Supplemento al n. 954 di Consulente immobiliare – Poste Italiane Sped. in A.P. – D.L. 353/2003, conv. L. 46/2004, art. 1, c. 1 – DCB Milano I QUADERNI 1-2.indd 1 Condizionatori in condominio • l’installazione all’interno dei beni condominiali • i limiti derivanti dal regolamento • la tutela del decoro architettonico • le autorizzazioni per la realizzazione dei lavori @ www.tecnici24.ilsole24ore.com 29/05/14 17.25 TECNICI Pagg. 256 – € 39,00 IVA IN EDILIZIA ĚĂůďĞƌƚŽ'ĂŵďĞƫͲ'ŝĂŵƉĂŽůŽ'ŝƵůŝĂŶŝ /ůǀŽůƵŵĞ͕ƵƟůĞĂŶĐŚĞĂŝŵĞŶŽĞƐƉĞƌƟĚĞůƐĞƩŽƌĞĮƐĐĂůĞ͕ğƵŶĂŐŝůĞƐƚƌƵŵĞŶƚŽƉĞƌƌŝƐŽůǀĞƌĞŝƉƌŽďůĞŵŝƉŝƶƌŝĐŽƌƌĞŶƟ͘^ŽƩŽƋƵĞƐƚŽƉƌŽĮůŽ͕ƐŽŶŽƐƚĂƚĞƉƌĞĚŝƐƉŽƐƚĞϯϮƐĐŚĞĚĞĐŚĞƌĂƉƉƌĞƐĞŶƚĂŶŽƚƵƫ ŝĐĂƐŝŝŶĐƵŝŝůůĞŐŝƐůĂƚŽƌĞƌŝĐŽŶŽƐĐĞů͛ĂƉƉůŝĐĂnjŝŽŶĞĚĞůůĞĂůŝƋƵŽƚĞƌŝĚŽƩĞ͘ ƩƌĂǀĞƌƐŽƵŶĂĐŽƌƌĞƩĂŝŶĚŝǀŝĚƵĂnjŝŽŶĞĚĞůůĂƐĐŚĞĚĂ͕ĐŚĞƌŝĐŚŝĂŵĂĂƐƵĂǀŽůƚĂŝǀĂƌŝƉĂƌĂŐƌĂĮĚĞů ůŝďƌŽ͕ŝůĞƩŽƌŝƐŽŶŽŝŶŐƌĂĚŽĚŝƚƌŽǀĂƌĞƵŶĂƌŝƐƉŽƐƚĂĂŝƉƌŽƉƌŝƋƵĞƐŝƟĐŽŶŝŶĂƐƉĞƩĂƚĂĨĂĐŝůŝƚă͘/ŶĨĂƫ͕ ůĞƐĐŚĞĚĞƐŝŵƵůĂŶŽŝĐĂƐŝ͞ƟƉŝĐŝ͟;ƉĞƌĞƐĞŵƉŝŽ͕ĐĂƐĞĚŝĂďŝƚĂnjŝŽŶĞŶŽŶĚŝůƵƐƐŽ͕ĐŽƐƚƌƵnjŝŽŶŝƌƵƌĂůŝ͕ ŽƉĞƌĞĚŝƵƌďĂŶŝnjnjĂnjŝŽŶĞƉƌŝŵĂƌŝĂĞƐĞĐŽŶĚĂƌŝĂĞĐĐ͘ͿĞů͛ĂůŝƋƵŽƚĂĚĂĂƉƉůŝĐĂƌĞǀŝĞŶĞŝŶĚŝĐĂƚĂŝŶƌĞůĂnjŝŽŶĞĂůůĞĚŝīĞƌĞŶƟƟƉŽůŽŐŝĞĚŝŽƉĞƌĂnjŝŽŶŝĞīĞƩƵĂƚĞ;ǀĞŶĚŝƚĂ͕ĂĐƋƵŝƐƚŽ͕ůŽĐĂnjŝŽŶĞŽƌĞĂůŝnjnjĂnjŝŽŶĞͿ ĞĂŝĚŝǀĞƌƐŝƐŽŐŐĞƫĐŽŝŶǀŽůƟ;ŝŵŵŽďŝůŝĂƌŝ͕ƉƌŝǀĂƟ͕ŝŵƉƌĞƐĞĞĐĐ͘Ϳ͘ KůƚƌĞĂƋƵĞƐƚĂůĞƩƵƌĂ͞ǀĞůŽĐĞ͕͟ŝůƚĞƐƚŽĐŽŶƐĞŶƚĞĂƉƉƌŽĨŽŶĚŝŵĞŶƟƐƵƚƵƫŐůŝĂƐƉĞƫĐŚĞƉƌĞƐĞŶƚĂůĂ ĚŝƐĐŝƉůŝŶĂ/sĚŝƋƵĞƐƚŽŝŵƉŽƌƚĂŶƚĞĐŽŵƉĂƌƚŽĞĐŽŶŽŵŝĐŽĞĚŝƋƵĞůůŝĂĞƐƐŽĐŽůůĞŐĂƟ͘ ACQUISTA SUBITO IL VOLUME: 1-2.indd 2 ON LINE NELLE LIBRERIE PROFESSIONALI ǁǁǁ͘ƐŚŽƉƉŝŶŐϮϰ͘it ǁǁǁ͘ůŝďƌĞƌŝĞ͘ŝůƐŽůĞϮϰŽƌĞ͘ĐŽŵ SERVIZIO CLIENTI LIBRI tel. 02 o 06 3022.5608 ƐĞƌǀŝnjŝŽĐůŝĞŶƟ͘ůŝďƌŝΛŝůƐŽůĞϮϰŽƌĞ͘ĐŽŵ 29/05/14 17.25 SOMMARIO I QUADERNI DI IMMOBILIARE CONDIZIONATORI IN CONDOMINIO 3 INTRODUZIONE APPROFONDIMENTO • Gli elementi costitutivi dell’impianto di condizionamento 4 • L’installazione nella proprietà privata 7 • L’installazione all’interno dei beni condominiali 10 • I limiti e i divieti in condominio 14 • Le innovazioni 19 • La tutela del decoro architettonico 21 • Le autorizzazioni per la realizzazione dei lavori 29 • Le immissioni rumorose 38 • Le agevolazioni fiscali 45 Questo quaderno è a cura di Donato Palombella, Giurista d’impresa esperto in diritto immobiliare, autore di numerose opere in materia urbanistica, appalti e tutela del consumatore in ambito immobiliare. IMMOBILIARE Direttore Responsabile: Ennio Bulgarelli Coordinatore editoriale: Piera Perin Redazione: Paola Furno @ www.immobili24.ilsole24ore.com www.tecnici24.ilsole24ore.com Supplemento al n. 954 del Consulente immobiliare Reg. Trib. Milano n. 4143, 11.10.1956 ISSN 0010–7050 Questo fascicolo è stato licenziato per la stampa il 23.5.2014 Riproduzione, anche parziale, vietata senza autorizzazione scritta dell’Editore Stampa: Rotolito Lombarda – Via Sondrio, 3 – 20096 Seggiano di Pioltello (MI) Proprietario ed Editore: Il Sole 24 ORE S.p.A. 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Un provvedimento che ha il merito di affrontare parte delle questioni che hanno formato oggetto di contrasti giurisprudenziali, nonché di consacrare in norma principi che già hanno trovato consolidata conferma da parte dei giudici di legittimità, ma lascia comunque spazio a non pochi dubbi interpretativi su alcune problematiche trattate forse non con la dovuta attenzione e cura. Dalle parti comuni alle innovazioni e agli interventi particolari, dall’assemblea all’amministratore, dal regolamento alle tabelle millesimali e alla mediazione, il volume fornisce un quadro analitico e approfondito della nuova disciplina, ricco di esempi correlazioni e riferimenti. Pagg. 272 – € 25,00 € 22,50 invece di € 25,00 Il prodotto è disponibile anche nelle librerie professionali. 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CELLULARE E-MAIL PARTITA IVA Servizio Clienti Libri: tel. 02 o 06 3022.5680 - e mail: [email protected] CITTÀ ATTENZIONE! CAMPI OBBLIGATORI CODICE FISCALE Clausola contrattuale: la sottoscrizione dell’offerta dà diritto a ricevere offerte di prodotti e servizi di Gruppo 24 Ore. Se non desidera riceverle, barri la casella qui accanto ❏ Informativa ex D.Lgs. 196/03: Il Sole 24 ORE S.p.A., Titolare del trattamento, raccoglie presso dell’art. 7 D.lgs 196/’03 (accesso, correzione, cancellazione, opposizione al trattamento, ecc) rivolgendosi al Responsabile del trattamento, che è il Direttore Generale dell’Area Professionale presso Il Sole 24 ORE S.p.A. - Database Marketing Via Carlo Pisacane 1, 20016 e a società esterne che svolgono attività connesse all’evasione dell’ordine e all’eventuale invio di nostro materiale promozionale. Consenso: QU1-02.indd 2 21/05/14 15.51 CONDOMINIO introduzione Introduzione Con l’arrivo della bella stagione torna a farsi vivo il problema di sfuggire alla calura estiva anche perché il ben noto cambiamento climatico in atto, e il conseguente surriscaldamento del nostro pianeta, sta determinando l’avvicendarsi di stagioni estive particolarmente torride. I nostri nonni si rifugiavano in campagna o al mare, oggi la tecnologia ci viene in contro con un’ampia gamma di condizionatori. Il problema sembrerebbe risolto, almeno quello del raffrescamento, ma ciò comporta la nascita di grattacapi di altra natura: la scelta dell’impianto più adatto alle nostre esigenze, potenza, marca, modello e, di recente, anche la possibilità di adattare lo split in funzione dell’arredamento. Ovviamente occorre fare i conti con la perdurante crisi economica per cui occorre pensare anche al costo d’acquisto, all’impianto, alla messa in opera e ai consumi. A questo punto la fatica sembra essere ormai superata e già pensiamo di poterci finalmente godere il “freschetto”, invece le difficoltà sono sempre in agguato! Occorre pensare al rispetto di una vera e propria miriade di norme di varia natura, non sempre chiare, e spesso in aperto contrasto tra loro, che sembrano congiurare contro di noi; soprattutto, occorre evitare di sollevare inutili polveroni in condominio per scongiurare che l’aumento della temperatura non sia dovuto alla calura estiva, quanto agli attriti con il vicinato, che metterebbero a dura prova le nostre coronarie. Di seguito cercheremo proprio di affrontare le tematiche più scottanti che sorgono in ambito condominiale. Consulente immobiliare 2014 QU1-03.indd 3 | 3 21/05/14 14.26 CONDOMINIO articolo Gli elementi costitutivi dell’impianto di condizionamento In linea di principio, potremmo affermare che il condizionatore d’aria è una macchina normalmente utilizzata per innalzare, o più spesso per abbassare, la temperatura di un ambiente circoscritto. In definitiva si tratta di una macchina capace di sviluppare energia positiva (calore) o negativa (freddo); l’energia prodotta viene scambiata con un fluido il quale, messo a sua volta in circolazione, cede il proprio potenziale termico all’ambiente circostante provvedendo, in tal modo, a innalzarne o abbassarne la temperatura. Dal punto di vista componentistico, l’impianto di condizionamento è composto essenzialmente da due elementi, uno interno (split) e l’altro esterno (motore), normalmente dotato di una o più ventole. Questi due elementi sono collegati tra loro attraverso dei tubi in rame per la circolazione dei fluidi (uno in ingresso e uno in uscita). Abbiamo, inoltre, una serie di cavi per assicurare l’alimentazione elettrica che, solitamente, alimenta l’unità esterna e, da essa, quella interna; l’impianto elettrico, poi, richiede una linea autonoma, protetta con un magnetotermico di adeguata potenza e (ovviamente) la messa a terra. Gli organi di comando e controllo, almeno negli apparecchi moderni, sono assicurati da efficienti radiocomandi a infrarossi, dotati di funzioni sempre più raffinate mentre i software, ormai particolarmente sofisticati, assicurano le opzioni più disparate, 4| dal risparmio energetico, alla rilevazione della presenza umana negli ambienti, dalla temporalizzazione, al controllo a distanza tramite smartphone. La guida sui condizionatori d’aria elaborata dall’ENEA divide i condizionatori in due grandi gruppi: pompe di calore – apparecchi in grado sia di riscaldare sia di raffrescare l’ambiente; raffrescatori – apparecchi che raffrescano o deumidificano l’ambiente in cui vengono installati. Abbiamo, poi, tre “modelli base”: – monoblocco, composto da un unico elemento che riunisce, al suo interno, tutti i componenti dell’apparecchio; – split, caratterizzati dalla presenza di due elementi, uno esterno e l’altro interno; – multi split, in cui una sola unità esterna è capace di alimentare due o più unità interne. Gli impianti di condizionamento, inoltre, Consulente immobiliare 2014 QU1-04-06.indd 4 21/05/14 16.37 CONDOMINIO articolo possono essere sostanzialmente di due tipologie: – centralizzati, quando servono tutto il condominio; – singoli, quando sono utilizzati da ogni singola unità immobiliare. Le unità interne (o split), dal punto di vista costruttivo, possono essere distinte in cinque tipologie: 1. a muro: da installare a muro, possibilmente in posizione alta; 2. a pavimento: cosiddetta tipologia a fancoil; 3. a consolle: per installazione a soffitto senza controsoffitto; 4. a cassetta: per installazioni a incasso nei controsoffitti; 5. canalizzabili: per l’installazione assiemata a condotti d’aria e anemostati. L’installazione di un impianto di condizionamento all’interno di una normale abitazione non crea grosse difficoltà; gli impianti ormai sono talmente diffusi che una ditta installatrice può provvedere alla realizzazione dell’intero impianto in poche ore di lavoro e senza che sia necessario provvedere, almeno di norma, a opere edili consistenti. Le uniche cautele riguardano la realizza- zione dell’impianto elettrico e per lo scarico dell’acqua. Gli impianti di condizionamento, infatti, generano condensazione per cui non bisogna mai dimenticare il tubo di scarico per evacuare l’acqua di condensa. In realtà questo è l’unico elemento che potrebbe causare qualche difficoltà in quanto occorre collegare l’impianto a uno scarico, pensando alle necessarie pendenze ed evitando che si creino dei ristagni di acqua che potrebbero innescare dei fastidiosi problemi di infiltrazione ai danni delle unità immobiliari vicine (Cass. civ., Sez. III, sent. n. 26239, 13 dicembre 2007). Con l’occasione si rammenta che è vietato innestare il tubicino di scarico della condensa nel pluviale condominiale in quanto ciò determina una illegittima alterazione del pluviale destinato, per sua natura, al convogliamento delle sole acque meteoriche (Trib. Padova, Sez. civ., sent. n. 352, 22 febbraio 2011). Una scappatoia potrebbe essere rappresentata dal classico (e poco elegante) recipiente per la raccolta della condensa; in tal caso dobbiamo pensare che non tutti i mali vengono per nuocere. L’acqua di conden- VIA LIBERA AL NUOVO LIBRETTO DI IMPIANTO Anche i condizionatori, come le caldaie, devono essere dotati di un libretto di impianto. Il D.M. sviluppo economico 10.2.2014 “Modelli di libretto di impianto per la climatizzazione e di rapporto di efficienza energetica di cui al D.P.R. 74/2013”, pubblicato sulla G.U. 55 del 10.3.2014, ha introdotto dei nuovi format per il “Libretto di impianto” e il “Rapporto di efficienza energetica”, che hanno trovato applicazione dall’1.6.2014. Tra le maggiori novità si segnala l’obbligo, introdotto dall’art. 1, di dotare tutti gli impianti termici di un “libretto di impianto per la climatizzazione” conforme al “nuovo modello”. Il successivo art. 3, comma 6, specifica che, «nel caso di dismissione dall’impianto senza sostituzione di componenti o apparecchi, le relative schede dovranno essere conservate dal responsabile dell’impianto per almeno 5 anni dalla data di dismissione». Anche in questo settore l’informatica è destinata ad assumere un peso sempre maggiore. Il comma 7, infatti, stabilisce che il libretto può essere reso disponibile anche in formato PDF, o elettronico tuttavia, in caso di controllo, il documento dovrà essere immediatamente disponibile e stampabile. Dalle novità non si salvano neanche i vecchi impianti che, a far data dall’1.6.2014 devono adeguarsi alle nuove regole. In questo caso, il comma 8 stabilisce che i “libretti di centrale” e i “libretti di impianto”, già compilati e conformi rispettivamente ai modelli riportati negli allegati I e II del D.M. 17.3.2003, devono essere allegati al format riportato nel D.M. 10.2.2014. Consulente immobiliare 2014 QU1-04-06.indd 5 | 5 21/05/14 16.37 CONDOMINIO articolo sa, infatti, è demineralizzata e potrà essere utilizzata per il ferro da stiro, la batteria dell’auto o... per innaffiare le orchidee. L’installazione dell’unità esterna (il cosiddetto “motore”) è l’elemento destinato a creare i grattacapi maggiori. In questo caso, infatti, potremmo essere costretti a rispettare una serie di vincoli con cui non è sempre agevole fare i conti. In tale contesto, dovremmo rispettare una disciplina complessa, che trova le proprie radici nei limiti imposti alla proprietà privata e al condominio, al rispetto dell’interesse pubblico, alla sicurezza, alla tutela del decoro architettonico dell’edificio. E non è tutto. Potrebbero entrare in discussione anche elementi di diversa natura quali la statica dell’edificio. In linea di principio potrebbero essere ipotizzabili due alternative: posizionamento all’interno della proprietà privata ovvero di spazi condominiali. PROFESSIONI TECNICHE NUOVA EDIZIONE LA NUOVA SICUREZZA SUL LAVORO Aggiornato alle procedure standardizzate per la valutazione del rischio di P. Masciocchi - C. Leboffe Questa nuova edizione offre un commento dettagliato ed organico a tutte le novità legislative apportate al D.Lgs. 81/08 nei vari settori di interesse: dalle procedure di gestione della prevenzione, alla valutazione dei rischi, al SPP, alla formazione, informazione ed addestramento dei lavoratori, alla sorveglianza sanitaria fino alla gestione delle emergenze. Un esame puntuale viene inoltre rivolto alle norme introdotte dagli Accordi assunti in sede di Conferenza Stato-Regioni sul tema della formazione e alle nuove procedure standardizzate per la valutazione dei rischi nelle imprese. La normativa è stata commentata con ampio riferimento alla giurisprudenza, alle opinioni della dottrina e ai provvedimenti adottati dalla commissione consultiva del Ministero del Lavoro. Il testo è arricchito con una serie di esempi pratici e replicabili e con test e questionari per una migliore e più approfondita valutazione delle condizioni di rischi aziendali. Nel Cd Rom allegato sono presenti diversi moduli formativi per tutte le figure delle sicurezza, check-list per la verifica della conformità legislativa, un formulario e una rassegna completa di tutte le fattispecie sanzionatorie previste dalla vigente normativa. Pagg. 480 – € 49,00 Il prodotto è disponibile anche nelle librerie professionali. Trova quella più vicina all’indirizzo www.librerie.ilsole24ore.com 6| Consulente immobiliare 2014 QU1-04-06.indd 6 21/05/14 16.37 CONDOMINIO articolo L’installazione nella proprietà privata È legittima l’installazione del motore del condizionatore nella proprietà privata? Quali novità per la realizzazione di opere all’interno della proprietà privata con la riforma del condominio? In linea di principio potremmo affermare che il sistema più semplice per installare un impianto di condizionamento è quello di posizionare il motore all’interno della proprietà di uso esclusivo. Il proprietario, infatti, può legittimamente collocare il condizionatore all’interno della proprietà privata il che apre le porte a un’ulteriore problematica: occorre stabilire, in primo luogo, quale siano i beni privati e quelli condominiali. Secondo il vecchio diritto romano, il diritto di proprietà era un diritto assoluto nel senso letterale del termine e la proprietà non incontrava nessun ostacolo. Il nostro ordinamento si ispira (almeno in linea di principio) allo stesso concetto ma il diritto di proprietà del singolo condomino incontra tutta una serie di limiti consistenti, in primo luogo, nella tutela dell’interesse pubblico e, parallelamente, nella tutela dell’eguale diritto degli altri condomini. Questo vuol dire che anche l’installazione del motore all’interno della proprietà privata richiede il rispetto di alcune regole e l’instal- lazione diventa pienamente legittima solo quando siano rispettati i limiti imposti dalla legge a tutela degli interessi pubblici, della sicurezza, del decoro, dei beni comuni e del regolamento condominiale. Per quel che riguarda gli aspetti prettamente condominiali, occorre tener presente che il singolo condomino che voglia eseguire delle opere all’interno della proprietà esclusiva è comunque obbligato a rispettare non solo la normativa edilizia e urbanistica ma anche il regolamento condominiale che potrebbe disciplinare la realizzazione dell’impianto. Specie negli edifici più moderni, infatti, non è raro che il costruttore inserisca nel regolamento condominiale contrattuale specifiche norme dirette a impedire che venga violato il decoro architettonico dell’edificio e l’euritmia delle facciate. Le novità della “riforma” del condominio Ogni condominio può eseguire, nella porzione di sua proprietà esclusiva, tutte le opere che ritiene opportune purché non rechino danno alle parti comuni dell’edificio e non contrastino con i divieti eventualmente imposti dal regolamento condominiale (tra le tante: Cass. civ., Sez. II, sent. n. 5612, 17 aprile 2001). La realizzazione di opere all’interno della proprietà privata è disciplinata da leggi speciali e da norme urbanistiche estremamente severe Consulente immobiliare 2014 QU1-07-09.indd 7 | 7 21/05/14 14.31 CONDOMINIO articolo mentre, sul piano condominiale, viene regolata dall’art. 1122 cod. civ. “Opere sulle parti dell’edificio di proprietà” che risulta ormai ridisegnato dalla recente riforma del condominio. Il “vecchio codice del 1942” si limitava a vietare ai condomini di eseguire opere capaci di arrecare danno alle parti comuni dell’edificio; la nuova formulazione dell’art. 1122 cod. civ., ridenominato “Opere su parti di proprietà o uso individuale” appare più incisiva e severa vietando la realizzazione di opere «che rechino danno alle parti comuni ovvero determinino pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza o al decoro architettonico dell’edificio». E non finisce qui. La novità principale è contenuta nel secondo capoverso che impone al condomino l’obbligo di avvisare preventivamente l’amministratore. La norma, a ben vedere, è ancor più severa, in quanto pone a carico del condomino che voglia effettuare delle opere nell’unità immobiliare di sua proprietà, l’obbligo «in ogni caso di dare preventiva notizia all’amministratore che ne riferisce all’assemblea». In sostanza, ogni condominio può eseguire, nella porzione di sua proprietà esclusiva, tutte le opere che ritiene opportune purché non siano anche solo potenzialmente capaci di arrecare un danno alle parti comuni dell’edificio e non contrastino con i possibili divieti contenuti nel regolamento di condominio. Il condominio, inoltre, prima di dare l’avvio a qualunque lavoro all’interno della proprietà privata, dovrebbe “notiziare” l’amministratore che, a sua volta, dovrebbe sottoporre la questione al vaglio dell’assemblea. Il condominio che intende installare un condizionatore, quindi, prima di dare l’avvio ai lavori, dovrà farsi carico di avvisare preventivamente l’amministratore. Il codice non prevede una forma particolare per tale comunicazione e, in linea di principio, potrebbe essere sufficiente anche il classico “colpo di telefono”. Ai fini probatori (e per evitare le solite inutili liti tra vicini) sarebbe comunque opportuno utilizzare la forma scritta, ovvero una raccomandata o, volendo, si potrebbe anche ricorrere a mezzi più moderni quali la PEC (posta elettronica certificata) che assicura valore probatorio all’invio della posta elettronica (riquadro 1). L’amministratore di condominio, dal suo RIQUADRO 1 Modello 1 – Comunicazione all’amministratore di condominio. (Luogo e data) Raccomandata a.r. Egr. Sig. .......................................... Amministratore del Condominio di .......................................... Via ........................... n. .... .......................................... Oggetto: Condominio via............................ – installazione dell’impianto di condizionamento Nella qualità di proprietario dell’appartamento sito in via................. piano.............. interno................, facente parte del Condominio................... da Lei amministrato, Le comunico, per Sua opportuna conoscenza e per quanto di Sua competenza, che entro il.................... inizierò i lavori per l’installazione di un impianto di condizionamento presso la mia unità immobiliare. Le opere saranno realizzate dalla ditta........................ sotto la direzione e il controllo del geom. ...................... che garantisce l’esecuzione a regola d’arte dell’impianto e delle relative opere. L’installazione dell’impianto non comporta alcuna modifica delle strutture e degli impianti condominiali e sarà effettuata avendo cura di non pregiudicare l’estetica del fabbricato. L’opera non è vietata dal regolamento di condominio. Vorrà comunicare quanto sopra agli altri condomini e, con l’occasione, vorrà porgere loro le mie scuse per gli inevitabili rumori derivanti dall’esecuzione delle opere. Cordiali saluti. 8| Consulente immobiliare 2014 QU1-07-09.indd 8 21/05/14 14.31 CONDOMINIO articolo canto, dovrà vigilare affinché le opere eseguite sulle parti private non provochino danni alle parti comuni e, in caso di pericolo, dovrà, senza alcun indugio, provvedere alla convocazione dell’assemblea affinché promuova le azioni giudiziarie più opportune (Cass. civ., Sez. II, sent. n. 25251, 16 ottobre 2008). Il parere dell’assemblea Il nuovo codice del condominio impone al condomino di notiziare l’amministratore della propria volontà di eseguire i lavori. Quest’ultimo, a sua volta, dovrebbe sottoporre all’assemblea la questione. Ma qual è la funzione del coinvolgimento dell’organo assembleare? In primo luogo, il coinvolgimento dell’assemblea serve a far suonare il campanello d’allarme: attenzione, verranno eseguiti dei lavori quindi... occorre vigilare, controllando che essi non coinvolgano beni comuni e che non vengano lesi diritti condominiali. Sotto altro correlato punto di vista, l’autorizzazione concessa dall’assemblea costituisce riconoscimento dell’inesistenza di un interesse attuale e concreto, da parte di altri condomini, a procedere a una utilizzazione del bene incompatibile con quanto richiesto dal condominio-proponente. Poniamo il caso in cui un condomino voglia posizionare il motore del condizionatore su un volume tecnico posto sul terrazzo. Ottenere il placet preventivo da parte dei vicini eviterà certamente delle liti future stimolando la soluzione preventiva di ogni possibile controversia. Non bisogna dimenticare che l’assemblea di condominio non può adottare provvedimenti che, esulando da eventuali paletti imposti dal regolamento condominiale, imponga dei limiti alla proprietà privata; di conseguenza, la delibera assembleare che, per esempio, imponga il divieto di installare dei condizionatori sul balcone o terrazzo di proprietà esclusiva del singolo condomino, sarebbe illegittima se non totalmente nulla. A favore della nullità si è espressa la Cassazione che, con la sent. n. 9908 del 27 aprile 2009, ha dichiarato «nulla la delibera condominiale adottata a maggioranza che pur incidendo sulle parti comuni limita l’uso che i condomini possono fare della parte di proprietà esclusiva dell’immobile condominiale». I FORMULARI FORMULARIO LOCAZIONI NUOVA EDIZIONE a cura di Augusto Cirla Pagg. 384 + CD-Rom – € 56,00 Il prodotto è disponibile anche nelle librerie professionali. Trova quella più vicina all’indirizzo www.librerie.ilsole24ore.com Consulente immobiliare 2014 QU1-07-09.indd 9 | 9 21/05/14 14.31 CONDOMINIO articolo L’installazione all’interno dei beni condominiali Potrebbe accadere che il condomino, non disponendo di un balcone o di un terrazzo privato ove installare il motore del condizionatore, cerchi di aggirare l’ostacolo posizionando l’impianto su beni di uso comune in un’apertura del muro perimetrale o ancorando lo stesso tramite staffe alla facciata dell’edificio. A questo punto si pone il solito interrogativo: il singolo condominio può “appropriarsi” del bene condominiale? La risposta è affermativa, a certe condizioni, ovviamente. Poniamo il caso che l’impianto venga posizionato sulla facciata condominiale. In tal caso entra il gioco il principio generale in tema di uso delle cose comuni, in virtù del quale ciascun condomino può servirsi del bene comune a condizione che non ne alteri la destinazione e che renda possibile il pari uso agli altri condomini. In tale ipotesi troverebbe applicazione l’art. 1102 cod. civ. secondo il quale ciascuno dei partecipanti alla comunione può servirsi della cosa comune purché non né alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso. L’esercizio di tale diritto non richiede né l’approvazione dell’assemblea né, tanto meno, dell’amministratore. In linea di principio, quindi, sarebbe possibile installare il condizionatore sulla facciata condominiale a condizione che non si impedisca ai vicini di fare altrettanto. In realtà le condizioni sono ben differenti in 10 | QU1-10-13.indd 10 quanto potrebbero venire in discussione problematiche di diversa natura quali, per esempio, la tutela del decoro architettonico del fabbricato. Ma, in definitiva, è possibile installare l’impianto sui beni comuni? Per sciogliere il nodo gordiano occorre preventivamente rispondere a un diverso quesito ovvero occorre individuare quali siano i beni condominiali. In tale contesto il riferimento normativo è costituito dall’art. 1117 cod. civ., totalmente ridisegnato dalla legge 220 dell’11 dicembre 2012 – “Modifiche alla disciplina del condominio negli edifici”, più comunemente nota come “Riforma del condominio”. I beni comuni: la facciata dell’edificio L’art. 1117 n. 1, del “vecchio” codice civile, non inseriva le facciate tra gli elementi comuni dell’edificio ma parlava, genericamente, di “muri maestri”. La giurispruden- Consulente immobiliare 2014 21/05/14 14.34 CONDOMINIO articolo za aveva colmato questa lacuna in primo luogo stabilendo che l’elencazione contenuta nell’art. 1117 cod. civ. dovesse essere interpretata in senso oltremodo estensivo e, quindi, stabilendo che la facciata di prospetto dell’edificio doveva essere comunque considerata come un elemento condominiale costituendo una delle strutture essenziali ai fini dell’esistenza stessa dello stabile unitariamente considerato. In buona sostanza, il termine “muro maestro” veniva interpretato in maniera estensiva (Cass. civ., Sez. II, sent. n. 945, 30 gennaio 1998) comprendendo il concetto di “facciata” con il quale veniva sostanzialmente a coincidere. Il Legislatore della riforma ha fatto propria, recependola, l’interpretazione giurisprudenziale riscrivendo quasi interamente l’art. 1117, n. 1, cod. civ. e ha fornito un riconoscimento giuridico agli sforzi interpretativi inserendo, a buon diritto, le facciate tra gli elementi comuni dell’edificio. Con l’entrata in vigore della riforma del condominio, quindi, il problema può dirsi definitivamente risolto. I beni privati: i balconi e le terrazze Abbiamo visto che la facciata rientra ormai, a piano titolo, tra i beni condominiali. Occorre tener presente, a questo punto, che il termine “facciata” può essere soggetto a una interpretazione più o meno estensiva. Sotto questo profilo, il concetto di “facciata” potrebbe essere espanso fino a comprendere non solo la parete esterna del corpo di fabbrica ma anche gli elementi che, pur appartenendo alle singole unità immobiliari, ne costituiscono parte integrante. Stiamo parlando, a questo punto, dei balconi e delle verande. Di norma i balconi vengono considerati come beni di pertinenza del singolo proprietario-condomino e, quindi, come beni privati; in alcuni casi, invece, possono entrare a far parte dei beni condominiali, il che potrebbe accadere, per esempio, quando vengono considerati come un abbellimento della facciata. Si pensi, a titolo esemplificativo, ai balconi ricchi di fregi, di un palazzo all’interno di un centro storico. In sostanza, i balconi vengono considerati come elementi della facciata nella misura in cui rappresentino dei componenti capaci di caratterizzare l’edificio e, più in generale, il contesto in cui il fabbricato si colloca. Il contesto cittadino, infatti, spesso è in grado di caratterizzare gli elementi costruttivi. Come dicevamo, almeno in linea di massima, i balconi aggettanti, vengono considerati privati almeno per due ordini di motivi: in primo luogo perché, per loro funzione, sono destinati al servizio soltanto dei piani o delle porzioni di piano da cui si accede. Inoltre, sporgendo dalla facciata dell’edificio, vengono considerati dei prolungamenti della singola unità immobiliare dalla quale si protendono e, di conseguenza, vengono considerati a tutti gli effetti come parte inscindibile della singola unità immobiliare a cui appartengono (Cass. civ., Sez. II, sent. n. 13509, 27 luglio 2012; sent. n. 21199, 31 ottobre 2005; sent. n. 8159, 7 settembre 1996; sent. n. 7831, 3 agosto 1990 e sent. n. 637, 21 gennaio 2000). Costituiscono al contrario, proprietà comune, le solette che dividono le terrazze a livello non aggettanti, incassate cioè nell’edificio condominiale. Secondo i giudici di legittimità un bene è comune solo quando, per la sua funzione, è destinato al servizio dell’intero edificio condominiale (Cass. civ., Sez. II, sent. n. 15913, 17 luglio 2007 e sent. n. 14576, 30 luglio 2004). Discorso analogo può essere fatto per le terrazze aggettanti che vengono considerate come dei prolungamenti dell’unità immobiliare e, in questa prospettiva, appartengono in via esclusiva al proprietario dell’appartamento costituente la “res” principale. Soltanto i rivestimenti e gli elementi decorativi della parte frontale e di quella inferiore devono considerarsi comuni a tutti, quando si inseriConsulente immobiliare 2014 QU1-10-13.indd 11 | 11 21/05/14 14.34 CONDOMINIO articolo scano nel prospetto dell’edificio e contribuiscono a renderlo esteticamente gradevole. «Pertanto, anche nei rapporti con il proprietario di analogo manufatto che sia posto al piano sottostante sulla stessa verticale, nell’ipotesi di strutture completamente aggettanti – in cui può riconoscersi alla soletta del balcone funzione di copertura rispetto al balcone sottostante e, trattandosi di sostegno, non indispensabile per l’esistenza dei piani sovrastanti – non può parlarsi di elemento a servizio di entrambi gli immobili posti su piani sovrastanti, né quindi di presunzione di proprietà comune del balcone aggettante riferita ai proprietari dei singoli piani» (Cass. civ., Sez. II, sent. n. 14576, 30 luglio 2004). L’installazione di un condizionatore d’aria singolo, posizionato sul balcone o sul terrazzo di proprietà esclusiva del singolo condomino è stata ritenuta come una operazione del tutto legittima (Cass. civ., Sez. II, sent. n. 14576, 30 luglio 2004). Ciò non toglie che la circostanza che il balcone o il terrazzo costituiscano una proprietà esclusiva non esime il proprietario da un uso indiscriminato della proprietà; il posizionamento di un condizionatore d’aria non deve essere causa di infiltrazioni per gli appartamenti sottostanti, né deve trasformarsi in atti emulativi costituenti esercizio di un diritto soggettivo che non abbia altro scopo se non quello di nuocere o recare molestia ad altri configurandosi, in tale prospettiva, una ipotesi di “molestia” ovvero di abuso del diritto. Installazione del motore sulla facciata condominiale In definitiva, è possibile installare il motore del condizionatore sulla facciata condominiale? È questo l’interrogativo che molti si pongono. In linea di principio, potremmo affermare che al quesito è possibile fornire due diverse soluzioni in quanto bisogna distinguere l’ipotesi in cui il condizionatore venga 12 | QU1-10-13.indd 12 installato sulla facciata dello stesso fabbricato in cui si trova l’immobile che trae vantaggio dall’impianto ovvero l’ipotesi in cui si intenda posizionare il condizionatore sulla facciata del fabbricato confinante, appartenente a un diverso condominio. Nel primo caso, la soluzione al dilemma sarà senz’altro positiva, per cui potremmo affermare che ciascun condominio ha il diritto di installare il motore del condizionatore sulla facciata condominiale in quanto, in sostanza, si tratta di utilizzare il bene comune (ovvero il muro di facciata) in maniera tale da trarne un’utilità aggiuntiva rispetto agli altri comproprietari. Ovviamente l’esercizio di tale diritto, di per sé del tutto legittimo, incontra i limiti consueti di cui abbiamo parlato in precedenza: il condomino non dovrà impedire agli altri inquilini il pari uso della cosa comune né dovrà mutarne la destinazione; occorrerà rispettare, inoltre, i consueti principi per garantire la sicurezza e non incidere negativamente sul decoro architettonico del fabbricato (Cass. civ., Sez. II, sent. n. 1708, 18 febbraio 1998 e sent. n. 1637, 4 marzo 1983). Cosa diversa è quando si voglia installare il condizionatore sul muro del fabbricato confinante. In questo caso l’operazione sarebbe possibile solo previo parere positivo dell’assemblea del condominio confinante in quanto si tratterebbe di creare una vera e propria servitù a carico del fabbricato vicino e a favore del proprietario dell’unità immobiliare servita dall’impianto di condizionamento (Cass. civ., Sez. II, sent. n. 10324, 21 aprile 2008). L’ipotesi potrebbe essere particolarmente frequente nei vecchi edifici di cui sono ricchi i nostri centri storici. I fabbricati d’epoca, infatti, venivano costruiti senza un preciso ordine, addossando i corpi di fabbrica gli uni sugli altri creando una serie di rapporti incrociati nelle attuali realtà condominiali. Non è assolutamente raro il caso in cui il piano interrato appartenga a un fabbricato, il piano terra abbia accesso da un condominio diverso e i piani superiori Consulente immobiliare 2014 21/05/14 14.34 CONDOMINIO articolo a un terzo condominio. Per non parlare del caso, ancora più frequente, in cui i corpi di fabbrica, pur se costituenti condomini del tutto autonomi tra loro, sono costruiti in aderenza. Da ultimo, occorre tener presente che, giustamente, alcuni hanno sottolineato che la facciata del fabbricato, oltre ad assicurare una funzione strutturale, assolve anche al compito di “appoggio” per tutta una serie di cavi, tubi e fili di varia natura. In tale contesto sarebbe del tutto legittimo “appoggiare” anche le zanche del motore del condizionatore. La Corte di Cassazione, ha stabilito, recentemente, che il muro a confine si presume di proprietà di entrambi i proprietari confinanti (Cass., sent. n. 22275, 27 settembre 2013). PROFESSIONI TECNICHE NOVITÀ PREZZARIO DELLE OPERE DI RISTRUTTURAZIONE E RECUPERO di L. Grosso L’opera contiene una guida pratica che spiega la corretta utilizzazione dei dati ed illustra il momento di mercato e il criterio di stima utilizzati per elaborare i vari capitoli che compongono la banca dati. Il software on line, riservato agli acquirenti del volume, consente la consultazione del listino degli oneri, la visualizzazione delle relative analisi e il computo metrico (calcolo del preventivo). I prezzari e le analisi sono relativi all’intero mercato nazionale e suddivisi per capoluogo di regione e per categorie di lavoro e sono assolutamente attendibili. 