenimenti che hanno fatto apprezzare la “Fanfarina”
in un contesto più vasto e competente: l’indimenticabile concerto tenuto a Brescia in occasione del Congresso
dell’Istituto (ottobre 2006) e quello più recente organizzato dalla Federazione di Bergamo nel settembre scorso. La
scelta dei testi, la presentazione di immagini multimediali correlate ai brani musicali, ha emotivamente coinvolto
l’uditorio composto in prevalenza da decorati, ex combattenti e simpatizzanti, creando una particolare atmosfera di
ricordi e di Amor di Patria.
In quasi quattro anni di attività la “Fanfarina” è cresciuta nei suoi componenti, da 15 a 25, nel repertorio e, non
ultimo, nell’aspetto esteriore con l’adozione di uniformi estiva ed invernale, drappelle per gli ottoni. Le domeniche
libere da servizi sono sempre più rare, ma il piacere di liberare al vento le note di una musica popolare o patriottica è
per loro sempre impagabile.
L’ultimo successo è molto recente: il 2° Raduno di ASSOARMA di Trieste. La “Fanfarina” è stata prescelta, a
sorpresa, per accompagnare con la propria musica tutto lo sfilamento dei radunisti; compito che ha assolto in modo
egregio. E quando il capo fanfara, passando davanti alla tribuna delle autorità ha fatto intonare “Le campane di San
Giusto” più di una lacrima è scesa sulle gote delle ragazze di Trieste presenti, e non solo in quelle.
Carlo Maria Magnani
(Presidente della Federazione di Brescia)
IL NASTRO AZZURRO
9
Grande risalto sulla stampa: da “Il Piccolo — 03 novembre 2008 pagina 14 sezione: TRIESTE”
«TRIESTE PER NOI RESTA UN SIMBOLO»
C’è chi, come il quarantaduenne romano Fabio Massari del gruppo di alpini e finanzieri in divisa storica, le
vicende di Trieste le ha lette solo sui libri e ora «si sente emozionato come un bambino ad essere vicino a quel
molo in cui gli ”altri” sbarcarono 90 anni fa». E c’è chi, invece, la storia della città e della Venezia Giulia, nel suo
piccolo, ha contribuito a scriverle. Come Mario Porceddu, sardo di 81 anni. il primo finanziere ad entrare in città
nel ’54. «Sono arrivato otto giorni prima dell’ingresso delle truppe italiane per occupare la caserma della Finanza
del mare. - Racconta orgoglioso - Di quei giorni conservo ricordi straordinari: il calore della gente, lo splendore di
piazza Unità. Queste terre mi sono rimaste nel cuore e oggi non potevo non essere qui». L’affetto speciale per
Trieste, definita «simbolo dell’Italia e del sacrificio compiuto da migliaia di giovani», torna nei racconti di tutti i
partecipanti al raduno di Assoarma. Ed è anche la molla che ha spinto molti di loro a sobbarcarsi levatacce e ore
di pullman pur di non perdere la sfilata sulle Rive. «Per essere qui ho percorso circa 1000 chilometri in macchina.
- Spiega Mauro Tulipano, che vive a Trani in provincia di Bari - Ma per niente al mondo mi sarei perso questa
manifestazione. A Trieste ho prestato servizio nel ’65, alla raffineria dell’ex Aquila. E oggi, a distanza di 40 anni,
sono finalmente tornato». «Siamo partiti alle 4 di questa mattina. - Raccontano Enzo Libardi ed Enzo Natale,
presidenti delle associazione fanti e granatieri del Trentino - Anzi, per chi di noi viene dalla montagna, il viaggio
è iniziato già alle 3.30. Del resto, non potevamo non esserci visto il legame particolare che unisce Trento e
Trieste. Aree di confine in cui sventolare il tricolore è più difficile che in altre parti del Paese. La nostra voce,
quindi, è particolarmente significativa, specie ora che i sentimenti dell’italianità e del patriottismo cominciano ad
essere meno sentiti». «Io nel ’54 avrei voluto esserci qui a Trieste. - Aggiunge Giovanni Pellizzari, 75 anni di
Udine - Ma quella volta, mentre altri carabinieri partecipavano alla liberazione della città, io ero a Firenze alla
scuola sottoufficiali. Oggi, a distanza di mezzo secolo, posso finalmente rivivere la gioia che hanno provato loro
quella volta». Racconti che rimandano la memoria indietro nel tempo. Ma in piazza Unità, ieri, c’erano anche
testimoni di esperienze più recenti, fatte però sempre con la divisa addosso. È il caso del gruppetto di
quarantenni che sfila dietro allo striscione «bersaglieri in Libano». «Per noi - spiega Marco Cavallaro di Verona questa giornata rappresenta un doppio anniversario. Celebriamo infatti i 90 anni dalla fine del primo conflitto,
ma anche i 25 anni dal nostro rientro in Italia dopo la missione in Libano a cavallo tra ’83 e ’84. La prima
missione di militari armati all’estero dalla seconda guerra mondiale». ( m.r.)
Combattentistiche e d’Arma convenute a Trieste.
La marcia dei radunisti inquadrati è stata
cadenzata dalle Fanfare dei Bersaglieri e degli
Alpini. Molto apprezzata per la sua performance
artistica e marziale, è stata la “Fanfarina del
Nastro Azzurro” costituita dalla Federazione
Provinciale di Brescia. Ad essa è dedicato il riquadro a pag. 9.
L’ammaina bandiera ha chiuso, nel
pomeriggio, la manifestazione.
Il raduno ha lasciato nell’animo dei
partecipanti il sapore di una ritrovata
unità d’Italia, estremamente necessaria nei difficili momenti che la nazione sta affrontando sul piano economico e su quello delle notevoli tensioni internazionali nelle quali cerca di
proporre la giusta visione di un
mondo di pace e amore tra i popoli.
Però è anche risultato evidente che
la pace è sempre figlia della lotta per
la giustizia: infatti, non c’è vera pace
senza la giustizia e la città di Trieste è
testimone di tutto ciò con le profonde
ferite che la storia le ha inferto.
Antonio Daniele
10
IL NASTRO AZZURRO
3 NOVEMBRE 1918: TRIESTE SI UNISCE ALL’ITALIA
Nel 1964 è stato pubblicato dalla “ERI “ - Edizioni Rai Radiotelevisione Italiana - in un numero limitato di esemplari (2.400
copie) il libro “Luce di Trieste” di Pier Antonio Quarantotti Gambini.
L’autore, che il 3 novembre 1918 ha assistito all’incontro dei Bersaglieri, sbarcati dalla nave “Audace”, con la cittadinanza
triestina esultante, descrive così quelle giornate:
Il 3 novembre del 1918, Trieste, sebbene prostrata dalla lunga guerra che aveva allontanato tutta la generazione giovane
(nonché molti altri cittadini di ogni età, tra i quali i « confinati » e gli «internati »), esultò in modo tale da farci ritenere che mai
più nella nostra vita avremmo potuto vedere nulla di simile.
Le navi italiane – il cacciatorpediniere «Audace» in testa - arrivarono all’improvviso, uscendo con le prue, e poi con le
torrette e i ponti e i fumaioli e i cannoni, fuori dal caligo che si addensava sul mare in quella giornata piovigginosa. O meglio:
le navi d’Italia arrivarono all’improvviso per il fatto che noi non sapevamo né in che giorno né a che ora sarebbero giunte; ma
sapevamo che stavano per giungere, e le aspettavamo di momento in momento.
Erano più di quattro giorni che Trieste attendeva, e l’impazienza dei cittadini a un certo punto andò addirittura
accendendosi, quasi indignandosi per quello che pareva un inconcepibile ritardo da parte delle truppe liberatrici. Già il 30
ottobre la città, rianimata dalle notizie che giungevano dal fronte (si combatteva, dal 29 credo, la battaglia che poi prese il
nome di Vittorio Veneto), si era sollevata da un’ora all’altra, imbandierandosi dei primi tricolori. Fu una sollevazione allegra,
un tripudio, come ho già raccontato. Tutta la popolazione si riversò nelle strade, con bandiere e coccarde improvvisate,
inneggiando, cantando, formando cortei; e in strada quella moltitudine trasfigurata ed ebbra, sempre acclamante all’Italia,
rimase ininterrottamente i giorni seguenti, muovendosi e incrociandosi in tutte le direzioni, tra le rive, la piazza, il Corso e
l’Acquedotto.
Nessuno di noi - vecchi o giovani, ragazzi o bambini - aveva mai veduto nulla di simile; e guardavamo quel delirio e
partecipavamo ad esso con una specie di avidità entusiasta, certi - l’ho già detto - che mai più ci sarebbe accaduto di rivivere
giornate come quelle.
Il governatore e tutte le altre autorità austriache erano fuggiti, la guarnigione militare e la polizia si erano dissolte; tutti i
poteri erano stati assunti da un comitato di salute pubblica (il quale rimise in carica il podestà Valerio, deposto dall’Austria), ed
erano entrate in azione le prime squadre di una guardia nazionale, improvvisata come tutte le formazioni di questo genere.
Sin dal primo giorno, i cittadini, e tra di essi specialmente gli studenti, dopo aver innalzato il tricolore sulla torre di San
Giusto, si erano accaniti ad abbattere con gioia furiosa le insegne con l’aquila bicipite; e dopo quei primi sfoghi la guardia
nazionale cominciò a vigilare contro eventuali eccessi (Alcuni malviventi già stavano tentando il saccheggio dei grandi
magazzini del porto).
Queste furono le giornate dal 30 ottobre al 3 novembre 1918: appassionanti, incalzanti, e insieme interminabili, perché i
triestini si aspettavano di veder arrivare le navi d’Italia già entro il 30 o il 31; e invece - come ho detto - passarono quasi cinque
intere giornate prima che sul mare apparisse la prua dell’«Audace».
Se ripenso a quelle «cinque giornate» - con questo nome esse sono ricordate a Trieste - mi riappare, fra le tante altre, anche
un’immagine piuttosto curiosa: quella dei soldati austriaci appostati sulle rive, con le mitragliatrici ai piedi, allo scopo
d’impedire, evidentemente, che gli italiani sbarcassero. Proprio nelle stesse ore che la città insorgeva, essi erano stati comandati
a disporre i loro pezzi lungo i viali davanti al mare. Lo fecero, e rimasero li, puntando le canne verso il porto, mentre la città
era già tutta sconvolta da quel lieto tumulto; rimasero li, chi ritto, chi accosciato accanto all’arma, senza sapere che nel
frattempo i loro comandanti erano fuggiti. Quante ore essi attesero, senza prendere nota che ormai Trieste non era più
austriaca, e senza che i triestini, d’altra parte, si preoccupassero di loro? Questo, appunto, era curioso: l’allegro sfilare della
popolazione insorta tra quei soldati in armi, e l’attitudine stanca e gli occhi tra indifferenti e smarriti dei soldati, che, ignari
della fuga dei loro superiori, e della fine dello stesso impero absburgico, si ostinavano a rimanere, misero materiale umano,
dove li avevano comandati.
Un momento indicibile fu vissuto dalla cittadinanza il 2 novembre, quando tre idrovolanti segnati sotto le ali dai colori
d’Italia sorvolarono più volte il centro della città, a quota sempre più bassa. Dalla folla, che già invadeva quella che poi fu
chiamata piazza dell’Unità, e che in pochi istanti s’ingrossò, sino a straripare, di gente accorsa dalle vie adiacenti, si alzò un
solo urlo continuato; mentre migliaia di bandiere, di drappi, di fazzoletti, di sciarpe, di cappelli e di braccia venivano agitati
nell’aria.
Le navi e le truppe d’Italia stavano per giungere? I tre apparecchi ne erano le staffette, e avrebbero ammarato li nel bacino
davanti alla piazza?
Durante i quattro anni di guerra, apparecchi italiani avevano sorvolato abbastanza spesso la città, sostenendo anche duelli
aerei con la caccia austriaca, e lanciando talvolta volantini come fece su Vienna Gabriele d’Annunzio, in quel volo che suscitò
entusiasmo tra gli italiani irredenti e sgomento tra gli austriaci. La città conosceva dunque quelle ali tricolori; ma non le aveva
mai vedute volare tanto basso, quasi rasente alle case. L’ansia di veder ammarare i tre idrovolanti - al più presto, subito animò tutti i petti; e crebbe a dismisura allorché gli aviatori cominciarono a rispondere al saluto della folla agitando la mano
fuori della carlinga.
Quei tre apparecchi, molto piccoli, occupati ognuno dal solo pilota, erano venuti in ricognizione (per riferire ai comandi, si
seppe più tardi, se a Trieste vi fossero ancora truppe austriache in armi, pronte a resistere allo sbarco italiano). Gli aviatori
avrebbero dovuto soltanto sorvolare la città, osservare e ripartire. Invece uno di essi non seppe resistere; l’invito della folla
acclamante, frammezzo a quello sventolio ininterrotto, lo attrasse, quasi lo assorbì. In un baleno, egli ammarò nell’angolo tra
la piazza e il molo San Carlo, dove l’apparecchio, fragilissimo (era fatto - mi parve - solo di tela e di un leggero traliccio), restò
a cullarsi sull’acqua. L’uomo, non appena a terra, fu sollevato sulle braccia e portato in trionfo al palazzo della Luogotenenza.
Dal loggiato lassù, quando la folla ebbe finito di applaudirlo e di gridargli la sua gioia, egli pronunciò - ricordo - poche
parole: “Posso assicurarvi che domani, o per terra o per mare, saremo a Trieste!” - Dopo qualche istante di giubilo frenetico, in un
rinnovarsi di sventolii, la folla rispose intonando, dall’uno all’altro capo della piazza, « Fratelli d’Italia »; e credo che non mi
avverrà mai più di sentir cantare l’inno di Mameli con tanto formidabile ed esaltante fervore.
Il giorno seguente, il cacciatorpediniere «Audace» sbucò dunque dalla nebbia puntando verso il molo San Carlo (l’antico
molo costruito sopra il relitto della fregata San Carlo, il quale fu ribattezzato in quei giorni molo Audace), e li attraccò. Era una
giornata non solo di nebbia, ma anche piovigginosa; il lastrico luccicava, e molti, tra i primi che corsero incontro all’ «Audace»
e al generale Petitti di Roreto, che stava sbarcando, avevano l’ombrello.
IL NASTRO AZZURRO
11
SE FOSSI...
SGUARDO DI ADOLESCENTI SULLA REALTÀ
M
olti sono i luoghi comuni che vogliono i giovani
odierni chiusi in una sorta di bulimia estatica,
tutti presi dall’autocontemplazione e dall’autocommiserazione, privi di idealità e di voglia di compartecipazione in una società di cui sono parte e soprattutto
futuro.
Le scuole di Ferrara, col progetto “Il giornale e
oltre…Ideali e Valori”, hanno dimostrato l’esatto contrario. I giovani studenti dell’intero comprensorio scolastico
hanno aderito con entusiasmo alle attività
previste dal progetto e, da bravi protagonisti, hanno detto e fatto del loro meglio.
Il progetto prevedeva una presa di contatto attiva con la produzione giornalistica,
incontri con personalità culturali del territorio, come il Gruppo Scrittori Ferraresi rappresentato dalla scrittrice Gianna Vancini, il
regista Paolo Sturla Avogadri, e soprattutto
il Presidente Nazionale dell’Istituto del
Nastro Azzurro, il Comandante Giorgio
Zanardi, promotore e grande sostenitore
dell’iniziativa.
Tutte le attività hanno avuto lo scopo di
sollecitare i ragazzi sul piano degli Ideali e
dei Valori fondanti ed eterni della nostra
società, arricchendoli anche sul piano culturale, come è giusto che sia in una scuola che
funziona bene, e spingendoli a manifestare
correttamente le proprie opinioni, quindi
esercitando contemporaneamente il diritto
di libera espressione e il dovere del rispetto
del prossimo.
Dopo la chiusura del progetto, di cui “Il
Nastro Azzurro” ha dato ampia notizia sul numero
4/2008 alle pagine 18 e 19, mentre gli studenti si godevano le meritate vacanze estive, la casa editrice TLA provvedeva alla stampa del libro “Se fossi…” che raccoglie tutti
i testi prodotti dai ragazzi della scuola secondaria di
primo grado “F. De Pisis – T. Bonati” di Ferrara prodotti
nell’ambito del progetto nel corso dell’anno scolastico
2007-2008.
Il libro è stato presentato nel corso di una manifesta-
DE PISIS NEWS
Il progetto «Ideali e valori», di cui “Il Nasto Azzurro” si è già occupato, è stato concluso felicemente. L’Istituto Comprensivo “F.
De Pisis – T. Bonati” di Ferrara ha dato vita al progetto didattico in argomento per stimolare i propri studenti a finalizzare
l’attività di studio e di ricerca alla produzione di lavori nel campo letterario e giornalistico. Ma il fine ultimo era anche quello di
far valutare ai ragazzi partecipanti al progetto l’importanza degli ideali e dei valori di riferimento per la società.
Uno dei prodotti più interessanti è risultato il giornalino “De Pisis News”, uscito come numero unico alla fine dell’anno scolastico
2007-2008 con tutti gli articoli e le notizie prodotti dagli studenti stessi. I contributi scritti dei docenti si limitano a due soli
pezzi, entrambi pubblicati in prima pagina: oltre al pezzo “Il giornale ed oltre…”, già pubblicato su questo bimestrale a pag. 1819 del n.° 4-2008, c’è quello che può definirsi l’anima del progetto, il pezzo scritto dal Dirigente del plesso Scolastico, che viene di
seguito pubblicato:
EDITORIALE
Quando si dice crescere solitamente si pensa all’aumento di statura, di peso, di età.
Si può crescere senza necessariamente aumentare di massa e di estensione. Ahimè, il tempo è invece una
variabile inarrestabile, rispetto alla quale siamo tutti impotenti, per cui il tempo passa, ma non per questo è
scontato che si cresca. Eh sì: perché il significato di crescere, quello etimologico - le parole contengono segreti
che occorre imparare a scoprire… - è niente meno che CREARE. Insomma crescere significa creare se stessi,
fare, produrre se stessi: nella crescita ognuno di noi è dio di se stesso.
12
IL NASTRO AZZURRO
E io penso che un dio meriti un trattamento divino.
Gli studiosi dell’infanzia e dell’adolescenza definiscono questi periodi della nostra vita anni magici! A me
piacerebbe che gli adulti, genitori e insegnanti non smettessero mai di riflettere su questo, non dimenticassero
mai la particolare magia che hanno davanti quando s’incontrano con una bambina o un bambino, con una
ragazza o un ragazzo, anche quando questi fossero i più insopportabili rompiscatote della Terra.
Ma ho un sogno ancora più grande. Vorrei che tutte le studentesse e tutti gli studenti della Scuola Secondaria
di Primo Grado “F. De Pisis - T. Bonati” si rendessero conto di cosa vuol dire creare se stessi, di cosa vuol
dire vivere gli anni magici della propria vita.
Allora, visto che mi costringete a scrivere un articolo per il vostro giornale, consentitemi di tentare di
spiegarvelo.
All’inizio dell’anno, quando sono venuto a trovarvi nelle vostre classi, vi ho ricordato che avreste trascorso
non meno di mille ore all’anno della vostra preziosa esistenza sui banchi di scuola.
Mille ore da capitalizzare, da far fruttare, perché chi sa e conosce può permettersi di sognare il proprio futuro,
chi non sa e chi non conosce ha lo sguardo sempre rivolto all’indietro a rimpiangere il tempo che ha perduto.
Di tutto quello che voi avete fatto e vissuto dalla vostra nascita sino ad oggi nulla è andato perduto, le
possibilità che avete avuto fino ad ora di apprendere sono state, in virtù della natura umana, eccezionali. Più si
cresce più si perde la freschezza, la flessibilità mentale e le capacità di assorbimento tipiche dell’infanzia e
dell’adolescenza. Ecco perché gli studiosi chiamano questi anni della vita dell’uomo: gli anni magici.
