Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Numero 53 25 Novembre 2014 97 Pagine Periodico elettronico di informazione automobilistica Nuova Volkswagen Passat Mini 5 porte Formula 1 Porta al debutto il fenomenale 2.0 TDI da 240 cv. Cresce anche il prezzo La nuova Mini 5 porte diventa più versatile senza rinunciare a stile e tecnologia Il Gp di Abu Dhabi ha visto andare in scena la cavalcata trionfale di Hamilton e l’amara disfatta di Rosberg Prima della Classe E’ sempre lei, ma più comoda Abu Dhabi 2014 | prova su strada | Mercedes-Benz GLA 45 AMG da Pag. 2 a Pag. 15 All’Interno NEWS: Ford Mustang Shelby GT350 | Audi Prologue concept | Mazda CX-3 | Audi A7 h-tron concept Mercedes-Maybach Classe S | M. Clarke Motori sovralimentati (VI parte) | Dakar: Lanciata la 37a edizione PROVA SU STRADA Mercedes-Benz GLA 45 AMG Alla faccia del crossover Chiamarla crossover ci viene difficile dopo averla guidata. La GLA AMG è a tutti gli effetti una sportiva grazie al motore turbo da 360 CV. È più comoda della Classe A 45 AMG e più morbida su strada, ma non rinuncia all’accelerazione brutale di Andrea Perfetti 2 3 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Prova Periodico elettronico di informazione motociclistica Media realtà di tutti i giorni è più facile stare sulla media dei 10 l/100km, che sono comunque un buon valore per un’auto che fila di corsa a 250 km/h (limitati dall’elettronica) e schizza a 100 in meno di 5 secondi (4,8) aiutata dal cambio a 7 marce a doppia frizione e dalla trasmissione integrale 4MATIC. La tecnica La Mercedes-Benz GLA 45 AMG sotto il cofano ospita il motore turbo a quattro cilindri AMG da 2,0 litri con iniezione diretta di benzina (pressione massima di iniezione pari a 200 bar). La potenza mostruosa di 181 cavalli/litro è conseguita grazie all’impiego del turbocompressore Twinscroll che lavora in abbinamento con l’impianto di scarico dotato di valvola elettronica parzializzatrice e presenta una strozzatura minima, tale da consentire una sovralimentazione sempre molto pronta. Il SPEEDSHIFT DCT AMG ha tre programmi di guida (automatico C, automatico sportivo S, manuale M) e col settaggio più aggressivo regala spettacolari doppiette a ogni cambio di marcia. In modalità C è attiva la funzione ECO start/stop. La potenza viene scaricata a terra dalle quattro ruote (dotate di grandi pneumatici 235/45 R 19). Il ripartitore della coppia alle ruote posteriori è integrato nel cambio. Quando si verifica un pattinamento sull’asse anteriore, il comando della frizione a lamelle lo rileva e per mezzo di una pompa idraulica comprime le lamelle, trasferendo la coppia motrice alle ruote posteriori. In condizioni di marcia normale la GLA 45 AMG ripartisce la coppia tra avantreno e retrotreno con un rapporto 50:50. L’ESP offre la tipica impostazione AMG, che consente di settarlo col programma Sport che limita al massimo il sottosterzo in curva, agendo sui freni delle I n Mercedes-Benz hanno il coraggio di definirla crossover. Invece – e per fortuna, secondo noi – la GLA 45 AMG è un’autentica vettura sportiva, stretta parente della Classe A 45 AMG, ma più confortevole e abitabile rispetto a questa. In AMG hanno infatti compiuto un grande lavoro sull’assetto della GLA per trasformare la crossover d’origine in un’auto capace di emozionare sul serio il pilota e i suoi passeggeri. Obiettivo centrato, come vedremo tra poco. La GLA 45 AMG si fregia ovviamente del titolo di auto col motore due litri turbo più potente oggi sul mercato, grazie a 265 kW (360 CV) e 450 Nm. Non sono niente male anche i consumi (dichiarati) di benzina: in teoria con 7,5 litri si percorrono 100 chilometri (CO2: 175 g/km). Nella 4 5 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Prova Periodico elettronico di informazione motociclistica ruote interne. Oltre all’elettronica, ci sono anche interventi sulle sospensioni; l’avantreno McPherson è dotato di assi più rigidi, mentre il retrotreno a quattro bracci oscillanti è rivisto. C’è poi l’assetto sportivo AMG, caratterizzato da ammortizzatori che danno più sostegno in curva e da barre stabilizzatrici più grandi che si sposano però con l’assetto moderatamente rialzato del posto di guida, che si presenta leggermente più accessibile rispetto a quello della Classe A 45 AMG. Finiture arrabbiatissime La GLA 45 è una AMG da capo a piedi. Lo vedi subito dalle enormi scarpe, che sono splendidi cerchi in lega a 5 doppie razze verniciati in grigio con finitura a specchio. Il frontale è dominato dallo spoiler e dalla mascherina in grigio opaco e non mancano nemmeno le prese d’aria laterali, un 6 dettaglio da supercar. Loghi AMG e Turbo sono presenti ovunque a distinguerla da una normale GLA, mente in poppa svettano gli enormi scarichi doppi rettangolari e cromati che rendono davvero arduo passare inosservati. Ma chi compra una AMG, sarà anche orgoglioso di guidarla e di mostrarla agli amici, è poco ma sicuro. La stessa, maniacale cura per il dettaglio è presente anche nell’abitacolo che profuma di corse automobilistiche. I sedili di pelle sono infatti di serie e impreziositi dalle cuciture e dalle cinture rosse. Il volante è piccolo e sportivo, con la parte bassa immancabilmente piatta e con i paddle del cambio facilmente raggiungibili. La strumentazione presenta 2 quadranti e il display centrale a colori. L’inserto sulla plancia è realizzato in alluminio spazzolato. Sono fatti con estrema cura anche il tunnel centrale, i rivestimenti delle porte e 7 8 9 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito quello del tetto. Da segnalare ai nostri lettori anche l’ottima abitabilità della GLA 45 AMG, che ospita in modo molto confortevole 4 adulti, che dispongono di 421 litri di bagagliaio (fino alla soglia della cappelliera). Niente male se consideriamo la compattezza generale della crossover tedesca, lunga 444 cm e alta solo 147 cm. La nostra prova La Mercedes-Bens GLA 45 AMG sprizza carattere da ogni lato la si guardi. Il problema è che risulta difficile restare troppo tempo a osservarla: i dettagli sportivi, le scritte AMG e Turbo riportate su ogni lato, le pinze dei freni rosse e gli enormi scarichi rettangolari ci obbligano dopo pochi istanti a prendere il volante tra le mani e partire. Vi abbiamo detto dell’abitacolo, confortevole e rifinito con grandissima cura (il prezzo 10 Periodico elettronico di informazione motociclistica Prova di listino lo impone d’altra parte). Gli interni della GLA 45 AMG sono un salotto sportivo caldo e accogliente che coccola gli ospiti con un mix particolare che mischia sapori agrodolci. Da una parte si apprezzano i dettagli più lussuosi, dall’altra si respira un’aria realmente corsaiola. La Mercedes-Bens GLA 45 AMG non è certo una crossover molliccia sulle sospensioni e lenta nell’incedere. Anzi, è il contrario esatto. Il quattro cilindri è un portento e stupisce per quanto sappia essere persino regolare. Non esplode mai con rabbia, ma sprigiona una potenza impressionante con una regolarità esemplare. E c’è a ogni regime: a parte un lieve ritardo fino a 2.000 giri, da qui in avanti inchioda i passeggeri sui sedili e fa raggiungere alla vettura velocità disarmanti in pochissimi secondi. Il cambio a 7 marce è ottimo in modalità automatica e molto efficace anche 11 12 13 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito nella gestione manuale; al massimo è il motore che spesso lo prende in contropiede, arrivando troppo presto al limite dei 6.500 giri, oltre il quale non conviene andare. Sono validi nella guida stradale sportiva anche i freni sovradimensionati e lo sterzo, mentre il setting degli ammortizzatori rivela una taratura meno estrema rispetto alla Classe A 45 AMG. Sulla GLA è stato tenuto in debito conto anche il confort; da un lato la vettura ha un rollio maggiore in curva, dall’altro è più comoda e fruibile nella guida di tutti i giorni, dove incassa senza problemi buche e dossi artificiali. Una nota positiva anche dal consumo di benzina: se non ci si lascia prendere dalla foga di questo splendido motore AMG, è facile superare la barriera psicologica dei 10 km/l. Niente male per il 2 litri turbo più potente del mondo. Il prezzo è di 59.500 euro chiavi in mano. 14 Prove Periodico elettronico di informazione motociclistica BROCHURE, TEST DRIVE, TUTTO SU: Mercedes-Benz GLA 45 AMG Sfoglia i cataloghi in PDF Brochure Configuratore della Casa » Sito Dedicato » Test drive » Finanziamenti » Guarda tutti gli allestimenti » Trovala dai concessionari » 15 PROVA SU STRADA Nuova Volkswagen Passat Prima della Classe La nuova Passat Berlina e Variant realizzata da quel mago di Walter de Silva fa un netto balzo in avanti e si pone come valida alternativa nel segmento premium. Porta al debutto il fenomenale 2.0 TDI da 240 cv. Cresce anche il prezzo di Andrea Perfetti 16 17 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Prova Periodico elettronico di informazione motociclistica sette punti in più rispetto alla Passat vecchia e un punto più rispetto alla vettura Premium col valore residuo più alto. Questo giudizio dà alla Passat “8” un valore residuo maggiore, consentendo al contempo rate di leasing più basse. Media Nuovi motori I motivi di interesse non finiscono qui. La nuova Volkswagen Passat Berlina e Variant vanta anche motorizzazioni all’altezza delle ambizioni. Ci sono i nuovi motori a benzina 1.4 TSI da 125 e 150 cavalli con cambio manuale a 6 marce, i sempre ottimi 2.0 TDI da 150 e 190 cavalli (il primo con cambio manuale 6 marce o DSG 6 marce). Ma sul nostro mercato sarà un sicuro successo anche il nuovo 1.6 TDI da 120 cavalli (cambio manuale 6 marce o DSG 7 marce), mentre ai più esigenti è dedicato il nuovissimo 2.0 BiTDI da 240 cavalli. Di questo gioiello tecnologico vi parleremo tra poco. Per la prima ci sarà anche la M ission Possible. È quella della nuova Passat che da diversi anni è la Volkswagen più venduta nel mondo (lo scorso anno sono state vendute 1.100.000 vetture; 22.000.000 da quando esiste. Ogni due minuti viene venduta una Passat) e che ambisce a conquistare i clienti del segmento D premium, quelli che oggi comprano BMW, Mercedes-Benz e Audi. Per riuscirci la Casa di Wolsburg ha presentato a Parigi l’ottava generazione della Passat nelle versioni Berlina e Variant, entrambe disegnate dal milanese Walter de Silva (direttore del design del gruppo Volkswagen). A pochi giorni di distanza dalla presentazione siamo volati in 18 Passat con propulsione ibrida plugin (TSI 156 cavalli più il motore elettrico da 115 cavalli), si chiamerà GTE (come la Golf che abbiamo appena provato). Quattro gli allestimenti previsti: Trendline, Comfortline (con in più tra l’altro Front Assist e funzione City Emergency Brake, Park Pilot, cerchi in lega da 17”), Highline (in più ha Adaptive Cruise Control, sedili in alcantara, fari posteriori a LED) e la Businessline (in più rispetto alla Comfortline ha l’Adaptive Cruise Control, il navigatore satellitare e la predisposizione Bluetooth). Per la Passat Berlina i prezzi partono da 28.200 euro (Trendline 1.4 TSI 125 cv); la Passat Variant con lo stesso motore costa 29.400 euro. La nuovissima 2.0 BiTDI DSG 4MOTION Highline ha un prezzo di 45.100 euro nella versione Berlina, di 46.100 euro in quella Variant. Si tratta di una quotazione alta, a ma a ben guardare i contenuti offerti da questa Passat sono davvero importanti. Il suo Turbodiesel TDI 4 cilindri a Sardegna per provare le due vetture che hanno davvero tanti spunti di interesse. Le Volkswagen Passat Berlina e Variant nascono da un’attenta analisi del mercato dell’auto, che negli ultimi anni ha visto crescere la diffusione dei marchi premium nel segmento D a scapito di quelli più generalisti. La nuova Passat ha quindi alzato l’asticella alle voci design, qualità, dotazioni e prestazioni per confermare la sua leadership soprattutto nella scelta da parte delle aziende. A loro è infatti dedicato l’allestimento Businessline, abbinato esclusivamente alle motorizzazioni TDI 1.6 (120 cv) e 2.0 (150 cv). La bontà della nuova Passat è già stata certificata – se così si può dire - dalle società di noleggio a lungo termine che hanno esaminato l’auto e le hanno attribuito 19 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Prova Periodico elettronico di informazione motociclistica iniezione diretta è il più potente mai realizzato dalla Volkswagen; è biturbo, ha 240 cavalli e consuma solo 5,3 l/100 km (139 g/km di CO2). La Berlina tocca i 240 km/h, mentre la Variant si ferma (per così dire…) a 238 km/h. Vista la coppia mostruosa di questo due litri (500 Nm), la Passat biturbo ha di serie la trazione integrale 4Motion, abbinata al nuovo cambio DSG a 7 marce. Design da berlina sportiva La nuova Passat ha fatto un notevole balzo stilistico in avanti. Parola di De Silva 20 Il maestro Walter de Silva ha ragione (vedi il nostro video) da vendere, quando afferma che la nuova Passat ha fatto un notevole balzo stilistico in avanti. Detto in parole semplici: oggi è un’auto più bella. La Variant è sempre piaciuta molto, e l’ottava generazione non è da meno. Oggi però anche la Berlina nasce con un’identità propria e con un posteriore molto più sportivo e dinamico in virtù della linea di demarcazione delle “spalle” dell’auto (che ricorda in modo abbastanza evidente la muscolosità delle recenti Audi). Inoltre c’è meno sbalzo davanti e dietro, un dettaglio essenziale che fa prendere due piccioni con una fava. Da un lato l’auto diventa immediatamente più sportiva nell’immagine, dall’altro cresce l’interasse e quindi l’abitabilità. La nuova Volkswagen Passat Berlina è infatti più corta di 2 mm (misura 476 cm), più bassa di 1,4 cm, eppure l’interasse cresce di 7,9 cm. Il risultato è un comfort interno degno di una limousine anche per cinque persone adulte. La Passat B8 (nome dato a questa generazione) è oggi più bassa e più larga. Anche il motore riceve un nuovo posizionamento che permette di abbassare il cofano motore e arretrare il parabrezza. Ci sono importanti novità anche nel frontale: la calandra del radiatore è più grande dei gruppi ottici, che ospitano fari alogeni o fari con tecnologia LED. Questi ultimi sono disponibili in due diverse varianti. La nuova Passat segna quindi una significativa inversione di tendenza: le dimensioni esterne diminuiscono 21 22 23 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Prove Periodico elettronico di informazione motociclistica La Passat riceve i comandi relativi allo sterzo inviati mediante tale levetta, mentre chi guida agisce solo sul freno. Quattro stili di guida. La nuova Passat offre quattro opzioni di guida(Eco, Sport, Normal, Individual) e, con il DCC presente di serie sulla biturbo da 240 cavalli, anche Comfort. La nostra prova su strada La nuova Volkswagen Passat Berlina e Variant è una vettura dalle dimensioni importanti, lo è sempre stata. Ma oggi ci stupisce con proporzioni nuove, mai viste prima sulla vettura di Wolfsburg. È più larga e più bassa, soprattutto la versione sedan mette in mostra muscoli sportivi sottolineati dalla gommatura generosissima e dagli sbalzi ridotti. Il look dinamico si sposa con interni che si fanno ammirare da quanto sono curati. Nulla è lasciato al caso, c’è una cura maniacale