Anno 35 n. 405 - Maggio 2000 - Lire 2000 Maggio 2000 - pag. 1 C’è una sola Versilia: quella bagnata dallo stesso ed unico Fiume Direzione: Casella Postale 94 - 55046 Querceta (Lucca) - Sped. in a. p. - 45% - art. 2 comma 20/b legge 662/96 - Filiale di Lucca - Abb. annuo lire 20.000 - Estero il doppio. UN GRANDE ARTISTA EVENTI CULTURALI CIAO CÁTA! LA STATUA AL SOLDATO ALLEATO Tobino, Cancogni e…Zeman Via Coppino è parallela alla Burlamacca e va a finire in mare, come la fossa, dove si aprono i cantieri navali e dove si cullano pigre le barche. Dal 1907 – al numero civico 245 – c’è la sede della “Lega di Mutuo Soccorso fra Maestri d’Ascia e Calafati”. Dal balconcino si vede il cuore di Viareggio. In questa prestigiosa sede, prosegue l’attenzione del pubblico e della critica all’opera di Alfredo Catarsini nel centenario della nascita, che si è conclusa in aprile al Sant’Agostino di Pietrasanta. Dopo Viani, quattro artisti costituiscono il nucleo centrale della pittura viareggina: Alfredo Catarsini, Mario Marcucci, Eugenio Pardini e Renato Santini. I tesori di Santini sono le lasciate del libeccio, gli straccali, le avventure paurose e bellissime dei marosi, i travagli di chi sul mare vive e muore. Pardini canta, nei suoi affreschi leggeri ed eleganti, le storie dei viareggini di terra e di mare, le vendemmie, le mietiture, le musiche del palude e del lago, i mestieri, i vari nei cantieri navali, le magie del Carnevale. Marcucci scova la poesia scabra e solenne delle minime cose, il muro screziato dal tempo, il tronco nodoso del platano, i gusci neri dei mitili, la scodella delle patate, una darsena appena azzurrata dalle luci del primo mattino, un angolo della Viareggio più ricca di colore e più chiassosa dov’era nato, la lunga processione dei piccoli segni del tempo, come rosario di preghiere civili. Per Catarsini, invece, Viareggio è la vita stessa. Dipinge sempre Viareggio, anche quando il soggetto immediato non è Viareggio. E comincia dalla darsena. E’ la sua scuola di vita, di suoni, di colori, di forme, di luci, di umanità vera. La darsena è un mondo: è un pianeta in continua rivoluzione astrale, con tanti piccoli e prodigiosi satelliti. Viareggio non è nata come spiaggia di élite, come “Perla del Tirreno”, centro balneare e turistico d’eccellenza. E’ sorta lungo la fossa, con la gente di mare, pescatori e marinai, calafati e maestri d’ascia. Vocazione marinara e cantieristica hanno fatto Viareggio. Il turismo è venuto dopo. Anche le sue caratteristiche più vive e più vere – Carnevale e Liberty – gli vengono dagli uomini di mare. E’ la fantasia di chi è stato e sta “agli sbruffi del mare” e ha visto mille cose in mille parti del mondo che dà l’estro del Carnevale e del par- Raffaello Bertoli (Continua alle pagg. 7-8) Abbiamo assistito a due grandi eventi culturali: il primo, la proiezione del film “Sulla spiaggia e di là dal molo” tratto dal libro dell’indimenticabile Mario Tobino. Il regista Giovanni Fago e tutto l’ambiente viareggino di cui si è circondato hanno creato un vero capolavoro d’arte e di poesia. Al termine siamo passati dalla mitica farmacia, dal dott. Candido Tobino, nipote del grande scrittore, per esprimergli la nostra viva commozione. L’altro evento è il nuovo libro di Manlio Cancogni “Il Mister”, editrice Fazzi di Roma. Ci siamo recati nella capitale dove, al teatro Flaiano, in pieno centro, c’è stata la presentazione dell’opera. Ne hanno parlato tutti i principali giornali nazionali. Riportiamo quanto è stato scritto dalla “Gazzetta dello Sport”: È stato amore a prima vista. E non poteva essere