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L’art. 1138, comma 1, cod. civ. “riformato” stabilisce che: «Quando in un edificio il numero dei condomini è superiore a dieci, deve essere formato un regolamento, il quale contenga le norme circa l’uso delle cose comuni e la ripartizione delle spese, secondo i diritti e gli obblighi spettanti a ciascun condomino, nonché le norme per la tutela del decoro dell’edificio e quelle relative all’amministrazione». Ci si riferisce, quindi, ai regolamenti condominiali predisposti dal costruttore e accettati dai singoli condomini-acquirenti e loro 14 | QU1-14-18.indd 14 successori e aventi causa ovvero ai regolamenti condominiali predisposti e approvati dall’assemblea condominiale con le specifiche procedure previste dal codice civile. Secondo la Cassazione, i limiti al godimento della proprietà esclusiva dei singoli condomini contenuti nel regolamento condominiale contrattuale devono essere espressi in maniera chiara e inequivocabile dovendo risultare da una dichiarazione di “volontà chiaramente ed espressamente manifestata” (Cass., sent. n. 23, 7 gennaio 2004 e sent. n. 10523, 3 luglio 2003); secondo una giurisprudenza più datata, e meno restrittiva, i limiti devono essere espressi in modo non equivoco (Cass., sent. n. 1560, 13 febbraio 1995). Per tagliare la testa al toro, sarebbe opportuno che il regolamento condominiale contenga un’elencazione precisa delle attività vietate (per esempio: è vietato apporre i condizionatori sulla facciata principale del corpo di fabbrica) ovvero indichi espressamente qual è l’interesse che si vuole preservare (per esempio: è vietato intervenire sulla facciata allo scopo di preservare l’euritmia del fabbricato) (Cass. civ., Sez. II, sent. n. 3002, 10 febbraio 2010; Cass., sent. n. 1560, 13 febbraio 1995). La stessa disciplina varrà per le eventuali modifiche apportate al regolamento condominiale, modifiche che potranno essere valide ed efficaci solo se intervenute con le specifiche procedure previste dal codice civile. Occorre tenere ben presente che le Sezioni Unite della Cassazione, risolvendo un conflitto giurisprudenziale in atto, hanno stabilito come la modifica al regolamento Consulente immobiliare 2014 21/05/14 16.38 CONDOMINIO articolo contrattuale debba essere necessariamente effettuata per iscritto specie nel caso in cui tale modifica riguardi un limite al diritto immobiliare del singolo condomino (Cass. civ., Sez. unite, sent. n. 943, 30 dicembre 1999). Tra l’altro, trattandosi di un limite alla proprietà, sarebbe necessaria la trascrizione del regolamento condominiale (e/o della relativa modifica). Il regolamento condominiale, potrebbe contenere norme dirette a disciplinare l’uso del bene di proprietà esclusiva. Secondo la giurisprudenza, in mancanza di norme limitative della destinazione e dell’uso delle porzioni immobiliari di proprietà esclusiva, il cambio di destinazione (ex art. 1122 cod. civ.) diventa del tutto legittimo a condizione che non siano compiute opere che possano danneggiare le parti comuni dell’edificio o che rechino altrimenti pregiudizio alla proprietà comune. La Cassazione, peraltro, ha vietato il mutamento di destinazione di una autorimessa a piano terra in abitazione, ritenendo che tale modifica costituisca un peggioramento dell’estetica della facciata risolventesi in un pregiudizio anche economico per il decoro generale dell’edificio, posto in zona residenziale (Cass. civ., Sez. II, sent. n. 5612, 17 aprile 2001). Volendo fare il punto della situazione, quindi, potremmo affermare che il regolamento di condominio potrebbe contenere dei limiti al diritto di godere e di disporre liberamente spettante al proprietario-condomino. Tali limiti potrebbero essere contenuti nel regolamento condominiale di origine contrattuale (parliamo del regolamento predisposto unilateralmente del costruttore e poi accettato dai singoli acquirenti-condomini ovvero del regolamento approvato dall’assemblea condominiale con le procedure e le maggioranze previste dal codice civile) ma tali limiti dovranno essere contenuti in specifici articoli del regolamento. Tali clausole, per essere valide, dovranno essere formulate in maniera tale da non lasciare dubbi sulla portata dei divieti imposti al diritto di proprietà dei singoli condomini. Limiti imposti dalle norme condominiali L’installazione di un condizionatore su parti comuni del fabbricato viene disciplinata dall’art. 1122 cod. civ. Art. 1122 – Opere su parti di proprietà o uso individuale Nell’unità immobiliare di sua proprietà ovvero nelle parti comuni di cui si sia riservata la proprietà o l’uso individuale, ciascun condomino non può eseguire opere o modifiche ovvero variare la destinazione d’uso indicata dal titolo, pur nel rispetto delle norme di edilizia, se ne derivi danno alle parti comuni o individuali o notevole diminuzione di godimento o valore di esse, ovvero pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza o al decoro architettonico dell’edificio. In ogni caso è data preventiva notizia all’amministratore che ne riferisce all’assemblea. Tale articolo è stato recentemente modificato dall’art. 6 della legge 220/2012 di riforma del condominio e ora viene intitolato “Opere su parti di proprietà o uso individuale”. La riforma non incide sostanzialmente sulla normativa ma chiarisce alcuni concetti, ponendo dei limiti alla realizzazione delle opere. In poche parole la norma vieta in maniera assoluta la realizzazione di lavori se, dalla loro realizzazione, «ne derivi danno alle parti comuni o individuali o notevole diminuzione di godimento o valore di esse, ovvero pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza o al decoro architettonico dell’edificio». Occorre tener ben presente che il divieto scatta anche nell’ipotesi in cui il proprietario sia dotato di un titolo abilitativo dei lavori. La norma, infatti, stabilisce espressamente che il divieto si applica anche nel caso in cui le opere vengano eseguire “nel rispetto delle norme di edilizia”. Ciò lascia intendere che il Legislatore abbia voluto garantire al massimo il bene giuridico protetto ovvero abbia voluto evitare, in ogni caso, la realizzazione di opere potenzialmente dannose per il condominio. Volendo schematizzare, possiamo affermare che i limiti alla realizzazione delle opere e, Consulente immobiliare 2014 QU1-14-18.indd 15 | 15 21/05/14 16.38 CONDOMINIO articolo quindi, nel nostro caso, all’installazione del condizionatore, sono di tre tipi per cui sono vietate le opere da cui derivi: 1. un danno alle parti comuni ovvero a quelle individuali; 2. una notevole diminuzione di godimento o valore per parti comuni o individuali; 3. un pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza o al decoro architettonico dell’edificio. Tali preclusioni hanno un valore assoluto, a prescindere dalla circostanza che i lavori riguardino la proprietà individuale, le parti comuni utilizzate in via esclusiva, ovvero le parti destinate all’uso individuale. Ulteriori limiti derivanti dalle norme sulla comunione La legge 220/2012 ha modificato pesantemente la disciplina in materia di condominio lasciando comunque inalterate alcune norme previgenti. Rientra in questo contesto l’art. 1139 cod. civ. La norma stabilisce, testualmente, che «per quanto non è espressamente previsto da questo capo [ovvero dalle norme in materia di condominio] si osservano le norme sulla comunione in generale». Il Legislatore della riforma, quindi, ha voluto conservare un riferimento alle norme sulla comunione. Esaminiamo, a questo punto, l’art. 1102 cod. civ. che, proprio in tema di comunione, riconosce a ciascun partecipante di servirsi della cosa comune e di apportarvi – ovviamente a proprie spese – le modifiche necessarie per il migliore godimento dei beni. Art. 1102 – Uso della cosa comune Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa. Il partecipante non può estendere il suo diritto sulla cosa comune in danno degli altri partecipanti, se non compie atti idonei a mutare il titolo del suo possesso. 16 | QU1-14-18.indd 16 Tale diritto potrà essere esercitato non solo dal proprietario dell’immobile ma da chiunque eserciti un legittimo possesso sul bene e, quindi, per esempio, anche dal conduttore dell’immobile (Cass. civ., Sez. II, sent. n. 3874, 3 maggio 1997). L’art. 1102 cod. civ., in definitiva, impone il rispetto di tre principi-cardine: 1. riconosce, a ciascun partecipante alla comunione, il diritto di servirsi della cosa comune nel rispetto dell’eguale diritto di godimento spettante agli altri comproprietari; 2. riconosce, a ciascun partecipante alla comunione, il diritto di modificare, a proprie spese, il bene comune, allo scopo di trarne un maggior godimento della cosa; 3. disciplina il compossesso, per cui ciascuno non può ledere l’eguale diritto degli altri compossessori. Così facendo, la norma, da un lato chiarisce quali sono i limiti al diritto del partecipante alla comunione e dall’altro, parallelamente, impone dei limiti per cui è vietato: – cambiare la destinazione del ben comune; – impedire agli altri compossessori il pari uso dei beni comuni; – modificare le cose comuni a danno degli altri compartecipanti; – estendere il proprio possesso sulla cosa fino a escludere totalmente il compossesso da parte degli altri condomini. Occorre tener presente che l’art. 1102 cod. civ. è una norma derogabile per cui norme pattizie (si pensi, per esempio, al regolamento di condominio) potrebbero imporre ulteriori limiti alla realizzazione di opere sul bene comune e persino alla proprietà privata. Divieto di modificare la destinazione dei beni comuni L’art. 1102, comma 1, cod. civ. recita, testualmente «ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione...» così facendo la norma impone il primo limite al diritto del partecipante Consulente immobiliare 2014 21/05/14 16.38 CONDOMINIO articolo alla comunione e, quindi, al condomino. Il tenore letterale della norma è chiaro: è vietato il cambio di destinazione dei beni comuni! Il problema di fondo è di ordine interpretativo: in cosa consiste il cambio di destinazione? Quali sono le operazioni lecite e quelle vietate? E, rimanendo nel nostro tema, l’installazione del condizionatore può comportare un cambio di destinazione? Un ausilio, in questo contesto, è dato da una copiosa giurisprudenza venutasi a creare nel corso dei decenni il che costituisce una prova inconfutabile del volume del contenzioso creato in materia condominiale. Volendo rimanere in tema e restringere la ricerca alla realizzazione di impianti di condizionamento, riesce difficile pensare che il posizionamento del motore sulla facciata condominiale possa influire sulla destinazione del bene (ovvero della facciata) per cui questo aspetto appare del tutto trascurabile. La Corte di Cassazione, in un caso analogo, ha ritenuto illegittima l’installazione della caldaia nel vano scale del condominio perché ciò avrebbe comportato, in via di fatto, un cambio di destinazione del vano scala impedendo “il pari uso” agli altri condomini. Il vano scala, nel caso sottoposto all’attenzione degli Ermellini (Cass. civ., Sez. II, sent. n. 19205, 21 settembre 2011) non era in grado di contenere le caldaie di tutte le unità immobiliari. Per l’installazione del condizionatore potremmo trovarci in una posizione analoga. Nell’installare il motore a confine con la proprietà del vicino sarebbe buona norma lasciare al confinante lo spazio necessario per realizzare interventi simili e, ovviamente, per garantire lo svolgimento delle operazioni di manutenzione mantenendo un sufficiente margine di sicurezza per tutti. In realtà non è del tutto agevole stabilire a priori quando sia configurabile un illegittimo cambio di destinazione del bene comune. Secondo la Cassazione, per stabilire la destinazione d’uso del bene comune, occorre fare riferimento a un insieme di elementi di diversa natura: giuridici, economici, l’interesse collettivo appagabile mediante l’utilizzo della cosa, la situazione di fatto preesistente (Cass. civ., Sez. II, sent. n. 4397, 22 novembre 1976). In sostanza, per stabilire la destinazione d’uso di una cosa occorre far riferimento alla funzione che il bene ha avuto fin dall’inizio o che è stata impressa in passato dai singoli condomini. Partendo da questi presupposti, possiamo stabilire che la destinazione d’uso del bene viene a essere mutata quando le modifiche apportate da un condomino rendono impossibile la funzione originaria del bene comune (Cass. civ., Sez. II, sent. n. 6192, 28 novembre 1984 e sent. n. 5132, 26 luglio 1983). Vietato impedire il “pari uso” agli altri condomini Come abbiamo visto in precedenza, uno dei limiti all’applicazione dell’art. 1102 cod. civ. è costituito dalla necessità di non impedire il “pari uso” del bene comune agli altri condomini. Ancora una volta sarà la giurisprudenza a stabilire, caso per caso, entro quali limiti un’opera o un comportamento sia lecito e quando, viceversa, leda l’eguale diritto del vicino. La Cassazione ha ritenuto che la nozione di “uso paritetico” non deve essere interpretata come assoluta identità di utilizzo della res, diversamente, ne deriverebbe un sostanziale divieto, per ciascun condomino, di utilizzare il bene comune a proprio vantaggio (Cass. civ., Sez. II, sent. n. 12344, 5 dicembre 1997 e sent. n. 7652, 5 settembre 1994). Sarebbe comunque legittimo un uso più intenso della cosa comune mentre si sfocia nell’illegittimità quando il condomino voglia riservare a sé l’uso esclusivo del bene comune escludendo tutti gli altri condomini dal godimento della res (Cass. civ., Sez. II, sent. n. 972, 1° gennaio 2006). L’uso paritetico della cosa comune, tutelato dalla norma, deve essere compatibile con la Consulente immobiliare 2014 QU1-14-18.indd 17 | 17 21/05/14 16.38 CONDOMINIO articolo ragionevole previsione della concreta utilizzazione da parte degli altri condomini della stessa cosa, e non anche della identica e contemporanea utilizzazione che ipoteticamente e astrattamente essi ne potrebbero fare (Cass. civ., Sez. II, sent. n. 4617, 27 febbraio 2007; sent. n. 12344, 5 dicembre 1997; sent. n. 3368, 23 marzo 1995 e sent. n. 13107, 11 dicembre 1992). Un uso più intenso della cosa comune a opera di un condomino non costituisce violazione dell’art. 1102 cod. civ., purché non venga alterata la destinazione e non venga limitato il pari diritto di godimento da parte degli altri condomini. La Cassazione, chiamata a esprimersi sulla realizzazione di un parcheggio nel cortile condominiale, ha stabilito che esso può essere adibito al parcamento delle vetture dei condomini solo a condizione che non vi siano titoli contrari (Cass. civ., Sez. II, sent. n. 9875, 15 giungo 2012). Parafrasando, in assenza di titoli contrari che ne impediscano l’utilizzo (si pensi, per esempio, a specifiche clausole contenute nel regolamento di condominio), è possibile usare la facciata per installare il condizionatore. Vietato compromettere la statica dell’edificio Il Legislatore, in occasione della riforma del condominio, ha vietato a chiare lettere ai condomini di effettuare operazioni capaci di compromettere la statica dell’edificio. In verità si tratta di norme di comportamento basilari che non richiederebbero alcun richiamo da parte della legge; in questo caso, a entrare in gioco, sono soprattutto norme di comune buon senso. In primo luogo occorre pensare che, per essere configurabile un pregiudizio per la stabilità del fabbricato, è necessario che le nuove opere comportino un indebolimento delle strutture portanti del fabbricato. In tale contesto non viene in luce solo l’interesse personale e patrimoniale dei condomini ma, anche e soprattutto, l’interesse pubblico a che non venga compromessa la statica degli immobili e, con essa, la sicurezza pubblica e privata. Rimane comunque un problema: fino a che punto si può spingere il condomino prima che si possa pensare a una compromissione della statica dell’edificio? In verità il tema non è nuovo. In passato la Cassazione, affrontando questa problematica, aveva ritenuto che fosse vietato al condomino porre in essere quelle opere capaci di utilizzare totalmente il margine di sicurezza statica del fabbricato. In effetti, non si tratta di creare una certa “zona di sicurezza” quanto di permettere agli altri condomini di poter effettuare dei lavori simili senza che sia compromessa la sicurezza di tutti (Cass., sent. n. 2673, 23 aprile 1980). BENVENUTO IN UN NUOVO MONDO TECNICI T IL TUO MONDO Un nuovo sistema di consultazione on line da comporre sulle tue esigenze. Intuitivo, facile e veloce. Dal Sole 24 ORE per tutti i professionisti tecnici. www.tecnici24.com 18 | QU1-14-18.indd 18 Consulente immobiliare 2014 21/05/14 16.38 CONDOMINIO articolo Le innovazioni L’installazione di un condizionatore potrebbe essere considerata come una innovazione. La materia è disciplinata dagli artt. 1120-1136 cod. civ. Anche queste disposizioni sono state oggetto di una completa opera di rivisitazione in occasione della riforma del condominio. In questo caso la riforma ha avuto, come obiettivo, quello di abbassare i quorum necessari per bypassare l’assemblea. Ma il problema maggiore rimane lo stesso. Quando si tratta di esaminare i lavori, ci si pone sempre la stessa domanda: si tratta di un intervento di manutenzione, di una modifica o di un’innovazione? Rispondere a questo quesito permette di affrontare una questione parallela, relativa alle procedure da utilizzare per ottenere l’autorizzazione necessaria per eseguire i lavori e, soprattutto, i quorum necessari per ottenere il placet da parte dell’assemblea di condominio. Il problema di fondo risiede nelle maggioranze necessarie ad approvare i lavori. Se si tratta di modifiche, i quorum richiesti saranno più elevati (e, quindi, sarà più difficile ottenere l’approvazione dall’assemblea) se si tratta di innovazioni, i quorum saranno più bassi e, conseguentemente, sarà più semplice passare le forche caudine dell’autorizzazione assembleare. Anche tracciare la linea di demarcazione tra innovazioni e opere di manutenzione non è agevole ma, in questo caso, si ricorre al classico esempio relativo ai lavori sul cancello d’ingresso ai box. Saremo di fronte a un intervento di manutenzione quando ci si avvarrà dell’intervento di un pittore per ripristinare funzionalità e aspetto del cancello. Se, viceversa, con l’occasione, i condomini decidono di provvedere anche all’automazione del cancello montando un motore, magari con radiocomando, allora saremo di fronte a un’innovazione, poiché l’intervento modifica il bene comune rendendo più comodo e agevole il godimento della res. Innovazioni o modifiche? La differenza tra innovazioni e modifiche non è certamente uno dei quesiti più semplici a cui rispondere. Un aiuto ci viene dato dalla Cassazione che ha tracciato la linea di confine tra le due figure. Le innovazioni, di cui all’art. 1120 cod. civ., sono opere di trasformazione che incidono sull’essenza della cosa comune, alterandone l’originaria funzione e destinazione. Per questo motivo è necessario che l’esecuzione dei lavori sia preventivamente autorizzata dall’assemblea. Le modifiche, ex art. 1102 cod. civ., viceversa, consistono in opere dirette ad assicurare la migliore, più comoda e razionale utilizzazione della cosa (Cass. civ., Sez. II, sent. n. 18052, 19 ottobre 2012), rendendo più comodo il godimento del bene comune e lasciandone immutata la consistenza e la Consulente immobiliare 2014 QU1-19-20.indd 19 | 19 21/05/14 14.39 CONDOMINIO articolo destinazione; le relative opere non richiedono la preventiva autorizzazione dell’organo assembleare. La linea di confine tra innovazione e modifica, quindi, è determinata dall’entità della nuova opera sulla consistenza e sulla destinazione della cosa comune e produce come prima conseguenza pratica la necessità o meno di interpellare l’organo assembleare (Cass. civ., Sez. II, sent. n. 21256, 5 ottobre 2009; sent. n. 11936, 23 ottobre 1999 e sent. n. 1389, 29 ottobre 1998). Quando si tratta di installare un condizionatore, la linea di demarcazione tra innovazione e modifica potrebbe essere costituita dalla voluminosità del motore. Quando la grandezza del motore rientra nella norma, si parla di semplice innovazione ai sensi dell’art. 1120 cod. civ.; viceversa, nell’ipotesi in cui il motore dovesse risultare di dimensioni maggiori, la sua installazione potrebbe essere considerata come una modifica dell’uso della parte comune e, in questa prospettiva, è necessario non impedire agli altri condomini di farne parimenti uso del bene comune su sui è installato (Cass., sent. n. 12343, 22 agosto 2003; Trib. Milano, Sez. VIII, sent. n. 179, 9 gennaio 2004). Quanto alle innovazioni, occorre tener presente che l’art. 1120 cod. civ. è stato recentemente modificato dalla riforma del condominio. Il Legislatore riformista ha voluto facilitare il raggiungimento delle maggioranze necessarie per le delibere assembleari e, in tale prospettiva, ha abbassato i quorum deliberativi necessari per l’approvazione dei lavori. Di conseguenza attualmente l’assemblea può deliberare