Editoriale
Janusz Malski
Moderatore Generale dei SOdC
UN CUORE APERTO
ACCOGLIE SEMPRE
senso di condivisione che deve caratterizzare
l’appartenenza di ogni singolo cristiano alla
Chiesa universale.
Un autentico processo di conversione richiede un certo sforzo da parte nostra poiché
questo non avviene in un attimo. Il Signore
infatti comunica la sua pace col trascorrere
del tempo ed in risposta alla ricerca costante
dell’uomo. La conversione, infatti, è opera
del Signore ma è condizionata dalla nostra
collaborazione. A seconda della realtà personale di ognuno si avvertono gli effetti.
Possedere un cuore misericordioso guarisce
le nostre ferite intime, ma per essere misericordiosi e caritatevoli nel vero senso della
parola, occorre l’azione dello Spirito Santo.
Inoltre, proprio perché siamo Volontari della
Sofferenza, dobbiamo ricordare che anche la
dimensione del soffrire “costituisce un richiamo alla conversione”, così come ci ricorda
papa Francesco nel suo messaggio quaresimale. In questo tempo forte per la Chiesa, ogni
sofferente chieda al Signore di donargli un
cuore puro, sereno, desideroso di aprirsi agli
altri e soprattutto desideroso di avere lo stesso desiderio di riparazione di Gesù, lo stesso
amore per i peccatori.
Come diceva mons. Luigi Novarese: “Un cuore aperto non ha
cancelli, non ha porte, non ha
sentinelle, non rifiuta nessuno,
accoglie sempre, non bada se
chi accede ha buona o cattiva
maniera [...] e nel momento
delle nostre tenebre più dense, non cessiamo di amare, di
credere e di aprire il cuore alla
speranza”. ■
Nel messaggio per la Quaresima 2015, papa
Francesco ci esorta a rinnovare ed aprire il
nostro cuore affinché quel continuo processo
di conversione che caratterizza la vita di ogni
credente diventi sempre più maturo e spiritualmente aderente all’amore di Dio.
Come appartenenti al Centro Volontari della Sofferenza dobbiamo considerare le esortazioni del Santo Padre un impulso ad un
sempre maggiore impegno verso la nostra spiritualità e verso il nostro apostolato, avendo
ben chiaro come solido punto di riferimento
il carisma del beato Luigi Novarese, il quale
esortava a collaborare al piano della salvezza
aderendo incondizionatamente a quanto la
Vergine Santa proclamò a Lourdes e a Fatima, soprattutto in tema di conversione.
Oggi, forse anche grazie ad una deleteria cultura dell’apparire e ad una insana tendenza
verso un utilitarismo che non di rado riduce
la dignità umana ai minimi termini, sembra
imporsi una mentalità collettiva dove domina
l’indifferenza, ed è per questo che papa Francesco, nel suo messaggio per la Quaresima,
sottolinea che: “Anche come singoli abbiamo la
tentazione dell’indifferenza. Siamo saturi di notizie e immagini sconvolgenti che ci narrano la sofferenza umana e sentiamo
nel medesimo tempo tutta la nostra incapacità ad intervenire”.
Ma, allo stesso tempo, come
cristiani impegnati nella
sequela Christi, abbiamo la
possibilità di agire sulle miserie del mondo attraverso
la preghiera, nonché attraverso piccoli gesti concreti
che esprimono quell’autentico
1
L’ancora 3 2015
SOMMARIO
Fondatore: Mons. Luigi Novarese
Direttore responsabile: Filippo Di Giacomo
Legale rappresentante: Giovan Giuseppe Torre
Redazione:
Samar Al Nameh, Mauro Anselmo,
Armando Aufiero, Mara Strazzacappa
Segretario di redazione: Carmine Di Pinto
Progetto grafico e Art direction:
Nevio De Zolt
Hanno collaborato:
Alessandro Anselmo, Antonietta Aufiero, Ilaria Barigazzi,
Giovanna Bettiol, Pietro Bonfadini, Alfonso Maria Catanese,
Giovanni Cati, Felice Di Giandomenico, Letizia Ferraris,
Remigio Fusi, Antonio Giorgini, Walter Mazzoni,
Italo Monticelli, Mario Morigi, Mauro Orsatti, Angela Petitti,
Gianluca Scrimieri, Mara Strazzacappa; Giovannina Vescio
Marzo
2015
Foto di copertina: Giovanna Bettiol
Foto: Alessandro Anselmo: pp. 32, 33, 40;
Agenzia Sir: pp. 19, 36; Giovanna Bettiol: pp. 30, 46;
Erminio Cruciani: pp. 8, 9, 10, 11, 39, 40, 45;
Janusz Malski: pp. 14, 15; Antonio Monteleone: p. 40;
Piotr Spalek: pp. 17, 18; Foto Viron: pp. 41, 47
Periodico associato
all’Unione Stampa
Periodica Italiana
Tipolitografia Istituto Salesiano Pio XI
Via Umbertide, 11 - 00181 Roma
Tel. 067827819 - [email protected]
Finito di stampare: Gennaio 2015
RIVISTA
MENSILE DEL
CENTRO
VOLONTARI
DELLA
SOFFERENZA
L’
Ai sensi dell’art. 13, legge 675/96,
gli abbonati alla rivista potranno esercitare
i relativi diritti, fra cui consultare,
modificare o cancellare i propri dati,
rivolgendovi alla Redazione dell’Ancora
I dati forniti dai sottoscrittori degli abbonamenti
vengono utilizzati esclusivamente per l’invio
della pubblicazione e non vengono ceduti
a terzi per alcun motivo
Il materiale inviato non viene restituito
e la pubblicazione degli articoli non prevede
nessuna forma di retribuzione
ANCORA
3
Direzione e amministrazione:
Via dei Bresciani, 2 - 00186 Roma
[email protected]
www.luiginovarese.org
REDAZIONE e UFFICIO ABBONAMENTI:
Via di Monte del Gallo, 105/111 - 00165 Roma
Tel. 0639674243 - 0645437764
- Fax 0639637828
[email protected]
www.luiginovarese.org
Pubblicazione iscritta al n°418
del 8/9/1986 nuova serie già registrata
al Tribunale di Roma n°1516 del 19/4/1950
Per ricevere la rivista:
Italia ed estero - Annuale €18,00
C/c p. n° 718007 intestato a
Associazione Silenziosi Operai della Croce Centro Volontari della Sofferenza
Via di Monte del Gallo, 105 - 00165 Roma
Con permissione ecclesiastica
6
18
32
38
2 34
8 45
Janusz Malski
una guida che continua
4 Accogliere la chiamata
6 Globalizzare l’indifferenza?
Remigio Fusi
8 La nuova evangelizzazione
alla luce dell’Evangelii Gaudium
Alessandro Anselmo
12 Il mondo giovanile, via verso l’alto
Mario Morigi
14 Svegliate il mondo!
Antonietta Aufiero
informazione
Angela Petitti
16 Testimoni privilegiati di umanità
Gianluca Scrimieri
18 Quando le case avevano un nome
Angela Petitti
20 Protetti dall’amore
Italo Monticelli
22 Bicentenario della nascita di Don Bosco
a cura della Redazione
l’Ancora dei piccoli
23 Vi raccontiamo Luigi
lectio
27 Giobbe, contestatore e mistico
Mauro Orsatti
celebrazione
30 Per essere sapienti
Giovanna Bettiol
32 La nuova RSA “Virgo Potens”
Alessandro Anselmo
34 Il Beato Luigi Novarese e San Giovanni Paolo II
Antonio Giorgini
36 Il buon uso di salute e malattia
Mara Strazzacappa
38 Grazie... su Grazie
a cura di Felice Di Giandomenico
40 Io, prete segnato dalla malattia
p. Alfonso M. Catanese
42 Guarire a Lourdes
Giovannina Vescio
noicvs
44 Giacomo Rotolo. Venticinquesimo della morte
A Casale Monferrato una via per Monsignore
45 In ricordo di Gabriella
In preghiera per la beatificazione di Tinarelli
46 Angiolino Bonetta
Appuntamento presso la Direzione Generale
47 64° Pellegrinaggio a Lourdes
indialogo inascolto
6 8
8 23
editoriale
1 Un cuore aperto accoglie sempre
una guida che continua
ACCOGLIERE
LA CHIAMATA
Angela Petitti
Che valore ha la vita senza vocazione? Non una vocazione specifica nella vita consacrata o nel sacerdozio, ma la vocazione
a figlio di Dio, con il compito, diverso per ognuno, di rendere
presente e attraente il suo Regno.
Il beato Luigi Novarese non si stanca mai di proporre riflessioni
su questo tema e offrire sollecitazioni ad accogliere la chiamata
di Dio per ognuno.
io incontro all’uomo e l’uomo incontro a Dio. Per prima
cosa c’è l’iniziativa di Dio.
L’incontro di Dio con la creatura
nel seno dell’Immacolata è il primo punto dell’intervento divino
nella storia dell’umanità. Appare
evidente il profondo amore del
Creatore che ci viene incontro.
Egli non ha abbandonato l’uomo
a se stesso, nell’impossibilità di
risolvere i problemi essenziali
della propria esistenza: di dare
un senso, uno scopo, al lavoro
ed al dolore. Il suo desiderio, invece è di dare all’uomo principi
“D
di vita e d’azione che portano
alle più alte vette della santità”.
Dopo aver stabilito questi punti
di partenza, monsignor Novarese parla del modello vocazionale per eccellenza che è Maria
Santissima: “Non soltanto Gesù
volle attuare l’opera redentiva,
ma volle porre dinanzi alla nostra considerazione un esempio di creatura in tutto uguale
a noi, diversa da noi soltanto
per l’assenza del peccato, Maria
Ss.ma, per dimostrarci la piena
possibilità di seguirlo. Maria,
acconsentendo alla parola divina, diventò Madre di Gesù, e
abbracciando, con tutto l’animo
e senza peso alcuno di peccato,
la volontà salvifica di Dio, consacrò totalmente se stessa quale
ancella del Signore alla persona
ed all’opera del Figlio suo”.
Accoglienza e consenso sono,
dunque, due cardini per vivere la
vita personale come vocazione.
Accoglienza, perché l’iniziativa
non è nostra; consenso, perché
in piena libertà possiamo dire il
nostro sì, traducendolo di giorno
in giorno in azioni di adesione.
Vale la pena di soffermarsi un
po’ sulla parola consenso. Nel
suo significato originario significa sentire insieme, aderire ad
un’altra volontà. Di fatti, scrive il
beato: “È necessario far scoprire
a chi soffre che la partecipazione alla vita di Dio, è un preciso
punto impegnativo di partenza e
di cooperazione, che ci impegna
dal nostro programma personale di santità fino alla donazione
d’amore di noi stessi per la salvezza di tutti. Come Cristo che ci
impegna, per coerente identità
di idee e di sentimenti, a dare
come Lui la vita per i fratelli”.
Consenso, oltre che aderire ad
un’altra volontà significa anche che, proprio per questa
adesione e in questa adesione,
noi troviamo il senso del nostro
essere al mondo. E questa è la
realtà più importante e anche
ciò che meglio aiuta ogni uomo
a non sentirsi inutile né superfluo nel suo esistere.
Così, monsignor Novarese arriva
alla vocazione di una persona
sofferente: “Da quanto è stato
accennato scaturiscono alcuni
punti che devono essere portati
ai sofferenti in fraterno, amichevole e solidale colloquio affinché escano dal proprio isolamento e comprendano le grandi
possibilità costruttive che essi
detengono sia per l’incremento
e vitalità del Corpo Mistico di
Cristo, sia per l’intera umanità.
Non per compassione, diciamo a chi soffre che il dolore
è vinto ma perché il Figlio di
Dio realmente lo ha vinto con
la Sua morte in croce. Per questo è possibile comprendere e
far comprendere che, comunicando a noi la sua vita, Dio ci
dona possibilità costruttive e
nuove responsabilità, in piano
soprannaturale, impensate.
Come conseguenza, ecco la responsabilità vocazionale. Non
tutti siamo lo stesso membro
nel Corpo Mistico di Cristo pur
costituendo tutti un solo corpo. È dovere quindi di ciascuno, attraverso la meditazione
e la considerazione delle cause seconde, scoprire la propria
vocazione, per viverla con dignità, ricchezza di espressioni
e di offerta, come l’ha vissuta
nostro Signore Gesù Cristo per
il completo sviluppo del nostro
Corpo Mistico, di cui gioiosamente facciamo parte”.
Notiamo le evidenziazioni del
beato Novarese: dignità, ricchezza di espressioni e di offerta. Sono tre sottolineature che
indicano la modalità di vita di
una esistenza pienamente consapevole della dignità che detiene e pienamente in grado di
amministrare il dono di sé senza restrizioni di offerta.
Al di là delle vocazioni specifiche, possiamo esercitarci con
generosità in quello che lui chiama “il Sacerdozio dei fedeli, regale sacerdozio di Cristo, affermato da coloro che ne sono stati
investiti col Battesimo, con vera
consapevolezza sentita e vissuta. L’ammalato nel suo ambiente
di sofferenza è il Cristo che continua la sua passione, per cui,
essendo egli una cosa sola con
Lui, non può svilire il suo sacerdozio, né può sminuire le sue visualità di offerte sacrificali, né
indebolirle o svuotarle”.
Le conseguenze sono davvero,
come afferma nella conclusione
della sua riflessione, “grandi e
meravigliose perché realmente
così sono le vie di Dio!
E così la vita del cristiano, a
maggior ragione la vita del sofferente, è la più bella vita lanciata nell’amore che, nell’unità
con la persona amata, Cristo,
ci porta alla conquista di tanti
altri fratelli, arricchendo e potenziando a loro volta noi stessi
con la rispondenza alla grazia,
abbellendo il volto della Chiesa, dilatando il Regno di Dio”.
La gioia accresce la gioia, l’amore alimenta l’amore, l’adesione promuove l’adesione. In un
cammino di gloria in gloria, di
luce in luce. ■
FOTO STORICA
1961.
Mons. Luigi Novarese
con don Remigio Fusi
a Mendola (Bz)
per le giornate di
formazione.
Da sinistra,
si riconoscono le
Sorelle SOdC:
Claudia Giustiniani,
Luisa Giustiniani,
Nunzia Scatigno,
la Sorella Maggiore
Elvira Myriam Psorulla
e Maria Carnessali.
5
L’ancora 3 2015
informazione
Un richiamo per vivere la Quaresima
GLOBALIZZARE
L’INDIFFERENZA?
Remigio Fusi
Papa Francesco nel Messaggio per la Quaresima 2015 invita
a lottare contro l’attitudine egoistica che oggi ha assunto una
dimensione mondiale e che spinge a dimenticarsi, o peggio, a
ignorare le persone che soffrono, le ingiustizie che subiscono e,
più in generale, i loro problemi; ma anche a ignorare Dio stesso.
P
apa Francesco, nel suo Messaggio per la Quaresima,
sottolinea con forza un pericolo che tocca tutti gli uomini,
“la globalizzazione” ossia l’indifferenza verso Dio e verso il
prossimo.
È necessario un richiamo, affinché “la porta che l’Incarnazione
ha aperto da Dio verso l’uomo”
non abbia a chiudersi, eliminando il rapporto Dio-uomo.
Propone poi tre passi, per impedire che questo male accada.
Se un membro soffre,
tutte le membra soffrono
La carità di Dio che rompe
questa mortale chiusura
ci viene offerta dalla Chiesa
con la Parola, con i suoi insegnamenti e con le Sue testimonianze.
Il cristiano deve permettere a
Dio di rivestirlo della sua bontà e misericordia, di rivestirsi
di Cristo per diventare con Lui
servo di Dio e degli uomini.
