Paolo Piu CYBERNAUTICA Cambiamento e Saggezza per non naufragare Ed. on-line Pensieroattivo- Roma INDICE - SOMMARIO Premessa Cap. 1 – Le Radici della Cultura 1.01 – Miti e Cultura …………………….………………... 1.02 - Le quattro C della “Cultura” per Fare………...….. 1.03 - I quattro verbi fondamentali….……………….….. 1.04 - Le quattro “ FFFF”………………………………… 1.05 - La Strategia………………… …………………….. 1.06 - Il marchio e l’ identità.……………………………. 1.07 - L’ innnovazione, la creatività e l’empatia .……….. 1.08 - Come proteggere l’invenzione…………………… Riflessioni sul primo capitolo………………….. p. ” ” ” ” ” ” ” ” 9 13 16 19 21 25 29 35 38 ” ” ” ” ” ” ” ” ” 41 47 48 56 65 68 71 75 89 Globalizzazione e deterritorializzazione…………… New Economy e Cyberspazio..……………………… Effetti dell’ ICT e riorganizzazione operativa……… Caratteristiche delle imprese dell’economia digitale . E-Companies e Cybermarketing….………………… Struttura e Funzione del sito Internet……………… I pirati del Cyber Spazio……………………………. . Consigli virtuali per essere reali …………………….. Riflessioni sul terzo capitolo e su Internet….…... Cap. 4 –La saggezza ” ” ” ” ” ” ” ” ” 91 94 97 100 102 103 108 110 115 4.01 4.02 4.03 4.04 4.05 4.06 4.07 4.08 - p. ” ” ” ” ” ” ” ” 121 125 126 128 130 131 136 140 142 Considerazioni conclusive…………………………………….. ” 145 Glossario della Cybernautica…………………………………., ” 148 Appendice Congiuntura Internazionale…………………………………… Commercio mondiale………………………………………….. ” ” 225 229 Riferimenti bibliografici……………………………………….. ” 230 Nota sull’ICE (Istituto Nazionale per il Commercio Estero)… ” 233 Cap. 2 - La Disciplina 2.01 2.02 2.03 2.04 2.05 2.06 2.07 2.08 - Origini e definizioni di Marketing………………… Fattori del marketing “Le 12 P “…………….……. Le 4 P preliminari di accesso al mercato..….…… Le 4 P del marketing “mix”…………… ……… Le 4 P dell’ implementazione e mantenimento…. Una donna per convincere……………………….… Evoluzione del contesto economico sociale…….…. Tavole comportamentali…………………………... Riflessioni sul secondo capitolo………………. Cap. 3 - Il Cambiamento 3.01 3.02 3.03 3.04 3.05 3.06 3.07 3.08 - Paradosso di Easterlin e lettera di Epicuro... ………… Fare attenzione quando si imitano gli altri….……….. La Finestra di Johari… …………………….……….. La farfalla e la candela ( Favola di Leonardo).……… IL Rasoio di Occam…………………………….…… I veri e falsi Politici ( Salomone, Confucio, Trilussa ). Ma cos’è la Democrazia ?………………………….… L’ Amministrazione Pubblica……………………..….. Riflessioni sul quarto capitolo……………………….. 2 “Mannaggia ‘a pressa! Dicette ‘a maruzza” “Maledizione alla fretta, disse la lumaca” (Carluccio ‘a Peste) L’essere è l’inizio della strada del fare (Lao Tzu) Senza un cambiamento spirituale dell’ uomo, qualsiasi modifica dell’ambiente e qualsiasi innovazione tecnologica non porta crescita umana. J. Sorel Huxley Queste pagine sono la sintesi di una ricerca attraverso 4 fondamentali momenti del nostro agire: Cultura, Disciplina, Cambiamento e Saggezza 3 Maggio1972 - Visita in Italia del Ministro del Commercio Estero Cinese "Tutte le forze politiche democratiche, tutte le parti sociali, tutte le forze dell'economia sono legittimate a partecipare alla costruzione della democrazia" (Aldo Moro) "un uomo buono il cui pensiero politico è piu che mai attuale!” (Papa Wojtyla) 4 Premessa Calpestato, bistrattato, sfruttato e sporcato, il nostro Pianeta trema e a stento respira solcato dai fiumi dei rifiuti urbani e industriali, nelle vibrazioni dei motori, nei boati delle guerre, nelle urla delle città, nel rigurgito degli oceani, negli ingorghi delle strade, degli scarichi e delle discariche e invecchia, nelle rughe dell’odio. E noi ? abbiamo rotto ……………………………………l’armonia fare in fretta, fare in fretta, sbrigarsi, correre, più veloci, più veloci per arrivare primi, per ricevere l’applauso. Di chi? Quando approdai in Cina per la prima volta, ero stato da qualche anno assunto all’Istituto Nazionale per il Commercio Estero a Roma. A destinarmi agli “affari cinesi” era stato il Dott. Pruner , responsabile dei Mercati Esteri, in considerazione delle mie radici culturali nuragiche e delle mie precedenti esperienze alla FIAT e nell’Arma dell’Aeronautica. Grazie alla competenza e al dinamismo del mio capo diretto Gino Tranfo, che è stato per me un’autorevole guida, abbracciai con entusiasmo il mio lavoro di relazioni e assistenza alla Rappresentanza del CHINA COUNCIL in Italia. La dedizione al lavoro e la competenza da me maturata negli affari cinesi, convinsero il Direttore Generale Metello Bilotta, ad affidarmi l’organizzazione della prima missione ufficiale italiana in Cina. “Era il 16 maggio 1971” , l’aereo dell’Air France, con 80 membri della delegazione economica italiana atterrò per la prima volta sul suolo della capitale cinese. Ad attendere Zagari c’erano il Ministro del Commercio Estero e il Ministro degli Affari Esteri della Repubblica Popolare. La missione era stata organizzata per rendere omaggio al grande popolo asiatico, all’indomani del riconoscimento ufficiale. Doveva essere una missione esplorativa, un primo approccio verso una più ampia collaborazione culturale e commerciale. C’erano Giovannino Saragat, Nasi, Luraghi, Donati, Antonello Marescalchi, Peppino Fiori, Bruno Vespa e tanti altri importanti rappresentanti del mondo economico e culturale italiano. La Cina nel 1971 era ancora sotto l’alone della “ rivoluzione culturale”. Nella piazza “Tien An-men” vegliavano le gigantografie di Marx, Engels, Lenin, Mao e Stalin; i libretti rossi venivano ancora stampati in milioni di esemplari, i “daze-bao” (giornali murales) tingevano ancora i muri di rosso e le “guardie rosse” garantivano l’ordine politico e sociale del popolo cinese. “East is red”. L’0riente era veramente rosso. La bicicletta costituiva il più importante mezzo di locomozione e la tuta grigio/blu, abbigliamento unistagione e unisex, vestiva donne, uomini, gerarchi e bambini. 5 Sembrava di essere sbarcati in un altro “Pianeta”. Milioni di biciclette scampanellavano durante il giorno, poi il profondo silenzio della notte e la luna gialla che colorava nel suo viaggio silenzioso lo Yang Tse-Chiang. (Fiume giallo) Era la Cina dove i cubetti di ghiaccio ancora non esistevano, dove l’unica bevanda per dissetarsi, anche nelle calde giornate estive, era il tè: alle orchidee, al gelsomino, al garofano, alla rosa. Ancora oggi mi resta scolpito nella mente l’incontro con Chu En-Lai, nella sala del Congresso Nazionale di Pechino il 24 maggio 1971. Stringendo la mano a Chu provai la stessa emozione che qualche settimana prima avevo provato a Roma, a San Pietro in Vincoli, rivisitando la scultura del Mosè di Michelangelo. Chu sprigionava un potere carismatico impressionante. Il suo sguardo era profondissimo, i suoi movimenti quasi di un extraterrestre. Un profeta, uno statista preoccupato del destino di un miliardo di esseri umani. Chu En-Lai parlava 4 lingue, aveva studiato in Europa ed aveva un’ottima conoscenza della cultura occidentale. Durante l’incontro, rivolgendosi all’Italia e quindi all’Europa, disse tra l’altro : ” Voi europei avete iniziato un processo di integrazione tra i popoli molto importante, non dovete abbandonarlo, perché non dovete lasciare alla Russia e agli Stati Uniti il privilegio di scrivere la storia “ Emozioni simili, seppure di intensità diversa, le provai nelle occasioni che ebbi di incontrare Willy Brandt, Makarios, John Kennedy, Mitterand, Moro, Berlinguer e Wojtyla, grazie al meraviglioso lavoro che ho avuto la fortuna di svolgere. Ma il messaggio di Chu En-lai e quello di Wojtyla ( “il tuo volto Signore io cerco”) costituiscono il “leitmotiv” che ha influenzato il mio pensiero e il mio comportamento nelle attività svolte nei diversi paesi del mondo. L’esperienza cinese mi permise anche di leggere, per dovere professionale, il “libretto rosso dei pensieri di Mao” dove, in particolare, mi colpì i paragrafo dal titolo: “l’uomo che rimosse le montagne”. Quel paragrafo dovrebbero leggerlo tutti coloro che sono responsabili dell’educazione e della gestione delle risorse umane e materiali, e in particolare, coloro che sono addetti alla rimozione dei rifiuti. Il documento che vi accingete a leggere è un po’ la storia di un normale lavoratore, che ha volato attraverso più di 70 paesi della superficie terrestre, e di ciò che gli è rimasto dallo scambio di pensieri e di esperienze con operatori economici, operatori culturali, politici, ladri onesti e ladri disonesti. In qualità di “civil servant” ho cercato sempre di rendermi utile a tutti coloro che ho incontrato nel mio lavoro di informazione, di assistenza e di formazione. Ovviamente l’esperienza operativa è stata completata con la lettura di giornali, libri, riviste e documenti per motivi di ricerca e di aggiornamento nei vari paesi visitati. Per entrare meglio in sintonia con coloro che leggeranno queste pagine, illustro brevemente un episodio che forse ha favorito la mia fuga dall’ Isola. 6 Poco tempo dopo essermi laureato ebbi un colloquio col direttore della fabbrica di mattoni che allora stava accanto allo stadio Amsicora a Cagliari. (Quello di Gigi Riva) Sembrava che tutto andasse per il meglio, relativamente alla mia assunzione, ma mentre mi avviavo all’uscita, da una specie di soffitta, una tegola o un calcinaccio, mi piombò sul cranio frantumandosi. Niente di grave, la mia testa rimase intatta, solamente un piccolo bernoccolo che servì a confermarne la durezza nuragica. La notte, però, feci uno stranissimo sogno. La mia piccola 500 verde pisello si era trasformata in una caravella rossa e mentre dirigevo la produzione dei mattoni, piombò nel mio ufficio e mi disse “ Ma che stai facendo, scemo! - Il mondo è tanto grande e tu vorresti passare tutta la vita a contare i mattoni dietro la stessa scrivania! – Carica oggetti e ricordi sul mio sedile posteriore e vattene a girare il mondo”!. Non feci caso a quel sogno, ma non accettai l’offerta di lavoro del mattone e partii a fare uno “stage” in Inghilterra. Tra gli “angli” appresi che, oltre a camminare col gregge, si poteva anche camminare in fila, aspettando ordinatamente il proprio turno. Il mio primo lavoro stipendiato, tuttavia, si era svolto presso l’Amministrazione Provinciale di Cagliari, prima che mi laureassi, dove per circa un anno sono stato addetto alla distribuzione di un sussidio agli ex “ammalati” che venivano dimessi dall’ Ospedale Psichiatrico (O.P.). Il sussidio in bilancio era denominato “Tabacco agli ammalati tranquilli”.Tanto tranquilli non erano, perché uno di questi mi raccontò che un giorno, rientrato a casa, incontrò sua moglie che lanciava tutti i piatti e i bicchieri per aria e lui per fermarla le ruppe una sedia in testa: “Appu pigau una carira e sidd’appu segara in conca”! – Ho preso una sedia e gliel’ ho rotta in testa Poi mi spiegò che dovevo ringraziare il Padreterno perché, se non ci fossero stati loro, io non avrei mai avuto un posto di lavoro in Sardegna. Dopo la fuga in Continente, esperienza FIAT e servizio militare in Aeronautica a Firenze, approdai a Roma e anche nella “Città Eterna” non si trattò di un lavoro normale, perché in effetti dovevo assistere i rappresentanti in Italia di un popolo di un miliardo di individui che ufficialmente, per motivi politici, dovevamo ignorare. Per l’Italia la Cina era Taiwan e il nome Pechino non poteva essere scritto in nessuna carta ufficiale e men che meno in un passaporto. I nostri visti e i loro visti venivano rilasciati su foglietti volanti, se no sarebbe stato implicito il riconoscimento ufficiale. Finché non riconoscemmo ufficialmente la Cina, i rapporti commerciali venivano mantenuti grazie a un accordo para-diplomatico ICE - China Council. Il ricorso alla mia fantasia per aggirare le regole della diplomazia e della burocrazia al fine di risolvere i problemi, mi valse la fiducia dei Cinesi che scherzando dicevano che in Cina, dopo Marco Polo, l’italiano più noto era Paolo Piu. Dopo la lunga parentesi cinese, ho peregrinato per 30 città italiane con un team di esperti per promuovere l’associazionismo e, prima di essere trasferito a Riyadh, ho avviato il progetto “Mezzogiorno ICE/FES” (Fondo Sociale Europeo). 