con la maggioranza degli intervenuti e la metà dei millesimi mentre in passato era richiesta la maggioranza dei condomini e i due terzi dei millesimi. In realtà tra le “innovazioni facilitate” non sono comprese espressamente quelle dirette all’installazione dei condizionatori però 20 | QU1-19-20.indd 20 sarebbe possibile trovare la classica “scappatoia”. In primo luogo, occorre tener presente che le norme possono essere interpretate in maniera estensiva. Un vero e proprio “grimaldello” utilizzato per scardinare i vincoli normativi potrebbe essere trovato nella stesso art. 1120 cod. civ. che parla di «opere e interventi per migliorare la sicurezza e la salubrità degli edifici e degli impianti, per il contenimento del consumo energetico...». Gli impianti di condizionamento potrebbero entrare a buon diritto in queste tipologie di opere nella misura in cui si dimostri che l’impianto mira a contenere il consumo energetico e la salubrità dell’aria respirata. Sotto il primo profilo, occorrerebbe una relazione tecnica in grado di dimostrare che l’impianto di condizionamento (non necessariamente quello di raffrescamento) sia in grado di produrre un contenimento nel consumo energetico dell’unità immobiliare. Per quanto riguarda la “salubrità degli edifici”, la stessa relazione tecnica potrebbe sottolineare come la presenza dei filtri contenuti nell’impianto di condizionamento siano in grado di purificare l’aria eliminando, per esempio, spiacevoli inconvenienti legati alla presenza di polveri sottili o di pollini a cui un numero sempre maggiore di individui è ormai allergico. Non tutte le innovazioni sono lecite e possibili. Il Legislatore, infatti, ha previsto una sorta di “sbarramento”. È preclusa, infatti, la realizzazione di opere capaci di incidere negativamente sulla statica del corpo di fabbrica. Vietate anche le opere che incidano negativamente sul decoro architettonico o che incidano negativamente sull’uso e il godimento dei beni comuni da parte degli altri condomini. Di questi argomenti parleremo tra poco. Consulente immobiliare 2014 21/05/14 14.39 CONDOMINIO articolo La tutela del decoro architettonico Quando si parla di decoro architettonico di un edificio, occorre in primo luogo fare riferimento ai principi in materia di qualità edilizia e architettonica, tenendo bene a mente che il Legislatore europeo (prima) e quello nazionale (poi), sembrano particolarmente interessati a porre l’accento sull’ambiente urbano inteso come contenitore per lo sviluppo del benessere sociale. Che ci sia un progressivo interesse verso questi temi, è provato dai sempre più numerosi regolamenti comunali che disciplinano la materia. L’alterazione del decoro architettonico del fabbricato è uno dei classici spauracchi del condominio; basta installare una canna fumaria, delle inferriate, un’antenna parabolica o un condizionatore, perché il classico Pierino della situazione sbandieri ai quattro venti il timore delle lesione del decoro architettonico. Qualunque modifica che non abbia una valenza ripristinatoria potrebbe essere considerata come lesiva del decoro architettonico dell’edificio in quanto è assolutamente irrilevante l’accertamento, del tutto opinabile, del risultato estetico dei lavori. Qualche condomino potrebbe contestare i lavori ritenendo leso il proprio diritto anche nell’ipotesi in cui, per altri, le opere, viste nel loro complesso, potrebbero apparire gradevoli (Cass. civ., Sez. II, sent. n. 17398, 30 agosto 2004). Il problema di fondo è che non abbiamo una definizione univoca, oggettiva e assoluta ma ognuno potrebbe interpretare a proprio uso e consumo questo concetto. Sta di fatto che, con l’avvento della riforma del condominio, diventa più difficile, secondo certi aspetti, procedere all’arbitraria modifica delle parti comuni in ambito condominiale. La riforma, infatti, introduce una serie di obblighi a carico dei soggetti partecipanti al condominio per cui i proprietari dovranno comunicare all’amministratore l’esecuzione di opere relative all’unità immobiliare di uso esclusivo, gli amministratori dovranno effettuare le dovute verifiche, l’assemblea dovrà quantomeno prendere atto dei lavori da eseguire. Insomma, in parole povere, il Legislatore ha voluto predisporre un complesso iter procedurale in virtù del quale si prevede un controllo vicendevole tra i diversi soggetti coinvolti. In questa sede non viene approfondito l’esame dei singoli articoli della riforma del condominio; ci limitiamo a chiarire che non tutte le modifiche sono possibili. In particolare, l’ultimo capoverso dell’art. 1117-bis cod. civ. Consulente immobiliare 2014 QU1-21-28.indd 21 | 21 21/05/14 14.50 CONDOMINIO articolo vieta «le modificazioni ... che ... alterano il decoro architettonico». La nuova formulazione dell’art. 1122 cod. civ. (Opere su parti di proprietà o uso individuale), dal suo canto, appare certamente più incisiva e severa rispetto al passato contenendo non solo il divieto di eseguire opere «che rechino danno alle parti comuni ovvero determinino pregiudizio … al decoro architettonico dell’edificio» ma, anche e soprattutto, ponendo a carico del condominio l’obbligo «in ogni caso di dare preventiva notizia all’amministratore che ne riferisce all’assemblea». Mancanza di una nozione precisa Nel nostro ordinamento troviamo varie disposizioni normative che contengono un esplicito riferimento al “decoro architettonico” ma non troviamo alcuna disposizione, all’interno del codice civile, che fornisca una nozione precisa di questo concetto. Il bene tutelato, in definitiva, è un’elaborazione della giurisprudenza che parla di “estetica data dall’insieme delle linee e delle strutture che connotano il fabbricato fornendogli una determinata fisionomia”. La violazione del decoro architettonico, quindi, sarebbe riconducibile all’ipotesi in cui un’opera violi l’euritmia del fabbricato mutando l’aspetto originario del bene. Occorre peraltro considerare che, secondo la giurisprudenza prevalente, la violazione ricorrerebbe qualora siano modificati anche singoli elementi architettonici o punti del fabbricato. Il decoro architettonico prescinde dalla raffinatezza del fabbricato e sussiste per tutti gli immobili, anche per quelli popolari e rustici, essendo il risultato dell’insieme delle linee e dei motivi architettonici e ornamentali che conferiscono all’edificio un determinato aspetto che va valutato con riferimento alla linea estetica del palazzo, indipendentemente dal suo pregio artistico (Cass., sent. n. 8731/1998; sent. n. 2313/1988; sent. n. 2189, 13 aprile 1981). 22 | QU1-21-28.indd 22 La giurisprudenza, di norma, fa riferimento al concetto di “aspetto architettonico dell’edificio” con ciò intendendo la caratteristica principale insita nello stile architettonico dell’edificio, per cui il mancato rispetto dello “stile” comporterebbe un mutamento peggiorativo dell’aspetto architettonico complessivo, percepibile da qualunque osservatore (Cass., sent. n. 2189, 13 aprile 1981). Non mancano pronunce, peraltro, che collegano la violazione del decoro architettonico con la realizzazione di opere che alterino «in modo visibile e significativo, la particolare struttura e la complessiva armonia che conferiscono al fabbricato una propria specifica identità» per cui «adeguamenti e aggiunte funzionali ... non rilevano sulla estetica del fabbricato, data dall’insieme delle linee e delle strutture che connotano lo stabile stesso e gli imprimono una determinata, armonica fisionomia e una specifica identità» (Cass. civ., Sez. VI, sent. n. 1326, 30 gennaio 2012). La violazione del decoro architettonico verrebbe a essere esclusa in presenza di «un intervento sobrio e rispettoso delle linee architettoniche dell’intero edificio, il quale, in ogni caso, non ne modifica la sagoma» (Cass. civ., Sez. VI, ord. n. 24645, 22 novembre 2011). Se manca una nozione precisa di “decoro architettonico” e se tutti gli edifici, anche quelli più semplici, possono essere oggetto di tutela, quale sarà, in linea di principio, il criterio seguito dai giudici per valutare la potenziale liceità dell’interesse protetto? In passato si partiva dal presupposto che i criteri di valutazione dovessero essere meno rigorosi per gli edifici di architettura moderna rispetto a quelli applicati per un edificio storico (Trib. Milano, 8 maggio 1989). Più recentemente, è stato sostenuto che il giudice deve adottare maggiore o minore rigore in funzione delle caratteristiche del fabbricato inquadrato nel contesto cittadino in cui si trova. In sostanza, un ambiente più degradato riceverà una tutela inferiore rispetto al centro storico cit- Consulente immobiliare 2014 21/05/14 14.50 CONDOMINIO articolo tadino. Una vera e propria svolta viene segnata dal Giudice di Pace di Grosseto con la sent. 16 agosto 2011, n. 1038 che ha sentenziato come «le nuove invenzioni, quali la televisione e il telefono, ormai di uso comune, hanno modificato il comune senso dell’estetica e del decoro: le antenne televisive installate sui tetti, le parabole satellitari, sporgenti dal muri, gli stessi impianti di climatizzazione, sempre più numerosi, non vengono più percepiti come causa di deturpazione dell’estetica delle abitazioni e, più in generale, dell’ambiente». Il Giudice di Pace paragona il motore del condizionatore sulla facciata del fabbricato ai panni stesi sulle finestre dei balconi; in entrambi i casi non c’è alcuna violazione del decoro dell’immobile. Decoro architettonico e innovazioni In vigenza del “vecchio” codice, la giurisprudenza, interpretando l’art. 1120 cod. civ.1 in materia di innovazioni, riteneva che il divieto di alterare il decoro architettonico del fabbricato fosse incondizionato per cui l’assemblea non poteva “sanare” la violazione; anche il parere contrario di un solo condomino doveva essere interpretato come mancata autorizzazione all’effettuazione dell’opera, con la conseguenza che lo stato dei luoghi doveva essere ripristinato (Cass., Sez. II, sent. n. 851, 16 gennaio 2007). La tutela del decoro architettonico, infatti, è prestata in favore del singolo condomino e non del condominio nella sua interezza con la conseguenza che le decisioni dell’assemblea – favorevoli o contrarie che siano – non possano essere considerate definitive. In caso di decisione favorevole dell’assemblea all’installazione del condizionatore da parte del condomino, eventuali dissenzienti non solo possono impugnare il deliberato assembleare con i normali mezzi di tutela ma, ciò che più conta, possono comunque rivolgersi all’autorità giudiziaria per chiedere il ripristino e l’eliminazione del corpo esterno ritenuto antiestetico. Sotto questo profilo, non bisogna sottovalutare un elemento essenziale: l’azione del condomino a tutela del decoro architettonico è imprescrittibile! In maniera ancor più restrittiva, la Cassazione ha affermato che, una volta che sia stata accertata la violazione del decoro architettonico del fabbricato a seguito di un’innovazione ex art. 1120 cod. civ., diventa del tutto irrilevante che tale modifica possa essere di modeste dimensioni o, addirittura, che sia visibile solo in una determinata angolazione (Cass. civ., Sez. II, sent. n. 851, 16 gennaio 2007). Questo principio, se portato all’esasperazione, renderebbe illegittima qualunque opera capace di portare una qualsiasi modifica nel prospetto, a prescindere dalla circostanza che essa sia più o meno visibile. Una prima ciambella di salvataggio viene lanciata con la sent. n. 3549/1989. In questo caso la Cassazione ha ritenuto che la tutela potesse essere prestata solo in relazione a fabbricati “integri”. La modifica sarebbe, quindi, legittima quando preceduta da una serie di modifiche succedutesi nel corso degli anni. Dello stesso avviso è stato il Tribunale di Napoli (sent. 12 giugno 2004) secondo il quale «non viola il divieto di alterare il decoro architettonico dell’immobile condominiale il condomino che installa sul balcone dell’appartamento di sua proprietà l’unità estera di un impianto di raffreddamento, ancorché l’installazione costituisca una modifica dell’originario profilo dello stabile, se le linee estetiche del fabbricato risultano Art. 1120 - Innovazioni (vecchio codice) - I condomini, con la maggioranza indicata dal comma 5 dell’art. 1136, possono disporre tutte le innovazioni dirette al miglioramento o all’uso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni. Sono vietate le innovazioni che possano recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, che ne alterino il decoro architettonico o che rendano talune parti comuni dell’edificio inservibili all’uso o al godimento anche di un solo condomino. 1 Consulente immobiliare 2014 QU1-21-28.indd 23 | 23 21/05/14 14.50 CONDOMINIO articolo già alterate da pregresse e consentite superfetazioni di vario genere, realizzate da altri condomini nel corso del tempo». Considerando che, in media, il patrimonio edilizio italiano è alquanto datato riesce difficile pensare che ci siano fabbricati che non abbiano subito, nel corso degli anni (se non dei secoli) qualche modifica (Cass., sent. n. 3549, 29 luglio 1989). Nello stesso senso si è espressa anche la prima sezione del Tribunale di Monza (sent. 15 dicembre 2008) che ha ritenuto insussistente la violazione del decoro architettonico nell’ipotesi in cui la facciata del fabbricato sia stata già modificata da precedenti interventi (Cass. civ., Sez. II, sent. n. 14992, 7 settembre 2012; sent. n. 16128, 21 settembre 2012; sent. n. 3123, 29 febbraio 2012 e sent. n. 16098, 27 ottobre 2003). Più recentemente la Cassazione ha stabilito che il decoro architettonico deve essere valutato, ai sensi dell’art. 1120, comma 2, cod. civ. con riferimento al fabbricato condominiale nella sua totalità e non con riferimento a singoli punti. Spetta al giudice di merito accertare se una data innovazione costituisca o meno alterazione del decoro architettonico (Cass. civ., Sez. II, sent. n. 1286, 25 gennaio 2011 e sent. n. 1286, 25 gennaio 2010). In altre circostanze la Cassazione, affrontando il tema delle innovazioni pregiudizievoli alle parti comuni del fabbricato (ex art. 1122 cod. civ.), è stata chiamata a sindacare la conformità al decoro architettonico del fabbricato da parte di opere eseguite all’interno del vano scala e, quindi, non percepibili dall’esterno del fabbricato. Art. 1122 – Opere sulle parti dell’edificio di proprietà comune (vecchio codice) Ciascun condomino, nel piano o porzione di piano di sua proprietà, non può eseguire opere che rechino danno alle parti comuni dell’edificio. 24 | QU1-21-28.indd 24 Art. 1122 – Opere su parti di proprietà o uso individuale (riformato) Nell’unità immobiliare di sua proprietà ovvero nelle parti comuni di cui si sia riservata la proprietà o l’uso individuale, ciascun condomino non può eseguire opere o modifiche ovvero variare la destinazione d’uso indicata dal titolo, pur nel rispetto delle norme di edilizia, se ne derivi danno alle parti comuni o individuali o notevole diminuzione di godimento o valore di esse, ovvero pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza o al decoro architettonico dell’edificio. In ogni caso è data preventiva notizia all’amministratore che ne riferisce all’assemblea. Nel caso in esame, infatti, a finire sotto la lente dei Giudici è la realizzazione di una controporta in vetro anodizzato collocata a filo del muro di separazione tra l’appartamento e il pianerottolo delle scale, accusata, per l’appunto, di modificare l’aspetto estetico dell’edificio. La Cassazione, ha sottolineato che «il concetto di danno, ... non va limitato esclusivamente al danno materiale, inteso come modificazione della conformazione esterna o della intrinseca natura della cosa comune, ma esteso anche al danno conseguente alle opere che elidono o riducono apprezzabilmente le utilità ritraibili della cosa comune, anche se di ordine edonistico o estetico..., per cui ricadono nel divieto tutte quelle modifiche che costituiscono un peggioramento del decoro architettonico del fabbricato. Decoro da correlarsi non soltanto all’estetica data dall’insieme delle linee e delle strutture che connotano il fabbricato stesso e gli imprimono una determinata armonia, ma anche all’aspetto di singoli elementi o di singole parti dell’edificio che abbiano una sostanziale e formale autonomia o siano comunque suscettibili per sé di considerazione autonoma». Gli Ermellini, peraltro, hanno ritenuto che l’opera contestata non fosse lesiva del decoro architettonico del fabbricato in quanto non avesse una «incidenza apprezzabile sull’armonia complessiva del pianerottolo, Consulente immobiliare 2014 21/05/14 14.50 CONDOMINIO articolo cioè sul complesso delle sue linee e delle sue forme, onde non può ritenersi contraria al decoro architettonico nell’accezione legale del termine» (Cass. civ., Sez. II, sent. n. 1076, 19 gennaio 2005). Ritenute illegittime, invece, le tettoie realizzate nella proprietà esclusiva del condomino che comportavano un danno estetico alla facciata dell’edificio condominiale (Cass., sent. n. 2743, 11 febbraio 2005). Irrilevante che il motore sia stato installato su una facciata che non prospetta sulla strada pubblica in quanto si tratta comunque di una parete condominiale e, come tale, oggetto di tutela. Occorre sottolineare, sotto questo profilo, che oggetto di tutela non è la “visuale” che i terzi possono avere della facciata condominiale ma l’interesse dei singoli proprietari a non vedere deturpata la facciata del proprio immobile. In questa prospettiva, quindi, è del tutto irrilevante che il condizionatore venga apposto su una facciata che prospetta sulla pubblica via o all’interno del cortile privo di accesso con l’esterno e a cui possono accedere solo i condomini. Il giudizio sull’eventuale lesione del decoro architettonico dipende essenzialmente dalle caratteristiche specifiche dell’impianto e dalle modalità con cui esso viene posizionato sulle parti condominiali. Il Tribunale di Milano, con una decisione ormai storica (Sez. VIII, sent. n. 179, 9 gennaio 2004), ha deciso il caso di un condomino chiamato in giudizio per aver installato il compressore di un condizionatore d’aria «sulla facciata condominiale, in posizione sporgente e perpendicolare sopra uno degli ingressi condominiali», e «senza alcun consenso» dell’assemblea. Il Tribunale ha dato ragione ai condomini, e imposto la rimozione del condizionatore perché «risulta evidente che la collocazione sulla facciata condominiale di un voluminoso corpo sporgente (quale quello in discussione) alteri la destinazione della facciata stessa (che è quella di fornire un aspetto architettonico regolare e gradevole dell’edificio e non quello di contenere corpi estranei, che turbano l’equilibrio estetico complessivo dell’edificio medesimo) e inoltre, nel citato contesto, risulta del tutto irrilevante che la facciata in questione non sia esposta al pubblico, ma solo