Deve quindi “lasciarsi lavare i
piedi da Dio”, per far parte di
Lui e, poi, potrà lavare i piedi
degli altri.
Dov’è tuo fratello?
Papa Francesco continua: “Quanto detto per la Chiesa universale deve essere tradotto e vissuto nella Chiesa particolare:
parrocchia o comunità”.
Ma per accogliere e vivere
questo insegnamento è necessario essere convinti che
facciamo parte di un solo corpo: un corpo che conosce e si
prende cura delle sue membra.
Per far fruttificare i doni che
6
L’ancora 3 2015
Dio ci offre occorre superare i
confini della Chiesa visibile in
due direzioni:
– prima di tutto unirci con la
Chiesa del Cielo.
“Quando la Chiesa terrena prega si instaura una comunione
di reciproco servizio. Con i
Santi facciamo parte di questa
Comunione nella quale l’indifferenza è vinta”.
I Santi non hanno voltato le
spalle alle sofferenze del mondo,
piuttosto possono contemplare
e gioire per il fatto che, con la
morte e risurrezione di Cristo,
hanno vinto l’indifferenza.
Noi partecipiamo dei meriti e
delle gioie dei Santi ed essi
partecipano alla nostra lotta.
In secondo luogo: la Chiesa è
per natura sua missionaria.
Questa missione è la paziente
testimonianza di coloro che
vogliono portare al Padre tutte
le realtà di ogni uomo.
La Chiesa segue Gesù Cristo
sulla strada che conduce ai
confini del mondo.
Così anche noi possiamo vedere nel nostro prossimo il fratello e la sorella per i quali Cristo
è morto e risorto. Quanto abbiamo ricevuto dobbiamo condividerlo con gli altri.
Rinfrancate i vostri cuori
(Gv 5,8): il singolo fedele
Come possiamo fare per non
lasciarci assorbire dalla tentazione dell’indifferenza?
– prima di tutto dobbiamo pregare nella Comunione della Chiesa terrena e celeste. Non trascuriamo la forza della preghiera;
– in secondo luogo possiamo
aiutare con gesti di carità, raggiungendo così i vicini e i lon-
tani, grazie ai tanti Organismi
della Chiesa;
– in terzo luogo, la sofferenza
dell’altro costituisce richiamo
alla conversione, perché ci ricorda le nostre fragilità. Se
accettiamo i limiti delle nostre
possibilità potremo resistere
alla tentazione diabolica che ci
fa credere di poterci salvare e
di salvare il mondo intero.
Il Santo Padre conclude: “Per
superare l’indifferenza e le nostre pretese di onnipotenza,
vorrei chiedervi di vivere questo tempo di Quaresima, con
un percorso di formazione del
cuore. Avere un cuore misericordioso non significa avere un
cuore debole. Chi vuole essere
misericordioso, ha bisogno di
un cuore forte, saldo, chiuso alla tentazione, ma aperto
a Dio. Un cuore che si lascia
compenetrare dallo Spirito e
portare sulle strade dell’amore che conducono ai fratelli e
alle sorelle. In fondo, un cuore povero che conosce cioè le
proprie povertà si spende per
l’altro”.
Per questo, cari fratelli e sorelle, desidero pregare con voi
in questa Quaresima: “Fac cor
nostrum, secundum cor tuum Rendi il nostro cuore, simile al
tuo”. “Allora avremo un cuore
forte e misericordioso, vigile
e generoso, che non si lascia
chiudere in se stesso e non cade
nella vertigine della globalizzazione dell’indifferenza”. ■
[...] Ogni comunità cristiana è chiamata a varcare la soglia che la
pone in relazione con la società che la circonda, con i poveri e i
lontani. La Chiesa per sua natura è missionaria, non ripiegata su
se stessa, ma mandata a tutti gli uomini. Questa missione è la
paziente testimonianza di Colui che vuole portare al Padre tutta la
realtà ed ogni uomo. La missione è ciò che l’amore non può tacere.
La Chiesa segue Gesù Cristo sulla strada che la conduce ad ogni
uomo, fino ai confini della terra (cfr. At 1,8). Così possiamo vedere
nel nostro prossimo il fratello e la sorella per i quali Cristo è morto
ed è risorto. Quanto abbiamo ricevuto, lo abbiamo ricevuto anche
per loro. E parimenti, quanto questi fratelli possiedono è un dono
per la Chiesa e per l’umanità intera.
Dal Messaggio del Santo Padre Francesco per la Quaresima
7
L’ancora 3 2015
informazione
Alessandro Anselmo
“La
nuova evangelizzazione alla
luce dell’Evangelii Gaudium”. Questo è il titolo
del Convegno sacerdotale che
si è tenuto a Roma dal 26 al
28 gennaio presso la Direzione
Generale dei Silenziosi Operai
della Croce. Papa Francesco ne
ha sottolineato la presenza al
termine dell’Udienza generale
tenuta il 28 gennaio nell’Aula
Paolo VI: “Saluto i partecipanti
al Convegno organizzato dai Silenziosi Operai della Croce”.
L’evento, divenuto un appuntamento annuale, ha visto la
partecipazione di sacerdoti e
fedeli da tutta Italia. Tre giorni di incontri, approfondimenti
e preghiere per discutere sulle
parole del Pontefice argentino
“La Chiesa diventi una casa per
molti, una madre per tutti i popoli e renda possibile la nascita
di un mondo nuovo”.
Gli incontri sono iniziati lunedì 26, con l’introduzione di
don Armando Aufiero, tra gli
organizzatori dell’evento: “Il
nostro Convegno sacerdotale
si propone, alla luce dell’Evangelii Gaudium, di riscoprire la
sorgente dell’evangelizzazione
nell mondo
nd contemporaneo
nt
– ha
spiegato don Armando.
Armando Quello
della Esortazione Apostolica è
un linguaggio chiaro, immediato, senza retorica né sottointesi. Papa Francesco va al cuore
dei problemi che vive l’uomo di
oggi e che, da parte della Chiesa, richiedono molto più di una
semplice presenza. Il Vangelo
deve giungere a tutti, senza
esclusione di sorta. E un ruolo
determinante appartiene proprio ai sacerdoti come pastori e
testimoni. Un messaggio che è
in perfetta sintonia con le opere e l’apostolato del beato Luigi
Novarese, definito da San Gio-
8
L’ancora 3 2015
vannii Paol
Paolo II l’a
l’apostolo
stol degli
ammalati”.
Subito dopo, Rino Fisichella,
presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della
Nuova Evangelizzazione, ha tenuto una relazione dal titolo
“Per una nuova cultura dell’annuncio evangelico”. “Non possiamo dimenticare il primo
discorso di Francesco appena
eletto Papa – ha esordito Fisichella. L’indicazione che diede
alla Chiesa quel 14 marzo fu
subito chiara. La sintesi si ritrova nei tre verbi: camminare,
costruire, confessare. L’identità
del credente è quella di cammi-
nare nel mondo facendo compagnia
ia aii nostri
stri contemporanei,
te
ei
non quella di restare chiusi
nelle nostre parrocchie, seduti
a una scrivania: la Chiesa ‘in
uscita’ è una Chiesa con le porte aperte. Uscire verso gli altri
per giungere alle periferie umane non vuol dire correre verso
il mondo senza una direzione
e senza senso. Ciò significa,
passare da una visione burocratica, statica e amministrativa
della pastorale a una prospet-
A sinistra:
L’arcivescovo Rino Fisichella,
Presidente del Pontificio Consiglio
per la Promozione della Nuova
Evangelizzazione tiene la sua relazione
“Per una nuova cultura dell’annuncio
evangelico”.
In alto:
La messa del 26 gennaio nella chiesa
presso la direzione generale
dei Silenziosi Operai della Croce.
tiva missionaria; anzi, una pastorale
st
al in stato
tato permanente
nt di
evangelizzazione (Eg
(Eg, n. 25)
25).
Come, infatti, ci sono strutture
che facilitano e sostengono la
pastorale missionaria, purtroppo ‘ci sono strutture ecclesiali
che possono arrivare a condizionare un dinamismo evangelizzatore’ (Eg, n. 26). La presenza di
prassi pastorali stantie e rancide obbliga, quindi, all’audacia
di essere creativi per ripensare
l’evangelizzazione”.
Ma
Martedì 27, invece, don
An
Angelo Corvo, parroco
de
della diocesi di Nardò –
Ga
Gallipoli ha concentrato
l’a
l’attenzione sulla funzio
zione che la parrocchia
ha sul territorio sottoline
neando l’importanza della gratuità: “Servire la
Ch
Chiesa, non servirsi della Chiesa. Questo non
vu
vuol dire rimetterci, ma
eessere consapevoli di
non chied
chiedere la ricompensa da
parte degli uomini”.
Durante la mattinata è stato
presentato il ritratto di Monsignore realizzato da Nevio De
Zolt, artista e art director delle nostre pubblicazioni, che ha
parlato di ciò che ha voluto
9
L’ancora 3 2015
rappresentare nel dipinto: “Novarese mii ha sempre tr
trasmesso
la gioia di essere cristiani
cristiani. Nelle
foto, che vedo ogni giorno per
il mio lavoro nell’Associazione,
traspare sul volto di Monsignore, oltre alla sua forza e alla sua
determinazione, questa gioia nel
realizzare il suo apostolato al
servizio degli altri”. Nel pomeriggio, invece, dopo la Messa celebrata dal cardinal Giuseppe Versaldi, è stato proiettato il film
sulla vita e le opere del Fondatore dei Silenziosi Operai della
Croce: “Un uomo avanti. Luigi
Novarese, il beato apostolo dei
malati”. Dura un’ora, ed è il racconto in forma di documentario
della vita del sacerdote piemontese a partire dai luoghi in cui
è vissuto e ha realizzato la sua
Opera. Una straordinaria avventura attraverso le immagini, che
dà un ritratto inedito lungo un
percorso che da Casale Monferrato (città d’origine) a Rocca
Priora (ultima tappa della vita
terrena) ne mette a fuoco le fasi
della vita e l’insegnamento: il
senso della sofferenza, il malato
soggetto d’azione, il lavoro con
i disabili, i pellegrinaggi a Lourdes, gli Esercizi spirituali per gli
infermi.
informazione
A fianco:
don Armando Aufiero (in piedi)
con don Angelo Corvo; più a destra,
il regista Luigi Boneschi
autore del documentario sulla vita
del beato Luigi Novarese;
sotto, Marcello Semeraro,
vescovo di Albano Laziale
Fortemente voluto dai Silenziosi Operai della Croce, pubblicato e prodotto dalle Edizioni
CVS, il film è diviso in una decina di capitoli. Ogni capitolo
è accompagnato da un titolo
(L’alba, L’infanzia, La malattia
e la grazia, La svolta, ecc.) e
preceduto da un pensiero di
Novarese.
“Un titolo che sa
magari di slogan, ma dà,
spero, l’idea di
una persona che
ci precede, di un
innovatore che
è andato oltre il
suo tempo” ha
spiegato l’autore, presente alla
proiezione, il regista
ta Luigi Boneschi, che ha scritto anche i
testi. Conosciuto per una serie
di pregevoli filmati dedicati a
ventiquattro autori della letteratura italiana (La selva delle
lettere, da Dante a Giovanni Te-
stori), Boneschi ha lavorastor
to ccon il regista Pupi Avati, è stato collaboratore di
Brando Giordani (inventoBra
re di programmi Rai come
mattina e Porta a Porta) e
Uno mat
anche autore per Tv 2000.
Dopo la proiezione del film,
mons. Marcello Semeraro, vescovo di Albano, ha parlato della
figura del sacerdote nell’Evangelii Gaudium in particolare del
punto 24 dell’Esortazione apostolica di Bergoglio, dal titolo
“Prendere l’iniziativa, coinvolgersi, accompagnare,
ge
fruttificare e festegfru
giare”: “La Chiesa ‘in
gia
uscita’ è la comunità
us
di discepoli missionari che prendono
na
l’iniziativa, che si
l’in
coinvolgono, che acco
compagnano, che
co
fruttificano e fefr
steggiano. “Primest
rear – prendere l’ire
vogliate scusarmi per
niziativa”: vogl
questo neologismo. La comunità
evangelizzatrice sperimenta che
il Signore ha preso l’iniziativa,
l’ha preceduta nell’amore (cfr. 1
Gv 4,10), e per questo essa sa
fare il primo passo, sa prendere
10
L’ancora 3 2015
l’iniziativa senza paura, andare incontro, cercare i lontani e arrivare agli incroci delle
strade per invitare gli esclusi.
Vive un desiderio inesauribile
di offrire misericordia, frutto
dell’aver sperimentato l’infinita
misericordia del Padre e la sua
forza diffusiva. Osiamo un po’
di più di prendere l’iniziativa!
Come conseguenza, la Chiesa
sa “coinvolgersi”. Gesù ha lavato i piedi ai suoi discepoli. Il
Signore si coinvolge e coinvolge
i suoi, mettendosi in ginocchio
davanti agli altri per lavarli.
Ma subito dopo dice ai discepoli: «Sarete beati se farete
questo» (Gv 13,17). La comunità evangelizzatrice si mette
mediante opere e gesti nella
vita quotidiana degli altri, accorcia le distanze, si abbassa
fino all’umiliazione se è necessario, e assume la vita umana,
toccando la carne sofferente di
Cristo nel popolo. Gli evangelizzatori hanno così “odore di
pecore” e queste ascoltano la
loro voce. Quindi, la comunità
evangelizzatrice si dispone ad
“accompagnare”. Accompagna
l’umanità in tutti i suoi processi, per quanto duri e prolungati
A sinistra:
A confronto durante la tavola rotonda;
in alto, S.Em.za Giuseppe Versaldi
con don Cristian Catacchio durante
la Celebrazione Eucaristica;
sotto: il Santo Padre saluta don Gino Momo
della Lega Sacerdotale Mariana
possano essere. Conosce le lunghe attese e la sopportazione
apostolica. L’evangelizzazione
usa molta pazienza, ed evita
di non tenere conto dei limiti.
Fedele al dono del Signore, sa
anche “fruttificare”. La comunità evangelizzatrice è sempre attenta ai frutti, perché il Signore
la vuole feconda. Si prende cura
del grano e non perde la pace a
causa della zizzania. Il seminatore, quando vede spuntare la
zizzania in mezzo al grano, non
ha reazioni lamentose né allarmiste. Trova il modo per far sì
che la Parola si incarni in una
situazione concreta e dia frutti
di vita nuova, benché apparentemente siano imperfetti o incompiuti. Il discepolo sa offrire
la vita intera e giocarla fino al
martirio come testimonianza di
Gesù Cristo, però il suo sogno
non è riempirsi di nemici, ma
piuttosto che la Parola venga
accolta e manifesti la sua potenza liberatrice e rinnovatrice.
Infine, la comunità evangelizzatrice gioiosa sa sempre “festeggiare”. Celebra e festeggia
ogni piccola vittoria, ogni passo avanti nell’evangelizzazione.
L’evangelizzazione gioiosa si fa
bellezza nella Liturgia in
mezzo all’esigenza quotidiana di far progredire
il bene. La Chiesa evangelizza e si evangelizza
con la bellezza della Liturgia, la quale è anche
celebrazione dell’attività evangelizzatrice e fonte
nte di
un rinnovato impulso a donaronar
si”. Semeraro ha sottolineato
con forza il fatto che il punto
di arrivo non siano le periferie:
“Esse fanno parte del percorso
che la Chiesa deve fare, ma l’approdo è la festa”.