7 In Arabia Saudita, per poter capire usi e costumi, ho dovuto leggere il “Corano” e ho anche approfondito la “Sharia” mentre televisione, radio, giornali e altri media quotidianamente ripetevano a tutti noi occidentali che eravamo degli infedeli e dovevamo convertirci al più presto per non finire all’inferno. Da parte mia, ero riuscito ad avviare un dialogo sulla religione con alcuni “ mattaua “ (guardie religiose) alle quali cercavo di spiegare che “religione” significa gioia di vivere e non sottomissione e paura”. Un mattaua amico mi suggerì di lasciar perdere perché rischiavo di veder rotolare la mia testa nella sabbia rossa del Najd. Oggi, finalmente libero da incarichi ufficiali, al servizio di me stesso, mentre passano gli anni, talvolta mi sento un po’ come il “giornale di ieri”. Ma il giornale di ieri, come quello di avantieri o di 40 anni fa, o come i geroglifici di 5000 anni fa, sono parte della nostra storia e ogni tanto è utile guardare nello specchietto retrovisore. Cristoforo Colombo, che aveva gli strumenti per solcare gli oceani e le conoscenze tecniche per dominare i venti, lesse a fondo le intuizioni che Marco Polo aveva annotato nel “Milione”, viaggiando nelle terre dell’ Oriente. Erano due Italiani e noi italiani più che a “prendere”, andiamo in giro per il mondo per “apprendere”. La nostra è una cultura mediterranea aperta allo scambiato e alla conoscenza. In realtà devo ringraziare la “sorte” perché mi ha fatto approdare all’Istituto e in particolare Roberto Vanore, che mi ha trasmesso la passione per la formazione internazionale, senza la quale non avrei mai potuto apprendere e forse scrivere. In particolare, ringrazio gli Italiani che pagano le tasse e si impegnano affinché l’Amministrazione Pubblica possa dare servizi utili, efficaci e in tempo reale, ma soprattutto i vari funzionari con i quali ho collaborato appartenenti alle Ambasciate, alla Sace, alla Simest, alle Camere di Commercio, alle Associazioni di Categoria e soprattutto agli amici della Federexport Ing. Gianfredo Comazzi, Ing. Silvio Baronchelli e Lorenzo Papi che hanno contribuito a diffondere i vantaggi dell’associazionismo anche all’estero. Dimenticavo due persone che, nei miei primi impegni giovanili, mi hanno insegnato che cultura e servizio pubblico sono prioritari in una società civile: Il Dott. Todde, Ragioniere Capo dell’Amministrazione Provinciale di Cagliari e Paolo De Magistris, responsabile illuminato all’Amministrazione Regionale che fu anche Sindaco di Cagliari. Il primo per avermi insegnato ad applicare il principio kantiano che “senza libertà non ci può essere responsabilità”; il secondo per l’aiuto e la fiducia che accordò all’ AIESEC Sarda (Associazione Internazionale per gli scambi tra studenti delle facoltà di Economia) nella quale insieme al mio maestro Pino Usai, sviluppai i primi approcci di internazionalizzazione per gli universitari sardi. : “ La verità un giorno la si trova, il giorno dopo la si perde, ma se riusciremo a pensare e agire mantenendo l’animo incorrotto, allora la verità verrà da sola a bussare alla nostra porta, senza che la cerchiamo”. 8 Primo Capitolo Le radici della “Cultura” “ Nessun fiume è grande e ricco di per sè, ma è il fatto di ricevere e convogliare in sè tanti affluenti a renderlo tale ”. - Friedrich Nietzsche. 1.01 – Miti e cultura Dopo la sconfitta dei titani, gli dei chiesero a Zeus di celebrare la vittoria attraverso la creazione di un gruppo di divinità che rappresentassero l’arte e la scienza.. Zeus amò per nove notti Mnemosyne, dea della memoria, figlia di Urano (il cielo) e Gaia (la terra) e, dopo nove mesi nacquero le muse. Nove giovinette che gareggiavano in bellezza con la loro madre. Calliope dea della poesia epica, Clio dea della storia, Erato dea del lirismo erotico, Euterpe dea della musica, Melpomene cantante della tragedia, Polimnia dea della lirica, Talia dea della satira, Tersicore dea della danza, Urania dea dell’astronomia e della scienza. Storici, antropologi e filosofi hanno più volte sostenuto che i miti greci appartengono alla nostra cultura in maniera così profonda, che sarà difficile anche per i secoli futuri poterli sradicare. In effetti, prima che Esiodo scrivesse la “Teogonia” (nascita degli dei), circa 8 secoli prima di Cristo, l’unico contenitore dove venivano conservati fatti, leggende e misfatti che governavano la vita quotidiana della Grecia, era la memoria. Attraverso la memoria individuale e collettiva venivano veicolati gli eventi e il sapere, nello spazio e nel tempo. Una evoluzione simile è avvenuta in tutte le altre civiltà del nostro Pianeta. Scrittura, pittura, scultura e musica, ci hanno permesso e ci permettono di rivivere emozioni dei nostri antenati attraverso la lettura e l’interpretazione delle opere che ci hanno lasciato. - In una retrospettiva di Picasso, a San Paolo del Brasile, c’era scritto: “ l’arte non dice la verità ma aiuta a comprenderla ”. La memoria è un’energia vivente, che ci viene innanzi tutto dai nostri genitori e penetra nella nostra coscienza trasmettendoci emozioni originali sperimentate dagli antenati. E’ un software che ci riporta alle nostre radici. E’ l’identità di una civiltà che si tramanda di generazione in generazione. Le radici, tuttavia, pur facendo parte del nostro bagaglio culturale, non vanno confuse col concetto più ampio di cultura, poiché, quanto più ci chiudiamo nelle nostre radici, tanto più queste marciscono e la cultura scompare. 9 La cultura è una pianta che va alimentata con ingredienti selezionati e deve continuamente confrontarsi con le altre culture per poter produrre frutti sani. Non può esistere cultura senza apertura alle altre culture, senza una sistematica potatura dei rami secchi e delle radici marce. Potare, potare, potare…..è potere. La cultura non va confusa con l’erudizione o con la competenza. L’erudizione è la cultura del pappagallo che può ripetere a memoria una enciclopedia. La competenza, è la conoscenza limitata di un tecnico che può costruire un perfetto impianto per inscatolare i pomodori pelati, ma non sa se i cinesi usano i pelati o se gli americani comprano il pelato in barattoli di vetro o in scatole di latta, perché un tecnico deve saper produrre secondo le indicazioni dell’uomo o della donna di marketing. E’ difficile che un professionista specializzato senza cultura generale possa essere un bravo capitano d’impresa. La cultura è apprendimento quotidiano e continuo; è il coraggio di continuare ad apprendere anche quando siamo stanchi. E’ la cornice dentro la quale viene amplificata la presentazione della nostra professionalità, della nostra conoscenza, della nostra capacità, delle nostre cognizioni tecnologiche e, naturalmente, della nostra identità. La cultura è una grande “K” (cervello, memoria, intelletto) dentro una sfera che cresce quotidianamente con l’osservazione, il confronto e l’apprendimento. Tamerlano in un tempio di Samarcanda fece scolpire un’epigrafe che diceva : “guardate quello che abbiamo saputo costruire e poi potrete giudicarci”. In effetti non esiste cultura fine a se stessa, se no si ricade nell’erudizione. Poiché nel secondo capitolo parleremo di “marketing”, anticipiamo subito che la “Kultura di Marketing” è intelligenza, capacità di sintesi, funzionalizzazione, che serve a pensare, creare, produrre e scambiare. Alberto Savino sosteneva che “cultura” significa: “abituarsi a pensare con la propria testa”; Lenin quando diceva : “ diamo l’istruzione al popolo e rivolteremo il mondo” non intendeva trasmettere cultura, ma sottintendeva la manipolazione dei cervelli. “Senza cultura e senza formazione, un popolo non è in grado di produrre ricchezza e quindi non è in grado di scambiare prodotti che, oltre alla materia e al lavoro, inglobano un fondamentale contenuto intangibile di creatività”. Lo scambio di prodotti tra le antiche civiltà era sicuramente stimolato dal desiderio velato di scambiare cultura. “Il Milione” di Marco Polo, è una cronaca illuminante al riguardo ed é interessante leggere insieme dove si racconta della nobile città di Toris, oggi luogo di distruzione al centro di una tremenda guerra fratricida. 10 Il Milione fu scritto sotto dettatura, nel 1298, da Rustichello da Pisa, compagno di prigionia di Marco Polo: “Toris è una grande cittade, che è in una provincia ch’è chiamata Arac (Irac), nella quale hae ancora più cittade e più castella. Ma conterò di Toris, però che la più bella e la migliore che sia nella provincia. Gli uomini di Toris vivono di mercanzia e d’arti, cioé di lavorare drappi a seta e ad oro; ed è il luogo si buono, che d’India e di Baudac e di Mosul e di Cremo(Cormosa) vi vengono gli mercanti e di molti altri luoghi; e gli mercatanti latini vanno quivi per le mercatanzie istrane, che vengono da lunghe parti, e molto vi guadagnano. Quivi si trova molte pietre preziose. Gli uomini sono di piccolo affare, e havvi di molte maniere di genti. Quivi hae ermini e nestorini e iacopini, georgiani e persiani, e di quelli v’ha che adorano Malcometto, cioè lo popolo della terra che si chiamano Taurizinz (Taurizi). Intorno alla città ha begli giardini e dilettevoli d’ogni frutta. Gli saracini di Toris sono molto malvagi e disleal”. (Dal “ Milione “ di Marco Polo - cap. XX ) Si racconta che Einstein parlando con un amico, un giorno si espresse in questi termini: “ nel mondo ci sono due cose infinite: la stupidità e lo spazio. Della prima sono certo della seconda no”. “Nell’ Umanitario, dizionario integrato on-line di Pensieroattivo.it, si legge : Cultura – “E’ un dono della natura che trasforma gli uomini in esseri umani”. A una condizione però, che sia a misura della persona umana, “superando la tentazione di un sapere legato al pragmatismo e disperso negli infiniti rivoli dell’erudizione”, come ricordava spesso Papa Wojtyla. La cultura è fine a se stessa se non