ai condomini, in quanto la legge tutela proprio il diritto degli stessi a non dover subire (e quindi, essere soggetti a vedere) alterazioni antiestetiche del proprio bene comune». In realtà, come al solito, la giurisprudenza è altalenante e, nella realtà, è difficile stabilire a priori, cosa è lecito e cosa non lo è. Alla resa dei conti, bisognerà affidarsi alla Giustizia e, cosa che più conta, a un buon consulente tecnico che sappia evidenziare le criticità trovando le soluzioni più adeguate. Abbiamo visto che il decoro architettonico del fabbricato può essere tutelato anche dal singolo condomino. Ma, ci si chiede, per quale motivo il singolo condomino dovrebbe agire? Solo per una questione di principio? O forse per togliersi il classico sassolino dalla scarpa e vendicarsi di un torto subito dal vicino? In realtà si tratta di una questione economica. Attraverso la tutela del decoro architettonico, l’ordinamento mira a tutelare l’interesse economico del singolo proprietario a non vedere alterazioni peggiorative del bene con conseguente deprezzamento della proprietà privata. In tale prospettiva è irrilevante che sia lesa la facciata principale o quella secondaria ma è essenziale, invece, verificare se, e in quale misura, l’opera comporta un potenziale depauperamento del patrimonio dei singoli condomini. Violazione del decoro architettonico e valore economico del fabbricato Secondo la giurisprudenza prevalente, esiste un inscindibile punto di collegamento tra violazione del decoro architettonico e valore Consulente immobiliare 2014 QU1-21-28.indd 25 | 25 21/05/14 14.50 CONDOMINIO articolo economico del fabbricato. Tale collegamento spinge a ritenere che la tutela del decoro architettonico sia possibile solo in presenza di una precisa diminuzione del valore economico del bene immobile (Cass. civ., sent. n. 12343, 22 agosto 2003; Sez. II, sent. n. 1947, 27 aprile 1989 e sent. n. 4474, 15 maggio 1987). In parole povere, chi vuole agire per la tutela del diritto, ha l’onere di dimostrare che le opere hanno comportato una diminuzione del valore economico dell’intero edificio e, quindi, per questa via, delle singole unità immobiliari che lo compongono. La Cassazione, peraltro, ritiene che, nell’ipotesi di modifiche obiettivamente rilevanti, il pregiudizio economico deve ritenersi insito in quello estetico, con la conseguente insussistenza dell’obbligo del giudice di una espressa motivazione sotto tale profilo (Cass., sent. n. 1918, 4 aprile 1981). Ma, in pratica, cosa bisogna fare? Ovviamente occorrerà rivolgersi alle aule di giustizia ben armati e con una solida consulenza tecnica! Il giudice, in questo caso, dovrà essere chiamato ad accertare non tanto l’avvenuta lesione del decoro architettonico ma, anche e soprattutto, che questa presunta lesione abbia determinato un deprezzamento del valore dell’intero fabbricato e, quindi, in via mediata, delle singole unità immobiliari che lo compongono. Inutile sottolineare che, in realtà, è ben difficile dimostrare che il prezzo di vendita di un immobile abbia subito un decremento a causa delle modifiche (rectius, delle innovazioni) apportate al fabbricato. Anzi, a ben vedere, l’installazione di un condizionatore (ovvero la possibilità di poterlo installare) non può che accrescere il valore economico del bene rendendo più “vivibile” l’ambiente abitato. Da un punto di vista commerciale, infatti, la presenza dell’impianto di aria condizionata viene considerata come un ulteriore “servizio” di cui l’immobile viene dotato ed è sempre apprezzato dal potenziale acquirente. Ovviamente, quando parliamo di decoro architettonico, stiamo parlando di un concet- 26 | QU1-21-28.indd 26 to del tutto diverso dal mutamento estetico del fabbricato che è del tutto lecito nei limiti in cui non cagioni un pregiudizio economico. Occorre anche valutare se l’eventuale pregiudizio sia in qualche modo compensato dalla maggiore utilità e valore economico del bene derivante dalla realizzazione degli impianti. In questo caso l’alterazione architettonica verrebbe compensata dall’intervenuto incremento economico del bene. In genere il pregiudizio al decoro architettonico di un impianto di condizionamento dell’aria è ritenuto del tutto irrilevante (Cass. civ., Sez. II, sent. n. 18334, 25 ottobre 2012). Decoro architettonico e regolamento di condominio Il regolamento di condominio, nel disciplinare i rapporti interni in ambito condominiale, può contenere alcune disposizioni atte a tutelare il decoro architettonico del fabbricato. Appare del tutto legittima, infatti, la norma regolamentare che vieti o imponga dei limiti alla realizzazione di opere che, pur non arrecando alcun danno alle strutture condominiali, modifichi il decoro architettonico del fabbricato (Cass., sent. n. 1918, 4 aprile 1981). Sarebbe anche del tutto legittima la clausola contenuta nel regolamento di condominio che vieti in modo tassativo la realizzazione di varianti di qualsiasi genere alle pareti esterne del fabbricato ma... cosa deve intendersi per “variante”? Il termine “variante” secondo la Cassazione, deve essere inteso in senso tecnico per cui occorre fare riferimento al T.U. edilizia (ovvero al D.P.R. 380/2001). In tale contesto la “variante” viene considerata come una modifica a una concessione precedentemente rilasciata ovvero a un progetto o un piano regolatore già approvato. Di conseguenza, potrebbero diventare legittime le opere che non richiedono il rilascio di “varianti edilizie” per cui sarebbe possibile installare il condizionatore sulla facciata del fabbricato. Consulente immobiliare 2014 21/05/14 14.50 CONDOMINIO articolo Nel caso in esame, a finire sotto la lente era stata la realizzazione di due nicchie sulla facciata dell’edificio destinate a ospitale la caldaia dell’impianto autonomo di riscaldamento (Cass. civ., Sez. II, sent. n. 12291, 7 giugno 2011). Il regolamento di condominio è, per forza di cose, espressione della volontà dei condomini che, evidentemente, hanno ritenuto necessario tutelare la proprietà inserendo nel regolamento interno delle apposite clausole dirette a salvaguardare il decoro dell’edificio. Se tali clausole sono legittime, lo saranno altrettanto le delibere assembleari con le quali i condomini, autolimitando i propri poteri, abbiano deliberato di tutelare l’estetica del fabbricato vietando la realizzazione di alcune tipologie di opere (Cass., sent. n. 3927, 9 giugno 1988). Il condominio che, in violazione degli obblighi contenuti nel regolamento di condomino o portati da specifiche delibere assembleari, abbia realizzato delle opere capaci di determinare una violazione del decoro architettonico del fabbricato, può essere condannato alla demolizione e al ripristino dello status quo ante. E non finisce qui! Sarebbe configurabile, infatti, anche un’azione di risarcimento del danno cagionato al condominio. In questo caso, si ritiene che le eventuali somme percepite a titolo risarcitorio, debbano essere devolute a favore delle casse condominiali. • La diffida dell’amministratore Prima di mettere mano alla carta bollata, l’amministratore coscienzioso dovrebbe cercare di “chiamare all’ordine” il condomino che abbia violato il regolamento di condominio o che, comunque, abbia arrecato un danno ai beni condominiali. Oltre alla classica telefonata, è buona norma inviare quantomeno un richiamo scritto intimando al condomino di rimuovere il motore del condizionatore dalla facciata del fabbricato (riquadro 1). L’optimum sarebbe anche quello di proporre delle soluzioni alternative. RIQUADRO 1 Modello 2 – Diffida alla rimozione del condizionatore. (Luogo e data) Raccomandata a.r. Egr. Sig. .......................................... Via .......................... n. .... .......................................... Oggetto: Condominio via............................ – necessità di rimuovere il condizionatore dalla facciata condominiale Egr. sig..........................., faccio seguito al colloquio telefonico per rinnovarLe l’invito a voler rimuovere il motore del condizionatore installato sulla facciata condominiale, in prossimità della Sua finestra. L’immobile, come del resto a tutti ben noto, non è sottoposto a particolari vincoli di tutela ma è pur sempre un fabbricato di un certo pregio e sarebbe davvero un peccato comprometterne il decoro con l’installazione di impianti sulla facciata principale. L’articolo............... del regolamento condominiale, d’altra parte, vieta ai condomini di compromettere l’euritmia della facciata mentre l’articolo............... impone di sottoporre alla preventiva autorizzazione dell’assemblea la realizzazione di innovazioni relative ai beni comuni. Mi vedo quindi costretto, mio malgrado, a invitarLa formalmente alla rimozione dell’apparecchio e al ripristino dei luoghi. Se lo ritiene opportuno, potrà sottoporre all’attenzione dell’assemblea le Sue necessità. Sono comunque a Sua disposizione per valutare ogni possibile alternativa. Cordiali saluti. Consulente immobiliare 2014 QU1-21-28.indd 27 | 27 21/05/14 14.50 CONDOMINIO articolo • La tutela giudiziaria Le Sezioni Unite della Cassazione, con la sent. n. 4806, 7 marzo 2005, hanno sostanzialmente eliminato ogni differenza tra delibere nulle e annullabili per cui è opportuno che il condomino che sia in disaccordo con il condominio in ordine alla delibera assembleare assunta in tema di disciplina del decoro architettonico, impugni con i mezzi ordinari (ovvero nei 30 giorni) il relativo deliberato, diversamente non potrà far valere in altro modo le proprie eventuali ragioni. Non bisogna trascurare un ulteriore elemento. Il decoro architettonico sembrerebbe essere considerato dal nostro ordinamento come un mezzo di tutela di un diritto personale per cui l’assemblea non può decidere, autonomamente, se una certa opera è idonea o meno a ledere il decoro del fabbricato. In altre parole, è sufficiente che un solo condominio sia in disaccordo con l’assemblea, affinché le opere diventino illegittime. Sotto questo profilo, una via di fuga sarebbe ipotizzabile solo nel caso in cui l’assemblea si sia espressa con il voto favorevole di tutti i partecipanti al condominio (caso questo, più unico che raro, visto che i rapporti in ambito condominiale non sono mai del tutto agevoli). Per altro verso, il condomino che ritenga leso il decoro architettonico, può superare 28 | QU1-21-28.indd 28 l’eventuale autorizzazione concessa dall’assemblea rivolgendosi alle aule di giustizia chiedendo che venga accertata l’intervenuta violazione e ordinato il ripristino dei luoghi (TAR Liguria, Genova, Sez. I, sent. n. 192, 25 gennaio 2010). Sotto un diverso profilo, occorre tener presente che il giudice potrebbe sindacare solo la legittimità delle clausole regolamentari o delle delibere assembleari che tutelano il decoro architettonico, senza poter entrare nel merito. Di conseguenza, il condomino che ritiene che l’opera sia in contrasto con il decoro architettonico del fabbricato e che non sia riuscito a far valere le proprie ragioni in assemblea, può certamente ricorrere al Giudice per far accertare la lesione e ottenere una tutela sia ripristinatoria che risarcitoria (Cass. civ., Sez. II, sent. n. 1386, 31 gennaio 2012). In tema di tutela del decoro architettonico del fabbricato occorre non sottovalutare un ulteriore elemento: l’assoluta irrilevanza delle eventuali autorizzazioni e nulla osta ottenuti dalla Pubblica amministrazione. Questi provvedimenti, infatti, sono sempre rilasciati con la clausola “fatti salvi i diritti dei terzi” e il loro rilascio non preclude la strada a possibili azioni di tutela da parte dei condomini (Cass. civ., Sez. II, sent. n. 3123, 29 febbraio 2012 e sent. n. 1936/1977). Consulente immobiliare 2014 21/05/14 14.50 CONDOMINIO articolo Le autorizzazioni per la realizzazione dei lavori In linea di massima l’esecuzione di opere edili richiede il preventivo rilascio di un valido titolo abilitativo dei lavori. Negli ultimi anni abbiamo assistito a un progressivo alleggerimento degli adempimenti burocratici, specie in ambito edilizio e, con sempre maggior frequenza, si parla di “liberalizzazione” e “semplificazione” delle procedure edilizie. In virtù di questi principi, alcuni interventi edilizi minori possono essere eseguiti non solo in assenza del titolo edilizio ma anche senza una preventiva comunicazione alla Pubblica amministrazione. In tema di titoli abilitativi, dobbiamo, in primo luogo, sgombrare il campo da alcuni equivoci. Le opere edili, in genere, sono abbastanza complesse e, in tema di autorizzazioni, non bisogna aver riguardo al singolo lavoro ma al complesso delle opere poste in essere. Cerco di chiarire il concetto. Un conto è procedere alla totale ristrutturazione di un edificio e, con l’occasione, provvedere alla realizzazione dell’impianto di condizionamento, altra cosa è procedere solo ed esclusivamente alla realizzazione delle opere necessarie alla realizzazione dell’impianto. In questo caso, il più delle volte, sarà solo necessario procedere al montaggio delle staffe esterne su cui posizionare il motore, e montare “a spalla” lo split all’interno dell’unità immobiliare. È evidente che le opere di ristrutturazione totale dell’edificio seguiranno una disciplina (certamente più severa) rispetto al sem- plice montaggio del singolo impianto. In questa sede, per semplicità espositiva, ci limitiamo a prendere in esame l’ipotesi in cui debbano essere realizzate opere semplici, di poco conto, senza impatto edilizio e/o urbanistico. In tale ipotesi, l’installazione di un condizionatore dovrebbe rientrare nella cosiddetta “attività edilizia libera”, disciplinata, a livello nazionale, dall’art. 6 del D.P.R. 380 del 6 giugno 2001. Nel caso in cui si abbia la necessità di installare un impianto di grandi dimensioni, si potrebbe fare riferimento all’art. 6, comma 2, del T.U. edilizia per cui dovrebbe essere sufficiente una comunicazione di inizio dei lavori. Se, invece, dovesse essere necessario operare su parti strutturali dell’edificio, sarebbe necessaria una DIA ovvero una SCIA. Non bisogna dimenticare che, quando si parla di edilizia, l’attenzione al rispetto delConsulente immobiliare 2014 QU1-29-37.indd 29 | 29 21/05/14 16.43 CONDOMINIO articolo le procedure non è mai sufficiente per cui sarebbe sempre opportuno un chiarimento con l’Ufficio Tecnico Comunale anche perché la realizzazione di questa tipologia di opera potrebbe trovare una specifica disciplina nel regolamento edilizio comunale. Alcuni regolamenti, infatti, vietano in modo tassativo che i motori dei condizionatori possano essere montati, in modo da essere visibili dalla strada principale (divieto vigente in alcuni centri storici). Ma, in definitiva, volendo tirare le somme, l’installazione di un condizionatore è sottoposta al preventivo rilascio di un titolo abilitativo dei lavori? Il problema è semplice: il posizionamento del motore del condizionatore all’esterno dell’edificio, potrebbe essere interpretato come un intervento edilizio con conseguente alterazione della sagoma e dell’aspetto esteriore (art 10, comma 1, lett. c), D.P.R. 380/2001 e art. 146, D.Lgs. 42/2004). Il problema è stato recentemente affrontato dal TAR Puglia che ha fornito una risposta negativamente: si tratterebbe di attività edilizia che non comporta alcuna modifica apprezzabile della sagoma degli edifici e, come tale, rientrerebbe nella cosiddetta “attività libera” non idonea a ledere in modo apprezzabile né l’interesse paesaggistico né tanto meno quello urbanistico (Sez. III, sent. n. 347, 3 febbraio 2012). Il posizionamento del motore all’esterno della facciata, quindi, non comporta alcuna violazione delle norme edilizie e non dovrebbe essere necessaria alcuna comunicazione alla Pubblica amministrazione. In ogni caso, per precauzione, è sempre consigliabile effettuare una verifica presso l’ufficio tecnico del comune per informarsi sulle prassi seguite dal locale ufficio tecnico. Gli interventi sui fabbricati vincolati I centri storici costituiscono il fiore all’oc- 30 | QU1-29-37.indd 30 chiello della nostra bella Italia ma, allo stesso tempo, sono una croce per i fortunati proprietari di appartamenti posti nelle più belle piazze italiane, almeno quando si tratta di effettuare dei lavori. Potrebbe accadere, infatti, che il corpo di fabbrica sia sottoposto a vincolo da parte della Soprintendenza. In questo contesto entra in gioco il D.Lgs. 42 del 22 gennaio 2004, ovvero il cosiddetto Codice dei beni culturali e del paesaggio. Proprietari, possessori o semplici detentori di immobili sottoposti a vincolo o siti in aree vincolate, prima di eseguire dei lavori, anche se si tratta di interventi edilizi minori o di interventi di ristrutturazione, devono richiedere la prescritta autorizzazione all’Ente a cui è devoluta la tutela. Da tener presente che la legge protegge anche i beni di proprietà privata per i quali sia stato emesso un provvedimento contenente una dichiarazione di interesse culturale; gli immobili con più di settanta anni sono sottoposti a una presunzione di interesse culturale finché non sia intervenuta la preventiva verifica di interesse che dovrà essere richiesta dall’interessato. Nell’ipotesi in cui l’apposita procedura di verifica di interesse si concluda con esito negativo, i beni vengono esclusi da tutela e verranno considerati “liberi”. La Soprintendenza, a cui è istituzionalmente affidata la tutela del nostro patrimonio, esplica la propria attività attraverso tre vie parallele: conservazione, mantenimento e recupero. In questo contesto l’attività edilizia potrebbe rientrare in due diverse categorie: opere vietate in termini assoluti (distruzione, danneggiamento, uso incompatibile con il carattere storico-artistico del manufatto) o in termini relativi (per cui la realizzazione dell’opera è sottoposta alla preventiva autorizzazione). In questo contesto l’art. 21, comma 4, prescrive che «l’esecuzione di opere e lavori di qualunque genere su beni culturali è subordinata all’autorizzazione del soprintendente». Consulente immobiliare 2014 21/05/14 16.43 CONDOMINIO articolo Il successivo comma 5 chiarisce che: «L’autorizzazione è resa su progetto o, qualora sufficiente, su descrizione tecnica dell’intervento, presentati dal richiedente, e può contenere prescrizioni». In buona sostanza è necessario che l’interessato presenti una istanza, correlata da una relazione, per chiedere l’autorizzazione all’esecuzione delle opere. A questo punto, ci si chiede, queste prescrizioni valgono anche nel caso in cui si voglia montare un semplice condizionatore? La risposta non può che essere affermativa, a meno che non ci sia la disponibilità a correre il rischio di illeciti (anche involontari) con conseguente applicazioni di sanzioni amministrative e penali. Ovviamente la Soprintendenza baserà la propria decisione sulla nostra istanza per cui è opportuno essere chiari, allegare una documentazione