28, dopo la Messa
Mercoledì 28
presieduta da mons. Matteo Zuppi, vescovo ausiliare della diocesi di Roma, i partecipanti al
Convegno si sono recati nell’Aula Paolo VI per l’Udienza generale con papa Francesco. ■
La “gioia del Vangelo”
nella stagione
della sofferenza
Leonardo Nunzio Di Taranto
pp. 140 - € 10,00
ISBN 978-88-8407-221-4
11
L’ancora 3 2015
Un libro utile e pratico alle comunità
pa
parrocchiali e agli operatori della pastorale
sanitaria per comprendere maggiormente
sa
l’urgenza della missione evangelizzatrice
della Chiesa e per accrescere la responsabilità
personale di diventare testimoni credibili
del Vangelo ai nostri giorni.
informazione
IL MONDO
GIOVANILE,
VIA
VERSO
L’ALTO
Mario Morigi
Tempo perturbato: un’immagine fotografa questo discorso. Il tema del mondo giovanile è serio, preoccupante e carico di risvolti da comprendere. Non scrivere una sentenza di condanna.
Quello è il mondo nuovo, da guardare con ammirazione e simpatia. Ha davanti a sé la destinazione
formidabile di scrivere il futuro.
S
uccede che in questi anni,
dagli adulti i giovani si
sentono più imitati e corteggiati che compresi, fatti
crescere. Più guardati con nostalgia che sospinti all’ingresso
a pieno titolo nei compiti della
vita adulta. Poi, il tema specifico della sofferenza crea un
certo imbarazzo. Succede così
che l’incontro con la sofferenza è uno scontro: una cima tra
nubi minacciose. Buio, paure e
smarrimento, inadeguatezza incline al panico. L’uscita di sicurezza? La fuga. Negare, rimuovere. Ricorso all’indifferenza
12
L’ancora 3 2015
o allo stordimento. C’è spazio
anche per la droga.
Ma il mondo giovanile non è
monocolore. C’è chi guarda quella cima da un altro versante.
Anche con il tempo perturbato,
spiccano colori vivaci, molteplici e di sorprendente intensità.
Faccia a faccia con la sofferenza c’è chi s’interroga. Cerca risposte. È evento della vita tra i
più inquietanti. Trova. L’assurdo
della sofferenza cela un messaggio, un fermento di positività per la persona. L’interesse
cresce quando questa domanda
cruciale viene rivolta a Cristo.
La risposta è lenta, graduale da
capire, ma sorprendente. È personalizzata. Cristo non è mai
fuggito dinanzi alla sofferenza.
Ha guarito tanti, ha confortato tutti. Lui ha acceso una luce
nuova sulla sofferenza umana.
Di più: uno splendido valore aggiunto. Di mano in mano la scoperta si fa decisiva, arricchente.
I tesori fondanti della giovinezza ne traggono spessore. Sono,
generosità, creatività, freschezza, voglia di vivere, bisogno di
farsi dono: ideali che riscaldano
il cuore. Si genera un’umanità
trasformata, matura. Stupore
e ottimismo! Non è bandita la
sofferenza, ma la sua inutilità
frustrante, sì. Ed è tanto!
bilizza. Si crea una voragine,
aggravata dalla censura inflitta
a Cristo. Un giovane per cominciare a costruirsi fino a stupire
ha bisogno di incontrare Cristo
sino in fondo.
La psicologia come terapia?
La corsa dallo psicologo va
compresa. Ma l’onestà richiede
che la via psicologica sia integrata. Possibilmente. Il fatto più traumatico è la morte
di una cara persona coetanea.
Per l’assoluta impreparazione
irrompe un totale smarrimento
o una rabbia incontrollabile. Si
scade in celebrazioni funebri
festivaliere. Mentre i soggetti
più maturi prendono parte in
silenzio. Aperti al dialogo perC’è una frattura da ricomporre sonale donano la loro maturità
Questo discorso non è un fram- con gesti saggi e parole di insomento. È un filo che imbastisce spettata densità. Lo psicologo
il tessuto della società. Collega
le persone di varie età. Della frattura sono accusati gli
adulti. Ma anche il mondo
giovanile s’è chiuso. Splendono quei colori stupendi in non
pochi giovani, dagli adulti
non derubati delle «terapie»
necessarie. Queste: la famiglia
sana; poi, assaporare i limiti
ed accettarli realisticamente;
la malattia, la disabilità, l’età
avanzata, la morte ad ogni
età, le fatiche, l’insuccesso
“Braccialetti Rossi”,
immeritato o meritato: ciò svi- una fiction ambientata
in ospedale.
luppa una valenza esistenziale La forza di un’amicizia
ristrutturante.
Specialmente straordinaria attraversa
le esperienze
quando viene letto in luce pa- di adolescenti malati.
squale, all’ombra della croce di
Cristo. Ma guai, dall’infanzia,
giocare tutto sul piacevole,
sul facilitato che deresponsa-
13
L’ancora 3 2015
dinanzi alla sofferenza svolge il
suo servizio. Non inutile. Non
sufficiente. Non è suo compito suscitare i valori essenziali,
umani, spirituali e perenni che
danno un volto nuovo al soffrire. Questa novità si attinge
dall’esperienza cristiana.
Una via in salita,
che porta in alto
Non pochi giovani hanno trovato la strada in forme di volontariato tra i sofferenti. Spesso
il servizio civile porta ad una
crescita stabilizzante. Le proposte del beato Novarese sono
forti e danno risultati formativi
eccellenti. Bene anche l’impegno di assiduità nello studio e
nel lavoro come molla al dono
di sé nella società.
La fuga drastica da egoismi di
ogni genere solleva dalla palude verso l’adult
dultità piena.
Adu
Adulti e giovan
vani oggi, almen
meno in larga
mis
misura, due
gen
generazioni
da salvare! ■
informazione
La Chiesa e la società attendono il nostro personale apporto.
Una testimonianza di servizio a Mouda nella diocesi di Yagoua
SVEGLIATE IL MONDO!
Antonietta Aufiero
In virtù del Battesimo ricevuto, ogni membro del popolo di Dio è diventato discepolo missionario.
Ciascun battezzato, qualunque sia la sua funzione nella Chiesa e il grado di istruzione della sua
fede, è un soggetto attivo di evangelizzazione.
“Cooperare con la Chiesa nell’opera di evangelizzazione significa comprendere la missione
apostolica insita in ogni battezzato e viverla, testimoniandola nella propria esistenza in tutte le
manifestazioni della vita e dell’attività, senza fare alcuna scissione tra fede e professione e tra
scienza e fede; la scienza, del resto, non è contro Dio creatore e la fede deve animare la società,
affinché ogni uomo, attraverso la testimonianza dei credenti, sia condotto, dalle cose create,
a riscoprire Dio creatore e, dall’esercizio della carità, sia portato a vedere il Cristo vivente nei
fratelli”. (Beato Luigi Novarese)
gni cristiano è evangelizzatore, missionario nella
misura in cui si è incontrato con l’amore di Dio in Cristo
Gesù! Certamente, ciò non basta, noi tutti siamo chiamati a
crescere come evangelizzatori
e quindi, al tempo stesso, ci
adoperiamo per una migliore
formazione, un approfondimento del nostro amore, dando una
più chiara testimonianza del
Vangelo e lasciandoci evangelizzare anche dagli altri.
O
Papa Francesco, nella Lettera circolare ai consacrati e alle consacrate, “Rallegratevi”, rivolge un
invito molto bello: “Non abbiate
paura di mostrare la gioia di aver
risposto alla chiamata del Signore, alla sua scelta di amore e di
testimoniare il suo Vangelo nel
servizio alla Chiesa. E la gioia,
quella vera, è contagiosa; conta-
Sorella
Marie
Kossi
alla
Fondazione
Betlemme
con i
piccoli
ospiti
1144
L’an
L’
aancora
nco
cora 3 201
cora
2015
5
gia... fa andare avanti. La Chiesa
deve essere attrattiva. Svegliate
il mondo! Siate testimoni di un
modo diverso di fare, di agire, di
vivere! È possibile vivere diversamente in questo mondo... Io mi
attendo da voi questa testimonianza!”.
Con questa consegna:
“Svegliare il mondo” con
una testimonianza contagiosa di gioia, di fecondità, di tenerezza, d’amore,
di carità, come Comunità
abbiamo confermato e ripreso
con più entusiasmo il nostro
servizio nella diocesi di Yagoua
in cui siamo presenti.
Come già di ordinario: prima
che si riprendano le attività,
sono programmate le “Giornate
diocesane” in cui sia il clero,
i religiosi e i laici impegnati,
si ritrovano con il vescovo per
conoscere, studiare e programmare il nuovo anno pastorale
alla luce del tema che la Chiesa
propone. Quest’anno a differenza degli altri anni, il nostro
vescovo ha proposto di continuare la Pastorale sulla Famiglia, tema dello scorso anno,
senza escludere delle iniziative
per la vita consacrata, tema del
2014-2015. È vero che la Chiesa propone, ma poi ogni pastore locale cerca di portare avanti ciò di cui la sua porzione di
Chiesa ha bisogno di approfondire, ri-scoprire, rafforzare... A
partire da questo incontro/programmazione, ogni zona, con
il proprio vicario, si è ritrovata
per programmare le iniziative
ed il cammino comune.
dicendo:
“Non
Il PPapa ci esorta
rt di
nd “N
bisogna portarsi la frontiera a
casa, ma vivere in frontiera ed
essere audaci”. Come Comunità, delle volte, possiamo essere tentate a restare chiuse
nel nostro ambito di servizio
più circoscritto, la Fondazione
Betlemme... ma sentiamo anche il bisogno di far crescere la
Chiesa nella via dell’evangelizzazione e quindi spinti a donare parte di noi stessi a questa
piccola porzione di Chiesa. Con
la presenza di alcuni di noi tra:
• i rappresentanti della zona,
si ha l’opportunità di conoscere, seguire i vari gruppi, associazioni presenti (Coop Mondi,
Femmes catholiques, giovani...);
• il servizio con la Commissione liturgica, dà l’opportunità
di essere presenti nei momenti importanti che la diocesi, la
zona, la parrocchia vivono a livello liturgico-pastorale;
• a livello parrocchiale si segue
la formazione spirituale-umano
a qualche gruppo in particola-
15
L’ancora 3 2015
re, si partecipa al cammino
vocazionale, alle giornate
voc
di formazione con i giovani, si visitano persone e
ni
giovani disabili, malati...
gio
• alla Fondazione Betlemme, oltre la catechesi
le
dell’iniziazione cristiana, ai radell’iniz
gazzii presenti, si accompagna
il cammino alle famiglie sugli
aspetti cristiano-sociali, si accolgono per cure anche persone
consacrate non solo della diocesi.
In questo pellegrinaggio d’evangelizzazione non mancano
momenti di gioia, strumenti e
spettatori dei miracoli di Dio,
di sperimentare una profonda
comunione con gli altri anche
se costa fatica, di scoprire se
stessi, di sfidare le aridità e
sentire la fatica nell’accogliere e riconciliare le diversità...
Ogni giorno ci sentiamo stimolati ad assumere un atteggiamento umile per conquistare la libertà necessaria che
ci aiuta a scoprire e trovare
la novità e la freschezza del
Vangelo nella nostra vita, nella
missione dell’annuncio affinché
“la nostra missione d’evangelizzazione non sia un’evangelizzazione-laboratorio, ma una
evangelizzazione-cammino,
un’evangelizzazione che si incarna nella storia”. ■
informazione
La Giornata Mondiale del Malato
TESTIMONI
PRIVILEGIATI
DI UMANITA`
Un incontro in occasione
della Giornata Mondiale
del Malato in Colombia
Gianluca Scrimieri
Sapientia cordis, «Io ero gli occhi per il cieco, ero i piedi per lo zoppo» (Gb 29,15)
vasto mondo della salute riguarda i malati, le famiglie,
la comunità, l’ambiente. Abbraccia gli eventi fondamentali
dalla nascita alla morte e gli interrogativi sollevati dalla sofferenza e dalla malattia. Coinvolge
lo sviluppo armonico e globale
di tutta la persona.
La Pastorale della salute può essere definita come “la presenza
e l’azione della Chiesa per recare la luce e la grazia del Signore
ai malati e a quanti si prendono cura di loro”. È una pastorale
che si allarga al mondo dei sani,
ispirando una cultura più attenta alla sofferenza e ai valori
della vita e della salute. L’agire
pastorale a servizio dei malati è
Il
diventato sempre più un riconoscerli “soggetti” di un servizio
a favore della comunità ecclesiale. Vi sono oggi alcune esigenze che meritano particolare
attenzione: il primo posto dato
alla evangelizzazione e alla catechesi, una illuminata celebrazione dei sacramenti che aiuti il
malato a comprenderli e a viverli
in tutto il loro senso profondo;
l’umanizzazione della medicina e
dell’assistenza ai malati; l’attenzione ai problemi morali sempre
più rilevanti in questo ambito;
l’estensione del luogo di tale
pastorale dall’ospedale ai vari
“mondi vitali” in cui il malato si
trova famiglia e comunità civile
ed ecclesiale.
16
L’ancora 3 2015
Quest’anno la Chiesa italiana
vivrà il V Convegno Ecclesiale
Nazionale di Firenze sul tema
“In Gesù Cristo il nuovo umanesimo”. Tenuto conto di questo e
del tema della XXIII GMM proposto da papa Francesco “Sapientia cordis: “Io ero gli occhi
per il cieco, ero i piedi per lo
zoppo (Gb 29,15)” l’approfondimento per l’anno pastorale
2014-2015 proposto dall’Ufficio
Nazionale per la Pastorale della
Salute è: “Educati dal Vangelo
al nuovo Umanesimo”.
La Giornata Mondiale del Malato
appena trascorsa ci esorta a vivere
le prossime occasioni di preghiera
e di incontro – che si svolgeranno
per tutto l’anno ancora in ambito
Giovanni Paolo II ha istituito, con lettera del 13 maggio 1992, la Giornata Mondiale del Malato
fissandone la celebrazione l’11 febbraio di ogni anno, memoria liturgica della Beata Maria Vergine
di Lourdes. Le finalità della giornata sono:
• sensibilizzare il popolo di Dio e le molteplici istituzioni sanitarie cattoliche e la stessa società
civile alle necessità di assicurare la migliore assistenza agli infermi;
• aiutare chi è malato a valorizzare sul piano umano e soprannaturale la sofferenza;
• coinvolgere in maniera particolare le diocesi, le parrocchie e le famiglie religiose nella pastorale
sanitaria;
• favorire l’impegno del volontariato;
• richiamare l’importanza della formazione spirituale e morale degli operatori sanitari;
• ribadire e rafforzare l’importanza dell’assistenza religiosa agli infermi
da parte dei sacerdoti nonché di quanti vivono e operano accanto a
chi soffre, e delle comunità cristiane.
parrocchiale o nelle zone pastorali – con spirito nuovo, attivo e
propositivo, soprattutto nell’avvicinare gli ammalati.
La continua evoluzione della
sanità, sempre più articolata
nel territorio interpella le parrocchie chiamate a farsi carico
della cura e assistenza dei malati, dell’educazione dei fedeli
ai valori cristiani della vita e
della loro sensibilizzazione ai
problemi della salute, della sofferenza e della morte.
Nelle catechesi vanno trattate
le tematiche relative alla sofferenza e alla salute, al vivere e
al morire.
Valorizzare la Giornata Mondiale
del Malato amministrando il sacramento dell’unzione degli infermi fuori o nella Santa Messa
con una preparazione; ascoltando la testimonianza di un ma-
lato; organizzando conferenze
o ritiri parrocchiali o diocesani
trattando temi particolari; celebrando ogni mese o una volta
alla settimana la Santa Messa
per gli infermi e/o a seguire
l’Adorazione Eucaristica; fornire
materiale utile per conoscere
e sensibilizzare i laici; portando il ramo d’ulivo benedetto la
Domenica delle Palme ai malati
e agli anziani; visitando bambini, persone malate, anziani non
solamente a Natale e a Pasqua,
anche in vista della prima comunione e della cresima.