che riguarda sia la scelta dei materiali che gli abbinamenti cromatici. Le versioni Highline che abbiamo provato, in particolare, denotano una qualità che pone la Passat ai primi posti anche tra le rivali dal nome pesante (Audi, (seppure di poco), mentre l’abilità di ingegneri e designer regala uno spazio interno persino maggiore. Inoltre il bagaglio è quello di sempre, che non ha pari nel segmento premium: la capacità della Variant è aumentata di 47 litri e raggiunge oggi 650 litri (abbattendo i sedili e caricando fino al tetto, la capacità arriva a 1.780 litri). La Berlina ha un grande vano da 586 litri (+21 rispetto a prima). Non bastassero queste migliorie, anche il peso della vettura diminuisce. Sono 85 i kg in meno. Anteprime tecnologiche La nuova Passat B8 si svela ai nostri occhi con dettagli tecnologici da ammiraglia tedesca. Non ci riferiamo tanto al Head Up Display (è la prima Volkswagen ad averlo), quanto allo spettacolare Active Info Display. Si tratta della strumentazione digitale optional su tutte le versioni al posto 24 Mercedes-Benz e BMW). In questo la Volkswagen non ha lesinato gli sforzi per alzare il livello qualitativo, che è realmente eccezionale. L’abitabilità è ottima, al pari della volumetria dei bagagliai che accontenterà anche le famiglie più numerose. Stupisce lo spazio a disposizione dei posti dietro, che fa di Passat anche una valida auto di alta rappresentanza. Abbiamo apprezzato la leggibilità della classica strumentazione, ma ancora più positivo è il giudizio sul display digitale optional (prima d’ora lo avevamo apprezzato solo sulla Mercedes-Benz Classe S). Dà un ulteriore tocco di classe agli interni ed è molto chiaro da consultare. Il nostro test parte dalla motorizzazione 1.4 TSI da 150 cavalli. Questo motore è dotato di un sistema di gestione attiva dei cilindri (ACT), che disattiva il secondo e il terzo cilindro quando non serve la massima potenza, con una sensibile riduzione dei consumi. La nuova Passat 1.4 TSI 150 cv consuma 4,9 l/100 km (Passat Variant 5,1 l/100 km). Il sistema ACT è attivo tra 1.400 e 4.000 giri e a velocità inferiori a 130 km/h, mentre la potenza massima di quella analogica con le classiche lancette. Il display misura 12,3 pollici e ospita i classici quadranti (tachimetro, contagiri, livello del carburante ecc.) che variano di dimensione a seconda delle altre informazioni richieste (ad esempio in modalità navigazione la mappa è più grande e i quadranti sono di dimensione inferiore). L’effetto grafico è affascinante e assolutamente in linea col nuovo profilo premium della Passat. Vi segnaliamo una primizia assoluta della Passat B8. Con il comando elettrico degli specchi (!) è oggi possibile guidare finalmente con semplicità il rimorchio durante la retromarcia. Si chiama Trailer Assist e la Volkswagen è la prima al mondo a offrire un sistema di assistenza che consente di effettuare le manovre con rimorchio. Il guidatore regola la direzione della vettura con rimorchio utilizzando la levetta di regolazione degli specchietti, che funziona come un vero joystick. 25 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Prove Periodico elettronico di informazione motociclistica aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb arriva tra 5.000 e 6.000 giri. Di questo propulsore colpisce la grande pienezza dell’erogazione a ogni regime; la spinta convince anche ai bassi e permette un uso limitato dell’ottimo cambio manuale . Le prestazioni sono notevoli (220 km/h per la Berlina, 218 per la Variant), mentre i 100 orari si raggiungono in appena 8,4 secondi (8,6 la Variant). Il comportamento stradale è ottimo. Merito del nuovo telaio MQB e dello sterzo, preciso e assai comunicativo. Evidenziamo anche la grande insonorizzazione del motore 1.4 TSI, che non fa mai sentire la sua voce. Su tutte le versioni è promossa l’efficacia delle sospensioni anche dove la strada non è perfetta. Il motore 2.0 TDI 150 cavalli sarà uno dei più apprezzati sul nostro mercato. Ed è facile capire perché. A 1.750 giri il 26 TDI fornisce già la coppia massima di 340 Nm. Le prestazioni ricalcano quelle appena descritte per la Passat 1.4 TSI (velocità massima di 220 km/h, da 0 a 100 in 8,7 secondi), mentre calano ulteriormente i consumi, che sono di soli 4,0 l/100 km (106 g/km CO2). La Passat può essere equipaggiata con il cambio a doppia frizione (a 6 rapporti). Il nuovo TDI pone nuovi standard per quanto è silenzioso. Anche a motore freddo è assai difficile scorgere la timbrica del diesel; assenti anche le vibrazioni a ogni regime. Il TDI 150 cv lavora in perfetto accordo col cambio DSG e riesce a conciliare in modo perfetto la brillantezza di marcia con i consumi bassi (nel nostro test abbiamo misurato 5,8 l/100 km con uno stile non troppo attento all’economia di esercizio). A chi vuole il massimo in materia di prestazione, ma soprattutto di piacere di guida, è dedicata invece la nuova Passat 2.0 BiTDI da 240 cavalli. Quest’auto mostra quasi con arroganza di cosa sia oggi capace la Volkswagen e manda un messaggio diretto alle tre rivali premium tedesche: oggi le loro vetture del segmento D dovranno misurarsi con un concorrente molto, molto temibile. Il quattro cilindri biturbo ha un’erogazione di potenza semplicemente impressionante. Il bello è che questa si sposa con una rotondità e una fluidità che fino a oggi avevamo provato solo al volante di auto con almeno sei cilindri. Il silenzio a bordo è sovrano fino a circa 3.000 giri, oltre i quali compare una rombosità piena e cupa che accompagna una crescita di giri e di velocità 27 28 29 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Prova degna di un’auto sportiva. La trazione 4MOTION è una scelta obbligata per dare motricità a tanto ben di Dio e lavora in perfetta sincronia con il cambio DSG a 7 marce. Gli innesti sono immediati sia in automatico che in manuale, grazie ai due paddle dietro al volante. I consumi risultano spesso superiori al dato dichiarato (7 l/100 km contro i 5,3 dichiarati), ma con la Passat 240 cavalli è impossibile non farsi prendere la mano e affondare l’acceleratore. Lei va da 0 a 100 in soli 6,1 secondi con una progressione che inchioda al sedile e che prima d’ora non si era mai vista su una vettura con motore due litri diesel. Ma questo è solo uno dei primati della nuova Volkswagen Passat. L’ottava generazione vuole creare scompiglio nel ricco mercato delle auto premium e nel corso della nostra prova ha dimostrato di possedere argomenti molto convincenti. In più la Passat ha quel certo understatment che ha conquistato generazioni di automobilisti. 30 31 PROVA SU STRADA Mini 5 porte E’ sempre lei, ma più comoda In listino a partire da 17.900 euro la nuova Pulsar segna il ritorno di Nissan nel segmento C. Linee ispirate a Qashqai e tanto spazio a bordo sono gli elementi chiave di un modello che si dimostra molto concreto ma senza effetti speciali di Emiliano Perucca Orfei 32 33 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito progressivamente gli schienali posteriori con modalità 60/40. Un vano che è stato oggetto di attenzione da parte dei suoi progettisti anche in ambito di facilità d’uso visto che, come optional, è previsto uno speciale pack portaoggetti che include anche il piano del bagagliaio a fissaggio variabile. Come tutte le Mini di ultima generazione anche la nuova 5 porte offre la strumentazione analogica/digitale incastonata sul piantone dello sterzo e la strumentazione centrale con anello a led pensato per fornire indicazioni visive riguardanti lo stato di diverse funzioni ma soprattutto in grado di ospitare, in alternativa al display TFT a quattro righe, un più sofisticato display digitale da 6,5” (820 euro) o da 8,8” (2.120 euro) il cui software si controlla dal Mini controller installato sulla consolle centrale. Il bluetooth, invece, rimane a pagamento: 155 euro. Funzionalità (e prezzi) di stretta derivazione BMW che integrano funzioni di navigazione, entertainment e telefonia Media È t utta nuova anche per noi. Questo è il claim con cui Mini ha accolto l’arrivo di una nuova versione a cinque porte che, in cinquantacinque anni di storia, era forse stata pensata ma mai realizzata in alcuna delle gestioni che hanno accompagnato lo sviluppo del brand inglese da metà degli anni ‘50 ad oggi. Insomma, un prodotto completamente nuovo, prima di oggi sostituito in parte da quella Clubman che in virtù della nuova nata dovrà rivedere il suo modo d’essere: da Mini con un bagagliaio più capiente e mezza porta in più, infatti, la Clubman strizzerà l’occhio ad un pubblico più vicino a quello delle station wagon mantenendo comunque un occhio di riguardo per l’essere cool ed allo stesso tempo andando a colmare e completare la gamma inserendosi, appunto, tra la nuova cinque porte e la più generosa Countryman. 34 Prova Periodico elettronico di informazione motociclistica oltre a quelle previste da Mini Connected come la chiamata di soccorso intelligente o alcuni servizi specifici Mini accessibili attraverso la connessione 3G integrata nelle vetture dotate del top di gamma in termini di multimedialità. Tramite la connessione è possibile accedere anche alle informazioni in tempo reale sul traffico ma anche accedere ai social come Facebook, Twitter e molti altri senza passare per lo smartphone. Tecnologia e meccanica: è raffinata Non mancano alcune feature tecnologiche anch’esse già viste sulla nuova Mini 3 porte: l’head up display, il park assistant, la retrocamera di parcheggio e la regolazione attiva della velocità e del mantenimento della distanza di sicurezza possono essere parte della dotazione alla stregua del avviso di tamponamento/investimento pedone o della attivazione automatica dei fari e Come cambia rispetto alla 3 porte Una gamma più razionale, comunque coerente con il brand Mini per quanto concerne lo stile, che anche nella cinque porte rimane assolutamente in linea con quanto ci siamo a abituati a vedere dai primi anni 2000 in avanti. Rispetto alla normale tre porte le novità non sono tanto davanti, dove il look rimane sostanzialmente quello della tre porte, ma di fianco e dietro: il passo, innanzitutto è stato allungato di 72 mm (2.567 mm) per fare più spazio dentro mentre la lunghezza è cresciuta sino a 3.982 mm (+161) alla stregua dell’altezza che è cresciuta di 11. Invariata invece la larghezza mentre per quanto concerne gli interni i nuovi valori dimensionali non hanno portato in dote solo un nuovo look ma anche 72 mm in più per le gambe di chi siede dietro, 15 mm per la testa e 61 all’altezza dei gomiti. A crescere è anche il volume del bagagliaio, che con un +67 litri tocca ora 278 estendibile a 941 abbattendo 35 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Prova Periodico elettronico di informazione motociclistica disposizione della SD (1.995 cc, 360 Nm a 1.500 giri) che è stato sviluppato ex novo per soddisfare le nuove richiste di potenza dei clienti più attenti alle prestazioni ma anche ai consumi. Bassi i consumi dichiarati mediamente da Mini: si va da 5,9 a 3,5 l/100 km con emissioni da 136 a 92 g/ km sia con i cambi manuali a sei marce proposti di serie sia con i nuovi Steptronic a sei marce disponibili per tutti ad eccezione della Mini One D. I prezzi per il mercato italiano partono da 19.100 euro della versione base a benzina One, per crescere sino ai 29.400 della più ricca Cooper SD a gasolio in versione Business XL. degli abbaglianti. Tra le tecnologie in dotazione alla nuova Mini 5 porte non ci sono solamente quelle relative al confort di bordo o alla sicurezza (airbag frontali, laterali, laterali a tendina, ISOFIX e controllo pressione pneumatici). Per assicurare un miglior feeling di guida all’avantreno con sospensioni McPherson e ad un retrotreno multilink si affiancano il servosterzo elettromeccanico, il controllo di stabilità e di trazione ed il sistema EDLC che nella Mini 5 porte Cooper S e Cooper SD simula la presenza di un differenziale autobloccante frenando la ruota soggetta a pattinamento per spostare la coppia dove invece c’è più grip. Per chi volesse il massimo è disponibile anche il controllo elettronico degli ammortizzatori che lavora in simbiosi con i Mini Driving Modes (mid mode, sport o green) per variare le impostazioni base di servosterzo e 36 Dal vivo: com’è fuori Se siete tra quelli a cui la terza generazione di Mini “suona strana” nella zona anteriore certamente quando vi ritroverete di fronte alla nuova 5 porte le cose cambieranno. Il nuovo frontale, più alto e voluminoso, assume tutta un’altra dimensione nella volmetria del nuovo modello che è stata allungata nella zona posteriore ma soprattutto allungata di passo per offrire più spazio ai passeggeri posteriori ed integrare al meglio la seconda coppia di porte. In buona sostanza, anche se la cosa è assolutamente non confermata da BMW, l’idea è quella che prima della tre porte risposta dell’acceleratore in funzione di una guida più sportiva o rilassata. Motorizzazioni e prezzi: per tutti i gusti La nuova Mini 5 porte si presenta sul mercato con sei motori che vanno, come al solito, anche a declinare la gamma. Mini One 5 porte arriverà con il nuovo tre cilindri da 102 CV (1.198 cc, 180 Nm a 1.800 giri), Mini Cooper con l’unità da 136 CV (1.499 cc, 220 Nm a 1.250 giri) mentre Mini Cooper S sfrutterà il potenziale del quadricilindrico turbocompresso da 192 CV (1.998 cc, 280 Nm 1.250 giri). La gamma a gasolio, invece, parte dalla One D a tre cilindri da 95 CV (1.496 cc, 220 Nm a 1.500 giri) e sale sino ai 116 CV (270 Nm a 1.750) della medesima unità potenziata per la Cooper D. Sono 170, invece, i CV a 37 38 39 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Prove Periodico elettronico di informazione motociclistica maggiore Countryman così come l’accesso all’abitacolo che è vincolato da porte piccole e che non si aprono a 90° come altre competitor. In ogni caso, anche in considerazione del concetto originale di Mini e della dimensione della vettura, lo spazio posteriore si può considerare buono (in quanto utilizzabile da persone di corporatura normale) anche se per soli due passeggeri: il centrale, infatti, deve fare i conti con un mobiletto centrale davvero molto “presente”. Niente male il vano bagagli: certo i 278 litri non sono il record della categoria ma non sono pochi (118 in più risptto alla prima Mini by BMW) e si possono espandere facilmente abbattendo gli schienali posteriori. Su strada Per la nostra prova abbiamo scelto la Cooper D, da 116 CV e la Cooper S da 192 CV. Una volta sia stata disegnata la 5 porte o se non altro che i compromessi stilistici siano andati a “danno” della corta piuttosto che della lunga: un ragionamento industrialmente logico visto che, per quanto il concept originale sia a sole tre porte, il mercato delle B a cinque porte che il BMW Group ha voluto aggredire con Mini conta l’85% delle vendite nel segmento B... Dal vivo: com’è dentro Fino al montante B la nuova Mini 5 porte è sostanzialmente identica alla terza generazione di Mini arrivata anch’essa quest’anno sul mercato. I riferimenti alla Mini originale, insomma, rimangono forti e molto presenti a partire dallo strumento circolare al centro della plancia che però, con l’avvento