fotografica sullo stato dei luoghi, essere disponibili a seguire le eventuali prescrizioni dettate dall’Ente. Nel proporre l’istanza, sarebbe buona norma tener presente che la Soprintendenza dovrebbe basare il proprio giudizio sull’impatto visivo, vigila per garantire il mantenimento delle originarie linee architettoniche e predilige (almeno di norma) interventi sobri. La relazione tecnica, quindi, dovrebbe mettere in luce la non invasività dell’intervento e la sua conformità all’ambiente circostante. Sarebbe opportuno fornire anche un file che dia sufficiente contezza dello stato dei luoghi prima e dopo l’intervento in maniera da rendere apprezzabile, dal punto di vista visivo, lo scarso impatto delle opere sull’ambiente circostante. Ai sensi dell’art. 28, il Soprintendente può ordinare la sospensione dei lavori in corso di esecuzione su beni culturali eseguiti senza la prescritta autorizzazione o in difformità da essa. Lo stesso potere inibitorio può essere esercitato su immobili che, anche se non sottoposti a tutela, potrebbero avere, a giudizio dell’Ente, gli elementi per essere sottoposti a vincolo (art. 28, comma 2). In relazione agli interventi in area vincolata occorre tener presente che la Corte di Giustizia UE (Sez. X, sent. 6 marzo 2014 resa nella causa C-206/13) ha chiarito che la Corte Europea non può interferire sulle norme nazionali in materia di tutela del paesaggio per cui la competenza a verificare l’abuso edilizio in zona vincolata sotto l’aspetto paesaggistico resta radicata presso il giudice nazionale. È sintomatico considerare che l’intervento dell’Unione Europea è stato chiesto da un cittadino italiano che si era visto notificare una ordinanza di rimessione in pristino per opere di modesta entità effettuate in zona sottoposta a vincolo paesaggistico ex art. 167 del cosiddetto “Codice Urbani” 42/2004. Nel caso in esame era stata respinta anche l’istanza di concessione edilizia in sanatoria da concedersi previo nulla osta della competente Soprintendenza dei beni culturali e ambientali. Proprio la Soprintendenza aveva adottato un’ordinanza-ingiunzione imponendo la rimessione in pristino dello stato dei luoghi mediante demolizione di tutte le opere abusivamente eseguite, nel termine di 120 giorni dal ricevimento della stessa. Consulente immobiliare 2014 QU1-29-37.indd 31 | 31 21/05/14 16.43 CONDOMINIO articolo MODELLO 1 Autorizzazione paesaggistica semplificata – Domanda (D.P.R. 139, 9 luglio 2010). Oggetto: Richiesta autorizzazione paesaggistica; esecuzione di .........., in zona .........., sottoposta a vincolo paesaggistico. Al Sig. SINDACO del comune di ......................... [La domanda deve essere presentata al comune in cui insiste il bene tutelato nell’ipotesi in cui le regioni abbiano demandato all’Ente Locale la tutela del paesaggio, diversamente la domanda andrà presentato al competente settore della regione.] Il/La sottoscritto/a ............................, nato/a a ............................, prov. ............, il ...../...../..........., residente in .........................., prov. .........................., CAP ............., via .........................., n. ..........., tel. ........................, fax ..............................., cell. ..............................., e-mail ......................................................................., C.F. |__|__|__|__|__|__|__|__|__|__|__|__|__|__|__|__|, P. IVA |__|__|__|__|__|__|__|__|__|__|__|, in qualità di: proprietario legale rappresentante della: società persona giuridica condominio ........................................................................................................................................................................ con sede a ............................................................., via ..............................................................., n. .......... CF |__|__|__|__|__|__|__|__|__|__|__|__|__|__|__|__|, P. IVA |__|__|__|__|__|__|__|__|__|__|__| tel. ................, fax ................, cell. ................, e-mail ................................, PEC ................................... dell’unità immobiliare posta in .........................., via .........................................................., n. .........., consapevole del fatto che, in caso di dichiarazione mendace o di falsità della sottoscrizione, verranno applicate, ai sensi dell’art. 76 del D.P.R. 445/2000, le sanzioni previste dal Codice Penale (art. 483) in materia di falsità negli atti, oltre alle conseguenze amministrative legate all’istanza e che il sottoscritto decadrà dai benefici eventualmente conseguenti al provvedimento emanato sulla base della dichiarazione non veritiera ai sensi di quanto disposto dall’art. 75 del D.P.R. 445/2000; ai sensi e per gli effetti dell’art. 47 del D.P.R. 445/2000 allega copia del documento d’identità, in quanto Proprietario unico Comproprietario insieme ai soggetti firmatari della presente, i cui dati anagrafici sono riportati nella tabella A; Titolare di altro diritto reale sull’immobile, consistente in: usufrutto uso abitazione Titolare di Contratto preliminare di compravendita, registrato con immissione nel possesso; Procuratore legale designato con procura notarile che si allega in copia; Tutore come da provvedimento del giudice tutelare che si allega in copia; Condomino-proprietario per opere strettamente pertinenti alla sua unità immobiliare che incidono su parti comuni; Responsabile dell’abuso; in forza del seguente titolo (indicare gli estremi completi del titolo): ........................................................................................................................................................................ sul seguente immobile sito in: comune di .............................................................., via............................................................., n. .......... censito in catasto terreni fabbricati al foglio ............. mapp. ............. sub .............. (segue) 32 | QU1-29-37.indd 32 Consulente immobiliare 2014 21/05/14 16.43 CONDOMINIO articolo DICHIARA – che, alla data odierna, lo stato di fatto dei luoghi e degli immobili come rappresentati negli allegati elaborati grafici è conforme alla realtà esistente; – che il progettato intervento edilizio non viola diritti di terzi o condominiali; – che qualora l’edificio fosse vincolato ai sensi della parte II del D.Lgs. 42/04 (ex legge 1089, 1.6.1939), occorre allegare l’autorizzazione della competente Soprintendenza ai Beni Ambientali e Architettonici; – che l’intervento rientra nelle competenza di codesta Amministrazione ai sensi della L.R. .............. – che l’intervento non è soggetto al regime ordinario, di cui all’art. 146 del D.Lgs. 42/2004, in quanto ricompreso nell’elenco delle opere di “lieve entità” di cui all’allegato 1, punto .................. del D.P.R. 139/2010 – che l’immobile: – ricade in zona assoggettata a vincolo idrogeologico sì no – è interno/è esterno al perimetro di aree regionali protette sì no (se sì, specificare).................................................................................................................................. – è sottoposto a tutela ai sensi degli artt. 10 e 11 del D.Lgs. 42/2004 (beni di interesse storico, artistico, archeologico, etnografico) sì no (se sì, specificare).................................................................................................................................. – è stato oggetto di precedenti autorizzazioni paesaggistiche sì no (se sì, specificare .............................................................................................. di cui si allega copia. CHIEDE l’autorizzazione paesaggistica SEMPLIFICATA ai sensi dell’art. 146, comma 9, del D.Lgs. 42/2004 e del Regolamento sul procedimento semplificato di cui al D.P.R. 139, 9.7.2010 per interventi di lieve entità; precisando che l’intervento rientra nei casi previsti nell’elenco di cui all’Allegato I del Regolamento e riguarda, in particolare, le opere indicate nell’elenco allegato; per realizzare le opere così come descritte in seguito e indicate negli elaborati allegati redatti da: Progettista (nome e cognome) ................................................, residente/con studio in ......................, via ............., n. ......., CAP .........., tel. .........., fax .........., cell. .........., e-mail ........................................., PEC .......................iscritto al n. ........... dell’Albo ................................ prov. di ...................................... consistenti, sinteticamente, in: ........................................................................................................................................................................ L’esecuzione delle opere è affidata a: ...................................., con sede a ........................., via ................................., CF/P.IVA ..........................., tel. ......................, fax ......................, cell. ......................, e-mail .........................................................., PEC ................................... iscritta alla CCIAA di ......................................, REA n. .................................... Allega: a) Marca da bollo; b) n. 4 copie della Relazione paesaggistica redatta secondo il modello di “Scheda per la presentazione della richiesta di autorizzazione paesaggistica per le opere il cui impatto paesaggistico è valutato mediante una documentazione semplificata”; c) estratti cartografici: CTR/IGM/Ortofoto, PRG/PGT, PPR/PTCP; d) documentazione fotografica; e) documentazione progettuale); (segue) Consulente immobiliare 2014 QU1-29-37.indd 33 | 33 21/05/14 16.43 CONDOMINIO articolo f) attestazione, rilasciata dal Comune territorialmente competente, circa la conformità del progetto alla disciplina urbanistica ed edilizia, in caso di opere assoggettate a permesso di costruire, ovvero, in caso di opere assoggettate a DIA, asseverazioni di cui all’art. 23 del D.P.R. 380/2001 redatte dal progettista; g) fotocopia del documento d’identità del richiedente. ...................., lì ................ IL RICHIEDENTE ........................................ INFORMATIVA CODICE IN MATERIA DI PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI (D.Lgs. 196/03 e successive modificazioni) – I dati personali e anche sensibili verranno trattati per le finalità istituzionali volte allo svolgimento e conclusione del procedimento la cui domanda è presentata nel rispetto di leggi e regolamenti; Il trattamento dei dati avverrà presso il Comune di ............, con l’utilizzo di procedure anche informatizzate, nei modi e nei limiti necessari per perseguire le predette finalità, nonché per l’eventuale pubblicazione in Internet per i servizi offerti on-line; titolare del trattamento è il Comune di ............; Responsabile del trattamento è il Dirigente del Coordinamento Edilizia Privata e del SUAP; – il conferimento dei dati è obbligatorio, in caso di mancato conferimento la domanda di cui sopra diverrà improcedibile e conseguentemente non sarà possibile ottenere l’autorizzazione paesaggistica, la compatibilità ambientale o validazione dell’intervento; – i dati potranno essere comunicati ad altri enti pubblici o a soggetti privati o diffusi esclusivamente nei limiti previsti da norme di legge o regolamento; – in ogni momento e rivolgendosi al responsabile indicato, sarà possibile esercitare i diritti di cui all’art. 7 del Codice nei confronti del titolare del trattamento e in particolare il diritto di conoscere i propri dati personali, di chiedere la rettifica, l’aggiornamento. ...................., lì ................ IL RICHIEDENTE ........................................ ALLEGATO – ELENCO COMPROPRIETARI Il/La sottoscritto/a ..........................., nato/a a .........................., prov. ............., il ..../..../........., residente in .................................., prov. ................................., CAP .............., via ...................................., n. ............., tel. ......................, fax ......................., cell. .........................., e-mail .........................................................., CF |__|__|__|__|__|__|__|__|__|__|__|__|__|__|__|__|, ai sensi e per gli effetti dell’art. 47 del D.P.R. 445/2000 allega copia del proprio documento d’identità e dichiara di essere comproprietario dell’immobile oggetto dell’intervento edilizio della presente domanda. ...................., lì ................ IL RICHIEDENTE ........................................ _______________ Il/La sottoscritto/a ..........................., nato/a a .........................., prov. ............., il ..../..../........., residente in .................................., prov. ................................., CAP .............., via ...................................., n. ............., tel. ......................, fax ......................., cell. .........................., e-mail .........................................................., CF |__|__|__|__|__|__|__|__|__|__|__|__|__|__|__|__|, ai sensi e per gli effetti dell’art. 47 del D.P.R. 445/2000 allega copia del proprio documento d’identità e dichiara di essere comproprietario dell’immobile oggetto dell’intervento edilizio della presente domanda. ...................., lì ................ 34 | QU1-29-37.indd 34 IL RICHIEDENTE ........................................ Consulente immobiliare 2014 21/05/14 16.43 CONDOMINIO articolo ALLEGATO – ELENCO DETTAGLIATO DELLE OPERE OGGETTO DI INTERVENTO Incremento di volume non superiore al 10% della volumetria della costruzione originaria e comunque non superiore a 100 m3 (la presente voce non si applica nelle zone territoriali omogenee “A” di cui all’art. 2 del D.M. 1444/1968, e a esse assimilabili e agli immobili soggetti a tutela ai sensi dell’art. 136, comma 1, lett. a), b) e c), del Codice). Ogni successivo incremento sullo stesso immobile è sottoposto a procedura autorizzatoria ordinaria; interventi di demolizione e ricostruzione con il rispetto di volumetria e sagoma preesistenti. (questa voce non si applica agli immobili soggetti a tutela ai sensi dell’art. 136, comma 1, lett. a), b) e c), del Codice); interventi di demolizione senza ricostruzione o demolizione di superfetazioni (questa voce non si applica agli immobili soggetti a tutela ai sensi dell’art. 136, comma 1, lett. a), b) e c), del Codice); interventi sui prospetti degli edifici esistenti, quali: aperture di porte e finestre o modifica delle aperture esistenti per dimensione e posizione; interventi sulle finiture esterne, con rifacimento di intonaci, tinteggiature o rivestimenti esterni, modificativi di quelli preesistenti; realizzazione o modifica di balconi o terrazze; inserimento o modifica di cornicioni, ringhiere, parapetti; chiusura di terrazze o di balconi già chiusi su tre lati mediante installazione di infissi; realizzazione, modifica o sostituzione di scale esterne (questa voce non si applica agli immobili soggetti a tutela ex art. 136, comma 1, lett. a), b) e c) del Codice); interventi sulle coperture degli edifici esistenti, quali: rifacimento del manto del tetto e delle lattonerie con materiale diverso; modifiche indispensabili per l’installazione di impianti tecnologici; modifiche alla inclinazione o alla configurazione delle falde; realizzazione di lastrici solari o terrazze a tasca di piccole dimensioni; inserimento di canne fumarie o comignoli; realizzazione o modifica di finestre a tetto e lucernari; realizzazione di abbaini o elementi consimili (questa voce non si applica agli immobili soggetti a tutela ex art. 136, comma 1, lett. a), b) e c), del Codice); modifiche che si rendono necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica ovvero per il contenimento dei consumi energetici degli edifici; realizzazione o modifica di autorimesse pertinenziali, collocate fuori terra ovvero parzialmente o totalmente interrate, con volume non superiore a 50 m3, compresi percorsi di accesso ed eventuali rampe. Ogni successivo intervento di realizzazione o modifica di autorimesse pertinenziale allo stesso immobile è sottoposto a procedura autorizzatoria ordinaria; realizzazione di tettoie, porticati, chioschi da giardino e manufatti consimili aperti su più lati, aventi una superficie non superiore a 30 m2; realizzazione di manufatti accessori o volumi tecnici di piccole dimensioni (volume non superiore a 10 m3); interventi necessari al superamento delle barriere architettoniche, anche comportanti modifica dei prospetti o delle pertinenze esterne degli edifici, ovvero realizzazione o modifica di volumi tecnici. Sono fatte salve le procedure semplificate ai sensi delle leggi speciali di settore (la presente voce non si applica agli immobili soggetti a tutela ex art. 136, comma 1, lett. a), b) e c), del Codice); realizzazione o modifica di cancelli, recinzioni, o muri di contenimento del terreno (la presente voce non si applica agli immobili soggetti a tutela ai sensi ex art. 136, comma 1, lett. a), b) e c), del Codice); (segue) Consulente immobiliare 2014 QU1-29-37.indd 35 | 35 21/05/14 16.43 CONDOMINIO articolo interventi di modifica di muri di cinta esistenti senza incrementi di altezza; interventi sistematici nelle aree di pertinenza di edifici esistenti, quali: pavimentazioni, accessi pedonali e carrabili di larghezza non superiore a 4 m, modellazioni del suolo, rampe o arredi fissi (la presente voce non si applica agli immobili soggetti a tutela ex art. 136, comma 1, lett. a), b) e c), del Codice); realizzazione di monumenti ed edicole funerarie all’interno delle zone cimiteriali; posa in opera di cartelli e altri mezzi pubblicitari non temporanei ex art. 153 del Codice, di dimensioni inferiori a 18 m2, ivi comprese le insegne per le attività commerciali o pubblici esercizi (la presente voce non si applica agli immobili soggetti a tutela ex art. 136, comma 1, lett. a), b) e c), del Codice); collocazione di tende da sole sulle facciate degli edifici per locali destinati ad attività commerciali e pubblici esercizi; interventi puntuali di adeguamento della viabilità esistente, quali: adeguamento di rotatorie, riconfigurazione di incroci stradali, realizzazione di banchine e marciapiedi, manufatti necessari per la sicurezza della circolazione, nonché quelli relativi alla realizzazione di parcheggi a raso a condizione che assicurino la permeabilità del suolo, sistemazione e arredo di aree verdi; interventi di allaccio alle infrastrutture a rete, ove comportanti la realizzazione di opere in soprasuolo; linee elettriche e telefoniche su palo a servizio di singole utenze di altezza non superiore, rispettivamente, a metri 10 e a metri 6,30; adeguamento di cabine elettriche o del gas, ovvero sostituzione