Editoriale Janusz Malski Moderatore Generale dei SOdC UN CUORE APERTO ACCOGLIE SEMPRE senso di condivisione che deve caratterizzare l’appartenenza di ogni singolo cristiano alla Chiesa universale. Un autentico processo di conversione richiede un certo sforzo da parte nostra poiché questo non avviene in un attimo. Il Signore infatti comunica la sua pace col trascorrere del tempo ed in risposta alla ricerca costante dell’uomo. La conversione, infatti, è opera del Signore ma è condizionata dalla nostra collaborazione. A seconda della realtà personale di ognuno si avvertono gli effetti. Possedere un cuore misericordioso guarisce le nostre ferite intime, ma per essere misericordiosi e caritatevoli nel vero senso della parola, occorre l’azione dello Spirito Santo. Inoltre, proprio perché siamo Volontari della Sofferenza, dobbiamo ricordare che anche la dimensione del soffrire “costituisce un richiamo alla conversione”, così come ci ricorda papa Francesco nel suo messaggio quaresimale. In questo tempo forte per la Chiesa, ogni sofferente chieda al Signore di donargli un cuore puro, sereno, desideroso di aprirsi agli altri e soprattutto desideroso di avere lo stesso desiderio di riparazione di Gesù, lo stesso amore per i peccatori. Come diceva mons. Luigi Novarese: “Un cuore aperto non ha cancelli, non ha porte, non ha sentinelle, non rifiuta nessuno, accoglie sempre, non bada se chi accede ha buona o cattiva maniera [...] e nel momento delle nostre tenebre più dense, non cessiamo di amare, di credere e di aprire il cuore alla speranza”. ■ Nel messaggio per la Quaresima 2015, papa Francesco ci esorta a rinnovare ed aprire il nostro cuore affinché quel continuo processo di conversione che caratterizza la vita di ogni credente diventi sempre più maturo e spiritualmente aderente all’amore di Dio. Come appartenenti al Centro Volontari della Sofferenza dobbiamo considerare le esortazioni del Santo Padre un impulso ad un sempre maggiore impegno verso la nostra spiritualità e verso il nostro apostolato, avendo ben chiaro come solido punto di riferimento il carisma del beato Luigi Novarese, il quale esortava a collaborare al piano della salvezza aderendo incondizionatamente a quanto la Vergine Santa proclamò a Lourdes e a Fatima, soprattutto in tema di conversione. Oggi, forse anche grazie ad una deleteria cultura dell’apparire e ad una insana tendenza verso un utilitarismo che non di rado riduce la dignità umana ai minimi termini, sembra imporsi una mentalità collettiva dove domina l’indifferenza, ed è per questo che papa Francesco, nel suo messaggio per la Quaresima, sottolinea che: “Anche come singoli abbiamo la tentazione dell’indifferenza. Siamo saturi di notizie e immagini sconvolgenti che ci narrano la sofferenza umana e sentiamo nel medesimo tempo tutta la nostra incapacità ad intervenire”. Ma, allo stesso tempo, come cristiani impegnati nella sequela Christi, abbiamo la possibilità di agire sulle miserie del mondo attraverso la preghiera, nonché attraverso piccoli gesti concreti che esprimono quell’autentico 1 L’ancora 3 2015 SOMMARIO Fondatore: Mons. Luigi Novarese Direttore responsabile: Filippo Di Giacomo Legale rappresentante: Giovan Giuseppe Torre Redazione: Samar Al Nameh, Mauro Anselmo, Armando Aufiero, Mara Strazzacappa Segretario di redazione: Carmine Di Pinto Progetto grafico e Art direction: Nevio De Zolt Hanno collaborato: Alessandro Anselmo, Antonietta Aufiero, Ilaria Barigazzi, Giovanna Bettiol, Pietro Bonfadini, Alfonso Maria Catanese, Giovanni Cati, Felice Di Giandomenico, Letizia Ferraris, Remigio Fusi, Antonio Giorgini, Walter Mazzoni, Italo Monticelli, Mario Morigi, Mauro Orsatti, Angela Petitti, Gianluca Scrimieri, Mara Strazzacappa; Giovannina Vescio Marzo 2015 Foto di copertina: Giovanna Bettiol Foto: Alessandro Anselmo: pp. 32, 33, 40; Agenzia Sir: pp. 19, 36; Giovanna Bettiol: pp. 30, 46; Erminio Cruciani: pp. 8, 9, 10, 11, 39, 40, 45; Janusz Malski: pp. 14, 15; Antonio Monteleone: p. 40; Piotr Spalek: pp. 17, 18; Foto Viron: pp. 41, 47 Periodico associato all’Unione Stampa Periodica Italiana Tipolitografia Istituto Salesiano Pio XI Via Umbertide, 11 - 00181 Roma Tel. 067827819 - [email protected] Finito di stampare: Gennaio 2015 RIVISTA MENSILE DEL CENTRO VOLONTARI DELLA SOFFERENZA L’ Ai sensi dell’art. 13, legge 675/96, gli abbonati alla rivista potranno esercitare i relativi diritti, fra cui consultare, modificare o cancellare i propri dati, rivolgendovi alla Redazione dell’Ancora I dati forniti dai sottoscrittori degli abbonamenti vengono utilizzati esclusivamente per l’invio della pubblicazione e non vengono ceduti a terzi per alcun motivo Il materiale inviato non viene restituito e la pubblicazione degli articoli non prevede nessuna forma di retribuzione ANCORA 3 Direzione e amministrazione: Via dei Bresciani, 2 - 00186 Roma [email protected] www.luiginovarese.org REDAZIONE e UFFICIO ABBONAMENTI: Via di Monte del Gallo, 105/111 - 00165 Roma Tel. 0639674243 - 0645437764 - Fax 0639637828 [email protected] www.luiginovarese.org Pubblicazione iscritta al n°418 del 8/9/1986 nuova serie già registrata al Tribunale di Roma n°1516 del 19/4/1950 Per ricevere la rivista: Italia ed estero - Annuale €18,00 C/c p. n° 718007 intestato a Associazione Silenziosi Operai della Croce Centro Volontari della Sofferenza Via di Monte del Gallo, 105 - 00165 Roma Con permissione ecclesiastica 6 18 32 38 2 34 8 45 Janusz Malski una guida che continua 4 Accogliere la chiamata 6 Globalizzare l’indifferenza? Remigio Fusi 8 La nuova evangelizzazione alla luce dell’Evangelii Gaudium Alessandro Anselmo 12 Il mondo giovanile, via verso l’alto Mario Morigi 14 Svegliate il mondo! Antonietta Aufiero informazione Angela Petitti 16 Testimoni privilegiati di umanità Gianluca Scrimieri 18 Quando le case avevano un nome Angela Petitti 20 Protetti dall’amore Italo Monticelli 22 Bicentenario della nascita di Don Bosco a cura della Redazione l’Ancora dei piccoli 23 Vi raccontiamo Luigi lectio 27 Giobbe, contestatore e mistico Mauro Orsatti celebrazione 30 Per essere sapienti Giovanna Bettiol 32 La nuova RSA “Virgo Potens” Alessandro Anselmo 34 Il Beato Luigi Novarese e San Giovanni Paolo II Antonio Giorgini 36 Il buon uso di salute e malattia Mara Strazzacappa 38 Grazie... su Grazie a cura di Felice Di Giandomenico 40 Io, prete segnato dalla malattia p. Alfonso M. Catanese 42 Guarire a Lourdes Giovannina Vescio noicvs 44 Giacomo Rotolo. Venticinquesimo della morte A Casale Monferrato una via per Monsignore 45 In ricordo di Gabriella In preghiera per la beatificazione di Tinarelli 46 Angiolino Bonetta Appuntamento presso la Direzione Generale 47 64° Pellegrinaggio a Lourdes indialogo inascolto 6 8 8 23 editoriale 1 Un cuore aperto accoglie sempre una guida che continua ACCOGLIERE LA CHIAMATA Angela Petitti Che valore ha la vita senza vocazione? Non una vocazione specifica nella vita consacrata o nel sacerdozio, ma la vocazione a figlio di Dio, con il compito, diverso per ognuno, di rendere presente e attraente il suo Regno. Il beato Luigi Novarese non si stanca mai di proporre riflessioni su questo tema e offrire sollecitazioni ad accogliere la chiamata di Dio per ognuno. io incontro all’uomo e l’uomo incontro a Dio. Per prima cosa c’è l’iniziativa di Dio. L’incontro di Dio con la creatura nel seno dell’Immacolata è il primo punto dell’intervento divino nella storia dell’umanità. Appare evidente il profondo amore del Creatore che ci viene incontro. Egli non ha abbandonato l’uomo a se stesso, nell’impossibilità di risolvere i problemi essenziali della propria esistenza: di dare un senso, uno scopo, al lavoro ed al dolore. Il suo desiderio, invece è di dare all’uomo principi “D di vita e d’azione che portano alle più alte vette della santità”. Dopo aver stabilito questi punti di partenza, monsignor Novarese parla del modello vocazionale per eccellenza che è Maria Santissima: “Non soltanto Gesù volle attuare l’opera redentiva, ma volle porre dinanzi alla nostra considerazione un esempio di creatura in tutto uguale a noi, diversa da noi soltanto per l’assenza del peccato, Maria Ss.ma, per dimostrarci la piena possibilità di seguirlo. Maria, acconsentendo alla parola divina, diventò Madre di Gesù, e abbracciando, con tutto l’animo e senza peso alcuno di peccato, la volontà salvifica di Dio, consacrò totalmente se stessa quale ancella del Signore alla persona ed all’opera del Figlio suo”. Accoglienza e consenso sono, dunque, due cardini per vivere la vita personale come vocazione. Accoglienza, perché l’iniziativa non è nostra; consenso, perché in piena libertà possiamo dire il nostro sì, traducendolo di giorno in giorno in azioni di adesione. Vale la pena di soffermarsi un po’ sulla parola consenso. Nel suo significato originario significa sentire insieme, aderire ad un’altra volontà. Di fatti, scrive il beato: “È necessario far scoprire a chi soffre che la partecipazione alla vita di Dio, è un preciso punto impegnativo di partenza e di cooperazione, che ci impegna dal nostro programma personale di santità fino alla donazione d’amore di noi stessi per la salvezza di tutti. Come Cristo che ci impegna, per coerente identità di idee e di sentimenti, a dare come Lui la vita per i fratelli”. Consenso, oltre che aderire ad un’altra volontà significa anche che, proprio per questa adesione e in questa adesione, noi troviamo il senso del nostro essere al mondo. E questa è la realtà più importante e anche ciò che meglio aiuta ogni uomo a non sentirsi inutile né superfluo nel suo esistere. Così, monsignor Novarese arriva alla vocazione di una persona sofferente: “Da quanto è stato accennato scaturiscono alcuni punti che devono essere portati ai sofferenti in fraterno, amichevole e solidale colloquio affinché escano dal proprio isolamento e comprendano le grandi possibilità costruttive che essi detengono sia per l’incremento e vitalità del Corpo Mistico di Cristo, sia per l’intera umanità. Non per compassione, diciamo a chi soffre che il dolore è vinto ma perché il Figlio di Dio realmente lo ha vinto con la Sua morte in croce. Per questo è possibile comprendere e far comprendere che, comunicando a noi la sua vita, Dio ci dona possibilità costruttive e nuove responsabilità, in piano soprannaturale, impensate. Come conseguenza, ecco la responsabilità vocazionale. Non tutti siamo lo stesso membro nel Corpo Mistico di Cristo pur costituendo tutti un solo corpo. È dovere quindi di ciascuno, attraverso la meditazione e la considerazione delle cause seconde, scoprire la propria vocazione, per viverla con dignità, ricchezza di espressioni e di offerta, come l’ha vissuta nostro Signore Gesù Cristo per il completo sviluppo del nostro Corpo Mistico, di cui gioiosamente facciamo parte”. Notiamo le evidenziazioni del beato Novarese: dignità, ricchezza di espressioni e di offerta. Sono tre sottolineature che indicano la modalità di vita di una esistenza pienamente consapevole della dignità che detiene e pienamente in grado di amministrare il dono di sé senza restrizioni di offerta. Al di là delle vocazioni specifiche, possiamo esercitarci con generosità in quello che lui chiama “il Sacerdozio dei fedeli, regale sacerdozio di Cristo, affermato da coloro che ne sono stati investiti col Battesimo, con vera consapevolezza sentita e vissuta. L’ammalato nel suo ambiente di sofferenza è il Cristo che continua la sua passione, per cui, essendo egli una cosa sola con Lui, non può svilire il suo sacerdozio, né può sminuire le sue visualità di offerte sacrificali, né indebolirle o svuotarle”. Le conseguenze sono davvero, come afferma nella conclusione della sua riflessione, “grandi e meravigliose perché realmente così sono le vie di Dio! E così la vita del cristiano, a maggior ragione la vita del sofferente, è la più bella vita lanciata nell’amore che, nell’unità con la persona amata, Cristo, ci porta alla conquista di tanti altri fratelli, arricchendo e potenziando a loro volta noi stessi con la rispondenza alla grazia, abbellendo il volto della Chiesa, dilatando il Regno di Dio”. La gioia accresce la gioia, l’amore alimenta l’amore, l’adesione promuove l’adesione. In un cammino di gloria in gloria, di luce in luce. ■ FOTO STORICA 1961. Mons. Luigi Novarese con don Remigio Fusi a Mendola (Bz) per le giornate di formazione. Da sinistra, si riconoscono le Sorelle SOdC: Claudia Giustiniani, Luisa Giustiniani, Nunzia Scatigno, la Sorella Maggiore Elvira Myriam Psorulla e Maria Carnessali. 