altrimenti, perché Manlio Cancogni, scrittore e giornalista dalla spiccata verve polemica, non poteva non scegliere come eroe del suo ultimo romanzo l’allenatore-contro del calcio italiano, Zdenek Zeman il Mister, appunto. «Mi colpì a Foggia, rimasi affascinato dallo spirito carismatico di Zeman, dalla sua capacità di comunicare oltre lo sport e di trasformare un città difficile e senza storia», racconta Cancogni, 84 anni portati a meraviglia, rintracciato in Versilia dove vive quando non è a New York: «Sono sempre stato Tiziana Bottazzo (Continua a pag. 2) Caro Giorgio, tanto tuonò che piovve! Da vari articoli pubblicati nelle cronache locali riscontro nuove critiche e proteste sulle imposizioni contributive applicate dal nostro “benemerito” Consorzio di bonifica Versilia-Massaciuccoli. Proteste contestuali con l’arrivo delle cartelle di iscrizione a ruolo (eravamo stati facili profeti), tanto da indurre l’assessore provinciale alle bonifiche Emiliano Favilla a proporre uno slittamento della tassazione anche nel timore che l’opera del consorzio sia avvertita “dalla gente come una scelta vessatoria” e a cercare conforto nella consulta dei comuni del comprensorio che, al contrario, dovrebbero essere più vicini ai vessati. Uno slittamento non è ovviamente un’abrogazione ma solo un tentativo di far ingollare il rospo delicatamente, a piccole dosi. I signori dei Palazzi, più o meno grandi, sembrano ignorare che la miriade di leggi in materia di bonifica, tutela delle OPERA DI MARCELLO TOMMASI COLLOCATA SUL VIALE APUA aprile che aveva come primo obiettivo l’espugnazione del Castellaccio (Georgia secondo il codice militare) la cui vetta fu liberata alle 5,30. Le postazioni tedesche furono messe in allerta dall’esplosione di mine che uccisero alcuni soldati americani e immediatamente incominciarono a sparare raffiche di mitragliatrici e a lanciare bombe a mano. Uno dei due testimoni oculari che furono salvati dall’azione di Sadao Munemori, il soldato scelto Akira Shishido (morto undici anni fa) riMarcello Tommasi. Sadao Munemori (particolare ferì i fatti che si della statua collocata sul viale Apua a Pietrasanta). susseguirono in Il soldato scelto Sadao S. Mu- quel giorno fatale. “Mentre noi nemori, vice caposquadra della avanzavamo verso l’obiettivo, Compagnia A del 100º Battaglio- un’altra mitragliatrice aprì il ne del 442º Reggimento di Fan- fuoco proprio lì dove eravamo teria dell’Esercito Americano, il arrivati. Il soldato Oda (Jimi, 5 aprile 1945, da solo, con bom- l’altro dei due) ed io ci tuffambe a mano, distrusse due mitra- mo a capofitto nel cratere creagliatrici tedesche, uccise tre mi- to dallo scoppio di un proiettile traglieri e ne ferì due, poi sacri- e il soldato scelto Munemori, ficò la propria vita per salvare strisciando, ritornò indietro due dei suoi compagni. dopo di noi. I tedeschi incominAlle ore 21,00 del 4 aprile ciarono di nuovo a lanciare 1945 il 100º Battaglione, con le bombe a mano. Dieci o dodici Compagnie A e C in testa, sotto caddero vicino al nostro cratela protezione dell’oscurità, si re, ma non fummo feriti dalle spostò dal punto d’assemblea loro esplosioni”. nelle vicinanze di Pietrasanta e Mentre Munemori strisciava s’incamminò verso il Monte di carponi verso il cratere, furono Ripa (in codice rinominato Flo- lanciate altre bombe a mano. rida), per dare inizio, di sorpre- Una di queste rimbalzò sul suo sa, all’offensiva contro le forti- elmetto e rotolò nel buco già ficazioni tedesche, con un attac- occupato da Shishido e da Oda. co frontale alle ore 5,02 del 5 Munemori, senza esitare, balzo