contempla il rispetto degli altri, la produzione di ricchezza e la crescita umana per tutti i popoli della Terra. La cultura di ognuno di noi dipende principalmente da 4 variabili: le radici, l’ambiente in cui abbiamo ricevuto l’educazione elementare, l’approfondimento professionale e il livello di sensibilità umana che riusciamo a raggiungere. E’ lo specchio della nostra identità. In genere, il percorso normale per acquisirla passa attraverso la Fede (o fiducia in qualcuno o qualcosa), la Conoscenza, la Coscienza, e la Saggezza. Logicamente, a sostegno di una cultura c’è sempre una morale che gli uomini non riescono mai a definire, perché la collegano ai tempi, alle mode e alle convenienze e 11 perché sono abituati ad analizzare e a dibattere problemi troppo complessi dove spesso perdono di vista la ragione e la semplicità delle cose. Personalmente ho costatato che in qualsiasi paese se uno riesce a comportarsi con dignità, professionalità e disponibilità ottiene il rispetto in tutte le lingue. Ovidio nelle “Metamorfosi” sostine che la cultura ci insegna a vedere e a lodare ciò che è meglio, ma poi il nostro istinto egoistico accumulante ci spinge a fare ciò che è peggio : “Video meliora proboque: deteriora sequor”. Montaigne nel suo “Dizionario della Saggezza” nel parlare della cultura ci dice che l’ignoranza che conosciamo, critichiamo e condanniamo non è mai l’ignoranza totale perché escludiamo sempre la nostra e poi aggiunge : “chi vuole guarire dall’ignoranza bisogna che la confessi”. Nel secondo capitolo, quando parleremo di “total quality”, non dobbiamo fare l’errore inverso di escludere quella di tutti gli altri e considerare solo la nosta. Chiudiamo col grande Goethe, che a chi pensa di essere molto intelligente, ricorda che usualmente : “tutto ciò che è intelligente è già stato pensato, basta cercare di ripensarlo di nuovo”. La cultura è indispensabile per poter avviare qualsiasi progetto e ne sono profondamente convinto tanto che, all’epoca degli affari cinesi, avevo iniziato un progetto di apprendimento del cinese, ma la vita è quello che ti succede quando sei impegnato in altri progetti e, improvvisamente, trovai l’altra metà, che mi regalò due belle bimbe e si dileguò il tempo da dedicare alla lingua cinese. 12 1.02 – Le 4 C della “Kultura” per fare. “Se non siete disposti a scambiare cultura, se non credete nella creatività e nell’innovazione non avventuratevi negli scambi internazionali” Queste pagine introduttive ci danno una prima indicazione di quanto sia ampio e importante il bagaglio culturale che ognuno di noi ha il dovere di costruirsi e ci spiega perché dobbiamo essere grati a coloro che hanno vissuto prima di noi e ci hanno trasmesso arte, scienza, filosofia e spiritualità. La cultura di cui parleremo, come si è accennato nel primo paragrafo, è un concetto che va al di là dell’erudizione pura e semplice, perché si tratta di un “mix di “imputs” e “pratiche” che ci permettono di tradurre l’energia intangibile del marketing, che muove le nostre azioni quotidiane e le trasforma in beni e servizi. Scriveremo pertanto questo tipo di cultura con la lettera “K” maiuscola, che è diversa dalla “Capa” di coloro che, come dicono i napoletani : “ tengono a’ capa p’ spartì i recchie” Le “4 C “ che compongono la K del fare sono il poker dei requisiti attraverso i quali ognuno di noi può diventare attore nel mondo della creatività, dell’innovazione, della produzione e dello scambio. Tutta la nostra vita, dal momento in cui riceviamo l’educazione e l’istruzione per muoverci autonomamente, è fatta di scelte e decisioni che dipenderanno dal livello culturale che riusciremo a raggiungere. CULTURA - CONOSCENZA - COMPETENZA - CAPACITA’ Riservandoci di esaminare più avanti come e quando sia nato il marketing, per comprendere l’importanza delle “ 4 C “, introduciamo una definizione di marketing presentata da Philip Kotler nel suo manuale :“Marketing dalla A alla Z “del 2004. “Marketing is a social and managerial process, by which singles or groups receive what they wont and need, through creating, producing and exchanging goods and services of value”. (Il Marketing è un processo sociale e manageriale, attraverso il quale gli individui singoli o in gruppi ricevono ciò che necessitano e desiderano creando, producendo e scambiando beni e servizi). Ricordo che all’ultimo convegno di Milano, davanti a 80 operatori economici europei, prima d’ iniziare la sua lezione Philip chiese : “Secondo voi il marketing serve a vendere”? 13 La risposta all’unisono fu……………… “sìììì”. “Bravi”, disse. “ Il marketing non serve a vendere ma a produrre”!. Poi aggiunse: “il marketing non è né una scienza né una tecnica,ma una disciplina di vita per produrre beni e servizi che siano utili e competitivi” Senza le “ 4 C “ non si può creare, non si può produrre, non si può offrire e non si possono soddisfare i bisogni e i sogni della gente. - La cultura (Sapere e valori condivisi) inizialmente ci viene dalla famiglia, dalla scuola e dalla università. Poi tutto è lasciato alla nostra curiosità, alla nostra volontà, alla nostra sensibilità, ai nostri interessi e alle nostre amicizie. Leggere tanto e di tutto, ascoltare tutti, con spirito critico senza schermi di destra o di sinistra. Cercare la verità ascoltando le opinioni degli altri. Attraverso l’università, la ricerca e l’autoapprendimento, il bagaglio culturale si amplifica, includendo l’economia, la statistica, la storia, la geografia, l’antropologia, la sociologia, la psicologia, l’empatia, il diritto, le religioni e chi più ne aggiunge più svilupperà la sua sensibilità per capire i singoli mercati esteri e il mercato globale nel suo insieme e diciamo pure le altre genti. La caratteristica del marketing è quella di integrare e funzionalizzare elementi appartenenti a discipline diverse, per orientarle verso un comune obiettivo. - La conoscenza (Osservazione e ricerca) é la seconda “C” che si acquisisce con l’esperienza diretta. - Leonardo diceva : “ Knowledge comes out of the feeling “ Qualche inglese ha tradotto l’originale che noi ritraduciamo : “ la conoscenza discende dall’intuizione ”. “ Ogni passo avanti nella conoscenza è il prodotto del coraggio e della durezza con noi stessi, diceva Nietzsche. La conoscenza nella cultura del fare viene individuata come la parte prettamente tecnica, dove prendono forma l’invenzione e la creatività, che sono le sorgenti dell’innovazione. - La competenza (Know How ovvero sapere + saper fare) si ottiene con la specializzazione e con la formazione e può riguardare sia processi tecnico produttivi sia materie di gestione amministrativa, finanziaria e di risorse umane. In sintesi si tratta della parte professionale della nostra cultura. - La capacità (Saper essere), concerne due aspetti : la nostra attitudine a fare una determinata cosa (produrre beni o servizi) e la nostra genialità nel mettere insieme 14 strumenti, mezzi e risorse necessari all’attività produttiva, coinvolgendo i nostri atteggiamenti e le nostre capacità relazionali. Tutto ciò, nell’era delle caverne era molto semplice, con l’evoluzione dell’uomo si è passati alle botteghe artigiane, quindi alle università tecnico/scientifiche, agli atelier delle industrie e oggi alle simulazioni virtuali nei laboratori di ricerca. Sia nel campo della produzione di beni che in quella dei servizi ogni giovane che si affaccia al mercato del lavoro, a seconda degli studi che ha concluso o delle specializzazioni che ha maturato, deve effettuare delle scelte. Naturalmente ciò vale per chi ha la fortuna di poter effettuare delle scelte e sfortunatamente non e praticabile per chi è costretto ad accettare quello che trova. (vedi call center) Ma i giovani non devono mai scoraggiarsi poiché, in quanto giovani hanno la forza e il tempo per apprendere, provare, meditare e cambiare. Un giovane deve sempre essere portatore di energie positive, deve credere in quello che fa, deve essere convinto e convincere gli altri, pensando con la propria testa e mantenendo l’animo incorrotto. Goethe diceva che : “ Scambiare informazioni è natura, tener conto delle informazioni è cultura “. 15 1.03 - I Quattro verbi fondamentali ANALIZZARE-SEGMENTARE–GERARCHIZZARE – FUNZIONALIZZARE “ non esti a sindi scirai in chizzi ma a inzertai s’ora ” Tradotto in italiano significa : “non bisogna svegliarsi presto, ma indovinare il momento”. Un proverbio inglese sostiene esattamente il contrario : “ early bird catch the worm “ (l’uccello mattiniero prende il verme). Ovvero, l’uomo nuragico, rispetto a quello anglosassone, è convinto che svegliarsi presto non serve a nulla se le cose girano male. L’ uccello cercherà invano il verme , se quest’ultimo si sveglierà tardi. Ecco l’importanza di conoscere le altre civiltà prima di muoversi, di conoscere l’altro prima di accoglierlo o di affrontarlo. Ma questo, come abbiamo visto fa parte della cultura e la cultura ci dice che per apprendere bisogna essere presenti e partecipare, ascoltare e capire. Vi ricordate quel napoletano che pregava San Gennaro per ottenere una vincita all’ Enalotto? Stufo per le insistenze, San Gennaro, un giorno lo chiamò e gli disse : “senti caro, ti ringrazio per la tua fede, ma se tu non giochi mai, difficilmente potrai vincere“! Le occasioni, purtroppo, in un mondo in cui ci sono tanti altri esseri umani, bisogna andare a cercarsele e per trovarle non si può dormire o spostarsi a caso sperando di trovare quelle buone. Solo se ci siamo assicurati una buona istruzione e una buona formazione possiamo procedere nella nostra caccia alle informazioni che ci indirizzano verso le occasioni. Un discorso analogo vale per chi deve produrre, il quale potrà darsi una struttura produttiva e coinvolgere risorse umane e finanziarie solamente dopo che avrà effettuato le ricerche e le analisi nei mercati di sbocco. Lo stesso discorso vale quando si devono ipotizzare cambiamenti all’interno di una organizzazione. In questo processo di selezione delle informazioni, delle strutture, delle decisioni, dei comportamenti, delle tecniche, dei metodi e dei modi sia a livello individuale che collettivo, ci vengono in aiuto 4 verbi che dobbiamo sempre coniugare. Bisogna sempre ricordare che nei nostri pensieri e nelle nostre azioni è bene inserire più verbi e meno aggettivi e sostantivi. Il verbo è dinamismo. Es. Capire per produrre, vendere e guadagnare oppure studiare e lavorare per vivere. Il pesce non si prende seduti su un sasso ad abbronzarsi, senza una buona lenza e una buona esca. Mi sembra che fosse Seneca, che diceva che la fortuna di solito arriva quando il genio incontra l’occasione. Analizzare – L’analisi ha una doppia funzione, in quanto significa fotografare determinati elementi o determinate situazioni in momenti diversi e contemporaneamente cercare di capirne l’andamento. 