Molto probabilmente avrete già sentito dire che il bambino è il padre dell’uomo, proprio nel senso che quello che si
fa nell’infanzia e nell’adolescenza determina quello che sarà il nostro essere adulti. È come dire che la qualità
del vostro futuro risiede nella qualità del vostro presente.
Allora mi piacerebbe che la scuola fosse il luogo non dove vi si insegna a crescere ma dove voi possiate
trovare e raccogliere ciò che vi serve per CREARE voi stessi.
Io penso che il trattamento divino che ognuno di voi merita è disporre di ambienti accoglienti, di insegnanti
preparati, di saperi di qualità, di insegnanti che vi stimolino a fare, a studiare, a volere sapere sempre di più, ad
intraprendere, ad essere curiosi del mondo, ad inventare e a creare, a pensare e riflettere, ad ascoltare, ad essere
curiosi di ciò che è diverso e nuovo, ad essere accoglienti e mai ostili.
Io so che tutto ciò rasenta il divino, ma se ognuno di noi è il creatore di se stesso consentitemi di pensare che
le ragazze e i ragazzi che frequentano la “DePisis-Bonati” come minimo sono delle dee e degli dei e che a
scuola vengono desiderosi di nutrire della magia dei saperi i loro favolosi anni magici.
Prof. Giovanni Fioravanti
Ma la produzione dei ragazzi della “De Pisis – Bonati” non si è fermata qui. Essi sono stati anche in grado di pubblicare un
libro che raccoglie tutti i loro lavori, scritti, impressioni e produzioni di contorno.
Tanta capacità è dovuta certamente all’impegno di questi meravigliosi ragazzi, ma anche alla bravura di un corpo docente che ha
saputo mettere in atto un progetto didattico di grande interesse ed ampio respiro, ispirato non solo e non tanto alla produzione
pratica, quanto a quegli “Ideali e Valori” di amore per la Patria e di Giustizia Sociale ai quali anche l’Istituto del Nastro
Azzurro si rifà costantemente. Pertanto, è stato normale e coerente che il nostro Istituto fosse uno degli sponsor dell’iniziativa,
insieme alla “Fondazione Carife” e al “Gruppo Scrittori Ferraresi”.
zione che si è tenuta nell’aula magna dell’istituto scolastico sabato 18 ottobre 2008 alla
presenza delle autorità civili, militari e religiose della città e soprattutto dei protagonisti: gli oltre 350 studenti e i 14 insegnanti che
hanno dato vita al progetto. Nel corso della
cerimonia è stato consegnato ad ogni classe
che ha partecipato al progetto un buono di
500 Euro da destinare all’acquisto di materiale didattico.
Al di là della ovvia sobrietà dell’evento, i
ragazzi, i loro genitori presenti e il corpo
docente sono apparsi giustamente fieri per
la realizzazione di un progetto didattico che
è andato ben “oltre…” il semplice insegnamento culturale, pur evidentemente ottenu-
IL NASTRO AZZURRO
13
GIOVANI CON “IDEALI E VALORI” GRAZIE AL PROGETTO
DELL’ISTITUTO DEL NASTRO AZZURRO
Il giorno 18 ottobre 2008, il teatro Boldini ha ospitato dalle 9.30 la cerimonia di premiazione del progetto
“Ideali e Valori”, che nello scorso anno didattico (2007-2008) ha interessato le scuole Dante, Tasso-Boiardo,
Cosmè Tura e De Pisis-Bonati. Nell’occasione, in presenza delle autorità locali, sono stati assegnati
riconoscimenti agli alunni e agli insegnanti che hanno aderito all’iniziativa.
Il progetto, fortemente voluto, e poi anche sostenuto economicamente, dal Presidente Nazionale dell’Istituto
del Nastro Azzurro, il comandante Giorgio Zanardi, è stato elaborato e proposto alle scuole dal medesimo
Istituto congiuntamente al Gruppo Scrittori Ferraresi, e ha sondato l’interesse circa i valori e gli
ideali che identificano il cittadino da che mondo è mondo e la propensione degli stessi alunni a partecipare
civicamente alle vicende della società a partire dal livello della minima comunità (scuola, gruppi sportivi e
sodalizi vari) fino ai più alti gradi, nazionale e internazionale.
La commissione di studio che se n’è occupata, comprendente soci iscritti sia all’una sia all’altra associazione
promotrice, è composta di cinque elementi: il coordinatore del progetto, Emilio Diedo; Piero Sturla Avogadri
e Ada Negri, il comandante Giorgio Zanardi e Gianna Vancini, presidente del Gruppo Scrittori-Ferraresi.
to, permettendo una concreta e fattiva crescita morale e
sociale dei ragazzi offrendo loro un’imperdibile occasione per confrontarsi sugli “Ideali e Valori” alla base della
nostra società e per interiorizzarli, analizzarli, commentarli insieme.
Antonio Daniele
IL LIBRO
Un libretto di poco più di 60 pagine contiene più spunti di riflessione e di
meditazione di un trattato di filosofia. I ragazzi della “De Pisis – Bonati”
sorprendono per la profondità delle loro argomentazioni e per la varietà dei temi
trattati e meravigliano per la correttezza dell’uso della lingua italiana e per la
capacità di sintesi dimostrata (bravi anche gli insegnanti che hanno ottenuto
risultati così lusinghieri dai loro studenti).
Ma il libro va ben oltre queste giuste considerazioni sui loro autori. Infatti è il
sottotitolo che vale il commento all’intera opera: “… Sguardo di adolescenti sulla
realtà”. Si tratta di uno sguardo impietoso e preciso come quello di una
telecamera con obiettivo ad alta definizione, eppure è sempre presente una base
di ottimismo e di speranza per il futuro. I temi trattati possono essere i più
difficili e scabrosi, ma si chiudono sempre con un messaggio positivo. Un
esempio per tutti, il bellissimo e profondo pezzo di Jacopo Mapelli – 3° A – sul
problema dei rifiuti di Napoli che conclude sottolineando che si deve trovare
una soluzione basata sulla solidarietà altrimenti “…sarà il modello Napoli ad
espandersi nelle altre regioni”.
Si sono affrontati temi storici (la giornata della memoria, com’era la scuola ai tempi dei loro nonni, tema che ha
aperto una discussione sulle regole di vita a scuola), sociali (il bullismo giovanile, i pregiudizi razziali…), di
attualità (l’alcolismo giovanile). Il punto di vista dei ragazzi è sempre molto più profondo e illuminante di quanto
ci si sarebbe aspettato, data la loro giovane età.
Vi è anche il resoconto degli incontri importanti col “Gruppo Scrittori Ferraresi” e soprattutto col Presidente
Nazionale del nostro Istituto, Giorgio Zanardi. Per ben rappresentare quanto è stato profondo e positivo tale
incontro, basta rileggere le righe finali del testo dello studente Alessandro Ganta:
“…Ci siamo resi conto di quanta forza di volontà, coraggio, tenacia, spirito di combattimento, senso di appartenenza stiano dietro
all’impegno di chi ha difeso e difende i valori in cui crede. Io credo che anche noi ragazzi dobbiamo far ricorso a queste risorse
psicologiche e di carattere per realizzare ciò in cui crediamo per il nostro futuro.”
Si tratta di un pensiero profondo e ben espresso, che è difficile attendersi da un ragazzo di scuola media, eppure
l’ottimo lavoro degli insegnanti e l’eccellente esempio del nostro Presidente Nazionale hanno sollecitato in lui
questo bellissimo germoglio di “Ideali e Valori”.
A.D.
14
IL NASTRO AZZURRO
LA STAMPA DICE
UNA DELLE TANTE RIFLESSIONI SUL PROGETTO IDEALI E VALORI
Io penso che le varie problematiche sociali e civiche di cui abbiamo discusso in classe siano
molto importanti per le generazioni future di questo Paese.
Le domande proposte dal questionario del progetto Ideali e Valori sono molto valide, ma al
cittadino d’oggi non sembra che interessino più di tanto dato che in questo periodo nel nostro
Paese c’è crisi in ogni campo e la confusione e la delinquenza sono diffuse.
La prima domanda affrontata dal progetto riguardava il valore che si dà alla Famiglia. La
Famiglia per me è importante ed è un valore che tutti dovrebbero avere, anche perché è alla
base della civiltà: se una famiglia infatti non insegna l’educazione ai propri figli, i ragazzi
crescono male, specialmente in questa generazione, e diventano parte della malavita.
Il secondo tema trattato dal Progetto riguardava “l’infanzia e gli anziani”.
I ragazzi d’oggi, forse, non sanno che i loro nonni sono stati in guerra e che quindi sono stati
parte della Storia del nostro Paese. Gli anziani, al giorno d’oggi, sono spesso lasciati soli, magari
in ospizi, senza che nessuno li vada a trovare. Loro, invece, ti possono spiegare come, ad
esempio, hanno vissuto durante la 2^ Guerra Mondiale; loro sono i veri cittadini del nostro
Paese, quelli che hanno lottato per tenerlo unito.
Parlando dei giovani d’oggi, invece servono, secondo me, un’istruzione adeguata,
un’educazione severa ma non autoritaria, e serve fare dello sport che aiuta, quando è sano, a
formare, oltre che il fisico, la mente della persona. Ricordiamo il noto proverbio latino “mens
sana in corpore sano”.
Parlando, invece, dello Stato Italiano, penso che si trovi in un momento di crisi: in poco tempo
si sono verificati episodi negativi, partendo dalle rivolte dei tifosi negli stadi e dai cori razzisti,
per arrivare alle leggi contro i rom, fino al recente e grave fatto che riguarda la sospensione della
visita del Papa all’Università della Sapienza a Roma, e ancora alla vicenda di cui si parla
quotidianamente e che è in prima pagina anche nei giornali esteri, cioè la spazzatura, senza che
si prendano i dovuti provvedimenti.
Concludendo, ritengo che, se vogliamo che il nostro Paese sia più civile, bisogna che questi
gravi fatti cessino di verificarsi e che ogni cittadino impari a rispettare i propri doveri, oltre che
pretendere i propri diritii.
Giulio Scala 3^ I
IL NASTRO AZZURRO
15
UN’ANALISI ALLA BUONA PER FAR CAPIRE
CHI SONO GLI ALPINI
G
li alpini non sono santi: sono uomini come gli
altri, con gli stessi difetti e le stesse colpe. Agli
alpini, sia pure bonariamente, sono imputate
due colpe: il vino e la bestemmia. Che agli alpini piaccia
il vino è indubitabile perché il vino, in ambiente freddo,
scalda il cuore e li fa divenire più estroversi, più giulivi.
Essi hanno il bisogno di comunicare con gli altri, il buon
umore e la loro tolleranza al vino è proverbiale: non si
ubriacano mai; diventano solo più giocondi ed espressivi. Ecco perché gli alpini amano il vino e, quando cantano una canzone nostalgica e melodiosa, chi è presente
si commuove ed è attratto ad unirsi al coro.
L’altra colpa è la bestemmia. Gli alpini bestemmiano
ed è difficile far loro smettere il malvezzo.
Per gli alpini la bestemmia è uno sfogo.
Proseguo in dialetto veneto che è più melodioso e rende meglio l’idea:
“Mi ghe voria spiegar cossa gavemo in
testa: noi, passi diavoli, quando bestemmiamo, non bestemmiamo miga con malissia,
solo. No la gavemo con Dio che el xe tanto
bon e quando el ne avrà tutti nella valle di
Giosafatte el darà a tutti uno scapason e...
dentro tutti in Paradiso! La penitenza la
gavemo fatta; la gavemo fatta con la naja
bestia che la ne fa far la guerra e tante altre
bestialità, allora la bestemmia no la voi
essere un’offesa a Dio ma soltanto - el me
lassa dir - la nervatura del discorso. El varda
i muli: xe bestie dure, ma quando i sente
una bestemmia in de na recia, i diventa
subito boni, perché i sa che la tempesta xe
vicina”.
Una robusta bestemmia serve per aiuta-
16
IL NASTRO AZZURRO
re la parola ritrosa ad uscire, a far entrare i
piedi nelle scarpe gelate, a sbloccare l’otturatore che si inceppa in battaglia. Anche il
tenente sa che, quando parla alla truppa, se
non intercala il discorso con un paio di
gagliarde bestemmie, il discorso perde di
efficacia.
In compenso alla sera, in molte camerate, si recita il rosario: sono buoni cristiani
perché sono buoni d’animo e, quando
fanno il segno della croce, lo fanno bello
grande e deciso. Religiosi e a loro modo
osservanti, considerano la famiglia come un
tempio sacro, tanto che un tempo in Friuli
le ragazze non si sposavano se il fidanzato
non era stato negli alpini.
Altrettanto alto è il senso che hanno
dell’amicizia. Nello stesso plotone c’erano
fratelli, cugini, il fidanzato della sorella,
compaesani e l’amicizia era così profonda e
sentita che, a quasi 60 anni di distanza, ci si ritrova ancora, ci si ricorda, ci si scrive e gli abbracci degli incontri
sono sempre pieni di commozione e di particolare affetto (le pacche sulla schiena non si usano più, per evitare
il risveglio di assopite bronchiti).
Pronti ad aiutarsi e a dividere l’acqua e il pane, sono
gente di rara umanità: per questo sono così legati e alle
adunate si cercano l’un l’altro fra trecentomila.
Quando c’è qualche calamità accorrono a centinaia
e lavorano con accanimento per aiutare, per salvare,
senza risparmiarsi un momento, perché sanno voler
bene, sono generosi e buoni, sono uomini straordinari
ed il loro animo è un animo particolare. Sono tante le
loro qualità e tanti i sentimenti
quali possono contenerli soltanto
cuori grandi COSÌ!
L’alpino è questo, anche se
bonariamente qualche volta si
autoironizza, esibendo un cartello stradale con su scritto:
“Scusateci, ma beviamo anche
per voi”.
Questo alpino è lo stesso che
ha soccorso i terremotati in Friuli,
in Irpinia, in Armenia, che ospita
nelle sue caserme, primo fra tutti,
i bistrattati profughi albanesi ed
ora i profughi croati e mussulmani; che ha costruito un asilo per
bambini in Ucraina, a Rossock; è
lo stesso alpino che già 50 anni fa
ha avuto il perdono dagli Ucraini
che stava invadendo, aiutandoli a
trebbiare il grano ed ammassare
il granoturco, in vista di quello
che fu poi un tragico inverno.
Gli alpini amano la PATRIA,
perché per essi è e rimane la sublime eucaristia che uni-
sce e affratella coloro che sentono di avere in comune radici,
identità, tradizioni, storia, cultura, vincoli di lingua e di sangue,
nell’orgoglio e ricordo di chi per
questa PATRIA ha donato la sua
giovinezza e la sua vita.
Gli alpini sono sempre uniti, i
morti ed i vivi, perché hanno le
stesse radici: le virtù nazionali, lo
spirito di sacrificio e la forza del
dovere compiuto. Formano ancora quel granitico battaglione
schierato nel cortile della caserma nella posizione del PresentatArm.
Gli anni sono passati ma lo
spirito che li unisce e li fa ritrovare è sempre lo stesso di allora; gli
alpini non si sono dispersi e restano ancora insieme, fedeli a quegli ideali che li spinsero, mezzo
secolo fa, a combattere e morire
per l’utopia del Tricolore.
Roberto Stocchi
NON DIMENTICHIAMO LA “TRIDENTINA”
Il 26 gennaio ricorre il 66° anniversario dell’epica battaglia di Nìkolajewka sul fronte russo che vide l’immenso coraggio
della Divisione Alpina Tridentina comandata dal mitico gen. Luigi Reverberi, che ruppe l’accerchiamento delle
divisioni corazzate siberiane, e fece defluire verso la salvezza i resti delle armate 8.a Italiana, 2.a Romena, 3.a Ungherese
e i resti della 6.a Armata tedesca. I combattimenti nel settore italiano iniziarono il 20 dicembre 1942; il ripiegamento
ebbe inizio il 16 gennaio 1943, con accaniti scontri e si concluse dieci giorni dopo a Nikolajewka, la porta della
salvezza. Questa località rappresentò la speranza spasmodicamente inseguita da tanti giovani e valorosi alpini e da altri
nostri soldati. In quell’avvallamento, sotto la Balka di Arrautowo e di Terinkina, l’ansimare dei muli che trainavano
impossibili slitte vacillanti sotto il peso del doloroso carico umano di feriti e di assiderati, si mescolava al vociare degli
uomini ancora validi, tesi nell’ultimo tentativo di spezzare l’accerchiamento delle fanterie, dell’artiglieria e dei carri
armati dell’Armata Rossa.
La tormentosa richiesta di rinforzi che tardano ad arrivare, le munizioni e i viveri che ormai scarseggiano, viene rotta
da un urlo lacerante la gelida sera (oltre 40 gradi sotto zero): essa si propaga di bocca in bocca dal primo all’ultimo
uomo, per riprendere vigore e rimbalzare e spingere combattenti e sbandati:
“TRIDENTINA AVANTI! O SI SFONDA, O SI MUORE TUTTI!”
gridato del gen. Reverberi, che tutti gli Alpini ricordano con affettuosa riconoscenza. E finalmente, dopo selvaggi
combattimenti all’arma bianca, l’accerchiamento si spezza al di là della ferrovia, al culmine di una leggera
salita. Le armi tacciono, ma tacciono anche tanti, troppi giovani dall’una e dall’altra parte.
C’era nel cuore di quei giovani la voglia tornare “a baita” in seno alla famiglia, l’inutilità di un conflitto senza speranza
di vittoria, ma insieme la volontà di compiere il proprio dovere.
Un alpino sulla tradotta che riportava in Patria i poveri resti di quella che fu la più gloriosa divisione alpina “Julia”,
disse: “Gli alpini arrivano a piedi là dove giunge soltanto la fede alata” (all’andata, per portare la Julia in Russia ci
vollero 54 tradotte, al ritorno fu più che sufficiente una sola).
Sul fronte russo le medaglie d’oro alle Bandiere furono 29, quelle individuali 132. Quest’azzurro esalta le doti di tutti i
combattenti su quel fronte. Di 60.000 partiti ne sono ritornati circa 11.000, tra i quali molti feriti e congelati. Le perdite
dell’Armir furono circa 90.000. Non dimentichiamoli. Perché i Caduti muoiono quando vengono dimenticati. E il
popolo dei vivi non è più degno del grande popolo dei Morti.
Alpino Roberto Stocchi
IL NASTRO AZZURRO
17
PROFUMO DI PATRIA
D
a tre giorni mio padre
aveva
compiuto
settant’anni quando, l’otto
febbraio l985, il Prefetto di
Ferrara, Vincenzo Mazzamuto, gli
partecipò il conferimento dell’onorificenza di Commendatore
dell’Ordine “Al Merito della
Repubblica Italiana”.
Nel frigorifero c’era ancora
mezza bottiglia dello spumante
stappato per festeggiare il suo
recente compleanno, e in salotto
i fiori, che mia madre ed io gli
avevamo regalato il giorno cinque, erano freschissimi. La cornice estemporanea era
perfetta: con un abbraccio, un brindisi a tre ed un po’ di
commozione si consumava l’atto primo della festa.
Alla fine di maggio durante una gita
dell’Associazione Combattenti e Reduci, accanto ad
amici di vecchia data e a conoscenti non meno cari,
nell’Hotel di Grado dove eravamo ospiti, vivemmo una
serata piacevolissima: l’atto secondo dei festeggiamenti
a mio padre.