dell’ultima generazione, ha perso 40 avviato il propulsore diesel ci si accorge sin dai primi metri di essere alla guida di un tre cilindri. Non che il sound sia particolarmente fastidioso o le vibrazioni siano eccessive, benchè superiori a quelle di un quadricilindrico di pari cilindrata, ma la timbrica è certamente qualcosa di atipico così come l’erogazione che sembra dare il meglio di sé ai regimi intermedi piuttosto che ai bassi (dai 1.000 ai 1.500) o agli alti (oltre i 3.500) regimi. Un motore comunque piacevole da guidare, grazie anche ad un cambio a sei marce ben tarato e molto gradevole da utilizzare. Rispetto alle Mini di precedente generazione il nuovo Cooper D offre un comando della frizione più leggero ed un feeling sullo sterzo che può cambiare: molto “maschio”, come in passato, nella modalità più sportiva e decisamente più vicino alle esigenze del pubblico femminile nelle modalità Green e normale. Buono l’assetto che ci è sembrato un anche la classica funzione di tachimetro (inutilizzabile) per fare posto ad una multimedialità più spinta e ad una interfaccia di comunicazione macchina/uomo “sensoriale”: la cornice, infatti, vanta un sistema di illuminazione a LED che cambia colore in base a diversi tipi di impostazione. Può ad esempio variare tonalità in base al regime del motore, suggerire se si sta guidando bene o male in funzione dei consumi e molto altro. Tra le novità introdotte dalla terza generazione anche il selettore, alla base del cambio, della modalità di guida Driving Modes. Assemblata con cura, non eccezionale in termini di ergonomia (ma per mere questioni di stile) e costruita su materiali di buona qualità la Mini 5 porte è profondamente diversa dal montante B in poi: lo spazio per chi siede dietro non è certo quello della sorella 41 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito giusto compromesso tra sicurezza, prestazioni e confort di guida. Decisamente contenuti i consumi: viaggiando senza forzare si sta nei pressi dei 5 l/100 km. Decisamente più interessante, in termini prestazionali, la performance del Cooper S che proviamo in abbinamento al cambio automatico a sei marce (1.900 euro): un motore che fa sentire la propria voce all’avviamento sparendo nella normale marcia su strada quando si va a passeggio per poi riapparire quando si va a forzare col piede destro sul pedale del gas. Sopra i 3.000 giri il due litri Mini spinge davvero forte e permette di assaporare le buone doti del telaio e delle sospensioni che rispondono ai comandi del volante (molto preciso) in maniera rigorosa e veloce. Lontani dal dichiarato, invece, i consumi: le 42 Periodico elettronico di informazione motociclistica Prove medie senza esagerare sono nell’ordine dei 7,8 l/100 km contro i 5,4 dichiarati dalla Casa. Rispetto alla Mini standard la nuova 5 porte appare decisamente più a suo agio sul “veloce” mentre nello stretto si riesce comunque a divertirsi pur pagando qualcosa in termini di agilità rispetto alla sorella a tre porte: la differenza di peso ma soprattutto il passo più lungo, del resto, non potevano che portare a questo risultato. La fisica, dopotutto, è tale anche per Mini. In conclusione Il nuovo progetto Mini hatchback è stato evidentemente pensato per essere davvero molto interessante nella versione a cinque porte (che nel segmento B vale l’85% delle vendite) ed i primi riscontri - assicurano in Mini - sono davvero 43 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito 44 Periodico elettronico di informazione motociclistica Prove 45 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Prova interessanti: del resto, senza nulla togliere al fascino unico della Mini tradizionale, i tecnici e gli stilisti di Monaco sono riusciti ad offrire quel quid di versatilità in più che sino ad oggi si ritrovava in parte nella Clubman e, passando ad una categoria (soprattutto di prezzo) superiore nella Countryman. 46 47 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito News Periodico elettronico di informazione motociclistica pistoncini all’anteriore e a quattro al posteriore, accoppiate a dischi da 394 e 380 mm, promettono alte prestazioni in frenata. In più il diffusore posteriore, lo splitter anteriore e la griglia in fibra di carbonio sono stati progettati per garantire un ottimo carico aerodinamico ma regalano anche un look piuttosto aggressivo. All’interno della Ford Shelby GT350 dominano i nuovi sedili sportivi Recaro e per evitare fastidiosi riflessi della luce sono state ridotte le cromature e le superfici lucide. Inoltre il selettore di guida della console centrale permette di modificare le impostazioni principali della vettura come il controllo della stabilità, l’ABS, la risposta dell’acceleratore e quella dello scarico. In via opzionale Ford ha messo a disposizione un Tech Pack aggiuntivo che permette di avere sedili elettrici in pelle, climatizzatore bi-zona e il sistema di infotainment MyTouch Ford da 8 pollici abbinato al sistema Shaker Audio. «Quando abbiamo iniziato a lavorare su questa macchina - ha dichiarato Raj Nair, Vice Presidente el gruppo Ford - abbiamo voluto costruire la migliore Mustang possibile per visitare i posti che più amiamo e soprattutto la pista. Ogni cambiamento che abbiamo attuato su questa vettura è stato guidato dalle esigenze funzionali di un potente propulsore, reattivo e agile». Ford Mustang Shelby GT350 quando i cavalli non bastano mai Ford svela la nuova Shelby GT350 Mustang, una muscle car con motore V8 da 5.2 litri capace di erogare 500 CV e 542 Nm di coppia L a Casa dell’Ovale Blu ha rivelato attraverso un video ufficiale la Ford Shelby GT350 Mustang, la nuova versione ancora più prestazionale del preparatore americano. Sotto il cofano della Shelby Mustang pulsa un motore aspirato V8 da 5.2 litri capace di erogare oltre 500 CV. Con il più potente propulsore aspirato mai realizzato da Ford, la nuova GT350 (la sua antenata risale al 1965) è stata realizzata con materiali avanzati e vanta ammortizzatori MagneRide, freni ad alte prestazioni e un’aerodinamica all’avanguardia. Il nuovo 48 motore ad albero piatto, ovvero caratterizzato da cilindri sfasati a 180° come avviene sulle vetture da corsa, è in grado di erogare 542 Nm di coppia i quali sono trasmessi alle ruote attraverso un cambio manuale a 6 rapporti e un differenziale Torsen autobloccante. Di serie la nuova Shelby GT350 si presenta con un cofano alleggerito in alluminio e con cerchi da 19 pollici con pneumatici Michelin Pilot Super Sport mentre in via opzionale potranno essere installati il radiatore per l’olio motore e quello per l’olio della trasmissione. Le pinze Brembo a sei 49 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito News Periodico elettronico di informazione motociclistica Il nuovo design esterno All’anteriore domina un’unica grande calandra, più piatta rispetto agli modelli attualmente in commercio, e ai lati spiccano i nuovi gruppi ottici che sfruttano la tecnologia laser Matrix. Anche la zona posteriore è stata modificata come dimostrano il nuovo diffusore in alluminio nero lucido che integra i tubi di scarico e i fari a LED con vetro 3D. In frenata si illumina anche il fondo dell’incisione tridimensionale dando l’impressione che la luce si muova in direzione dell’osservatore. Lo stile elegante continua poi nella parte centrale della Prologue dove i parafanghi, le portiere e gli elementi posteriori delle fiancate risultano essere bombati e pieni. I retrovisori esterni realizzati in alluminio, alloggiano i nuovi sensori dedicati all’apertura delle porte. Queste ultime infatti perdono le tradizioni maniglie e si aprono elettromeccanicamente non appena si toccano Audi Prologue concept Il nuovo design del lusso e della sportività le superfici illuminate dei sensori. Da notare anche i larghi parafanghi che ospitano enormi cerchi in lega da 22 pollici. Il “maggiordomo” in macchina All’interno dell’Audi Prologue l’eleganza si mixa con la tecnologia. Le superfici del display e dei comandi sono integrate in modo innovativo nella plancia portastrumenti e nella console del tunnel centrale. Innovativo il servizio di bordo chiamato “Butler” (che significa “maggiordomo”): il software dell’Audi è in grado di identificare i quattro passeggeri grazie ai loro smartphone e di regolare i sedili e il climatizzatore secondo le singole esigenze. L’abitacolo promette quindi di regalare comfort e lussuosità a bordo anche grazie ai rivestimenti in pelle e alle finiture in alluminio e legno di alta qualità. Sulla plancia compaiono addirittura 4 schermi touchscreen che permettono Media In occasione del Salone di Los Angeles, il costruttore tedesco ha presentato ufficialmente l’Audi Prologue concept, un prototipo che anticipa le future linee del marchio tedesco. L’eleganza si fonde con la tecnologia e la potenza I n occasione del Salone di Los Angeles, la Casa dei Quattro Anelli ha tolto il velo alla tanto attesa Audi Prologue concept, una coupè di grandi dimensioni che anticipa il nuovo stile del costruttore tedesco. Con i suoi 5,10 metri di lunghezza, 1,95 metri di larghezza e un’altezza di 1,39 metri, la futura Audi A9 si presenta come una sportiva di lusso leggermente più corta e più bassa dell’attuale A8, pronta per sfidare le altre ammiraglie del segmento come 50 Mercedes Class S Coupé e Bentley Continental GT . Le nuove linee sono pulite e moderne e conferiscono alla vettura dinamicità ed eleganza. Il Responsabile del Design Marc Lichte la definisce come «l’auto più sportiva del segmento di lusso. È un esempio del futuro del marchio Audi. La nostra équipe ha battuto nuove strade sia per quanto riguarda il design degli esterni, sia per quanto riguarda gli interni». 51 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica News aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb di regolare fari e impianto audio: tre orientati verso il guidatore e il quarto, più grande, destinato all’infotainment del passeggero. Un V8 che canta Sotto la carrozzeria composta in gran parte da alluminio e acciaio ad alta resistenza, si nasconde il propulsore 4.0 litri TFSI V8 biturbo. Si parla di una potenza nominale di 605 CV e di una coppia di 700 Nm, che può aumentare a 750 Nm per 15 secondi con la funzione overboost. Nonostante l’elevata massa di 1.980 kg a secco, il propulsore, secondo la Casa tedesca, è in grado di far scattare l’Audi Prologue da 0 a 100 km/h 52 in appena 3,7 secondi e di consumare 8,6 litri ogni 100 km con emissioni di CO2 pari a 199g/ km. Questo è possibile, oltre che all’aerodinamica ricercata, anche grazie all’inedito impianto elettrico a 48 V che consiste in un sistema mild hybrid che in frenata recupera fino a 12 kW. Da sottolineare anche la presenza di un cambio tiptronic a otto rapporti e della trazione integrale permanente quattro. Completano la dotazione i freni a disco carboceramici con pinze anteriori a sei pistoncini e lo sterzo integrale dinamico che promette di facilitare le manovre di parcheggio e rendere più precisa la guida su strada. 53 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito News Periodico elettronico di informazione motociclistica Media Mazda CX-3 Il KODO design continua Al salone di Los Angeles, la Casa giapponese ha presentato la nuova Mazda CX-3, la Suv compatta dal design moderno e dinamico che arriverà sul mercato il prossimo anno L a casa di Hiroshima ha svelato al salone di Los Angeles la nuova Mazda CX-3, la SUV compatta che arriverà sul mercato il prossimo anno. Il nuovo crossover si aggiunge alla gamma di veicoli di ultima generazione del marchio nipponico caratterizzati dall’inedita SKYACTIVE TECHNOLOGY e dal KODO design. La Mazda CX-3 si presenta con un’inedita griglia anteriore sporgente composta da 54 sette listelli orizzontali e circondata da una cornice metallica. La forma dei nuovi gruppi ottici a LED è stata ricercata per creare un tutt’uno con la griglia del radiatore e questo si traduce in un design moderno e dinamico che colpisce. Proseguendo sulla fiancata si fa notare il montante posteriore di colore nero che si “mimetizza” tra i vetri oscurati e rende elegante e solido il retrotreno. Degni di nota anche i cerchi lucidati da 18 pollici che riempiono i grandi archi ruota e la nuova verniciatura Ceramic Metallic che cambia tonalità a seconda del punto di vista. All’interno ritroviamo pressoché lo stesso stile visto nella Mazda 2. Nell’abitacolo del nuovo SUV spiccano quindi le bocchette di aerazione circolari, i rivestimenti bicolore, e nuove finiture in metallo lucido in contrasto con inserti neri. Le versioni top di gamma acquisteranno in più il recente heads-up display, che proietta sul vetro le informazioni di navigazione, e il sistema d’infotainment Mazda Connect con collegamento Bluetooth e internet radio Aha by HARMAN. Arriva il motore SKYACTIV-D di nuova generazione Nel Nord America la CX-3 sarà proposta con il motore a benzina SKYACTIV-G da 2.0 litri abbinato alla trazione integrale e al cambio automatico SKYACTIV-DRIVE a 6 rapporti. In Europa invece, oltre allo stesso 2.0 benzina in due differenti livelli di potenza, il crossover arriverà con l’inedito motore diesel SKYACTIV-D da 1.5 litri di ultima generazione a cui potrà essere abbinata la trazione anteriore o integrale e cambio manuale o automatico a 6 rapporti. La Mazda CX-3 arriverà sul mercato il prossimo anno, prima in Giappone e poi negli Stati Uniti, ad un prezzo di commercializzazione ancora sconosciuto. «Questi sono tempi entusiasmanti per Mazda - ha dichiarato Jim O’Sullivan, Presidente e CEO di Mazda North America - con profitti e vendite che superano le aspettative e gli obiettivi sia negli Stati Uniti e nel mondo. CX-3 completa la line-up Mazda, in quanto colpisce perfettamente il bersaglio di un segmento in rapida crescita». 55 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito News Periodico elettronico di informazione motociclistica Media Audi A7 h-tron concept l’auto a idrogeno diventa anche plug in Audi presenta A7 Sportback h-tron quattro concept, un interessante prototipo fuel cell alimentato a idrogeno che permette di ricaricare la batteria anche grazie alla presa di corrente G iapponesi e Coreani iniziano a puntare sull’idrogeno con la tecnologia fuel cell. Ma era presumibile che i colossi tedeschi non restassero a guardare alla finestra ancora per molto. Ecco quindi spuntare al Salone di Los Angeles l’Audi A7 Sportback h-tron quattro concept, un prototipo spinto da un sistema fuel cell alimentato a idrogeno che aggiunge però la possibilità di ricarica plug in degli accumulatori. 