16 L’analisi, pertanto, si distingue dalla ricerca pura e semplice, perché è il risultato di un film girato in un arco di tempo in un dato mercato. La semplice ricerca di mercato tende più a fotografare la situazione di quel mercato in un dato momento. Segmentare – E’ un verbo che hanno incominciato a coniugare in modo esponenziale gli esperti di marketing e significa raggruppare le cose per famiglie omogenee: i vermi che si svegliano tardi, quelli che si svegliano presto, quelli con un reddito sopra i 100 mila euro, i vermi medici, i vermi avvocato, i vermi politici, i vermi magistrato, i vermi della gamma bassa, quelli della gamma media, quelli della gamma alta e cosi discorrendo. Nel mondo esiste una infinità di famiglie di vermi. - Bisogna tuttavia fare attenzione perché spesso esistono vermi non riconducibili a famiglie, per i quali non è possibile effettuare una segmentazione ( ufo, kamikaze, no-global e Onlus). Questo è un primo significato del verbo segmentare, ma segmentare vuol dire anche effettuare una scelta di campo, ovvero individuare in quale settore, area o raggruppamento economico/sociale si intende svolgere la propria attività e ancora più specificatamente in quale fascia di quel settore ci vogliamo collocare. La segmentazione, in definitiva, è quella che quotidianamente ci porta a decidere quello che faremo in relazione agli interessi e agli obiettivi che ci prefiggiamo. Segmentiamo i settori, segmentiamo le attività, segmentiamo i colleghi, segmentiamo gli amici, segmentiamo i clienti, segmentiamo i fornitori, segmentiamo le donne e poi troviamo la moglie o viceversa. La segmentazione è importante, ma da sola non è sufficiente a suggerirci l’ordine secondo il quale dobbiamo effettuare le nostre scelte che vengono prima delle nostre offerte, perché per offrire, bisogna prima scegliere le persone, capirne gusti e abitudini e poi stabilire quello che dobbiamo offrire. Il terzo verbo – Gerarchizzare – Non vuol dire, come pensava un sindacalista del Nord, far indossare divise diverse a seconda del grado, ma rispettare delle priorità la gerarchia delle cose - individuando quali sono le cose che vengono prima e quelle che vengono dopo, affinché tempo e spazio possano essere razionalmente utilizzati. E’ famosa la storia del vaso cinese nel quale se si sbagliano le priorità lo spazio non è sufficiente. Per chi non se la ricorda, si tratta di mettere dentro un vaso tre mucchietti : uno di pietre grandi, uno di pietre piccole e uno di sabbia. Se si incomincia dalle pietre grandi i tre mucchi entrano nel vaso, se si incomincia dalla sabbia i tre mucchi non entrano nel vaso. Eppure si tratta degli stesi materiali e dello stesso spazio. Il periodo che ho lavorato a Riyadh ricordo di aver avuto a che fare con un elettricista pakistano, il quale nella sua testa aveva solo le gerarchie religiose e non pensava tanto a quelle operative, e prima di mettere le mani sul guasto dimenticò la cosa più importante, quella di staccare la corrente. Mi fece saltare tutto l’impianto e lui rischio di restare carbonizzato. 17 Dunque, gerarchizzare è importante, non gerarchizzare può essere molto pericoloso. I giovani hanno sempre una grande fantasia ed è inutile che mi dilunghi a spiegare che il verbo gerarchizzare va riferito e soprattutto applicato sia nella fase organizzativa di qualsiasi struttura, sia nella fase realizzativa di qualsiasi lavoro, progetto o processo produttivo. Il quarto verbo – Funzionalizzare – è un po’ più complesso da spiegare, ma è oltremodo importante nel nostro mondo moderno dove ormai, ad eccezione degli artisti, tutti lavorano in team o in rete. Nell’era della pietra, come si è già accennato, era semplicissimo “funzionalizzare” perché, in ambito familiare o tribale la madre allattava, il bimbo accendeva il fuoco e il papà andava a caccia e tutto era ben funzionalizzato. Nella nostra civiltà, più numerosa e più complessa, la funzionalizzazione riguarda le interrelazioni tra le persone ma soprattutto quella tra enti pubblici e tra aggregazioni private, se si vuol parlare di Marketing Territoriale. Ciò non è facile perché in genere tutti, persone, imprese, enti tendono a collocarsi in un anello funzionale dove si lavora di meno e si guadagna di più. Dove, possibilmente, quello che c’è da fare si lascia fare agli altri in un contesto di sana competizione. La funzionalizzazione tuttavia è di fondamentale importanza nei processi di produzione di beni o di servizi perché evita doppioni o sprechi che nel nostro mondo libero incominciano a essere fuori moda. Ma lo sono sempre stati. La funzionalizzazione è la chiave principale all’interno del marketing dove le risorse umane e quelle materiali, quelle tangibili e quelle intangibili devono essere ordinate secondo regole precise per poter interagire e generare efficacia. In sintesi in un sistema ben “funzionalizzato” 2+2 può fare 6 – In un sistema non organizzato funzionalmente 2+2 rischia di fare 3 - Perché due fanno la stessa cosa, o uno circola a vuoto. 18 1.04 – Le quattro FFFF. “E’ utile evitare se poi serve a far meglio quello che si deve fare”. (Brecht) Sinora abbiamo esaminato il poker delle chiavi per entrare nel mondo della produzione, abbiamo definito i 4 verbi che ci permettono di organizzare una struttura e di “dare un ordine logico” alle nostre scelte, possiamo passare pertanto alle regole che orientano la nostra azione e i nostri comportamenti per renderli efficaci . Per introdurre le “ 4 F “ dobbiamo ancora una volta chiedere aiuto alla lingua inglese, senza la conoscenza della quale è azzardato operare nelle relazioni internazionali. Anche queste lettere vanno prese in considerazione nell’ordine logico in cui sono indicate. FOCUSED – FLEXIBLE – FAST - FRIENDLY Una regola base per ricordare è quella di registrare sempre i concetti, nella nostra memoria, seguendo una successione sensata . Tradotte in italiano le 4F significano: Mirati, Flessibili, Rapidi e Cordiali. Dobbiamo essere innanzitutto FOCUSED che in italiano, come si è appena detto, significa fare delle scelte decise, convinte. Dobbiamo individuare il bersaglio o l’obbiettivo e metterlo a fuoco. La seconda F ci dice che dobbiamo essere FLEXIBLE, ovvero flessibili poiché, come si è evidenziato in precedenza, le occasioni sono fuggenti, i bersagli sono mobili e i nostri obbiettivi possono muoversi a seconda dei cambiamenti. Pertanto sempre massima flessibilità ed “estote parati”. John Lennon, a proposito di flessibilità diceva che “la vita è quello che ti succede mentre sei impegnato in altri progetti” e pertanto se sei rigido sei un soprammobile. La terza F ci dice che nel momento in cui siamo sicuri di aver individuato e messo bene a fuoco le prime due F dobbiamo essere FAST = svelti, rapidi, veloci , ovvero sparare il colpo prima che spari l’altro o prima che l’altro ( il target) scompaia dalla nostra vista. La successione che nasce nella logica americana della “competition” è un po’ la logica della “mors tua vita mea”. Ma nella nostra logica umana e sociale ciò dovrebbe avvenire solo per legittima difesa. Se non siamo in guerra ma in un contesto di pace e di sana concorrenza, entra in gioco la quarta leva che, a dire il vero, é valida anche in casi di guerra per il vincitore, il quale dovrebbe curare una dignitosa sepoltura dei nemici e una ricostruzione del paese sconfitto. 19 FRIENDLY, vuol dire che, malgrado tutto, dobbiamo essere cordiali, essere gentili, essere comprensivi, dare amicizia e impegno di collaborazione. Nel marketing e nella vita questa leva è veramente una marcia in più che spesso ci permette di sconfiggere il nostro concorrente, anche se offre un prodotto migliore e a prezzo più basso, poiché : “gentilezza e cortesia del venditore conferiscono valore aggiunto al prodotto”. Nel nostro marketing personale le 4 F sono importantissime, nella scelta degli amici, dei collaboratori, dei partners commerciali e, se ci allarghiamo alla convivenza matrimoniale, la quarta F è la chiave per la comunicazione con moglie e figli anche se i fili che la reggono spesso sono delicati e fragili. E’ bene ricordare che nella letteratura specifica si parla sempre di uomo di marketing ma le donne, in genere, lo sanno praticare molto meglio degli uomini, perché lo hanno praticato da sempre. E’ facile intuire che l’applicazione delle 4 F assume importanza strategica nel campo dei servizi, dove non basta solamente avere il miglior prodotto e il miglior rapporto qualità/prezzo ma, come vedremo meglio più avanti, entrano in gioco una serie di altri elementi che inducono il cliente a scegliere un servizio o un prodotto piuttosto che un altro sulla base di una serie di elementi che vengono aggiunti al prodotto. Tali elementi sono sviluppati nel secondo capitolo, nelle “4 P” del marketing mix, trattando il concetto di “bene-servizio” dove, si rileva che : “Sovente non è il prezzo più basso a far decidere l’acquisto”. Le quattro F non sono solamente le fasi da seguire per rendere efficace la nostra azione di venditori o cacciatori di clienti, ma a un attento esame risultano anche le regole di comportamento per una organizzazione o un individuo, impegnati nella fornitura di assistenza, informazioni o servizi. Soprattutto in campo progettuale e organizzativo l’applicazione delle quattro F , in tempo reale, può portare al successo di una nostra offerta o al raggiungimento di un obbiettivo. Pensate a un ufficio di prima assistenza o a un centralino che risponde a una vostra domanda in modo mirato, flessibile, rapido e cordiale. Alla faccia dei “call center” o delle segreterie telefoniche che ormai vi mettono in “waiting list” e, dopo avervi fatto ascoltare una sgradevole musica per più di 10/15 minuti, vi dicono che gli operatori sono tutti impegnati e per evitare perdite di tempo vi consigliano di richiamare più tardi. Ah…! quelle belle telefoniste degli anni 70 gentili e mirate . Qui la tecnologia ha fallito. 