Educare i ragazzi a pregare per i
malati o quando chi soffre è un
amico, o un parente, comunitariamente o a tavola; preparare
per la Santa Messa una intenzione di preghiera per i malati
anche quando si conoscono per
nome o quando vi è un caso
particolare grave. Formare laici,
sensibili verso i malati portando
loro l’Eucarestia, se possibile.
Drammatizzazione della Via Crucis o di una parabola del Vangelo da parte dei ragazzi e adulti
17
L’ancora 3 2015
insieme a quelli con handicap.
Negli anziani, nei malati, nei
sofferenti, nei disperati, nei
disabili, nei malati terminali, è
realmente presente il Cristo. Una
parrocchia che non si rinnova in
virtù di questa presenza, che
non percepisce questa presenza
di Dio, che non la onora con la
sua attività caritativa e sociale
cessa di essere una Chiesa viva
di Gesù Cristo. In questa visione
di fede, la visita ai malati e alle
persone anziane è un compito
che riguarda tutta la comunità
cristiana, soggetto primario della pastorale sanitaria.
I malati sono testimoni privilegiati di umanità, immagine di
Dio e luogo delle sue meraviglie.
I malati attraverso la viva partecipazione al mistero pasquale, possono trasformare la loro
sofferenza in un momento di
grazia per sé e per gli altri, trovando nel dolore e nella malattia una vocazione ad amare di
più, una chiamata a partecipare
all’infinito amore di Dio per l’umanità. ■
informazione
QUANDO LE CASE
AVEVANO UN NOME
Angela Petitti
Riflessioni a margine della XXVII Assemblea Plenaria del Pontificio
Consiglio per i Laici (Roma, 5-7 febbraio 2015)
“I
ncontrare Dio nel cuore della
città”. Questa intensa espressione ha guidato le riflessioni
che si sono svolte nell’Assemblea Plenaria del Pontificio
Consiglio per i Laici e fa riferimento a ciò che il Papa ha
scritto nella Evangelii Gaudium,
dove siamo invitati a “riconoscere la città a partire da uno
sguardo contemplativo, ossia
uno sguardo di fede che sco-
pra quel Dio che abita nelle sue
case, nelle sue strade, nelle sue
piazze” (n. 71).
Riflettendo sulla città come luogo pastorale, il professor Sergio
Belardinelli cita George Simmel,
filosofo e sociologo tedesco, e
dice che “non è privo d’importanza il fatto che le case cittadine del Medioevo fossero in
generale, e spesso ancora fino al
secolo ventesimo, indicate con
18
L’ancora 3 2015
L’Udienza con papa Francesco a conclusione
dell’Assemblea del Consiglio per i laici.
un nome proprio e che, da un
certo momento in poi, vengano
identificate attraverso un numero”. Secondo il professore, questo
è l’inizio di un percorso di spersonalizzazione, di anonimità, di
cui tante volte facciamo esperienza vivendo nelle nostre città
che ormai sembrano “incustodite; poiché sembra che nessuno si
prenda cura dell’umano che esse
esprimono e che in esse abita”.
È in queste città che vive anche
il CVS, alle prese, non meno di
altre associazioni, con le “sfide
delle culture urbane” (EG, n. 71).
Ricevendo i partecipanti alla
Plenaria del Pontificio Consiglio
per i Laici, papa Francesco ricorda loro le potenzialità e le
difficoltà insite nella città: “Le
città presentano grandi opportunità e grandi rischi: possono
essere magnifici spazi di libertà e di realizzazione umana,
ma anche terribili spazi di disumanizzazione e di infelicità.
Sembra proprio che ogni città,
anche quella che appare più
florida e ordinata, abbia la capacità di generare dentro di sé
una oscura “anti-città”. Sembra
che insieme ai cittadini esista-
no anche i non-cittadini: persone invisibili, povere di mezzi
e di calore umano, che abitano
“non-luoghi”, che vivono delle “non-relazioni”. Si tratta di
individui a cui nessuno rivolge
uno sguardo, un’attenzione, un
interesse. Non sono solo gli
“anonimi”; sono gli “anti-uomini”. E questo è terribile”.
Ma queste persone anonime o
non-cittadini, non lo sono agli
occhi di Dio. E non dovrebbero esserlo nemmeno agli occhi del CVS, specialmente se
si tratta di persone sofferenti,
malati nel corpo e malati delle
malattie contemporanee spirituali. Queste recano un danno
alla persona, talvolta maggiore
del dolore fisico: l’indifferenza,
la sufficienza, le varie forme di
egoismo, la ricerca di benessere
personale, può darsi che salvaguardino la persona dalla fatica delle relazioni. Il costo da
pagare però è altissimo e va a
toccare proprio il senso dell’esistenza: più si è vuoti di altri,
più ci si ritrova vuoti di Dio e
vuoti di senso. Invece, “uscire
da se stessi per unirsi agli altri
fa bene. Chiudersi in sé stessi
significa assaggiare l’amaro veleno dell’immanenza, e l’umanità avrà la peggio in ogni scelta
egoistica che facciamo” (EG 87).
Francesco ci sollecita quindi
fortemente a “superare il sospetto, la sfiducia permanente,
la paura di essere invasi, gli
atteggiamenti difensivi che il
mondo attuale ci impone. Molti tentano di fuggire dagli altri verso un comodo privato, o
verso il circolo ristretto dei più
intimi, e rinunciano al realismo
della dimensione sociale del
Vangelo. Nel frattempo, il Vangelo ci invita sempre a correre
il rischio dell’incontro con il
volto dell’altro, con la sua presenza fisica che interpella, col
suo dolore e le sue richieste,
con la sua gioia contagiosa,
in un costante corpo a corpo.
L’autentica fede nel Figlio di
Dio fatto carne è inseparabile
dal dono di sé, dall’appartenenza alla comunità, dal servizio,
dalla riconciliazione con la carne degli altri” (EG 88).
C’è una bella definizione che il
Papa inventa parlando ai membri
del Pontificio Consigli per i Laici: farsi apostoli di quartiere. “La
Chiesa vuole essere al servizio di
questa ricerca sincera che c’è in
tanti cuori e che li rende aperti
a Dio. I fedeli laici, soprattutto,
sono chiamati ad uscire senza
timore per andare incontro agli
uomini delle città: nelle attività
quotidiane, nel lavoro, come singoli o come famiglie, insieme alla
parrocchia o nei movimenti ecclesiali di cui fanno parte, possono
infrangere il muro di anonimato e
di indifferenza che spesso regna
sovrano nelle città. Si tratta di
trovare il coraggio di fare il primo
passo di avvicinamento agli altri,
per essere apostoli del quartiere”
(Francesco, 7 febbraio 2015).
Il quartiere è una piccola porzione della grande o piccola
città. È uno spazio percorribile
a misura d’uomo, senza usare
mezzi pubblici o privati. È lo
spazio apostolico alla portata
di ognuno. Che bello sarebbe percorrerlo di casa in casa,
19
L’ancora 3 2015
dove ogni casa non è un numero ma ha un nome, quello di chi
la abita, abitato a sua volta,
magari anche senza consapevolezza, da Dio stesso.
Esercitiamoci, allora, “ad avere
uno sguardo di fede, pieno di
speranza, che sappia vedere la
città con gli occhi di Dio. È importante inoltre che, in questo
rinnovato slancio missionario
verso la città, i fedeli laici, in
comunione con i loro pastori,
sappiano proporre il cuore del
Vangelo, non le sue “appendici”. Anche l’allora arcivescovo
Montini, alle persone coinvolte
nella grande missione cittadina
di Milano, parlava della «ricerca
dell’essenziale», e invitava ad
essere prima di tutto noi stessi
“essenziali”, cioè veri, genuini,
e a vivere di ciò che conta veramente (cfr. Discorsi e scritti milanesi 1954-1963, Istituto Paolo
VI, Brescia-Roma, 1997-1998,
p. 1483). Solo così si può proporre nella sua forza, nella sua
bellezza, nella sua semplicità,
l’annuncio liberante dell’amore
di Dio e della salvezza che Cristo ci offre. Solo così si va con
quell’atteggiamento di rispetto
verso le persone; si offre l’essenziale del Vangelo”. ■
informazione
PROTETTI DALL’AMORE
Italo Monticelli
Soffermiamoci sulla visione cristiana della sofferenza riflettendo sui testi di due
grandi teologi: H. Küng e G. Moioli.
H
ans Küng scrive: “L’esistenza dell’uomo, in qualunque sistema sociale ed
economico si inquadri, è un
evento attraversato, segnato
dalla croce, dal dolore, dall’affanno, dalla sofferenza e dalla
morte. Solo nella prospettiva della croce di Gesù questa
esistenza umana segnata dalla croce acquista un senso...
Nessuna croce al mondo può
contraddire l’offerta di senso
proveniente
dalla croce del
Resuscitato alla
vita. Anche la
sofferenza, il pericolo, l’assurdi-
tà, il nulla, l’abbandono, la
solitudine e il vuoto più atroci sono abbracciati da un Dio
solidale con l’uomo; dinanzi al
credente si apre una via che
non aggira, ma attraversa la
sofferenza, in modo che egli
sia pronto a combatterla e a
combattere le cause, nella vita
del singolo come nella società
umana. A un Dio che troneggia
in una beatitudine indisturbaHans Küng,
Han
teologo
teolog
presbitero
presbi
e scrittore
scri
svizzero
svizze
20
L’ancora 3 2015
ta o in una trascendenza apatica, al di sopra di ogni sofferenza, io posso ribellarmi. Non
posso però ribellarmi al Dio
che nella sofferenza di Gesù mi
ha rivelato tutta la sua compassione. A una giustizia divina considerata come un’entità
astratta, e a un’armonia dell’universo prestabilita per il presente e postulata per il futuro,
io posso ribellarmi.
Non posso invece ribellarmi
all’amore del Padre dei perduti
manifestatosi in Gesù, e all’amore senza presupposti e senza confini che abbraccia anche il mio dolore, placa la mia
indignazione, scuote la mia
frustrazione e mi consente di
reggere alle incessanti sventure della vita per uscirne infine
vittorioso.
L’amore di Dio non mi protegge
da ogni sofferenza, mi protegge però in ogni sofferenza. Mi
si delinea così nel presente ciò
che si compirà... nel futuro: la
vittoria definitiva dell’amore di
un Dio che non è un essere indifferente e insensibile, sordo
al dolore e all’ingiustizia, ma si
è preso e si prenderà sempre a
cuore la sofferenza degli uomini” (H. Küng, Essere cristiani,
Morcelliana, Brescia, pp. 652,
663 ss.).
Il teologo don Giovanni Moioli,
chiamato dal Signore dopo una
terribile malattia, insegnava
che nel dolore si può vivere
l’atteggiamento della resistenza e della resa, scoprendo così
il significato salvifico del soffrire.
Giovanni Moioli,
presbitero e teologo italiano
(1931-1984)
“Non al dolore mi arrendo –
scriveva – ma a Dio, a questa
vicinanza strana che sembra
una lontananza, una distanza... Questo arrendermi a Dio
mi impedisce sia la disperazione, sia la rivolta, sia la lotta
titanica contro il dolore. Dentro di me sono un povero, un
abbandonato: questa è la resa
al mistero di Dio. E qui è tutto
il segreto di una fiducia, di una
speranza, di una confidenza.
Questo che sembra una resa, in
realtà è una forza straordinaria.
re
Perciò la resa suscita una resiPe
stenza... la resistenza dell’affist
damento, del saper durare nel
da
dolore perché un altro ti sodo
stiene; del pazientare di fronte
st
al dolore, perché è la pazienza
di Dio, perché aspetto Dio. In
questo “ho pazienza” davanti a
qu
Dio. E so fare del dolore perfino
un dono, come fa Gesù Cristo.
È la resistenza del pregare, del
continuare a parlare, a dialogare con Dio... È un atto di
amore non soltanto a Dio, ma
di amore e di donazione verso
il prossimo” (G. Moioli, La parola della Croce, Ed. Viboldone,
Milano, pp. 58-59).
Leggiamo, meditiamo questi
testi. Ci aiuteranno a penetrare
sempre di più nel grande mistero della sofferenza e a metterci fiduciosi nelle mani di Dio
Padre. ■
Il dolore:
c
caso serio della vita
Riflessioni alla luce della fede
R
di Italo Monticelli
pp. 48
€ 4,00
ISBN 978-88-8407-224-5
Tu siamo chiamati a prenderci cura
Tutti
premurosa
pr
e fraterna dei sofferenti,
de
dei malati e dei bisognosi.
Al
Alla loro scuola abbiamo molto da imparare:
una crescita in umanità e nella fede;
una riscoperta dei valori fondamentali
della vita; una maggiore apertura verso
gli altri; la forza di saper vivere anche
situazioni difficili con fiducia e speranza...
21
L’ancora 3 2015
informazione
BICENTENARIO
DELLA NASCITA
DI DON BOSCO
a cura della Redazione
Il beato Luigi Novarese e san Giovanni Bosco,
una storia che continua.
Due sacerdoti, nati nella campagna piemontese
a cento anni di distanza (nel 1815 il fondatore
dei Salesiani, nel 1914 l’apostolo degli ammalati), che hanno dedicato la vita a Dio e ai più
deboli. Entrambi orfani di padre in giovanissima età, entrambi educati dalle mamme (Margherita Occhiena e Teresa Sassone) all’amore
di Dio e alla condivisione di valori forti come il
lavoro, l’impegno, il sacrificio. Uomini di fede
che vivono in secoli diversi ma la cui vocazione
religiosa spinge a intraprendere imprese simili.
Un legame che prosegue quest’anno con i
festeggiamenti del Bicentenario della nascita
di don Bosco (16 agosto 1815 - 31 gennaio
1888) che avranno come punto di riferimento
Valdocco, il grande complesso salesiano nato
intorno alla basilica di Maria Ausiliatrice
a Torino, ma che si estenderanno in tutto il
mondo. Ad intrecciarsi con gli appuntamenti
per il santo piemontese, sarà anche una nuova
Ostensione della Sindone, dal 19 aprile al 24
giugno 2015 e la visita attesa a Torino di papa
Francesco.
È a don Bosco che il piccolo Luigino, affetto
da una grave forma di tubercolosi ossea, malattia per la quale i medici a quel tempo non
Don Bosco e Mamma
Margherita a Valdocco
Luigi Novarese
con mamma Teresa (1926)
davano speranza, si affida per guarire. Scrive
infatti una lettera a don Filippo Rinaldi, il terzo successore di don Bosco, per pregare il fondatore dei Salesiani e l’Ausiliatrice per la sua
guarigione.
Nella Torino sabauda che a partire dal 1850 si
avvia a diventare una città industriale, don Bosco affianca all’Oratorio i primi laboratori di calzoleria, falegnameria e legatoria per i giovani in
condizioni disagiate. Nell’Italia del dopoguerra,
il 7 ottobre 1954, Novarese inaugura a Re, all’ospizio Barbieri, il primo laboratorio di maglieria
per ragazze disabili, richiamando l’attenzionedella società sulla necessità di combattere la
loro condizione di emarginazione.
Nel 1862, quando decide di costruire a Torino
la Basilica intitolata a Maria Ausiliatrice, don
Bosco scrive nelle “Memorie biografiche” di
non avere un soldo e di affidarsi al Signore. Nel
1952, quando Novarese progetta la costruzione
della Casa “Cuore Immacolato di Maria” a Re,
ha soltanto a disposizione le 9200 lire offerte
dagli ammalati e affida il progetto alla mamma
del Signore.