TRIBUNALE DI LUCCA IL 12 MAGGIO PROSSIMO Consorzio: scade la partita acque e risorse idriche, con le loro sovrapposizioni e interferenze, mettono dei paletti, oltre che ai vessati, anche alle loro libere interpretazioni delle norme: ma fanno finta di non capire o non vogliono capire. Nel ricordare anzitutto che i consorzi di bonifica, come confermato nel Piano di classifica recentemente proposto dal Versilia-Massaciuccoli con validità dal 2000, fondano la loro pretesa capacità impositiva esclusivamente sulla legge della bonifica integrale delle zone agricole (R.D. 215/1933) e, a livello locale, sulla legge regionale Toscana n° 34/1994 che, nei termini del R.D. del 1933, limitano l’imposizione contributiva “in proporzione ai benefici derivanti a ciascun immobile” dalle opere di bonifica, viene da chiedersi se gli eventuali interventi su fiumi e torrenti rientrino strettamente nella bonifica. La Corte costituzionale, con sentenza n° 326/1998, fra l’altro ha riconosciuto l’inesistenza di esclusività di funzioni pubbliche a favore dei consorzi di bonifica e, di converso, l’esistenza del potere in capo alle Regioni di attribuire le funzioni già esercitate dai detti consorzi ad altri Enti territoriali (Province e Comuni) in applicazione della Legge 142/ 1990. Le leggi e le sentenze sono tante, anzi sicuramente troppe, ma regolarmente ignorate dagli amministratori pubblici. Nonostante leggi e sentenze i consorzi di bonifica, nati all’origine come autentiche associazioni di agricoltori, si sono trasformati da anni, con la connivenza di regioni, province e comuni, in carrozzoni da balzello, vere e proprie strutture corporative: pubbliche appunto perché ce l’hanno con il pubblico. Non so quindi come definire, se non vessatoria, la regola di sulla bomba e coprendola con la parte superiore del suo corpo arcuò le spalle e piegò giù la testa in modo che le schegge prodotte dallo scoppio della granata non recassero danno ai suoi commilitoni. Così Sadao Munemori salvò la vita dei suoi compagni d’armi e contribuì, sacrificando la propria vita, alla liberazione della Versilia. La serrata battaglia permise ai soldati americani di usare la loro artiglieria solamente in modo limitato e per continuare ad avanzare fu necessario distruggere le postazioni tedesche una ad una adoperando bazookas e bombe a mano. Il combattimento durò tutto il giorno, ma all’imbrunire i tedeschi che erano rimasti vivi fuggirono in ritirata dal resto del Castellaccio. Alle 23,45 i nemici intentarono un contrattacco ma furono fermati dal fuoco preciso dell’artiglieria e dei mortai americani. Il 7 marzo 1946 il soldato scelto Sadao S. Munemori venne insignito alla memoria dal Presidente Harry S. Truman con la Medaglia d’Onore del Congresso degli Stati Uniti d’America, la più alta decorazione americana al valor militare. Il 13 marzo di quell’anno la medaglia fu consegnata alla madre di Sadao Munemori, durante una cerimonia speciale a Fort MacArthur, California, dove l’eroe aveva incominciato il suo servizio militare. Oggi, la sua Medaglia d’Onore è esposta nel Museo dell’Esercito Americano di Honolulu (Hawaii, U.S.A.). Amèrico Bugliani Le gesta di Sadao Munemori, raccolte per la prima volta da Fabrizio Federigi su “La Nazione” e in “Versilia Linea Gotica” sono narrate nel libro “S. Anna l’infamia continua” di Giorgio Giannelli. attribuire la messa in sicurezza di fiumi, canali e torrenti, un tempo di competenza dello Stato (tramite gli uffici dei fiumi del Genio Civile e Provveditorato reg/le OO.PP) senza alcun onere per i cittadini già assoggettati a imposte di varia