delle medesime con altre di tipologia e dimensioni analoghe; interventi sistematici di arredo urbano comportanti l’installazione di manufatti e componenti, compresi gli impianti di pubblica illuminazione; installazione di impianti tecnologici esterni per uso domestico autonomo, quali condizionatori e impianti di climatizzazione dotati di unità esterna, caldaie, parabole, antenne (questa voce non si applica agli immobili soggetti a tutela ex art. 136, comma 1, lett. a), b) e c), del Codice); parabole satellitari condominiali e impianti di condizionamento esterni centralizzati, nonché impianti per l’accesso alle reti di comunicazione elettronica di piccole dimensioni con superficie non superiore a 1 m2 o volume non superiore a 1 m3 (la presente voce non si applica agli immobili soggetti a tutela ex art. 136, comma 1, lett. a), b) e c), del Codice); installazione di impianti di radiocomunicazioni elettroniche mobili, ex art. 87 del D.Lgs. 259/2003, che comportino la realizzazione di supporti di antenne non superiori a 6 metri se collocati su edifici esistenti, e/o la realizzazione di sopralzi di infrastrutture esistenti come pali o tralicci, non superiori a 6 metri, e/o la realizzazione di apparati di telecomunicazioni a servizio delle antenne, costituenti volumi tecnici, tali comunque da non superare l’altezza di metri 3 se collocati su edifici esistenti e di metri 4 se posati direttamente a terra; installazione in soprasuolo di serbatoi di GPL di dimensione non superiore a 13 m3, e opere di recinzione e sistemazione correlate; impianti tecnici esterni al servizio di edifici esistenti a destinazione produttiva, quali sistemi per la canalizzazione dei fluidi mediante tubazioni esterne, lo stoccaggio dei prodotti e canne fumarie; posa in opera di manufatti completamente interrati (serbatoi, cisterne ecc.), che comportino la modifica della morfologia del terreno, comprese opere di recinzione o sistemazione correlate; pannelli solari, termici e fotovoltaici fino a una superficie di 25 m2 (la presente voce non si applica nelle zone territoriali omogenee “A” ex DM n. 1444/1968 e a esse assimilabili, e nelle aree vincolate ex art. 136, comma 1, lett. a), b) e c), del Codice), ferme restando le diverse e più favorevoli previsioni del D.Lgs. 115/2008, recante “Attuazione della dir. n. 2006/32/CE relativa all’efficienza degli usi finali dell’energia e i servizi energetici e abrogazione della dir. n. 93/76/CEE”, e dell’art. 1, comma 289, legge 244/2007 (legge finanziaria 2008)”; (segue) 36 | QU1-29-37.indd 36 Consulente immobiliare 2014 21/05/14 16.43 CONDOMINIO articolo nuovi pozzi, opere di presa e prelievo da falda per uso domestico, preventivamente assentiti dalle Amministrazioni competenti, comportanti la realizzazione di manufatti in soprasuolo; tombinamento parziale di corsi d’acqua per tratti fino a 4 metri ed esclusivamente per dare accesso ad abitazioni esistenti e/o a fondi agricoli interclusi, nonché la riapertura di tratti tombinati di corsi d’acqua; interventi di ripascimento localizzato di tratti di arenile in erosione, manutenzione di dune artificiali in funzione antierosiva, ripristino di opere di difesa esistenti sulla costa; ripristino e adeguamento funzionale di manufatti di difesa dalle acque delle sponde dei corsi d’acqua e dei laghi; taglio selettivo di vegetazione ripariale presente sulle sponde o sulle isole fluviali; riduzione di superfici boscate in aree di pertinenza di immobili esistenti, per superfici non superiori a 100 m2, preventivamente assentita dalle amministrazioni competenti; ripristino di prati stabili, prati pascolo, coltivazioni agrarie tipiche, mediante riduzione di aree boscate di recente formazione per superfici non superiori a 5.000 m2, preventivamente assentiti dalle amministrazioni competenti; taglio di alberi isolati o in gruppi, ove ricompresi nelle aree ex art. 136, comma 1, lett. c) e d), del Codice, preventivamente assentito dalle amministrazioni competenti; manufatti realizzati in legno per ricovero attrezzi agricoli, con superficie non superiore a 10 m2; occupazione temporanea di suolo privato, pubblico, o di uso pubblico, con strutture mobili, chioschi e simili, per un periodo superiore a 120 giorni; strutture stagionali non permanenti collegate ad attività turistiche, sportive o del tempo libero, da considerare come attrezzature amovibili. REAL ESTATE SOCIAL HOUSING: OLTRE IL PROGETTO NOVITÀ di Maria Luisa Del Gatto Pagg. 224 – € 35,00 Il prodotto è disponibile anche nelle librerie professionali. Trova quella più vicina all’indirizzo www.librerie.ilsole24ore.com Consulente immobiliare 2014 QU1-29-37.indd 37 | 37 21/05/14 16.43 CONDOMINIO articolo Le immissioni rumorose Anche gli ambienti domestici non sono esenti da fonti rumorose, in genere provenienti da elettrodomestici di uso comune: un frullatore, il frigo, l’autoclave, le tapparelle, la lavatrice, l’aspirapolvere, l’impianto di allarme generano comunque dei “rumori di fondo” a cui, forse, non facciamo più caso perché siamo ormai assuefatti. Il concetto di immissione viene generalmente collegato a quello di “rumore” ma, a ben guardare, potrebbero essere problemi diversi si pensi, per esempio, alle immissioni di calore che, se particolarmente intenso, potrebbero essere oltremodo fastidiose. In proposito dobbiamo ricordare che il motore del condizionatore genera calore che viene dissipato nell’ambiente esterno tramite le ventole dell’apparecchio. Sarà quindi buona norma fare in modo che il calore generato dal nostro impianto non infastidisca i vicini. Chi installa un impianto di condizionamento, quindi, deve fare i conti anche con una serie di immissioni di varia natura anche se quelle più frequenti e fastidiose potrebbero essere quelle sonore, provocate da vibrazioni più che dalla “meccanica” del motore. Alcuni condizionatori, in genere quelli più datati o di marche scadenti, spesso diventano particolarmente rumorosi e possono infastidire i vicini, specie se hanno il sonno leggero e dormono con le finestre aperte. Nel caso in cui «il rumore sia stato avvertito fastidiosamente da un numero imprecisato di vicini di casa» potrebbe essere configurabile anche il reato di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone ex art. 659 cod. pen. 38 | QU1-38-44.indd 38 Art. 659 cod. pen. – Disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone Chiunque, mediante schiamazzi o rumori, ovvero abusando di strumenti sonori o di segnalazioni acustiche, ovvero suscitando o non impedendo strepiti di animali, disturba le occupazioni o il riposo delle persone, ovvero gli spettacoli, i ritrovi o i trattenimenti pubblici, è punito con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a € 309. Si applica l’ammenda da € 103 a € 516 a chi esercita una professione o un mestiere rumoroso contro le disposizioni della legge o le prescrizioni dell’Autorità. Sotto questo profilo occorre tenere sempre a mente che il concetto di “disturbo” è relativo; il reato non sussiste nell’ipotesi in cui i rumori siano avvertiti dagli occupanti di un solo appartamento e non (anche) da altri soggetti abitanti nel vicinato. Consulente immobiliare 2014 21/05/14 16.46 CONDOMINIO articolo Il reato, in parole povere, “scatta” solo nell’ipotesi in cui il disturbo venga avvertito da un numero indeterminato di soggetti in quanto è necessario che i rumori prodotti, oltre a essere superiori alla normale tollerabilità, abbiano l’attitudine a propagarsi, a diffondersi, in modo da essere idonei a disturbare una pluralità indeterminata di persone (Cass. pen., Sez. I, sent. n. 28874, 8 luglio 2013; Cass., sent. n. 6546, 11 febbraio 2013; Cass. pen., Sez. I, sent. n. 270, 11 gennaio 2012; sent. n. 47298, 29 novembre 2011; sent. n. 1406, 21 dicembre 1996; sent. n. 5578, 6 novembre 1995; sent. n. 3348, 16 gennaio 1995 e sent. n. 7753, 20 maggio 1994). Peraltro, in altre circostanze, il Palazzaccio ha ritenuto che il reato si consuma quando ci sia la lamentela (attuale) anche da parte di un solo vicino mentre le immissioni siano potenzialmente capaci di disturbare un numero illimitato di persone (Cass. pen., Sez. I, sent. n. 47298, 29 novembre 2011 e sent. n. 23130, 5 luglio 2006). In altra situazione la Cassazione ha ritenuto che il condomino dovesse necessariamente rimuovere l’impianto di condizionamento rumoroso se le immissioni sonore siano talmente gravi da arrecare disturbo al riposo o alle occupazioni delle persone e ciò anche nel caso in cui non sia stata fornita la prova che i rumori siano molesti anche per altri condomini (Cass. pen., Sez. I, sent. n. 34240, 23 settembre 2005). E ancora, intervenendo in materia di immissioni sonore, il Palazzaccio con la dec. n. 18517 del 17 marzo 2010, ha configurato la contravvenzione ex art. 645 cod. pen. nelle immissioni capaci di travalicare la normale tollerabilità. Insomma, per farla breve, la giurisprudenza sembra oscillare ma abbiamo pur sempre un dato certo: è quantomeno opportuno non disturbare i vicini, diversamente c’è il fondato pericolo che questi ultimi, prima o poi, perdano la pazienza e facciano valere le loro ragioni prima in assemblea, rinfocolando vecchi rancori, e poi nelle aule di giustizia. La materia è disciplinata dall’art. 844 cod. civ. che impone il divieto di immissioni che superino la soglia della normale tollerabilità. Art. 844 cod. civ. – Immissioni Il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino, se non superano la normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi. Nell’applicare questa norma l’autorità giudiziaria deve contemperare le esigenze della produzione con le ragioni della proprietà. Può tener conto della priorità di un determinato uso. La norma, creata per disciplinare il rapporto tra fondi vicini, anche se non confinanti tra loro, trova applicazione anche all’interno dei rapporti condominiali. La giurisprudenza, infatti, ritiene applicabili i principi in materia di immissioni (che possono essere di fumo, calore, odore e rumori) anche negli edifici in condominio. Le immissioni consistono in intrusioni di fumo, calore, esalazioni, rumori, scuotimenti e consimili che derivano, direttamente e/o indirettamente, dall’attività di un condomino e che, in qualche maniera, invadono la sfera della proprietà del vicino limitandone e/o impedendo il legittimo e pieno godimento della proprietà. Ma non tutte le immissioni sono vietate. Anzi, a ben vedere, il Legislatore parte proprio dal presupposto che esiste una certa “immissione di fondo” naturalmente legata allo svolgimento delle attività umane. A essere vietate sono solo le immissioni che superano la normale tollerabilità. Non sfugge che determinare il concetto di normale tollerabilità non è del tutto agevole perché naturalmente legato a valutazioni di tipo soggettivo e personale. Ciò che può essere normale e tollerabile per un soggetto, potrebbe diventare assolutamente insopportabile per altri e certamente non finisce qui, in quanto occorre avere riguardo allo stato dei luoghi. Chi vive in prossimità delle torri campanarie non avverte neanche Consulente immobiliare 2014 QU1-38-44.indd 39 | 39 21/05/14 16.46 CONDOMINIO articolo il suono delle campane perché ormai rientra nelle abitudini ed è ormai talmente assuefatto da non avvertire alcun disturbo. Il suono della medesima campana potrebbe essere assolutamente insopportabile per altri, ma questo non vuol dire che si possa imbavagliare le campane e impedire al Parroco di chiamare i fedeli a raccolta. Ovvio che chi sceglie di vivere in prossimità della torre campanaria dovrà, obtorto collo, “assuefarsi” all’ambiente circostante o..... rassegnarsi a fare le valigie. A questo punto, ovviamente, occorre fissare un criterio generale. In linea di massima si parte dal presupposto che ciascun proprietario è costretto a subire un certo numero di immissioni provenienti dal fondo del vicino. Solo ciò che supera un certo limite viene a essere individuato come intollerabile e, come tale, può essere ordinata l’inibitoria. Le immissioni sonore L’inquinamento acustico è un problema molto complesso che richiede uno specifico approfondimento. In questa sede ci limitiamo ad accennare ad alcuni concetti senza entrare nel dettaglio delle problematiche progettuali nell’ambito dell’acustica ambientale (valutazione di impatto acustico, valutazione previsionale del clima acustico) e limitandoci a fornire solo alcuni cenni sui limiti acustici riportati dalla normativa vigente e su alcune prassi giurisprudenziali introdotte dalla Corte di Cassazione. Il primo esempio di normativa in materia di inquinamento acustico è rappresentato dal D.P.C.M. 1° marzo 1991 “Limiti massimi di esposizione al rumore negli ambienti abitativi e nell’ambiente esterno” parzialmente modificato dalla Corte Costituzionale che, con la sent. n. 517 del 30 dicembre 1991, ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 3, comma 1, seconda e terza proposizione, nonché degli artt. 4 e 5. La materia è stata successivamente ridisegnata dalla legge 447 del 26 ottobre 1995 “Legge quadro sull’inquinamento acustico” e da una serie di successivi decreti portanti una disciplina di dettaglio. A questo punto giova introdurre una parentesi precisando che la Legge Quadro detta solo dei principi di massima delegando il Governo all’emanazione di una serie di regolamenti e provvedimenti attuativi. Come spesso accade (purtroppo) nel nostro ordinamento, tali deleghe sono state solo in parte eseguite e, con tempestività tutta italiana, sono state portate a termine fuori tempo massimo. Quali le conseguenze? È presto detto! A rigore tutti i decreti attuativi della legge 447/1995 dovrebbero essere considerati illegittimi per eccesso di delega. Il D.P.C.M. 14 novembre 1997 “Determinazione dei valori limite delle sorgenti sonore” determina i valori limite di emissione, i valori limite di immissione, i valori di attenzione e i valori di qualità riferiti alle specifiche classi di destinazione d’uso del territorio. Il decreto riprende il concetto di criterio differenziale, introdotto dal D.P.C.M. 1° marzo 1991, specificando (art. 4) i valori limite e i criteri di applicabilità. L’art. 2, comma 1, lett. e) della legge 447/1995 definisce come valore limite d’emissione «il valore massimo di rumore che può essere emesso da una sorgente sonora misurato in prossimità della sorgente stessa». La tabella A del D.P.C.M. del 1997 fissa le classi di destinazione d’uso del territorio che dovrebbero essere adottate dai comuni:1 a ciascuna classe dovrebbe corrispondere un diverso livello sonoro. La tabella B, allegata al D.P.C.M. 14 novembre 1997 (riquadro 1) fissa i valori limite riferiti alle sorgenti fisse e mobili (art. 2, comma 1). Tali valori variano in funzione di due elementi: del periodo di riferimento (diurno/notturno) e alle classi di destinazione d’uso del territorio. Non tutti i comuni si sono dotati dei necessari piani di classificazione acustica per cui non sempre è possibile fare riferimento alla strumentazione comunale o chiedere ausilio ai tecnici comunali. 1 40 | QU1-38-44.indd 40 Consulente immobiliare 2014 21/05/14 16.46 CONDOMINIO articolo RIQUADRO 1 Tabella B allegata al D.P.C.M. 14.11.1997 – Valori limite. Classe d’appartenenza Periodo diurno (6:0022:00) Periodo notturno (22:006:00) I (aree particolarmente protette) 45 dB(A) 35 dB(A) II (aree prevalentemente residenziali) 50 dB(A) 40 dB(A) III (aree di tipo misto) 55 dB(A) 45 dB(A) IV (aree di intensa attività umana) 60 dB(A) 50 dB(A) V (aree prevalentemente industriali) 65 dB(A) 55 dB(A) VI (aree esclusivamente industriali) 65 dB(A) 65 dB(A) L’art. 2, comma 1, lett. f) della Legge Quadro, definisce come valore limite d’immissione, «il rumore indotto che può essere immesso da una o più sorgenti sonore nell’ambiente abitativo e nell’ambiente esterno, misurato in prossimità dei ricettori» e, nel successivo comma 3, punto a) specifica che i «valori limite assoluti, determinati con riferimento al livello equivalente di rumore ambientale». In parole povere, il “rumore di fondo” oscilla in funzione di una serie di parametri che dovrebbero essere fissati in funzione della “zonizzazione” prevista a livello di piano dal comune. Se una abitazione si trova in prossimità di una zona industriale, ci sarà un rumore di fondo più alto rispetto a una abitazione in zona residenziale e, all’interno delle zone residenziali, le unità immobiliari che, per ipotesi, dovessero trovarsi vicine a un asse ferroviario o in prossimità del capolinea del bus urbano avranno un rumore di fondo più intenso rispetto al centro storico. Di conseguenza, le immissioni sonore provenienti da un impianto di condizionamento non dovrebbero superare il “tasso soglia” fissato in relazione all’area territoriale in cui esso è installato. Per avere dei parametri precisi sarebbe opportuno fare riferimento alle strutture del proprio comune che dovrebbero essere in grado di fornire i dati necessari. Gli uffici di riferimento potrebbero essere presso lo sportello unico dell’edilizia (SUE) ovvero presso la locale ASL. Sotto questo profilo occorre tener presente che non tutti i comuni hanno provveduto alla zonizzazione acustica del territorio né hanno adottato i provvedimenti necessari a fissare i criteri limite per le varie aree territoriali. VALORI LIMITE D’IMMISSIONE IN FUNZIONE DELLA CLASSE DI DESTINAZIONE D’USO DEL TERRITORIO Classe d’appartenenza Periodo diurno (6:0022:00) Periodo notturno (22:006:00) I (aree particolarmente protette) 50 dB(A) 40 B(A) II (aree prevalentemente residenziali) 55 dB(A) 45 dB(A) III (aree di tipo misto) 60 dB(A) 50 dB(A) IV (aree di intensa attività umana ) 65 dB(A) 55 dB(A) V (aree prevalentemente industriali) 70 dB(A) 60 dB(A) VI (aree esclusivamente industriali) 70 dB(A) 70 dB(A) Per comprendere quanto possa essere arduo fissare dei criteri oggettivi, bisogna considerare che non sembra esistere neanche certezza sulle modalità con cui dovrebbero essere effettuati i campionamenti relativi al valore delle emissioni sonore. Secondo l’art. 2, comma 1, lett. e) della Legge Quadro, la misurazione dovrebbe essere effettuata «in prossimità della sorgente» rumorosa. In questo caso troverebbe applicazione il D.M. 16 marzo Consulente immobiliare 2014 QU1-38-44.indd 41 | 41 21/05/14 16.46 CONDOMINIO articolo 1998 “Tecniche di rilevamento e di misurazione dell’inquinamento acustico” che, peraltro, non contiene alcuna indicazione circa le modalità di espletamento della misura (manca, in definitiva, ogni indicazione su altezza dal suolo, distanza dalla sorgente, angolazione rispetto alla direzione di massima emissione ecc.). Secondo il D.P.C.M. 14 novembre 1997, art. 2, comma 3, «i rilevamenti e le verifiche sono effettuati in corrispondenza degli spazi utilizzati da persone e comunità». È evidente che, in mancanza di certezze, tutto diventa opinabile e discutibile con buona pace di progettisti, consulenti tecnici e avvocati. I criteri di valutazione – La “normale tollerabilità” deve essere riferita al contesto circostante. – A zone territoriali diverse corrisponde l’applicazione di differenti criteri di valutazione. – In caso di conflitto, bisogna procedere alla comparazione degli opposti interessi comparando le esigenze della produzione con quelle della tutela della proprietà. La normale tollerabilità Secondo una giurisprudenza ormai ampiamente consolidata, il limite della “normale tollerabilità” può dirsi superato nell’ipotesi in cui la differenza tra il rumore di fondo e quello generato dalla sorgente sonora sottoposta a esame sia superiore ai 3 dB (Trib. Genova 23 aprile 2011; App. Milano 28 febbraio 1995; App. Milano 29 novembre 1992; App. Milano 17 luglio 1992; Trib. Savona, 31 gennaio 1990; App. Milano 17 giugno 1988; App. Milano, 9 maggio 1986; Trib. Lecco, 26 giugno 1984; Cass., sent. n. 5157, 27 luglio 1983; Trib. Monza, 26 gennaio 1982; Cass., sent. n. 5695, 4 dicembre 1978 e sent. n. 38, 6 gennaio 1978). Viene applicato il cosiddetto criterio comparativo che parte dal presupposto che un “uomo medio” non riesca a sopportare un aumento di 3 decibel del rumore di fondo. Ma perché si parla di un differenziale di 3 decibel? 