5 L’ancora 3 2015 informazione Un richiamo per vivere la Quaresima GLOBALIZZARE L’INDIFFERENZA? Remigio Fusi Papa Francesco nel Messaggio per la Quaresima 2015 invita a lottare contro l’attitudine egoistica che oggi ha assunto una dimensione mondiale e che spinge a dimenticarsi, o peggio, a ignorare le persone che soffrono, le ingiustizie che subiscono e, più in generale, i loro problemi; ma anche a ignorare Dio stesso. P apa Francesco, nel suo Messaggio per la Quaresima, sottolinea con forza un pericolo che tocca tutti gli uomini, “la globalizzazione” ossia l’indifferenza verso Dio e verso il prossimo. È necessario un richiamo, affinché “la porta che l’Incarnazione ha aperto da Dio verso l’uomo” non abbia a chiudersi, eliminando il rapporto Dio-uomo. Propone poi tre passi, per impedire che questo male accada. Se un membro soffre, tutte le membra soffrono La carità di Dio che rompe questa mortale chiusura ci viene offerta dalla Chiesa con la Parola, con i suoi insegnamenti e con le Sue testimonianze. Il cristiano deve permettere a Dio di rivestirlo della sua bontà e misericordia, di rivestirsi di Cristo per diventare con Lui servo di Dio e degli uomini. Deve quindi “lasciarsi lavare i piedi da Dio”, per far parte di Lui e, poi, potrà lavare i piedi degli altri. Dov’è tuo fratello? Papa Francesco continua: “Quanto detto per la Chiesa universale deve essere tradotto e vissuto nella Chiesa particolare: parrocchia o comunità”. Ma per accogliere e vivere questo insegnamento è necessario essere convinti che facciamo parte di un solo corpo: un corpo che conosce e si prende cura delle sue membra. Per far fruttificare i doni che 6 L’ancora 3 2015 Dio ci offre occorre superare i confini della Chiesa visibile in due direzioni: – prima di tutto unirci con la Chiesa del Cielo. “Quando la Chiesa terrena prega si instaura una comunione di reciproco servizio. Con i Santi facciamo parte di questa Comunione nella quale l’indifferenza è vinta”. I Santi non hanno voltato le spalle alle sofferenze del mondo, piuttosto possono contemplare e gioire per il fatto che, con la morte e risurrezione di Cristo, hanno vinto l’indifferenza. Noi partecipiamo dei meriti e delle gioie dei Santi ed essi partecipano alla nostra lotta. In secondo luogo: la Chiesa è per natura sua missionaria. Questa missione è la paziente testimonianza di coloro che vogliono portare al Padre tutte le realtà di ogni uomo. La Chiesa segue Gesù Cristo sulla strada che conduce ai confini del mondo. Così anche noi possiamo vedere nel nostro prossimo il fratello e la sorella per i quali Cristo è morto e risorto. Quanto abbiamo ricevuto dobbiamo condividerlo con gli altri. Rinfrancate i vostri cuori (Gv 5,8): il singolo fedele Come possiamo fare per non lasciarci assorbire dalla tentazione dell’indifferenza? – prima di tutto dobbiamo pregare nella Comunione della Chiesa terrena e celeste. Non trascuriamo la forza della preghiera; – in secondo luogo possiamo aiutare con gesti di carità, raggiungendo così i vicini e i lon- tani, grazie ai tanti Organismi della Chiesa; – in terzo luogo, la sofferenza dell’altro costituisce richiamo alla conversione, perché ci ricorda le nostre fragilità. Se accettiamo i limiti delle nostre possibilità potremo resistere alla tentazione diabolica che ci fa credere di poterci salvare e di salvare il mondo intero. Il Santo Padre conclude: “Per superare l’indifferenza e le nostre pretese di onnipotenza, vorrei chiedervi di vivere questo tempo di Quaresima, con un percorso di formazione del cuore. Avere un cuore misericordioso non significa avere un cuore debole. Chi vuole essere misericordioso, ha bisogno di un cuore forte, saldo, chiuso alla tentazione, ma aperto a Dio. Un cuore che si lascia compenetrare dallo Spirito e portare sulle strade dell’amore che conducono ai fratelli e alle sorelle. In fondo, un cuore povero che conosce cioè le proprie povertà si spende per l’altro”. Per questo, cari fratelli e sorelle, desidero pregare con voi in questa Quaresima: “Fac cor nostrum, secundum cor tuum Rendi il nostro cuore, simile al tuo”. “Allora avremo un cuore forte e misericordioso, vigile e generoso, che non si lascia chiudere in se stesso e non cade nella vertigine della globalizzazione dell’indifferenza”. ■ [...] Ogni comunità cristiana è chiamata a varcare la soglia che la pone in relazione con la società che la circonda, con i poveri e i lontani. La Chiesa per sua natura è missionaria, non ripiegata su se stessa, ma mandata a tutti gli uomini. Questa missione è la paziente testimonianza di Colui che vuole portare al Padre tutta la realtà ed ogni uomo. La missione è ciò che l’amore non può tacere. La Chiesa segue Gesù Cristo sulla strada che la conduce ad ogni uomo, fino ai confini della terra (cfr. At 1,8). Così possiamo vedere nel nostro prossimo il fratello e la sorella per i quali Cristo è morto ed è risorto. Quanto abbiamo ricevuto, lo abbiamo ricevuto anche per loro. E parimenti, quanto questi fratelli possiedono è un dono per la Chiesa e per l’umanità intera. Dal Messaggio del Santo Padre Francesco per la Quaresima 7 L’ancora 3 2015 informazione Alessandro Anselmo “La nuova evangelizzazione alla luce dell’Evangelii Gaudium”. Questo è il titolo del Convegno sacerdotale che si è tenuto a Roma dal 26 al 28 gennaio presso la Direzione Generale dei Silenziosi Operai della Croce. Papa Francesco ne ha sottolineato la presenza al termine dell’Udienza generale tenuta il 28 gennaio nell’Aula Paolo VI: “Saluto i partecipanti al Convegno organizzato dai Silenziosi Operai della Croce”. L’evento, divenuto un appuntamento annuale, ha visto la partecipazione di sacerdoti e fedeli da tutta Italia. Tre giorni di incontri, approfondimenti e preghiere per discutere sulle parole del Pontefice argentino “La Chiesa diventi una casa per molti, una madre per tutti i popoli e renda possibile la nascita di un mondo nuovo”. Gli incontri sono iniziati lunedì 26, con l’introduzione di don Armando Aufiero, tra gli organizzatori dell’evento: “Il nostro Convegno sacerdotale si propone, alla luce dell’Evangelii Gaudium, di riscoprire la sorgente dell’evangelizzazione nell mondo nd contemporaneo nt – ha spiegato don Armando. Armando Quello della Esortazione Apostolica è un linguaggio chiaro, immediato, senza retorica né sottointesi. Papa Francesco va al cuore dei problemi che vive l’uomo di oggi e che, da parte della Chiesa, richiedono molto più di una semplice presenza. Il Vangelo deve giungere a tutti, senza esclusione di sorta. E un ruolo determinante appartiene proprio ai sacerdoti come pastori e testimoni. Un messaggio che è in perfetta sintonia con le opere e l’apostolato del beato Luigi Novarese, definito da San Gio- 8 L’ancora 3 2015 vannii Paol Paolo II l’a l’apostolo stol degli ammalati”. Subito dopo, Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, ha tenuto una relazione dal titolo “Per una nuova cultura dell’annuncio evangelico”. “Non possiamo dimenticare il primo discorso di Francesco appena eletto Papa – ha esordito Fisichella. L’indicazione che diede alla Chiesa quel 14 marzo fu subito chiara. La sintesi si ritrova nei tre verbi: camminare, costruire, confessare. L’identità del credente è quella di cammi- nare nel mondo facendo compagnia ia aii nostri stri contemporanei, te ei non quella di restare chiusi nelle nostre parrocchie, seduti a una scrivania: la Chiesa ‘in uscita’ è una Chiesa con le porte aperte. Uscire verso gli altri per giungere alle periferie umane non vuol dire correre verso il mondo senza una direzione e senza senso. Ciò significa, passare da una visione burocratica, statica e amministrativa della pastorale a una prospet- A sinistra: L’arcivescovo Rino Fisichella, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione tiene la sua relazione “Per una nuova cultura dell’annuncio evangelico”. In alto: La messa del 26 gennaio nella chiesa presso la direzione generale dei Silenziosi Operai della Croce. tiva missionaria; anzi, una pastorale st al in stato tato permanente nt di evangelizzazione (Eg (Eg, n. 25) 25). Come, infatti, ci sono strutture che facilitano e sostengono la pastorale missionaria, purtroppo ‘ci sono strutture ecclesiali che possono arrivare a condizionare un dinamismo evangelizzatore’ (Eg, n. 26). La presenza di prassi pastorali stantie e rancide obbliga, quindi, all’audacia di essere creativi per ripensare l’evangelizzazione”. Ma Martedì 27, invece, don An Angelo Corvo, parroco de della diocesi di Nardò – Ga Gallipoli ha concentrato l’a l’attenzione sulla funzio zione che la parrocchia ha sul territorio sottoline neando l’importanza della gratuità: “Servire la Ch Chiesa, non servirsi della Chiesa. Questo non vu vuol dire rimetterci, ma eessere consapevoli di non chied chiedere la ricompensa da parte degli uomini”. Durante la mattinata è stato presentato il ritratto di Monsignore realizzato da Nevio De Zolt, artista e art director delle nostre pubblicazioni, che ha parlato di ciò che ha voluto 9 L’ancora 3 2015 rappresentare nel dipinto: “Novarese mii ha sempre tr trasmesso la gioia di essere cristiani cristiani. Nelle foto, che vedo ogni giorno per il mio lavoro nell’Associazione, traspare sul volto di Monsignore, oltre alla sua forza e alla sua determinazione, questa gioia nel realizzare il suo apostolato al servizio degli altri”. Nel pomeriggio, invece, dopo la Messa celebrata dal cardinal Giuseppe Versaldi, è stato proiettato il film sulla vita e le opere del Fondatore dei Silenziosi Operai della Croce: “Un uomo avanti. Luigi Novarese, il beato apostolo dei malati”. Dura un’ora, ed è il racconto in forma di documentario della vita del sacerdote piemontese a partire dai luoghi in cui è vissuto e ha realizzato la sua Opera. Una straordinaria avventura attraverso le immagini, che dà un ritratto inedito lungo un percorso che da Casale Monferrato (città d’origine) a Rocca Priora (ultima tappa della vita terrena) ne mette a fuoco le fasi della vita e l’insegnamento: il senso della sofferenza, il malato soggetto d’azione, il lavoro con i disabili, i pellegrinaggi a Lourdes, gli Esercizi spirituali per gli infermi. informazione A fianco: don Armando Aufiero (in piedi) con don Angelo Corvo; più a destra, il regista Luigi Boneschi autore del documentario sulla vita del beato Luigi Novarese; sotto, Marcello Semeraro, vescovo di Albano Laziale Fortemente voluto dai Silenziosi Operai della Croce, pubblicato e prodotto dalle Edizioni CVS, il film è diviso in una decina di capitoli. Ogni capitolo è accompagnato da un titolo (L’alba, L’infanzia, La malattia e la grazia, La svolta, ecc.) e preceduto da un pensiero di Novarese. “Un titolo che sa magari di slogan, ma dà, spero, l’idea di una persona che ci precede, di un innovatore che è andato oltre il suo tempo” ha spiegato l’autore, presente alla proiezione, il regista ta Luigi Boneschi, che ha scritto anche i testi. Conosciuto per una serie di pregevoli filmati dedicati a ventiquattro autori della letteratura italiana (La selva delle lettere, da Dante a Giovanni Te- stori), Boneschi ha lavorastor to ccon il regista Pupi Avati, è stato collaboratore di Brando Giordani (inventoBra re di programmi Rai come mattina e Porta a Porta) e Uno mat anche autore per Tv 2000. Dopo la proiezione del film, mons. Marcello Semeraro, vescovo di Albano, ha parlato della figura del sacerdote nell’Evangelii Gaudium in particolare del punto 24 dell’Esortazione apostolica di Bergoglio, dal titolo “Prendere l’iniziativa, coinvolgersi, accompagnare, ge fruttificare e festegfru giare”: “La Chiesa ‘in gia uscita’ è la comunità us di discepoli missionari che prendono na l’iniziativa, che si l’in coinvolgono, che acco compagnano, che co fruttificano e fefr steggiano. “Primest rear – prendere l’ire vogliate scusarmi per niziativa”: vogl questo neologismo. La comunità evangelizzatrice sperimenta che il Signore ha preso l’iniziativa, l’ha preceduta nell’amore (cfr. 1 Gv 4,10), e per questo essa sa fare il primo passo, sa prendere 10 L’ancora 3 2015 l’iniziativa senza paura, andare incontro, cercare i lontani e arrivare agli incroci delle strade per invitare gli esclusi. Vive un desiderio inesauribile di offrire misericordia, frutto dell’aver sperimentato l’infinita misericordia del Padre e la sua forza diffusiva. Osiamo un po’ di più di prendere l’iniziativa! Come conseguenza, la Chiesa sa “coinvolgersi”. Gesù ha lavato i piedi ai suoi discepoli. Il Signore si coinvolge e coinvolge i suoi, mettendosi in ginocchio davanti agli altri per lavarli. Ma subito dopo dice ai discepoli: «Sarete beati se farete questo» (Gv 13,17). La comunità evangelizzatrice si mette mediante opere e gesti nella vita quotidiana degli altri, accorcia le distanze, si abbassa fino all’umiliazione se è necessario, e assume la vita umana, toccando la carne sofferente di Cristo nel popolo. Gli evangelizzatori hanno così “odore di pecore” e queste ascoltano la loro voce. Quindi, la comunità evangelizzatrice si dispone ad “accompagnare”. Accompagna l’umanità in tutti i suoi processi, per quanto duri e prolungati A sinistra: A confronto durante la tavola rotonda; in alto, S.Em.za Giuseppe Versaldi con don Cristian Catacchio durante la Celebrazione Eucaristica; sotto: il Santo Padre saluta don Gino Momo della Lega Sacerdotale Mariana possano essere. Conosce le lunghe attese e la sopportazione apostolica. L’evangelizzazione usa molta pazienza, ed evita di non tenere conto dei limiti. Fedele al dono del Signore, sa anche “fruttificare”. La comunità evangelizzatrice è sempre attenta ai frutti, perché il Signore la vuole feconda. Si prende cura del grano e non perde la pace a causa della zizzania. Il seminatore, quando vede spuntare la zizzania in mezzo al grano, non ha reazioni lamentose né allarmiste. Trova il modo per far sì che la Parola si incarni in una situazione concreta e dia frutti di vita nuova, benché apparentemente siano imperfetti o incompiuti. Il discepolo sa offrire la vita intera e giocarla fino al martirio come testimonianza di Gesù Cristo, però il suo sogno non è riempirsi di nemici, ma piuttosto che la Parola venga accolta e manifesti la sua potenza liberatrice e rinnovatrice. Infine, la comunità evangelizzatrice gioiosa sa sempre “festeggiare”. Celebra e festeggia ogni piccola vittoria, ogni passo avanti nell’evangelizzazione. L’evangelizzazione gioiosa si fa bellezza nella Liturgia in mezzo all’esigenza quotidiana di far progredire il bene. La Chiesa evangelizza e si evangelizza con la bellezza della Liturgia, la quale è anche celebrazione dell’attività evangelizzatrice e fonte nte di un rinnovato impulso a donaronar si”. Semeraro ha sottolineato con forza il fatto che il punto di arrivo non siano le periferie: “Esse fanno parte del percorso che la Chiesa deve fare, ma l’approdo è la festa”. 