Due sacerdoti che legano i loro nomi a grandi
imprese nell’educazione dei giovani e nell’assistenza agli ammalati. Due figli della
Chiesa uniti da un impegno comune: il
Vangelo e l’amore per la Madonna. ■
Da sinistra:
La prima tipografia salesiana (1861).
Nasce il primo laboratorio a Re
per i disabili (1954).
22
L’ancora 3 201
2015
LECTIO
inascolto
Caravaggio:
“Giobbe”
GIOBBE,
contestatore
e mistico
Mauro Orsatti
Introduzione generale al Libro di Giobbe
La
fr
frase
dell
della Lett
Lettera di
Giacomo «Avete udito
parlare della pazienza
di Giobbe» (Gc 5,11), facendo
eco alla valutazione del pensiero giudaico, ha segnato in
modo indelebile la comprensione di questo personaggio.
Senza negare il valore di tale
affermazione, limitare Giobbe
nel cerchio della pazienza è
come condannarlo alla reclusione. Già san Girolamo, lontano
da noi circa milleseicento anni,
commentava: «Spiegare Giobbe
è come tentare di tenere nelle
mani un’anguilla o una piccola murena: più forte la si preme, più velocemente sfugge di
mano».
L’attuale libro è una monumentale costruzione composta da
42 capitoli che si prestano ad
una lettura stratigrafica, perché
sono cresciuti un po’ alla volta, come un edificio che lascia
intravedere sensibilità e stili
diversi. Per definire la composizione sono stati toccati tanti
tasti: tragedia, dibattimento
processuale, opera sapienziale
contestatrice, tavola rotonda
teologica... tutte note vere, ma
teo
anche parziali, che intervengono a comporre la solenne sinfonia.
Il punto di avvio è un racconto popolare in prosa che apre
e chiude il libro, formando una
cornice narrativa. Da essa veniamo a sapere che Giobbe possiede tutto, ma poi è progressivamente spogliato di ogni
cosa, rimanendo letteralmente
sul lastrico. Saltando tutto il
corpo centrale e giungendo alla
fine, lo vediamo reintegrato
nella sua fortuna, ricco come
uno sceicco, ricompensato con
una sorta di centuplo evangelico. Questo primo strato potrebbe essere letto isolatamente e
avere senso compiuto, con la
sola funzione di incorniciare, o
rivestire, il corpo del libro.
L’inizio aveva posto una premessa determinante allorché
Giobbe, solo e isolato, era accompagnato da un cupo silenzio che lo avvolgeva per sette
giorni e sette notti. Aleggia il
cupo presentimento che nulla
e nessuno saprebbe spiegare
il mistero del dolore. Alla fine
27
L’ancora 3 2015
questo silenzio è squarciato
dal grido angosciato di Giobbe,
rappresentante di tutti i sofferenti. Inizia un nuovo strato del
libro, in poesia, diviso in due
atti. Nel primo (capp. 3-27),
Giobbe si pone a confronto con
tre amici, Elifaz, Bildad e Zofar,
venuti a consolarlo. In realtà
essi sono la personificazione
del rigido e glaciale pensiero
della retribuzione: chi è buono
raccoglie successo, chi è malvagio patisce dolore. Giobbe reagisce nove volte, tre volte per
ciascuno, adducendo la concretezza della prassi (la sua vita)
contro il soffio della loro teoria.
Il secondo atto (capp. 29-32;
38-42) vede sulla scena Giobbe e Dio. Il povero Giobbe, insoddisfatto ed esasperato dalla
fredda e inconcludente teologia
degli amici, provoca Dio a un
incontro franco in una specie di
processo a porte aperte. Senza
pervenire a una soluzione piena, il discorso è incanalato
verso prospettive nuove che
aprono spiragli ad una lettura
complessiva della vita.
In un terzo strato (capp. 32-
inascolto
IL DOLORE
FA MALE
(...l’amore invece no)
Claudio Bassi
Luciano Ruga
pp. 80 - € 12,00
ISBN 978-88-8407-198-9
Questo scritto nasce dalla suggestione di cogliere, nel libro di Giobbe, i caratteri narrativi
e scenici propri della tragedia greca. I testi
sono riportati in riferimento ai capitoli del libro biblico, con una suddivisione in 3 parti: il
fatto, la scena, interludio.
Il fatto contiene la sintesi del testo biblico.
La scena riporta, con indicazioni essenziali, i
testi dei monologhi e delle canzoni.
L’Interludio contiene delle riflessioni espresse come interventi del coro, riferiti agli argomenti della ragione (mente) e dell’amore
(cuore).
37), compare un quarto personaggio, Eliu, un giovane teologo che ripropone in forma più
moderata la tesi dei tre precedenti amici. Egli rileva il valore
purificatorio del dolore, capace
di rendere l’uomo splendido
come l’oro quando è liberato
dalle sue scorie. Il suo intervento è avvertito come “fuori
posto”, tanto che non sarà preso in considerazione nel dialogo di Dio che segue. Potrebbe
essere l’inserzione di autori poFrancesco Messina:
“Giobbe”
steriori, desiderosi di “fondare”
la tesi tradizionale con nuovi e
meno pungenti argomenti.
Un accenno a parte merita il
cap. 28, forse appartenente
ad uno strato successivo. Esso
celebra la sapienza divina, riempiendo l’atmosfera di soffusa grazia e stemperando l’aria
greve che si era creata quando
i tre amici avevano concluso le
loro argomentazioni.
La domanda sulla storicità del
personaggio è legittima, ma non
deve essere posta nella forma
bruta
brutale: «È esistito Giobbe?»,
perch
perché la risposta potrebbe
muov
muoversi contemporaneamente
tra un sì e un no. L’anonimo autore del libro che scrive verso il
quar
qu
artt secolo avanti Cristo non
quarto
è un cronista preoccupato di un
repor
reportage e tanto meno a caccia
uno scopo sensazionale. È un
di un
uomo che legge la vita con occritici e con cuore aperto, lichii cr
ch
bero da mortificanti schemi e da
28
L’ancora 3 2015
idee preconcette. Dogmatismo e
fondamentalismo non sono termini moderni, perché sono nati
con l’uomo, soprattutto quello
che chiude gli occhi alla realtà,
accartoccia il pensiero attorno
a idee sclerotizzate, non si lascia vivificare dal soffio dello
Spirito.
Giobbe rappresenta tutti gli
uomini che lottano con senso
in mezzo al nonsenso della sofferenza e del male. Gli antichi
popoli, come sumeri, babilonesi ed egiziani, ci lasciarono
i loro rispettivi libri di Giobbe,
figure che si pongono alcuni
inquietanti interrogativi dell’esistenza. Il personaggio biblico
incarna le stesse domande, poste in modo grandioso, sottile e
provocatorio.
L’esistenza di Giobbe, così come
emerge dalla lettura del testo,
non è legata a indicazioni anagrafiche. Si impone invece la
figura dell’uomo che vive con
coerenza il suo rapporto con
Dio. Giobbe è un credente che
non si illude di vedere la strada
della vita lastricata di successo, buontempo, spensieratezza,
cosciente che le difficoltà sono
parte integrante dell’esistenza.
Lo esprime con una teologia
primitiva ma essenziale: «Nudo
uscii dal grembo di mia madre
e nudo vi ritornerò. Il Signore
ha dato, il Signore ha tolto, sia
benedetto il nome del Signore!» (1,21). Nemmeno cede alle
malvagie istigazioni della moglie che lo vorrebbe un Promoteo che si ribella alla divinità:
«Tu parli come parlerebbe una
stolta! Se da Dio accettiamo
il bene, perché non dovremmo
accettare il male?» (2,10).
La sua granitica certezza in Dio
non gli impedisce un pensiero
in proprio, originale e contestatore. Non si allinea con il
pensiero dominante, né segue
pedissequamente una teologia
codificata. La logica argomentativa dei tre visitatori è lineare e impeccabile secondo lo
schema dell’epoca che applicava con rigidità il principio della
retribuzione. Davanti alla tragica situazione di Giobbe divenuto povero, malato, senza eredi,
isolato da tutti, la conclusione
si impone con solare evidenza:
Giobbe è reo di qualche peccato, forse inconscio. Dio lo ha
abbandonato. E si vede.
Troppo semplicistico questo modo di procedere, incapace di
tener conto dei sobbalzi della
realtà, delle giravolte della vita
che non segue le regole ferree
di una tavola pitagorica.
Giobbe sostiene la sua innocenza con vigore, trasformando
il suo dolore in problema teologico. Lotta contro i principi
assoluti e freddi, lotta contro
le parola “da manuale” dei suoi
amici, lotta contro una mentalità codificata e applicata senza
fantasia, lotta contro il silenzio di Dio. Risponde, interpella,
provoca. Un vero ribelle. Altro
che pazienza di Giobbe!
Il Giobbe che ha sperimentato
il male a tutti i livelli, con la
perdita dei beni, degli affetti
familiari, della salute e perfino dell’amicizia con Dio che
si è nascosto, non è un rassegnato e non desiste nella sua
lotta fino a “forzare” l’udienza
finale. Al di sopra del Dio della dottrina si ritrova con il Dio
vivo, suo testimone, sua difesa
e redentore. Dio non era lontano, era solo nascosto alla comprensione dell’intelletto umano, tanto povero e piccolo da
non contenere l’esuberante ricchezza divina. Se uno sbaglio è
imputabile a Giobbe, è quello
di aver preteso di raggiungere
Dio con l’intelligenza. No! Lo
si raggiunge solo con l’amore:
«Davvero ho esposto cose che
non capisco, cose troppo meravigliose per me, che non comprendo [...]. Io ti conoscevo
solo per sentito dire, ma ora
i miei occhi ti hanno veduto»
(42,3.5). Giobbe aderisce con
poche parole e con tanto cuore.
Il problema del male non è risolto. Per esso non esiste spiegazione scientifica, perché rimane sostanzialmente mistero.
29
L’ancora 3 2015
Giobbe si abbandona nelle mani,
o meglio, nel cuore di Dio: «Io
so che il mio redentore è vivo e
che, ultimo si ergerà sulla polvere! Dopo che questa mia pelle
sarà strappata via, senza la mia
carne, vedrò Dio. Io lo vedrò, io
stesso, i miei occhi lo contempleranno e non un altro» (19,25-27).
Anche Cristo darà al problema
della sofferenza una risposta,
non teorica ma esistenziale, assumendola e trasformandola nel
fiducioso abbandono al Padre che
sempre ha cura dei suoi figli.
NOTABENE. Questa sommaria
presentazione del Libro di
Giobbe vorrebbe stimolare alla
lettura integrale del libro che
permette di avere il quadro
completo. Nei numeri successivi della Rivista saranno approfonditi alcuni aspetti della
ricca tematica sul male e sulla
sofferenza. ■
inascolto
PER ESSERE SAPIENTI
(Veglia di preghiera)
Giovanna Bettiol
Canto di inizio.
Saluto ed introduzione del sacerdote o di chi guida la preghiera.
Guida: Il Figlio di Dio ha sofferto, è morto, ma è risorto, e proprio per questo quelle piaghe diventano il
segno della nostra redenzione, del perdono e della riconciliazione con il Padre; diventano, però, anche un
banco di prova per la fede dei discepoli e per la nostra fede. Vogliamo vivere, oggi, un tempo di riflessione,
aiutati dalle parole di papa Francesco, attraverso il suo Messaggio per la Giornata del Malato e del beato
Novarese, attraverso i suoi scritti su Maria, per fare nostra la vera sapienza, quella che conoscerà Giobbe,
quella che ci farà conoscere Gesù, perché capaci di amarlo e di farci amare, perché capaci di incontrarlo nel
profondo, perché capaci di manifestare nella nostra vita la Sua presenza.
Per ogni momento viene portato un lumino acceso ai piedi dell’altare, solo se uniamo la nostra luce a quella
di Cristo raggiungeremo la sapienza del cuore.
Lettore 1: La sapienza non è una conoscenza teorica, astratta, frutto di ragionamenti.
Essa è «pura, poi pacifica, mite, arrendevole, piena di misericordia e di buoni frutti, imparziale e sincera»
(Gc 3,17). È dunque un atteggiamento infuso dallo Spirito Santo nella mente e nel cuore di chi sa aprirsi
alla sofferenza dei fratelli e riconosce in essi l’immagine di Dio.
Celebrante: L’Immacolata per presentare alla cristianità il Suo programma di rinnovamento della vita
cristiana indica le doti necessarie; devono avere riscontro con le doti personali di Bernardetta e dei tre
pastorelli, prescelti da Lei. Non serve la sapienza che si gonfia, ma la semplicità. Dicendo semplicità si
intende umiltà evangelica.
30
L’ancora 3 2015
CELEBRAZIONE
Momento di silenzio seguito dal canto di un Canone.
Lettore 2: Sapienza del cuore è servire il fratello.
Quanti cristiani anche oggi testimoniano, non con le parole, ma con la loro vita radicata in una fede
genuina, di essere “occhi per il cieco” e “piedi per lo zoppo”! Persone che stanno vicino ai malati che
hanno bisogno di un’assistenza continua. È relativamente facile servire per qualche giorno, ma è difficile
accudire una persona per mesi o addirittura per anni. Che grande cammino di santificazione è questo!
Celebrante: Il compito dell’Immacolata è di farci nascere alla vita della Grazia, di farci incontrare con
Gesù, di farci crescere in Lui. Abbandonarsi a Lei è normale dovere di ordine soprannaturale di ciascuno.
Ascoltare quello che Ella ci dice è conseguenza logica del nostro essere. E l’Immacolata, oggi come ieri,
domani come sempre, a ciascuno ripeterà, «fate tutto quello che Egli vi dirà», offrite amore a tutti e per
tutti.
Momento di silenzio seguito dal canto di un Canone.
Lettore 3: Sapienza del cuore è stare con il fratello.
Chiediamo allo Spirito Santo che ci doni la grazia di comprendere il valore dell’accompagnamento che ci
porta a dedicare tempo ai nostri fratelli e alle sorelle sofferenti, i quali, grazie alla nostra vicinanza e al
nostro affetto, si sentono più amati e confortati.
Celebrante: Occorre realizzare un apostolato di evangelizzazione e di promozione umana con i sofferenti,
per i sofferenti. Due punti opposti vanno accuratamente evitati: il paternalismo che pensa a tutto ed
il pietismo. Non si compassiona chi svolge una specifica missione nella cristiana società! L’immacolata
ci aiuterà sempre.
Momento di silenzio seguito dal canto di un Canone.
Lettore 4: Sapienza del cuore è uscire da sé verso il fratello.
Il nostro mondo dimentica a volte il valore speciale del tempo speso accanto al letto del malato, perché
si è assillati dalla fretta, dalla frenesia del fare, del produrre, e si dimentica la dimensione della gratuità,
del prendersi cura, del farsi carico dell’altro. La priorità dell’“uscita da sé verso il fratello” è uno dei due
comandamenti principali che fondano ogni norma morale.
Celebrante: La preghiera e la penitenza richiamate dall’Immacolata a Lourdes e a Fatima, attirano la
misericordia di Dio sul genere umano, il Cuore di Cristo è luce, balsamo, salvezza per tanti cuori infranti
che non riescono più, nel dilagare di tanto male, a comprendere e a vivere la carità.
Momento di silenzio seguito dal canto di un Canone.
Lettore 5: Sapienza del cuore è essere solidali col fratello senza giudicarlo.