Furono fette di torte golose e calici che si levarono; il
discorso del Presidente Munaro e la lettura di una poesia ispirata alle traversie belliche e alle passioni sportive
di mio padre; furono strette di mano, complimenti,
abbracci; fu l’immancabile commozione di molti fissata
dai flash di tante macchine fotografiche.
Da quell’otto febbraio mio padre porta con piacere
un titolo che gli è gradito, conferitogli dal Presidente
Sandro Pertini: l’ultimo di una serie di riconoscimenti
ufficiali le cui radici originano indietro nel tempo, in una
gelida steppa russa dove un giovane ragazzo visse la tragedia di migliaia di altri soldati italiani, lontano da casa
senza un perché personale, lontano dalla giovane
moglie e da una creaturina nata dopo la sua partenza, il
cui sorriso e gli occhi verdi egli non ha mai potuto vedere. Una bambina che ha dovuto crescere in fretta per
precedere le situazioni di pericolosità, per fare da guida,
per essere di aiuto, perché anche a soli quattro anni, nell’attraversare una strada, era lei a dover dire: “Svelto,
Papà che non succeda qualcosa!”. Una bambina a cui la
crudeltà della guerra aveva tolto per sempre il diritto ad
una infanzia spensierata.
Nella cecità di mio padre è la tragedia vissuta da
milioni di altri soldati durante la Seconda Guerra mondiale, quando su fronti diversi sopportarono pene uguali; angosce oppressive, sofferenze fisiche psicologiche e
morali, paure e incertezze, ribellioni interiori all’avversa
fortuna. Nella cecità di un uomo nato vedente sta un
atto di accusa contro la follia della guerra.
Sarà ora più facile capire perché l’atto terzo di quel-
18
IL NASTRO AZZURRO
l’avvenimento, la consegna del
diploma da parte del Prefetto, in
Castello, è stato dai miei genitori
e da me atteso con gioia ma vissuto in intimità.
Era lunedì sette ottobre. Ci
svegliammo verso le nove, consumammo la colazione conversando serenamente attorno alla
tavola ben apparecchiata, poi ci
abbigliammo con cura come sempre si fa nelle occasioni insolite.
Mio padre indossava un elegante abito blue, mia madre un
tailleur dello stesso colore, di tessuto gessato, su cui faceva spicco una morbida camicetta di seta bianca ed un filo di perle. Io, che solitamente
vesto in modo sportivo, indossavo un paio di eleganti
pantaloni neri di seta e una camicetta bianca aggraziata da leggeri volant e da un girocollo di corallo rosa;.ai
piedi i sandali di Valentino che erano stati la mia passione dell’estate, un’estate eccezionale che ai primi di
ottobre si prolungava donandoci ancora un tepore ed
una luminosità inconsueti dalle mie parti. I capelli erano
ben pettinati, le unghie curate, tutto era in ordine. Ma
prima di uscire di casa ancora uno sguardo allo specchio,
ai miei; la cravatta di Papà doveva stare un po’ più a
sinistra, le perle della Mamma cadere meglio sulla camicetta.
Giunti al Castello, salimmo con calma le scale che portano allo Studio del Prefetto, e al primo pianerottolo
prendemmo fiato per evitare che l’emozione e le scale
rendessero affannoso il nostro respiro.
Una breve attesa nell’Anticamera dello Studio mi
permise di ammirare la decorazione a grottesche di quel
piccolo ambiente raffinato, di osservare il soffitto a volta
con un grande riquadro pieno di putti leggiadri che volano festosi.
Presto sarei entrata nello storico salone dello Studio
Ducale e l’idea stava per emozionarmi, ma non ebbi il
tempo per allentare il freno alla mia fantasia perché il
Prefetto, a cui eravamo già stati annunciati, si affacciò
sulla porta, sorridente, e ci invitò ad entrare.
Troppe cose in una volta per me: lo Studio Ducale da
osservare, il Prefetto di fronte, un attimo di agitazione
da vincere.
Il dottor Gianni Gaudenzi fu un compito anfitrione
che seppe metterci a nostro agio con il fare cordiale ed
il sorriso costante. Seduti in un salottino d’angolo fu
subito un dialogo aperto, informale direi, se non ci fosse
stato da parte nostra il gusto di proferire la parola
“Eccellenza”.
“Grazie per avermi dato l’occasione di stringerle la
mano” – disse mio Padre.
“È un incontro che ho voluto. Non mi deve ringraziare” – rispose il Prefetto.
Il suo parlare schietto mi fece sentire a casa. Mi trovai presto nella disposizione di ammirare tranquillamente il vasto salone dalle luminose finestre, il soffitto a
grandi cassettoni di legno intagliato dipinto con decorazioni fantastiche, gli enormi lampadari di vetro di
Murano, l’altro salotto dalla tappezzeria pastello. E giù
in fondo, dietro alla scrivania, il tricolore italiano che raccorda perfettamente il passato ducale con il presente
repubblicano: il Castello Estense è la storia secolare di
Ferrara.
Richiesto dell’infermità di guerra, il discorso di mio
Padre ritornò agli anni passati in Ucraina. Il tempo trascorso fa da schermo ai ricordi e, si sa, sempre restituisce
lampi di una memoria divenuta affettuosa. Fu cosi il racconto di un lungo trasferimento di 27 giorni su faticose
tradotte attraverso l’Austria e la Polonia. Ore lunghissime fatte di speranze più tardi tradite, di scherzi dei
vent’anni con gli amici del paese, di canti urlati a viva
voce, di incontri durati un attimo ma fissati nella mente
per sempre. Come quando la tradotta si era da poco
messa in moto, lasciando Vienna alle spalle, e una donna
si avvicinò al convoglio. In mano teneva un pacchetto
che cercò di lanciare verso mio Padre. Fu uno slancio di
braccia distanti, un abbraccio fraterno non consumato, il
tonfo di qualcosa che cadde, l’amarezza di non avere
potuto donare e ricevere.
Dopo ventisette giorni una mattina, era il Natale del
1941, al di là di un ponte a due piani apparve
Dnepropetrovsk. Là il rapido accampamento nella Città
Universitaria ed un pranzo speciale mai dimenticato:
pasta asciutta, spezzatino di carne, galletta e un generoso bicchiere di vino rosso che annegò il pensiero di casa.
Al racconto di mio Padre, davanti ai miei occhi viva
divenne l’avanzata lenta e faticosa dei mezzi italiani sul
terreno ghiacciato della sconfinata steppa russa: un continuo gettare sul suolo piante di grano strappate dai
covoni per facilitarne l’avanzata. Sentii pronunciare
grappoli di nomi di città uditi tante volte, località a me
sconosciute ma familiari ad un tempo: Leopoli, Krivoy
Rog, Nikolayev, Paviograd, Stalino, Vorosilovgrad,
Rovenki, Rossosh, Millerovo e Stalingrado, la grande
città al di là del fiume Don, meta di una conquista inutilmente sognata.
Vidi la sterminata pianura russa della steppa che
attraverso le parole di mio padre si ripropose alla mia
immaginazione con le sue “terre nere”, un tavolato
interrotto da pochi e modesti rilievi, percorso da fiumi
lunghissimi: il Dnestr, il Dnepr, il Donez, il Don.
Contemplai luminosi campi estivi di girasole, barbabietole, cocomeri, grano e mais che coprivano ettari a perdita
d’occhio; ammirai visioni invernali di neve bianca, di
tanto in tanto ferita da veloci troike trainate da cavalli.
Spiai umili isbe abitate soltanto da donne vecchi e bambini, sempre pronti ad accogliere i soldati italiani infreddoliti in un inverno eccezionalmente rigido, pronti a
donare loro un sorriso, a dividere con loro l’aria viziata
ed il caldo della casa, il cibo modesto di cui disponevano,
in cambio di niente oppure di un santino o di una medaglietta, care immagini devozionali della fede inculcata
dai padri. Osservai i voluti momenti di spensieratezza in
cui invasori e invasi, vittime comuni di una follia di nome
guerra, si ritrovavano insieme attorno al focolare dell’isba per strimpellare una balalaica, suonare una fisarmonica e cantare le canzoni dei loro paesi, per sentirsi cosi
meno tristi.
Questi flash back della memoria a cui la mia fantasia
si era abbandonata, dovettero presto cedere il posto alla
dura realtà della ritirata del ‘43. D’improvviso non mi
piacque più ascoltare il racconto di mio Padre, non volli
più immaginare. La ritirata è infatti un complesso di fatti
che ho sempre sfuggito nel pensiero fin da bambina perché mio Padre era là, testimone di una delle più tragiche
pagine della storia di tutti i tempi. Quel giorno, in
Castello, cercai perciò di estraniarmi alla narrazione
ricordandomi che mi trovavo nello Studio che fu del
Duca d’Este. Inutile! Fui di nuovo catapultata nella grande pianura russa dove vissi quella tragedia andando però
volutamente più indietro nel tempo, sulle sponde della
Beresina, sottraendomi così all’inferno del ‘43, di cui mio
Padre fu testimone.
Davanti ai miei occhi l’Armata francese di Napoleone
Bonaparte che fuggiva la sconfitta, il terribile inverno
russo del 1812. Un’Armata decimata dal gelo, dalle
malattie, dalla fame, che si trascinava per lo più a piedi
tra sofferenze indicibili sulle steppe coperte di neve. Era
l’Armata attaccata dai Cosacchi il 29 novembre, quando
centornila uomini perirono, cosicché solo 40.000 su
670.000 furono i superstiti della campagna.
Il racconto era finito. Il tempo in Castello era corso
veloce. Dopo il commiato dal Prefetto, reggendo io con
soddisfazione il contenitore con il diploma di mio Padre,
scendemmo le scale e ci avviammo verso casa.
Il sole di mezzogiorno era piacevole in quella calda
mattina di ottobre. Varcato il portone ci portammo istintivamente in giardino, un quadrato di terra da me prediletto, una pennellata di verde in cui spicca altissimo un
abete e frondoso un kalikantus, che d’inverno riempie
l’aria con il profumo intenso dei suoi fiori gialli; un angolo di quiete chiuso lateralmente da due muriccioli, al di
là dei quali è l’intrico di rami che difende l’intimità di
altre famiglie, delimitato in fondo da un’alta parete: un
muro esterno del Convento dei Cappuccini di S.
Maurelio, oltre il quale un piccolo campanile a vela accoglie una vecchia campana che manda ancora rintocchi
suggestivi. Essi tacciono soltanto nei giorni della
Passione di Cristo, quando il silenzio del mio giardinetto
si fa troppo intenso ed anche i merli, che fanno abitualmente una gioiosa spola di albero in albero, sembrano
perdere l’allegrezza del loro canto. Fu in quell’angolo
tranquillo, chiuso ai rumori del mondo consumistico, che
ci sedemmo per discorrere un po’ perché certi incontri,
certi momenti di vita, hanno bisogno di riflessione.
Gianna Vancini
(Presidente del Gruppo Scrittori Ferraresi)
IL NASTRO AZZURRO
19
L’AUDACE INUTILE GESTO DI MARIA PASQUINELLI
P
ola 10 febbraio 1947: una gelida bora spazza le strade della
città; le luci dei bar sono spente, le saracinesche dei negozi abbassate, gruppi di persone si affannano
imprecando intorno a carri e carretti, carichi di masserizie. È una giornata non soltanto alquanto fredda
ma anche infaustamente impegnativa: in quelle stesse ore, a Parigi, i
rappresentanti del Governo italiano
firmeranno il Trattato di pace, che
strappa all’Italia l’Istria, le isole
adriatiche e l’enclave di Pola.
Quest’ultima è protetta da una guarnigione britannica,
comandata dal brigadiere generale Robert W. De Winton, al
quale tocca il compito di procedere al più delicato degli
adempimenti previsti dal patto: la consegna alle autorità
militari jugoslave. Per circa venti mesi la 13a Brigata di fortezza ha protetto gli abitanti, cullandola, con la sua presenza, nell’illusione di sfuggire all’amaro destino subito da altri
italiani della regione. Ciò che ieri era sembrato un sogno,
oggi è diventata una triste realtà: i polesani si sentono
abbandonati e traditi dai loro protettori. Il Comando militare titino ha chiesto che il passaggio dei poteri sulla città di
Pola avvenga in concomitanza della firma del Trattato di
Pace. Pertanto la guarnigione britannica è schierata davanti
alla sede del Comando e attende il suo generale. Appena
giunto, De Winton è invitato a passarla in rassegna. La cerimonia si svolge sotto la pioggia sferzante e davanti a pochi
curiosi che levano fremiti di furore, mormorii di disapprovazione e d’ira. Il generale sta avvicinandosi al reparto schierato allorché, dalla piccola folla presente, esce una giovane
donna che si dirige verso l’alto ufficiale, estrae dalla borsetta una pistola ed esplode quattro colpi senza pronunciare
una parola. Tre proiettili raggiungono al cuore il generale
che immediatamente perde la vita; un quarto ferisce un soldato che ha cercato di proteggere il suo comandante.
Compiuto il delitto, la giovane rimane immobile, quasi
fosse in trance, lasciandosi catturare dai soldati, che si sono
gettati sopra di lei, senza opporre resistenza.
Le Autorità alleate, considerata la delicatezza dell’evento, mantengono il riserbo sull’incredibile fatto, ma non della
stessa opinione sono i titini che fanno circolare le più balzane versioni: dall’isterismo al delitto passionale, alla provocazione fascista e così via, tante altre ciarle. Solo più tardi un
breve scoop di Indro Montanelli, inviato del “Corriere della
sera”, rivela la vera motivazione dell’attentato. Le guardie
hanno trovato in tasca all’attentatrice un biglietto-confessione che dice: “Io mi ribello, col fermo proposito di colpire a
morte chi ha la sventura di rappresentare i Quattro Grandi, i
quali, alla Conferenza di Parigi, in oltraggio ai sensi di
Giustizia, di Umanità e di saggezza politica, hanno deciso di
strappare ancora una volta dal grembo materno le terre più
sacre d’Italia, condannandole agli esperimenti di una “novella Danzica” o, con la più fredda consapevolezza che è correità, al giogo jugoslavo, sinonimo per la nostra gente indomabilmente italiana, di morte in foiba, di deportazione, di
esilio”.
Animata da un fervente amor di patria, Maria
Pasquinelli, questo il casato, aveva agito “da sola e di propria
iniziativa”, convinta del doloroso accordo stipulato a Parigi,
edotta dell’influenza sovietica sulla Jugoslavia e consapevole delle azioni genocide sui territori da essa rivendicati, certa
che, per gli abitanti di Pola, si aprivano le porte dell’esodo.
20
IL NASTRO AZZURRO
Nata a Firenze, aveva vissuto a lungo a Bergamo, dove si
era diplomata maestra elementare e, successivamente, laureata in pedagogia. Aveva, altresì, frequentato la “Scuola di
mistica fascista” a Roma e, con la dichiarazione di guerra, si
arruolò quale crocerossina volontaria, seguendo i nostri soldati in Africa Settentrionale. Ma, un bel giorno, constatata
“l’insufficiente partecipazione al combattimento di chi l’aveva predicato”, nonché il basso morale “non illuminato da
alcun ideale”, lasciò, nel novembre del 1941, l’Ospedale di El
Abiar, si travestì da soldato, con la testa rapata, e i documenti falsi, raggiungendo la prima, linea. In seguito, scoperta, fu
restituita ai suoi superiori, che ne disposero il rimpatrio.
Nel gennaio del 1942, Maria Pasquinelli chiese di essere
inviata come docente in Dalmazia e insegnò l’italiano nelle
scuole di Spalato ma, dopo l’8 settembre, la giovane insegnante dette tutta l’anima al recupero delle salme dei nostri
soldati uccisi in Dalmazia e in Istria dagli slavi, oltre a documentare le stragi di italiani infoibati. A Spalato scoprì una
fossa comune, dove giacevano duecento militari della
Divisione Bergamo e altri cittadini.
Domiciliatasi a Trieste, la Pasquinelli cercò di unire la
Decima Mas e i partigiani della Franchi e della Osoppo con
l’intento di salvaguardare l’italianità della regione. Per questa sua attività fu arrestata dai tedeschi e minacciata di
deportazione. Ma, grazie all’intervento del Comandante
Valerio Borghese fu restituita alla libertà. Appresa, inoltre, la
notizia che i “Quattro Grandi” avevano abbandonato Pola e
l’Istria “a un destino senza scampo”, per richiamare l’attenzione del mondo sul dramma degli italiani dell’Istria, uccise il
Gen. De Winton. In realtà, l’attentato fece molto rumore,
sollevò interrogativi e suggerì qualche autocritica.
Fatta eccezione della stampa comunista, che liquidò sbrigativamente, come un rigurgito fascista l’episodio, “i giornali di tutto il mondo mostrarono comprensione e simpatia per
la giovane donna italiana” e, alquanto significativo è un
dispaccio diffuso in quei giorni dall’Associated Press, la più
importante agenzia giornalistica americana. Il corrispondente di Pola, Michael Goldsmith, scriveva: “Molti sono i colpevoli. I polesani italiani non trovano nessuno che comprende i
loro sentimenti. Il Governo di Roma è assente, gli slavi sono
apertamente nemici in attesa di entrare in città per occupare
le loro case, gli Alleati freddi ed estremamente guardinghi. A
questi, specie agli inglesi, gli abitanti di Pola imputano di non
aver mantenuto le promesse, di averli abbandonati”.
La Corte Militare Alleata di Trieste processò, due mesi
dopo il triste evento, Maria Pasquinelli: “l’imputata si
dichiarò colpevole e spiegò le ragioni che l’avevano indotta
a compiere l’attentato”. Il 10 aprile fu pronunciata la sentenza che la condannava a morte Maria Pasquinelli l’accolse in
silenzio, mentre il pubblico rumoreggiò e le donne scoppiarono in lacrime.
Il giorno seguente, Trieste fu inondata da una pioggia di
manifesti tricolori, sui quali era scritto:
“Dal pantano d’Italia è nato un fiore: Maria
Pasquinelli”.
La pena capitale, in seguito, fu commutata in quella di
ergastolo e la Pasquinelli fu trasferita al penitenziario di
Perugia. Tornò in libertà nel 1964, non concesse mai interviste e cercò di farsi dimenticare vivendo a Bergamo.
Nino B. Lo Martire
“La Presidenza, colpita dalla dipartita dell’Autore del presente articolo, nel formulare le più sentite condoglianze alla
famiglia Lo Martire, ringrazia per la preziosa collaborazione
alla Rivista”.
LA DICHIARAZIONE UNIVERSALE DEI DIRITTI
DELL’UOMO HA COMPIUTO 60 ANNI
Il 10 dicembre 2008 la Dichiarazione Universale dei Diritti umani ha compiuto 60 anni.
Numerose le celebrazioni in Italia e all’estero ed un giudizio comune: ancora troppe nel mondo
le violazioni dei diritti del’uomo. Il Capo dello Stato ha ricordato la necessità di garantire il primato della persona e della sua dignità su basi di libertà e di eguaglianza e di impegnarsi per
prevenire ogni violazione dei diritti e garantirne la loro tutela.
D
ocumento storico, molto importante, prodotto
sull’onda dell’indignazione per le atrocità commesse nella seconda guerra mondiale, la
Dichiarazione fa parte dei documenti di base delle
Nazioni Unite insieme al suo Statuto steso nel 1945.
In quanto Dichiarazione di principi dell’Assemblea
Generale, la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani
non è giuridicamente vincolante per gli Stati membri
dell’organizzazione. Tuttavia ai diritti ed alle libertà in
essa riconosciuti va attribuito un valore giuridico autonomo nell’ambito della comunità internazionale, dal
momento che sono ormai considerati dalla
gran parte delle nazioni civili alle stregua di
principi inalienabili del diritto internazionale generale (jus cogens).