56 Cella a combustibile: come funziona La cella a combustibile è montata nella parte anteriore al pari del motore a combustione nella tradizionale A7 Sportback. Poiché convoglia esclusivamente vapore acqueo, l’impianto di scarico è realizzato in materiale plastico leggero. La cella a combustibile è composta da oltre 300 cellette, collegate insieme. Il cuore di ogni singola cella è la membrana polimerica. Su entrambi i lati di questa membrana si trova un catalizzatore al platino. Il funzionamento della cella a combustibile è piuttosto semplice. All’anodo viene fornito idrogeno, che viene scomposto in protoni ed elettroni. I protoni migrano attraverso la membrana verso il catodo, dove reagiscono con l’ossigeno presente nell’aria producendo vapore acqueo. Gli elettroni, invece, forniscono corrente elettrica al di fuori della cella. A seconda del punto di carico, la tensione delle singole celle è compresa tra 0,6 e 0,8 Volt. L’intera cella a combustibile funziona in un range di tensione compreso tra 230 e 360 Volt. Tra i gruppi ausiliari più importanti ci sono un turbocompressore che comprime l’aria nelle celle, il cosiddetto ventilatore di ricircolo, che fa tornare l’idrogeno non utilizzato all’anodo, aumentando così l’efficienza e una pompa per il liquido di raffreddamento. Questi componenti vantano un azionamento elettrico ad alta tensione e sono alimentati dalla cella a combustibile. Il necessario raffreddamento della cella a combustibile è assicurato da un circuito di raffreddamento indipendente. Uno scambiatore di calore e un elemento di riscaldamento termoelettrico autoregolante garantiscono temperature piacevoli nell’abitacolo. La cella a combustibile, che funziona in un range di temperatura intorno agli 80 °C, implica sollecitazioni maggiori a carico del raffreddamento rispetto a un motore a combustione paragonabile, ma offre un rendimento fino al 60% superiore, cioè quasi il doppio rispetto a un comune motore a combustione. La vettura può essere avviata a freddo fino a una temperatura di -28 °C. Possibilità di ricarica plug-in Una peculiarità della A7 Sportback h-tron quattro è rappresentata dalla tecnologia ibrida plugin, un’evoluzione delle concept car Audi A2 H2 e Q5 HFC. Questo modello vanta una batteria agli ioni di litio ricaricabile tramite cavo collegato alla presa di corrente, con capacità energetica (8,8 kWh) ed è stata ripresa dalla A3 Sportback 57 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito News Periodico elettronico di informazione motociclistica permanente. Ognuno di essi eroga 85 kW o addirittura 114 kW quando la tensione viene aumentata per brevi periodi. La coppia massima raggiunge i 270 Nm per ciascun motore elettrico. Nell’alloggiamento dei motori elettrici sono integrati rotismi planetari con una trasmissione singola di 7,6:1. Un blocco di parcheggio meccanico e una funzione di differenziale completano il sistema. Con una potenza di trazione di 540 Nm, la Audi A7 Sportback h-tron quattro, del peso di circa 1.950 chilogrammi, passa da 0 a 100 km/h in 7,9 secondi. La velocità massima, invece, tocca i 180 km/h, un valore di rilievo assoluto tra la concorrenza. Il Powermeter, che sostituisce il contagiri nella strumentazione, informa il conducente sul reale flusso di potenza. Nei settori esterni si vedono il livello di riempimento del serbatoio dell’idrogeno e il livello di carica della batteria. Premendo il tasto EV, il nuovo modello viaggia sfruttando esclusivamente la corrente della batteria. Passando dalla modalità D alla e-tron. La batteria si trova sotto il vano bagagli. Il sistema di gestione termica sfrutta un circuito di raffreddamento indipendente. Questa batteria è in grado di accumulare l’energia recuperata in frenata e generare una notevole potenza in modalità Boost. L’assale anteriore e quello posteriore non sfruttano alcuna trasmissione meccanica della forza. La coppia può essere regolata elettronicamente in fase di slittamento ed essere modificata in maniera continua. Con la corrente della batteria, la Audi A7 Sportback h-tron quattro percorre fino a 50 chilometri. La batteria posta nella zona posteriore della vettura ibrida plug-in può essere caricata tramite cavo. A seconda della tensione e dell’intensità di corrente, per ricaricare completamente la batteria sono necessarie tra le due ore (presa di tipo industriale/360 Volt) e le quattro ore (presa di tipo domestico/230 Volt). La batteria funziona a un livello di tensione diverso rispetto alla 58 modalità S del cambio automatico, il recupero di energia in fase di decelerazione aumenta per caricare in modo più efficace la batteria durante la guida sportiva. Anche le frenate hanno luogo quasi sempre in modalità esclusivamente elettrica. In questo caso, i motori elettrici fungono da alternatore e convertono l’energia cinetica dell’auto in corrente elettrica, che viene accumulata nella batteria. I freni a disco intervengono solo in caso di forti decelerazioni o frenate di emergenza. Nella fiancata destra della coupé a cinque porte è collocato lo sportello del serbatoio, sotto il quale si trova un manicotto per il rabbocco dell’idrogeno. Un pieno di idrogeno dura 500 km Un «pieno» di H2 dura tanto quanto il rifornimento di un’auto tradizionale (circa tre minuti). In questo caso, i serbatoi comunicano tramite l’interfaccia a infrarossi con la stazione di rifornimento, compensando i livelli di pressione e cella a combustibile. Tra i due componenti si trova quindi un trasformatore a corrente continua (DC/AC). Il cosiddetto convertitore “tri-port” si trova sotto il pacco del celle a combustibile. In diverse modalità di esercizio, questo convertitore riesce a equalizzare le tensioni, permettendo così ai motori elettrici di esprimere il massimo rendimento (95%). Due motori elettrici: non si rinuncia alla trazione quattro L’elettronica di potenza nella parte anteriore e posteriore converte la corrente continua, proveniente dalla cella a combustibile e dalla batteria, in corrente alternata per i motori elettrici che azionano separatamente l’assale anteriore e quello posteriore. Entrambi i motori elettrici, che vengono raffreddati insieme ai trasformatori di tensione da un circuito a bassa temperatura, sono macchine sincrone a eccitazione 59 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica News temperatura. I quattro serbatoi per l’idrogeno della Audi A7 Sportback h-tron quattro si trovano sotto il pianale del vano bagagli, davanti all’assale posteriore e nel tunnel centrale. Uno strato esterno in plastica rinforzata in fibra di carbonio (CFK) riveste il corpo in alluminio. I serbatoi possono contenere circa 5 kg di idrogeno a una pressione di 700 bar, sufficienti per oltre 500 km. Secondo il ciclo NEDC, il consumo è di circa un chilogrammo di idrogeno per 100 chilometri, un quantitativo che genera la stessa energia di 3,7 litri di benzina. La A7 Sportback h-tron quattro si muove senza produrre emissioni. Utilizzando l’idrogeno, a patto che sia ricavato da fonti rinnovabili, il modello può così essere considerato globalmente a zero emissioni. Dal 2013 Audi gestisce in Bassa Sassonia un impianto pilota in cui viene usata corrente eolica da fonti rinnovabili per generare idrogeno tramite elettrolisi. Attualmente, questo idrogeno viene sfruttato per produrre metano sintetico (Audi e-gas). In futuro si potranno rifornire le vetture a celle a combustibile incanalando l’idrogeno in una apposita rete. Si tratta di una possibilità concreta per la mobilità sostenibile a emissioni zero. 60 61 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Gomme invernali e catene falsi miti e leggende Sfatiamoli con enrico De Vita Proprio in questi giorni entrano in vigore le ordinanze che obbligano a montare pneumatici invernali o a dotarsi di catene a bordo. È l’occasione ideale per sfatare i più frequenti luoghi comuni insieme al nostro editorialista Enrico De Vita P roprio in questi giorni in molte zone del Paese entrano in vigore le ordinanze provinciali che obbligano a montare pneumatici invernali o a dotarsi di catene da neve a bordo. È l’occasione ideale per sfatare i più frequenti luoghi comuni legati alle dotazioni anti-neve insieme al nostro editorialista Enrico De Vita. 1) I pneumatici invernali sono più soggetti al fenomeno dell’acquaplaning «Falso. Nessuno pneumatico da autovettura è in 62 Attualità Periodico elettronico di informazione motociclistica grado di impedire il fenomeno dell’ acquaplaning a velocità superiori a 70 km/h, quando l’asfalto è ricoperto da 1 centimetro di acqua. Infatti, a tale velocità, il battistrada non fa in tempo a centrifugarla ed è costretto a salire sullo strato fluido. Quando la superficie della strada è lucida, completamente sommersa dalla pioggia, si deve quindi rallentare e non superare gli 80 km/h. In caso contrario si rischia davvero di “sciare” sull’acqua e allora non c’è pneumatico che tenga». 2) Il Codice della Strada impone di montare gomme invernali o di avere a bordo catene in determinate Province o Regioni «Vero. In presenza di neve il CdS impone di avere a bordo catene o di montare pneumatici invernali, dispositivi che non sono alternativi ma complementari l’uno con l’altro. Estremizzando, chi è residente in Sicilia e deve mettersi in viaggio può tenere tranquillamente delle catene nel bagagliaio. Chi viaggia invece dove è facile che si incontrerà neve, specialmente sui tratti autostradali, è bene che inizi a valutare la possibilità di dotarsi di gomme invernali. In generale sono una cinquantina le Province che che obbligano a dotarsi di mezzi anti-sdrucciolevoli a partire dal 15 novembre fino al prossimo 15 aprile». 3) Le gomme invernali si possono montare anche solo sull’asse di trazione «Falso. Le gomme invernali vanno montate su tutte e quattro le ruote. Il Codice non lo dice esplicitamente, ma è una questione assoluta di sicurezza. Quando c’è neve, una gomma invernale assicura un’aderenza laterale (per la tenuta in curva) e longitudinale (indispensabile per accelerare e frenare) superiore dicirca quattro volte rispetto ad un estivo a pari condizioni. Se si montano soltanto due pneumatici invernali, per esempio sull’asse di trazione anteriore, alla prima curva non si avrà più aderenza al posteriore. O meglio si avrà un’aderenza di gran lunga minore di quella anteriore. Percorrere una discesa innevata con gomme estive al posteriore significa andare incontro a un testacoda garantito alla prima curva. Questo avviene perché la vettura non ha più aderenza in appoggio. Con una trazione posteriore ed estivi montati davanti si va invece incontro a un bel dritto». 4) Le catene sono meno efficaci delle gomme invernali «Falso. Le catene sono efficacissime in caso di neve abbondante e ghiaccio. Ancora più delle invernali. Ma hanno un grosso limite: possono essere utilizzate solo fino a 50 km/h. L’invernale invece consente di viaggiare tranquillamente a 70, 80, 90 km/h e anche di più, se uno è bravo». 5) In certe tratte le catene sono vietate «Falso. La leggenda metropolitana l’ha creata l’anno scorso il legislatore quando ha provato a mettere fuori legge le catene, nel tentativo di obbligare tutti a dotarsi di gomme invernali. Le cose non stanno così come la proposta voleva far credere. Le catene, specialmente in certe condizioni, sono l’ideale. Alcuni mezzi spala-neve, per esempio sullo Stelvio, se non montassero le catene non andrebbero da nessuna parte. Le catene non sono alternative, ma complementari agli invernali. Ripeto: vanno bene in situazioni difficili e a basse velocità». 6) I pneumatici “All Seasons” sono validi come invernali «Vero. I pneumatici “All Seasons”, letteralmente “Per tutte le stagioni”, hanno in effetti un’omologazione M+S che per il Codice è sufficiente per poter viaggiare in regola d’estate e anche d’inverno. Ma rimangono pur sempre un compromesso sia in condizioni di asciutto, che di bagnato, sia su neve sia col caldo asciutto. E un compromesso non potrà mai garantire massima sicurezza in ciascuna di queste condizioni». 7) Gli “All Seasons” sono più costosi dei pneumatici tradizionali «Falso. I prezzi degli “All Seasons” sono in linea con quelli degli estivi di buona qualità. Per cui rappresentano di certo una scelta economica perché vanno bene per tutto l’anno, non costringendo al cambio gomme due volte l’anno». 8) Le gomme termiche sono costossissime «Falso, forse lo erano una volta. Vent’anni fa quando sono arrivati sul mercato i primi modelli erano davvero costose, oggi invece hanno un prezzo che mediamente non supera del 10% il valore di quelle estive. Specialmente su Internet si possono trovare offerte e prezzi molto variabili». 9) I modelli di pneumatici invernali più recenti sono più efficaci «Il progresso è continuo e inarrestabile. Gli ultimi modelli usciti sono sempre i migliori». 63 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Attualità Periodico elettronico di informazione motociclistica aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb 10) Ogni pneumatico ha una sua velocità massima ammissibile «Vero. I pneumatici presentano sulla spalla una sigla numerica. Il primo numero indica la larghezza del battistrada. Se leggiamo 195 significa che la nostra gomma sarà larga 195 mm. C’è poi un altro numero, preceduto da una barra, che indica il rapporto in centesimi dell’altezza di sezione rispetto alla sua larghezza. La lettera R indica semplicemente che si tratta di un pneumatico radiale. Segue, quindi una cifra – per esempio 14, 15, 16 – che indica in pollici la misura del cerchio. Abbiamo infine l’indice di carico e il codice di velocità: cioè una lettera dell’alfabeto che può essere per esempio Q, S, H, Y, eccetera, che indica qual è la velocità massima che può sopportare la gomma a pieno carico. L’indice Q è il più basso e indica un limite di 160 km/h, si sale poi di 10 km/h con la sigla S, quindi con T. La lettera H permette di raggiungere i 210, V i 240 e Z va oltre i 240». 11) Usare pneumatici invernali d’estate è vietato, si rischiano multe «Niente di più falso. D’inverno si può montare un 64 pneumatico con un indice inferiore di una unità, cioè di 10 km/h, a quello estivo, come è riportato sul libretto di circolazione. Una vettura che monta un invernale H per esempio è in condizioni perfette se il libretto permette una estiva H. Ma potrebbe montare anche un invernale T, con codice quindi inferiore a quanto riportato sul libretto. Ma in estate la si dovrà cambiare, qualora sul libretto il codice T non sia contemplato fra le opzioni possibili. Oggi però la stragrande maggioranza dei pneumatici invernali parte dal codice H, quindi non c’è problema. L’allarme lanciato nel maggio scorso era solo un pretesto per spingere gli automobilisti a recarsi dal gommista. In pratica l’unico caso in cui non si può mantenere un’invernale anche d’estate è quando la gomma termica mostra una codice di velocità inferiore a quello indicato dal libretto. In tutti gli altri casi le invernali possono essere mantenute anche in estate». 12) Cambiare le gomme due volte l’anno è una spesa non trascurabile «Vero ma... Bisogna considerare che bisognerebbe andare comunque dal gommista a far bilanciare le gomme e a controllare la pressione almeno due volte l’anno. Facendo in questo modo l’auto non vibra, rimane confortevole e soprattutto si conservano molto più a lungo i pneumatici. Naturalmente non ha senso comprare un treno di invernali se si cambia auto ogni due d’anni. Se si preventiva di tenerla per almeno quattro anni però diventa conveniente». 13) Le gomme invernali si usurano più di quelle estive «Falso. Le gomme invernali, utilizzate a bassa temperatura si usurano meno di quelle estive utilizzate durante la stagione calda sugli stessi percorsi. Non è, quindi, vero che le gomme invernali si consumano di più. Questo può succedere solo se le manteniamo anche d’estate, e le utilizziamo ad alta velocità, a temperature elevate e su strade asciutte. 