La carità ha bisogno di tempo. Tempo per stare accanto ai sofferenti come fecero gli amici di Giobbe. Ma
gli amici di Giobbe nascondevano dentro di loro un giudizio negativo su di lui. Invece la vera carità è
condivisione che non giudica, che non pretende di convertire l’altro; è libera da quella falsa umiltà che
sotto sotto cerca approvazione e si compiace del bene fatto. L’esperienza di Giobbe trova la sua autentica
risposta solo nella Croce di Gesù.
Celebrante: Ciò che ci allontana dall’identificazione del nostro pensiero col pensiero dell’Immacolata, è
volere edificare senza stabilire le fondamenta. Coloro che hanno scelto di camminare con l’Immacolata, per
vivere ed aiutare a vivere il Suo programma, devono proseguire il loro cammino nonostante le derisioni, gli
scherni, i maltrattamenti di coloro che vorrebbero infangare il volto della Madre.
Conclusione e preghiera finale.
Celebrante: O Maria, sede della sapienza, intercedi quale nostra Madre per tutti i malati e per coloro che se
ne prendono cura. Fa’ che, nel servizio al prossimo sofferente e attraverso la stessa esperienza del dolore,
possiamo accogliere e far crescere in noi la vera sapienza del cuore.
Canto.
31
L’ancora 3 2015
indialogo
A Moncrivello
LA NUOVA
RSA
“VIRGO POTENS”
Alessandro Anselmo
Sulle orme del beato Luigi Novarese una nuova struttura sanitaria. Il vescovo della diocesi Marco Arnolfo ha benedetto i locali
e celebrato la Messa in Santuario.
“C
ostruire nuove mura non è
facile di questi tempi e donare accoglienza, fraternità
umana e competenza scientifica ai malati più fragili, può essere ancora più difficile. Noi ci
abbiamo provato. E sono certo
che ce la faremo”. Ha esordito
così don Giovan Giuseppe Torre,
legale rappresentante dei Silenziosi Operai della Croce, sabato 7 febbraio davanti a circa
300 persone tra cui i nipoti di
Novarese, Giancarlo e Mariella
Cerutti, medici, autorità, rappresentanti del mondo politico,
industriale e finanziario che si
sono riunite per l’inaugurazione
della nuova struttura sanitaria
“Virgo Potens” intitolata alla
“Vergine potente”.
Si tratta di una nuova Residenza
Sanitaria Assistenziale, situata
nel complesso del Santuario del
Trompone, come la Casa di cura
“Mons. Luigi Novarese”, a Moncrivello, Vercelli, che ospiterà
un NSV (Nucleo Stati Vegetativi
e minima coscienza di 10 posti
letto) per l’accoglienza di persone in stato vegetativo, un NAC
(Nucleo Alta Complessità Neurologica di 10 posti letto) per
l’accoglienza di persone affette
da patologie neurologiche molto invalidanti come la SLA e la
Sindrome Locked-in ed un reparto con 20 posti letto per l’accoglienza di persone anziane non
autosufficienti con necessità di
assistenza ad alta intensità.
Anche il direttore della nuova
struttura, dottor Pietro Spalek,
ha evidenziato la portata dell’impegno: “Questa è la sfida: dobbiamo metterci un gran cuore e
un’altissima professionalità, tutti
insieme, al servizio dei malati”.
Durante la proiezione del video
“Una storia che continua” nel
quale è stata ripercorsa la storia del Santuario, dall’apparizione della Vergine che nel 1562
guarì un’ammalata fino all’inaugurazione della nuova RSA,
ci sono stati attimi di commozione quando sono scorse
le immagini del dottor Alberto
32
L’ancora 3 2015
Foto in alto, da sinistre a destra:
la sala gremita per l’inaugurazione;
i nuovi assunti alla RSA;
don Janusz Malski con
il dott. Claudio Lazzarone;
il saluto dell’ex Ministro
della Salute Renato Balduzzi;
il Sottosegretario al Ministero del
Lavoro e delle Politiche Sociali
Luigi Bobba
Cavanna, scomparso prematuramente l’estate scorsa e promotore instancabile del progetto,
il quale ha ricordato – in un filmato girato dalla troupe della
trasmissione televisiva “Sulla
via di Damasco” in occasione
della beatificazione di Monsignore – di come il beato Novarese avesse capito l’importanza
di “individuare nell’ammalato la
persona; non soltanto un corpo
che si deve curare, ma la persona nel suo complesso”.
Dopo la visione di una breve
testimonianza inviata da Paolo
Marchiori, malato di SLA e responsabile del CVS di Brescia,
che non è potuto essere presente alla giornata, in cui ha
sottolineato con forza l’importanza della nuova RSA “Virgo
Potens” per i malati di SLA,
numerose autorità della zona
hanno portato il loro saluto.
Ad introdurre l’evento, il dottor Claudio Lazzarone, primario
della Casa di cura “Mons. Luigi
Novarese”. Il sottosegretario al
Lavoro Luigi Bobba, originario
di Cigliano, ha sottolineato il
ruolo essenziale che il Centro
di Moncrivello svolge nel territorio al servizio della comunità, mentre il Direttore generale
della Asl di Vercelli, Federico
Gallo, ha posto l’accento sul
fatto che “oggi la sanità pubblica non ha i mezzi per sostenere questo tipo di malati, ma
il rapporto virtuoso fra pubblico e privato realizzatosi in
questa nuova opera ci fa ben
sperare per il domani”.
Negli interventi che sono seguiti, il Moderatore Generale
dei Silenziosi Operai della Croce, don Janusz Malski ha richiamato l’attenzione dei presenti
sul messaggio rivolto ai fedeli da papa Francesco in occasione della Giornata Mondiale
del Malato, mentre il cardinale
Giuseppe Versaldi ha rivelato il
proprio legame affettivo con il
seminario di Vercelli e il beato
Novarese.
L’ultimo saluto è toccato all’ex
ministro Renato Balduzzi il
quale ha ricordato la visita che
come responsabile del dicastero della salute con il governo di
Mario Monti compì nel gennaio
2012 nel Centro di riabilitazione di Moncrivello: “Incontrando dottori, personale e malati ho visto con piacere come,
in questa struttura, venisse
portato avanti un progetto di
medicina veramente attenta ai
valori della persona e al servizio di chi soffre”.
A conclusione della giornata,
l’arcivescovo di Vercelli, monsignor Marco Arnolfo, ha benedetto la nuova struttura e
celebrato la Messa in Santuario: “Lasciamo che proprio il
beato Luigi Novarese – ha detto il presule vercellese durante l’omelia – sacerdote, conti-
33
L’ancora 3 2015
Qui sopra, da sinistra a destra:
il vescovo mons. Marco Arnolfo con l’immagine
di Novarese durante la messa officiata
nel Santuario del Trompone;
la benedizione ai locali della RSA;
i presenti in visita alla nuova struttura
nui dal cielo a mettere dentro
di noi questa passione per la
vita, proprio quella passione
che Gesù, facendosi uno di noi,
facendosi uomo, ci ha manifestato: non c’è una passione più
grande di quella per la vita che
il Signore ci ha donato. Questa vita che è preziosa sempre,
anche nei momenti di maggior
debolezza, fragilità, inattività,
proprio come nei momenti della
vita vegetativa, eppure, sempre
questa vita viene da Dio. Questa
passione che questo beato ha
trasmesso ai suoi collaboratori
da trasmettere a tutti noi, perché possiamo veramente continuare, anzi permettere a Cristo
Gesù di continuare oltre la sua
missione attraverso il Suo spirito in ciascuno di noi”. ■
indialogo
Karol Wojtyła in via Giulia saluta
mons. Luigi Novarese e Sorella Elvira
Myriam Psorulla
IL BEATO
LUIGI NOVARESE
e SAN GIOVANNI
PAOLO II
Antonio Giorgini
Il beato Luigi Novarese ha vissuto con San Giovanni Paolo II solo sei anni, ma ha stabilito con
lui un legame e un rapporto talmente forte che ha profondamente inciso sull’Opera del beato.
beato Luigi Novarese capì da
subito la particolare attenzione di San Giovanni Paolo
II verso i malati ed i sofferenti.
Il giorno seguente la sua elezione si recò al policlinico Gemelli per far visita ad un suo
amico vescovo lì ricoverato e
nel saluto che diede a tutti i
ricoverati del policlinico disse:
“Vorrei proprio affidarmi alle vostre preghiere. Voi siete umanamente deboli, malati, ma anche
molto potenti come è potente
Gesù Cristo crocifisso” (18 ottobre 1978). In tutti gli incontri
con i fedeli ebbe sempre un saluto particolare, toccante per
gli ammalati. Anche per questo il beato Novarese pensò di
chiedere un’Udienza particolare
come Fondatore dei Silenziosi
Operai della Croce, del Centro
Volontari della Sofferenza e
della Lega Sacerdotale Mariana.
Il Papa gliela concesse e Monsignore chiese a me di portarlo
in Vaticano. Naturalmente io
aspettavo in anticamera e l’U-
Il
Un gruppo di Silenziosi Operai della Croce
con San Giovanni Paolo II
dienza si protrasse oltre un’ora.
Quando uscì il beato Novarese,
era raggiante e mi disse subito: “Il Papa condivide tutta
l’attività dell’Opera. Ha gradito
i sussidi che gli ho dato: le riviste, alcuni libri, l’attività degli
Esercizi spirituali, l’attività socio riabilitativa e assistenziale e
la nostra diffusione all’estero. E
sai che cosa mi ha detto? Vuole
che il nostro apostolato sia portato anche in Polonia dove troveremo un ambiente accogliente
della nostra spiritualità soprattutto mariana e mi ha parlato di
un vescovo che potrebbe fare da
mediatore, mons. Casimiro Majdanski, membro del Pontificio
Consiglio per la Famiglia”.
Sorella Myriam e tutta la Comunità fu entusiasta della proposta
del Papa. Anche l’approccio con
il mediatore, il vescovo di Stettino – tramite il vescovo Gagnon,
poi cardinale, non poteva avere un esito migliore. Venendo a
Roma tutti i mesi avemmo modo
di stabilire un ottimo rapporto.
Il Signore gli suggerì un’idea luminosa: ci offrì un suo seminarista, Janusz Malski, il quale, dopo
aver appreso a sufficienza l’italiano si fece accompagnatore dei
gruppi di polacchi che venivano
volentieri in Italia, approdando a
Montichiari (che era anche residenza di Janusz che incominciò
a frequentare il Seminario di Brescia). Da Brescia a Re, a Roma e
in altre Case. Gruppi di sacerdoti
polacchi incominciarono ad unirsi al Pellegrinaggio sacerdotale
di Lourdes, accompagnati da un
vescovo polacco e non mancava,
al loro ritorno a Roma, una breve
Udienza del Papa che conosceva così sempre meglio l’Opera di
mons. Novarese.
Ma il 13 maggio 1981 ci fu il
grave attentato alla vita del
Papa in Piazza San Pietro: sembrò concluso il pontificato di
Giovanni Paolo II e la speranza
che tutta la Chiesa poneva in
lui. La Casa di Re era piena di
ammalati che facevano gli Esercizi spirituali. Immediatamente
si riversarono tutti in cappella:
volevano e dovevano ottenere
la salvezza della vita del Papa.
E lì tutti si trattennero finché
via radio non si apprese l’esito
positivo del difficilissimo intervento chirurgico che si svolgeva al
policlinico Gemelli di
Roma. In 25 anni trascorsi a Re
per assistere agli Esercizi spirituali degli ammalati, mai ho
visto un momento di preghiera
così intenso, e sono convinto
che ebbe un ruolo importante la
preghiera di tutta la Chiesa, in
particolare degli ammalati.
Giovanni Paolo II ritornò in
Vaticano la vigilia dell’Assunta
con la prospettiva di due anni
di cura. A questo punto mons.
Novarese ebbe un’idea: accompagnare il Papa nella lunga
convalescenza con un libro che
contenesse tutti i suoi discorsi
agli ammalati, nei suoi primiquattro anni di pontificato, e
incaricò don Pino Osella, suo
vicario, a raccoglierli, facendo
ad ognuno una breve premessa.
Don Pino si mise subito al lavoro: dal 18 ottobre 1978 all’11
ottobre 1982 risultarono 400
discorsi del Papa agli ammalati. Nacque così il volume: “La
sofferenza nel Magistero di Giovanni Paolo II, 1978-1982” (Ed.
CVS Roma, volume di 374 pagi-
Qui sopra:
Il drammatico
attentato a
Piazza S. Pietro.
A sinistra:
Mons. Novarese
parla agli
ammalati
durante gli
Esercizi
spirituali a Re.
ne). Anche Monsignore si mise
subito al lavoro facendo una
introduzione di 18 pagine alla
quale pose un titolo “Un dono
del Papa ai sofferenti”.
Prima della fine del 1982 il volume fu consegnato a Giovanni
Paolo II ancora convalescente.
Abbiamo la certezza che il Papa
incominciò subito la lettura del
volume soprattutto dell’introduzione di Monsignore.
Da dove questa certezza? Dagli
scritti del Papa. Ad esempio: in
occasione del Convegno sull’Amore Misericordioso svoltosi a
Re nel febbraio 1983, nella sua
lettera a mons. Novarese del 24
febbraio, il Papa, trascrive alla
lettera quello che mons. Novarese aveva scritto nell’introduzione (Un dono del Papa ai
sofferenti) dove parla di suor
Faustina Kowalska e di Giunio
Tinarelli. All’inizio del 1984
(anno della morte di Monsignore) il beato Novarese aspettava
una Lettera del Papa a tutta la
Chiesa sul tema della sofferenza. Questa Lettera Apostolica
(la “Salvifici Doloris”) uscì l’11
febbraio. Monsignore ne conosceva già il contenuto e subito
mi dettò i punti essenziali della
Lettera Apostolica per un ringraziamento al Papa: “Il Valore
salvifico della sofferenza, La vocazione alla sofferenza, la partecipazione dei malati alla redenzione del mondo. Il servizio dei
sani agli ammalati applicando
loro la parabola del buon samaritano...”. La spedì subito l’11
febbraio. Segnava una svolta
dell’insegnamento del Papa sul
tema della sofferenza. ■
indialogo
IL BUON
USO
DI SALUTE
E MALATTIA
Mara Strazzacappa
Salute e malattia nel pensiero del beato Luigi
Novarese.
N
egli scritti editi del beato Luigi Novarese
sulla rivista L’Ancora ricorre 114 volte la parola salute e 115 volte la parola malattia.
Questa sostanziale corrispondenza è dovuta al
fatto che esse rappresentano i due volti dell’uomo, sempre un po’ malato ed un po’ sano, un po’
ferito ed un po’ guaritore; o, forse, perché rappresentano un continuum tra salute e malattia,
tra benessere e dolore all’interno del quale dobbiamo trovare il nostro equilibrio esistenziale.
Il carisma novaresiano è particolarmente rivolto alle persone portatrici di sofferenze, ma
elemento fondamentale del pensiero del beato,
da lui esplicitato con la scelta di fondare i Fratelli e Sorelle degli ammalati, è che ognuno,
in qualunque situazione si trovi a vivere, nella
salute o nella malattia, è chiamato a valorizzare
la propria realtà e viverla come dono di Dio,
come chiamata a cui rispondere responsabilmente e con la gioia di chi sa che in questa risposta all’appello di Dio di vivere in pienezza il
tempo ed il luogo che ci vengono dati, si trova
la gioia vera.
Nei suoi scritti il beato sottolineava come il vivere una condizione, quella di salute, o l’altra,
quella di malattia, bene o male, dipende unicamente dalla persona e dall’atteggiamento, dallo
spirito che la conduce.
Se ne può fare buon uso o se ne può abusare.
L’unica differenza sta nel fatto che la salute
predispone e favorisce la preghiera e l’attività.