La Dichiarazione dei Diritti Umani è un
codice etico di importanza storica fondamentale: è stato infatti il primo documento
a sancire universalmente (cioè in ogni
epoca storica e in ogni parte del mondo) i
diritti che spettano all’essere umano.
Idealmente, la Dichiarazione è il punto di
arrivo di un dibattito filosofico sull’etica e i
diritti umani che nelle varie epoche ha visto
impegnati filosofi quali John Locke, JeanJacques Rousseau, Voltaire, Immanuel Kant,
Nietzsche fino a quelli contemporanei fra
cui il filosofo Jacques Maritain che partecipò di persona alla stesura della
Dichiarazione. Non si deve dimenticare poi
l’importanza che ha avuto la “Dichiarazione
dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino” stesa
nel 1789 durante la Rivoluzione Francese, i
cui elementi di fondo (i diritti civili e politici
dell’uomo) sono confluiti in larga misura in
questa carta. Fondamentali infine, nel percorso che ha portato alla realizzazione della
Dichiarazione, sono i Quattordici Punti di
Woodrow Wilson (1918) e i quattro pilastri
delle libertà enunciati dalla Carta Atlantica
di Franklin D. Roosevelt e Winston Churchill
del 1941. Alla Dichiarazione sono poi seguiti il Patto Internazionale sui Diritti
Economici, Sociali e Culturali e il Patto
Internazionale sui Diritti Civili e Politici, elaborati dalla Commissione per i Diritti
dell’Uomo ed entrambi adottati all’unanimità dall’ONU il 16 dicembre 1966.
La Dichiarazione è la base di molte delle conquiste
civili della seconda metà del XX secolo, e costituisce l’orizzonte ideale della Carta dei Diritti Fondamentali
dell’Unione Europea, confluita poi nel 2004 nella
Costituzione Europea.
La Dichiarazione è composta da un preambolo e da
30 articoli che sanciscono i diritti individuali, civili, politici, economici, sociali, culturali di ogni persona. I diritti dell’uomo vanno quindi suddivisi in due grandi aree:
i diritti civili e politici e i diritti economici, sociali e culturali.
IL NASTRO AZZURRO
21
IL TRICOLORE S’AMMAINA AL TRAMONTO
Vorrei segnalare che la Bandiera Nazionale si alza all’alba e si ammaina al tramonto, non
deve, cioè, rimanere esposta durante la notte. Per gli uffici pubblici un decreto del Presidente
della Repubblica, tuttora in vigore ma sistematicamente ignorato, ha stabilito, anni or sono, che
la Bandiera venga esposta all’apertura dell’ufficio e ritirata alla chiusura dello stesso. È vergognoso vedere invece che il Tricolore, una volta esposto, rimane abbandonato giorno e notte, con
le conseguenze che si possono immaginare: il vessillo si sporca e si logora rapidamente.
Aggiungo che mi piacerebbe sapere che in qualche ufficio sì pratica quanto prescritto, e cioè che
la Bandiera venga esposta e ritirata all’inizio e alla fine dell’orario di lavoro, e possibilmente alla
presenza di un dirigente che, sull’attenti, le renda onore. E nei Ministeri quel dirigente non
potrebbe essere, qualche volta, lo stesso Ministro?
Elio Lodolini
(Consigliere della Federazione di Roma)
RICORDO DEL SACRIFICIO DI ALCUNI MARINAI
Per non dimenticare e per onorare la memoria dei venti marinai del sommergibile “Nereide”
tra i quali marinai vorrei ricordare, vi era anche mio zio, fratello di mia madre e cioè il S.Capo
torpediniere el. Giovanni Armenio. Il Nereide al comando del Gap. Corv. Carlo Del Greco, prima
M.O.V.M. della Marina nella prima guerra mondiale, era alla fonda al largo dell’isola di Pela oea
in Adriatico, a metà strada tra le isole Tremiti e la Dalmazia. Il 5 agosto 1915 venne avvistato dal
sommergibile austriaco U 5 al comando del Ten. Vas. Von Trapp. I marinai del Nereide si potevano salvare tutti gettandosi in mare ed invece provarono ad immegersi con il loro scafo che fu
subito colpito ed affondato. Morirono tutti e solo nel 1972 fu recuperato lo scafo con solo alcuni resti dei corpi logicamente ignoti, resti che assemblati, formarono solo dieci salme. Tra questi
resti ci poteva essere anche mio zio Giovanni Armenio. Di quel che rimarne di quei dieci marinai, vi è degna sepoltura nel cimitero di Brindisi.
Gennaro La Rana
(Segretario-Tesoriere della Federazione di Napoli)
RICORDI ESALTANTI
A Roma, nel quartiere EUR, c’è il Palazzo della Latinità, oggi chiamato della “Civiltà”, sul cui
frontone, nella facciata anteriore, è scolpita un’iscrizione: “Un popolo di poeti, di artisti, di eroi,
di Santi, di navigatori, di scienziati e trasmigratori”; tale iscrizione è riferita al popolo Italiano.
La frase fu fatta incidere da Mussolini lo scorso secolo e ai nostri giorni sembra incrinata da
una vena d’ironia, non tanto perché, oggi, non esistano più poeti, artisti, eroi, Santi, navigatori, ecc., ecc., ma perché gli Italiani, un po’ per l’effetto dell’attuale grande confusione morale,
non sono più orgogliosi di essere Italiani, di appartenere ad un popolo che originariamente è
stato multietnico per le sue particolari condizioni geografiche e climatiche (terra di passaggio),
che, soprattutto, è stato vittima di invasioni e conquiste, e nello stesso tempo è riuscito a mantenere la sua posizione di unicità nel contesto mondiale come terreno in cui si sono susseguite
le civiltà più antiche e prestigiose con a capo quella cristiana che, sposandosi con quelle provenienti dall’Asia Minore, dalla Grecia, dal nord Africa, ecc., pur mantenendo le sue caratteristiche
peculiari, ha fornito diverse sfaccettature.
In realtà la psicologia del nuovo uomo moderno è basata sull’obliterazione del passato, con
una basilare tendenza alla distruzione mirata della nostra secolare cultura, il tutto a scapito dell’immagine di un popolo e della sua Nazione. Forse, anticamente, i termini di Nazione e Patria
erano retoricamente enfatizzati fino all’esasperazione (ma è meglio abbondare... ) e, per tutta
risposta, oggi si assiste al loro degrado. Il nostro popolo ha assorbito l’eredità della grande
civiltà latina e romana, ha acquisito le leggi del diritto romano, le strutture dell’arte e della filosofia greca, i dogmi della civiltà cristiana, i canoni dell’arte medievale, ha ravvivato il suo intelletto attraverso lo studio dei testi danteschi, ha rinverdito la sua anima attraverso il
Rinascimento artistico e letterario e ha esaltato e forgiato il suo spirito nel Risorgimento; con
queste premesse non può e non deve aver bisogno di farsi “sedurre” da altre ideologie pseudoumanistiche od umanitarie, in nome di un internazionalismo astratto e di comodo.
Gli Italiani non devono confondere l’ospitalità nei riguardi dei popoli stranieri con la cosiddetta tolleranza multirazziale, ma devono riscoprire, senza occultarle, le proprie vestigia gloriose e non rinnegarle con il pretesto pseudo intellettuale che “siamo cittadini del mondo”.
È triste che una stirpe come la nostra, che ha avuto la fortuna di dare i natali a grandi uomini, da Dante a Machiavelli, da Parini a Manzoni, da Cavour a Garibaldi, vada a cercare il Vangelo
in Russia, in America o in Germania.
Roberto Stocchi
(Sindaco della Federazione di Roma)
22
IL NASTRO AZZURRO
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080.5541443 – Cell.3401535050 [email protected]
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BOLOGNA
BRINDISI
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Ferrara – Tel.0532.203368
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FIRENZE
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Giovedi
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GENOVA
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Combattente)– 04100 Latina –
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Lecco – Tel.0341.364333 –
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FOGGIA
FROSINONE
GROSSETO
IMPERIA
L’AQUILA
LA SPEZIA
LATINA
LECCE
LECCO
LIVORNO
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MACERATA
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h.10-12
Galelria Leonardo da Vinci 4/1 - 54100
Massa – Tel.0585.44796
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MASSA-CARRARA
MILANO
MODENA
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NOVARA
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PADOVA
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Padova – Tel.049.652146
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Settimo) – 90138 Palermo –
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Via Cavour 28 (c/o UNUCI) – 43100
Parma – Tel.0521.233842
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da Lun. a Ven.
h.10-12
Via A. Gazzaniga 2 – 27100 Pavia –
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Località Pitigliano 25 – 06016 San
Giustino (PG) – Tel./Fax 075.8583470 –
Cell.339.3425888 [email protected]
Via dell’Arsenale 39 – 61100 Pesaro (PU)
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h.9-12
Cav.Uff. Angelo DI NATALE (*)
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Ven h.8.30-10.30
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Giovedì
Su appuntamento
Amm. Guido NATALE
Lun/Sab
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Tel.0523.711901
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PALERMO
PARMA
PAVIA
PERUGIA
PESARO E URBINO
PESCARA
PIACENZA
PISA
PISTOIA
PORDENONE
RAVENNA
REGGIO CALABRIA
REGGIO EMILIA
Via Venezia 17 – 56030 Cevoli di Lari (PI) Sig. Franco CITI (*)
– Tel.0587.686010
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Viale Italia 66 - 51100 Pistoia –
Tel.0573.22771 –
[email protected]
Via dell’Aviere 1 – 33170 Pordenone –
Tel.0434.361611
Mar.llo Giampiero MONTI
Sabato
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Sabato h.10-12 o su
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Tel.0544.61001
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Salita Cappuccinelli dir. Zag.8 – 89123
Reggio Calabria – Tel.0965.22046
Ten. Alberto CAFARELLI (*)
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Via D. Alighieri 7 (c/o EDILGEO) – Geom. Giuseppe RONCHETTI
42100 Reggio Emilia – Tel.0522435394 –
Cell. 348.1522406 – 348.6048054
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Via A. Ghepardi 70 – 02100 Rieti –
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RIMINI
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Venerdi
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ROMA
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Tel.06.4402555 – Fax 06.44266814
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m/
Via Levico 4 – 45100 Rovigo – Tel./Fax
0425.463350 – [email protected]
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h.8.30-13.30
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ROVIGO
SALERNO
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17100 Savona – Tel.019.850853 – Cell.
335.6606885
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Via Fossati 7 – 23100 Sondrio
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0744.549856
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Da Lun a Dom
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Mar/Gio
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Cav. Alberto VIDO
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C.F. Luca BELLONE de GRECIS
Da Lun a Ven
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Sig.ra Anna TRIMARELLI (*)
Da Lun a Ven
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Dott. Marcello GHIONE
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SIENA
SIRACUSA
SONDRIO
TARANTO
TERAMO
TERNI
TORINO
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Via Cosenza 193 – 91016 Casasanta (TP) - Cav.Uff. Giuseppe MASCARI (*)
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T.Col.pil.Dott. Francesco VOLPI
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TREVISO
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Via Stabernao 2 – 33100 Udine –
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UDINE
VARESE
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Venezia – Tel.041.5236028
Giovedi
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VERCELLI
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Largo Don Chiot 27/A – 37122 Verona – Gen. Amos SPIAZZI di CORTE REGIA
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VICENZA
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36100 Vicenza – Tel.0444.221238
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VITERBO
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Giustino (PG) – Tel./Fax 075.8583470 –
Cell.339.3425888 [email protected]
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Lun/Mer h.16-18.30
Gio h.9.30-11.30 e 16-18
Ven h.8.30-10.30
VERONA
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RECAPITI
IL NASTRO AZZURRO
Sabato
h.10-12
NOTIZIE IN AZZURRO - NOTIZIE IN
AZZURRO - NOTIZIE IN AZZURRO
L’AQUILA - FINALMENTE UNA SALA INTITOLATA AGLI EROI D’ABRUZZO
L’8 maggio 2008, una sala della caserma “De Amicis” sede del
Comando Militare Esercito Abruzzo” è stata intitolata ai decorati di
Medaglia d’Oro al Valor Militare d’Abruzzo. Dopo il taglio del nastro
effettuato dalla Signora Eugenia Sciorilli, figlia di uno dei 79 decorati
di Medaglia d’Oro ricordati nella manifestazione, è stata scoperta la
targa commemorativa dedicata agli eroi d’Abruzzo. La cerimonia è proseguita con la solenne benedizione della sala impartita dall’arcivescovo
Metropolita S.E. Rev.ma Giuseppe Molinari. Erano presenti l’onorevole
Franco Marini, le alte cariche politiche ed istituzionali della Regione, il
Presidente del Gruppo delle Medaglie d’Oro di Roma e alcuni dei familiari dei decorati.
MOSTRA STORICA SU “LA GRANDE GUERRA”
L’Associazione “Tracce di Storia”, allo scopo di offrire, soprattutto ai giovanissimi, l’occasione per una riflessione,
nella ricorrenza del 90° Anniversario della fine della Prima Guerra Mondiale, sull’orrore della guerra e sulla necessità
di un comune sforzo fra i popoli per una pace duratura, ha allestito la Mostra Storica, ricca d’importanti, rari e toccanti reperti, su “La Grande Guerra” tenutasi a Sant’Andrea Bagni, dal 30 maggio al 2 giugno 2008.
Nei padiglioni, sono esposti documenti significativi, uniformi militari originali, numerosi oggetti, non solo del combattere ma anche del vivere quotidiano in trincea, provenienti da noti Musei di Guerra come quello di Pejo o da prestigiose collezioni private, e suggestive fotografie d’epoca scattate sul fronte dell’Adamello, ad oltre 3000 metri di
quota, da uno dei protagonisti delle operazioni lassù, il Capitano Aldo Varenna di Monza.
IMOLA - IL MUSEO DELLA GUERRA DI CASTEL DEL RIO ACCOGLIE IL MATERIALE MILITARE DEL TENENTE COLONNELLO AURELIO BARNABÈ
Venerdì 16 giugno 2008 ha avuto luogo, presso il Museo della Guerra di Castel del Rio (BO), la cerimonia di donazione del materiale bellico del Tenente Colonnello dei Bersaglieri Aurelio Banabè, M.A.V.M e M.B.V.M. “sul Campo”,
Mutilato di Guerra, Combattente sul Fronte Jugoslavo (1941) e sul Fronte Russo (prima CSIR e poi ARMIR - 1942). In
una vetrinetta sono esposte le uniformi, la sciabola d’ordinanza, il cappello piumato e le decorazioni. A fianco un
busto in bronzo è circondato da alcune fotografie e sovrasta la bicicletta storica dei Bersaglieri. La cerimonia, fortemente voluta dal Bersagliere Claudio Gambizzi, ha registrato la presenza di parenti e amici e dei principali rappresentanti della sezione imolese dell’Associazione Nazionale Bersaglieri (dal Presidente Avv. Giuseppe Di Lorenzo, al
Vicepresidente Ermanno Morotti, al decano di sezione Guido Melli, al porta labaro Mirri) e, in uniforme, il Colonnello
Giovanni Bragagni con la consorte che hanno così voluto testimoniare l’affetto ai figli Mario e Paolo. “Il Nastro
Azzurro” ha pubblicato della storia del tenente colonnello Aurelio Barnabè sul n.° 1-2008 a pag. 8.
L’ASSOCIAZIONE “AMICI DEL MONTENEGRO” A MONTPELLIER E SANREMO
L’Associazione “Amici del Montenegro – ONLUS” ha dato corso al programma di due giornate dedicate al Popolo
Montenegrino: la prima si è aperta, il 21 Giugno 2008, con un pellegrinaggio a Montpellier sulla Tomba della Regina
Elena, nel Cimitero di Saint-Lazar, dove il comm. Benito Mereu, per il Circolo REX e il consigliere Marco Romano, per
l’Associazione “Amici del Montenegro”, hanno commemorato la figura della Regina Elena.
La giornata del 22 Giugno è stata dedicata al Montenegro, nel secondo anniversario della sua indipendenza.
Al gruppo di Roma si sono unite rappresentanze di: soci dell’Associazione “Amici del Montenegro”, del Gruppo
Savoia (Delegazione Provinciale di Imperia) e delle Guardie d’Onore alle Reali Tombe del Pantheon (Delegazione
Provinciale di Genova e Imperia).
Dopo la Divina Liturgia, svoltasi nella Chiesa Ortodossa di Sanremo, il corteo dei partecipanti, preceduto dalle tre
Bandiere e seguito dal Celebrante e dai cantori, si è recato nella cripta che ospitò fino al 1989 le Salme del Re Nikola
I del Montenegro, della Regina Mylena e delle Principesse Xenia e Vera, per la commemorazione funebre in memoria della Famiglia Reale del Montenegro e di Re Umberto II, che volle far restaurare la Cripta per dare degna sepoltura ai Reali del Montenegro.
Sulle note dell’Inno Sardo, molto amato dal Sovrano, è seguito lo scoprimento della targa e la lettura del testo
incisovi.
IL NASTRO AZZURRO
27
DA “BORBONE” A “GARIBALDI”: STORIA DELLA PRIMA
NAVE MILITARE AD ELICA COSTRUITA IN ITALIA
F
osche nubi si stavano addensando sul Regno delle Due Sicilie ma
Francesco II sembrava non accorgersene; tutto continuava sulla scia di
una lenta modernizzazione, specialmente delle strutture industriali.
Il regio cantiere navale di
Castellammare di Stabia lavorava alacremente e si stava già attrezzando
per la costruzione di navi in ferro.
Negli ultimi venti anni aveva varato
diverso naviglio militare tra cui: gli
avvisi Argonauta e Delfino (26 maggio 1843), la fregata Regina (convertita a vapore, 27 settembre 1840), le
piro-fregate da 10 cannoni (a ruota)
Ercole (24 ottobre 1843), Archimede
(3 ottobre 1844), Carlo III (1845),
Sannita (7 agosto 1846) ed Ettore
Fieramosca (14 novembre 1850), la
prima nave a possedere una macchina da 300
cavalli costruita a Pietrarsa. Il 5 giugno 1850 fu
varato il vascello Monarca da 70 cannoni, la più
grande nave da guerra costruita in Italia, convertita, dieci anni dopo, ad elica. Seguirono altre
unità, tra cui gli avvisi Maria Teresa (18 luglio
1854) e Sirena (9 novembre 1859) rispettivamente da 4 e 6 cannoni e la fregata Torquato Tasso
(10 cannoni, 28 maggio 1856). Le motrici provenivano non solo dalla Reale fabbrica di Pietrarsa,
ma anche da stabilimenti privati inglesi.
28
IL NASTRO AZZURRO
La pirofregata Borbone, progettata dal sottodirettore del cantiere navale Giuseppe De Luca e
impostata nel 1858, fu varata il 18 gennaio 1860.
Lo scafo era in legno con carena ramata,
aveva due ponti, una batteria coperta ed una
scoperta, tre alberi a vele quadre con rande alla
mezzana e bompresso, macchina motrice
Moodslay & Field a cilindri orizzontali, 4 caldaie
tubolari, una potenza di 1.041 cavalli su un’elica
che dava una velocità di 9 nodi; sul ponte il
fumaiolo era abbattibile per facilitare la navigazione a vela.
Il suo dislocamento a pieno carico
era di 3.980 tonnellate, le dimensioni
di 68,2 metri di lunghezza, 15,2 e 7,1,
metri di larghezza e di pescaggio.
L’armamento originale era costituito da 8 cannoni da 160 libbre con
canna rigata, 12 cannoni da 72 libbre
con canna liscia, 26 cannoni da 68 libbre con canna liscia e 4 cannoni da 80
libbre in bronzo a canna liscia montati su affusti.