14) Dopo 1-2 anni le invernali vanno cambiate indipendentemente dal grado di usura perché la mescola si è indurita «Falso. Una leggenda da sfatare racconta che le invernali dopo un anno si degradano e non vanno più bene. Falso, la mescola non si degrada e mantiene per anni le sue caratteristiche di aderenza a bassa temperatura. Ciò che si modifica, come in tutti i pneumatici, è lo spessore del battistrada, che ha relazione con la profondità delle scanalature (aquaplaning e cattura del cordone di neve). In aggiunta, l’usura smussa il bordo acuminato delle lamelle e questo danneggia in una certa misura sia la marcia su bagnato sia quella su ghiaccio». 15) Gli invernali sono una tipica truffa italiana «Falso. Non sono una truffa italiana perché sono stati inventati in Scandinavia. In Italia il pneumatico invernale è ideale a basse temperature, e non solo in presenza di neve ma anche con pioggia, ghiaccio e neve. In tutte queste condizioni gli invernali offrono prestazioni di gran lunga superiori a quelle estive, fino a quattro volte di più! Certo che ci sono regioni, come quelle del Sud dove non nevica quasi mai, per cui sarebbe follia obbligare a montare gomme termiche.» 16) I pneumatici ricoperti sono pericolosi «Falso. Vanno benissimo, ciò che conta è la mescola. Se è di buona qualità, morbida e ben tassellata è perfetta». 65 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Interviste Periodico elettronico di informazione motociclistica Marek Neumann, Intel «Auto come aerei, tutto sarà in mano all’elettronica. Non c’è pericolo» abbattere gradualmente i costi e oggi abbiamo tecnologie più complesse ma anche molto più accessibili per i nostri clienti. Siamo davanti ad una catena di eventi razionali, ognuno interconnesso con l’altro». di Matteo Valenti | Le tecnologie di bordo sono destinate a rivoluzionare l’automobile, almeno per come l’abbiamo conosciuta sino ad oggi. Marek Neumann della Intel ci aiuta a capire che cosa dobbiamo aspettarci dall’auto di domani T Tutti conoscono Intel, il colosso americano diventato celebre per i suoi microprocessori. Il grande pubblico ha incontrato l’Azienda di Santa Clara con la diffusione di massa nelle abitazioni dei primi personal computer, circa 20 anni fa. In realtà la Intel Corporation nasce molto prima, nel 1968 per l’esattezza, grazie alla lungimiranza dei fondatori Robert Noyce e Gordon Moore. Sarà poi la genialità di Andrew “Andy” Grove a fare di questa realtà, pioniera nell’informatica, una delle più grandi multinazionali del mondo. Rispetto a vent’anni fa, all’alba della diffusione di massa dei PC, il mondo è molto cambiato. Oggi i processori sono sempre più piccoli e potenti, ma anche molto più diffusi di un tempo. Questo perché attualmente 66 una miriade di oggetti di uso quotidiano, anche quelli più impensabili fino a poco tempo fa, incorpora un microprocessore. Tra questi ci sono senza dubbio le automobili che nell’ultimo decennio sono state rivoluzionate da sistemi di infotainement e dispositivi di sicurezza elettronici sempre più avanzati. Per questo motivo Intel ha creato al suo interno una vera e propria divisione Automotive che si occupa di sviluppare nuove tecnologie a supporto dei sistemi di bordo delle auto più moderne. Per fare degli esempi concreti, troviamo i processori Intel per esempio sulle BMW, dove fanno funzionare il tanto elogiato ConnectedDrive, ma anche su alcuni modelli di vertice del Gruppo HyundaiKia e sulla Q50 della Infiniti. L’azienda californiana in ogni caso fornisce tecnologie a moltissimi altri costruttori automobilistici, che però preferiscono mantenere riservata la collaborazione. Dal momento che le tecnologie di bordo sono destinate a rivoluzionare l’automobile, almeno per come l’abbiamo conosciuta sino ad oggi, abbiamo intervistato Marek Neumann, Director of Architecture for Intel’s Automotive Solutions Division, che ci ha aperto inediti scenari sul futuro e le potenzialità dei nuovi sistemi pensati per le quattro ruote. Come è destinata a cambiare l’automobile con l’arrivo di sistemi di infotainment sempre più complessi e sofisticati? «Oggi dobbiamo considerare il sistema di infotainment come uno degli elementi fondamentali durante lo sviluppo di un’automobile. In futuro le tecnologie di bordo avranno sempre maggiori capacità di interazione sia con il guidatore che con i passeggeri. A dire il vero diventeranno un ponte che metterà in collegamento con il mondo esterno chi si trova a bordo di un auto in movimento, in una maniera molto diversa rispetto a quanto è accaduto sino ad oggi. L’automobile si connetterà automaticamente ai nostri social network, memorizzerà i nostri impegni di lavoro e tutto quello che in generale può essere reso accessibile attraverso la tecnologia mobile». Un tempo i sistemi multimediali erano riservati alle ammiraglie. Oggi li troviamo anche sulle citycar. Come si è arrivati a questa rivoluzione? Come si è riusciti a realizzare sistemi sempre più accessibili dal punto di vista dei costi? «C’è una cosa di cui Intel è molto orgogliosa. Sto parlando della Moore’s Law (letteralmente “La legge di Moore”, Gordon E. Moore è il co-fondatore della Intel, ndr), che illustra come Intel sia sempre riuscita nel corso della sua storia a raddoppiare all’incirca ogni due anni la capacità dei propri semiconduttori, dei chip, per intenderci. Quello che all’inizio del secolo, nei primi anni 2000, si poteva ottenere da un personal computer molto ben equipaggiato, oggi si può fare tranquillamente con un tablet. Seguendo un trend di questo tipo siamo stati in grado allo stesso di Intel oggi è molto interessata a quello che chiamate “Internet of things”. Grazie alla tecnologia ogni oggetto potrà essere collegato ad un altro. Ogni tipo di oggetto potrà diventare “intelligente” perché sarà in grado di comunicare con un altro. Come cambieranno il mondo dell’auto queste importanti innovazioni? Qual tipo di scenario dobbiamo immaginarci per il futuro? «Sono convinto che tutto questo avrà ricadute enormi sul sull’automobile e più in generale sul mondo dei trasporti. Oggi abbiamo ancora delle applicazioni piuttosto semplici di questa tecnologia. Ci sono auto per esempio che aiutano a trovare un parcheggio libero, altre che possono interagire con i parchimetri. Ma per il futuro possiamo immaginare potenzialità molto più complesse. Lo smartphone sarà perfettamente integrato all’automobile. Facciamo un esempio. Abbiamo un appuntamento registrato in agenda, che però viene spostato di alcune ore dal nostro ufficio. A questo punto il telefono sarà in grado di mettersi in contatto con il navigatore, che riorganizzerà 67 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito automaticamente il viaggio dal momento che è cambiato l’ordine degli impegni. E magari noi non ce ne accorgeremo nemmeno perché non riceveremo più la chiamata della segretaria. Il passaggio da operazioni molto semplici a interazioni molto più complesse sta divenendo realtà». La tecnologia Car-to-X è la nuova frontiera dell’auto. Quando riusciremo a vedere veicoli in grado di comunicare tra loro, indipendentemente dalla tipologia e dalla marca del mezzo? Sarà possibile un dialogo tra auto e moto un domani? Potrebbe essere un grande passo in avanti a favore della sicurezza? «Le sue ultime parole sono quelle più importanti. Per noi è assolutamente fondamentale portare avanti lo sviluppo di tecnologie che non siano sfruttabili soltanto da un singolo marchio. Noi ci impegniamo a realizzare piattaforme comuni per l’interazione dei veicoli che possano andar bene non solo per tutti i brand ma anche per ogni tipo di veicolo. Piattaforme che dovranno condividere peraltro la stessa rete di comunicazione. E una tecnologia basata sulla standardizzazione deve essere in grado di comunicare con l’ambiente circostante senza fare differenze. Questo percorso include fino in fondo anche le moto. Sarebbe fantastico proteggere 68 Interviste Periodico elettronico di informazione motociclistica i motociclisti dall’urto contro un’automobile causato dall’automobilista che non si è accorto o non ha realizzato a quale velocità si stava avvicinando la moto all’incrocio. Un caso incidente drammatico ma purtroppo molto frequente. Solo se saremo in grado di mettere in collegamento ogni protagonista di un flusso di traffico, grazie ad una piattaforma tecnologica comune, potremo aumentare la sicurezza con questa tecnologia». Intel sta già lavorando a questo? «Noi favoriamo da sempre la nascita di piattaforme tecnologiche comuni. Non vogliamo creare un sistema chiuso. Intel ha sempre voluto fornire delle innovazioni standard e preferiamo convincere i nostri clienti, invece di imporre la nostra tecnologia. Lavoriamo all’interno degli schemi standard stabiliti dalla IEEE. In questo modo le nostre piattaforme si dimostrano adatte alle diverse esigenze di numerosi clienti e possiamo dare vita a soluzioni aperte e compatibili. Molto meglio rispetto ad avere tante soluzioni, tutte diverse tra loro e ciascuna adatta solamente ad un esigenza specifica». I moderni sistemi di infotainment sono sempre più ricchi di potenzialità, alcune semplicemente inimmaginabili sino a poco tempo fa. Come affrontate il problema, che diventerà sempre più presente, della protezione dell’enorme mole di dati prodotta da queste tecnologie? Le grandi aziende sarebbero disposte a pagare a peso d’oro dati sui consumi e le abitudini degli automobilisti... «Lo scenario da lei tracciato nella sua domanda è davvero molto concreto. Non voglio rispondere con un opinione ma con una posizione ben precisa. La persona che genera questa mole di dati (l’automobilista in questo caso, ndr) deve avere la possibilità di decidere come vengano utilizzati. Intel ha una strategia molto precisa a riguardo, che mette al centro prima di tutto la privacy ma anche tutti gli aspetti legati alla sicurezza. Per far sì che i dati vengano gestiti nella maniera corretta la prima cosa da fare è renderli sicuri. Per questo in Intel abbiamo una vera e propria ossessione per la sicurezza. Ogni tecnologia viene sottoposta periodicamente ad un esame di sicurezza e non c’è possibilità di scampo, bisogna superarlo per forza. Il nostro obiettivo è riuscire a costruire per le aziende quello che chiamiamo “trusted root”». In pratica di cosa si tratta? «Dovete pensare a qualcosa di simile ai chip di identificazione delle carte d’identità. Noi montiamo questo sistema di controllo in ogni componente hardware, che, se viene correttamente installato e gestito, riesce a realizzare una “catena di fiducia” attraverso l’intero sistema. In questo modo permettiamo solo ai membri di questa catena, ovvero a chi è realmente autorizzato, di mettersi in contatto con l’automobile o con il proprio device. Questo è il sistema principale attraverso cui riusciamo a garantire al tempo stesso sicurezza e tutela della privacy. Alcuni anni fa Intel poi ha acquisito McAfee che la maggior parte delle persone conoscono per essere una delle società più famose nella produzione di sistemi anit-virus. Ma le stesse tecnologie di protezione sviluppate da McAfee possono essere applicate anche a sistemi integrati [come quelli delle automobili], all’infotainment e a qualsiasi dispositivo pensato per comunicare con altri device». È impossibile quindi che i costruttori auto possano arrivare un giorno a cedere tutta questa enorme mole di informazioni ad altre aziende? «Non posso negare con assoluta certezza questo scenario. Dipende dal tipo di contratto che si stabilisce tra il proprietario di un’auto e l’azienda che ha realizzato il sistema di infotainment. Oggi non sappiamo ancora quali saranno i modelli di business che si svilupperanno tra questi attori. È chiaro però che queste tecnologie mettono nelle mani dei produttori una leva molto importante in fase di vendita. I costruttori potrebbero dire ad un cliente: “Ti offro uno sconto di 2.000 euro sull’acquisto dell’auto se mi permetti di utilizzare i dati generati dai tuoi 69 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito sistemi di bordo. Per esempio quante volte metti la freccia, quante volte freni o qual è la tua stazione radio preferita”. Le potenzialità di questo business sono enormi ma non riguarda direttamente Intel. Da un lato c’è chi produce i dati [l’automobilista in questo caso] dall’altro chi desidera mettere le mani su questi dati [le grandi aziende]. Lo scopo di Intel deve essere solo quello di assicurare che non succeda nulla di indesiderato a questi dati». 70 Interviste Periodico elettronico di informazione motociclistica Come ha dimostrato la storia degli ultimi anni ogni sistema informatico, anche ad altissimi livelli, può essere vulnerabile. Auto sempre più connesse e tecnologiche, capaci di agire automaticamente anche su motore, cambio, freni, ecc., non rischiano di trasformarsi in un pericolo per gli automobilisti nel momento in cui dovessero essere prese di mira dagli hacker? «Gli hacker riescono ad agire quando trovano uno spiraglio lasciato aperto da un ingegnere lavora in maniera superficiale o da un sistema di verifica non abbastanza accurato. Nella maggior parte dei casi un sistema è vulnerabile perché si sono commessi degli errori, perché si è costruita una struttura in maniera superficiale o altrimenti sono causati dall’ignoranza. Noi di Intel però abbiamo una vera ossessione per la sicurezza. Per questo ogni singolo controller, ogni singola unità Intel installata su un’automobile lavora solamente con un interlocutore autenticato. È come se tu dovessi dare il tuo codice bancario a qualcuno. Per non correre rischi non lo comunicherai via email ma lo pronuncerai a voce personalmente al destinatario che poi lo trascriverà su un pezzo di carta. Il nostro sistema di sicurezza funziona proprio così. Una determinata comunicazione viene recepita dalla centralina dei freni per esempio solo se la centralina stessa certifica che l’impulso proviene da qualcuno autorizzato ad emetterlo». «Sessant’anni fa gli aerei si facevano volare attraverso cavi d’acciaio, pompe idrauliche, attuatori meccanici. Oggi dozzine di milioni di passeggeri salgono tutti i giorni su aeroplani che non hanno nemmeno un solo collegamento di tipo meccanico. Tutte le componenti in pratica vengono controllate con tecnologia ride-by-wire. E nessuno si meraviglia. L’auto oggi sta attraversando lo stesso percorso. Lo sterzo è servoassistito elettricamente, i cambi sono gestiti completamente attraverso computer e nessuno teme che un automatico decida improvvisamente di inserire la retro in autostrada. Certo ci vorrà del tempo per abituarsi e per fidarsi delle novità, ma se svilupperemo le tecnologie gradualmente, con cautela e soprattutto mettendo al centro la sicurezza, credo che otterremo la stessa reazione che oggi abbiamo con le persone che viaggiano in aereo. Nessuno si stupirà o avrà qualcosa da temere». Le tecnologie dell’auto vigilano sempre più sulla guida dell’automobilista. Ormai l’auto frena da sola in presenza di un ostacolo, guida autonomamente in coda e con le telecamere vede nel buio ciò che l’occhio umano non potrebbe mai scorgere. Queste tecnologie non rischiano di diseducare gli automobilisti? “Posso distrarmi tranquillamente, per esempio per utilizzare il mio smartphone, tanto in caso di pericolo fa tutto la macchina”. «Credo che questo aspetto si risolva con una questione di educazione civica e stradale. Quando sono arrivati i primi cellulari non c’erano regole per l’utilizzo così le persone scrivevano messaggi e telefonavano in libertà, tanto che si sono verificati molti incidenti. Questo si verifica ogniqualvolta arriva una nuova tecnologia. Possiamo realmente eliminare questo rischio? Io credo di no, perché l’essere umano è portato a commettere errori per natura. Puoi messaggiare tranquillamente in autostrada perché tanto c’è il Lane Assist? Ovviamente no. La domanda reale è: bisogna disciplinare le tecnologie oppure gli automobilisti? La soluzione è creare maggiore consapevolezza tra chi si mette alla guida.» 