28, dopo la Messa Mercoledì 28 presieduta da mons. Matteo Zuppi, vescovo ausiliare della diocesi di Roma, i partecipanti al Convegno si sono recati nell’Aula Paolo VI per l’Udienza generale con papa Francesco. ■ La “gioia del Vangelo” nella stagione della sofferenza Leonardo Nunzio Di Taranto pp. 140 - € 10,00 ISBN 978-88-8407-221-4 11 L’ancora 3 2015 Un libro utile e pratico alle comunità pa parrocchiali e agli operatori della pastorale sanitaria per comprendere maggiormente sa l’urgenza della missione evangelizzatrice della Chiesa e per accrescere la responsabilità personale di diventare testimoni credibili del Vangelo ai nostri giorni. informazione IL MONDO GIOVANILE, VIA VERSO L’ALTO Mario Morigi Tempo perturbato: un’immagine fotografa questo discorso. Il tema del mondo giovanile è serio, preoccupante e carico di risvolti da comprendere. Non scrivere una sentenza di condanna. Quello è il mondo nuovo, da guardare con ammirazione e simpatia. Ha davanti a sé la destinazione formidabile di scrivere il futuro. S uccede che in questi anni, dagli adulti i giovani si sentono più imitati e corteggiati che compresi, fatti crescere. Più guardati con nostalgia che sospinti all’ingresso a pieno titolo nei compiti della vita adulta. Poi, il tema specifico della sofferenza crea un certo imbarazzo. Succede così che l’incontro con la sofferenza è uno scontro: una cima tra nubi minacciose. Buio, paure e smarrimento, inadeguatezza incline al panico. L’uscita di sicurezza? La fuga. Negare, rimuovere. Ricorso all’indifferenza 12 L’ancora 3 2015 o allo stordimento. C’è spazio anche per la droga. Ma il mondo giovanile non è monocolore. C’è chi guarda quella cima da un altro versante. Anche con il tempo perturbato, spiccano colori vivaci, molteplici e di sorprendente intensità. Faccia a faccia con la sofferenza c’è chi s’interroga. Cerca risposte. È evento della vita tra i più inquietanti. Trova. L’assurdo della sofferenza cela un messaggio, un fermento di positività per la persona. L’interesse cresce quando questa domanda cruciale viene rivolta a Cristo. La risposta è lenta, graduale da capire, ma sorprendente. È personalizzata. Cristo non è mai fuggito dinanzi alla sofferenza. Ha guarito tanti, ha confortato tutti. Lui ha acceso una luce nuova sulla sofferenza umana. Di più: uno splendido valore aggiunto. Di mano in mano la scoperta si fa decisiva, arricchente. I tesori fondanti della giovinezza ne traggono spessore. Sono, generosità, creatività, freschezza, voglia di vivere, bisogno di farsi dono: ideali che riscaldano il cuore. Si genera un’umanità trasformata, matura. Stupore e ottimismo! Non è bandita la sofferenza, ma la sua inutilità frustrante, sì. Ed è tanto! bilizza. Si crea una voragine, aggravata dalla censura inflitta a Cristo. Un giovane per cominciare a costruirsi fino a stupire ha bisogno di incontrare Cristo sino in fondo. La psicologia come terapia? La corsa dallo psicologo va compresa. Ma l’onestà richiede che la via psicologica sia integrata. Possibilmente. Il fatto più traumatico è la morte di una cara persona coetanea. Per l’assoluta impreparazione irrompe un totale smarrimento o una rabbia incontrollabile. Si scade in celebrazioni funebri festivaliere. Mentre i soggetti più maturi prendono parte in silenzio. Aperti al dialogo perC’è una frattura da ricomporre sonale donano la loro maturità Questo discorso non è un fram- con gesti saggi e parole di insomento. È un filo che imbastisce spettata densità. Lo psicologo il tessuto della società. Collega le persone di varie età. Della frattura sono accusati gli adulti. Ma anche il mondo giovanile s’è chiuso. Splendono quei colori stupendi in non pochi giovani, dagli adulti non derubati delle «terapie» necessarie. Queste: la famiglia sana; poi, assaporare i limiti ed accettarli realisticamente; la malattia, la disabilità, l’età avanzata, la morte ad ogni età, le fatiche, l’insuccesso “Braccialetti Rossi”, immeritato o meritato: ciò svi- una fiction ambientata in ospedale. luppa una valenza esistenziale La forza di un’amicizia ristrutturante. Specialmente straordinaria attraversa le esperienze quando viene letto in luce pa- di adolescenti malati. squale, all’ombra della croce di Cristo. Ma guai, dall’infanzia, giocare tutto sul piacevole, sul facilitato che deresponsa- 13 L’ancora 3 2015 dinanzi alla sofferenza svolge il suo servizio. Non inutile. Non sufficiente. Non è suo compito suscitare i valori essenziali, umani, spirituali e perenni che danno un volto nuovo al soffrire. Questa novità si attinge dall’esperienza cristiana. Una via in salita, che porta in alto Non pochi giovani hanno trovato la strada in forme di volontariato tra i sofferenti. Spesso il servizio civile porta ad una crescita stabilizzante. Le proposte del beato Novarese sono forti e danno risultati formativi eccellenti. Bene anche l’impegno di assiduità nello studio e nel lavoro come molla al dono di sé nella società. La fuga drastica da egoismi di ogni genere solleva dalla palude verso l’adult dultità piena. Adu Adulti e giovan vani oggi, almen meno in larga mis misura, due gen generazioni da salvare! ■ informazione La Chiesa e la società attendono il nostro personale apporto. Una testimonianza di servizio a Mouda nella diocesi di Yagoua SVEGLIATE IL MONDO! Antonietta Aufiero In virtù del Battesimo ricevuto, ogni membro del popolo di Dio è diventato discepolo missionario. Ciascun battezzato, qualunque sia la sua funzione nella Chiesa e il grado di istruzione della sua fede, è un soggetto attivo di evangelizzazione. “Cooperare con la Chiesa nell’opera di evangelizzazione significa comprendere la missione apostolica insita in ogni battezzato e viverla, testimoniandola nella propria esistenza in tutte le manifestazioni della vita e dell’attività, senza fare alcuna scissione tra fede e professione e tra scienza e fede; la scienza, del resto, non è contro Dio creatore e la fede deve animare la società, affinché ogni uomo, attraverso la testimonianza dei credenti, sia condotto, dalle cose create, a riscoprire Dio creatore e, dall’esercizio della carità, sia portato a vedere il Cristo vivente nei fratelli”. (Beato Luigi Novarese) gni cristiano è evangelizzatore, missionario nella misura in cui si è incontrato con l’amore di Dio in Cristo Gesù! Certamente, ciò non basta, noi tutti siamo chiamati a crescere come evangelizzatori e quindi, al tempo stesso, ci adoperiamo per una migliore formazione, un approfondimento del nostro amore, dando una più chiara testimonianza del Vangelo e lasciandoci evangelizzare anche dagli altri. O Papa Francesco, nella Lettera circolare ai consacrati e alle consacrate, “Rallegratevi”, rivolge un invito molto bello: “Non abbiate paura di mostrare la gioia di aver risposto alla chiamata del Signore, alla sua scelta di amore e di testimoniare il suo Vangelo nel servizio alla Chiesa. E la gioia, quella vera, è contagiosa; conta- Sorella Marie Kossi alla Fondazione Betlemme con i piccoli ospiti 1144 L’an L’ aancora nco cora 3 201 cora 2015 5 gia... fa andare avanti. La Chiesa deve essere attrattiva. Svegliate il mondo! Siate testimoni di un modo diverso di fare, di agire, di vivere! È possibile vivere diversamente in questo mondo... Io mi attendo da voi questa testimonianza!”. Con questa consegna: “Svegliare il mondo” con una testimonianza contagiosa di gioia, di fecondità, di tenerezza, d’amore, di carità, come Comunità abbiamo confermato e ripreso con più entusiasmo il nostro servizio nella diocesi di Yagoua in cui siamo presenti. Come già di ordinario: prima che si riprendano le attività, sono programmate le “Giornate diocesane” in cui sia il clero, i religiosi e i laici impegnati, si ritrovano con il vescovo per conoscere, studiare e programmare il nuovo anno pastorale alla luce del tema che la Chiesa propone. Quest’anno a differenza degli altri anni, il nostro vescovo ha proposto di continuare la Pastorale sulla Famiglia, tema dello scorso anno, senza escludere delle iniziative per la vita consacrata, tema del 2014-2015. È vero che la Chiesa propone, ma poi ogni pastore locale cerca di portare avanti ciò di cui la sua porzione di Chiesa ha bisogno di approfondire, ri-scoprire, rafforzare... A partire da questo incontro/programmazione, ogni zona, con il proprio vicario, si è ritrovata per programmare le iniziative ed il cammino comune. dicendo: “Non Il PPapa ci esorta rt di nd “N bisogna portarsi la frontiera a casa, ma vivere in frontiera ed essere audaci”. Come Comunità, delle volte, possiamo essere tentate a restare chiuse nel nostro ambito di servizio più circoscritto, la Fondazione Betlemme... ma sentiamo anche il bisogno di far crescere la Chiesa nella via dell’evangelizzazione e quindi spinti a donare parte di noi stessi a questa piccola porzione di Chiesa. Con la presenza di alcuni di noi tra: • i rappresentanti della zona, si ha l’opportunità di conoscere, seguire i vari gruppi, associazioni presenti (Coop Mondi, Femmes catholiques, giovani...); • il servizio con la Commissione liturgica, dà l’opportunità di essere presenti nei momenti importanti che la diocesi, la zona, la parrocchia vivono a livello liturgico-pastorale; • a livello parrocchiale si segue la formazione spirituale-umano a qualche gruppo in particola- 15 L’ancora 3 2015 re, si partecipa al cammino vocazionale, alle giornate voc di formazione con i giovani, si visitano persone e ni giovani disabili, malati... gio • alla Fondazione Betlemme, oltre la catechesi le dell’iniziazione cristiana, ai radell’iniz gazzii presenti, si accompagna il cammino alle famiglie sugli aspetti cristiano-sociali, si accolgono per cure anche persone consacrate non solo della diocesi. In questo pellegrinaggio d’evangelizzazione non mancano momenti di gioia, strumenti e spettatori dei miracoli di Dio, di sperimentare una profonda comunione con gli altri anche se costa fatica, di scoprire se stessi, di sfidare le aridità e sentire la fatica nell’accogliere e riconciliare le diversità... Ogni giorno ci sentiamo stimolati ad assumere un atteggiamento umile per conquistare la libertà necessaria che ci aiuta a scoprire e trovare la novità e la freschezza del Vangelo nella nostra vita, nella missione dell’annuncio affinché “la nostra missione d’evangelizzazione non sia un’evangelizzazione-laboratorio, ma una evangelizzazione-cammino, un’evangelizzazione che si incarna nella storia”. ■ informazione La Giornata Mondiale del Malato TESTIMONI PRIVILEGIATI DI UMANITA` Un incontro in occasione della Giornata Mondiale del Malato in Colombia Gianluca Scrimieri Sapientia cordis, «Io ero gli occhi per il cieco, ero i piedi per lo zoppo» (Gb 29,15) vasto mondo della salute riguarda i malati, le famiglie, la comunità, l’ambiente. Abbraccia gli eventi fondamentali dalla nascita alla morte e gli interrogativi sollevati dalla sofferenza e dalla malattia. Coinvolge lo sviluppo armonico e globale di tutta la persona. La Pastorale della salute può essere definita come “la presenza e l’azione della Chiesa per recare la luce e la grazia del Signore ai malati e a quanti si prendono cura di loro”. È una pastorale che si allarga al mondo dei sani, ispirando una cultura più attenta alla sofferenza e ai valori della vita e della salute. L’agire pastorale a servizio dei malati è Il diventato sempre più un riconoscerli “soggetti” di un servizio a favore della comunità ecclesiale. Vi sono oggi alcune esigenze che meritano particolare attenzione: il primo posto dato alla evangelizzazione e alla catechesi, una illuminata celebrazione dei sacramenti che aiuti il malato a comprenderli e a viverli in tutto il loro senso profondo; l’umanizzazione della medicina e dell’assistenza ai malati; l’attenzione ai problemi morali sempre più rilevanti in questo ambito; l’estensione del luogo di tale pastorale dall’ospedale ai vari “mondi vitali” in cui il malato si trova famiglia e comunità civile ed ecclesiale. 16 L’ancora 3 2015 Quest’anno la Chiesa italiana vivrà il V Convegno Ecclesiale Nazionale di Firenze sul tema “In Gesù Cristo il nuovo umanesimo”. Tenuto conto di questo e del tema della XXIII GMM proposto da papa Francesco “Sapientia cordis: “Io ero gli occhi per il cieco, ero i piedi per lo zoppo (Gb 29,15)” l’approfondimento per l’anno pastorale 2014-2015 proposto dall’Ufficio Nazionale per la Pastorale della Salute è: “Educati dal Vangelo al nuovo Umanesimo”. La Giornata Mondiale del Malato appena trascorsa ci esorta a vivere le prossime occasioni di preghiera e di incontro – che si svolgeranno per tutto l’anno ancora in ambito Giovanni Paolo II ha istituito, con lettera del 13 maggio 1992, la Giornata Mondiale del Malato fissandone la celebrazione l’11 febbraio di ogni anno, memoria liturgica della Beata Maria Vergine di Lourdes. Le finalità della giornata sono: • sensibilizzare il popolo di Dio e le molteplici istituzioni sanitarie cattoliche e la stessa società civile alle necessità di assicurare la migliore assistenza agli infermi; • aiutare chi è malato a valorizzare sul piano umano e soprannaturale la sofferenza; • coinvolgere in maniera particolare le diocesi, le parrocchie e le famiglie religiose nella pastorale sanitaria; • favorire l’impegno del volontariato; • richiamare l’importanza della formazione spirituale e morale degli operatori sanitari; • ribadire e rafforzare l’importanza dell’assistenza religiosa agli infermi da parte dei sacerdoti nonché di quanti vivono e operano accanto a chi soffre, e delle comunità cristiane. parrocchiale o nelle zone pastorali – con spirito nuovo, attivo e propositivo, soprattutto nell’avvicinare gli ammalati. La continua evoluzione della sanità, sempre più articolata nel territorio interpella le parrocchie chiamate a farsi carico della cura e assistenza dei malati, dell’educazione dei fedeli ai valori cristiani della vita e della loro sensibilizzazione ai problemi della salute, della sofferenza e della morte. Nelle catechesi vanno trattate le tematiche relative alla sofferenza e alla salute, al vivere e al morire. Valorizzare la Giornata Mondiale del Malato amministrando il sacramento dell’unzione degli infermi fuori o nella Santa Messa con una preparazione; ascoltando la testimonianza di un ma- lato; organizzando conferenze o ritiri parrocchiali o diocesani trattando temi particolari; celebrando ogni mese o una volta alla settimana la Santa Messa per gli infermi e/o a seguire l’Adorazione Eucaristica; fornire materiale utile per conoscere e sensibilizzare i laici; portando il ramo d’ulivo benedetto la Domenica delle Palme ai malati e agli anziani; visitando bambini, persone malate, anziani non solamente a Natale e a Pasqua, anche in vista della prima comunione e della cresima. Educare i ragazzi a pregare per i malati o quando chi soffre è un amico, o un parente, comunitariamente