L’equipaggio era formato da: 1
Capitano di Vascello al comando, 1
Capitano di Fregata, 5 Tenenti di
Vascello, 4 Alfieri di Vascello, 1
Contadore, 1 Cappellano, 2 Chirurghi,
2 Ufficiali cannonieri, 4 Piloti, 2 Ufficiali Real
Marina, 17 Sottufficiali di mare, 6 Timonieri, 370
Marinai, 10 Sottufficiali cannonieri, 70
Cannonieri, 10 Sottufficiali Real Marina, 86
Soldati reggimento R.M., 5 Macchinisti, 5 Alunni
macchinisti, 2 Maestri d’ascia, 3 Calafati, 2
Ferrari, 1 Bottaro, 2 Armieri, 3 Velieri, 1 Maestro
razione, 2 Dispensieri, 2 Cuochi, 1 Fornaro, 1
Sottonotatore, 20 Domestici.
Al varo parteciparono Francesco II e sua
moglie Maria Sofia di Baviera.
Si racconta che un personaggio del seguito
reale, in considerazione degli avvenimenti politici che stavano susseguendosi disse sommessamente ad un amico: “Chi sa quale bandiera porterà questa nave!”. Un cronista dell’epoca così
racconta il varo della fregata: “Compiuto in
tutte le sue parti il rito religioso, cominciarono
le operazioni del varo sotto il comando del chiarissimo
direttore
del
Genio
Marittimo, maresciallo onorario Cav.
Sabatelli. Nella esecuzione di ogni
cenno, in ogni manovra furono encomiabili la regolarità, l’energia, la
prontezza, gli armoniosi movimenti.
In tutto scorgansi gli effetti di un’alta disciplina, di una sagace attitudine
rispondente allo zelo illimitato con
cui secondo la sapienza del sovrano il
Real Vice Ammiraglio Principe D.
Luigi, ornamento eccelso ed anima
della Real Marina”.
Entrata in esercizio, l’unità,
durante lo sbarco di Garibaldi a
Marsala, era addetta alla crociera di
vigilanza delle navi della Marina napoletana
ancora fedeli ai Borboni, nella zona tra Messina
e Punta Faro. La nave ebbe un primo scontro a
fuoco con la batteria di Punta Faro e con la corvetta a ruote Turkory (ex Veloce che il comandante Anguissola aveva consegnato a
Garibaldi). Durante il bombardamento un colpo
di cannone aprì una falla al galleggiamento,
costringendola a riparare a Siracusa.
Riparata, si riunì il 4 settembre alla
Squadra davanti a Salerno e, il 7 settembre, all’ingresso di Garibaldi a
Napoli, ammainava la vecchia bandiera per issare sul pennone il vessillo tricolore.
Incorporata nella Regia Marina il
9 settembre 1860, prese il nome di
Garibaldi e partecipò, nel 1861,
all’assedio di Gaeta al comando di
Eduardo D’Amico (successivamente
deputato e cittadino onorario di
Castellammare di Stabia).
Il 2 gennaio 1861 giunse con la
Squadra nelle acque di Gaeta, ancorando tra Mola di Gaeta e Castellone. Partecipò
al fuoco del 22 gennaio contro le batterie di
Ponente e di punta Stendardo. La notte tra il 5
ed il 6 febbraio bombardò la breccia provocata
nelle mura della fortezza dall’esplosione della
polveriera S.Antonio.
Per tali operazioni, così motivate: “Per essersi
distinto durante il blocco e l’assedio della fortezza di Gaeta”, furono premiati con Medaglia
d’Argento al Valor Militare i seguenti componenti l’equipaggio dell’unità: S.T.V. Giovanni
IL NASTRO AZZURRO
29
Cafora, G.M. Giulio Coscia, Sott.te Fanteria Real
Marina Emilio Daneo, Luog.te di Vascello di 2a
classe Giovanni Degli Uberti, G.M. Roberto De
Luca, G.M. Francesco Grenet, S.T.V. Federico
Guarini, G.M. di 1a classe Teodoro Milon, S.T.V.
Giuseppe Palombo, G.M. Luigi Palumbo, S.T.V.
Reg.mo Real Navi Giò Maria Fossi e Giò Battista
Gajone.
Ancona era rimasta l’ultimo caposaldo dei
pontifici ed austriaci. Lì si recò la flotta sarda
comandata dall’ammiraglio Persano. La flotta
bombardò la fortezza fino alla capitolazione
Cesare Romano, Luog.te di Vascello di 2a classe
Cesare Sanfelice, 2° Macchinista Luigi Stammati,
Pilota di 2a classe Raffaele Trapani, 1°
Macchinista Edoardo Vallace, Luog.te di Vascello
di 2a classe Ernesto Viterbo. A bordo della nave
era imbarcato, con il grado di luogotenente di
vascello, Ruggero Emerich Acton che, per il suo
eroico comportamento tenuto nell’azione condotta dall’unità contro il Torrione francese della
fortezza di Gaeta, fu insignito della Croce di
Cavaliere dell’Ordine Militare di Savoia. La nave
partecipò successivamente – febbraio 1861 all’assedio di Ancona ove furono conferite
Medaglie di Bronzo al Valor Militare “Per essersi distinto durante le operazioni del blocco di
assedio della fortezza di Ancona” ai Soldati del
dell’intera guarnigione. Caddero in mano all’esercito regio 4 navi da guerra a vapore e 6 da
trasporto.
Nel 1862, dopo alcuni lavori, passò alla
Squadra d’Evoluzione e destinata alla crociera di
vigilanza intorno alla Sicilia. Ironia della sorte,
durante la sortita che Giuseppe Garibaldi fece
per liberare Roma, sbarcando in Calabria con un
migliaio di uomini, la nave combattè contro il
generale che portava il suo nome. Il generale
Garibaldi fu imprigionato sulla pirofregata Duca
di Genova e portato al forte di Varignano alla
Spezia, mentre la nave Garibaldi, trasportò i
garibaldini prigionieri sul piroscafo Italia e lo
rimorchiò da Gaeta a La Spezia.
Il Garibaldi nel 1864 venne inviata a Tunisi
per proteggere i nostri connazionali.
Nel 1866 prese parte al bombardamento di Porto San Giorgio e partecipò alla battaglia di Lissa; qui dopo
aver sparato 46 colpi di cannone, raggiunse Ancona per poi essere inviata
a Palermo. Dopo essere stata messa in
disarmo, fu trasformata in corvetta
veloce ed attrezzata per effettuare
un viaggio di circumnavigazione del
globo.
Partita da Napoli nell’ottobre del
1872, al comando del C.V. Andrea Del
Santo e con a bordo il G.M. Tommaso
di Savoia, duca di Genova, toccò
Gibilterra, Rio de Janerio, doppiò il
30
IL NASTRO AZZURRO
Capo di Buona Speranza, raggiunse l’Australia,
le Fiji e il Giappone nell’agosto del 1873. Dopo
circa due mesi, partì per raggiungere San
Francisco e da lì i porti del Messico e
dell’America Centrale. Fu a Callao, a Valparaiso,
doppiò il Capo Horn e fece sosta a Montevideo,
da lì salpò per l’Italia, raggiungendo La Spezia il
22 ottobre 1874. Percorse 55.875 miglia di cui
53.183 a vela.
Dal 1879 al 1882, al comando del C.V.
Costantino Morin, salpando da Napoli, effettuò
una seconda circumnavigazione, durante la
quale partecipò ad azioni di difesa delle comunità italiane nell’America Latina, dette asilo alla
colonia italiana ed austriaca di Suez e, nonostante la navigazione nel canale fosse sospesa, lo
attraversò ugualmente seguita da navi di varia
nazionalità. Rientrò l’8 agosto 1882 dopo aver
percorso 42.000 miglia.
Nel 1883 subì importanti modifiche e fu assegnata alla Forza Navale del Mar Rosso, partecipando alla difesa di Massaua. Trasformata successivamente in nave ospedale, il 16 febbraio
1894 fu ceduta all’amministrazione dell’Eritrea e
radiata dal quadro del Naviglio dello Stato assumendo il nome di Saati.
Comandati:
10.07.1860 – 06.08 1860
06.08.1860 – 07.09.1860
08.09.1860 – 17.09.1860
20.09.1860 – 24 .11. 1860
24.11.1860 – 01.05.1861
01.05.1861 – 12.05.1862
12.05.1862 – 03.02.1863
16.03.1863 – 03.08.1863
03.08.1863 – 23.03.1864
16.04.1864 – 25.11.1864
01.04.1866 – 21.12.1866
30.10.1872 – 01.11.1874
01.06.1877 – 15.01.1878
15.04.1879 – 08.08.1882
30.07.1884 – 14.12. 1884
14.12.1884 – 24.12.1885
24.12.1885 – 13.05.1886
13.05.1886 – ………....
……...….. – ……...…
………… – 14.07.1889
14.07.1889 – 04.10.1889
Le fu assegnato tale nome a ricordo dell’eroica resistenza opposta dall’avamposto di Saati,
località vicino a Dogali, ove sei anni prima due
compagnie di fanteria, integrate da circa 300
indigeni, avevano respinto 10.000 guerrieri guidati dal ras Alula.
Per la sua attività di nave ospedale stazionario a Massaua ed ad Assab, fu sbarcato l’armamento, il ponte fu ricoperto con una struttura di
protezione, gli ambienti interni furono adattati
a locali di ricovero, con circa 200 posti letto,
ambulatori, attrezzature ospedaliere, comprensive di un laboratorio di analisi. Utilissima per il
ricovero dei numerosi soldati colpiti da malattie
tropicali, la nave si rivelò essenziale come punto
di riferimento, specialmente chirurgico, al
momento della sfortunata battaglia di Adua che
vide affluire a Massaua un elevato numero di
combattenti feriti.
La nave fu messa definitivamente in disarmo
nel 1899 e demolita.
Antonio Cimmino
(Vicepresidente A.N.M.I. di Castellammare di
Stabia)
C.V. Napoleone Scrugli
C.V. Carlo Flores (C.F. Ferdinando Acton “ad interim”)
C.V. Carlo Alfonso Barone
C.V. Giuseppe Piola
C.V. Eduardo d’Amico
C.V. Enrico di Brocchetti
C.V. Evaristo del Carretto
C.V. Guglielmo Acton
C.V. Emilio Fàà di Bruno
C.V. Guglielmo Acton
C.V. Ruggiero Vitagliano
C.F. Andrea del Santo
C.V. Augusto Conti
C.V. Enrico Costantino Morin
C.F. Secondo Guglielminetti
C.V. Federico Bertone di Sambuy
C.V. Francesco Chigi
C.V. Secondo Guglielminetti
C.V. Carlo Grillo
C.F. Napoleone Coltelletti
C.F. Emanuele Giustizi
IL NASTRO AZZURRO
31
UNA TRAGEDIA IN MARE IGNORATA
DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE
I
l mare è un nemico naturale definito “affascinante e traditore come una bella donna”, può
trasformarsi in un mostro preistorico pronto ad
inghiottire navi ed esseri umani.
Durante il secondo conflitto mondiale, il mare
ha accolto, nel loro eterno riposo, nella culla delle
proprie profondità tanti uomini. Questa enorme
estensione di acqua salata copre la maggior parte
della superficie terrestre, custodisce il segreto
della morte di migliaia di soldati italiani prigionieri.
Le notizie custodite dagli archivi della Marina,
sono scarse e si riferiscono solo ad alcune vicende;
notizie avare di particolari ma sufficienti, tuttavia, ad illustrare uno degli aspetti più atroci della
prigionia di guerra e dell’internamento.
Il 17 novembre 1942 il piroscafo Laconia, una
nave inglese armata adibita al trasporto truppe,
veniva silurata in pieno Oceano Atlantico, 250
miglia a Nord-Ovest dell’isola di Ascensione, dal
sommergibile tedesco U 156. A bordo, oltre a
militari inglesi, donne e bambini, c’erano 1.500
soldati italiani catturati in Africa Settentrionale,
Una piccola parte dei naufraghi poté essere salvata da altri sommergibili germanici prontamente
accorsi, ed una altra modesta aliquota con scia-
32
IL NASTRO AZZURRO
luppe di salvataggio trainate dallo stesso U.156.
Purtroppo, in successioni di tempo, si abbatté su
questo lento convoglio la furia di 2 bombardieri
non identificati, con ulteriori perdite di vite
umane; pressoché ignoto il numero delle vittime
italiane.
In seguito a questa azione dei bombardieri,
l’ammiraglio Doenitz, comandante della Marina
tedesca, emanò una direttiva soprannominata
“LACONIA” inerente il divieto per i sommergibili
tedeschi di adoperarsi al salvataggio dei superstiti delle navi affondate: per questo verrà chiamato
a risponderne al processo di Norimberga.
L’episodio della nave “Laconia” non può non
far tornare alla mente quanto ebbe a verificarsi
nel Mediterraneo Orientale dopo l’armistizio
dell’8 settembre, da ricordarsi che su ben 32 isole
dello scacchiere Egeo e cioè
Dodecaneso, già possedimento italiano dal 1932, le Sporadi e le Cicladi
occupate dopo la campagna di Grecia
nel 1941, erano schierate 2 Divisioni di
fanteria, 4 Raggruppamenti di artiglieria, supporti vari per una forza di 63
mila uomini. Erano schierati come
truppe antisbarco contro un possibile
sbarco alleato, altri 22 mila uomini
erano attestati a Rodi, Scarpanto e più
a Sud a Creta. Aggrediti dopo l’8 settembre dagli ex alleati tedeschi e disarmati, furono avviati via mare verso i
Lager in Germania. Nel periodo settembre 1943 - marzo 1944 vennero
affondate dagli alleati, secondo fonti germaniche, 13 navi cariche di prigionieri italiani: morirono ben 26.694 uomini.
La seconda guerra mondiale, a differenza della
prima, è stata “cancellata” dalla memoria collettiva come un’esperienza da dimenticare. In effetti, ancora oggi, tutto ciò che riguarda il secondo
conflitto mondiale costituisce per le generazioni
che non l’hanno vissuto, un’esperienza da dimenticare. Uno degli aspetti poco conosciuti riguarda
le tristi variegate vicende dei prigionieri italiani, a cominciare da quelle
delle migliaia di soldati inghiottiti da
un mare spietato.
Non ci vuole molta fantasia per
immaginare lo stato d’animo di quegli
esseri umani rinchiusi nella stiva di una
nave, nei pochi attimi precedenti la
morte per annegamento.
Orbene, il tempo è un medico pietoso ed è comprensibile anche se non
giustificabile che a distanza di circa 60
anni dagli avvenimenti si sia restii a far
rivivere certe esperienze. Eppure tutte
le vicende del secondo conflitto mondiale dovrebbero essere ricordate al fine di porre in evidenza
che i nostri soldati hanno sempre fatto il loro
dovere, operando spesso in condizioni avverse,
tali da suscitare sovente l’ammirazione dell’avver-
sario. Molti di essi furono traditi da una sorte crudele, come prigionieri sepolti in mare la loro
morte fu simile a quella di tanti marinai. Agli uni
ed agli altri si addice il triste verso di una canzone
tedesca:
“Sulla tomba del marinaio non fioriscono le
rose”.
Gloria e ricordo agli sfortunati compagni.
Roberto Stocchi
P.S.: da ricordare inoltre che a Cefalonia, i
superstiti della feroce rappresaglia vennero
imbarcati su due navi che, mentre li stavano conducendo alla terra ferma per il successivo viaggio
verso i lager, incapparono in un campo minato ed
affondarono con il loro carico umano: circa 5.000
uomini.
IL NASTRO AZZURRO
33
L’ELICOTTERO PARLA BARESE
CHI HA INVENTATO L’ELICOTTERO?
A
lla domanda del sottotitolo non sono
pochi
quelli
che
rispondono attribuendone la
paternità al grande Leonardo
che, nel 1453, tracciò nel
“Codice Atlantico” uno schema universalmente noto
come “elicottero”.
I più informati ed in genere quanti per professione si
occupano
di
aviazione,
rispondono facendo il nome
dell’ingegnere e pioniere di
aeronautica Enrico Forlanini
(Milano 1848, Milano 1930) 1
che presentò, nel 1877, il primo modello di elicottero
azionato da un motorino a vapore, di cui sia stato
accertato il sollevamento a 13 metri dal suolo.
Su questo punto tutte le Enciclopedie, o almeno
quelle che mi sono capitate sottomano, concordano
ma, a mio parere, mutuato dallo storico Vito Antonio
Melchiorre (“Storie di Bari”- Adda Editore 2001), l’invenzione vera e propria, e per la precisione il brevetto,
è da attribuire ad un cittadino barese, tale Gaetano
Granieri 1862-1930, che emigrò in Francia a 34 anni, e
vi brevettò “un apparecchio aereo dirigibile, applicabi-
le all’industria, avente lo
scopo di rimpiazzare gli aerostati”.
Il brevetto (n.254194),
conseguito nel 1896 a
Marsiglia, suscitò la curiosità
e l’interesse della “Union des
inventeurs”, della “Societè
des inventeurs modernes” di
Parigi, e del “Bureau des brevets” che offrirono all’inventore la collaborazione per la
diffusione e la realizzazione
dell’apparecchio, non solo in
Europa, ma anche negli Stati
Uniti.
Ma Granieri, per quanto
geniale in meccanica ed in altri campi 2, era piuttosto
ingenuo e sprovveduto negli affari. Egli non dette
alcun peso alle allettanti proposte ricevute perché sperava di cedere il brevetto all’Italia.
Ma come è accaduto tante altre volte,
la Patria ingrata non ascoltò o non volle
apprezzare il nobile gesto.
Alla morte di Granieri il brevetto passò
nelle mani del figlio Amleto che, ancor più
sprovveduto ed inesperto del padre, altro
non fece che incollare il brevetto su una
tavoletta di legno per farne bella mostra su
una parete. Egli continuò a mostrare orgoglioso il prezioso documento agli amici,
quasi a dimostrare la gloria paterna, senza
però ricavarne alcun utile. Amleto fu anche
invitato da Enzo Tortora a mostrare in televisione (nella trasmissione “Portobello”) il
brevetto paterno, ma vi rinunciò per motivi di salute.
Alla sua morte questa testimonianza
andò perduta ed ora, a ricordare questo
figlio di Bari che, come tanti altri, con la
sua creatività dette lustro alla Sua città ed all’Italia,
resta solo una strada in una delle zone più periferiche:
il quartiere S.Paolo; quasi nessuno però saprà dirVi perché questa strada gli fu dedicata.
Gen. Giuseppe Picca
(Presidente delle Federazione di Bari)
1
Enrico era il fratello del medico garibaldino Carlo Forlanini (Milano 1848 – Nervi 1918) che ebbe fama internazionale per
l’invenzione dello pneumotorace artificiale.
2
Granieri si dedicò con successo alla scultura, eseguendo molti lavori, in legno, cartapesta e stucco. Insieme a Duretti e
Piccinni realizzò alcune opere per il teatro Petruzzelli di Bari, e si dedicò con successo alla poesia dialettale barese (“la fine
du munne e u gedizzie universale” dal 1912, “versi dialettali baresi” del 1924, ecc).
34
IL NASTRO AZZURRO
DELLA STORIA DI PRATICA DI MARE
Q
uell’area che ha il confine interno verso i
Colli Albani e quello esterno verso il
mare, che fa parte della zona Pontina,
ricca di preistoria di leggende e della storia di cui
si parla e non si parla, come quella di Romolo e
Remo, di ricordi infantili: al vertice superiore di
quel triangolo c’è Pratica di Mare, oggi grandissimo aeroporto militare intitolato a Mario De
Bernardi, asso dell’aviazione. All’interno del
borgo si trova un grazioso agglomerato agricolo
circondato da un muro con un magnifico portale
d’ingresso, con il suo bravo palazzo gentilizio di
un ramo dei Principi Borghese e, nel bel mezzo,
una graziosa chiesetta da consigliare per i matrimoni. Una volta c’era pure un ristorante “La
Sabba delle Streghe”.