Così Luigi Novarese sottolinea la nostra difficoltà umana, concreta, di faticare a concentrarci,
a muoverci ad essere attivi quando la sofferenza
morde il nostro corpo e ci lascia sfiniti e provati.
Ecco cosa diceva all’inizio degli anni Cinquanta:
“Si può far buon uso della salute e della malattia, come si può abusare dell’una e dell’altra.
La salute si raccomanda da sé stessa e non
è necessario dire che essa favorisce la preghiera
e lo svolgimento della propria attività nell’ambiente in cui il Signore ci ha posti; non così invece
la sofferenza. Per tutti, sani e ammalati, unico
36
L’ancora 3 2015
è il fine: la propria santificazione”.
Se il fine è unico, cambiano però le modalità
con cui è possibile vivere la propria vita. Per chi
soffre, per chi si trova in condizioni di malattia, di disabilità, è fondamentale restare uniti a
Gesù per non sentirsi dei falliti, dei nullafacenti
e nulla speranti. Diceva Novarese: “L’unica condizione per la valorizzazione del dolore è restare
uniti a Gesù. Se nel dolore noi non svolgiamo la
nostra funzione con Gesù, noi siamo dei falliti. La
malattia, considerata di solito un male, in realtà
non è così. Il vero male è il peccato. La malattia
anziché strapparci alla vita, ci fa perno, attorno
a cui gravita la vita e la sorte dei fratelli”.
Ed aggiunge: “Qualcuno ha avuto il coraggio di
affermare che la malattia è un male ed un peso
inutile per la società. Niente di più falso: la malattia, soprannaturalmente parlando è un bene,
quanto mai utile alla società”.
E spiega: “Vivendo noi troppo superficialmente,
abbiamo perduto il sapore delle cose celesti, non
vediamo più i veri valori. Ci attacchiamo alle forme che ci sfuggono e perdiamo l’unica realtà che
ci interessa, Dio.
Nella nostra travagliata esistenza, di fronte al
dolore, che bussa alle porte dell’anima nostra, ci
ribelliamo tante volte, e domandiamo: «Ma perché devo soffrire, perché?»
In certi stati d’animo guardiamo i fratelli sani
quasi ci fossero nemici, come del resto anche Dio
viene talvolta considerato come il primo nostro
nemico.
Quanta umanità in questa ribellione! Quanta
concretezza nel domandarsi: “Perché?”. Il dolore, più di ogni altra cosa, è in grado di porci di
fronte alle domande più fondamentali del nostro
esistere. Le risposte, poi, non sono universali...
non vanno bene per tutti... ognuno deve trovarle in se stesso, nella propria storia ed ognuno
troverà risposte vere e sincere solo se avrà il
coraggio di mettersi in gioco e di non fermarsi
alla recriminazione, al piagnisteo, alle lamentazioni. Tutto questo può portare solo a sentire
gli altri come nemici, anche Dio, anzi, soprattutto Dio. Ma affidiamoci ancora al beato Luigi
per cercare di penetrare il mistero del dolore:
Mons. Luigi Novarese a Montichiari (BS) nel parco
della Casa “Rocca Maria Madre della Chiesa” nel 1967.
La Comunità dei Silenziosi Operai della Croce
è presente a Montichiari dal 1965.
“Il Signore sempre sapiente nei suoi disegni ha
mutato il castigo in tesoro; per cui mentre il male
e la morte avrebbero potuto essere fonti di disperazione, con la passione di Gesù sono invece
fonti di ricchezza per sé e per gli altri, sono fonti
di gioia che donano a tutti la possibilità di dare,
riparare, attirare misericordia su tutti quelli che
si ama. Nulla è più fecondo del dolore, nulla più
necessario e più potente”.
Il buon uso che si deve saper fare della propria
condizione di vita ha un unico fine: la vita e la
sorte dei fratelli. Se siamo in salute e viviamo
una vita di fede non possiamo non adoperarci
per il bene dei fratelli, se siamo nella malattia
e non abbiamo spazio che per preghiera ed offerta, non possiamo venire meno a questo impegno e privare i fratelli di questo tesoro, di
questa fonte di ricchezza per sè e per gli altri.
Nulla è più fecondo del dolore, perché nulla è
più difficile, nulla ci rende più egoisti, più chiusi, nulla ci acceca alle necessità degli altri, nulla
spegne la generosità quanto il dolore. Solo una
visione soprannaturale del dolore stesso, solo la
capacità di alzare lo sguardo verso Cristo crocifisso e risorto (non dobbiamo mai dimenticare
che non esiste resurrezione senza il passaggio
del dolore e della morte e non esiste morte che
non sia redenta dalla resurrezione), ci permette
di gustare la buona novella del Vangelo della
sofferenza e a divenire apostoli e profeti del
bene verso i fratelli. ■
37
L’ancora 3 2015
indialogo
Grazie...
SU GRAZIE
a cura di Felice Di Giandomenico
La rubrica intende offrire preziose testimonianze dei nostri lettori
circa le grazie ricevute attraverso l’intercessione del beato Luigi
Novarese e dei nostri “seminatori di speranza”: autentici apostoli
dei sofferenti, cuori aperti verso Dio e verso i fratelli, anime protese ad evangelizzare il mondo dell’umano patire.
Gentili lettori, se volete scriverci:
Silenziosi Operai della Croce - Direzione Generale
Via di Monte del Gallo 105 - 00163 Roma
[email protected]
Testimonianza di
Fernanda Pagliara
Nel 1985, un anno dopo la
morte di Monsignore, mio fratello doveva recarsi a Parigi per
un intervento a cuore aperto.
Avevo paura, paura che rimanesse sotto i ferri dell’operazione. Tutte le mattine andavo
a piangere sulla tomba di Monsignore perché anch’io dovevo
partire con mamma per accompagnarlo e temevo che, se mio
fratello moriva in Francia, anche mamma sarebbe morta con
lui ed io mi sarei trovata sola
ed in terra straniera. Mi ricordo
che telefonai al suo medico e
mi disse: “Nelle condizioni in
cui è, l’intervento è rischioso”. Però non ero disperata,
ma serena, non prendevo quel
viaggio con angoscia. Un giorno mi trovavo in ufficio e sentii dire da don Luigi Garosio,
allora superiore dell’Associazione, succeduto a monsignor
Novarese: “Strano, ho sognato
Monsignore che mi diceva che
doveva recarsi a Parigi”. Al che
dissi tra me: “Son io che devo
recarmi a Parigi”. Una notte poi
l’ho sognato. Mi veniva incontro alla fermata dell’autobus
che prendo sempre, e mi disse:
“Guarirà”. Io applicai questa risposta alla preghiera fatta per
mio fratello e partii con mamma per Parigi.
L’intervento lungo, durò nove
ore, ed alla fine il cardiochirurgo, il prof. Neveu di fama in-
38
L’ancora 3 2015
ternazionale ci disse: “È salvo,
anche se le sue coronarie erano
in gravissimo stato”. Dopo l’intervento mio fratello una sera
ebbe una crisi: vennero subito a
prelevarlo dalla stanza e lo condussero via in un altro ospedale
per sottoporlo ad una lastra.
Io e mamma rimanemmo sconvolte in quella stanza, in
quell’ospedale lontano e facevamo da ponte alle sorelle rimaste in Italia che fremevano
anche loro. In quella notte,
mamma sconvolta, cadde in ginocchio e pregò mons. Novarese, visto che io gliene parlavo
tanto bene.
Appena mamma ebbe finito di
pregare, vedemmo mio fratello
sulla barella tutto sorridente
rientrare con i medici, i quali ci dissero che era stato un
farmaco, ma che le condizioni
erano buone. Ci rassicurammo.
Ma la mattina seguente la mia
meraviglia fu grande quando,
entrando, vidi mio fratello
seduto sul letto, sorridente e
pieno di commozione. Mi raccontava di aver avuto tutta la
notte mons. Novarese accanto,
che gli faceva compagnia e gli
parlava delle diverse iniziative
che egli stava facendo per l’apostolato della sua Opera. Devo
dire che mio fratello conosceva
bene mons. Novarese, ma non
sapeva come me delle diverse
iniziative che si svolgono. Comunque era tutto lieto e da lì
ad una settimana uscì dall’ospedale e tornammo in Italia.
Era perfettamente guarito.
PREGHIERA
O Padre, fonte di misericordia e consolazione,
Ti ringraziamo dei doni concessi al beato Luigi Novarese,
Fondatore dei Silenziosi Operai della Croce e del Centro Volontari della Sofferenza.
Tu lo hai reso, con la grazia dello Spirito Santo,
sacerdote del tuo Figlio Crocifisso e Risorto,
apostolo della Sua tenerissima misericordia.
Fa’, o Padre, che noi seguiamo il suo luminoso esempio
nell’affidamento alla Vergine Immacolata, nel servizio alla Chiesa,
nell’accoglienza della sofferenza come tempo santo
ove si manifestano le Tue grandi opere,
e nella promozione umana e cristiana dei sofferenti.
Rendici, o Padre, testimoni credibili di Cristo, e concedici,
per intercessione del beato Luigi, la grazia che imploriamo da Te,
l’unico onnipotente nell’amore...
Gloria al Padre...
Beato Luigi Novarese, prega per noi.
Chi ottenesse grazie per intercessione del beato Luigi Novarese è pregato di informare la
Direzione Generale dei Silenziosi Operai della Croce, Via di Monte del Gallo 105 - 00165 Roma.
Tel. 06-39674243 - [email protected]
39
L’ancora 3 2015
indialogo
IO, PRETE SEGNATO
DALLA MALATTIA
p. Alfonso M. Catanese osm
Il
Il mio cammino nella malattia è iniziato 37 anni fa,
rendendo molto provato
il mio percorso sacerdotale e
umano. Nel tempo, varie patologie si sono aggiunte aggravando il mio stato di salute.
«Smetta di piangere! Lei sta
vivendo il suo sacerdozio!». Il
tono dell’intervento della suora di notte era deciso, niente
affatto consolatorio, sincero.
Indicava con precisione chiarissima e razionale la chiave di
lettura di una situazione oscura, profondamente angosciosa,
senza via d’uscita. Disperante.
Fu per me davvero illuminante.
Ne avevo bisogno.
E il racconto di una esperienza concretamente vissuta
nella quale emerge l’impatto
psicologico con la sofferenza
ed, insieme, la possibilità di
una spiegazione di un senso
di una circostanza complessa ed estremamente dolorosa.
Mi spiego. Tutti siamo d’accor-
40
L’ancora 3 2015
do nel considerare la sofferenza un evento umano spiacevole, ma inevitabile: «In un certo
senso coesiste con noi stessi...
e sembra essere particolarmente essenziale alla natura
dell’uomo» (cfr. Salvifici doloris, n.1).
Ce lo ricorda una poesia appresa nell’adolescenza: «Tutti portan Croce quaggiù».
Certamente ciascuno ha la sua
sofferenza che si manifesta in
modo diverso secondo caratteristiche psicosomatiche, fisiche
o spirituali di ciascuno. Perciò
non è facile parlarne bene con
sano equilibrio e netta veridicità, e nemmeno lo è raccontare la propria esperienza.
Tuttavia, qualcosa si può accennare. Improvvisamente può
accadere che si presenti nella
vita la necessità di un incontro
col medico di base. Sembrava
una cosa da nulla. Invece la
diagnosi nefasta senza precisazione alcuna, ma con la chiara
urgenza di ulteriori approfondimenti clinici.
Ti getta in un profondo sconforto: tutto il mondo, le cose,
le persone, la vita stessa
scompaiono. Ti sembra di essere sospeso nel vuoto. Urge
il ricovero in ospedale. La tua
esperienza si concretizza in
una struttura che ti spaventa,
come temibile prigione dove
subito il tuo nome è sostituito
dal numero del letto.
Non sei più persona, ma numero. Il panico, allora, ti prende,
un panico vivo, straziante, ir-
razionale, quasi animalesco,
tutto l’essere pare riassumersi in un «puro grido» d’angoscia irrefrenabile, «l’indicibile
sofferenza», enigmatica, mostruosa. Ci si dibatte disperatamene, non c’è altra brama
che essere liberati da quell’orribile aggressore al più presto,
non importa come.
Non c’è altro pensiero,
né può esservi. «Di sicuro non è in questi
momenti che ci si prende dal tempo per far
delle domande, per pensare, parlare: neppure
per pregare. E il tempo
delle lacrime, dei gemiti, delle urla, del silenzio
cupo, pieno di morte».
Dove trovare il senso di
tutto questo accumulo di
sofferenza? Tutto ciò che
accade all’uomo non è
prodotto del caso, ma ha
la sua collocazione specifica in un disegno operativo e pieno d’amore,,
concepito, voluto e realiz-zato da un Padre che vuo-le soltanto il nostro bene.
ne.
«Sappiamo che tutto concorre
al bene di coloro che amano
Dio» (Rm 8, 28).
La prova può essere veramente immane assolutamente insostenibile gettandoli in una
disperazione totale, tanto,
talvolta, da farti immaginare
un’uscita tragica senza rimedio. Per questo in quei terribili
momenti di sconforto, ho pensato che non avrei avuto più
tanto tempo per vivere, come
mi avevano diagnosticato i
medici dell’ospedale. Allora ho
desiderato, come sacerdote e
cristiano, di ricevere il sacramento dell’unzione degli infermi, per trovare con esso, il
dono della consolazione, pace
e forza unito a Cristo. L’Apostolo san Giacomo, nel rivelar-
Lourdes. Un pellegrinaggio
della Lega Sacerdotale Mariana
ci questo sacramento, ne sottolinea l’efficacia unitamente
alla preghiera della Chiesa.
Il senso del soffrire si riesce
a comprendere stando di fronte alla nostra realtà umana
con i suoi limiti e la sua fragilità esposta naturalmente ad
un continuo divenire logorante, sostenuti però da un’autentica e solida Fede in Gesù
41
L’ancora 3 2015
Cristo per noi morto e risorto.
Per grazia di Dio, dal 1947 è
presente nella Chiesa e provvidenzialmente attiva un’originale Associazione, istituita
tra i malati e per i malati: il
Centro Volontari della Sofferenza, fondata da un geniale e carismatico sacerdote, il
beato Luigi Novarese, il quale
ispirò ai messaggi della
si isp
Vergine Maria a Lourdes e a
Vergin
Fatima (penitenza, preghieFatim
offerte di sacrifici per i
ra, of
peccatori e per le necessità
pecc
della Santa Chiesa).
Beato trovò, quindi riIl B
sposta al tormentoso prospos
blema della sofferenza
blem
umana e si dedicò interauma
mente alla valorizzazione
men
dei sofferenti.
L’originalità di questa AsL’or
sociazione è precisamensoci
te di essere costituita da
ammalati, disabili conam
sapevoli di essere, essi
sap
pure, chiamati a lavorare
pu
nella vigna del Signone
re, soggetti attivi di un
particolare apostolato
pa
realizzato con le residue
real
risorse personali «l’ammalari
to per mezzo dell’ammalato
con l’aiuto del fratello sano».
Volontari, perciò, nell’accettare responsabilmente la propria situazione e viverla quale
speciale vocazione «ad amare
di più», alla sequela di Cristo, il
Volontario per eccellenza che «si
è offerto perché ha voluto» (Sacra Scrittura), sostenuti e guidati da Maria Immacolata. ■
indialogo
GUARIRE
A LOURDES
Giovannina Vescio
In occasione della “Giornata Mondiale del Malato”
lo scorso 6 febbraio, ad Asti, è stato presentato il libro
“Guarire a Lourdes. La via del beato Luigi Novarese”
scritto dal giornalista e biografo di mons. Luigi Novarese,
Mauro Anselmo.