20 1.05 – La Strategia “La visione senza l’azione è un sogno, l’azione senza visione è un incubo” Quando si parla di Strategia generalmente si tende a confonderla con aspetti strategici, tattiche o politiche operative che riguardano singole aree funzionali o determinati momenti dell’azione dell’impresa : strategie di crescita, strategie di nicchia, strategie di mercato, strategie di prodotto, strategie di prezzo, strategie di pubblicità, e cosi via discorrendo. Tutte quelle che abbiamo nominato sono tasselli del mosaico della “Strategia dell’impresa”. La Strategia con la S maiuscola è un collante nel quale convergono tutti gli altri, chiamiamoli “ aspetti strategici” attraverso i quali si persegue l’eccellenza operativa. Nel suo libro “ What is Strategy ” del 1996, Michael Porter, ha ampiamente approfondito l’argomento facendo una netta distinzione tra i momenti e/o le tattiche o politiche operative di eccellenza e il “Posizionamento Strategico dell’impresa”. Tutto ciò che verrà detto in questo paragrafo riguarda anche il posizionamento strategico di ogni singolo individuo nell’ambiente in cui dovrà realizzare la sua professione o la sua carriera nella società civile. Quando parliamo di “Strategia”, dunque, facciamo riferimento al “ modo in cui un’impresa (o un individuo) decide di combinare insieme le sue competenze, i suoi processi chiave e tutte le altre risorse tangibili e intangibili per affermarsi in un determinato mercato ( o collettività)“. Si tratta di definire un corollario chiaro e comprensivo all’interno del quale si dovranno muovere tutte le politiche di organizzazione, di prodotto, di gestione delle risorse, di distribuzione, di innovazione e di comunicazione, funzionali al marketing. Scegliere una Strategia significa individuare una posizione di partenza per decidere verso quale direzione andare. Dunque Strategia non significa posizione statica dell’ impresa ma “azione dinamica che assicura l’esistenza nel tempo”. La strategia è dentro il marketing, ma viene prima del marketing, nel senso che senza strategia non si può fare marketing e senza marketing non si può fare strategia. La strategia morde la coda del marketing e il marketing morde la coda della strategia. Questo significa, che il “Top Management” di un’azienda deve fare marketing insieme a tutte le risorse umane che operano nella stessa. Come vedremo più avanti, ogni azienda sviluppa 4 funzioni fondamentali : analisi, produzione, amministrazione e vendita, le quali hanno una disciplina comune che si chiama “marketing”. Senza marketing chiunque è un ciottolo in balia dell’ energia degli altri. 21 Qualsiasi progetto strategico richiede la funzionalizzazione delle risorse umane e delle risorse materiali tangibili e intangibili. Ma perché è importante avere una strategia e quali sono le fonti di questa strategia? Avere una Strategia è come possedere una bussola e questa va costruita attraverso l’osservazione e l’analisi dei processi, la selezione e l’utilizzo in tempo reale delle informazioni. Anche la strategia si basa su quattro pilastri portanti: value, mission, vision and perception. Per capire questi 4 parametri, che in italiano si traducono in VALORI, MISSIONE, VISIONE e PERCEZIONE prendiamo in considerazione due imprese di trasporti. La missione di tutt’e due le aziende è quella del trasporto di persone. La prima però effettua collegamenti destinati a operatori economici o impiegati, la seconda collegamenti destinati a turisti. La visione del servizio di trasporto nelle due imprese è completamente diversa. Una opera nell’ottica di un servizio che deve essere reso in modo rapido, puntuale ed economico, funzionale al business, l’altra organizza un servizio che si sviluppa in un contesto di tempo libero. Per le due imprese il valore dipende dalla soddisfazione del cliente . Le due imprese pertanto dovranno formulare la loro strategia in relazione al mercato obbiettivo (dove esiste una specifica richiesta da soddisfare), ma le loro proposte saranno in competizione con altri trasportatori anch’essi organizzati con una rete di mezzi di trasporto. Se le nostre aziende sapranno assicurare confort e puntualità dei mezzi, dislocazione delle località e della centralità dei punti di accesso, qualità del personale e possibilità di collegamenti con altre reti di trasporti e naturalmente un’adeguata azione di informazione, il cliente, per le sue necessità, sceglierà il mezzo di trasporto delle compagnie che abbiamo ipotizzato e sarà disposto a pagare un prezzo adeguato alla sua percezione (Valore del servizio). Dunque, la strategia è intesa a individuare una serie di soluzioni originali e di vantaggi per il cliente tali, da conferire all’azienda una posizione nel mercato che la concorrenza non è stata in grado di raggiungere. Prendiamo ad esempio la Mc. Donald’s e cerchiamo di mettere a fuoco le leve principali della sua strategia : - Value - Accogliere e far incontrare i giovani 22 - Mission - Fornire una ristorazione veloce Vision - Qualità, servizio e pulizia Perception Luogo accogliente dove incontrarsi per nutrirsi. Mentre se consideriamo quelle della Benetton : - Value - Solidarietà - Mission - Vestire i giovani - Vision - Presenza globale e capillare nel mercato - Perception - Appartenenza a un mondo per la pace L’ Harley Davidson non è solamente una fabbrica di motociclette, ma è un club che diffonde lo stile di vita Harley Davidson . Ha creato il suo marchio attraverso il quale vende abbigliamento sportivo per i motociclisti, organizza gare, organizza gite e viaggi, vende le sue penne e i suoi orologi, ha i suoi ristoranti. Il suo sito in Internet è un vero specchio della sua immagine. Il suo valore è uno stile sportivo per “elite”. L’Ikea non è solo un negozio di mobili, ma ha un posizionamento strategico nel “sistema casa” che è difficile da imitare. I commessi sono dei consulenti, i centri d’acquisto dispongono di capienti parcheggi, all’interno funzionano ristoranti e punti di ritrovo per bambini, i prodotti, generalmente disponibili per la pronta consegna, sono di buona qualità e hanno prezzi convenienti, il particolare sistema di imballaggio permette al cliente di trasportare e assemblare i mobili da solo. I suoi valori sono il risparmio e la rapida soddisfazione delle esigenze di arredamento di una famiglia in evoluzione. La Coca Cola non vende solamente bevande , lattine e bottigliette di vetro, ma offre momenti di relax. Basta pensare agli slogan della sua pubblicità : “ Insieme c’è più gusto ” – “ Play refreshed “ tradotto in italiano “ goditi una pausa “. Vende inoltre i suoi gadget, locandine, sottopiatti e sottobicchieri facendosi pagare la pubblicità dai clienti. Sfrutta i suoi punti di distribuzione vendendo altri prodotti. Ha creato uno stile Coca Cola e vende relax. Queste sono le quattro leve strategiche della Ferrari: Successo (primi) – Servire un’elite – Prestigio nel mondo – Possedere il top. (Nell’ordine : Value - Mission - Vision - Perception) A livello singolo possiamo ipotizzare la strategia di un “birdwatcher” (osservatore d’uccelli) in questi termini: - Value : nessun valore - Mission : impossibile - Vision : nebbia totale - Perception : fannullone 23 La strategia pertanto non nasce guardando gli uccelli, ma è frutto di un’attenta osservazione del mondo che ci circonda, di intuizioni, di creatività e di organizzazione accompagnata dalla “governance” di chi è al timone dell’ azienda, sia come gruppo, sia come singolo, perché, nel mercato in continua evoluzione bisogna “monitorare” costantemente le strategie dei concorrenti e quando necessario innovare e cambiare. Particolare attenzione va riservata alla “Visione” perché da questa, sia a livello singolo sia collettivo, dipende l’ “Organizzazione” che è il corpo nel quale la strategia si articola nei quattro elementi portanti della sua struttura: - Risorse materiali - (luogo, uffici e attrezzature) - Conoscenze - (Know-how, tecniche produttive, brevetti) - Risorse umane - (Specializzazioni, professionalità, esperienze) - Posizionamento – (Nei confronti di fornitori, clienti, autorità e altri partners) Un esperto olandese incontrato in una riunione a Parigi a proposito dell’innovazione strategica sosteneva che : “ il problema non è come farsi nascere in mente idee innovative, ma come far piazza pulita di quelle vecchie “. Nel 1890, nei suoi “Principi”, Alfred Marshal considerava l’economia come “ lo studio dell’uomo nei suoi affari quotidiani” A quei tempi il marketing veniva chiamato mercatistica e la sua dinamica non era conosciuta a livello di disciplina, ma la definizione di Marshal si può adattare al marketing contemporaneo e in effetti possiamo dire che: l’economia è la scienza delle scelte il marketing è la disciplina la strategia è l’intuizione la governance è il timone. 24 1.06 – Il Marchio e l’ identità “Senza identità non possiamo ne dialogare ne confrontarci con gli altri” Nome, marchio, marca, logo, brand vengono usati indifferentemente dalla gente anche se gli stessi termini hanno sfumature diverse. Il nome o marchio si può considerare la chiave e allo stesso tempo il risultato della strategia in quanto sintetizza i valori tangibili e intangibili dei prodotti e dell’immagine che l’ azione strategica dell’impresa é riuscita a incidere nella memoria del cliente. Se non esistessero i marchi, i prodotti sarebbero del tutto anonimi e le nostre scelte avverrebbero a caso. Il messaggio di qualità e di affidabilità trasmesso dal marchio, tuttavia, non è presente nel marchio appena ideato ma si produce solo in seguito all’uso e alle azioni di comunicazione e di pubblicità per mezzo delle quali il marchio si carica di significati. Vi siete mai chiesti quanto valgano i marchi della Nike , della Mercedes o della CocaCola ? Forse 90 milioni di dollari, o forse 200 milioni di euro. In una rivista di finanza e marketing, parlando di “attività intangibili”, un amministratore della Coca-Cola si esprimeva in questi termini: “ Tutti i nostri stabilimenti e impianti potrebbero essere distrutti da un incendio domani, ma questo influirebbe in misura minima sul valore della nostra azienda “. E’ stato detto anche che una marca fa ricavare da un prodotto più denaro di quanto ne valga. (Vi dice niente il caso Parmalat che adesso prevede di risarcire i danni pagando con nuove azioni?) Alcuni sono portati a pensare che per creare un’immagine sia sufficiente la pubblicità, ma la pubblicità può servire solamente ad attirare l’attenzione su una marca. Oggi, è ancora più difficile a causa della proliferazione dei media, che stanno sempre più erodendo il potere persuasivo della pubblicità di massa. Costruire una marca richiede tempo e investimenti in relazioni pubbliche, in sponsorizzazioni, in eventi sociali, in esperienze positive, in club, in testimonials e, naturalmente anche in pubblicità. Una volta affermatasi una marca diventa il simbolo distintivo dell’immagine di un’azienda e dei suoi prodotti ed è in grado di condizionare le scelte del consumatore rispetto ai prodotti concorrenti. Lo spirito della marca percepito dai clienti è di conseguenza diffuso in tutte le fasi di marketing dei prodotti ( condizionamento, vendita, pubblicità, eventi ) e nelle interrelazioni dell’azienda con gli altri interlocutori : dipendenti, fornitori, distributori, strutture di vendita. 