71 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Antonio Solinas, Abinsula «Al volante delle auto del futuro saremo dei supereroi» di Matteo Valenti | Antonio Solinas, Direttore R&D&I di Abinsula S.r.l., un’interessantissima startup sarda specializzata nelle piattaforme “connected car”, ci aiuta a capire come i sistemi di bordo siano destinati a rivoluzionare le automobili nei prossimi anni A Antonio Solinas è il Direttore R&D&I di Abinsula S.r.l., un’interessantissima startup sarda specializzata nelle piattaforme “connected car”. È la persona ideale per capire come i sistemi di bordo siano destinati a rivoluzionare le automobili nei prossimi anni. Ma grazie alla sua esperienza potremo comprendere meglio anche le dinamiche sotterranee che si muovono le quinte del mondo dell’auto, sempre più diviso tra Open Automotive Alliance, Apple Carplay e Mirrorlink. Come è destinata a cambiare l’automobile con l’arrivo di sistemi di infotainment sempre più complessi e sofisticati? «I sistemi di infotainment oggi vivono un momento importante nell’innovazione dell’auto. Risultano infatti essere gli strumenti abilitanti per le 72 Interviste Periodico elettronico di informazione motociclistica connected car. Se da un lato un sistema di infotainment connesso permette di veicolare informazioni e intrattenimento sempre aggiornati all’interno del veicolo, dall’altro lato risulta essere punto centrale per portare le informazioni del veicolo sul cloud permettendo così la localizzazione, la visualizzazione dei dati dell’auto da remoto sia dal guidatore stesso che dalla casa produttrice. Una volta creato il canale però le applicazioni saranno tante e diverse, dalla possibilità di aggiornamento del sistema, alla manutenzione preventiva alla condivisione di informazioni riguardante il traffico e gli incidenti in tempo reale. Ogni auto diventa sensore comune. Ma una volta creato il canale di comunicazione gli scenari futuribili hanno limite solo nella fantasia. L’auto potrà diventare un vero ufficio in mobilità o quadro strumenti per gestire la demotica in casa. Opportunità che dovranno essere sfruttate con nuovi modelli di interazione in grado di non distrarre il guidatore. Ci sarà quindi molta attenzione alle funzionalità per i passeggeri». Un tempo i sistemi multimediali erano riservati alle ammiraglie. Oggi li troviamo anche sulle citycar. Come si è arrivati a questa rivoluzione? Come si è riusciti a realizzare sistemi sempre più accessibili dal punto di vista dei costi? «L’innovazione nei dispositivi “mobili”, smartphone e tablet, ha permesso di abilitare economie di scala e poter attingere da questo dominio alcuni vantaggi in termini di progettazione e disponibilità di elementi elettronici: microcontrollori, memorie, display. In alcuni casi a questo vantaggio si è sommato quello derivante dall’utilizzo di sistemi opensource come Linux. Vi è ancora un costo di progettazione maggiore derivante dall’attenzione alla qualità e agli aspetti di sicurezza ma i costi si sono notevolmente ridotti a fronte poi di investimenti sempre maggiori. Noi come Abinsula abbiamo puntato molto sull’utilizzo dei sistemi opensource in auto e i risultati degli ultimi due anni sono molto promettenti. L’utilizzo dell’opensource ci ha permesso di tagliare enormemente i tempi di sviluppo ed evitare l’obsolescenza tipica di questo mercato. Si pensi che la progettazione di un sistema di infotainment un tempo andava oltre i 5 anni e doveva rimanere in auto per altri 6-7 anni. In genere in auto avevamo sistemi “vecchi” di 10 anni se paragonati con il nostro smartphone. Attraverso l’opensource abbiamo abbattuto enormemente i tempi e costi di progettazione». Tra Google ed Apple è in atto una vera e propria battaglia per stringere accordi con i diversi costruttori. Le cose stanno davvero così o c’è spazio per tutti? «Google ed Apple si sono mossi su un terreno inesplorato abilitante le connected car, quello della comunicazione con i dispositivi mobile che risultano essere strumenti di interazione integrati nella plancia e gateway per la connettività. In questo segmento si è affacciata ultimamente anche Windows e RIM con Blackberry e QNX non starà alla finestra. C’è abbastanza spazio, certo è che in questo settore la presenza sul mercato mobile rappresenta già un vantaggio competitivo enorme. Ma le modalità di abilitare le connected cars sono diverse. Per esempio l’innovazione stessa dei dispositivi di infotainment integrati nella plancia dove i competitor sono diversi: QNX, Windows, Linux, Android, etc.. Vi è un altro segmento interessante che è quello di utilizzare la porta diagnostica dell’auto per comunicare e abilitare le connected cars. Questo segmento è enormemente frammentato e accessibile a startup, questo mercato non necessita di alleanze con i costruttori». 73 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Interviste Periodico elettronico di informazione motociclistica Bluetooth, WiFi, 3G etc. Oggi i vari costruttori tendono ad isolare completamente i sistemi di powertrain dai sistemi di infotainment permettendo solo la lettura dei dati e non la scrittura. In questa maniera la sicurezza potrebbe essere preservata, anche se gli hacker tendono sempre a trovare una strada alternativa. Oggi molti costruttori stanno portando in azienda con nuove professionalità e gli hacker ed esperti di sicurezza sono tra questi, in particolare hacker esperti di vulnerabilità nei sistemi embedded. Questa è una problematica che deve essere trattata con attenzione ed è sotto l’occhio critico dei progettisti». I moderni sistemi di infotainment sono sempre più ricchi di potenzialità, alcune semplicemente inimmaginabili sino a poco tempo fa. Come affrontate il problema, che diventerà sempre più presente, della protezione dell’enorme mole di dati prodotta da queste tecnologie? Le grandi aziende sarebbero disposte a pagare a peso d’oro dati sui consumi e le abitudini degli automobilisti... «Privatezza e sicurezza dei dati sono problemi che abbracciano tutto il mondo degli oggetti intelligenti, dai wearable devices alle auto connesse. E’ 74 necessario che le varie agenzie che regolano questi aspetti aggiornino i loro modi di misurare e intervenire in caso di abuso. E’ pur vero che se il dato opportunamente filtrato e mascherato può servire per abilitare funzioni dove l’utente stesso può avvantaggiarsene, per esempio proprio quello sui consumi e sulle abitudini, per esempio algoritmi in grado di suggerirti la guida, dove fare rifornimento in base al tragitto e quando e come fare manutenzione». Come ha dimostrato la storia degli ultimi anni ogni sistema informatico, anche ad altissi- mi livelli, può essere vulnerabile. Auto sempre più connesse e tecnologiche,capaci di agire automaticamente anche su motore, cambio, freni, ecc., non rischiano di trasformarsi in un pericolo per gli automobilisti nel momento in cui dovessero essere prese di mira dagli hacker? «Ci sono diversi esempi di hacking in auto. Ad oggi molti passano per la porta OBD e quindi è necessario comunque avere accesso fisico all’auto. E’ pur vero che con le auto connesse tutto questo sarà un problema più vasto, i punti di accesso potrebbero essere molteplici: La tecnologia Car-to-X è la nuova frontiera dell’auto. Quando riusciremo a vedere veicoli in grado di comunicare tra loro, indipendentemente dalla tipologia e dalla marca del mezzo? Sarà possibile un dialogo tra auto e moto un domani, a favore della sicurezza? «Molte delle attività sulle Carto-x sono oggi veicolate dai costruttori che quindi tendono a chiudere le informazioni all’interno della comunità. Però vi sono diversi altri modelli abilitanti, come quelli che passano per l’integrazione con lo smartphone o tramite la porta OBD che potrebbero svilupparsi in maniera indipendente. Per esempio Waze, acquisito da Google un anno fa permette già di comunicare incidenti, rallentamenti, code o problemi nella strada. Ma con l’integrazione più spinta degli smartphone in auto e moto questo potrebbe essere solo la punta di un iceberg. L’importante sarà trovare un modello di interazione in grado di rendere questi contenuti fruibili in maniera contestuale al mezzo, per esempio per le moto è già in sperimentazione un casco in realtà aumentata e per le auto un proiettore connesso verso il parabrezza, esempi indipendenti dalla marca del mezzo». Le tecnologie dell’auto vigilano sempre più sulla guida dell’automobilista. Ormai l’auto frena da sola in presenza di un ostacolo, guida autonomamente in coda e con le telecamere vede nel buio ciò che l’occhio umano non potrebbe mai scorgere. Queste tecnologie non rischiano di diseducare gli automobilisti? “Posso distrarmi tranquillamente, per esempio per utilizzare il mio smartphone, tanto in caso di pericolo fa tutto la macchina” «Sì, il futuro dell’auto va verso l’ipersensorialità, il guidatore sarà quasi un supereroe con vista ad infrarossi e informazioni su Head Up Display. Sarà importante veicolare il concetto che i sensi sono solo di supporto che per guidare un auto e la moto ci vuole ancora il cervello lucido. Noi tendiamo ad avere fiducia, specie se le nuove tecnologie nascono per l’auto in auto. Lo smartphone è purtroppo un problema perché non nasce per l’auto, l’integrazione di questo dentro l’auto dovrà tenere conto di questo aspetto, quindi veicolare informazioni in maniera poco distraente e input ricevuti tramite controllo vocale o tramite controlli al volante. La speranza è che l’integrazione vada proprio nella direzione di risolvere un problema e non di amplificarlo». Come stanno reagendo i principali operatori che potrebbero vedere in questo segmento il futuro del loro business, visto che i margini su voce e sms si stanno sempre più assottigliando grazie al voip? «Le aziende di telecomunicazioni da tempo stanno convertendo la loro offerta in modo da utilizzare voce, sms, connessione dati come abilitante per altri servizi. Se oggi troviamo nell’offerta delle TLC servizi come quelli di pagamento via smartphone o vendita di contenuti multimediali è proprio per questo motivo. In auto potranno e dovranno inventarsi nuovi servizi, immagino quelli derivanti dalla pubblicità in base alla localizzazione o di modelli di utilizzo professionali in grado di garantire una banda maggiore per chi utilizza l’auto come ufficio in mobilità.» 75 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito L’unica vettura di Formula Uno a utilizzare il compressore centrifugo a comando meccanico è stata la sfortunata BRM di inizio anni Cinquanta Motori sovralimentati I centrifughi a comando meccanico di Massimo Clarke | I compressori di questo tipo talvolta non vengono azionati da una turbina (come nei “turbo” che da anni dominano la scena), ma sono collegati all’albero a gomiti L’ idea di “soffiare” letteralmente aria all’interno dei cilindri utilizzando un dispositivo funzionante più o meno come un ventilatore e non come una pompa che sposta una quantità fissa di fluido a ogni giro, è vecchia quasi quanto il motore. Ci aveva pensato già Louis Renault nel 1902, ottenendo anche il primo brevetto relativo a un motore sovralimentato con un dispositivo di questo genere. Il “ventilatore” previsto non era a flusso assiale, come quelli che quasi tutti 76 Tecnica Periodico elettronico di informazione motociclistica abbiamo in casa, ma radiale. In altre parole il grande tecnico e imprenditore francese proponeva di impiegare un compressore centrifugo (dispositivo apparso nel 1899), indicando una via che è stata successivamente seguita da tutti. La stessa soluzione è stata impiegata nel 1907 da Lee Chadwick e dal suo tecnico Nicholls per la prima vettura sovralimentata della storia, che ha esordito in gara, vincendo, l’anno successivo. Inizialmente era stato utilizzato un compressore a stadio singolo, comandato da una cinghia piatta La foto consente di osservare chiaramente la girante del centrifugo a comando meccanico posto sopra la parte posteriore del basamento della recentissima Kawasaki H2 in cuoio, con la girante che ruotava a una velocità nove volte superiore a quella del motore, ma in seguito i due americani sono passati a un compressore a tre stadi, con giranti del diametro di 254 mm. In questo caso l’aria in pressione veniva inviata al carburatore (nello schema proposto da Renault il carburatore era invece collocato a monte del compressore). I compressori centrifughi, portati a uno straordinario stadio di sviluppo in campo aeronautico nel corso degli anni Trenta e Quaranta, sulle auto non hanno mai avuto una grande diffusione. Per quanto riguarda i modelli di serie vanno ricordate solo alcune applicazioni da parte della Duesenberg e della Studebaker. A livello di vetture da competizione spiccano solo poche, ma comunque significative, realizzazioni americane (negli USA si correva su piste ovali e quindi in gara i motori subivano poche variazioni di regime e di carico). Le prime a intraprendere questa strada sono state la Miller e la Duesenberg negli anni Venti. In Europa ha adottato una sofisticata sovralimentazione di questo tipo soltanto la BRM per la sua prima monoposto di Formula Uno, dotata di un motore a sedici cilindri di 1500 cm3. Questa vettura ha fatto la sua apparizione alla fine del 1949 ed è stata afflitta da una serie di notevoli problemi tecnici, nel corso del suo lungo e laborioso sviluppo. Nel 1951 erogava 430 cavalli a 10500 giri/min. Nelle rare occasioni in cui non si sono verificati problemi meccanici, la vettura non si è rivelata comunque competitiva dato che era pressoché impossibile guidarla. La potenza era elevata, ma i cavalli arrivavano tutti assieme, in maniera troppo repentina. La causa di questo grosso problema era costituita proprio dal tipo di compressore impiegato. La pressione varia con il regime di rotazione I centrifughi sono acceleratori di flusso che possono fornire pressioni di sovralimentazione considerevoli, ma per farlo devono girare molto 77 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Tecnica Periodico elettronico di informazione motociclistica ove viene quindi richiamata altra aria. La “bocca” di aspirazione di questi compressori è infatti sempre quella frontale, in asse con la girante. L’aria spinta verso l’esterno dalla forza centrifuga viene letteralmente “scagliata” dalla girante, in una direzione che è la risultante di due forze agenti rispettivamente in senso radiale e in senso tangenziale, ed entra nel diffusore. All’interno di quest’ultimo, la cui sezione aumenta rapidamente, l’aria rallenta e ciò determina un aumento di pressione. Quando viene compressa l’aria subisce anche un riscaldamento. Quanto minore è l’innalzamento di temperatura, con un eguale incremento di pressione, tanto migliore è il rendimento del compressore. I centrifughi sono eccellenti sotto questo aspetto. I compressori a doppio stadio In campo auto di recente la Audi ha sondato la strada del centrifugo azionato elettricamente. In questo V6 diesel entra in funzione ai bassi regimi, prima che il turbo fornisca una adeguata pressione forte. Inoltre, il meglio di sé lo danno in un arco di regimi decisamente ristretto. Mentre la pressione di sovralimentazione con i compressori volumetrici rimane pressoché costante per tutto il campo di utilizzazione del motore e la risposta è pronta sin dai bassi regimi, con i centrifughi questo non accade. La pressione di sovralimentazione che forniscono aumenta infatti con il quadrato del regime di rotazione. Un compressore centrifugo ha una struttura molto semplice. 