o a tavola; preparare per la Santa Messa una intenzione di preghiera per i malati anche quando si conoscono per nome o quando vi è un caso particolare grave. Formare laici, sensibili verso i malati portando loro l’Eucarestia, se possibile. Drammatizzazione della Via Crucis o di una parabola del Vangelo da parte dei ragazzi e adulti 17 L’ancora 3 2015 insieme a quelli con handicap. Negli anziani, nei malati, nei sofferenti, nei disperati, nei disabili, nei malati terminali, è realmente presente il Cristo. Una parrocchia che non si rinnova in virtù di questa presenza, che non percepisce questa presenza di Dio, che non la onora con la sua attività caritativa e sociale cessa di essere una Chiesa viva di Gesù Cristo. In questa visione di fede, la visita ai malati e alle persone anziane è un compito che riguarda tutta la comunità cristiana, soggetto primario della pastorale sanitaria. I malati sono testimoni privilegiati di umanità, immagine di Dio e luogo delle sue meraviglie. I malati attraverso la viva partecipazione al mistero pasquale, possono trasformare la loro sofferenza in un momento di grazia per sé e per gli altri, trovando nel dolore e nella malattia una vocazione ad amare di più, una chiamata a partecipare all’infinito amore di Dio per l’umanità. ■ informazione QUANDO LE CASE AVEVANO UN NOME Angela Petitti Riflessioni a margine della XXVII Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio per i Laici (Roma, 5-7 febbraio 2015) “I ncontrare Dio nel cuore della città”. Questa intensa espressione ha guidato le riflessioni che si sono svolte nell’Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio per i Laici e fa riferimento a ciò che il Papa ha scritto nella Evangelii Gaudium, dove siamo invitati a “riconoscere la città a partire da uno sguardo contemplativo, ossia uno sguardo di fede che sco- pra quel Dio che abita nelle sue case, nelle sue strade, nelle sue piazze” (n. 71). Riflettendo sulla città come luogo pastorale, il professor Sergio Belardinelli cita George Simmel, filosofo e sociologo tedesco, e dice che “non è privo d’importanza il fatto che le case cittadine del Medioevo fossero in generale, e spesso ancora fino al secolo ventesimo, indicate con 18 L’ancora 3 2015 L’Udienza con papa Francesco a conclusione dell’Assemblea del Consiglio per i laici. un nome proprio e che, da un certo momento in poi, vengano identificate attraverso un numero”. Secondo il professore, questo è l’inizio di un percorso di spersonalizzazione, di anonimità, di cui tante volte facciamo esperienza vivendo nelle nostre città che ormai sembrano “incustodite; poiché sembra che nessuno si prenda cura dell’umano che esse esprimono e che in esse abita”. È in queste città che vive anche il CVS, alle prese, non meno di altre associazioni, con le “sfide delle culture urbane” (EG, n. 71). Ricevendo i partecipanti alla Plenaria del Pontificio Consiglio per i Laici, papa Francesco ricorda loro le potenzialità e le difficoltà insite nella città: “Le città presentano grandi opportunità e grandi rischi: possono essere magnifici spazi di libertà e di realizzazione umana, ma anche terribili spazi di disumanizzazione e di infelicità. Sembra proprio che ogni città, anche quella che appare più florida e ordinata, abbia la capacità di generare dentro di sé una oscura “anti-città”. Sembra che insieme ai cittadini esista- no anche i non-cittadini: persone invisibili, povere di mezzi e di calore umano, che abitano “non-luoghi”, che vivono delle “non-relazioni”. Si tratta di individui a cui nessuno rivolge uno sguardo, un’attenzione, un interesse. Non sono solo gli “anonimi”; sono gli “anti-uomini”. E questo è terribile”. Ma queste persone anonime o non-cittadini, non lo sono agli occhi di Dio. E non dovrebbero esserlo nemmeno agli occhi del CVS, specialmente se si tratta di persone sofferenti, malati nel corpo e malati delle malattie contemporanee spirituali. Queste recano un danno alla persona, talvolta maggiore del dolore fisico: l’indifferenza, la sufficienza, le varie forme di egoismo, la ricerca di benessere personale, può darsi che salvaguardino la persona dalla fatica delle relazioni. Il costo da pagare però è altissimo e va a toccare proprio il senso dell’esistenza: più si è vuoti di altri, più ci si ritrova vuoti di Dio e vuoti di senso. Invece, “uscire da se stessi per unirsi agli altri fa bene. Chiudersi in sé stessi significa assaggiare l’amaro veleno dell’immanenza, e l’umanità avrà la peggio in ogni scelta egoistica che facciamo” (EG 87). Francesco ci sollecita quindi fortemente a “superare il sospetto, la sfiducia permanente, la paura di essere invasi, gli atteggiamenti difensivi che il mondo attuale ci impone. Molti tentano di fuggire dagli altri verso un comodo privato, o verso il circolo ristretto dei più intimi, e rinunciano al realismo della dimensione sociale del Vangelo. Nel frattempo, il Vangelo ci invita sempre a correre il rischio dell’incontro con il volto dell’altro, con la sua presenza fisica che interpella, col suo dolore e le sue richieste, con la sua gioia contagiosa, in un costante corpo a corpo. L’autentica fede nel Figlio di Dio fatto carne è inseparabile dal dono di sé, dall’appartenenza alla comunità, dal servizio, dalla riconciliazione con la carne degli altri” (EG 88). C’è una bella definizione che il Papa inventa parlando ai membri del Pontificio Consigli per i Laici: farsi apostoli di quartiere. “La Chiesa vuole essere al servizio di questa ricerca sincera che c’è in tanti cuori e che li rende aperti a Dio. I fedeli laici, soprattutto, sono chiamati ad uscire senza timore per andare incontro agli uomini delle città: nelle attività quotidiane, nel lavoro, come singoli o come famiglie, insieme alla parrocchia o nei movimenti ecclesiali di cui fanno parte, possono infrangere il muro di anonimato e di indifferenza che spesso regna sovrano nelle città. Si tratta di trovare il coraggio di fare il primo passo di avvicinamento agli altri, per essere apostoli del quartiere” (Francesco, 7 febbraio 2015). Il quartiere è una piccola porzione della grande o piccola città. È uno spazio percorribile a misura d’uomo, senza usare mezzi pubblici o privati. È lo spazio apostolico alla portata di ognuno. Che bello sarebbe percorrerlo di casa in casa, 19 L’ancora 3 2015 dove ogni casa non è un numero ma ha un nome, quello di chi la abita, abitato a sua volta, magari anche senza consapevolezza, da Dio stesso. Esercitiamoci, allora, “ad avere uno sguardo di fede, pieno di speranza, che sappia vedere la città con gli occhi di Dio. È importante inoltre che, in questo rinnovato slancio missionario verso la città, i fedeli laici, in comunione con i loro pastori, sappiano proporre il cuore del Vangelo, non le sue “appendici”. Anche l’allora arcivescovo Montini, alle persone coinvolte nella grande missione cittadina di Milano, parlava della «ricerca dell’essenziale», e invitava ad essere prima di tutto noi stessi “essenziali”, cioè veri, genuini, e a vivere di ciò che conta veramente (cfr. Discorsi e scritti milanesi 1954-1963, Istituto Paolo VI, Brescia-Roma, 1997-1998, p. 1483). Solo così si può proporre nella sua forza, nella sua bellezza, nella sua semplicità, l’annuncio liberante dell’amore di Dio e della salvezza che Cristo ci offre. Solo così si va con quell’atteggiamento di rispetto verso le persone; si offre l’essenziale del Vangelo”. ■ informazione PROTETTI DALL’AMORE Italo Monticelli Soffermiamoci sulla visione cristiana della sofferenza riflettendo sui testi di due grandi teologi: H. Küng e G. Moioli. H ans Küng scrive: “L’esistenza dell’uomo, in qualunque sistema sociale ed economico si inquadri, è un evento attraversato, segnato dalla croce, dal dolore, dall’affanno, dalla sofferenza e dalla morte. Solo nella prospettiva della croce di Gesù questa esistenza umana segnata dalla croce acquista un senso... Nessuna croce al mondo può contraddire l’offerta di senso proveniente dalla croce del Resuscitato alla vita. Anche la sofferenza, il pericolo, l’assurdi- tà, il nulla, l’abbandono, la solitudine e il vuoto più atroci sono abbracciati da un Dio solidale con l’uomo; dinanzi al credente si apre una via che non aggira, ma attraversa la sofferenza, in modo che egli sia pronto a combatterla e a combattere le cause, nella vita del singolo come nella società umana. A un Dio che troneggia in una beatitudine indisturbaHans Küng, Han teologo teolog presbitero presbi e scrittore scri svizzero svizze 20 L’ancora 3 2015 ta o in una trascendenza apatica, al di sopra di ogni sofferenza, io posso ribellarmi. Non posso però ribellarmi al Dio che nella sofferenza di Gesù mi ha rivelato tutta la sua compassione. A una giustizia divina considerata come un’entità astratta, e a un’armonia dell’universo prestabilita per il presente e postulata per il futuro, io posso ribellarmi. Non posso invece ribellarmi all’amore del Padre dei perduti manifestatosi in Gesù, e all’amore senza presupposti e senza confini che abbraccia anche il mio dolore, placa la mia indignazione, scuote la mia frustrazione e mi consente di reggere alle incessanti sventure della vita per uscirne infine vittorioso. L’amore di Dio non mi protegge da ogni sofferenza, mi protegge però in ogni sofferenza. Mi si delinea così nel presente ciò che si compirà... nel futuro: la vittoria definitiva dell’amore di un Dio che non è un essere indifferente e insensibile, sordo al dolore e all’ingiustizia, ma si è preso e si prenderà sempre a cuore la sofferenza degli uomini” (H. Küng, Essere cristiani, Morcelliana, Brescia, pp. 652, 663 ss.). Il teologo don Giovanni Moioli, chiamato dal Signore dopo una terribile malattia, insegnava che nel dolore si può vivere l’atteggiamento della resistenza e della resa, scoprendo così il significato salvifico del soffrire. Giovanni Moioli, presbitero e teologo italiano (1931-1984) “Non al dolore mi arrendo – scriveva – ma a Dio, a questa vicinanza strana che sembra una lontananza, una distanza... Questo arrendermi a Dio mi impedisce sia la disperazione, sia la rivolta, sia la lotta titanica contro il dolore. Dentro di me sono un povero, un abbandonato: questa è la resa al mistero di Dio. E qui è tutto il segreto di una fiducia, di una speranza, di una confidenza. Questo che sembra una resa, in realtà è una forza straordinaria. re Perciò la resa suscita una resiPe stenza... la resistenza dell’affist damento, del saper durare nel da dolore perché un altro ti sodo stiene; del pazientare di fronte st al dolore, perché è la pazienza di Dio, perché aspetto Dio. In questo “ho pazienza” davanti a qu Dio. E so fare del dolore perfino un dono, come fa Gesù Cristo. È la resistenza del pregare, del continuare a parlare, a dialogare con Dio... È un atto di amore non soltanto a Dio, ma di amore e di donazione verso il prossimo” (G. Moioli, La parola della Croce, Ed. Viboldone, Milano, pp. 58-59). Leggiamo, meditiamo questi testi. Ci aiuteranno a penetrare sempre di più nel grande mistero della sofferenza e a metterci fiduciosi nelle mani di Dio Padre. ■ Il dolore: c caso serio della vita Riflessioni alla luce della fede R di Italo Monticelli pp. 48 € 4,00 ISBN 978-88-8407-224-5 Tu siamo chiamati a prenderci cura Tutti premurosa pr e fraterna dei sofferenti, de dei malati e dei bisognosi. Al Alla loro scuola abbiamo molto da imparare: una crescita in umanità e nella fede; una riscoperta dei valori fondamentali della vita; una maggiore apertura verso gli altri; la forza di saper vivere anche situazioni difficili con fiducia e speranza... 21 L’ancora 3 2015 informazione BICENTENARIO DELLA NASCITA DI DON BOSCO a cura della Redazione Il beato Luigi Novarese e san Giovanni Bosco, una storia che continua. Due sacerdoti, nati nella campagna piemontese a cento anni di distanza (nel 1815 il fondatore dei Salesiani, nel 1914 l’apostolo degli ammalati), che hanno dedicato la vita a Dio e ai più deboli. Entrambi orfani di padre in giovanissima età, entrambi educati dalle mamme (Margherita Occhiena e Teresa Sassone) all’amore di Dio e alla condivisione di valori forti come il lavoro, l’impegno, il sacrificio. Uomini di fede che vivono in secoli diversi ma la cui vocazione religiosa spinge a intraprendere imprese simili. Un legame che prosegue quest’anno con i festeggiamenti del Bicentenario della nascita di don Bosco (16 agosto 1815 - 31 gennaio 1888) che avranno come punto di riferimento Valdocco, il grande complesso salesiano nato intorno alla basilica di Maria Ausiliatrice a Torino, ma che si estenderanno in tutto il mondo. Ad intrecciarsi con gli appuntamenti per il santo piemontese, sarà anche una nuova Ostensione della Sindone, dal 19 aprile al 24 giugno 2015 e la visita attesa a Torino di papa Francesco. È a don Bosco che il piccolo Luigino, affetto da una grave forma di tubercolosi ossea, malattia per la quale i medici a quel tempo non Don Bosco e Mamma Margherita a Valdocco Luigi Novarese con mamma Teresa (1926) davano speranza, si affida per guarire. Scrive infatti una lettera a don Filippo Rinaldi, il terzo successore di don Bosco, per pregare il fondatore dei Salesiani e l’Ausiliatrice per la sua guarigione. Nella Torino sabauda che a partire dal 1850 si avvia a diventare una città industriale, don Bosco affianca all’Oratorio i primi laboratori di calzoleria, falegnameria e legatoria per i giovani in condizioni disagiate. Nell’Italia del dopoguerra, il 7 ottobre 1954, Novarese inaugura a Re, all’ospizio Barbieri, il primo laboratorio di maglieria per ragazze disabili, richiamando l’attenzionedella società sulla necessità di combattere la loro condizione di emarginazione. Nel 1862, quando decide di costruire a Torino la Basilica intitolata a Maria Ausiliatrice, don Bosco scrive nelle “Memorie biografiche” di non avere un soldo e di affidarsi al Signore. Nel 1952, quando Novarese progetta la costruzione della Casa “Cuore Immacolato di Maria” a Re, ha soltanto a disposizione le 9200 lire offerte dagli ammalati e affida il progetto alla mamma del Signore. Due sacerdoti che legano i loro nomi a grandi imprese nell’educazione dei giovani e nell’assistenza agli ammalati. Due figli della Chiesa uniti da un impegno comune: il Vangelo e l’amore per la Madonna. ■ Da sinistra: La prima tipografia salesiana (1861). Nasce il primo laboratorio a Re per i disabili (1954). 