Dentro quest’area c’è tutto il mondo antico, il
fantasioso, il vecchio, la leggenda, la storia lontana, quella vicina e quella a memoria dell’uomo.
Adesso Pratica di Mare è diventato, dopo il summit dei capi di stato, da luogo poco noto, la svolta della storia.
Pratica di Mare vanta con Ardea una storia
lunga 10.000 anni, già popolata dai sudditi del re
Turno, re dei Rutuli, situata su un’acropoli e oggi
sede del museo del grande scultore Manzù, che lì
amava vivere e lavorare. Limitrofo ad Ardea c’è
Pomezia, altro luogo redento alle malariche e
micidiali paludi, che ha per frazione Pratica di
Mare. Pomezia con le altre città redente quali
Aprilia, Sabaudia, Latina, Pontinia, con i vari bor-
ghi dai nomi delle battaglie della
Grande Guerra, Borgo Trento, Borgo
Hermada, Borgo Piave e altri nomi gloriosi: città e borghi nati e sorti dalle
mortifere paludi. Quello che non riuscì
a 72 imperatori Romani e a 240
Pontefici, riuscì in soli 18 mesi ad un
certo Benito Mussolini con l’aiuto di
20.000 veneti i quali, con il sudore e la
volontà, strapparono quelle terre alla
morte civile. Oggi Pomezia e Latina
sono città moderne ed attive, di altissimo livello e formano uno dei più
importanti poli industriali d’Italia.
La storia sta anche sul versante dei
Colli Albani: l’antica Albalonga, dov’è
la tomba degli Orazii e dei Curiazi; tra
Pratica di Mare e Tor San Lorenzo c’è
la tomba di Enea, dalla cui stirpe vennero Rea Silvia, Romolo e Remo, e di
questo fa fede il nostro maggior poeta Virgilio
che ricostruì per sempre le nostre origini: Virgilio
il cantore dei campi e degli eroi ai quali, come
Ippocrate sta alla medicina e Vitruvio all’architettura, essi sono memorie nelle memorie. La leggenda di Enea, di Lavinia, di Eurialo e Niso, di
Turno, che morì di ferule (per la rima), e ce lo conferma anche il sommo Dante che è allievo di
Virgilio.
Per tornare ai tempi nostri, nel 1944 a Campo
di Carne (vicino Anzio) ci fu una delle più sanguinose battaglie per la difesa o “liberazione di
Roma” che durò ben quattro mesi e mezzo. Non
avrebbe dovuto aver luogo perché, all’atto dello
sbarco, fra Anzio e Roma non c’erano truppe a
contrastare. Agli americani mancò l’audacia e
non fecero quell’avanzata che non sarebbe costata nulla. Invece prevalse la paura che costò ben
40.000 morti da ambo le parti. Quel generale
americano così prudente è ricordato dai posteri
come fumatore di pipa fatta con una pannocchia
di granturco: c’è di meglio nella storia di un combattente! Per contro, c’è la fulgida storia dei
Marò e dei paracadutisti della Nembo e della gloriosa X Flottiglia MAS, che avendo alle spalle
Roma e la sua straordinaria storia, la difesero con
le unghie e con i denti.
GLORIA ETERNA A QUEGLI EROI SULLA ACROPOLI DI ARDEA UNA LUNGA LAPIDE INFORMA I
POSTERI DELLE LORO GLORIOSE GESTA
Roberto Stocchi
IL NASTRO AZZURRO
35
TI SALUTO MIO VECCHIO IDROVOLANTE!!!
(dall’“Unione Sarda” del 27 febbraio 1959 - Antonio
Ballerò)
C
aro vecchio CantZ.506, ti saluto. Per l’ultima
volta, sussultando a fior d’acqua sull’immoto stagno, hai spiccato il volo, hai solcato il cagliaritano cielo, nessuno forse ha udito il tuo rombo nella città
ossessionata dai rumori, abituata adesso ai laceranti
sibili dei reattori, ed il tuo ultimo rombo, fievole e faticoso come un rantolo, si è perduto.
Vi era un cielo grigio ieri, di nubi rasenti terra, triste
ed insolito, e tu, partendo, devi aver provato un accoramento infinito, una cocente pena non solo per il definitivo addio alla lagunare riva, ma per la desolazione
del congedo, solitario e silenzioso, sbrigativo e inavvertito, senza neppure la carezza del sole che ti era amico
fedele e abituale, della città tutta sole quando luccicavi nello spazio di cobalto librandoti candido sulle terrazze, sulle cupole, sulle torri.
Neppure la carezza del sole, caro vecchio idrovolante CantZ.506, ed io ti saluto, unisco il mio singhiozzo a
quello dei tuoi motori, rispondo con il mio addio al tuo
addio melanconico, appena un sussurro, nel chiuso e
freddo cielo di febbraio, subito soffocato dalla cortina
delle nere nuvole.
36
IL NASTRO AZZURRO
Vecchio velivolo del tempo che fu, alla spezzata
gomena, laggiù, sull’approdo, dove l’acqua è compatta
di cristallo e dove il vento s’acqueta impotente soltanto un poco schiumando le piccole onde, invisibili fili
annodano i ricordi, gli anni ancora giovani e speranzosi non si insinuano nella raccolta ansa dello stagno; i
brevi vialetti fioriti, non si spalancano, le vetrate dalla
veranda del ristorante: stando a tavola, consumando la
colazione prima della partenza, lo sguardo ti cercava al
di la del sentiero, sull’orlo della piatta banchina. Tu
attendevi all’ormeggio, dondolante nel dondolio del
flusso e riflusso, quanti episodi, lieti e tristi, quanti
commiati: da dietro l’oblò, talvolta, ci sorrideva la
ragazza dai capelli di fuoco, agitando la mano inguantata, un lembo della sciarpa in lotta con il vento, forse
una impercettibile lacrima sul ciglio.
La ragazza non riveduta, condotta lontano da te,
vecchio CantZ, un giorno. Quante perdute visioni e sensazioni e speranze e chimere e gioie e angosce, tutta la
nostra giovinezza quasi e quasi tutta la nostra incipiente maturità, lungo rosaio di anni, recitato grano a
grano, tutta una vita trascorsa, che pare tanto lontana,
e addirittura impossibile che sia stata vissuta, mentre
volavano gli idrovolanti, mentre tu saltavi quotidianamente il Tirreno fosso dall’una all’altra sponda, caro
vecchio idrovolante
In una Cagliari tranquilla, dimessa, magari felice,
con i primi impulsi di espansione, il primo dilatarsi edilizio, le prime case di S. Benedetto. La Cagliari della via
Roma con il triplice viale alberato ed il giocondo canto
dei passeri, del caffè Torino con le abat jours e l’orchestra, delle veglie al circolo militare, della bianco-azzurra rotonda del Lido, degli avanguardisti in corteo e dei
comunicati federali in neretto maiuscolo nel capo cronaca del giornale.
I portici, tra la Rinascente e l’Olimpia, brulicavano di
ufficiali inseparabili corteggiatori delle immancabili
passeggiatrici in lunghe e svolazzanti vesti sino alla
caviglia e il cappellino a casco sugli occhi, il treno del
Poetto rimpizzava la folla balneare, le vetturette dai
terrazzini in ferro battuto, le navi da guerra in rada
proiettavano sul cielo notturno le incrociate luci dei
riflettori, le sale del Miramare accoglievano le nobildonne per il tè delle cinque.
L’opera al Civico e l’operetta al Politeama avevano
sempre il loro folto pubblico: l’eccellenza il Prefetto era
la primissima autorità ed ambiti i ricevimenti della gentile consorte, il tram arrancava a fatica per la via
Manno, il giornalaio del largo Carlo Felice spingeva il
suo bancone a rotelle, il mercato del pesce diffondeva
attorno i suoi miasmi, si andava al cinema da
Benvenuto, il biglietto di ingresso costava 2 lire e venticinque centesimi.
Tu volavi su questa Cagliari così fatta,
mio vecchio CantZ. Tu eri l’avvenire, il tangibile segno di progresso, portavi i giornali
e la posta e consentivi di essere a Roma in
due ore senza il travaglio del treno e del
vapore: eri l’emblema della fiorente aviazione, il degno rappresentante degli idrovolanti che stupivano il mondo con l’impresa di Balbo. Tu volavi sulla Cagliari tranquilla, dimessa, forse felice.
Continuasti a volare negli anni che
seguirono, quando le fanfare accompagnavano alle calate del porto le truppe in par-
tenza per l’Africa, quando dalla vicina
Spagna giunse l’eco della cruenta rivoluzione, quando ancora, offuscandosi l’orizzonte sulla tormentata Europa, anche in
Cagliari echeggiò l’annuncio del 10 giugno, mio vecchio CantZ, rammenti?
Cominciarono le doloranti giornate, le
euforie alternate alle delusioni, le vittorie
alle Sconfitte, le verità alle bugie. Tu continuasti a volare, poi caddero le bombe,
scomparve la città ingoiata dalla voragine
di polvere, si dissestò l’atterrita gente per
le romite contrade, per gli ascosi villaggi, in
cerca di difesa sui litorali.
Tu continuasti a volare.
Minaccioso si profilava l’isolamento
completo: ferme le navi, invalicabile il
mare.
Per molti, come per me, già avanza l’età canuta e
fan spavento i recentissimi bolidi. Tu eri diverso: con il
tuo dondolio, con la tua fragilità, davi fiducia, davi speranza. Si pensava sempre, racchiusi dentro la tua fusoliera, che spegnendosi d’improvviso il motore, all’improvviso verificarsi di un’avaria, ti saresti posato docile
sull’acqua, avresti galleggiato sull’acqua simile ad un
gabbiano quando cerca riposo dopo la fatica del volo.
Era una illusione, soltanto una illusione, ma ci
accompagnava sempre.
Si, vecchio idrovolante, di tè non si aveva timore. Eri
l’amico, con noi cresciuto, al nostro fianco vissuto, e
assieme avviati sulla stessa strada, insieme si andò: la
gioia del primo volo a venti anni e la felicità di quello
nunziale, l’orgoglio per le ardimentose imprese e la
commozione per gli olocausti, la consapevolezza del
creativo progresso e la speranza di un migliore avvenire, sono le principali tappe del tuo e del nostro cammino nella familiare e patria vicenda.
È un’intera vita, tanti e tanti anni, dalla giovinezza
alla maturità, e rievocandola, un nodo stringe la gola.
Addio, vecchio idrovolante, lo so che questo mio
saluto ti sarà particolarmente caro perché è stato spontaneo alla notizia della tua partenza, perché è sincero
e sentito, e perché, soprattutto, non è esclusivamente
un mio saluto. Non è soltanto il mio saluto...
IL NASTRO AZZURRO
37
BELLA INIZIATIVA A MONTEVARCHI
I
l Comune di Montevarchi (AR) e la Federazione
Provinciale dell’Istituto del Nastro Azzurro di Arezzo,
con l’adesione del Presidene della Repubblica, il quale
ha voluto destinare una targa in argento agli eventi della
giornata, ed il Patrocinio del Senato della Repubblica,
della Camera dei Deputati, della Presidenza del Consiglio
dei Ministri, del Ministero degli Affari Esteri, del Ministero
della Difesa, dell’Associazione Nazionale Comuni Italiani,
della Regione Toscana e della Provincia di
Arezzo, hanno celebrato, sabato 18 ottobre
in Montevarchi, la “Giornata del Ricordo in
Memoria dei Caduti nelle Missioni Umanitarie
di Pace”, in collaborazione con la Presidenza
Regionale dell’Associazione Bersaglieri e la
Parrocchia di S. Maria a Ricasoli.
Per l’Istituto del Nastro Azzurro, presenti
le Federazioni di Arezzo, Siena, Pistoia e
Grosseto.
La manifestazione prende spunto dall’eccidio, avvenuto l’11 novembre del 1961 a
Kindu nell’ex Congo belga, di tredici aviatori
italiani inquadrati nel contingente di caschi
blu dell’ONU inviato a ristabilire l’ordine nel
paese sconvolto dalla guerra civile. I tredici
militari italiani formavano gli equipaggi di
due C-119, bimotori da trasporto conosciuti
come “Vagoni volanti”, della 46^ Aerobrigata
di stanza a Pisa, che operavano nella zona con
missioni a prevalente scopo umanitario. Da alcuni anni la
Giornata del Ricordo è stata allargata a tutti coloro che
sono stati uccisi durante le operazioni di pace e di assistenza umanitaria.
La “Giornata” ha avuto inizio negli storici saloni della
ex filanda di Montevarchi dove in apertura il socio azzurro Cavalier Alfio Coppi ha dato lettura dei Messaggi inviati da numerose Autorità Istituzionali tra le quali la
IL “CENTRO DI DOCUMENTAZIONE, RICERCA E MEMORIA SULLE MISSIONI UMANITARIE
DI PACE”
In occasione della celebrazione con la quale Montevarchi
ricorda annualmente i caduti durante le missioni umanitarie di
pace per garantire la civile convivenza tra i popoli, quest’anno ha
avuto luogo anche la presentazione del progetto per la
costituzione e realizzazione, nella vecchia scuola della frazione di
Ricasoli, del “Centro di documentazione, ricerca e memoria sulle
missioni umanitarie di pace”.
Nello splendore della Sala della Filanda alla Ginestra, alla
presenza di parlamentari, rappresentanti delle Istituzioni, della
Regione Toscana, dello Stato Maggiore dell’Esercito, dell’Aeronautica, della Marina e dei Carabinieri, dell’Ordinariato Militare d’Italia, delle Infermiere Volontarie della CRI,
delle Province e Città capoluogo della Toscana, dei Comuni di nascita dei Caduti di Kindu, dei familiari dei Caduti, di
Associazioni Nazionali, l’ingegner Rita Dabizzi, dell’Ufficio Lavori Pubblici
del Comune di Montevarchi ha presentato il progetto del “Centro
Nazionale di Documentazione Ricerca e Memoria sulle Missioni
Umanitarie di Pace” istituito, presso la vecchia scuola ormai in disuso
della frazione di Ricasoli, con delibera del Consiglio Comunale n° 113/07.
Nell’ex edificio scolastico sarà realizzata una biblioteca, una sala
conferenze, un archivio ed una foresteria per poter ricercare,
documentare, studiare e far memoria dell’impegno di civili e militari
durante le missioni umanitarie di pace all’estero. Nel resede della
scuola sarà realizzato il Parco della Memoria in ricordo dei Caduti nelle
missioni di pace.
La scuola di Ricasoli fu intitolata nel 1962 alla memoria dei 13
aviatori italiani trucidati a Kindu, nell’ex Congo Belga sconvolto dalla
guerra civile, durante una missione umanitaria per conto dell’ONU ed
in ricordo fu posto il bassorilievo “Carità – Maternità”, opera dello
scultore Remo Gardeschi.
38
IL NASTRO AZZURRO
IL PROGRAMMA DELLA LA MANIFESTAZIONE
La “Giornata del ricordo dei Caduti durante le missioni umanitarie di Pace” ha avuto quattro momenti diversi, molto
intensi e particolari:
- al mattino si è tenuta la celebrazione ufficiale nello splendore della Sala Conferenze della “Filanda della Ginestra” alla
presenza delle autorità civili, militari, delle scuole e del mondo associativo della città;
- nel primo pomeriggio alle ore 15.00 Chiesa di S. Maria a Ricasoli, sita nell’omonima frazione Ricasoli, il Vicario
Episcopale Mons. Giorgio Nencini dell’Ordinariato Militare d’Italia ha celebrato la S. Messa in ricordo dei Caduti,
con la partecipazione del Coro Alpino “Su Insieme”;
- alle ore 16,00 è stata la volta della cerimonia commemorativa al monumento dei caduti di Kindu e della consegna
degli attestati agli ex studenti della scuola di Ricasoli dell’anno 1962, promotori della prima Giornata del Ricordo in
memoria dei Caduti di Kindu, alla presenza della fanfara dei bersaglieri;
- alle ore 18.00 presso l’Auditorium Comunale si è tenuto il concerto del Coro “Su Insieme” dell’Associazione
Nazionale Alpini di Firenze. I cittadini hanno partecipato numerosi.
Particolarmente significativa la manifestazione del mattino, durante la quale ha avuto luogo la presentazione del
progetto per la costituzione e la realizzazione, nella vecchia scuola della frazione di Ricasoli, del “Centro di
Documentazione, Ricerca e Memoria sulle Missioni Umanitarie di Pace”.
Presidenza della Repubblica, che ha reso noto come il
Presidente Napolitano abbia espresso “vivo apprezzamento per l’iniziativa che ricorda quanti hanno perso la vita
nel nome degli ideali di solidarietà e pace tra i popoli”, e
dal Presidente della Camera dei Deputati On. Gianfranco
Fini, che ha apprezzato “vivamente l’iniziativa, che trae
significativamente ispirazione dal sacrificio dei tredici aviatori italiani del contingente delle Nazioni Unite”.
Successivamente, il Presidente della Federazione di Arezzo
dell’Istituto del Nastro Azzurro, Stefano Mangiavacchi,
dopo aver letto il messaggio del Presidente Nazionale
dell’Istituto Comandante Giorgio Zanardi, ha illustrato le
motivazioni e l’alto valore morale della celebrazione e del
progetto per la realizzazione nella ex scuola di Ricasoli del
“Centro Nazionale di Documentazione, Ricerca e Memoria
sulle Missioni Umanitarie di Pace”. Ha poi preso la parola
il Sindaco della Città, Giorgio Valentini, il quale ha sottolineato l’importanza e gli scopi del “Centro”. Si sono succeduti negli interventi il Generale di Divisione Marco
Cappellini, in rappresentanza del Capo di Stato Maggiore
dell’Esercito, Monsignor Giorgio Nencini in rappresentanza dell’Ordinario Militare d’Italia, Enzo Brogi per la Giunta
Regionale Toscana, Mirella Ricci Vice Presidente della
Provincia di Arezzo, Sorella Ilaria Sebregondi Ispettrice
Regionale delle Infermiere Volontarie della Croce Rossa
Italiana.
Nella sala erano presenti i rappresentanti e i Gonfaloni
della Regione Toscana, delle Province di Arezzo (MOVM),
di Pisa e di Grosseto; dei Comuni di Arezzo, di Bucine
(MOVC), di Terranuova Bacciolini, di Pergine, di
Montevarchi, di Mirabello (FE), Comune di nascita della
MOVM Giorgio Monelli Caduto a Kindu, di Montefalco
(PG) Comune di nascita della MOVM Nazzareno
Quadrumani, Caduto a Kindu.
Sono intervenuti i familiari dei Caduti di Kindu, la
Consigliere Regionale Angela Notare, rappresentante il
Consiglio Regionale della Toscana, il Presidente del
Consiglio Provinciale di Arezzo, Antonio Perferi, il
Presidente del Consiglio Comunale di Montevarchi,
Gianluca Monicolini, il Generale di Brigata Augusto
Stacciali, il Comandante della Scuola Militare di Lingue
Estere di Perugia, il Vicecomandante dell’Istituto di
Scienze Aeronautiche di Firenze, la Presidente Nazionale
del PASFA Raffaella Liberi, una rappresentanza di ufficiali
del Comando per il Territorio dell’Esercito, della Croce
Rossa Militare, dell’Istituto Geografico Militare e
dell’Eurofor di Firenze, del Reggimento Savoia Cavalleria
di Grosseto, dell’Accademia Navale di Livorno, i
Comandanti Provinciali di Arezzo dell’Arma dei
Carabinieri, della Guardia di Finanza, dei Vigili del Fuoco,
del Corpo Forestale dello Stato; presenti delegazioni della
Scuola Primaria del Pestello, e dell’Istituto Statale R.