natura, ai consorzi di bonifica con imposizioni contributive a carico dei soli proprietari di immobili: come se anche i non possidenti (che non è scontato siano in miseria) non potessero fruire di questa presunta sicurezza configurata come beneficio generale. Mentre nessuna norma di legge ha ampliato la capacità impositiva dei consorzi, basata sempre sui benefici diretti e specifici derivati a ciascun immobile, permangono quindi fondati dubbi sulle competenze istituzionali dei consorzi stessi in materia di sicurezza ambientale. A sfrucugliare nella miriade delle norme sulla materia si scoprono poi delle situazioni quan- Luigi Pellizzari (Continua a pag. 2) Maggio 2000 - pag. 2 IL MISTER un grande appassionato di calcio, anche un buon giocatore di “campetti”. Ho tifato per il grande Bologna, poi non ho più avuto una squadra del cuore. Considero il calcio un’espressione artistica, come la danza, fatto di bei gesti, invenzione, fantasia. È il grande spettacolo dei giorni nostri. E Zeman crede nel bel gioco con il quale sa comunicare oltre lo sport». Una dichiarazione struggente. Cancogni e Zeman non si erano mai incontrati, non si conoscevano, non si erano mai parlati. Ma Zeman, nel suo buen retiro di Roma, è ormai abituato a ricevere dediche di prestigio: Antonello Venditti gli ha intitolato un brano del suo nuovo cd «Good bye Novecento», Antonio Albanese ne ha fatto un personaggio del suo spettacolo «Giù al Nord». Ora ne «Il Mister» sarà Ivo Zoran, l’allenatore-giocatore del Malafronte, squadra del quartiere Savoia della Roma fascista, avversaria dell’Aquila romana, allenata da un gerarca. Zoran, allenatore idealista, verrà misteriosamente ucciso, anzi, immolato. «Avevo incominciato a scrivere questo romanzo nel ’93, era intitolato “Zona Cesarini”, tre anni fa l’ho ripreso in mano pensando sempre allo Zeman di Foggia, perché è in provincia che uno come lui può operare e farsi ascoltare. Quando è arrivato a Roma già sapevo che non avrebbe avuto lo stesso successo, perché è difficile comunicare in una grande città». A Cancogni di Zeman piace tutto: «Il suo fisico legnoso, la sua magrezza, il naso appuntito e indicatore, che lui usa come la bacchetta di un direttore d’orchestra. È una specie di grande Pinocchio». Ma soprattutto piace «il suo verbo che traspare dai silenzi, dalle risposte sibilline, dalla sua ironia. Zeman è un grande predicatore perché crede nel calcio come spettacolo. È un profeta, che non viene ascoltato, come tutti i profeti. Il valore delle loro parole viene apprezzato soltanto nell’avvenire». Nel romanzo «Il Mister» il personaggio sparisce, ma secondo Manlio Cancogni «Zeman non ha finito la carriera di allenatore. Non vorrei però rivederlo in A, lui è nato per far risorgere una squadra minore o per aiutarne una in difficoltà a non retrocedere. Se proprio vuole rimanere in A, lo vedrei bene alla guida del Venezia o del Perugia». Uno sguardo diverso sul calcio, distaccato e profondo, per- ché Cancogni si sente un po’ Zeman: «Condivido il suo modo d’essere al di fuori delle regole. Quando per dieci anni, dal ’55 al ’65, ho tenuto una rubrica sportiva sull’Espresso con lo pseudonimo di Emilio Speroni, mi consideravano uno “diverso”, preferivano non prendermi sul serio. Ma era soltanto perché usavo un linguaggio inconsueto per il calcio». CONSORZIO to meno strane: ad esempio, l’art. 1 della legge (statale, prevalente su quelle regionali) n° 36/1994 recita che “Tutte le acque superficiali e sotterranee, ancorché non estratte dal sottosuolo, sono pubbliche e costituiscono una risorsa che è salvaguardata e