22 L’ancora 3 201 2015 LECTIO inascolto Caravaggio: “Giobbe” GIOBBE, contestatore e mistico Mauro Orsatti Introduzione generale al Libro di Giobbe La fr frase dell della Lett Lettera di Giacomo «Avete udito parlare della pazienza di Giobbe» (Gc 5,11), facendo eco alla valutazione del pensiero giudaico, ha segnato in modo indelebile la comprensione di questo personaggio. Senza negare il valore di tale affermazione, limitare Giobbe nel cerchio della pazienza è come condannarlo alla reclusione. Già san Girolamo, lontano da noi circa milleseicento anni, commentava: «Spiegare Giobbe è come tentare di tenere nelle mani un’anguilla o una piccola murena: più forte la si preme, più velocemente sfugge di mano». L’attuale libro è una monumentale costruzione composta da 42 capitoli che si prestano ad una lettura stratigrafica, perché sono cresciuti un po’ alla volta, come un edificio che lascia intravedere sensibilità e stili diversi. Per definire la composizione sono stati toccati tanti tasti: tragedia, dibattimento processuale, opera sapienziale contestatrice, tavola rotonda teologica... tutte note vere, ma teo anche parziali, che intervengono a comporre la solenne sinfonia. Il punto di avvio è un racconto popolare in prosa che apre e chiude il libro, formando una cornice narrativa. Da essa veniamo a sapere che Giobbe possiede tutto, ma poi è progressivamente spogliato di ogni cosa, rimanendo letteralmente sul lastrico. Saltando tutto il corpo centrale e giungendo alla fine, lo vediamo reintegrato nella sua fortuna, ricco come uno sceicco, ricompensato con una sorta di centuplo evangelico. Questo primo strato potrebbe essere letto isolatamente e avere senso compiuto, con la sola funzione di incorniciare, o rivestire, il corpo del libro. L’inizio aveva posto una premessa determinante allorché Giobbe, solo e isolato, era accompagnato da un cupo silenzio che lo avvolgeva per sette giorni e sette notti. Aleggia il cupo presentimento che nulla e nessuno saprebbe spiegare il mistero del dolore. Alla fine 27 L’ancora 3 2015 questo silenzio è squarciato dal grido angosciato di Giobbe, rappresentante di tutti i sofferenti. Inizia un nuovo strato del libro, in poesia, diviso in due atti. Nel primo (capp. 3-27), Giobbe si pone a confronto con tre amici, Elifaz, Bildad e Zofar, venuti a consolarlo. In realtà essi sono la personificazione del rigido e glaciale pensiero della retribuzione: chi è buono raccoglie successo, chi è malvagio patisce dolore. Giobbe reagisce nove volte, tre volte per ciascuno, adducendo la concretezza della prassi (la sua vita) contro il soffio della loro teoria. Il secondo atto (capp. 29-32; 38-42) vede sulla scena Giobbe e Dio. Il povero Giobbe, insoddisfatto ed esasperato dalla fredda e inconcludente teologia degli amici, provoca Dio a un incontro franco in una specie di processo a porte aperte. Senza pervenire a una soluzione piena, il discorso è incanalato verso prospettive nuove che aprono spiragli ad una lettura complessiva della vita. In un terzo strato (capp. 32- inascolto IL DOLORE FA MALE (...l’amore invece no) Claudio Bassi Luciano Ruga pp. 80 - € 12,00 ISBN 978-88-8407-198-9 Questo scritto nasce dalla suggestione di cogliere, nel libro di Giobbe, i caratteri narrativi e scenici propri della tragedia greca. I testi sono riportati in riferimento ai capitoli del libro biblico, con una suddivisione in 3 parti: il fatto, la scena, interludio. Il fatto contiene la sintesi del testo biblico. La scena riporta, con indicazioni essenziali, i testi dei monologhi e delle canzoni. L’Interludio contiene delle riflessioni espresse come interventi del coro, riferiti agli argomenti della ragione (mente) e dell’amore (cuore). 37), compare un quarto personaggio, Eliu, un giovane teologo che ripropone in forma più moderata la tesi dei tre precedenti amici. Egli rileva il valore purificatorio del dolore, capace di rendere l’uomo splendido come l’oro quando è liberato dalle sue scorie. Il suo intervento è avvertito come “fuori posto”, tanto che non sarà preso in considerazione nel dialogo di Dio che segue. Potrebbe essere l’inserzione di autori poFrancesco Messina: “Giobbe” steriori, desiderosi di “fondare” la tesi tradizionale con nuovi e meno pungenti argomenti. Un accenno a parte merita il cap. 28, forse appartenente ad uno strato successivo. Esso celebra la sapienza divina, riempiendo l’atmosfera di soffusa grazia e stemperando l’aria greve che si era creata quando i tre amici avevano concluso le loro argomentazioni. La domanda sulla storicità del personaggio è legittima, ma non deve essere posta nella forma bruta brutale: «È esistito Giobbe?», perch perché la risposta potrebbe muov muoversi contemporaneamente tra un sì e un no. L’anonimo autore del libro che scrive verso il quar qu artt secolo avanti Cristo non quarto è un cronista preoccupato di un repor reportage e tanto meno a caccia uno scopo sensazionale. È un di un uomo che legge la vita con occritici e con cuore aperto, lichii cr ch bero da mortificanti schemi e da 28 L’ancora 3 2015 idee preconcette. Dogmatismo e fondamentalismo non sono termini moderni, perché sono nati con l’uomo, soprattutto quello che chiude gli occhi alla realtà, accartoccia il pensiero attorno a idee sclerotizzate, non si lascia vivificare dal soffio dello Spirito. Giobbe rappresenta tutti gli uomini che lottano con senso in mezzo al nonsenso della sofferenza e del male. Gli antichi popoli, come sumeri, babilonesi ed egiziani, ci lasciarono i loro rispettivi libri di Giobbe, figure che si pongono alcuni inquietanti interrogativi dell’esistenza. Il personaggio biblico incarna le stesse domande, poste in modo grandioso, sottile e provocatorio. L’esistenza di Giobbe, così come emerge dalla lettura del testo, non è legata a indicazioni anagrafiche. Si impone invece la figura dell’uomo che vive con coerenza il suo rapporto con Dio. Giobbe è un credente che non si illude di vedere la strada della vita lastricata di successo, buontempo, spensieratezza, cosciente che le difficoltà sono parte integrante dell’esistenza. Lo esprime con una teologia primitiva ma essenziale: «Nudo uscii dal grembo di mia madre e nudo vi ritornerò. Il Signore ha dato, il Signore ha tolto, sia benedetto il nome del Signore!» (1,21). Nemmeno cede alle malvagie istigazioni della moglie che lo vorrebbe un Promoteo che si ribella alla divinità: «Tu parli come parlerebbe una stolta! Se da Dio accettiamo il bene, perché non dovremmo accettare il male?» (2,10). La sua granitica certezza in Dio non gli impedisce un pensiero in proprio, originale e contestatore. Non si allinea con il pensiero dominante, né segue pedissequamente una teologia codificata. La logica argomentativa dei tre visitatori è lineare e impeccabile secondo lo schema dell’epoca che applicava con rigidità il principio della retribuzione. Davanti alla tragica situazione di Giobbe divenuto povero, malato, senza eredi, isolato da tutti, la conclusione si impone con solare evidenza: Giobbe è reo di qualche peccato, forse inconscio. Dio lo ha abbandonato. E si vede. Troppo semplicistico questo modo di procedere, incapace di tener conto dei sobbalzi della realtà, delle giravolte della vita che non segue le regole ferree di una tavola pitagorica. Giobbe sostiene la sua innocenza con vigore, trasformando il suo dolore in problema teologico. Lotta contro i principi assoluti e freddi, lotta contro le parola “da manuale” dei suoi amici, lotta contro una mentalità codificata e applicata senza fantasia, lotta contro il silenzio di Dio. Risponde, interpella, provoca. Un vero ribelle. Altro che pazienza di Giobbe! Il Giobbe che ha sperimentato il male a tutti i livelli, con la perdita dei beni, degli affetti familiari, della salute e perfino dell’amicizia con Dio che si è nascosto, non è un rassegnato e non desiste nella sua lotta fino a “forzare” l’udienza finale. Al di sopra del Dio della dottrina si ritrova con il Dio vivo, suo testimone, sua difesa e redentore. Dio non era lontano, era solo nascosto alla comprensione dell’intelletto umano, tanto povero e piccolo da non contenere l’esuberante ricchezza divina. Se uno sbaglio è imputabile a Giobbe, è quello di aver preteso di raggiungere Dio con l’intelligenza. No! Lo si raggiunge solo con l’amore: «Davvero ho esposto cose che non capisco, cose troppo meravigliose per me, che non comprendo [...]. Io ti conoscevo solo per sentito dire, ma ora i miei occhi ti hanno veduto» (42,3.5). Giobbe aderisce con poche parole e con tanto cuore. Il problema del male non è risolto. Per esso non esiste spiegazione scientifica, perché rimane sostanzialmente mistero. 29 L’ancora 3 2015 Giobbe si abbandona nelle mani, o meglio, nel cuore di Dio: «Io so che il mio redentore è vivo e che, ultimo si ergerà sulla polvere! Dopo che questa mia pelle sarà strappata via, senza la mia carne, vedrò Dio. Io lo vedrò, io stesso, i miei occhi lo contempleranno e non un altro» (19,25-27). Anche Cristo darà al problema della sofferenza una risposta, non teorica ma esistenziale, assumendola e trasformandola nel fiducioso abbandono al Padre che sempre ha cura dei suoi figli. NOTABENE. Questa sommaria presentazione del Libro di Giobbe vorrebbe stimolare alla lettura integrale del libro che permette di avere il quadro completo. Nei numeri successivi della Rivista saranno approfonditi alcuni aspetti della ricca tematica sul male e sulla sofferenza. ■ inascolto PER ESSERE SAPIENTI (Veglia di preghiera) Giovanna Bettiol Canto di inizio. Saluto ed introduzione del sacerdote o di chi guida la preghiera. Guida: Il Figlio di Dio ha sofferto, è morto, ma è risorto, e proprio per questo quelle piaghe diventano il segno della nostra redenzione, del perdono e della riconciliazione con il Padre; diventano, però, anche un banco di prova per la fede dei discepoli e per la nostra fede. Vogliamo vivere, oggi, un tempo di riflessione, aiutati dalle parole di papa Francesco, attraverso il suo Messaggio per la Giornata del Malato e del beato Novarese, attraverso i suoi scritti su Maria, per fare nostra la vera sapienza, quella che conoscerà Giobbe, quella che ci farà conoscere Gesù, perché capaci di amarlo e di farci amare, perché capaci di incontrarlo nel profondo, perché capaci di manifestare nella nostra vita la Sua presenza. Per ogni momento viene portato un lumino acceso ai piedi dell’altare, solo se uniamo la nostra luce a quella di Cristo raggiungeremo la sapienza del cuore. Lettore 1: La sapienza non è una conoscenza teorica, astratta, frutto di ragionamenti. Essa è «pura, poi pacifica, mite, arrendevole, piena di misericordia e di buoni frutti, imparziale e sincera» (Gc 3,17). È dunque un atteggiamento infuso dallo Spirito Santo nella mente e nel cuore di chi sa aprirsi alla sofferenza dei fratelli e riconosce in essi l’immagine di Dio. Celebrante: L’Immacolata per presentare alla cristianità il Suo programma di rinnovamento della vita cristiana indica le doti necessarie; devono avere riscontro con le doti personali di Bernardetta e dei tre pastorelli, prescelti da Lei. Non serve la sapienza che si gonfia, ma la semplicità. Dicendo semplicità si intende umiltà evangelica. 30 L’ancora 3 2015 CELEBRAZIONE Momento di silenzio seguito dal canto di un Canone. Lettore 2: Sapienza del cuore è servire il fratello. Quanti cristiani anche oggi testimoniano, non con le parole, ma con la loro vita radicata in una fede genuina, di essere “occhi per il cieco” e “piedi per lo zoppo”! Persone che stanno vicino ai malati che hanno bisogno di un’assistenza continua. È relativamente facile servire per qualche giorno, ma è difficile accudire una persona per mesi o addirittura per anni. Che grande cammino di santificazione è questo! Celebrante: Il compito dell’Immacolata è di farci nascere alla vita della Grazia, di farci incontrare con Gesù, di farci crescere in Lui. Abbandonarsi a Lei è normale dovere di ordine soprannaturale di ciascuno. Ascoltare quello che Ella ci dice è conseguenza logica del nostro essere. E l’Immacolata, oggi come ieri, domani come sempre, a ciascuno ripeterà, «fate tutto quello che Egli vi dirà», offrite amore a tutti e per tutti. Momento di silenzio seguito dal canto di un Canone. Lettore 3: Sapienza del cuore è stare con il fratello. Chiediamo allo Spirito Santo che ci doni la grazia di comprendere il valore dell’accompagnamento che ci porta a dedicare tempo ai nostri fratelli e alle sorelle sofferenti, i quali, grazie alla nostra vicinanza e al nostro affetto, si sentono più amati e confortati. Celebrante: Occorre realizzare un apostolato di evangelizzazione e di promozione umana con i sofferenti, per i sofferenti. Due punti opposti vanno accuratamente evitati: il paternalismo che pensa a tutto ed il pietismo. Non si compassiona chi svolge una specifica missione nella cristiana società! L’immacolata ci aiuterà sempre. Momento di silenzio seguito dal canto di un Canone. Lettore 4: Sapienza del cuore è uscire da sé verso il fratello. Il nostro mondo dimentica a volte il valore speciale del tempo speso accanto al letto del malato, perché si è assillati dalla fretta, dalla frenesia del fare, del produrre, e si dimentica la dimensione della gratuità, del prendersi cura, del farsi carico dell’altro. La priorità dell’“uscita da sé verso il fratello” è uno dei due comandamenti principali che fondano ogni norma morale. Celebrante: La preghiera e la penitenza richiamate dall’Immacolata a Lourdes e a Fatima, attirano la misericordia di Dio sul genere umano, il Cuore di Cristo è luce, balsamo, salvezza per tanti cuori infranti che non riescono più, nel dilagare di tanto male, a comprendere e a vivere la carità. Momento di silenzio seguito dal canto di un Canone. Lettore 5: Sapienza del cuore è essere solidali col fratello senza giudicarlo. La carità ha bisogno di tempo. Tempo per stare accanto ai sofferenti come fecero gli amici di Giobbe. Ma gli amici di Giobbe nascondevano dentro di loro un giudizio negativo su di lui. Invece la vera carità è condivisione che non giudica, che non pretende di convertire l’altro; è libera da quella falsa umiltà che sotto sotto cerca approvazione e si compiace del bene fatto. L’esperienza di Giobbe trova la sua autentica risposta solo nella Croce di Gesù. Celebrante: Ciò che ci allontana dall’identificazione del nostro pensiero col pensiero dell’Immacolata, è volere edificare senza stabilire le fondamenta. Coloro che hanno scelto di camminare con l’Immacolata, per vivere ed aiutare a vivere il Suo programma, devono proseguire il loro cammino nonostante le derisioni, gli scherni, i maltrattamenti di coloro che vorrebbero infangare il volto della Madre. Conclusione e preghiera finale. Celebrante: O Maria, sede della sapienza, intercedi quale nostra Madre per tutti i malati e per coloro che se ne prendono cura. Fa’ che, nel servizio al prossimo sofferente e attraverso la stessa esperienza del dolore, possiamo accogliere e far crescere in noi la vera sapienza del cuore. Canto. 