Asti, 6 febbraio 2015
S
olo dentro di noi, nella dimensione spirituale più profonda, si trova la via. E la
Via, quella che decide il nostro
destino è una sola: Gesù Cristo.
Questo insegnava Novarese.
E proprio questo è l’insegnamento che viene presentato e
approfondito nel libro “Guarire
a Lourdes. La via del beato Luigi Novarese” scritto da Mauro
Anselmo.
Un libro su Lourdes che non
racconta la vita di Bernadette
o la storia delle apparizioni,
come avviene nella maggior
parte delle opere dedicate al
santuario mariano più celebre
del mondo.
“Guarire a Lourdes” è scritto
dal punto di vista degli ammalati. E intende esplorare, come
si legge nell’introduzione “il
modo con il quale gli ammalati affrontano il dolore alla luce
della fede. Come lo pensano e
lo vivono. I malati come
testimoni del dolore in
una società che lo nasconde e
lo ignora attraverso i messaggi
di una cultura ipocrita diffusa
apposta dai media per evitare le domande essenziali della
vita”.
Per questi malati Lourdes rappresenta uno straordinario appuntamento spirituale. E l’autore lo racconta avendo preso
parte, con il Centro Volontari
della Sofferenza di Brescia, a
tre pellegrinaggi che si sono
svolti nella settimana di Pasqua
dal 2011 al 2013.
Il pellegrinaggio a Lourdes,
dunque, vissuto secondo l’insegnamento del beato Novarese.
Il pellegrinaggio non è soltanto un viaggio. È un’avventura
dello spirito che diventa esercizio spirituale.
In che modo?
Per rispondere alla domanda,
voglio ricordare che Novarese,
colpito alla età di nove anni
dalla tubercolosi ossea – ma-
42
L’ancora 3 2015
lattia per la quale nella prima
metà del Novecento non esisteva una cura – compì il primo
viaggio a Lourdes nel 1927,
all’età di tredici anni. Non
guarì in quel viaggio (il Signore
lo avrebbe guarito quattro anni
dopo, nel 1931), ma capì che
l’esperienza spirituale che ogni
malato realizzava a Lourdes poteva diventare un’occasione di
liberazione straordinaria.
Lo spiega bene nel libro don Armando Aufiero, Presidente della
Confederazione Internazionale
dei CVS. “È davanti alla realtà
della sofferenza che Lourdes ci
fa vedere e ci insegna qualcosa
di sorprendente: il dolore non
ha partita vinta. Può piegare
il corpo del malato, ma non ne
abbatte lo spirito”.
Questo aveva capito il giovane Novarese nella sua dolorosa esperienza della malattia e
questo per tutta la vita ha voluto trasmettere agli ammalati.
“L’incontro con il Cristo risorto”, dice don Armando, “la pre-
ghiera a Maria, il contatto con
l’energia della fede trasmettono
al malato la consapevolezza di
sentirsi figlio, amato dal Signore e cambiano radicalmente il
suo modo di pensare se stesso e
la malattia. È questa l’esperienza spirituale che produce quella
che comunemente definiamo la
guarigione interiore”.
Una guarigione della quale la
medicina tradizionale non si occupa, ma che – come ci ha insegnato il beato Novarese – può
avere un ruolo terapeutico positivo nel modo con il quale il malato affronta e vive la malattia.
A Lourdes è di scena la sofferenza. C’è il giovane disabile che il
caso ha inchiodato alla carrozzella per il resto della vita in
seguito a un incidente stradale.
C’è Enrico, il ragazzo malato di
SLA che si guarda intorno, inquieto, alla ricerca dell’accompagnatore che si è allontanato.
C’è la giovane donna, mamma
di due gemelle, che ha appena
finito l’ennesimo ciclo di chemioterapia.
Nel vivere la settimana pasquale a Lourdes, i malati si raccontano. E, con i malati, parlano
i medici, gli accompagnatori,
i volontari, i sacerdoti. Tante
sono le storie, le testimonianze, le esperienze spirituali che
ci commuovono e ci entusiasmano. E allora scopriamo che
il malato, come insegnava Novarese, può diventare “il Buon
Samaritano per il fratello sano”.
Novarese non accompagnava gli
infermi a Lourdes soltanto per
farli pregare o intervenire alle
cerimonie. Predicava l’affidamento al Cuore Immacolato di
Maria. Attivava nei malati una
riflessione profonda su se stessi
e la malattia, li rendeva capaci
di essere apostoli e consolatori.
L’ammalato “Buon Samaritano per il fratello sano” è una
delle intuizioni più innovative
e feconde del suo insegnamento: “Potete diventare apostoli
e maestri”, diceva Novarese,
“tes
“testimoni
della gioia di avere
scoperto il Signore nella sofscop
fere
ferenza.
Maestri di speranza
nell
nell’insegnare agli altri, ai non
amm
ammalati, ad apprezzare il dono
dell
della salute e della vita. Voi,
prop
proprio voi, con il vostro eroismo e la vostra serenità potete
essere un esempio di coraggio e
di fede nel Signore”.
Il libro “Guarire a Lourdes. La
via del beato Luigi Novarese”,
completa la biografia “Luigi
Novarese. Lo spirito che cura
il corpo”, pubblicata nel 2011.
E ci dimostra ancora una volta
quanto sia stato prezioso l’insegnamento di questo sacerdote di Casale Monferrato che
avendo saputo accompagnare i
malati nel buio della sofferenza, ha insegnato loro il percorso verso la luce: la Croce di
Cristo che sfidando il mondo,
trionfa nell’Amore sul mondo e
sulla morte.
Oggi, domani e sempre. ■
GUARIRE a LOURDES
G
La via del beato LUIGI NOVARESE
di M
Mauro Anselmo
Qu
Questo
è un libro su Lourdes che ha come
protagonisti gli ammalati. Cioè coloro che,
pro
giorno per giorno, posano lo sguardo sul
gio
mondo da una prospettiva di sofferenza.
mo
Questo testo esplora il modo con il quale essi
Qu
aff
affrontano il dolore alla luce della fede. Quel
dolore innocente la cui esis
esistenza ha accompagnato il destino dell’uomo nel corso dei secoli e continua, anche oggi, a interrogare i credenti.
ISBN 978-88-8407-222-1 - pp. 224 - € 13,00
noicvsNOIcvsNoiCVSnoicvsnoicvsNOIc
CVS DI CASTELLENETA (BA)
GIACOMO ROTOLO
Una celebrazione per il venticinquesimo anniversario della morte
resso la Chiesa “SS. Maria
Santissima Assunta” in Mottola il 5 dicembre 2014, mons.
Claudio Maniago, vescovo di
Castellaneta, ha presieduto la
celebrazione per il 25esimo anniversario della morte di Giacomo Rotolo, fondatore del CVS di
Castellaneta.
Il vescovo ha ricordato nell’omelia la grande personalità di Giacomo ringraziando il Signore per la vita di
dis
disabile, possa aderire a
questo uomo segnata da
un
un’Associazione, benemepiù sofferenze. “Una vita
rita
rita, come il Centro Volonfaticosa, una vita che, agli
tar
tari della Sofferenza. Perocchi degli uomini che non
ch
ché le persone che sono
hanno uno sguardo ampio
to
toccate dalla sofferenza,
della fede, può sembrare
da
dalla
malattia, attraveruna vita inutile, anzi una
so questa Associazione si
vita sprecata, una vita
sen
se
sentono ben servite e ben
addirittura, direbbe papa
pre
presenti, addirittura attive
Francesco, da scartare. La
all
all’interno della comunità
sua casa, ad esempio, con
cris
cristiana con un apostolalui ormai infermo, era afto proprio.
follata di persone di ogni
Se un uomo come lui ha
genere che andavano da
reso così significativa la
lui a chiedere una parosua vita, ebbene anche noi
la; un conforto e questa
ai!”. re – ha ribadito mons. Maniago siamo cchiamati a fare lo stesso”.
parola a lui non mancava mai!”.
(Antonio e Teresa)
“Un altro tratto che ci fa pensa- – è che una persona sofferente,
P
A CASALE MONFERRATO UNA VIA PER MONSIGNORE
È ufficiale. La giunta di Titti Palazzetti, accogliendo il parere favorevole della commissione toponomastica, ha deliberato l’intitolazione di una via della città al beato
Luigi Novarese. La strada, che si pensa verrà inaugurata in primavera, porta alla
collina Sant’Anna, dove sorge la Cascina Serniola, luogo in cui Novarese nacque il
29 luglio 1914, oggi sede della Comunità, casa di accoglienza per sacerdoti anziani
e anche luogo del museo dedicato al beato.
“I Silenziosi Operai della Croce – dice don Janusz Malski, Moderatore Generale dei
Silenziosi Operai della Croce – vogliono ringraziare il sindaco insieme alla giunta e
all’amministrazione precedente per la vicinanza e l’impegno dimostrato nell’onorare
la memoria di Monsignore”.
44
Il sindaco Titti Palazzetti e Giancarlo Cerutti, nipote del beato Novarese
L’ancora 3 2015
OIcvsnoicvsNoiCVSnoicvsnoicvsNOIcvsnoicvs
CVS DI BOLOGNA
IN RICORDO DI GABRIELLA
utta la Comunità del CVS si
è unita in preghiera presso
la Chiesa di S. Andrea di Cadriano (Bo) il 7 gennaio 2015,
per la morte di Gabriella Gruppioni, da tanti anni alla guida
del CVS diocesano.
La grandezza di questa piccola, ma grande donna, che con
discrezione ed umiltà è vissuta
per tanti anni accanto a noi
T
spendendosi serenamente con
spirito di sacrificio e con un
forte senso del dovere è stata
la sua profonda e semplice fede
nell’amore di Dio per lei.
Ha accettato sempre la volontà di Dio senza nessun tentennamento: è stata capace La croce era il centro della sua
di insegnarci che la suprema vita, era soltanto vocazione
sapienza del cristiano è l’ab- ad amare di più.
bandono nelle braccia di Dio.
(don Giovanni Cati)
CVS DI TERNI
IIN
N PPREGHIERA
REGHIERA PER LA B
BEATIFICAZIONE DI TINARELLI
D
omenica 18 gennaio u.s., nella Cattedrale
della diocesi di Terni-Narni-Amelia, dove è
sepolto il Venerabile Giunio Tinarelli, S.E. mons.
Giuseppe Piemontese, ha presieduto la solenne Celebrazione Eucaristica a sessant’anni dalla scomparsa del Servo di Dio, pregando per la
prossima beatificazione.
In Cattedrale erano presenti le autorità, numerosi fedeli e gli associati del Centro
Volontari della Sofferenza e dell’Unitalsi che riconosce Giunio Tinarelli come
fondatore della sotto-sezione ternana.
Il 19 dicembre 2009, la Congregazione
delle Cause dei Santi ha promulgato le
virtù eroiche del Servo di Dio Giunio Tinarelli
membro dei Silenziosi Operai della Croce, nato
a Terni il 27 maggio 1912 e morto il 14 gennaio
1956.
Si è pregato affinché, per intercessione di Giunio Tinarelli, possa avvenire un miracolo che gli
consenta di salire presto agli onori degli altari.
Durante la giornata si sono succedute testimonianze e interventi: il vescovo delnian
la ddiocesi, il Postulatore della Causa
don Armando Aufiero, il parroco della CCattedrale mons. Giancarlo Romani cche, come giovane sacerdote, accompagnava spiritualmente Giunio.
com
45
L’ancora 3 2015
noicvsNoiCVSnoicvsnoicvsNOIcvsnoicvs
CVS DI BRESCIA
ANGIOLINO BONETTA
M
ercoledì 28 gennaio era
l’anniversario della morte
del Servo di Dio Angiolino Bonetta e la parrocchia di Cigole
(BS), a cui apparteneva il giovinetto, ha organizzato un incontro veramente straordinario
per la numerosità dei partecipanti all’incontro eucaristico
della Santa Messa in programma per le ore 19.30.
Ha presieduto la Celebrazione
monsignor Olmi Vigilio Mario,
vescovo ausiliare emerito di
Brescia.
Il nuovo parroco di Cigole, padre Abramo Camisani ha dimostrato di voler veramente bene
ad Angiolino, anche se non lo
ha personalmente conosciuto.
Ha organizzato felicemente l’incontro per cui la Chiesa, nonostante fosse un giorno feriale,
era letteralmente gremita come
mai si è constatato in occasioni
precedenti.
Una decina di sacerdoti delle
adiacenze di Cigole hanno concelebrato la Santa Messa.
Monsignor Olmi ha tenuto una
densa omelia che è stata accolta con senso di devozione dai
numerosi presenti in ascolto
attento.
Il gruppo del canto della parrocchia ha accompagnato e fatto gustare canti solenni e devoti per tutta la funzione.
Ci fa veramente bene ricordare
anche con una certa solennità queste persone che hanno
vissuto tra noi. Non è per una
esaltazione vuota, ma perché
il loro ricordo porti a noi l’esempio della loro vita e dei loro
insegnamenti e perchè impariamo a vivere da veri figli di Dio.
(don Pietro Bonfadini)
CVS DI ROMA
APPUNTAMENTO PRESSO
LA DIREZIONE GENERALE
resso la Direzione Generale dei Silenziosi Operai della
Croce di via Monte del Gallo 105 (Roma) si è svolto il 15
febbraio u.s. un incontro del CVS capitolino sul Messaggio
che il Santo Padre Francesco ha promulgato per la Giornata
Mondiale del Malato.
Claudio Carminucci, Responsabile del CVS a Roma, ha illustrato, insieme agli altri partecipanti, le attività apostoliche
in corso di svolgimento, considerando che il Gruppo d’Avanguardia è stato ricostituito nel mese di novembre 2014.
P
46
L’ancora 3 2015
s
LEGA SACERDOTALE MARIANA • SILENZIOSI OPERAI DELLA CROCE
64° Pellegrinaggio
a LOURDES
Presieduto da Sua Em.za
card. Giuseppe Versaldi
5
1
0
2
to
s
o
g
a
1
26 luglio -
✂
La gioia della
missione
Le meditazioni ai sacerdoti saranno tenute dal
IN TRENO:
cardinale Giuseppe Versaldi
da Reggio Calabria,
Lamezia, Battipaglia, Napoli,
Aversa, Roma Ost., Grosseto, Livorno,
Pisa, Massa Centro, La Spezia, Chiavari,
Genova Brignole, Savona, Arma di Taggio, Ventimiglia.
Le catechesi ai pellegrini saranno proposte dal
MODALITÀ DI PARTECIPAZIONE
vescovo Domenico Cancian
✂
Quota di partecipazione (da tutti i luoghi di partenza):
ACCUEIL NOTRE DAME (sacerdoti e pellegrini disabili) € 580
• per bambini fino a 2 anni, gratuito
• da 2 a 12 anni € 480
HOTEL*** (camere a 2 letti) € 720
• per bambini fino a 2 anni, gratuito
• da 2 a 12 anni € 620
La quota comprende: l’iscrizione, il viaggio in treno (in cuccetta di seconda classe
con 6 passeggeri); la pensione completa, escluso il vino, dal pranzo di domenica 26
a quello di sabato 1 agosto; i trasferimenti dalla stazione di Lourdes
isi
l
a
i
agli alloggi e viceversa; il distintivo, il libretto del pellegrinaggio,
D
o
l’assicurazione contro gli infortuni.
izi Si ricorda che il Centro
v
Supplemento camera singola: € 160 in albergo.
er Dialisi UNITÈ D’AUTODIALYSE
S
PAU NAVARRE dista circa 40 km
da Lourdes. Tutti possono usufruirne. Le richieste in merito
siano comunicate quanto prima (45 giorni prima della partenza)
per la prenotazione e lʼinvio della documentazione necessaria.
Scarica

un cuore aperto accoglie sempre