78 È infatti costituito da due sole parti: un carter dotato di una tipica conformazione a chiocciola e una girante munita di una serie di palette. Ciò non deve però trarre in inganno. Nelle realizzazioni più evolute questi dispositivi sono molto sofisticati, principalmente per quanto riguarda la geometria delle palette. Quando la girante ruota, la forza centrifuga agisce sull’aria presente nei vani tra le palette, spingendola verso l’esterno; ciò crea una depressione nella zona centrale, In campo aeronautico venivano impiegati non solo per aumentare la potenza del motore ma anche (anzi, soprattutto) per compensare la diminuzione di potenza che si manifestava in maniera sempre più accentuata all’aumentare della quota, a causa della rarefazione dell’aria. Per soddisfare esigenze sempre maggiori in questo senso sono stati messi a punto sistemi di comando a due velocità e sono stati sviluppati raffinati compressori a doppio stadio. In campo automobilistico va segnalato il meccanismo con variazione di rapporto realizzato negli anni Cinquanta dalla americana Paxton, azienda tuttora celebre nel campo del tuning, i cui prodotti sono stati impiegati a suo tempo anche dalla Studebaker. Attualmente sono dotati di serie di un compressore centrifugo alcuni motori a quattro tempi per moto d’acqua costruiti dalla Yamaha. Al recente Salone della moto di Milano ha destato grande interesse la Kawasaki H2, azionata da un motore 1000 a quattro cilindri, munito di un centrifugo a comando meccanico collegato all’albero a gomiti per mezzo di una catena silenziosa e di un gruppo epicicloidale (che assicura un forte incremento della velocità di rotazione). Nel settore delle parti speciali per il tuning diverse aziende propongono compressori centrifughi di notevole interesse; nomi come Vortech, Powerdyne, Procharger e Rotrex sono ben noti a tutti gli appassionati di elaborazioni automobilistiche. L’impego del motore elettrico per migliorare la risposta ai bassi regimi Una recente proposta di notevole interesse prevede l’impiego di un compressore centrifugo azionato da un motore elettrico; la soluzione consente di avere una coppia elevata già ai regimi più bassi, unitamente a una grande prontezza nella risposta. Questa strada (che la Holset aveva indicato vari anni fa per i motori dei veicoli industriali) è già stata sondata dalla Audi per un suo V6 diesel di 3000 cm3, in abbinamento con un classico turbo. Stanno lavorando in questa direzione anche aziende come la Valeo e non è escluso che i compressori di questo tipo non possano avere presto una notevole diffusione. All’inizio della loro storia i motori a reazione per impiego aeronautico hanno largamente utilizzato i compressori centrifughi, ma ben presto sono stati quelli a flusso assiale ad imporsi e ad essere quindi adottati universalmente. Li avevano già impiegati i tedeschi durante la seconda guerra mondiale, indicando a tutti la via migliore. In campo automobilistico tra il 1956 e il 1965 una azienda americana ha realizzato un interessante compressore assiale, comandato meccanicamente, che è stato costruito in circa 600 esemplari. Si tratta della Latham, il cui prodotto era straordinario ma costoso e molto complesso da costruire. Inoltre doveva girare fortissimo; questo rendeva necessario un sistema di collegamento all’albero a gomiti con un rapporto di trasmissione impressionante. In seguito il marchio e i diritti sono stati acquistati da un appassionato imprenditore californiano e il prodotto ha subito dei miglioramenti a livello di aerodinamica interna e di sistema di fabbricazione. Oggi un compressore assiale a quattro stadi viene proposto dalla Axialflow Engineering Co. 79 SPECIALE f1 Abu Dhabi 2014 80 81 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Formula 1 Abu Dhabi 2014 le pagelle del gran finale di Giovanni Bregant | Il Gp di Abu Dhabi ha visto andare in scena la cavalcata trionfale di Hamilton e l’amara disfatta di Rosberg, ma anche la grinta di Massa, il talento di Ricciardo e l’inefficacia delle Ferrari A lla vigilia, l’unica cosa che sembrava poter ostacolare la vittoria del titolo da parte di Hamilton era l’ennesimo inconveniente tecnico, ma stavolta la cattiva sorte ha colpito Rosberg, trasformando la gara del tedesco in un calvario e quella dell’inglese in una cavalcata trionfale. Non si pensi però ad un regalo: Hamilton ha vinto meritatamente titolo e gara, superando 82 Formula 1 Periodico elettronico di informazione motociclistica momenti difficili e una strenua resistenza da parte di Rosberg. La gara di Abu Dhabi non è stata certo la più difficile per lui e nemmeno la più spettacolare, ma immaginiamo che l’inglese dalla prima all’ultima curva abbia sentito con trepidazione ogni rumore e vibrazione dell’auto, e questo probabilmente è stato più difficile di qualsiasi duello ruota a ruota. In ogni caso, voto 10 a Hamilton, campione! Rosberg un vero combattente, Massa rinato Voto 9 a Rosberg, che esce sconfitto ma a testa alta da questo mondiale e da questa gara: a Hamilton bastava un secondo posto e con una Mercedes così era un risultato sicuro, salvo inconvenienti tecnici. Il tedesco quindi poteva solo vincere e sperare che qualcosa accadesse. Ha fatto la pole, ma ha sbagliato la partenza (un errore ininfluente, con il senno di poi), il resto è già storia. Una sconfitta senza colpe, se non quella di essere stato (di poco) meno efficace di Hamilton nell’arco di tutta la stagione. Voto 9 anche a Massa, che sfiora l’impresa dopo una stagione di rinascita e una gara condotta sempre in zona podio: al via supera il compagno di squadra e naturalmente approfitta dei problemi di Rosberg, però rimane il dubbio che se ci avesse creduto di più fin dai primi giri forse oggi staremmo a parlare della sua vittoria a sorpresa. Chi invece ha dato il tutto per tutto, dal primo all’ultimo giro, è Ricciardo: partito dai box per colpe non sue, ha rimontato con caparbietà fino al 4° posto, annichilendo ancora una volta la concorrenza interna di Vettel. Una gara finale da voto 10 per il pilota che è stato la sorpresa più bella del campionato. Vettel è rimasto in letargo Voto 7,5 a Bottas invece, che parte malissimo e poi fatica più del dovuto, forse, a riportarsi alle spalle del compagno di squadra: coglie comunque il sesto podio stagionale, ma non è stata la sua gara più bella. Solo voto 6 a Vettel, e ad essere onesti è una sufficienza un po’ generosa, come quella regalata dall’insegnate all’ultima interrogazione dell’anno per non dover proprio bocciare: parte dai box per la squalifica come 83 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Formula 1 Periodico elettronico di informazione motociclistica aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb In un contesto tecnico così, dare un voto ai piloti è sempre difficile, per cui ci limitiamo al 6 politico per Raikkonen e a un 6,5 per lo spagnolo che comunque, fino all’ultimo, ha dato la sensazione di provarci sempre, anche quando non c’è niente per cui lottare e ha già in tasca un contratto con un’altra scuderia. La sua caparbietà mancherà ai tifosi, anche a quelli a cui in fondo in fondo non è mai stato simpatico. Regia di Ecclestone: l’incarnazione dell’anti-sport Voto 3 ad Abu Dhabi, scintillante e sfarzoso contesto per concludere il Mondiale: la pista ha poco da dire come tracciato e si fa apprezzare solo per lo sfondo architettonico. Non a caso la regia di Bernie Ecclestone ci ha fatto seguire più di mezza gara con inquadrature ampie o dall’alto, dalle quali in effetti il contesto era emozionante, anche se della guida dei piloti si capiva poco o niente. Qualcuno gentilmente spieghi a mister Ecclestone che i tifosi di F1 non siano degli aspiranti architetti, ma degli appassionati che si Ricciardo, ma mentre l’australiano arriva 4°, lui si ferma all’8° posto a più di 30 secondi dal suo compagno di squadra. Nessuno ha ancora capito esattamente cosa sia successo quest’anno al campione tedesco, ma quella di Abu Dhabi è stata a ben guardare la gara simbolo di un campionato fallimentare per lui. Chi invece non ha niente da rimproverarsi è Button, che nell’ultima gara dell’anno - e forse della sua carriera in F1 - si qualifica davanti a Magnussen e in gara porta la sua MacLaren ancora una volta al miglior risultato possibile, anche se è “solo” un 5° posto. Di questo però l’inglese non ha colpe, quindi per lui voto 8,5. Sperando di rivederti ancora il prossimo anno, Jenson. Voto 5,5 a Magnussen invece, che sicuramente aveva il potenziale per conquistare qualche punticino ma chiude solo 11° una gara piuttosto incolore. Per il danese, comunque, è tutta esperienza utile. È tornato sui suoi standard migliori, invece, Hulkenberg, 6° dopo 84 emozionano per una curva presa con l’acceleratore a tavoletta più che per un tunnel realizzato per passare sotto ad un albergo, per un controllo al limite più che per il numero di yacht attraccati a bordo pista. Insomma non ci siamo, ma la tendenza pare essere questa, per lo meno finché gli organizzatori avranno i soldi, cioè per molti molti molti anni. Voto 10, invece, alla buona sorte - di Hamilton e di noi tutti - che ha fatto sì che l’insana idea del doppio punteggio in questa gara non facesse alcuna differenza. Altrimenti, più che di finale a sorpresa, avremmo dovuto parlare di beffa, per il pilota inglese ma anche per tutti noi che come bambini continuiamo, nonostante la FIA, a incantarci a guardare queste macchinine colorate girare in tondo. L’anno prossimo pare che l’esperimento non sarà ripetuto e almeno questo pericolo forse è scampato, in attesa di nuove e artificiose idee per rendere più emozionante uno sport che era decisamente più emozionante quando nessuno si arrovellava su come renderlo tale. avere superato un bel po’ di auto tra cui quella di Perez: forse è poco spettacolare, ma è veloce e concreto, e per un team di metà classifica un pilota così è una risorsa preziosa. Voto 8. Una bella gara, comunque, è anche quella di Perez, che quest’anno ha dimostrato di essere cresciuto molto come pilota e anche ad Abu Dhabi ha badato giustamente a portare a casa dei punti, stando lontano dai guai: voto 7,5, concreto. Ferrari imbarazzanti A questo punto tocca per forza parlare dei ferraristi: Alonso e Raikkonen hanno chiuso rispettivamente 9° e 10° superati da entrambe le Force India, ma anche dalle Red Bull che partivano in fondo alla griglia. Lente e impacciate, con la capacità poco invidiabile di macinare le gomme dopo pochi giri, le monoposto di Maranello hanno disputato una delle gare più brutte di un campionato che per fortuna è ormai alle spalle. 85 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Formula 1 Periodico elettronico di informazione motociclistica per tornare ad essere protagonisti il prima possibile. Oltre ad una grande sete di vittoria, con Sebastian condividiamo l’entusiasmo, la cultura del lavoro e la tenacia, elementi chiave per costruire insieme a tutti i membri della Scuderia un nuovo capitolo nella storia Ferrari”. La prima dichiarazione di Vettel Ufficiale Vettel è pilota Ferrari Affiancherà Raikkonen Maranello rompe gli indugi ed a poche ore dal via dell’ultimo GP della stagione comunica la coppia piloti 2015: fuori Alonso, in partenza verso la McLaren Honda, e dentro il quattro volte campione del mondo tedesco. In coppia con Raikkonen S ebastian Vettel, quattro volte Campione del Mondo di F1 con Red Bull, sarà ufficialmente un pilota Ferrari a partire dalla stagione 2015. Il comunicato di Maranello, che parla di collaborazione tecnico/agonistica, non lascia dubbi nemmeno sul destino di Fernando Alonso visto che a guidare l’altra monoposto sarà Kimi Raikkonen. L’ingaggio del tedesco, che ha firmato un 86 contratto triennale, costerà alla Ferrari una cifra vicina ai 100 milioni di euro. “La Scuderia Ferrari ha deciso di riporre la sua fiducia nel più giovane pluricampione della storia della Formula 1” – ha dichiarato il Team Principal, Marco Mattiacci. “Sebastian Vettel rappresenta una combinazione unica di gioventù ed esperienza, e porta con sé uno spirito di squadra fondamentale per affrontare insieme a Kimi le sfide che ci attendono “La prossima fase della mia carriera in Formula 1 sarà insieme alla Scuderia Ferrari: per me è il sogno di una vita che si avvera”, ha dichiarato Sebastian Vettel. “Quando ero un ragazzino, Michael Schumacher sulla Rossa era il mio più grande idolo ed ora per me è un enorme onore avere la possibilità di guidare una Ferrari. Ho già avuto un piccolo assaggio di quello che è lo spirito Ferrari quando ho conquistato la prima vittoria a Monza nel 2008, con un motore della Casa del Cavallino Rampante. La Scuderia ha una grande tradizione in questo sport e sono estremamente motivato ad aiutare la squadra a tornare al vertice. Darò il cuore e l’anima per far sì che questo accada”. E Alonso? Contestualmente all’annuncio di Vettel la Scuderia Ferrari e Fernando Alonso comunicano di aver interrotto consensualmente il loro rapporto di collaborazione tecnico-agonistica. Fernando Alonso lascerà la squadra alla conclusione di questo campionato, al termine di un quinquennio che ad oggi lo ha visto conquistare 1186 punti, 44 podi e 11 vittorie. Lo spagnolo, salvo eventi clamorosi dell’ultima ora, dovrebbe tornare al volante di una McLaren con l’incognita del motore Honda dopo l’incredibile rottura di fine 2007, anno in cui fu tra i protagonisti di una incredibile spy-story sui segreti della Ferrari per cui il team di Woking fu costretto a pagare una maxi-multa di 100 milioni di dollari: una storia mai digerita da Ron Dennis, storico team owner McLaren, e con la quale si spera Alonso non si ritrovi a fare i conti nel corso della sua permanenza in Inghilterra. “Oggi non è una giornata facile perché, nonostante io guardi sempre al futuro con grande entusiasmo e determinazione, alla fine di questa stagione si chiuderà la mia avventura come pilota Ferrari” – ha dichiarato Fernando Alonso. “E’ una decisione difficile, ma allo stesso tempo molto ragionata, sulla quale dall’inizio alla fine ha prevalso il mio amore per la Ferrari. Ho sempre avuto la fortuna di decidere del mio futuro e ho questa opportunità anche adesso, e per questo devo ringraziare la squadra, che si è dimostrata in grado di comprendere la mia posizione. Lascio la Scuderia Ferrari dopo cinque anni, durante i quali ho raggiunto il mio miglior livello professionale, affrontando grandi sfide che mi hanno spinto a trovare nuovi limiti e in cui ho dimostrato di essere anche un grande tifoso, anteponendo gli interessi della Scuderia al mio”. “Quando ho dovuto prendere decisioni importanti per il mio futuro, l’ho fatto con la Ferrari nel cuore, guidato dal mio amore per la squadra. Sono molto orgoglioso di ciò che abbiamo realizzato insieme. Grazie agli sforzi degli uomini e delle donne di Maranello per tre volte siamo arrivati secondi nel Mondiale di Formula 1, per due volte combattendo fino all’ultima gara, campione virtuale per molti giri. Senza ombra di dubbio, di questi ultimi cinque anni porto con me alcuni dei ricordi più belli della mia carriera, oltre a lasciare nella squadra più che amici una famiglia. Ora guardo avanti con grande entusiasmo, ma con la certezza di portare sempre il Cavallino nel cuore. Ringrazio tutti coloro che ripongono in me la loro fiducia”. 