Magiotti di Montevarchi.
Nel pomeriggio, nella Frazione di Ricasoli, è stata celebrata da Monsignor Giorgio Nencini, Vicario Episcopale
dell’Aeronautica Militare, la Santa Messa in suffragio dei
Caduti e successivamente si è tenuta la
Cerimonia Commemorativa, col supporto del
Coro
“Su
Insieme”
dell’Associazione
Nazionale Alpini di Firenze e della Fanfara dei
Bersaglieri di Montevarchi. Numerose le
Autorità presenti, unitamente a tanti labari di
Associazioni combattentistiche e d’arma, e
tanti cittadini.
Al termine della celebrazione, sono state
consegnate pergamene agli ex studenti della
scuola di Ricasoli del 1962, promotori della
prima Giornata del Ricordo in memoria dei
Caduti di Kindu.
Per chiudere la “Giornata” presso
l’Auditorium Comunale si è tenuto un concerto del Coro “Su Insieme” dell’Associazione
Nazionale Alpini di Firenze.
S. M.
IL NASTRO AZZURRO
39
CRONACHE DELLE FEDERAZIONI
ALESSANDRIA
In occasione della celebrazione del 194°
Anniversario dell’istituzione dell’Arma dei Carabinieri,
che ha avuto luogo in Alessandria giovedì 5 giugno u.s.
presso la Caserma “Giovan Battista Scapaccino
M.O.V.M.”, Il Labaro della Federazione, con scorta d’onore, ha ricevuto gli onori di rito sfilando in rassegna
davanti alle Autorità e ai reparti schierati.
–
della Repubblica, il Labaro con l’Alfiere Cav.
Matteo Annoni ha sfilato, precedendo ritualmente le altre Associazioni Combattentistiche e d’Arma;
il 5 giugno 2008 la cerimonia per l’Anniversario
della Fondazione dell’Arma dei Carabinieri è stata
celebrata nel cortile del Chiostro dell’ex Convento
di S. Agostino in Città Alta, a Bergamo, ed il Labaro
con l’Alfiere M.llo Marino Petracca, scortato
dall’Azzurro Dott. Vito Mirabella, ha sfilato, come
d’uso, in testa alle altre Associazioni.
BIELLA
Alessandria – 194° Annuale della Fondazione
dell’Arma dei Carabinieri
AREZZO
Domenica 15 giugno una ristretta delegazione della
Federazione di Arezzo si è recata nel carcere della città
per rendere omaggio alla memoria della M.O.V.M.
Sante Tani, trucidato il 15 giugno 1944 in cella assieme
al fratello Don Giuseppe Tani ed al giovane Aroldo
Rossi. Sante Tani, Comandante partigiano aretino,
dopo l’arresto, per 17 giorni fu sottoposto, assieme ai
compagni di martirio, a torture e sevizie che culminarono con la loro brutale uccisione da parte dei nazifascisti. Il Presidente della locale Federazione Sig. Stefano
Mangiavacchi, in qualità di Vice Presidente della
Confederazione fra le Associazioni Combattentistiche e
Partigiane, accompagnato dal Direttore dell’Istituto di
pena, ha deposto una corona di alloro nella cella luogo
del martirio dei tre aretini, che non ha subito alcun
cambiamento da quel lontano 15 giugno 1944.
Il 13 settembre 2008 è stato celebrato il 15° anniversario della Provincia di Biella e della conseguente istituzione della Sezione biellese del Nastro Azzurro che, dal
1 gennaio del 2008 è divenuta “Federazione di Biella e
Vercelli”. Il Presidente, Tommaso Vialardi di
Sandigliano, nel suo discorso, ha ricordato che si tratta
della “…festa di tutti i Decorati che hanno servito con
orgoglio una Patria che è diventata Stato grazie al loro
sacrificio… Abbiamo pubblicato il Libro Eroico della
Provincia Di Biella, che raccoglie la storia militare di
tutti i nostri Eroi. Inoltre, con deroga della Presidenza
Centrale di Roma, la Federazione di Biella, unica in
Italia, ha ottenuto di poter appuntare al proprio
Labaro le Medaglie d’Oro delle Bandiere di Guerra di 2
eroici Reggimenti di cui abbiamo l’onore di avere qui i
Comandanti, le Batterie a cavallo di Milano e il 52°
Artiglieria ‘Torino’ di Vercelli. Ancora, sempre con deroga speciale, ho ottenuto di poter avere Soci anche
esterni alla Provincia e oggi ne contiamo perfino all’estero, in Canada e in Spagna. E considero una vittoria
importante essere riuscito con altri Presidenti Federali,
in sede di voto dei nuovi Statuti, a fare si che oggi possano far parte dell’Istituto anche coloro che non sono
parenti di un Decorato…” perché “…Bisogna allargare
la base sociale, più Soci vuol dire aiutare più in profondità la gente a ricordare con orgoglio il proprio passato e quindi i propri valori, perché solo con la fierezza
della memoria è possibile costruire una società futura
solida e cosciente, in grado di superare con la propria
identità le sfide sociali che ci aspettano…”
BERGAMO
Nel bimestre la Federazione di Bergamo ci ha
segnalato le seguenti cerimonie:
– il 25 aprile 2008 il Labaro con l’Alfiere Cav. Matteo
Annoni, ha partecipato alla celebrazione
dell’Anniversario della Liberazione in P.zza Vittorio
Veneto;
– il 12 maggio 2008 il Labaro con l’Alfiere Cav.
Matteo Annoni, ha partecipato alla Cerimonia del
Giuramento degli Allievi dell’Accademia della
Guardia di Finanza;
– il 2 giugno 2008 in P.zza Vittorio Veneto per la Festa
40
IL NASTRO AZZURRO
Biella – 15° Anniversario della Provincia e della
Sezione del Nastro Azzurro
BRINDISI
Sabato 31 maggio 2008, è stata ricostituita la
Federazione Provinciale di Brindisi del Nastro
Azzurro. Alla presenza di Autorità Civili, Militari e
Religiose, presso la Cappella “Stella Maris” del
Comando Marina di Brindisi è stata celebrata una
S.Messa di suffragio per i Caduti. Il Commissario
straordinario Comm. Vincenzo Cafaro, ha ringraziato i convenuti, in particolare il C.V. Vincenzo
Rinaldi – Comandante del Presidio della Marina
Militare di Brindisi – per aver autorizzato la cerimonia. Il Comandante Cafaro ha sostenuto che i
Decorati al Valor Militare sono la memoria di coloro che hanno sacrificato la propria vita per la grandezza della Patria. Poi il Cappellano militare Don
Gaetano Barbera ha benedetto il Labaro della neo
ricostituita Federazione. S.E. Mons. Vincenzo Pelvi,
Arcivescovo Ordinario Militare per l’Italia, ha indicato come Assistente spirituale dell’Istituto il
Cappellano Militare per la Forza da Sbarco della
Marina Militare. La serata si è conclusa con una
“agape fraterna” presso il Circolo Ufficiali della
Marina Militare presso il Castello;
–
dell’Arma. Presenti le più alte cariche civili, religiose
e militari della regione. Ad aprire la sfilata dei
Labari delle locali Associazioni Combattentistiche e
d’Arma il Medagliere della Federazione “Gli
Azzurri dei Due Mari” con Alfiere il M.llo dei CC
Maurizio Mercurio e una nutrita rappresentanza
della Federazione con il Presidente Avv. Giuseppe
Palaja e numerosi Azzurri tra i quali l’Avv. Maria
Grazia Capilupi, il Prof. Francesco Capilupi ed il
Segretario-Tesoriere Avv. Antonio Palaja di Tocco;
il 26 giugno 2008 la celebrazione a Catanzaro del
234° Anniversario della Fondazione del Corpo della
Guardia di Finanza si è aperta con la deposizione di
una corona d’alloro ai piedi del monumento ai
Caduti all’interno della Caserma “Soveria
Mannelli”. La cerimonia è poi proseguita presso il
“Parco della Biodiversità Mediterranea” alla presenza delle massime autorità civili, militari e religiose.
L’evento ha coinciso con il commosso commiato del
Comandante Regionale Calabria, Generale di
Brigata Riccardo Piccinni, assegnato ad altro prestigioso incarico. Presente il Medagliere del nostro
Sodalizio – Alfiere M.llo Capo Giuseppe Destito –
che ha aperto la sfilata dei Labari e Gonfaloni. In
rappresentanza della Federazione “Gli Azzurri dei
Due Mari” il Presidente Avv. Giuseppe Palaja e la
N.D. Sig.ra Maria Antonietta di Tocco.
GORIZIA
Brindisi – I Soci della neo ricostituita
Federazione di Brindisi
Il 12 giugno a Brindisi la Marina Militare ha festeggiato il 90° Anniversario dell’impresa di Premuda al
Castello Svevo, sede del Comando Marina, con una cerimonia alla quale hanno partecipato le massime
Autorità militari, civili e religiose della provincia. Alla
cerimonia è seguita la visita alle locali strutture della
Marina Militare. Presente per il nostro Istituto il
Presidente della locale Federazione C.te Vincenzo
Cafaro, il Labaro portato dal Vice Presidente Sig.
Gianfranco Melfi e la scorta di alcuni Soci.
La Sezione dell’ANMI di Gorizia ha festeggiato il 15°
Anniversario del gemellaggio che la lega ai marinai
austriaci della città di Feldkirchen, associazione
“Freggate Novara”, con una articolata manifestazione
alla quale ha partecipato un gruppo degli affratellati
marinai carinziani con il loro Presidente Robert Rieger.
All’evento la nostra Federazione era presente con i Soci
gen. Netti ed il ten. Oppieri, e il Labaro. Dopo gli
onori al Monumento agli Eroi Marinai, è stato tributato il suffragio nel cimitero della Città, alla tomba dell’ammiraglio Hermann Freiherr von Spaum, cittadino
asburgico molto stimato e rispettato con un prestigioso passato militare e diplomatico, quando venne a
mancare a Gorizia nel 1919, da parte del subentrato
governo italiano, gli furono tributati gli onori militari
in presenza del Duca d’Aosta.
CATANZARO
Nel bimestre la Federazione di Catanzaro ci ha
segnalato le seguenti cerimonie:
– il 6 giugno u.s. in Piazza Basilica dell’Immacolata il
Comandante della Regione Carabinieri Calabria
Gen. B. Marcello Mazzuca, davanti ad un
Battaglione di Formazione, ha presieduto la celebrazione del 194° Anniversario della Fondazione
Gorizia - 15° Anniversario gemellaggio con marinai austriaci
IL NASTRO AZZURRO
41
LIVORNO
mento dei lavori parlamentari. La visita, su indicazione dell’Istituto è stata affidata al Socio Preside
Arch. Pasquale Campo, delegato comunale per la
città di Napoli dell’ANIOC che già nel pullman,
durante il trasferimento a Roma, ha illustrato la storia di Palazzo Madama;
Nel bimestre la Federazione di Livorno ci ha segnalato le seguenti cerimonie:
– il 26 giugno, per l’Anniversario della Fondazione
della Guardia di Finanza, il Labaro della Sezione,
portato dall’Alfiere M.llo Magg. Enzo Rossi, a sua
volta accompagnato da un Ufficiale della G. di F. e
seguito dal Presidente di sezione Cav. Uff. Raniero
Chelli, ha sfilato davanti alle massime Autorità civili e militari cittadine.
Roma – Visita della delegazione di Napoli a
Palazzo Madama
–
Livorno – Anniversario Fondazione Guardia di
Finanza
–
nel mese di settembre, il Labaro della Federazione
Provinciale di Livorno è stato presente alla cerimonia di avvicendamento al Comando della Brigata
Folgore tra il generale Maurizio Fioravanti e il generale Rosario Castellano, e presso la Caserma
“Pisacane” dove ha avuto luogo l’avvicendamento
al Comando dell 185° Rgt. Par. R.A.O. Folgore, tra il
Comandante Stefano Nigri che ha consegnato la
Bandiera di Guerra decorata di M.O.V.M. al
subentrante Col. Carmine Maisiello provenienti
entrambi dalla stessa Unità. Cerimonia molto semplice, ma toccante specialmente all’ingresso della
gloriosa Bandiera. Non molto pubblico ma caloroso
che ha cantato l’inno nazionale assieme ai militari
schierati nel piazzale. Scarsamente rappresentate le
Autorità civili e militari della Provincia.
NAPOLI
Nel bimestre la Federazione di Napoli ci ha segnalato le seguenti cerimonie:
– il 16 giugno u.s. un numeroso gruppo di Soci
dell’Istituto del Nastro Azzurro, dell’A.N.I.O.C. e di
simpatizzanti si è recato in visita al Senato della
Repubblica Italiana guidati dal Presidente Cav. Gr.
Cr. Avv. Gennaro Perrella e dal Vice Presidente
Comm. Mario Ilardo.
All’ingresso di Palazzo Madama il Vice Presidente
Nazionale dell’Istituto Gen. Antonio Teja si è unito
al gruppo che, guidato da una competente hostess
del senato, ha visitato le sontuose sale dell’edificio
e la sala consiliare ricevendo una dettagliata illustrazione della storia degli ambienti e dello svolgi-
42
IL NASTRO AZZURRO
il 20 giugno u.s. il Labaro della Federazione, portato dall’Alfiere S.Ten. Luigi Sabella, ha sfilato alla
manifestazione dell’Anniversario della Fondazione
della Guardia di Finanza, scortato da alcuni
Finanzieri.
PESCARA
Il 20 giugno u.s., il Presidente della nostra
Federazione C. Amm. Guido Natale ha partecipato
alla cerimonia del 234° Anniversario della Fondazione
della Guardia di Finanza con una rappresentanza e con
il Medagliere portato dall’Alfiere Rolando Pennese.
Alla presenza delle massime Autorità civili, militari e
religiose e delle Associazioni Combattentistiche e
d’Arma con i loro vessilli, dopo la rassegna dei reparti
militari in armi, il Generale Angelo Antonio Quarato,
Comandante Regionale Abruzzo della Guardia di
Finanza, dopo il discorso celebrativo, ha consegnato le
ricompense meritate dai militari distintisi nell’adempimento del proprio dovere tra le quali spicca l’Encomio
Solenne tributato al Col. Francesco Paolo Rampolla,
Comandante Provinciale della G. di F. di Pescara, nonché Socio della locale Federazione.
Pescara – Celebrazione del 234° Anniversario del
Corpo della Guardia di Finanza
ROVIGO
SIENA
Nel bimestre la Federazione di Rovigo ci ha segnalato le seguenti cerimonie:
– Sabato 4 Ottobre nella ricorrenza del 1° Centenario
(1908-2008) della fondazione della Capitaneria di
Porto di Chioggia, con una solenne cerimonia, è stata
benedetta una Targa commemorativa. Il Comandante
della Capitaneria C.F. Franco Maltese, dopo i ringraziamenti di rito alle autorità civili e militari, ai Sindaci
presenti e al Prefetto di Rovigo Dr. Aldo Adinolfi,
all’Amm. Div. Mario Fumagalli dell’Istituto degli Studi
Militari Marittimi di Venezia e ai Labari intervenuti,
tra i quali quello della Federazione Provinciale di
Rovigo dell’ Istituto del Nastro Azzurro, con il suo
Presidente, ha illustrato l’attività svolta;
Domenica 20 aprile, nell’area demaniale di Pian del
Lago (Siena), è stato inaugurato dal sindaco di
Monteriggioni Valentini il “Viale della Memoria”.
Presente il labaro della nostra Federazione, con il commissario Marco Cetoloni, e quello dell’Associazione
Nazionale Paracadutisti nonché, tra le autorità militari,
il comandante del 186° paracadutisti “Folgore”, colonnello Manlio Scopino, e il maresciallo capo Francesco
Bozzini unico militare decorato di M.A.V.E. in forza al
Reggimento e socio della nostra Federazione. L’area
verde, attualmente zona d’aviolancio del 186°
Reggimento, è stata aperta al pubblico dopo un’accurata riqualificazione svolta proprio dai paracadutisti.
Nel corso della cerimonia è stato scoperto un cippo che
ricorda la piantumazione delle quindici querce corrispondenti alle M.O.V.M. di cui sono decorati la
Bandiera di Guerra e quattordici militari del 186°
Reggimento Paracadutisti “Folgore”. Alla base di ogni
quercia vi è una targa che riporta grado, nome, luogo
e data del fatto d’armi relativo alla decorazione, tutti
riferiti alla battaglia di El Alamein (1942) ed alla missione umanitaria ONU in Somalia (1993).
Chioggia (VE) – I° Centenario Fondazione
Capitaneria di Porto
–
sabato 4 Ottobre la Federazione ha partecipato alla
cerimonia celebrativa del 81° Anniversario della
costituzione della Specialità Carristi svoltasi presso
l’area di addestramento militare “La Cumina” di
Pordenone a cura della 132^ Brigata Corazzata
“Ariete”. Nel corso della cerimonia il Presidente, il
Segretario e numerosi soci rodigini hanno assistito
allo Schieramento dei reparti e alla resa degli Onori
ai Caduti e agli Stendardi, tra i quali quello della
Federazione Rodigina e quello di Pordenone. Hanno
partecipato, oltre ai Comandanti dei Battaglioni
schierati anche alte autorità militari tra le quali il
Gen. Cosimo D’Arrigo, Comandante della Guardia di
Finanza. Sono intervenuti numerosi Sindaci di
Comuni della Provincia di Pordenone e alcune classi
di istituti superiori. A conclusione della cerimonia è
stata presentata una dimostrazione tattica nota
come “Il Muro d’Acciaio”: uno schieramento orizzontale formato da circa cento Carri “Ariete” che
avanzano perfettamente allineati a circa 50 cm tra
loro, protetti dall’alto da due elicotteri Mangusta.
Pordenone – 81° Anniversario costituzione Carristi
Pian del Lago (SI) - Cerimonia di inaugurazione
del “Viale della Memoria”
SIRACUSA
- Sezione di Augusta Il 21 giugno, la Federazione provinciale di Siracusa
e il Circolo Ufficiali “Vandone” della Marina Militare di
Augusta, nel 90° Anniversario della vittoriosa azione di
Premuda, ha promosso un convegno dal titolo “La
Regia Marina nella Grande Guerra”. Presenti rappresentanze delle Forze Armate della provincia e il
Sindaco di Augusta. Dopo la lettura dei messaggi
augurali, primo fra tutti quello del Presidente
Nazionale
dell’Istituto
del
Nastro
Azzurro
Comandante Giorgio Zanardi, hanno preso la parola
l’Amm. D. N. Andrea Toscano, Comandante di
Marisicilia, il C. Amm. Virgilio Pierucci, Presidente del
Circolo, e il Commissario della Sezione di Augusta, Cav.
Cesare Failla. Hanno svolto le relazioni l’Avv.
Francesco Atanasio, Presidente della Federazione,
l’Avv. Antonello Forestiere, Direttore del Museo Civico
della Piazzaforte di Augusta, e Sergio Boschiero,
Direttore dell’Agenzia Stampa FERT. Il numeroso e
qualificato pubblico, ha potuto anche assistere alla
IL NASTRO AZZURRO
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proiezione di suggestive immagini dei mezzi navali
della Regia Marina e dei suoi protagonisti.