25 E’ molto importante che la personalità della marca venga trasmessa da tutti i partners dell’ azienda (Identità). Tutto deve avere uno stile coerente con le aspettative del cliente. Tutti conosciamo da tempo le giapponesi Toyota e Sony e negli anni più recenti si sono affermati a livello globale i nomi coreani di Hyunday e Samsung, ma presto alle tigri orientali si affiancherà la Cina con due nuovi nomi che già sono conosciuti in Asia : il produttore di computer Lenovo e la Haier che già vende anche negli Stati Uniti, frigoriferi e lavatrici, attraverso una grande catena di grande distribuzione. La Lenovo ha sponsorizzato insieme a Coca-Cola, McDonald’s, Panasonic e Visa , le Olimpiadi invernali a Torino nel 2006, e nel 2008 i Giochi di Pechino . Parlando della strategia si è detto che deve mantenersi in linea con i tempi e con le strategie degli altri. La stessa considerazione vale anche per la marca con la variante che in questo caso si corre il rischio che il marchio perda incisività e quindi generi una perdita di clienti. Qualcuno ha paragonato la marca a una bandiera estendendo alla stessa tutti i valori affettivi della fedeltà e del senso di appartenenza. In effetti, quando si decide di cambiare il simbolo o il nome che caratterizza una marca, se la scelta è indovinata si acquisiscono nuovi clienti, ma se la scelta è sbagliata si rischia che il numero dei clienti che si perdono superi quello dei “ new comers “. Le marche più affermate tendono a sfruttare il loro successo ampliando le linee di prodotto secondo una tecnica di vendita usata da tempo negli Stati Uniti chiamata “piggy backing “, che significa in italiano “cavalcare il dorso del maiale”. Tale tecnica viene utilizzata anche per estendere la marca ad altre linee di prodotto e alcune marche hanno iniziato vere e proprie politiche di espansione, ritenendo che il fatto di avere un marchio famoso e prestigioso possa abilitarle a introdursi con successo in qualsiasi altra categoria di prodotti. Se si considerano gli insuccessi registrati da certe importanti aziende globali, è facile arguire che in molti casi, invece di introdurre delle strategie originali, si sono limitate a produrre versioni imitative di altri prodotti di successo. Secondo Kotler, molti responsabili di gestione dei marchi (Brand Manager), rischiano di far morire i marchi, in quanto tendono a sviluppare politiche di espansione o cambiamento basate sui prezzi, ampliamento gamma prodotti o condizioni contrattuali, dimenticando le relazioni col cliente (CRM – Customer Relationship Management), come vedremo più avanti nel capitolo dedicato al Cyberspazio. Non si deve dimenticare che la marca o brand, è una posta attiva invisibile dell’impresa fondata sul numero dei clienti fedeli al marchio e dai loro programmi d’acquisto in relazione al prezzo, ma anche al loro modo di essere o di voler apparire. I termini marchio, marca, brand, logo, come già è stato notato, vengono usati indifferentemente dalle persone anche se il logo ha un significato più ampio e più complesso del marchio, in quanto sotto uno stesso logo spesso vengono individuate diverse marche che garantiscono prodotti e/o servizi dello stesso livello 26 Il caso più evidente sono le catene di alberghi. Strettamente collegati al marchio o al logo sono i nomi che vengo dati ai prodotti. Drew Smitt, esperto di un’importante agenzia internazionale di comunicazione, sostiene che un nome deve essere scelto con una sguardo al futuro, valutandone la potenzialità di crescere e diventare internazionale. Per far questo è necessaria una grande esperienza multilingue e multiculturale considerando che tra le principali lingue parlate nel mondo occidentale ci sono solamente 1.300 parole in comune. Paul A. Herbig, nel suo ultimo libro “ Marketing Interculturale ” ha dedicato un capitolo alle “gaffe” culturali di aziende affermate a livello internazionale, criticando la faciloneria con la quale talvolta si opera nella comunicazione senza tener conto della cultura e delle tradizioni dei singoli paesi. . La Ford, ad esempio, nella sua politica di penetrazione in America Latina incappò in due grossi errori culturali che causarono gravi perdite alla casa automobilistica. A un camioncino a basso costo venne dato il nome di “ Feira “ che in lingua spagnola significa “ vecchiaccia “, mentre l’ammiraglia fu presentata col nome di “ Caliente “ che, sempre in lingua spagnola vuol dire “ prostituta “. Una multinazionale dell’alimentazione, sempre in America Latina, mise in commercio nella grande distribuzione locale una confezione gigante di burro col nome “ Burrad “ che significa “ grosso sbaglio “. In Bangladesh, la Bata, ha scatenato una rivoluzione di fedeli che hanno distrutto decine di vetrine e causato feriti, per aver messo in commercio delle calzature con un marchio in cui tre campanelle stilizzate somigliavano alla scritta “ Hallah “. Persino la Coca Cola è incappata in un incidente culturale in occasione dei mondiali di calcio quando ha diffuso in tutto il mondo le lattine con le diverse bandiere dei paesi partecipanti ed è stata costretta dal governo dell’Arabia Saudita a ritirare quelle con la bandiera saudita, poiché per il mondo islamico costituiva un sacrilegio gettare nelle immondizie una scritta con il nome di Hallah. Pensate che persino un gurù della globalizzazione, Lewitt Straus, diversi anni fa coniò per la Parker un messaggio globale con un’unica impostazione grafica, che tentava di dire qualcosa a tutti “Make your mark with a parker “ ma non diceva niente a nessuno, in quanto ci fu un grave calo delle vendite e la Parker ripristinò il suo precedente approccio in 150 paesi diversi con 40 agenzie pubblicitarie, decentrate, responsabili della comunicazione. Think global but act local! I marchi, i loghi, i nomi specie nell’attuale contesto internazionale dove le radici culturali dei popoli stanno globalmente riemergendo (glocalizzazione), costituiscono l’elemento più sensibile della strategia di un’azienda, grande o piccola che sia, in quanto simboli, nomi e prodotti suscitano reazioni e questioni etiche reali o potenziali e, non solo bisogna tener presente la cultura del paese ma anche le sub-culture nello stesso paese (Etnie, religioni, origini). 27 Prima di chiudere questo paragrafo, vi riferisco alcune considerazione sull’identità fatte durante i miei viaggi in diversi luoghi e situazioni. La prima impronta, come si è visto è quella relativa alle radici. Nel mio caso mi ha sempre accompagnato un “mix” di pecorino, cannonau e pani crasau insieme a “sa bosci de su mari e de su bentu” (la voce del mare e del vento) che è la mia “sardità”. Poi trasferitomi in Continente, vedo Firenze, Milano, Padova, Roma , Bari e Catania. Vado in Francia, in Germania, in Spagna, in Olanda e incomincio a sentirmi italiano. Un giorno , mi trovo negli Stati Uniti e mi accorgo di essere europeo. Per volontà del destino mi trovo in Arabia Saudita in mezzo ai musulmani, e nei discorsi con i Francesi, i Tedeschi e gli Americani dico sempre: “ noi cristiani”. In Estremo Oriente e in Africa la mia identità è il colore bianco della pelle. Ma alla fine quei tre quarti di cannonau e di acqua marina nel mio DNA vengono sempre fuori. Sono un pesce alla ricerca delle acque cristalline dell’Isola. L’identità non deve essere un fatto statico, una cariatide alla quale ti senti incatenato, ma è una costruzione culturale che ognuno fa all’ interno di se stesso, è una crescita sociale che porta a comunicare con gli altri e a capirli e a liberare la propria mente dall’ isolamento. 28 1.07 – L’ Innovazione, la creatività e l’empatia L’innovazione senza progresso umano crea solo nuovi disagi ( Huxley) L’innovazione non si realizza con una o due sedute di “brainstorming” ma si costruisce giorno per giorno osservando e razionalizzando Spesso si innova ritornando ai valori del passato. Parlando della conoscenza abbiamo citato Leonardo, che cinquecento anni fa non parlava la lingua inglese, ma aveva già capito, prima della scoperta dell’ America, che la conoscenza nasceva dall’intuizione, quella stessa intuizione che abbiamo visto spingere Cristoforo Colombo ad avventurarsi negli Oceani.. Oggi, pare che tutti siano d’accordo sul fatto che l’innovazione, intesa come intuizione di cambiamento, sia uno dei fattori fondamentali per il successo di una impresa o degli individui singolarmente considerati. La cultura di massa spesso confonde il significato di innovazione con quello di restauro o sostituzione. Cosi, c’è chi si rifà il viso o altre parti del corpo, c’è chi cambia la macchina, c’è chi cambia i luoghi di svago, c’è chi cambia l’amante e così via, dimenticando che l’innovazione: “è un fatto psico/filosofico la cui scatola sta nel nostro cervello”. In termini di mercato, quando si parla di innovazione generalmente ci si riferisce all’innovazione di prodotto e quando si parla di R&D (Ricerca e sviluppo) ci si concentra prevalentemente sui nuovi materiali, su nuove tecniche e su nuove tecnologie. In effetti, accanto all’innovazione di prodotto esistono altri tre tipi di innovazione , altrettanto importanti relativi al modo di pensare, all’organizzazione e al marketing. Alcuni Top-Managers sostengono che la vera innovazione è costituita da una ragionevole evoluzione e non da un continuo sconvolgimento che talvolta snatura i prodotti e crea problemi all’interno dell’impresa e anche tra i consumatori e utilizzatori finali. Nel 1929, Shumpeter, sostenne che l’innovazione in un regime di monopolio è il “premio naturale” per l’azienda innovatrice mentre in un regime di libera concorrenza costituisce una minaccia costante per l’azienda. Lo psicologo Erikson, in una recente analisi effettuata sull’argomento, ha rilevato che la gran parte dei grandi innovatori sono arrivati alle loro scoperte dopo aver sperimentato dei periodi più o meno lunghi di solitudine, di crisi o di emarginazione. Gli innovatori tuttavia, non esistono solamente nell’area imprenditoriale, ma esistono anche nei campi della letteratura, del cinema, dell’arte, dell’etica e della politica. 29 Questi sono altrettanto importanti, poiché ci permettono di liberarci dalla schiavitù delle nostre abitudini, che ci impediscono di evolverci e di crescere in un mondo che cambia. (Speriamo in meglio) Anche un altro studioso di discipline umane, l’antropologo Turner, condivide le considerazioni di Erikson, avendo rilevato che i grandi innovatori in genere provenivano e provengono da ambienti marginali e spesso erano o sono individui incompresi o considerati strani. Questo ci conforta e soprattutto costituisce uno stimolo per i giovani, nel convincimento che molte angosce sono dei fantasmi e possono essere vinte col coraggio, lo studio, la ricerca e la passione per quello in cui crediamo. Nel contesto del marketing contemporaneo, diversi esperti sostengono che l’innovazione, per poter divenire reale elemento di crescita di un’impresa o di una società civile, deve rispondere a tre requisiti principali : creatività, unicità, eccellenza. Ma la “creatività” che cosa è? E’ possibile insegnarla? Il concetto di creatività nasce negli anni ’20, come atteggiamento mentale esclusivo degli esseri umani. Nel 1929 Henri Poincaré (matematico francese) formula una definizione che viene successivamente accettata in diversi campi e in differenti contesti del pensiero e dell’attività umana : “CREATIVITA’ SIGNIFICA UNIRE ELEMENTI ESISTENTI CON CONNESSIONI NUOVE CHE SIANO UTILI” La parola creatività entra nel lessico italiano solamente agli inizi degli anni ’50 ed è a partire dal dopoguerra che si diffondono i concetti di nuovo e di utile, che individuano l’attività creativa nella Società e nella Storia, sino ai nostri giorni. NUOVO significa superamento delle regole UTILE significa nuova regola condivisa. La creatività si manifesta nelle diverse forme di benefici (economici, etici, estetici, spirituali) per le singole persone, aziende e collettività. Quando si parla di indicatori di innovazione di un paese, si fa riferimento al numero di brevetti registrati durante l’anno. La creatività non è patrimonio esclusivo di un singolo prodotto o di un processo di innovazione, ma dovunque precede l’invenzione e diventa innovazione quando è economicamente realizzabile e utile all’umanità. 