87 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Dakar Periodico elettronico di informazione motociclistica Dakar 2015 Lanciata ufficialmente la 37esima edizione aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb di Piero Batini | Argentina-Bolivia-Cile. Dal 4 al 17 Gennaio. 13 tappe, una giornata di riposo. Oltre 9.000 chilometri attraverso i tre Paesi Sudamericani saranno lo sfondo del passaggio di 414 veicoli per un totale di 665 Concorrenti P ienone a un passo dalla Concorde, piazza “storica” non solo per Parigi. Da uno dei luoghi da dove ha mosso i primi passi l’avventura inventata da Thierry Sabine, è stata presentata la 37a edizione della Dakar Argentina-Bolivia-Cile 2015. Etienne Lavigne, direttore della Dakar, e David Castera, il responsabile del percorso, hanno svelato, o per meglio dire, sintetizzato, le linee essenziali dell’edizione che prende il via il 4 gennaio da Buenos Aires, e che si concluderà ancora nella capitale argentina 14 giorno dopo, il 17 gennaio. Niente di nuovo, e niente che segnali una qualche indulgenza sulla natura del percorso e dell’impegno che attende i partecipanti. Sarà ancora una volta una Dakar da difficile a impossibile, unica variante concepibile in questo senso la clemenza del meteo. Auto e moto su percorsi separati Il percorso si specializza ulteriormente, separando in più occasioni i tracciati di moto e auto, e rispettivamente quad e camion, in modo da garantire un ulteriore coefficiente di “specializzazione” che renderà sicuramente più “aspri” i contenuti delle contesa. In compenso la “separazione” dei percorsi renderà ancor più interessante la corsa delle quattro ruote, i cui equipaggi non avranno più, in quelle occasioni, le tracce delle due ruote 88 passate prima di loro sulla pista, e certamente cresce ancora il livello di quella sicurezza che è un po’ il nodo gordiano e la contraddizione di fondo del Rally più lungo, duro e difficile del Mondo. Oltre 9.000 chilometri per moto e auto, poco più di 8.000 per i camion che non passeranno in Bolivia ma che resteranno più giorni nell’”Inferno” del deserto cileno. Di questi, più della metà sono di prova speciale, con settori cronometrati che possono superare i 500 chilometri e che saranno oltre 700 nel caso della tappa di ritorno dalla Bolivia, tra Uyuni e Iquique. E ancora, tre tappe oltre i 3.500 metri di altitudine, con una punta oltre in 4.200, giornata di riposo, a Iquique nel Nord del Cile, separata per moto e macchine, quest’ultime mandate al giro di boa della Bolivia prima dello stop, e finalmente una tappa marathon, ovvero senza assistenza possibile se non quella tra i concorrenti, anche per gli equipaggi auto. La Dakar 2014 non registra un nuovo record di partecipazione ma, tenuto conto dei tempi e della flessione inevitabile, “tiene” in maniera impressionante. Il che è sinonimo di un interesse crescente. 414 veicoli in totale, suddivisi in 164 moto, 138 auto, 48 quad e 64 camion. Sono la cifra iperbolica di 665 concorrenti in rappresentanza di 53 nazioni del pianeta. Rispetto all’edizione 2014, cedono qualche unità moto, auto e camion, e guadagnano i piccoli quattro ruote che godono in Sud America di un successo crescente, favorito anche dalle vittorie, uniche della storia per gli americano latini, di argentini e cileni. Peugeot torno dopo 25 anni Il valore della partecipazione verte su alcune novità importanti, quando non sensazionali. La più “grossa”, sintesi di una nouvelle vague globale, è il ritorno alla Dakar, dopo 25 anni, di Peugeot. La Casa francese, che ha dominato la ParigiDakar per quattro anni, dal 1987 al 1990 con le 205 e 405 T16 Grand Raid, allinea alla partenza del Rally tre inedite 2008 DKR, autentici prototipi concepiti con uno schema rivoluzionario. A guidarle, la sensazione fa sì che lo sappiano ormai tutti, saranno Stephane Peterhansel, Carlos Sainz e Cyril Despres. I tre campioni sommano 17 vittorie, quasi metà delle Dakar disputate. Quello di Despres è anche il nome che rivoluziona la “mappatura” della gara delle moto. Passato alle auto, il francese fa venire meno il duello che ha caratterizzato dieci anni di Dakar delle moto, e virtualmente apre la porta al quinto successo di Marc Coma, campione in carica. Ma, naturalmente, non è una porta spalancata. A volerci mettere una “zeppa” a tutti i costi ci sono Honda, che schiera il Team HRC e punta sul talento del futuro Joan Barreda, e Yamaha, che ha completato il reclutamento di una Squadra senza compromessi di ambizioni con l’acquisizione di Alessandro Botturi. Tra le auto la situazione appare altrettanto avvincente. Joan “Nani” Roma non avrà la strada libera. Oltre a Peugeot, che comunque non si ritiene nel numero dei favoriti a causa della precocità con cui è stata allestita la 2008, altre Mini All4 Racing sono in buone mani, soprattutto quella di Nasser Al-Attyia che ha finalmente deciso di partecipare con la macchina tedesca ma con il proprio Team “intestato” al Qatar. 89 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Dakar Periodico elettronico di informazione motociclistica “Racing” della storia Peugeot, mi sono affacciato sul soprastante piano sopraelevato. Auto leggendarie parlano tra loro Risucchiato istantaneamente in una dimensione Pixar “Cars”. Quattro macchine della Storia Peugeot alla Dakar facevano quadrato attorno alla sagoma ancora “Carbon” notte della nuova 2008 DKR. Su quel metro e mezzo di livello al di sopra della Storia dell’Automobile si era riunita l’intera storia tecnica della Peugeot da Rally-Raid, con uno sguardo preciso, e forse altrettanto precise intenzioni, sulla sua proiezione futura! Sin da subito mi è apparso chiaro che non si trattava di un incontro fortuito o di una visita di cortesia. La 2008 DKR era da sette mesi in giro per il mondo, impegnata tra saloni e test africani, in una corsa all’ultima fase dello suo sviluppo prima di affrontare la gara del debutto. La 205 T16, nata nel 1987, qui in versione gialla, è la macchina che ha acceso miccia e fantasia della Peugeot alla Dakar. Macchina e Piloti su un piano superiore di spettacolo ed efficacia. È il prototipo che derivava dalle scomparse Gruppo B dei Rally, convertito e adattato alla “missione” dakariana ancora sotto la direzione di Jean Todt. Le modifiche, tuttavia, non erano trascurabili. Il quattro cilindri a sedici valvole con turbina Garret e iniezione Magneti Marelli, posizionato posteriormente alle spalle del navigatore, era stato “smorzato” al di sotto dei 400 cavalli, circa 380, per livellarlo alle nuove esigenze di affidabilità e longevità, e il telaio, monoscocca con appendici tubolari in acciaio, era stato profondamente rivisto, con l’allungamento del passo di una trentina di centimetri e l’adozione di sospensioni modificate in funzione dell’escursione necessaria per affrontare gli insidiosi terreni della Dakar. Il debutto della 205 T16 Gran Raid, capace di 230 chilometri orari, fu fulminante. Jean Todt aveva schierato tre GR, affidate a Ari Vatanen, Shekhar Mehta e Andrea Zanussi. Ari Vatanen, in coppia con Bernard Giroux, vinse la 9a edizione della Paris-Alger-Dakar 1987. La 205 T16 nicchia e Peugeot alla Dakar 2015 I retroscena del vertice segreto di Sochaux Piero Batini | Nell’atmosfera discreta de l’Aventure Peugeot, 205 T16, 405 T16 e 2008 DKR si confrontano sugli ultimi dettagli di strategia Dakar. Simbolico passaggio di consegne tra i “Miti” del passato e la “Belva” del futuro A vevo in programma il viaggio a Sochaux già da un po’. Per gli appassionati del Marchio, e soprattutto per chi abbia voglia di ripercorrere la storia dell’Automobile partendo dal momento “Zero”, il Museo della Famiglia Peugeot è un must e una “scusa” memorabile. Ma lo è anche 90 per chi è a caccia, e la verità è che, essendo sulle tracce di una 204 ex East Safari dei ‘settanta, dovevo confrontare i miei indizi con il mezzo di riferimento gelosamente custodito in Alsazia. Potete immaginare la sorpresa e lo stupore quando, in ammirazione della piccola “berlina” africana al piano di sotto del padiglione dedicato alle 91 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito sorride, annuisce. L’anno successivo l’asso finlandese portò al debutto la nuova “arma” Peugeot, la 405 T16 Grand Raid, ma non con altrettanta fortuna. “Parla”, dall’angolo opposto dello straordinario “Ring” del salone di Sochaux, la 405 T16. “Eravamo alla prima stagione, e la macchina non era ancora del tutto affidabile. È lo scotto che ogni Squadra, dalle private alle più grandi e ufficiali, deve obbligatoriamente pagare. La Dakar è una corsa troppo lunga e difficile, ed è praticamente impossibile vincere al debutto. E poi non bisogna dimenticare il “furto” che subimmo, altrimenti forse le cose sarebbero andate a finire diversamente”. Peugeot sul tetto del mondo E infatti, la 205 nicchia ancora, a vincere l’edizione 1988 della Paris-Dakar fu ancora il piccolo “mostro” Peugeot, quella volta con Juha 92 Dakar Periodico elettronico di informazione motociclistica Kankkunen e Juha Piironen ai comandi e alla navigazione, che fino al controverso episodio di Bamako avevano il compito di coprire le spalle a Vatanen. Inutile dire che il bis scatenò un entusiasmo incredibile tra gli appassionati, e un’ondata di contagioso interesse anche tra i meno “competenti”. “Sì - insiste la 205 - tutte scuse, sta di fatto che eravamo due a zero!” A questo punto la 405 T16 Grand Raid si inalbera: “Non puoi aver dimenticato quello che è successo nel 1989, all’undicesima Paris-Tunis-Dakar. Eravamo cresciuti in tutti i sensi. La potenza a 400 cavalli tondi tondi, passo e carreggiata analoghi ma aumentata l’escursione delle ruote e, soprattutto, la stabilità. Ari era estasiato dal comportamento della sua macchina, e da quel momento non ce ne fu per nessuno. Già prima della Dakar avevamo vinto tutto, in Marocco, Tunisia, al Faraoni, e la supremazia alla Dakar era tale che il povero Todt dovette, a Tombouctou, lanciare in aria una monetina per stabilire chi, tra Vatanen e Jacky Ickx, doveva vincere la corsa. Dopo l’apoteosi della prima vittoria ottenuta, non ci fermammo un solo minuto ripetendoci nel 1990 con un’altra stagione a dir poco formidabile. Ben 15 tappe, ricorderai, vinte sulle venti disputate della Dakar, bravo Ari ma bravi anche Waldegaard e Ambrosino, sul podio “totale”, e Wambergue. Senza contare, forse lo hai dimenticato, le due Pikes Peak vinte dalla nostra collega “alleggerita”, almeno dei 400 litri di carburante necessari alla Grand Raid. Una supremazia assoluta, Vatanen divenne addirittura un numero uno cinematografico. Nessuno poteva fermarci, solo la Casa che, alla fine della seconda stagione da mattatrice, decise di lasciare imbattuta la disciplina e di passare la mano ai “Cugini”. Due pari, e con il seguito di eredità, un patrimonio tecnologico e di competitività incomparabile, che lasciammo dopo di noi. Due pari e quindi, se permetti, oltre!” La 2008 DKR è lì, in mezzo alle dispute delle grandi antenate. Respira l’atmosfera di un’epoca che è chiamata a rievocare, e ne assorbe i significati. Un volume di informazioni e di emozioni uniche, che raccoglie in quei momenti che rappresentano un passaggio di consegne avvenuto dopo venticinque anni. Tra un mese e mezzo tocca a lei. L’epoca dell’apprendistato e dei tour di presentazione sfuma rapidamente, e il carico di responsabilità è secondo solo a quello di adrenalina che inietta nei 340 cavalli del T16 ora in configurazione V6. Tutto è in mano alla 2008 DKR Largo alla coppia, alla fluidità aggressiva nel passaggio sugli ostacoli. Le antenate sembrano piccole macchine, quasi imperfette. Gran parte 93 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito delle combinazioni e degli schemi sono cambiati. Due ruote motrici in luogo delle quattro, ma mezzo metro di diametro delle ruote ed escursione delle sospensioni doppia, minore potenza, ma un range di utilizzo incredibilmente più esteso. Stessa sopraffina interpretazione meccanica, ma anche un sacco di elettronica di supporto, e un occhio attentissimo all’evoluzione dei regolamenti. Un’”arma” pensata, sviluppata e realizzata con un solo scopo: la Dakar. Christophe Dupont, responsabile delle attività de l’Aventure Peugeot e anfitrione squisito, mi riporta tra gli umani. «Lasciamo che si dicano le ultime cose. Tutto sommato, il momento ha una grande carica di simbolismo. La 2008 DKR è venuta a 94 Periodico elettronico di informazione motociclistica Dakar Sochaux per raccogliere il testimone dell’Avventura della Dakar direttamente dalle… ruote di due auto mitiche». È vero. Tutto quello che la 2008 DKR ha vissuto fino a questo momento è solo il trailer dell’esperienza che la Macchina vivrà di qui a poco più di un mese. Adesso c’è solo il tempo per andare a “cambiarsi”, indossare la nuova tenuta da combattimento con i nuovi colori di guerra, e aspettare che i suoi nuovi Piloti, Cyril Despres, Stephane Peterhansel e Carlos Sainz, chiudano il circuito di accensione. La 204 East Safari Rally avrà ancora un po’ di pazienza, torneremo per due chiacchiere. Ora sono 48 giorni al via della Dakar Argentina-Bolivia-Cile. 95 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Dakar Periodico elettronico di informazione motociclistica EDITORE: CRM S.r.l., Via Melzo 9 - 20129 Milano P. Iva 11921100159 REDAZIONE Ippolito Fassati Emiliano Perucca Orfei Alessandro Colombo Aimone Dal Pozzo Francesco Paolillo Andrea Perfetti Matteo Valenti GRAFICA Thomas Bressani COLLABORATORI Massimo Clarke (Tecnica) Enrico De Vita Claudio Pavanello (Epoca) Alfonso Rago Antonio Gola COPYRIGHT Tutto il materiale contenuto su Automoto.it Magazine è oggetto di diritti esclusivi di CRM S.r.l. con sede in Milano, Via Melzo 9. Ne è vietata quindi ogni riproduzione, anche parziale, senza l’autorizzazione scritta di CRM S.r.l. Automoto.it Via Melzo 9- 20129 Milano Reg. trib. Mi Num. 680 del 26/11/2003 Capitale Sociale Euro 10.000 i.v. Email: [email protected] 96 97