utilizzata secondo criteri di solidarietà”. Viene spontaneo di chiedersi, in tale stato di fatto e di diritto, a quale titolo un proprietario di immobile, specie nei centri abitati e urbanizzati, debba essere torchiato per lo scolo e canalizzazione di acque non “sue” ma pubbliche e in molti casi utilizzate per le risorse idriche (irrigue, potabili, ecc.) generalizzando l’imposizione all’intero comprensorio di bonifica, comprese le zone esenti da qualsiasi rischio idrogeologico e ami colpite, a memoria d’uomo, da alluvioni. Evidentemente nello stesso ambito nazionale le leggi vengono interpretate ed applicate in maniera difforme perché, ad esempio, mentre la Regione Lazio ha disposto l’abolizione dei contributi di bonifica a carico degli immobili nei centri urbani serviti da fognatura, recentemente il Comune di Piacenza con l’Amministrazione provinciale ha citato in giudizio il locale consorzio di bonifica Valtidone-Valtrebbia per la restituzione dei contributi finora versati con diffida allo stesso consorzio di iscrivere a ruolo contributivo fabbricati ricadenti nel capoluogo. I nostri sindaci del comprensorio cosa fanno? Sono pronti ad allinearsi e cantare nel coro invocato dall’assessore Favilla? Abbiamo fede!: prima o poi in Toscana ci troveremo tra i piedi i contributi per i vigili urbani (sicurezza sociale), per i vigili del fuoco (sicurezza antincendi), per le guardie forestali (sicurezza ecologica) e così via menando perché sono servizi… pubblici, da non confondere con le vessazioni. Luigi Pellizzari P.S. A integrazione di quanto sopra devo segnalare che, come risulta dal “Sole-24 Quando il lavoro crea amicizia In questo mondo dove il rapporto d’amicizia fra le persone, anziché essere una cosa naturale è diventato una rarità, ci sono ancora degli uomini che sentono il desiderio, dopo tanti anni, di ritrovarsi. Così è stato per i dipendenti in pensione della “Freda”. L’idea di questa rimpatriata è venuta a Romano Verona e Sandro Tonacci. Dal momento della pensata a metterla in atto è stato un lampo. Con qualche telefonata il “tamtam” ha cominciato a funzionare e quasi tutti hanno risposto all’invito. Fondata nel 1963 da Baldo Frediani e da Vando D’Angiolo, acquisendo il vecchio laboratorio della ditta Bertelli, esi- stente in località “Barchetta” al completo di tutta la forza lavoro con a capo il mitico Renato Capovani già capolaboratorio all’Henraux dei tempi migliori. In 37 anni di storia dei fatti ne sono avvenuti, tante cose sono cambiate, ma nella Freda il motto “le cose impossibili le facciamo subito, per i miracoli un paio di giorni” ha avuto dei riscontri positivi. È vero: la guida dei fondatori, il loro acume negli affari ed avere buon senso nel rapporto con i dipendenti, è stato fondamentale, ma tanto ha giovato l’affiatamento e l’attaccamento dei lavoratori. Dicendo lavoratori dipendenti sarebbe riduttivo, meglio CAVARE IL MARMO RISPETTANDO LA MONTAGNA È POSSIBILE ACaroLevigliani c’è l’alternativa turismo di tonnellate di marmo pregiato, chioni anche voi di Levigliani. direttore, alimentando così tutto l’indotto e dando negli anni lavoro a migliaia di persone. Queste sono le cose importanti, e mi associo alla preoccupazione di Roni, ma mi tolga una curiosità: quando dal mare ha visto il monte Corchia, a suo parere così “massacrato”, non ha visto le cime delle Cervaiole di proprietà della ditta Henraux? O forse ha scambiato quella cava di marmo per una delle nostre! I cavatori nell’estrarre il loro marmo, sia pure nel rispetto delle norme vigenti, vanno inevitabilmente a modificare quella che è la naturale