30 Secondo una ricerca dell’ ITCP (Dipartimento Americano per l’ Informazione, la Tecnologia e le pratiche Creative), la creatività non si può insegnare ma si può stimolare. Per farlo sono indispensabili tre fattori : - INDIVIDUI GENIALI - PATRIMONIO DI CONOSCENZE - STRUTTURE ISTITUZIONALI - INVESTIMENTI in un contesto dove interagiscono: cultura – organizzazione – logistica e promozione. La ricerca dell’ ITCP, si pone l’interrogativo di come la creatività possa contribuire alla nascita di nuove professioni e quindi di nuovi posti di lavoro in interazione con la “Computer Science” e la “Information Technology” . La risposta si troverebbe nella creazione di “Centri di promozione e sviluppo delle pratiche creative”, dove collaborano università, centri di ricerca, musei, gruppi di artisti, esperti di tecnologie dell’ informazione e della comunicazione, operatori pubblici e operatori privati e tanti giovani motivati. Le risorse umane impegnate nei Centri interagiranno tra di loro, ampliando le conoscenze e quindi sviluppando le rispettive specializzazioni attraverso la collaborazione e lo scambio di esperienze. I nuovi impieghi sarebbero la conseguenza logica della creatività e delle innovazioni che i gruppi produrrebbero. In un recente seminario sul tema, promosso dallo scrivente e realizzato di recente in Abruzzo, con giovani, esperti e rappresentanti di Istituzioni, sono state individuate più di 20 nuove professioni che potrebbero aiutare le imprese nel processo di innovazione e soprattutto motivare i giovani. I rappresentanti dell’ICE ( Gianni Boncagni Direttore della Formazione e Gian Luigi Liberati Direttore delle Risorse Umane hanno sottolineato l’importanza delle nuove professioni, in particolare quelle legate al Web : Customer Relation Manager, Information Manager, Cross Cultural Manager, Export Manager, ARP2 (Analisti per la razionalizzazione dei processi produttivi), RIOG (Responsabili per l’innovazione nell’organizzazione d’impresa e nella gestione del personale). Maria Teresa Letta, che era presente in rappresentanza della Croce Rossa Italiana, ha indicato almeno 7 nuove professioni quali quelle degli Specialisti per la guida delle ambulanze, per il salvataggio in acqua e sulla neve, per l’assistenza psicologica in occasione di catastrofi, per cinofili destinati alla ricerca di persone, per infermieri clown per il supporto medico ai bimbi e agli anziani ed altre attività socio assistenziali che sviluppano la sensibilità, aprono la mente alla cultura e alla generosità e gratificano soprattutto i giovani. Altri settori nei quali sono state individuate professioni gratificanti sono stati quello del Turismo, dove si aprono interessanti possibilità per Promotori e Guide per il Turismo Culturale e Tematico, e 31 quello agricolo per Ingegneri da impiegare nelle imprese per la razionalizzazione dell’uso delle energie e per le nuove energie ricavate dagli scarti vegetali. Il discorso, in attesa che le università diventino più sensibili a queste nuove tendenze, può essere avviato attraverso i CRUC “Centri risorse umane creative” per giovani destinati ad affiancare gli imprenditori in discipline informatiche e sociali. Tali Centri potrebbero anche promuovere la collaborazione tra imprenditori privati, università e responsabili pubblici di marketing del territorio (Risorse umane, risorse naturali, infrastrutture e servizi). Silvia Motta, manager di un importante gruppo industriale italiano, è dell’idea che : “la creatività non é patrimonio esclusivo di poche persone geniali, ma é piuttosto un seme che si può coltivare “. Questa illuminata definizione mi trova d’accordo anche perché creazione e invenzione, come già si è detto, non sono patrimonio esclusivo dei singoli prodotti o dei processi per produrli, ma riguardano un’ampia gamma di supporti culturali, organizzativi, logistici e promozionali legati alle risorse umane. I giapponesi, in una guida operativa per le PMI, tempo fa, individuavano 4 tipi di creatività necessari per il successo delle aziende nella competizione globale : Creatività organizzativa Creatività produttiva Creatività di marketing Creatività nei servizi della P.A. Non dobbiamo dimenticare che i creatori (Knowledge Workers) sono i principali interpreti che intuiscono le nuove esigenze e i desideri della gente. A questo punto, possiamo introdurre il concetto di “ empatia “ che, sotto il profilo scientifico, è un processo psicologico per cui una persona si identifica con un’altra e ne condivide le emozioni ma, in termini pratici, significa “mettersi le scarpe di un altro e comminarci a lungo”. Le doti empatiche presuppongono una grande predisposizione all’ascolto dell’altro e sono fondamentali, non solo per essere dei creatori e dei buoni venditori, ma anche per essere dei buoni coordinatori e gestori di risorse umane. Il successo di molte P.M.I (piccole e medie imprese) nei mercati mondiali, è spiegato proprio dal fatto che riescono a combinare quattro elementi fondamentali per il successo: Empatia, Creatività, Unicità ed Eccellenza che sono i requisiti dell’innovazione. Naturalmente, associano all’innovazione grande cultura 32 imprenditoriale e convinzione sui fini sociali dell’impresa e sul coinvolgimento umano delle risorse che vi lavorano. Poiché in precedenza avevamo parlato di strategia, possiamo a questo punto azzardare che : strategia e innovazione sono carte vincenti rispetto alla riduzione dei costi (che spesso é vanificata nel confronto con i paesi emergenti) e nella guerra contro i “clonatori ” di prodotti . Il processo di “delocalizzazione” ( affidamento di fasi produttive o apertura di stabilimenti di produzione in paesi emergenti “low cost” - a basso costo di manodopera ) è solamente una soluzione temporanea nel problema della competizione e favorisce la “clonazione”. Un paese avanzato come il nostro non può sperare di risolvere i problemi lasciando fuggire gli imprenditori ma deve urgentemente riorganizzare un sistema nazionale in cui all’innovazione dei processi produttivi si devono accompagnare innovazione organizzativa, innovazione di marketing, innovazione amministrativa, innovazione politica e del territorio. E soprattutto onestà intellettuale. Tutti i paesi del mondo sono consci che solamente attraverso i processi di innovazione dell’economia e quindi di coloro che devono favorirla, politici e amministratori pubblici, si genera crescita e nuovi posti di lavoro. Un paese come il nostro fondato da sempre sulla creatività, sull’abilita e l’intelligenza delle risorse umane non può permettere che le nostre migliori forze creative vadano a realizzarsi all’estero. Recenti analisi dell’ OCSE hanno evidenziato che l’Italia, tra i paesi industrializzati, negli ultimi 10 anni ha realizzato il tasso più basso di “knowledge investment”, vale a dire che il nostro Paese investe sempre meno in conoscenza (ricerca, istruzione superiore e software). I nostri prodotti esportati, inoltre, sono sempre più low-tech e stiamo sempre più acquistando brevetti dall’estero. Lo stesso discorso si può fare per le pubblicazioni scientifiche che nel nostro Paese scarseggiano. Dobbiamo fare ricorso a quelle in lingua inglese, per chi la conosce. 33 Ma il tempo che cosa è ? Nel sesto capitolo della “Montagna incantata” di Thomas Mann, il protagonista Hans Castorp, si pone una domanda : “Che cosa è il tempo”? “Un mistero, un mistero privo di essenza, inafferrabile e potente. Una condizione del mondo delle apparenze, un movimento congiunto e immedesimato dell’esistenza del corpo nello spazio e nel suo movimento. Ma se non ci fosse movimento forse non ci sarebbe nemmeno il tempo? E non essendoci il tempo forse non esisterebbe neppure il movimento? O viceversa? O sono essi una sola ed unica cosa?………….Il tempo è attivo, agisce, produce. Che cosa produce? Cambiamento ! “ Dunque, il cambiamento è una costatante della nostra vita e l’innovazione è la compagna inseparabile del nostro percorso terreno. Malgrado noi, la natura cambia ogni giorno, si rinnova, si evolve e……migliora. Cambiamento, dunque non vuol dire necessariamente accrescere, aumentare, complicare, ma spesso significa ridurre, ridimensionare, semplificare, adeguare le nostre azioni e i nostri progetti alle nuove situazioni che il tempo produce. 34 1.08 - Come proteggere l’invenzione “Essere creativi significa trovare soluzioni nuove, chiare, semplici e utili che, naturalmente, vengono copiate” L’ idea di proteggere le invenzioni e la creatività affonda le radici nel Rinascimento italiano, anche se la prima legge in proposito è nata nel 1624 in Inghilterra ed era ispirata al principio di ricompensare gli inventori, legandoli ai vantaggi economici generati dall’invenzione. Successivamente, sono nate leggi e convenzioni internazionali intese a proteggere la proprietà intellettuale, i brevetti e il copyright. Nel precedente paragrafo si è già detto che quando si parla di indicatori di innovazione di un paese generalmente si fa riferimento al numero di brevetti registrati durante l’anno. Sotto il profilo giuridico il marchio rappresenta un diritto esclusivo di utilizzare una certa parola, un disegno o un altro segno per contraddistinguere prodotti o servizi. L’art. 16 della legge italiana sui marchi stabilisce che possono costituire oggetto di un marchio diversi segni quali : parole, disegni, lettere dell’alfabeto, cifre, suoni, forma del prodotto o della confezione, combinazioni di colore o tonalità cromatiche. La possibilità di registrare il marchio a livello internazionale è stata originariamente introdotta dall’ Accordo di Madrid nel 1891, successivamente ampliata col Protocollo di Madrid. Le domande di registrazione si indirizzano all’ OMPI (Organizzazione Mondiale Proprietà Industriale ) attraverso l’amministrazione competente del paese di origine, in Italia è l’ Ufficio Italino Brevetti e Marchi . - E’ possibile registrare il marchio solamente a livello europeo attraverso l’ UAMI (Ufficio per l’Armonizzazione del Mercato Interno) che ha Sede ad Alicante ed è operativo dal 1996. In un articolo sul “Financial Times”, Robert Shiller, esperto del “London Project Syndicate” , ha fatto cenno a un recente accordo siglato da USA, Australia, Giappone e Corea, nel quale è prevista la possibilità di brevettare dei metodi per fare affari Business Methods – che in definitiva costituiscono politiche di marketing originali. Questo tipo di brevetto è inteso a favorire la creatività di chiunque lavori in un’impresa ricompensandolo in rapporto ai maggiori introiti che l’azienda riesce a realizzare. Un altro importante motore, inteso a stimolare le invenzioni suscettibili di divenire innovazioni, è stato avviato nel settore finanziario, dando la possibilità a chi brevetta l’invenzione e non possiede i capitali necessari, di ottenere adeguati finanziamenti per sfruttare le opportunità di mercato. 