42 | QU1-38-44.indd 42 Questa misura viene fissata in base a nozioni di comune esperienza. Si ritiene che un uomo-medio possa percepire variazioni sonore nell’ordine di un solo decibel; si ritiene, altresì, che un aumento di 3 decibel corrisponda a un raddoppio dell’intensità sonora e che, oltre questa soglia, il rumore diventi insopportabile. Il nostro codice civile, come abbiamo visto, contiene un generico riferimento al concetto di normale tollerabilità ma non specifica quando il livello sonoro possa diventare intollerabile. Abbiamo visto che la giurisprudenza si è attestata sulla soglia dei tre decibel. A questo punto possiamo aggiungere un ulteriore tassello: la raccomandazione ISO n. 1996/1971 “Valutazione del rumore in rapporto alle reazioni delle collettività” prescrive che: – si deve considerare come livello rumore di fondo il più basso livello di rumore riscontrato e che si ripete più volte durante il periodo di misura in assenza della sorgente disturbante; – in alternativa può essere impiegato il livello statistico cumulativo L95. Tale livello viene definito come il livello di pressione sonora che viene superato durante il 95% del tempo di osservazione. Occorre tenere presente, peraltro, che l’art. 844 cod. civ., pur riconoscendo il diritto del proprietario di non subire delle immissioni superiori alla normale tollerabilità, introduce, con il secondo comma, un limite rappresentato dall’esigenza di tutelare la produzione. In realtà si tratta di una disposizione sorta nel regime fascista per tutelare quello che, all’epoca, veniva considerato come “il preminente interesse della Nazione”, ovvero salvaguardare la produzione industriale. Ai nostri giorni, vista la perdurante crisi economica e i correlati problemi occupazionali, la stessa disposizione dovrebbe assumere ancor più valore, ma per garantire l’occupazione. La Cassazione ha preso in considerazione anche l’ipotesi, in pratica assai frequente, che il fabbricato sia “misto” ovvero costituito sia da unità abitative che commerciali. In Consulente immobiliare 2014 21/05/14 16.46 CONDOMINIO articolo questo caso ci si chiede se debbano prevalere le ragioni della produzione o quelle delle abitazioni. In tale ipotesi «il criterio dell’utilità sociale, cui è informato l’art. 844 cod. civ. impone di graduare le esigenze in rapporto alle istanze di natura personale ed economica dei condomini, privilegiando alla luce dei disposti costituzionali le esigenze di vita connesse all’abitazione rispetto alle utilità meramente economiche inerenti all’esercizio di attività commerciali» (Cass., sent. n. 3090, 15 marzo 2003). In alcune circostanze la Cassazione, chiamata a decidere in tema di immissioni sonore prodotte da un condizionatore, ha precisato che non conta soltanto il limite di legge ai fini della tollerabilità dell’immissione sonora essendo invece necessario considerare anche lo stato dei luoghi in cui il rumore viene prodotto. L’art. 844 cod. civ., infatti, impone di contemperare l’esercizio delle attività produttive con la tutela del diritto di proprietà. Nel caso in esame un professionista ha ottenuto l’inibitoria nonostante fosse stato accertato il mancato superamento della soglia rumorosa prevista dalla legge. Per quale motivo? I rumori dell’impianto di climatizzazione del vicino nuocevano alle attività professionali del professionista che svolgeva una attività intellettuale e di studio che imponeva particolare tranquillità (Cass. civ., Sez. II, sent. n. 939, 18 gennaio 2011). Ciò vuol dire che il concetto di “normale tollerabilità” non può essere determinato in maniera assoluta e oggettiva ma si riferisce a una configurazione ambientale specifica circoscritta nello spazio, che va valutata in relazione al rapporto che si insatura fra singolo individuo (anzi, a questo punto, tra l’attività professionale esercitata dal singolo individuo) e la sorgente sonora. Le caratteristiche dell’azione giudiziaria Abbiamo visto, seppur a grandi linee, che le immissioni diventano illegittime quando su- perano una certa soglia di tolleranza fissata dalla legge nei 3 decibel superiori al rumore di fondo. A questo punto dobbiamo porci altri quesiti: chi può agire e nei confronti di chi? La legittimazione (ovvero il potere di proporre l’azione) spetta al proprietario dell’immobile e/o al soggetto che ha il diritto di godere e di disporne (familiari del proprietario, inquilini). La legittimazione passiva (ovvero il soggetto nei cui confronti deve essere proposta l’azione) compete al proprietario dell’immobile dal quale si propagano le immissioni ovvero nei confronti dell’inquilino, considerato come artefice materiale delle immissioni (Cass. civ., Sez. III, sent. n. 8999, 29 aprile 2005). E del resto appare logico ritenere che l’azione possa essere proposta nei confronti dell’inquilino, quando miri a far sospendere le immissioni e, quindi, della turbativa (Cass., sent. n. 15392, 1° dicembre 2000; sent. n. 4086, 9 maggio 1997; sent. n. 2598, 23 marzo 1996 e sent. n. 1086, 15 ottobre 1998), ovvero nei confronti del proprietario, quando miri al risarcimento del danno. In tale ultima ipotesi avremmo un’azione risarcitoria riconducibile al criterio generale del neminem laedere ex art. 2043 cod. civ. (Cass., sent. n. 11915, 7 agosto 2002 e sent. n. 15509, 6 dicembre 2000). Secondo una giurisprudenza più remota, l’azione dovrebbe essere proposta nei confronti del proprietario nell’ipotesi in cui si chieda di procedere all’esecuzione di lavori di straordinaria manutenzione necessari per l’abbattimento delle immissioni allo scopo di riportarle all’interno della “soglia”. In questo caso, infatti, trattandosi di opere di straordinaria manutenzione, i relativi costi rimarrebbero a carico del proprietario e non dell’inquilino (Cass., sent. n. 2598, 23 marzo 1996 e sent. n. 13069, 22 dicembre 1995). Una forma di responsabilità aggravata del locatore potrebbe essere configurata nel caso in cui esso avesse coscientemente concesso in locazione l’immobile ben sapendo che l’atConsulente immobiliare 2014 QU1-38-44.indd 43 | 43 21/05/14 16.46 CONDOMINIO articolo tività espletata avrebbe comportato delle immissioni eccedenti la normale tollerabilità (Cass., sent. n. 1833, 31 maggio 1976). La Cassazione ha ritenuto che, una volta che sia stata accertato che le immissioni sonore prodotte da macchine di condizionamento (nel caso in esame si parlava di “torri di raffreddamento”) abbiano superato la soglia della normale tollerabilità, al danneggiato spetterebbe comunque il risarcimento, ma limitatamente al periodo temporale in cui abbia subito il danno (fermo restando che occorre farsi carico di provare l’entità del danno subito a causa delle immissioni illegittime). L’azione mira a far accertare l’esistenza delle immissioni e a ottenerne l’inibitoria; in parole povere si chiede al Giudice di accertare l’esistenza del fenomeno molesto, individuarne le causa e ordinare al responsabile di cessare la turbativa ovvero ordinare al responsabile della turbativa di adottare tutte le cautele atte a riportare le immissioni nei limiti della normale tollerabilità avuto riguardo alla condizione dei luoghi. Parallelamente il danneggiato potrebbe chiedere anche il risarcimento del danno subito; in tale contesto potrebbe essere chiesto il risarcimento del danno alla salute. Secondo la Corte d’Appello di Milano, il danneggiato ha l’onere di fornire la prova che la lesione della propria integrità psicofisica sia derivata da stress indotto dal rumore illecitamente provocato da un impianto di condizionamento, diversamente il danno biologico non è risarcibile (App. Milano, sent. n. 688, 4 marzo 2003). Abbiamo visto, in precedenza, che la tutela del decoro architettonico può essere azionata solo da un condomino essendo improponibile, per esempio, l’azione proposta dal dirimpettaio ovvero dal proprietario di un appartamento posto nel fabbricato di fronte. In tema di immissioni la situazione cambia radicalmente. L’azione, infatti, non deve necessariamente essere proposta da un condominio ma potrebbe essere portata avanti da chiunque ne abbia interesse. È ovvio che se il rumore del condizionatore disturba il vicinato anche se non rientra nello stesso condominio, certamente ci sarà l’interesse ad agire per far cessare la turbativa. Per finire, ricordiamo che, secondo il Tribunale di Udine, rientra nelle competenze del Giudice di Pace la controversia relativa alle modalità di utilizzo del muro perimetrale dell’edificio condominiale, relativamente all’installazione del condizionatore secondo le modalità più conveniente dal punto di vista estetico e dell’eventuale inquinamento acustico e ambientale (Trib. Udine, 16 luglio 2001). PROPRIETÀ E IMMOBILI MANUALE DEL CONDOMINIO LA NUOVA DISCIPLINA DOPO LA RIFORMA di Silvio Rezzonico – Matteo Rezzonico Pagg. 896 – € 85,00 Il prodotto è disponibile anche nelle librerie professionali. www.librerie.ilsole24ore.com Trova quella più vicina all’indirizzo 44 | QU1-38-44.indd 44 Consulente immobiliare 2014 21/05/14 16.46 CONDOMINIO articolo Le agevolazioni fiscali L’installazione del condizionatore gode le agevolazioni fiscali. Ma vediamo qual è l’IVA applicabile. L’art. 1 della legge 449 del 27 dicembre 1997 “Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica” è una delle norme più amate dagli italiani avendo introdotto una raffica di benefici fiscali per le ristrutturazioni edilizie. La norma, dettata da un lato per superare la crisi del settore edile e dall’altro per combattere l’evasione fiscale, ha introdotto una serie di agevolazioni fiscali che, in origine, dovevano avere carattere eccezionale ma che, con il tempo, sono state “stabilizzate” dai governi succedutisi nel corso degli ultimi anni. Tra gli interventi agevolati abbiamo anche «le opere finalizzate al risparmio energetico di cui alla legge 10 del 9 gennaio 1991 e al D.P.R. 412 del 26 agosto 1993». In tale contesto sono agevolabili anche gli interventi diretti all’installazione degli impianti di condizionamento. Tale interpretazione appare suffragata dalla circolare dell’Agenzia delle entrate n. 557/E del 28 febbraio 1998 “Artt. 1 (commi 1, 2, 3, 6 e 7) e 13 (comma 3) della legge 449 del 27 dicembre 1997. Interventi di recupero del patrimonio edilizio e di ripristino delle unità immobiliari dichiarate o considerate inagibili in seguito agli eventi sismici verifi- catisi nelle regioni Emilia-Romagna e Calabria”. L’Erario, precisando che sono agevolabili anche i costi finalizzati al risparmio energetico realizzati in assenza di opere edilizie, sembra aver ufficialmente aperto le porte alla installazione dei condizionatori che, come sappiamo, non richiedono in genere opere edili complesse. Ulteriore conferma a tale interpretazione viene fornita dalla stessa Agenzia delle entrate attraverso i famosi e utili “opuscoletti” a cui siamo ormai abituati. Ci si riferisce, in particolare, alla Guida alle agevolazioni IRPEF per le ristrutturazioni edilizie (pubblicata sul sito www.agenziaentrate.gov.it) che, per l’appunto, include tra gli interventi agevolati anche quelli diretti alla realizzazione di caloriferi e condizionatori. Non sempre l’impianto è agevolabile Affinché il condizionatore sia agevolabile, peraltro, è necessario che esso assolva a una duplice funzione: raffrescamento estivo e riscaldamento invernale. Se l’impianto, poi, viene realizzato in sostituzione di un preesistente impianto di riscaldamento autonomo o centralizzato, magari più datato e meno “risparmioso” non c’è motivo di ritenere che le spese sostenute non possano essere recuperate, almeno in parte, in sede di dichiarazione dei redditi. Per assicurarsi lo sconto, il contribuente Consulente immobiliare 2014 QU1-45-47.indd 45 | 45 21/05/14 14.59 CONDOMINIO articolo dovrà seguire la procedura prevista per le ristrutturazioni edilizie ovvero effettuare i pagamenti mediante bonifico parlante e conservare tutte le fatture comprovanti le spese sostenute. Ma non è tutto. Oltre a effettuare i pagamenti attraverso il cosiddetto “bonifico parlante” normalmente richiesto per avvalersi delle detrazioni fiscali, occorre farsi rilasciare dall’installatore una dichiarazione di conformità dell’impianto ai fini del conseguimento del risparmio energetico (da conservare per eventuali richieste di chiarimenti del fisco). Si tratta della semplice dichiarazione di conformità dell’impianto a norma di legge che in genere viene sempre rilasciata dall’installatore a integrazione della certificazione del produttore sulle caratteristiche dell’impianto. Anzi, per essere prudenti, occorre in ogni caso tener presente che le spese sostenute sono detraibili solo ed esclusivamente a condizione che le opere eseguite siano finalizzate al risparmio energetico. Sotto questo profilo, per evitare inutili problemi legati a possibili accertamenti, sarebbe auspicabile fornirsi di una relazione rilasciata da un tecnico abilitato da cui risulti inequivocabilmente il risparmio energetico conseguito dall’immobile a seguito dell’installazione dell’impianto di condizionamento. Qual è l’IVA applicabile? Quando si è alle prese con il Fisco, le norme, il più delle volte, sono nebulose e di difficile interpretazione anche per gli addetti ai lavori. Il problema, nel nostro caso, si complica non poco in quanto il condizionatore, dal punto di vista fiscale, rientra tra i cosiddetti “beni significativi” con ciò intendendo qui beni il cui valore ha una certa rilevanza rispetto alla manodopera necessaria per la loro installazione. Ma... di cosa si tratta? 46 | QU1-45-47.indd 46 In parole povere l’Erario, forse per complicarci la vita, ha pensato bene di sottoporre la realizzazione di alcune opere tassativamente indicate nel D.M. finanze 29 dicembre 1999 “Individuazione dei beni costituenti parte significativa del valore delle forniture effettuate nel quadro degli interventi di recupero del patrimonio edilizio realizzati su fabbricati a prevalente destinazione abitativa, ai sensi dell’art. 7, comma 1, lett. b), della legge 488/1999” a un “doppio binario”. In primo luogo è opportuno sottolineare che tale normativa si applica (fortunatamente) solo ad alcuni beni e precisamente ad ascensori e montacarichi, infissi esterni e interni, caldaie, videocitofoni, apparecchiature di condizionamento e riciclo dell’aria, sanitari e rubinetterie da bagno, impianti di sicurezza. Come dicevamo, il regime IVA non è certamente dei più semplici e richiede un calcolo particolarmente complesso, vediamo di chiarire la situazione. In linea di principio, potremmo affermare che l’aliquota IVA del 10% si applica per i beni significativi che hanno un valore inferiore al 50% del corrispettivo riferito all’intero intervento. Sul punto il Ministero delle finanze, con una propria circ. n. 71/E del 7 aprile 2000, ha chiarito (par. 4) che «ai beni elencati nel D.M. finanze 29 dicembre 1999 l’aliquota ridotta si applica solo fino a concorrenza del valore della prestazione, considerato al netto del valore dei predetti beni». Ma questa è solo una regola a carattere generale, nella realtà tutto si complica. Nel caso in cui il valore dei beni significativi sia superiore al 50% del costo dell’intero intervento, sarà necessario ricorrere all’ausilio di un commercialista in quanto occorrerà: a. scorporare il costo della manodopera dal corrispettivo complessivo dell’intervento; b. evidenziare il valore dei beni significativi; Consulente immobiliare 2014 21/05/14 14.59 CONDOMINIO articolo c. applicare l’aliquota del 10% al compenso relativo alla manodopera, aumentato della differenza tra il valore complessivo dell’in- tervento e il valore dei beni significativi; d. applicare l’aliquota del 20% sull’ecce- denza di valore dei beni significativi. Esempio Poniamo che l’intero impianto costi € 5.000 di cui € 3.000 per il solo condizionatore ed € 2.000 per la manodopera. Avremo un’aliquota IVA al 10% sull’importo della manodopera trattandosi di prestazioni di servizi relative agli interventi di recupero edilizio, di manutenzione ordinaria e straordinaria, realizzati sugli immobili a prevalente destinazione abitativa privata nonché su € 2.000 di beni significativi (cioè sulla differenza tra l’importo complessivo dell’intervento e quello degli stessi beni significativi (5.000 – 3.000 = 2.000). Sul valore residuo del bene significativo (€ 1.000) l’IVA si applica nella misura ordinaria del 22%. Esempio di fattura FATTURA n. ….. del ….................... Egr. Sig. Mario Rossi c.so di Porta Romana, 15 20122 – Milano Fornitura in opera di un impianto di condizionamento presso il Suo appartamento in c.so di Porta Romana, 15 – Milano. Prestazioni per la posa in opera € 2.000,00 Condizionatore marca ….................... mod. ….................... (bene significativo, ex D.M. 29.12.1999) € 3.000,00 € 5.000,00 IVA al 10% su manodopera1 € 200,00 IVA al 10% su bene significativo 5.000 – 3.000 = 2.000 € 200,00 IVA al 22% sulla differenza € 1.000 € 220,00 € 5.620,00 Totale imponibile Totale fattura Aliquota IVA agevolata per prestazioni di servizi relative agli interventi di recupero edilizio, di manutenzione ordinaria e straordinaria, realizzati su immobili a prevalente destinazione abitativa privata. 1 Consulente immobiliare 2014 QU1-45-47.indd 47 | 47 21/05/14 14.59 NOVITÀ BREI BOOK REAL ESTATE ITALY 2012 I protagonisti e i progetti del Real Estate in Italia BREI, Book Real Estate Italy 2012, ha lo scopo di far emergere i protagonisti e i progetti del Real Estate italiano, per dimostrare la forza e la capacità del made in Italy, nonostante le difficoltà che il settore sta affrontando nell’attuale congiuntura economica. 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