–
–
Siracusa –Convegno “La Regia Marina nella
Grande Guerra”
SONDRIO
Nel bimestre la Federazione di Sondrio ci ha segnalato le seguenti cerimonie:
– il Labaro ha presenziato, portato dall’alfiere
Arrigo Mattiussi, alla ricorrenza del 25 aprile ed
alle Feste istituzionali della Polizia di Stato, dei
Carabinieri e della Guardia di Finanza, cui hanno
presenziato anche i Soci Carlo Plozza e Andrea
Gola, Presidente del Collegio dei Revisori dei Conti;
–
La Federazione Provinciale di Torino del Nastro
Azzurro era presente con il Labaro con Alfiere e
Consiglieri, unitamente ad altre Associazioni combattentistiche con le loro insegne;
venerdì, 20 giugno presso la Caserma “Emanuele
Filiberto di Savoia Duca d’Aosta” di Torino, la
Guardia di Finanza ha celebrato il 234° Anniversario
della sua fondazione alla presenza del Comandante
Regionale della Guardia di Finanza del Piemonte,
Generale di Brigata Giuseppe Mango, e delle autorità militari, civili e religiose. Nell’occasione sono
stati decorati alcuni militari. il Labaro della
Federazione Provinciale del Nastro Azzurro di
Torino spiccava tra le insegne delle Associazioni
Combattentistiche presenti;
giovedì, 26 giugno: presso la Caserma “Emanuele
Filiberto di Savoia Duca d’Aosta”, presenti le massime Autorità civili, religiose e militari e del
Comandante Interregionale dell’Italia NordOccidentale della Guardia di Finanza, Generale di
Corpo d’Armata Daniele Caprino, si è celebrata la
cerimonia del passaggio delle consegne al Comando
Regionale Piemonte della Guardia di Finanza tra il
Generale di Divisione Giuseppe Mango e il Generale
di Divisione Mauro Michelacci. Alla cerimonia ha
partecipato la Federazione Provinciale di Torino con
il proprio Labaro con altre Associazioni
Combattentistiche e d’Arma con i loro stendardi.
lunedi 14 luglio 2008 il Labaro della Federazione,
scortato da molti Azzurri, ha presenziato nel
Duomo di Torino al funerale del Generale Guido
Amoretti, Fondatore e Direttore del Museo Pietro
Micca e Presidente del Centro Studi e Ricerche
sull’Architettura Militare. Presenti le maggiori
Autorità civili, religiose e militari della Città, della
Provincia e della Regione, le rappresentanze delle
Associazioni Combattentistiche e d’Arma ed un
folto commosso pubblico.
TREVISO
Sondrio – Festa della Liberazione
–
Il 3 agosto u.s. sul Monte Grappa si è svolta una cerimonia per la ricorrenza del 90° Anniversario della fine
della prima guerra mondiale. Per la nostra Federazione
ha partecipato il Sig. Maurizio Comunello con il
Labaro provinciale.
ha presenziato con il Commissario Straordinario,
ora Presidente, Cav. Alberto Vido alla presentazione del libro “Anni Perduti”, in cui sono state raccolte le memorie della M.B.V.M. Emilio Tonelli.
TORINO
Nel bimestre la Federazione di Torino ci ha segnalato le seguenti cerimonie:
– giovedì, 5 giugno presso la storica Caserma
“Cernaia”, è stato celebrato il 194° anniversario
della Fondazione dell’Arma dei Carabinieri. Presenti
le Autorità militari, civili e religiose della Regione
nonché i rappresentanti della magistratura, della
finanza, dell’industria e della politica piemontese.
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IL NASTRO AZZURRO
Monte Grappa – 90° Anniversario della fine della
prima guerra mondiale
TRIESTE
Giovedì 5 giugno u.s., presso il Castello di S. Giusto
a Trieste, la Federazione, rappresentata dal Presidente
dott. Giuseppe Vuxani e dalla Socia benemerita
Margherita Trevisan, ha partecipato con il
Medagliere alla celebrazione del 194° Anniversario
della Fondazione dell’Arma dei Carabinieri. Alla manifestazione, svoltasi alla presenza delle massime autorità militari e civili locali, hanno altresì partecipato il
Gonfalone della Città di Trieste (M.O.V.M.), il
Gonfalone della Città di Muggia (M.A.V.M.) nonché le
Associazioni combattentistiche e d’Arma con i rispettivi
labari. Particolarmente toccante la presenza della
Sig.ra Trevisan con appuntata la M.A.V.M. concessa
alla memoria al padre, sottufficiale dell’Arma dei
Carabinieri, Caduto in Albania.
–
–
Trieste – 194° Annuale della Fondazione
dell’Arma dei Carabinieri
VENEZIA
Nel bimestre la Federazione di Venezia ci ha segnalato le seguenti cerimonie:
– il 16 aprile u.s. il Labaro della Federazione ha
CROCIERA FLUVIALE
DA
presenziato al cambio di Comando del
Reggimento Lagunari “Serenissima” tra il Col.
Luigi Chiapperini e il Col. Arturo Nitti, svoltosi a
Mestre (VE) nella Caserma “Edomondo Matter”,
sede del Comando del Reggimento, alla presenza
del generale Flaviano Godio, Comandante della
Brigata “Pozzuolo del Friuli”, e di numerose
Autorità civili;
il 27 aprile u.s. il Labaro della Federazione ha presenziato alla giornata conclusiva dell’8° Raduno
Nazionale dell’Associazione Lagunari Truppe
Anfibie, svoltasi a Caorle (VE) alla presenza di
numerosissime Autorità civili e militari. Il momento
più significativo della cerimonia è stato quando i
familiari di quattro cittadini veneziani Decorati al
Valor Militare per atti compiuti nel corso dei due
conflitti mondiali (T.V.cpl. Giovanni Barbini,
M.O.V.M.; Ten.Pil. Giovanni Ambrosio, M.A.V.M.;
Marò Luigi Ricci, M.A.V.M.; G.M. cpl. Pietro
Barbini, M.B.V.M.) hanno appuntato sul
Medagliere dell’Associazione la decorazione conferita ai loro cari;
il 25 giugno a Venezia, nella solenne cornice di
Piazza San Marco, il Labaro della Federazione ha
presenziato alla cerimonia del 24° Anniversario del
Riconoscimento dei Lagunari quale Specialità
dell’Arma di Fanteria dell’Esercito Italiano. L’evento,
svoltosi alla presenza del Comandante delle Forze
Operative Terrestri, Generale Novelli, e di numerose
autorità civili e militari, ha avuto quest’anno un’importanza particolare perché nel corso della cerimonia la Bandiera di Guerra del Reggimento
Lagunari “Serenissima” è stata decorata con la
Medaglia d’Oro al Valore dell’Esercito per l’eccellente comportamento tenuto nei confronti delle popolazioni locali durante la partecipazione all’operazione “Antica Babilonia 4” in Iraq. Inoltre, il Sindaco di
Venezia, Prof. Massimo Cacciari, nella sua allocuzione ha preannunciato la concessione della cittadinanza onoraria al Reparto, erede della tradizione
delle truppe della Serenissima.
SAN PIETROBURGO
A
MOSCA
La Federazione provinciale di Roma invita tutti a partecipare a questa Crociera, organizzata in collaborazione con
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durata di 11 giorni (10 notti).
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– Cabina doppia ponte principale: Euro 1.770,00
– Cabina doppia ponte superiore: Euro 1.820,00
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Le quote non comprendono:
– Spese d’iscrizione: Euro 50,00
– Spese visto: Euro 50,00
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– Assicurazione annullamento: Euro 33,00/41,00
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SCELTA) - SCONTO AGGIUNTIVO PER CHI PRENOTA ENTRO IL 1° MARZO 2009
IL NASTRO AZZURRO
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CONSIGLI DIRETTIVI
Fed. CATANZARO
Presidente: Avv. Giuseppe PALAJA
Vice Presidente: Comm. Antonio CANTAFIO
Segretario-Tesoriere: Avv. Antonio PALAJA di
TOCCO
Consiglieri: Dott. Carlo CAPILUPI; Prof. Francesco
CAPILUPI; Sig.ra Mya LAURIA; Cav.Uff. Giovanni
SANTORO
Sindaci: Dott.ssa Simona BITONTI; M.llo C. Dott.
Elio BONACCI; Avv. Mariagrazia CAPILUPI
Fed. PADOVA
Presidente: Cav. Francesco SCAPOLO
Vice Presidente: Ten. Pietro PELIZZA
Consiglieri: Ten. Franco DALLASERRA; M.llo M. a.
Vito INTORCIA; Cav.Uff. Antonio REUSPI; Cav.
Giovanni Battista SALATA
Presidente del Collegio dei Sindaci: Gen.B. Elio
RICCIARDI
Sindaci: Sig. Angelo COTRUFO; Sig.Lucindo FAGGIN
Fed. TORINO
Presidente: Magg. Ing. Carlo G. BERTOLOTTI
Vice Presidente: Gen. Adolfo MARSIGLIA
Segretario-Tesoriere: Dott.ssa Guglielma D’AFFLITTO
Consiglieri: Dr. Carlo BUFFA di PERRERO, C.F.
Adolfo MATTIROLO, Dr. Luca RICHIARDI
Sindaci: Rag. Giovanna CRESTA, Av.Sc. P.I. Franco
PROVERO
Fed. VARESE
Presidente: Rinaldo BIRAGHI
Vice Presidente: Angelo VIGANO
Segretario-Tesoriere: Arturo ALFIERI
Consiglieri: Emanuele CANNATA
AZZURRI NELL’AZZURRO DEI CIELI
Fed. BRESCIA: Sig.ra Alice GHEDA vedova
dell’Azzurro Guerrino Crotti (C.G.V.M.); Cav.
Francesco GUARINO (M.B.V.M.); Sig.ra Adina MAINETTI vedova dell’Azzurro Andrea Mazzelli
(C.G.V.M.); Ten. Col. Felice SQUASSONI (2
M.A.V.M. - 2 C.G.V.M.), già Presidente della
Federazione e Consigliere Nazionale; Sig.ra Elena
TEBALDINI vedova dell’Azzurro Angelo Lazzarini
(C.G.V.M.).
Fed. FIRENZE: Azzurro S.Ten. Edo CABASSI;
Azzurro M.llo Carlo PECORINI. Sez. Prato: Aviere
Duilio MASI (M.B.V.M.); Bersagliere Maggiorino
MENICHETTI (M.B.V.M. “s.c.”-C.G.V.M. “s.c.”);
Bersagliere Dino Giorgio PONZECCHI (M.A.V.M.
“s.c.” - C.G.V.M.); Fante Ferdinando STEFANACCI
(C.G.V.M. “s.c.”).
Fed. IMPERIA: Azzurro Antonio GORIN
(M.A.V.M.); Azzurro Carlo PICCONE (M.A.V.M.)
Fed. MILANO: Sig. Mauro AMBROGETTI, figlio
dell’Azzurro Cesare Ambrogetti (2 M.A.V.M., 2
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IL NASTRO AZZURRO
M.B.V.M.; C.G.V.M.); Sig.ra Francesca CASSONE;
Azzurro Enrico CORTI (C.G.V.M.); Azzurro Luigi
MAGGI (C.G.V.M.); Azzurro Carlo MANCINI
(C.G.V.M.).
Fed. ROMA: Serg. par. Cav. Lothar GUARISCO
(C.G.V.M.).
Fed. SONDRIO: Sig.ra Renata PESENTI vedova
dell’Azzurro Col Guido Porta, già Consigliera
della Federazione e Madrina degli Alpini di
Tirano (SO).
Fed. VENEZIA: Azzurro C.V. Renzo TROTTER
(M.B.V.M.).
Alle famiglie colpite da queste dolorose
perdite giungano le espressioni del più vivo
cordoglio dalla Presidenza Nazionale e da
tutti gli Azzurri.
RECENSIONI
GIUSEPPE ORIANA - UFFICIALE E GENTILUOMO
È un vero peccato che biografie
interessanti e ben scritte come
questa vengano divulgate in
“allegato” a riviste e non abbiano la possibilità di essere acquistate direttamente in libreria. Il
rammarico aumenta pensando
che la “Rivista Marittima”, edita
dalla Stato Maggiore della
Marina, viene distribuita esclusivamente per abbonamento e
per circuito istituzionale.
Giuseppe Oriana appartiene a
quella schiera di marinai vecchio
stampo che erano essenzialmente dei condottieri di uomini e
poi dei veri lupi di mare. In tutta
la biografia traspare l’umanità
di Oriana, a cominciare dalla
didascalia posta sotto la sua fotografia in copertina
:”Comandare con un sorriso”. Ma ciò non deve indurre in
errore circa il carattere dell’uomo che era estremamente
deciso e determinato, sia in azione bellica, sia in altre situazioni (p.e.: vds. Il doc. 15 a pag. 51 dove egli, contrastato dal
compiere il suo dovere come ufficiale di polizia militare,
dimostra che, pur di portarlo a termine avrebbe “…fatto
sfondare il portone…”. Si trattava del portone di accesso alla
stanza dalla quale si andava al balcone dove Togliatti, di lì a
poco, avrebbe tenuto un comizio.
La carriera di Oriana culmina nel grado apicale di
Ammiraglio di Squadra, dopo una serie di incarichi prestigiosi e impegnativi che lo vedono sempre capace, risoluto e in
grado di dare soluzioni intelligenti e umane ai problemi.
Collocato in congedo per raggiunti limiti di età, anche incoraggiato ufficiosamente dalla Marina stessa, egli intraprende la carriera politica e viene eletto senatore (per pochi voti
di scarto) nelle file della DC ligure. Nella solennità dell’aula
di Palazzo Madama, egli portò la sua esperienza con la consueta dignità e il grande impegno che avevano contraddistinto la sua vita militare. Successivamente le sue indubbie
qualità di leadership gli valsero la nomina a presidente della
LES, azienda operante nel campo dell’elettronica militare.
L’ammiraglio Oriana è deceduto l’8 settembre 2007 all’età di
92 anni.
Il libro, curato dalla redazione della “Rivista Marittima”, è
ben costruito, presenta un filo narrativo principale arricchito
da numerose fotografie in b/n e a colori e da documenti e
inserti, anche autografi del protagonista, che ne delineano
meglio la figura e le opere. Nell’appendice, vi sono numerose testimonianze scritte di persone che lo hanno conosciuto
e stimato. La più toccante è quella del figlio, l’avvocato
Federico Filippo Oriana, che ne traccia un ritratto personale
davvero bello e totalmente privo di difetti: sembra il prototipo dell’uomo che interpreta, come sarebbe sempre giusto
fare, il potere quale servizio per gli altri.
MEMORIE DI UN CELOVIEK BERSAGLIERE
Il memoriale di guerra del sottotenente Bruno Cecchini, che
ha combattuto in Russia nelle file dell’Armir ed è poi stato
fatto prigioniero dai russi, è struggente e brutale come un
pugno nello stomaco.
La prima parte narra le vicende eroiche del 3° Reggimento
Bersaglieri dal punto di vista privilegiato di chi è diretto protagonista degli eventi. La storia della tragica spedizione italiana in Unione Sovietica è nota: a nulla sono valsi gli episodi di disperato eroismo contro il numero e la potenza delle
armi sovietiche e il gelo del terribile inverno russo. Dei circa
70.000 italiani che vennero catturati dai russi e tenuti prigio-
nieri ben oltre il termine del
conflitto, ne tornarono a casa
non più di 10.000.
Le vicende narrate in questo
libro descrivono minuziosamente cosa succedeva nel lager russo
di Suzdal, riservato agli ufficiali:
le condizioni di vita dei prigionieri erano al di là di ogni immaginabile sopportazione; il tasso
di mortalità durante la detenzione è, in assoluto, il più alto
del mondo, anche a paragone
dei campi di prigionia tedeschi e
giapponesi, ben più noti per i
maltrattamenti ai detenuti. I
russi ritenevano i prigionieri
esseri indegni di qualsiasi considerazione e li trattavano senza alcuna umanità (i particolari
sono molto ben descritti, sia nella lunga premessa del curatore Alessandro Ferioli, sia in modo più umanamente diretto
da Cecchini). A peggiorare la situazione contribuiva anche la
generale disorganizzazione della logistica sovietica. Ciò che
invece appare organizzato alla perfezione è il sistema di propaganda comunista che tenta, per tutta la durata della prigionia, di convertire i detenuti alle presunte meraviglie del
sistema sovietico e di arruolarli come future spie. Il metodo
è complesso ed articolato: si sviluppa tramite interrogatori
notturni che vertevano sulla vita privata e sulle abitudini dei
prigionieri; si appoggia all’aiuto fornito da delatori comunisti italiani che, fuggiti in U.R.S.S. perché perseguitati dal regime fascista, cercano di rifarsi sui soldati connazionali prigionieri; comprende l’abbondante fornitura di libri, riviste e
testi politici di ogni genere (il periodico propagandistico
“L’alba”, viene stampato in un numero di copie tali da esserne disponibile una ogni dieci prigionieri, obbligandoli alla
lettura “comune”, al fine di stimolare il dibattito e la discussione su temi politici). Insomma, viene attuato un tentativo
di “lavaggio del cervello” di massa che, solo grazie alla forza
di volontà di quegli uomini, ha poco successo.
Dopo l’8 settembre, i prigionieri non vedono alcuna mutazione nel trattamento loro riservato, se non nella propaganda che, da antifascista, diventa anti liberale e anti occidentale. Il gruppo di ufficiali con i quali l’autore è detenuto viene
liberato il 25 aprile del 1946, un anno dopo la fine della
guerra, ma deve attendere ancora circa due mesi a Vienna
poiché (loro non lo sapevano) in Italia si deve svolgere il referendum popolare per la scelta tra monarchia e repubblica e
il rientro in Patria di quella cinquantina di sopravvissuti viene
ritenuto imbarazzante da molti politici, timorosi nei confronti delle intemperanze dei militanti del PCI alla vigilia dell’importante consultazione, e per questo viene ritardato fino
al 19 luglio. Il gruppo, finalmente tornato a calpestare il
suolo italiano, si scioglie a Milano non senza provare l’umiliante delusione di vedersi considerati quasi degli intrusi che,
con l’evidenza della loro terribile sofferenza, disturbano altri
più furbi che si sono già adeguati alla nuova situazione. Il
rocambolesco rientro a casa del c.b. (come l’autore indica se
stesso per tutta la narrazione svolta in terza persona) è il
pezzo più semplice, forse banale, ma il più struggente: finalmente nella natia Porretta, il nostro rifiuta un piatto di pasta
offertogli dalla zia, per il quale doveva attendere il tempo di
cottura, e accetta un panino che gli permette di correre dalla
sua famiglia qualche minuto prima. Chi spera di non trovare
giudizi politici in questo libro è meglio che non lo legga. Le
brutture del comunismo, quello vero, quello sovietico, sono
descritte in tutta la loro brutalità al punto che, il fascismo,
che pure è stato una dittatura liberticida, ne esce involontariamente riabilitato al confronto e la neonata democrazia,
che da subito strizza l’occhio a sinistra, appare partita proprio col piede sbagliato.
A.D.
IL NASTRO AZZURRO
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7)
8)
Distintivi con decorazione e Dame Patronesse: € 7
Distintivi dorati: piccoli: € 3, medi: € 3,50 grandi: € 4
Portachiavi: smaltato: € 7,50
Orologio: € 30
Crest grande: € 25
Labaretto: € 10
Emblema Araldico: € 20
Cartolina: € 0,30, cartoncino doppio: € 0,50, busta: € 0,10
9)
10)
11)
12)
13)
14)
15)
Fermacarte in onice: € 9,50
Posacenere: € 9
Attestato di Benemerenza: € 20
Cravatta: lana: € 12 seta: € 15
Foulards in seta: € 28
Mug.: € 7,00
Calendario: € 4,00
Tutta l’oggettistica è in vendita presso le Federazioni che in caso di carenza di materiale possono richiederlo alla Presidenza Nazionale
dell’Istituo. Le spese di spedizione saranno a carico delle Federazioni ed aggiunte al costo del materiale.
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periodico nazionale dell`istituto del nastro azzurro fra combattenti