35 Questa innovazione pare che stia rilanciando il “ Rish-sharing” ( La partecipazione della banca finanziatrice al rischio d’impresa) che gli istituti finanziari tradizionali sono sempre stati piuttosto restii a sviluppare. Anche in presenza di brevetti registrati presso i più importanti organismi internazionali, per arginare il fenomeno della “clonazione” , spesso sono inevitabili lungaggini e spese impreviste dovute all’insorgere di controversie. Sempre secondo Shiller, il brevetto è efficace per la promozione della creatività solamente quando l’innovazione che ne deriva implica un costo elevato per l’investitore e un basso costo d’uso per il consumatore o utilizzatore. Questa ipotesi riguarda solamente un calcolo matematico limitato al caso in cui dall’innovazione si attende una maggiore competitività basata sul prezzo, ma come è stato osservato nel paragrafo precedente è possibile ipotizzare tutta una serie di innovazioni collaterali che possono portare alla possibilità di mantenere lo stesso prezzo dei prodotti ovvero di aumentarlo. Queste politiche di prodotto, che rientrano in una più ampia strategia dell’azienda, si stanno sempre più affinando e sviluppando attraverso il Supply Chain Management (SCM ), in italiano gestione della catena del valore , che si avvale di una serie di strumenti tra i quali l’ APS (Advanced Planning and Scheduling ) che approfondiremo nel capitolo del Cybermarketing. Questi processi vanno più in là della semplice delocalizzazione di fasi produttive dell’azienda e comprendono tutta una serie di valori condivisi da tutte le risorse umane, interne ed esterne all’azienda, compresi i consumatori e gli utilizzatori finali. In pratica, si tratta di un’ equazione inserita in un sistema, dove si propone al cliente un prodotto più un valore aggiunto, ovvero con la collaborazione dello stesso consumatore/utilizzatore e di tutti gli altri partners coinvolti, si riesce a sviluppare creatività, innovazione e contenuto fisico del prodotto/servizio coerente con i bisogni e i desideri del cliente. Il discorso allargato della catena del valore è più che mai attuale per i nostri distretti industriali, molti dei quali, senza una chiara strategia, rischiano di alienare all’estero le loro funzioni ad alto contenuto competitivo, invece di cercare attraverso cultura, creatività, innovazione e cambiamento, le strade corrette per sfruttare i nuovi potenziali per il Made in Italy, che si aprono nei paesi emergenti e di nuova industrializzazione. La storia ci insegna che i momenti di crisi e di recessione stimolano l’innovazione e il cambiamento e per far questo necessitano fiducia, rispetto e coinvolgimento di tutte le risorse presenti all’interno dell’azienda e del territorio, private e pubbliche. Mi propongo di trattare queste problematiche in un nuovo lavoro dedicato al Marketing Territoriale, che costituisce la base di qualsiasi strategia politica di una nazione e che presuppone la partecipazione di tutte le risorse pubbliche e private ad una logica di sistema. 36 Concludiamo questo paragrafo, citando alcuni esempi di aziende italiane che si sono distinte per creatività e innovazione. Incomincio dalla Parmalat che nel settore alimentare ha rivoluzionato il sistema di distribuzione del latte introducendo tre importanti innovazioni : maggiore protezione del prodotto dalla luce, maggiore maneggevolezza, minori costi di trasporto. Purtroppo il Gruppo si è successivamente avventurato in investimenti in settori dove non aveva le conoscenze e le competenze acquisite nell’alimentare . Il marchio, tuttavia ha conservato il suo valore. Un altro gruppo italiano “ Merloni “, che sta affrontando la concorrenza cinese nel settore degli elettrodomestici anche in Europa, sta sviluppando un programma “ Web Ready Appliances Protocol “ - WRAP SpA – con l’obiettivo di trasformare gli stessi in macchine intelligenti in grado di comunicare con gli altri apparecchi e servizi che esistono in una casa . Se esiste già una caldaia la lavatrice chiederà l’acqua calda alla stessa quando necessario, oppure attraverso una tecnologia chiamata “power modulation” che sfrutta la rete elettrica, potrà comunicare con un centro di assistenza che ne individua i guasti. Mario Moretti, alcuni anni fa ha lanciato nei mercati mondiali “la scarpa che respira” che oggi è venduta in 60 paesi diversi col marchio Geox per un totale di oltre 7 milioni di paia. La sua azienda da lavoro a più di 5.000 persone e la sua idea è stata portata avanti malgrado i grandi del settore come Diadora, Adidas, Timberland, Fila ed altri gliela avessero bocciata. In un recente aticolo sull’industria d’avanguardia italiana, il Sole 24ore ha citato la D’Andrea SpA di Lainate, guidata da Sergio Bassanetti che opera nella nicchia della produzione di accessori hi-tech per i robot esportando altre il 70% della produzione e poco più lontano, a Cardano al Campo, la ditta Galdabini che fabbrica presse hi tech a deformazione, settore nel quale l’Italia ha conquistato il podio davanti a Cina, Germania e Giappone. La caratteristica dell’ Italia non sono solamente i cluster manifatturieri ma anche le filiere produttive che in diversi settori partono dalle macchine. E’ recente la costituzione di un Consorzio di Meccatronica, nel Parco Scientifico del Bergamasco (Meccanica, elettronica e informatica industriale). Mentre in questi giorni (3 marzo 2010) la stampa nazionale ha dato notizia che la Ferrania (antica fabbrica italiana di pellicole fotografiche e lastre radiografiche) ha iniziato un processo di riconversione per la produzione di pannelli fotovolaici . La prima lavorazione del silicio cristallino è partita in febbraio. 37 *Riflessioni sul primo capitolo Culture:“Is a nature’s gift that turns man into human beings” (La cultura è un dono che trasforma gli uomini in esseri umani) Se ci fermiamo un istante a chiederci cosa sia il pensiero ci rendiamo conto che è una navicella che viaggia più veloce di qualsiasi altro elemento presente nell’universo. La sua velocità è istantanea in qualsiasi spostamento dentro e fuori di noi, ma per “volare sull’ali dorate” presuppone la cultura. “ Mai gli uomini potranno inventare un computer veloce come il pensiero”! Siamo in Italia, ma in un istante possiamo pensare di essere in Papuasia. Siamo sulla Terra ma in un istante possiamo pensare di essere sul pianeta Anik distante dal nostro 90 miliardi di anni luce ma dove regna l’armonia. Siamo dei poveracci, ma in un istante possiamo immaginare di essere padroni di un Regno, dove dai rubinetti dell’acqua in inverno esce il vino rosso e d’estate la birra fresca e al posto dei lampadari pendono i prosciutti. Amiamo una persona ma improvvisamente la odiamo. Pensiamo di essere generosi ma simultaneamente ci accorgiamo di essere egoisti. Il pensiero ci fa esistere, ci fa amare, ci fa sognare, ci fa sperare. Se approfondiamo l’argomento, poi, ci accorgiamo che il pensiero nasce nella memoria, si sviluppa nell’intelletto e si nutre di cultura, l’alimento che lo fa crescere sano e gli permette di costruire la coscienza dell’essere e le cose umane. In una meditazione mattutina, pensando al pensiero mi sono venute alla mente quattro diverse categorie di pensiero: “ positivo, negativo, vegetativo e parallelo o creativo” Il primo è associato alla considerazione che la vita è un dono concessoci dal Padreterno e dobbiamo viverlo e conservarlo rispettando noi stessi e gli altri. Il secondo, nikilista o fondamentalista, considera l’esistenza un errore, capitatoci nostro malgrado e che pertanto va corretto con la distruzione dell’essere. Il terzo è il non pensiero di chi vegeta e non ritiene necessario distinguere tra bene e male, tra amore e odio, tra egoismo e generosità, tra giustizia e ingiustizia. Il quarto è forse quello più pratico perché ci aiuta a risolvere i problemi e a superare gli ostacoli. E’ quello che accetta la sconfitta e ne trae insegnamento. Uno dei massimi studiosi di intelligenza umana, David Perkins, docente alla Harward Scool of Education, ritiene che il pensiero creativo sia indispensabile per rompere con la tradizione obsoleta e burocratizzata, e sia fondamentale per il cambiamento. Lo chiama infatti “pensiero trasformativo”. 38 Nello stesso libro il Prof. Perkins sottolinea che il “lampo di genio” che porta al cambiamento non nasce affatto dall’improvvisazione ma è l’ultima fase di una lunga passione e applicazione basata su una conoscenza profonda dell’argomento. Nell’Umanitario (Dizionario on-line di Pensieroattivo) alla voce “genio” si legge: Genio – Normalmente si è geni solo al 20 per cento, il restante 80% è ricerca, cultura e soprattutto volontà e impegno. Se sei benestante, ti puoi permettere più soluzioni geniali. Colpo di genio: “come poter acquistare “tempo”? Facendo fare agli altri le cose per le quali perderesti tempo. La Cultura, tuttavia, come si è cercato di evidenziare in questo primo capitolo, costituisce l’elemento essenziale per essere creativi o geniali e oggi, come vedremo più avanti avventurandoci nel Cyberspazio o in una “second life”, i mezzi e gli strumenti per ricercare, approfondire, conoscere si sono moltiplicati in modo esponenziale, ma soprattutto i giovani devono essere guidati perché troppa informazione spesso porta alla disinformazione o a sentieri impervi e manipolati. Wikipedia, la più kliccata delle enciclopedie on-line, generata dai cybernauti (navigatori in Internet), è una fonte libera e non certificata. Un bene per chi già possiede una cultura, un male complesso per chi non ha punti di riferimento. Google ha recentemente lanciato una nuova enciclopedia - KNOL – con l’intento di certificare il sapere nell’universo selvaggio di Internet. (www.knol.google.com) Un‘ultima osservazione: “La cultura non va confusa con la teoria perché è la guida pratica del nostro agire; il risultato delle nostre letture, dell’osservazione, della selezione e della nostra formazione quotidiana”. Il pensiero è il frutto della cultura, ma attenti alle incrostazioni, il pensiero deve essere originale, flessibile e sano. Alcuni esempi del pensiero di alcuni nostri “padri” possono essere utili per meglio mettere a fuoco le nostre idee : “Si fallor sum” - Possiamo pervenire alla conoscenza di noi stessi solo se pensiamo dubitando(S.Agostino) “Cogito ergo sum” – Il famoso Deshartes (Cartesio) “Pensare significa non pensare come gli altri”- (Jonesco) “ Pensare significa pensare con la propria testa mantenendo l’animo incorrotto” (Ignazio Silone) “La notizia va sempre controllata” - (Indro Montanelli a proposito dello scoop). Un’ ultima osservazione sull’innovazione: “ innovare talvolta vuol dire anche ritrovare dei valori perduti”. 39