31 L’ancora 3 2015 indialogo A Moncrivello LA NUOVA RSA “VIRGO POTENS” Alessandro Anselmo Sulle orme del beato Luigi Novarese una nuova struttura sanitaria. Il vescovo della diocesi Marco Arnolfo ha benedetto i locali e celebrato la Messa in Santuario. “C ostruire nuove mura non è facile di questi tempi e donare accoglienza, fraternità umana e competenza scientifica ai malati più fragili, può essere ancora più difficile. Noi ci abbiamo provato. E sono certo che ce la faremo”. Ha esordito così don Giovan Giuseppe Torre, legale rappresentante dei Silenziosi Operai della Croce, sabato 7 febbraio davanti a circa 300 persone tra cui i nipoti di Novarese, Giancarlo e Mariella Cerutti, medici, autorità, rappresentanti del mondo politico, industriale e finanziario che si sono riunite per l’inaugurazione della nuova struttura sanitaria “Virgo Potens” intitolata alla “Vergine potente”. Si tratta di una nuova Residenza Sanitaria Assistenziale, situata nel complesso del Santuario del Trompone, come la Casa di cura “Mons. Luigi Novarese”, a Moncrivello, Vercelli, che ospiterà un NSV (Nucleo Stati Vegetativi e minima coscienza di 10 posti letto) per l’accoglienza di persone in stato vegetativo, un NAC (Nucleo Alta Complessità Neurologica di 10 posti letto) per l’accoglienza di persone affette da patologie neurologiche molto invalidanti come la SLA e la Sindrome Locked-in ed un reparto con 20 posti letto per l’accoglienza di persone anziane non autosufficienti con necessità di assistenza ad alta intensità. Anche il direttore della nuova struttura, dottor Pietro Spalek, ha evidenziato la portata dell’impegno: “Questa è la sfida: dobbiamo metterci un gran cuore e un’altissima professionalità, tutti insieme, al servizio dei malati”. Durante la proiezione del video “Una storia che continua” nel quale è stata ripercorsa la storia del Santuario, dall’apparizione della Vergine che nel 1562 guarì un’ammalata fino all’inaugurazione della nuova RSA, ci sono stati attimi di commozione quando sono scorse le immagini del dottor Alberto 32 L’ancora 3 2015 Foto in alto, da sinistre a destra: la sala gremita per l’inaugurazione; i nuovi assunti alla RSA; don Janusz Malski con il dott. Claudio Lazzarone; il saluto dell’ex Ministro della Salute Renato Balduzzi; il Sottosegretario al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali Luigi Bobba Cavanna, scomparso prematuramente l’estate scorsa e promotore instancabile del progetto, il quale ha ricordato – in un filmato girato dalla troupe della trasmissione televisiva “Sulla via di Damasco” in occasione della beatificazione di Monsignore – di come il beato Novarese avesse capito l’importanza di “individuare nell’ammalato la persona; non soltanto un corpo che si deve curare, ma la persona nel suo complesso”. Dopo la visione di una breve testimonianza inviata da Paolo Marchiori, malato di SLA e responsabile del CVS di Brescia, che non è potuto essere presente alla giornata, in cui ha sottolineato con forza l’importanza della nuova RSA “Virgo Potens” per i malati di SLA, numerose autorità della zona hanno portato il loro saluto. Ad introdurre l’evento, il dottor Claudio Lazzarone, primario della Casa di cura “Mons. Luigi Novarese”. Il sottosegretario al Lavoro Luigi Bobba, originario di Cigliano, ha sottolineato il ruolo essenziale che il Centro di Moncrivello svolge nel territorio al servizio della comunità, mentre il Direttore generale della Asl di Vercelli, Federico Gallo, ha posto l’accento sul fatto che “oggi la sanità pubblica non ha i mezzi per sostenere questo tipo di malati, ma il rapporto virtuoso fra pubblico e privato realizzatosi in questa nuova opera ci fa ben sperare per il domani”. Negli interventi che sono seguiti, il Moderatore Generale dei Silenziosi Operai della Croce, don Janusz Malski ha richiamato l’attenzione dei presenti sul messaggio rivolto ai fedeli da papa Francesco in occasione della Giornata Mondiale del Malato, mentre il cardinale Giuseppe Versaldi ha rivelato il proprio legame affettivo con il seminario di Vercelli e il beato Novarese. L’ultimo saluto è toccato all’ex ministro Renato Balduzzi il quale ha ricordato la visita che come responsabile del dicastero della salute con il governo di Mario Monti compì nel gennaio 2012 nel Centro di riabilitazione di Moncrivello: “Incontrando dottori, personale e malati ho visto con piacere come, in questa struttura, venisse portato avanti un progetto di medicina veramente attenta ai valori della persona e al servizio di chi soffre”. A conclusione della giornata, l’arcivescovo di Vercelli, monsignor Marco Arnolfo, ha benedetto la nuova struttura e celebrato la Messa in Santuario: “Lasciamo che proprio il beato Luigi Novarese – ha detto il presule vercellese durante l’omelia – sacerdote, conti- 33 L’ancora 3 2015 Qui sopra, da sinistra a destra: il vescovo mons. Marco Arnolfo con l’immagine di Novarese durante la messa officiata nel Santuario del Trompone; la benedizione ai locali della RSA; i presenti in visita alla nuova struttura nui dal cielo a mettere dentro di noi questa passione per la vita, proprio quella passione che Gesù, facendosi uno di noi, facendosi uomo, ci ha manifestato: non c’è una passione più grande di quella per la vita che il Signore ci ha donato. Questa vita che è preziosa sempre, anche nei momenti di maggior debolezza, fragilità, inattività, proprio come nei momenti della vita vegetativa, eppure, sempre questa vita viene da Dio. Questa passione che questo beato ha trasmesso ai suoi collaboratori da trasmettere a tutti noi, perché possiamo veramente continuare, anzi permettere a Cristo Gesù di continuare oltre la sua missione attraverso il Suo spirito in ciascuno di noi”. ■ indialogo Karol Wojtyła in via Giulia saluta mons. Luigi Novarese e Sorella Elvira Myriam Psorulla IL BEATO LUIGI NOVARESE e SAN GIOVANNI PAOLO II Antonio Giorgini Il beato Luigi Novarese ha vissuto con San Giovanni Paolo II solo sei anni, ma ha stabilito con lui un legame e un rapporto talmente forte che ha profondamente inciso sull’Opera del beato. beato Luigi Novarese capì da subito la particolare attenzione di San Giovanni Paolo II verso i malati ed i sofferenti. Il giorno seguente la sua elezione si recò al policlinico Gemelli per far visita ad un suo amico vescovo lì ricoverato e nel saluto che diede a tutti i ricoverati del policlinico disse: “Vorrei proprio affidarmi alle vostre preghiere. Voi siete umanamente deboli, malati, ma anche molto potenti come è potente Gesù Cristo crocifisso” (18 ottobre 1978). In tutti gli incontri con i fedeli ebbe sempre un saluto particolare, toccante per gli ammalati. Anche per questo il beato Novarese pensò di chiedere un’Udienza particolare come Fondatore dei Silenziosi Operai della Croce, del Centro Volontari della Sofferenza e della Lega Sacerdotale Mariana. Il Papa gliela concesse e Monsignore chiese a me di portarlo in Vaticano. Naturalmente io aspettavo in anticamera e l’U- Il Un gruppo di Silenziosi Operai della Croce con San Giovanni Paolo II dienza si protrasse oltre un’ora. Quando uscì il beato Novarese, era raggiante e mi disse subito: “Il Papa condivide tutta l’attività dell’Opera. Ha gradito i sussidi che gli ho dato: le riviste, alcuni libri, l’attività degli Esercizi spirituali, l’attività socio riabilitativa e assistenziale e la nostra diffusione all’estero. E sai che cosa mi ha detto? Vuole che il nostro apostolato sia portato anche in Polonia dove troveremo un ambiente accogliente della nostra spiritualità soprattutto mariana e mi ha parlato di un vescovo che potrebbe fare da mediatore, mons. Casimiro Majdanski, membro del Pontificio Consiglio per la Famiglia”. Sorella Myriam e tutta la Comunità fu entusiasta della proposta del Papa. Anche l’approccio con il mediatore, il vescovo di Stettino – tramite il vescovo Gagnon, poi cardinale, non poteva avere un esito migliore. Venendo a Roma tutti i mesi avemmo modo di stabilire un ottimo rapporto. Il Signore gli suggerì un’idea luminosa: ci offrì un suo seminarista, Janusz Malski, il quale, dopo aver appreso a sufficienza l’italiano si fece accompagnatore dei gruppi di polacchi che venivano volentieri in Italia, approdando a Montichiari (che era anche residenza di Janusz che incominciò a frequentare il Seminario di Brescia). Da Brescia a Re, a Roma e in altre Case. Gruppi di sacerdoti polacchi incominciarono ad unirsi al Pellegrinaggio sacerdotale di Lourdes, accompagnati da un vescovo polacco e non mancava, al loro ritorno a Roma, una breve Udienza del Papa che conosceva così sempre meglio l’Opera di mons. Novarese. Ma il 13 maggio 1981 ci fu il grave attentato alla vita del Papa in Piazza San Pietro: sembrò concluso il pontificato di Giovanni Paolo II e la speranza che tutta la Chiesa poneva in lui. La Casa di Re era piena di ammalati che facevano gli Esercizi spirituali. Immediatamente si riversarono tutti in cappella: volevano e dovevano ottenere la salvezza della vita del Papa. E lì tutti si trattennero finché via radio non si apprese l’esito positivo del difficilissimo intervento chirurgico che si svolgeva al policlinico Gemelli di Roma. In 25 anni trascorsi a Re per assistere agli Esercizi spirituali degli ammalati, mai ho visto un momento di preghiera così intenso, e sono convinto che ebbe un ruolo importante la preghiera di tutta la Chiesa, in particolare degli ammalati. Giovanni Paolo II ritornò in Vaticano la vigilia dell’Assunta con la prospettiva di due anni di cura. A questo punto mons. Novarese ebbe un’idea: accompagnare il Papa nella lunga convalescenza con un libro che contenesse tutti i suoi discorsi agli ammalati, nei suoi primiquattro anni di pontificato, e incaricò don Pino Osella, suo vicario, a raccoglierli, facendo ad ognuno una breve premessa. Don Pino si mise subito al lavoro: dal 18 ottobre 1978 all’11 ottobre 1982 risultarono 400 discorsi del Papa agli ammalati. Nacque così il volume: “La sofferenza nel Magistero di Giovanni Paolo II, 1978-1982” (Ed. CVS Roma, volume di 374 pagi- Qui sopra: Il drammatico attentato a Piazza S. Pietro. A sinistra: Mons. Novarese parla agli ammalati durante gli Esercizi spirituali a Re. ne). Anche Monsignore si mise subito al lavoro facendo una introduzione di 18 pagine alla quale pose un titolo “Un dono del Papa ai sofferenti”. Prima della fine del 1982 il volume fu consegnato a Giovanni Paolo II ancora convalescente. Abbiamo la certezza che il Papa incominciò subito la lettura del volume soprattutto dell’introduzione di Monsignore. Da dove questa certezza? Dagli scritti del Papa. Ad esempio: in occasione del Convegno sull’Amore Misericordioso svoltosi a Re nel febbraio 1983, nella sua lettera a mons. Novarese del 24 febbraio, il Papa, trascrive alla lettera quello che mons. Novarese aveva scritto nell’introduzione (Un dono del Papa ai sofferenti) dove parla di suor Faustina Kowalska e di Giunio Tinarelli. All’inizio del 1984 (anno della morte di Monsignore) il beato Novarese aspettava una Lettera del Papa a tutta la Chiesa sul tema della sofferenza. Questa Lettera Apostolica (la “Salvifici Doloris”) uscì l’11 febbraio. Monsignore ne conosceva già il contenuto e subito mi dettò i punti essenziali della Lettera Apostolica per un ringraziamento al Papa: “Il Valore salvifico della sofferenza, La vocazione alla sofferenza, la partecipazione dei malati alla redenzione del mondo. Il servizio dei sani agli ammalati applicando loro la parabola del buon samaritano...”. La spedì subito l’11 febbraio. Segnava una svolta dell’insegnamento del Papa sul tema della sofferenza. ■ indialogo IL BUON USO DI SALUTE E MALATTIA Mara Strazzacappa Salute e malattia nel pensiero del beato Luigi Novarese. N egli scritti editi del beato Luigi Novarese sulla rivista L’Ancora ricorre 114 volte la parola salute e 115 volte la parola malattia. Questa sostanziale corrispondenza è dovuta al fatto che esse rappresentano i due volti dell’uomo, sempre un po’ malato ed un po’ sano, un po’ ferito ed un po’ guaritore; o, forse, perché rappresentano un continuum tra salute e malattia, tra benessere e dolore all’interno del quale dobbiamo trovare il nostro equilibrio esistenziale. Il carisma novaresiano è particolarmente rivolto alle persone portatrici di sofferenze, ma elemento fondamentale del pensiero del beato, da lui esplicitato con la scelta di fondare i Fratelli e Sorelle degli ammalati, è che ognuno, in qualunque situazione si trovi a vivere, nella salute o nella malattia, è chiamato a valorizzare la propria realtà e viverla come dono di Dio, come chiamata a cui rispondere responsabilmente e con la gioia di chi sa che in questa risposta all’appello di Dio di vivere in pienezza il tempo ed il luogo che ci vengono dati, si trova la gioia vera. Nei suoi scritti il beato sottolineava come il vivere una condizione, quella di salute, o l’altra, quella di malattia, bene o male, dipende unicamente dalla persona e dall’atteggiamento, dallo spirito che la conduce. Se ne può fare buon uso o se ne può abusare. L’unica differenza sta nel fatto che la salute predispone e favorisce la preghiera e l’attività. Così Luigi Novarese sottolinea la nostra difficoltà umana, concreta, di faticare a concentrarci, a muoverci ad essere attivi quando la sofferenza morde il nostro corpo e ci lascia sfiniti e provati. Ecco cosa diceva all’inizio degli anni Cinquanta: “Si può far buon uso della salute e della malattia, come si può abusare dell’una e dell’altra. La salute si raccomanda da sé stessa e non è necessario dire che essa favorisce la preghiera e lo svolgimento della propria attività nell’ambiente in cui il Signore ci ha posti; non così invece la sofferenza. Per tutti, sani e ammalati, unico 36 L’ancora 3 2015 è il fine: la propria santificazione”. Se il fine è unico, cambiano però le modalità con cui è possibile vivere la propria vita. Per chi soffre, per chi si trova in condizioni di malattia, di disabilità, è fondamentale restare uniti a Gesù per non sentirsi dei falliti, dei nullafacenti e nulla speranti. Diceva Novarese: “L’unica condizione per la valorizzazione del dolore è restare uniti a Gesù. Se nel dolore noi non svolgiamo la nostra funzione con Gesù, noi siamo dei falliti. La malattia, considerata di solito un male, in realtà non è così. Il vero male è il peccato. La malattia anziché strapparci alla vita, ci fa perno, attorno a cui gravita la vita e la sorte dei fratelli”. Ed aggiunge: “Qualcuno ha avuto il coraggio di affermare che la malattia è un male ed un peso inutile per la società. Niente di più falso: la malattia, soprannaturalmente parlando è un bene, quanto mai utile alla società”. E spiega: “Vivendo noi troppo superficialmente, abbiamo perduto il sapore delle cose celesti, non vediamo più i veri valori. Ci attacchiamo alle forme che ci sfuggono e perdiamo l’unica realtà che ci interessa, Dio. Nella nostra travagliata esistenza, di fronte al dolore, che bussa alle porte dell’anima nostra, ci ribelliamo tante volte, e domandiamo: «Ma perché devo soffrire, perché?» In certi stati d’animo guardiamo i fratelli sani quasi ci fossero nemici, come del resto anche Dio viene talvolta considerato come il primo nostro nemico. Quanta umanità in questa ribellione! Quanta concretezza nel domandarsi: “Perché?”. Il dolore, più di ogni altra cosa, è in grado di porci di fronte alle domande più fondamentali del nostro esistere. Le risposte, poi, non sono universali... non vanno bene per tutti... ognuno deve trovarle in se stesso, nella propria storia ed ognuno troverà risposte vere e sincere solo se avrà il coraggio di mettersi in gioco e di non fermarsi alla recriminazione, al piagnisteo, alle lamentazioni. Tutto questo può portare solo a sentire gli altri come nemici, anche Dio, anzi, soprattutto Dio. Ma affidiamoci ancora al beato Luigi per cercare di penetrare il mistero del dolore: Mons. Luigi Novarese a Montichiari (BS) nel parco della Casa “Rocca Maria Madre della Chiesa” nel 1967. La Comunità dei Silenziosi Operai della Croce è presente a Montichiari dal 1965. “Il Signore sempre sapiente nei suoi disegni ha mutato il castigo in tesoro; per cui mentre il male e la morte avrebbero potuto essere fonti di disperazione, con la passione di Gesù sono invece fonti di ricchezza per sé e per gli altri, sono fonti di gioia che donano a tutti la possibilità di dare, riparare, attirare misericordia su tutti quelli che si ama. Nulla è più fecondo del dolore, nulla più necessario e più potente”. Il buon uso che si deve saper fare della propria condizione di vita ha un unico fine: la vita e la sorte dei fratelli. Se siamo in salute e viviamo una vita di fede non possiamo non adoperarci per il bene dei fratelli, se siamo nella malattia e non abbiamo spazio che per preghiera ed offerta, non possiamo venire meno a questo impegno e privare i fratelli di questo tesoro, di questa fonte di ricchezza per sè e per gli altri. Nulla è più fecondo del dolore, perché nulla è più difficile, nulla ci rende più egoisti, più chiusi, nulla ci acceca alle necessità degli altri, nulla spegne la generosità quanto il dolore. Solo una visione soprannaturale del dolore stesso, solo la capacità di alzare lo sguardo verso Cristo crocifisso e risorto (non dobbiamo mai dimenticare che non esiste resurrezione senza il passaggio del dolore e della morte e non esiste morte che non sia redenta dalla resurrezione), ci permette di gustare la buona novella del Vangelo della sofferenza e a divenire apostoli e profeti del bene verso i fratelli. ■ 37 L’ancora 3 2015 indialogo Grazie... SU GRAZIE a cura di Felice Di Giandomenico La rubrica intende offrire preziose testimonianze dei nostri lettori circa le grazie ricevute attraverso l’intercessione del beato Luigi Novarese e dei nostri “seminatori di speranza”: autentici apostoli dei sofferenti, cuori aperti verso Dio e verso i fratelli, anime protese ad evangelizzare il mondo dell’umano patire. Gentili lettori, se volete scriverci: Silenziosi Operai della Croce - Direzione Generale Via di Monte del Gallo 105 - 00163 Roma [email protected] Testimonianza di Fernanda Pagliara Nel 1985, un anno dopo la morte di Monsignore, mio fratello doveva recarsi a Parigi per un intervento a cuore aperto. Avevo paura, paura che rimanesse sotto i ferri dell’operazione. Tutte le mattine andavo a piangere sulla tomba di Monsignore perché anch’io dovevo partire con mamma per accompagnarlo e temevo che, se mio fratello moriva in Francia, anche mamma sarebbe morta con lui ed io mi sarei trovata sola ed in terra straniera. Mi ricordo che telefonai al suo medico e mi disse: “Nelle condizioni in cui è, l’intervento è rischioso”. Però non ero disperata, ma serena, non prendevo quel viaggio con angoscia. Un giorno mi trovavo in ufficio e sentii dire da don Luigi Garosio, allora superiore dell’Associazione, succeduto a monsignor Novarese: “Strano, ho sognato Monsignore che mi diceva che doveva recarsi a Parigi”. Al che dissi tra me: “Son io che devo recarmi a Parigi”. Una notte poi l’ho sognato. Mi veniva incontro alla fermata dell’autobus che prendo sempre, e mi disse: “Guarirà”. Io applicai questa risposta alla preghiera fatta per mio fratello e partii con mamma per Parigi. L’intervento lungo, durò nove ore, ed alla fine il cardiochirurgo, il prof. Neveu di fama in- 38 L’ancora 3 2015 ternazionale ci disse: “È salvo, anche se le sue coronarie erano in gravissimo stato”. Dopo l’intervento mio fratello una sera ebbe una crisi: vennero subito a prelevarlo dalla stanza e lo condussero via in un altro ospedale per sottoporlo ad una lastra. Io e mamma rimanemmo sconvolte in quella stanza, in quell’ospedale lontano e facevamo da ponte alle sorelle rimaste in Italia che fremevano anche loro. In quella notte, mamma sconvolta, cadde in ginocchio e pregò mons. Novarese, visto che io gliene parlavo tanto bene. Appena mamma ebbe finito di pregare, vedemmo mio fratello sulla barella tutto sorridente rientrare con i medici, i quali ci dissero che era stato un farmaco, ma che le condizioni erano buone. Ci rassicurammo. Ma la mattina seguente la mia meraviglia fu grande quando, entrando, vidi mio fratello seduto sul letto, sorridente e pieno di commozione. Mi raccontava di aver avuto tutta la notte mons. Novarese accanto, che gli faceva compagnia e gli parlava delle diverse iniziative che egli stava facendo per l’apostolato della sua Opera. Devo dire che mio fratello conosceva bene mons. Novarese, ma non sapeva come me delle diverse iniziative che si svolgono. Comunque era tutto lieto e da lì ad una settimana uscì dall’ospedale e tornammo in Italia. Era perfettamente guarito. PREGHIERA O Padre, fonte di misericordia e consolazione, Ti ringraziamo dei doni concessi al beato Luigi Novarese, Fondatore dei Silenziosi Operai della Croce e del Centro Volontari della Sofferenza. Tu lo hai reso, con la grazia dello Spirito Santo, sacerdote del tuo Figlio Crocifisso e Risorto, apostolo della Sua tenerissima misericordia. Fa’, o Padre, che noi seguiamo il suo luminoso esempio nell’affidamento alla Vergine Immacolata, nel servizio alla Chiesa, nell’accoglienza della sofferenza come tempo santo ove si manifestano le Tue grandi opere, e nella promozione umana e cristiana dei sofferenti. Rendici, o Padre, testimoni credibili di Cristo, e concedici, per intercessione del beato Luigi, la grazia che imploriamo da Te, l’unico onnipotente nell’amore... Gloria al Padre... Beato Luigi Novarese, prega per noi. Chi ottenesse grazie per intercessione del beato Luigi Novarese è pregato di informare la Direzione Generale dei Silenziosi Operai della Croce, Via di Monte del Gallo 105 - 00165 Roma. Tel. 06-39674243 - [email protected] 39 L’ancora 3 2015 indialogo IO, PRETE SEGNATO DALLA MALATTIA p. Alfonso M. Catanese osm Il Il mio cammino nella malattia è iniziato 37 anni fa, rendendo molto provato il mio percorso sacerdotale e umano. Nel tempo, varie patologie si sono aggiunte aggravando il mio stato di salute. «Smetta di piangere! Lei sta vivendo il suo sacerdozio!». Il tono dell’intervento della suora di notte era deciso, niente affatto consolatorio, sincero. Indicava con precisione chiarissima e razionale la chiave di lettura di una situazione oscura, profondamente angosciosa, senza via d’uscita. Disperante. Fu per me davvero illuminante. Ne avevo bisogno. E il racconto di una esperienza concretamente vissuta nella quale emerge l’impatto psicologico con la sofferenza ed, insieme, la possibilità di una spiegazione di un senso di una circostanza complessa ed estremamente dolorosa. Mi spiego. Tutti siamo d’accor- 40 L’ancora 3 2015 do nel considerare la sofferenza un evento umano spiacevole, ma inevitabile: «In un certo senso coesiste con noi stessi... e sembra essere particolarmente essenziale alla natura dell’uomo» (cfr. Salvifici doloris, n.1). Ce lo ricorda una poesia appresa nell’adolescenza: «Tutti portan Croce quaggiù». Certamente ciascuno ha la sua sofferenza che si manifesta in modo diverso secondo caratteristiche psicosomatiche, fisiche o spirituali di ciascuno. Perciò non è facile parlarne bene con sano equilibrio e netta veridicità, e nemmeno lo è raccontare la propria esperienza. Tuttavia, qualcosa si può accennare. Improvvisamente può accadere che si presenti nella vita la necessità di un incontro col medico di base. Sembrava una cosa da nulla. Invece la diagnosi nefasta senza precisazione alcuna, ma con la chiara urgenza di ulteriori approfondimenti clinici. Ti getta in un profondo sconforto: tutto il mondo, le cose, le persone, la vita stessa scompaiono. Ti sembra di essere sospeso nel vuoto. Urge il ricovero in ospedale. La tua esperienza si concretizza in una struttura che ti spaventa, come temibile prigione dove subito il tuo nome è sostituito dal numero del letto. Non sei più persona, ma numero. Il panico, allora, ti prende, un panico vivo, straziante, ir- razionale, quasi animalesco, tutto l’essere pare riassumersi in un «puro grido» d’angoscia irrefrenabile, «l’indicibile sofferenza», enigmatica, mostruosa. Ci si dibatte disperatamene, non c’è altra brama che essere liberati da quell’orribile aggressore al più presto, non importa come. Non c’è altro pensiero, né può esservi. «Di sicuro non è in questi momenti che ci si prende dal tempo per far delle domande, per pensare, parlare: neppure per pregare. E il tempo delle lacrime, dei gemiti, delle urla, del silenzio cupo, pieno di morte». Dove trovare il senso di tutto questo accumulo di sofferenza? Tutto ciò che accade all’uomo non è prodotto del caso, ma ha la sua collocazione specifica in un disegno operativo e pieno d’amore,, concepito, voluto e realiz-zato da un Padre che vuo-le soltanto il nostro bene. ne. «Sappiamo che tutto concorre al bene di coloro che amano Dio» (Rm 8, 28). La prova può essere veramente immane assolutamente insostenibile gettandoli in una disperazione totale, tanto, talvolta, da farti immaginare un’uscita tragica senza rimedio. Per questo in quei terribili momenti di sconforto, ho pensato che non avrei avuto più tanto tempo per vivere, come mi avevano diagnosticato i medici dell’ospedale. Allora ho desiderato, come sacerdote e cristiano, di ricevere il sacramento dell’unzione degli infermi, per trovare con esso, il dono della consolazione, pace e forza unito a Cristo. L’Apostolo san Giacomo, nel rivelar- Lourdes. Un pellegrinaggio della Lega Sacerdotale Mariana ci questo sacramento, ne sottolinea l’efficacia unitamente alla preghiera della Chiesa. Il senso del soffrire si riesce a comprendere stando di fronte alla nostra realtà umana con i suoi limiti e la sua fragilità esposta naturalmente ad un continuo divenire logorante, sostenuti però da un’autentica e solida Fede in Gesù 41 L’ancora 3 2015 Cristo per noi morto e risorto. Per grazia di Dio, dal 1947 è presente nella Chiesa e provvidenzialmente attiva un’originale Associazione, istituita tra i malati e per i malati: il Centro Volontari della Sofferenza, fondata da un geniale e carismatico sacerdote, il beato Luigi Novarese, il quale ispirò ai messaggi della si isp Vergine Maria a Lourdes e a Vergin Fatima (penitenza, preghieFatim offerte di sacrifici per i ra, of peccatori e per le necessità pecc della Santa Chiesa). Beato trovò, quindi riIl B sposta al tormentoso prospos blema della sofferenza blem umana e si dedicò interauma mente alla valorizzazione men dei sofferenti. L’originalità di questa AsL’or sociazione è precisamensoci te di essere costituita da ammalati, disabili conam sapevoli di essere, essi sap pure, chiamati a lavorare pu nella vigna del Signone re, soggetti attivi di un particolare apostolato pa realizzato con le residue real risorse personali «l’ammalari to per mezzo dell’ammalato con l’aiuto del fratello sano». Volontari, perciò, nell’accettare responsabilmente la propria situazione e viverla quale speciale vocazione «ad amare di più», alla sequela di Cristo, il Volontario per eccellenza che «si è offerto perché ha voluto» (Sacra Scrittura), sostenuti e guidati da Maria Immacolata. ■ indialogo GUARIRE A LOURDES Giovannina Vescio In occasione della “Giornata Mondiale del Malato” lo scorso 6 febbraio, ad Asti, è stato presentato il libro “Guarire a Lourdes. La via del beato Luigi Novarese” scritto dal giornalista e biografo di mons. Luigi Novarese, Mauro Anselmo. Asti, 6 febbraio 2015 S olo dentro di noi, nella dimensione spirituale più profonda, si trova la via. E la Via, quella che decide il nostro destino è una sola: Gesù Cristo. Questo insegnava Novarese. E proprio questo è l’insegnamento che viene presentato e approfondito nel libro “Guarire a Lourdes. La via del beato Luigi Novarese” scritto da Mauro Anselmo. Un libro su Lourdes che non racconta la vita di Bernadette o la storia delle apparizioni, come avviene nella maggior parte delle opere dedicate al santuario mariano più celebre del mondo. “Guarire a Lourdes” è scritto dal punto di vista degli ammalati. E intende esplorare, come si legge nell’introduzione “il modo con il quale gli ammalati affrontano il dolore alla luce della fede. Come lo pensano e lo vivono. I malati come testimoni del dolore in una società che lo nasconde e lo ignora attraverso i messaggi di una cultura ipocrita diffusa apposta dai media per evitare le domande essenziali della vita”. Per questi malati Lourdes rappresenta uno straordinario appuntamento spirituale. E l’autore lo racconta avendo preso parte, con il Centro Volontari della Sofferenza di Brescia, a tre pellegrinaggi che si sono svolti nella settimana di Pasqua dal 2011 al 2013. Il pellegrinaggio a Lourdes, dunque, vissuto secondo l’insegnamento del beato Novarese. Il pellegrinaggio non è soltanto un viaggio. È un’avventura dello spirito che diventa esercizio spirituale. In che modo? Per rispondere alla domanda, voglio ricordare che Novarese, colpito alla età di nove anni dalla tubercolosi ossea – ma- 42 L’ancora 3 2015 lattia per la quale nella prima metà del Novecento non esisteva una cura – compì il primo viaggio a Lourdes nel 1927, all’età di tredici anni. Non guarì in quel viaggio (il Signore lo avrebbe guarito quattro anni dopo, nel 1931), ma capì che l’esperienza spirituale che ogni malato realizzava a Lourdes poteva diventare un’occasione di liberazione straordinaria. Lo spiega bene nel libro don Armando Aufiero, Presidente della Confederazione Internazionale dei CVS. “È davanti alla realtà della sofferenza che Lourdes ci fa vedere e ci insegna qualcosa di sorprendente: il dolore non ha partita vinta. Può piegare il corpo del malato, ma non ne abbatte lo spirito”. Questo aveva capito il giovane Novarese nella sua dolorosa esperienza della malattia e questo per tutta la vita ha voluto trasmettere agli ammalati. “L’incontro con il Cristo risorto”, dice don Armando, “la pre- ghiera a Maria, il contatto con l’energia della fede trasmettono al malato la consapevolezza di sentirsi figlio, amato dal Signore e cambiano radicalmente il suo modo di pensare se stesso e la malattia. È questa l’esperienza spirituale che produce quella che comunemente definiamo la guarigione interiore”. Una guarigione della quale la medicina tradizionale non si occupa, ma che – come ci ha insegnato il beato Novarese – può avere un ruolo terapeutico positivo nel modo con il quale il malato affronta e vive la malattia. A Lourdes è di scena la sofferenza. C’è il giovane disabile che il caso ha inchiodato alla carrozzella per il resto della vita in seguito a un incidente stradale. C’è Enrico, il ragazzo malato di SLA che si guarda intorno, inquieto, alla ricerca dell’accompagnatore che si è allontanato. C’è la giovane donna, mamma di due gemelle, che ha appena finito l’ennesimo ciclo di chemioterapia. Nel vivere la settimana pasquale a Lourdes, i malati si raccontano. E, con i malati, parlano i medici, gli accompagnatori, i volontari, i sacerdoti. Tante sono le storie, le testimonianze, le esperienze spirituali che ci commuovono e ci entusiasmano. E allora scopriamo che il malato, come insegnava Novarese, può diventare “il Buon Samaritano per il fratello sano”. Novarese non accompagnava gli infermi a Lourdes soltanto per farli pregare o intervenire alle cerimonie. Predicava l’affidamento al Cuore Immacolato di Maria. Attivava nei malati una riflessione profonda su se stessi e la malattia, li rendeva capaci di essere apostoli e consolatori. L’ammalato “Buon Samaritano per il fratello sano” è una delle intuizioni più innovative e feconde del suo insegnamento: “Potete diventare apostoli e maestri”, diceva Novarese, “tes “testimoni della gioia di avere scoperto il Signore nella sofscop fere ferenza. Maestri di speranza nell nell’insegnare agli altri, ai non amm ammalati, ad apprezzare il dono dell della salute e della vita. Voi, prop proprio voi, con il vostro eroismo e la vostra serenità potete essere un esempio di coraggio e di fede nel Signore”. Il libro “Guarire a Lourdes. La via del beato Luigi Novarese”, completa la biografia “Luigi Novarese. Lo spirito che cura il corpo”, pubblicata nel 2011. E ci dimostra ancora una volta quanto sia stato prezioso l’insegnamento di questo sacerdote di Casale Monferrato che avendo saputo accompagnare i malati nel buio della sofferenza, ha insegnato loro il percorso verso la luce: la Croce di Cristo che sfidando il mondo, trionfa nell’Amore sul mondo e sulla morte. Oggi, domani e sempre. ■ GUARIRE a LOURDES G La via del beato LUIGI NOVARESE di M Mauro Anselmo Qu Questo è un libro su Lourdes che ha come protagonisti gli ammalati. Cioè coloro che, pro giorno per giorno, posano lo sguardo sul gio mondo da una prospettiva di sofferenza. mo Questo testo esplora il modo con il quale essi Qu aff affrontano il dolore alla luce della fede. Quel dolore innocente la cui esis esistenza ha accompagnato il destino dell’uomo nel corso dei secoli e continua, anche oggi, a interrogare i credenti. ISBN 978-88-8407-222-1 - pp. 224 - € 13,00 noicvsNOIcvsNoiCVSnoicvsnoicvsNOIc CVS DI CASTELLENETA (BA) GIACOMO ROTOLO Una celebrazione per il venticinquesimo anniversario della morte resso la Chiesa “SS. Maria Santissima Assunta” in Mottola il 5 dicembre 2014, mons. Claudio Maniago, vescovo di Castellaneta, ha presieduto la celebrazione per il 25esimo anniversario della morte di Giacomo Rotolo, fondatore del CVS di Castellaneta. Il vescovo ha ricordato nell’omelia la grande personalità di Giacomo ringraziando il Signore per la vita di dis disabile, possa aderire a questo uomo segnata da un un’Associazione, benemepiù sofferenze. “Una vita rita rita, come il Centro Volonfaticosa, una vita che, agli tar tari della Sofferenza. Perocchi degli uomini che non ch ché le persone che sono hanno uno sguardo ampio to toccate dalla sofferenza, della fede, può sembrare da dalla malattia, attraveruna vita inutile, anzi una so questa Associazione si vita sprecata, una vita sen se sentono ben servite e ben addirittura, direbbe papa pre presenti, addirittura attive Francesco, da scartare. La all all’interno della comunità sua casa, ad esempio, con cris cristiana con un apostolalui ormai infermo, era afto proprio. follata di persone di ogni Se un uomo come lui ha genere che andavano da reso così significativa la lui a chiedere una parosua vita, ebbene anche noi la; un conforto e questa ai!”. re – ha ribadito mons. Maniago siamo cchiamati a fare lo stesso”. parola a lui non mancava mai!”. (Antonio e Teresa) “Un altro tratto che ci fa pensa- – è che una persona sofferente, P A CASALE MONFERRATO UNA VIA PER MONSIGNORE È ufficiale. La giunta di Titti Palazzetti, accogliendo il parere favorevole della commissione toponomastica, ha deliberato l’intitolazione di una via della città al beato Luigi Novarese. La strada, che si pensa verrà inaugurata in primavera, porta alla collina Sant’Anna, dove sorge la Cascina Serniola, luogo in cui Novarese nacque il 29 luglio 1914, oggi sede della Comunità, casa di accoglienza per sacerdoti anziani e anche luogo del museo dedicato al beato. “I Silenziosi Operai della Croce – dice don Janusz Malski, Moderatore Generale dei Silenziosi Operai della Croce – vogliono ringraziare il sindaco insieme alla giunta e all’amministrazione precedente per la vicinanza e l’impegno dimostrato nell’onorare la memoria di Monsignore”. 44 Il sindaco Titti Palazzetti e Giancarlo Cerutti, nipote del beato Novarese L’ancora 3 2015 OIcvsnoicvsNoiCVSnoicvsnoicvsNOIcvsnoicvs CVS DI BOLOGNA IN RICORDO DI GABRIELLA utta la Comunità del CVS si è unita in preghiera presso la Chiesa di S. Andrea di Cadriano (Bo) il 7 gennaio 2015, per la morte di Gabriella Gruppioni, da tanti anni alla guida del CVS diocesano. La grandezza di questa piccola, ma grande donna, che con discrezione ed umiltà è vissuta per tanti anni accanto a noi T spendendosi serenamente con spirito di sacrificio e con un forte senso del dovere è stata la sua profonda e semplice fede nell’amore di Dio per lei. Ha accettato sempre la volontà di Dio senza nessun tentennamento: è stata capace La croce era il centro della sua di insegnarci che la suprema vita, era soltanto vocazione sapienza del cristiano è l’ab- ad amare di più. bandono nelle braccia di Dio. (don Giovanni Cati) CVS DI TERNI IIN N PPREGHIERA REGHIERA PER LA B BEATIFICAZIONE DI TINARELLI D omenica 18 gennaio u.s., nella Cattedrale della diocesi di Terni-Narni-Amelia, dove è sepolto il Venerabile Giunio Tinarelli, S.E. mons. Giuseppe Piemontese, ha presieduto la solenne Celebrazione Eucaristica a sessant’anni dalla scomparsa del Servo di Dio, pregando per la prossima beatificazione. In Cattedrale erano presenti le autorità, numerosi fedeli e gli associati del Centro Volontari della Sofferenza e dell’Unitalsi che riconosce Giunio Tinarelli come fondatore della sotto-sezione ternana. Il 19 dicembre 2009, la Congregazione delle Cause dei Santi ha promulgato le virtù eroiche del Servo di Dio Giunio Tinarelli membro dei Silenziosi Operai della Croce, nato a Terni il 27 maggio 1912 e morto il 14 gennaio 1956. Si è pregato affinché, per intercessione di Giunio Tinarelli, possa avvenire un miracolo che gli consenta di salire presto agli onori degli altari. Durante la giornata si sono succedute testimonianze e interventi: il vescovo delnian la ddiocesi, il Postulatore della Causa don Armando Aufiero, il parroco della CCattedrale mons. Giancarlo Romani cche, come giovane sacerdote, accompagnava spiritualmente Giunio. com 45 L’ancora 3 2015 noicvsNoiCVSnoicvsnoicvsNOIcvsnoicvs CVS DI BRESCIA ANGIOLINO BONETTA M ercoledì 28 gennaio era l’anniversario della morte del Servo di Dio Angiolino Bonetta e la parrocchia di Cigole (BS), a cui apparteneva il giovinetto, ha organizzato un incontro veramente straordinario per la numerosità dei partecipanti all’incontro eucaristico della Santa Messa in programma per le ore 19.30. Ha presieduto la Celebrazione monsignor Olmi Vigilio Mario, vescovo ausiliare emerito di Brescia. Il nuovo parroco di Cigole, padre Abramo Camisani ha dimostrato di voler veramente bene ad Angiolino, anche se non lo ha personalmente conosciuto. Ha organizzato felicemente l’incontro per cui la Chiesa, nonostante fosse un giorno feriale, era letteralmente gremita come mai si è constatato in occasioni precedenti. Una decina di sacerdoti delle adiacenze di Cigole hanno concelebrato la Santa Messa. Monsignor Olmi ha tenuto una densa omelia che è stata accolta con senso di devozione dai numerosi presenti in ascolto attento. Il gruppo del canto della parrocchia ha accompagnato e fatto gustare canti solenni e devoti per tutta la funzione. Ci fa veramente bene ricordare anche con una certa solennità queste persone che hanno vissuto tra noi. Non è per una esaltazione vuota, ma perché il loro ricordo porti a noi l’esempio della loro vita e dei loro insegnamenti e perchè impariamo a vivere da veri figli di Dio. (don Pietro Bonfadini) CVS DI ROMA APPUNTAMENTO PRESSO LA DIREZIONE GENERALE resso la Direzione Generale dei Silenziosi Operai della Croce di via Monte del Gallo 105 (Roma) si è svolto il 15 febbraio u.s. un incontro del CVS capitolino sul Messaggio che il Santo Padre Francesco ha promulgato per la Giornata Mondiale del Malato. Claudio Carminucci, Responsabile del CVS a Roma, ha illustrato, insieme agli altri partecipanti, le attività apostoliche in corso di svolgimento, considerando che il Gruppo d’Avanguardia è stato ricostituito nel mese di novembre 2014. P 46 L’ancora 3 2015 s LEGA SACERDOTALE MARIANA • SILENZIOSI OPERAI DELLA CROCE 64° Pellegrinaggio a LOURDES Presieduto da Sua Em.za card. Giuseppe Versaldi 5 1 0 2 to s o g a 1 26 luglio - ✂ La gioia della missione Le meditazioni ai sacerdoti saranno tenute dal IN TRENO: cardinale Giuseppe Versaldi da Reggio Calabria, Lamezia, Battipaglia, Napoli, Aversa, Roma Ost., Grosseto, Livorno, Pisa, Massa Centro, La Spezia, Chiavari, Genova Brignole, Savona, Arma di Taggio, Ventimiglia. Le catechesi ai pellegrini saranno proposte dal MODALITÀ DI PARTECIPAZIONE vescovo Domenico Cancian ✂ Quota di partecipazione (da tutti i luoghi di partenza): ACCUEIL NOTRE DAME (sacerdoti e pellegrini disabili) € 580 • per bambini fino a 2 anni, gratuito • da 2 a 12 anni € 480 HOTEL*** (camere a 2 letti) € 720 • per bambini fino a 2 anni, gratuito • da 2 a 12 anni € 620 La quota comprende: l’iscrizione, il viaggio in treno (in cuccetta di seconda classe con 6 passeggeri); la pensione completa, escluso il vino, dal pranzo di domenica 26 a quello di sabato 1 agosto; i trasferimenti dalla stazione di Lourdes isi l a i agli alloggi e viceversa; il distintivo, il libretto del pellegrinaggio, D o l’assicurazione contro gli infortuni. izi Si ricorda che il Centro v Supplemento camera singola: € 160 in albergo. er Dialisi UNITÈ D’AUTODIALYSE S PAU NAVARRE dista circa 40 km da Lourdes. Tutti possono usufruirne. Le richieste in merito siano comunicate quanto prima (45 giorni prima della partenza) per la prenotazione e lʼinvio della documentazione necessaria.