morfologia della montagna e nel giudicare il loro operato sia in positivo che in negativo, non vanno usati due pesi e due misure. Lei inoltre palesa il pentimento per aver aiutato i terrinchesi nella realizzazione della strada Versiliana-Carducci, rammaricandosi perché negli anni è servita soprattutto per l’estrazione del marmo. Ebbene, a cosa si augurava potesse servire quella strada, forse pensava servisse ai turisti del litorale, che dopo aver tenuto tutto il giorno i piedi a “bagno-maria” potessero visitare i nostri alpeggi dove magari trovarci con in dosso abiti folkloristici, zoccoli ai piedi, a pascolar greggi e a citar proverbi dialettali. Sono spiacente ma non è andata così, grazie anche a quella strada e all’intraprendenza dei leviglianesi, si è venuta a creare un’attività economica locale importantissima che, mediante l’istituto del cooperativismo, ha saputo negli anni amministrarsi creando ricchezza equamente distribuita sul territorio a tal punto da essere citata più volte ad esempio da persone illustri, a differenza invece di altri casi dove unico beneficiario degli utili è il proprietario dell’agro marmifero. Nel porle i miei saluti la invito a rendersi conto personalmente di quanto da me sopra riportato, offrendole la mia disponibilità ad accompagnarla, qualora raccogliesse il mio invito. Distinti saluti. chi le scrive è un leviglianese, e come suo abituale lettore non posso rimanere indifferente davanti alla affermazione dove si accusa i leviglianesi non solo di aver “massacrato” il monte Corchia, ma, testuali parole, “per vendere”, il marmo, “magari a blocchi e senza farlo neppure lavorare nei laboratori Versiliesi”. Non voglio in queste righe riportarle discorsi apparentemente retorici sulla nascita delle cave e di quanto i nostri padri abbiano sofferto negli anni passati prima di poter avere un riscontro economicamente valido da questa attività, pagando non solo con fatiche e stenti ma a volte con la vita stessa. Desidero semplicemente farle presente che le nostre attività estrattive si svolgono in piena regola, debitamente autorizzate dagli enti preposti tra cui il Parco delle Alpi Apuane, il quale rilascia l’importante autorizzazione al vincolo sia idrogeologico che paesaggistico. È in atto, di apri passo all’estrazione, che proprio per il suo regolare e moderno svolgimento è fra l’altro oggetto di studio e finanziamento da parte della Comunità Economica Europea, un progetto di ripristino ambientale mediante la graduale asportazione del ravaneto sottostante. Inoltre è ben che sappia, che il marmo da noi estratto ha da sempre creato indotto sul territorio versiliese, a partire dalle ditte di trasporto fino a quelle di completa trasformazione come la vecchia “Marmifera La Versilia”, la Pellerano Marmi, la Savema S.p.A., per non parlare di tante altre piccole imprese di cui non sto a elencare i nomi, come l’impresa di mio padre a conduzione familiare che esattamente da quaranta anni lavora e trasforma l’Arabescato del Corchia. In prima pagina del suo mensile, sempre del mese di aprile, compare l’articolo di Roberto Roni, dove lo stesso si presenta preoccupato sulle sorti della ditta Henraux e nell’esporre tutti i fatti, ci ricorda l’estrema importanza che ha avuto e ha tutt’ora quest’impresa per l’economia apuo-versiliese. Le sue cave poste soprattutto nel territorio seravezzino, hanno, da oltre 150 anni estratto migliaia e migliaia Caro Vannucci, il fatto è che credevo fossero furbacchioni solo i terrinchesi (mio nonno era di Terrinca), ma adesso mi rendo conto che siete furbac- Già l’amico Romano Babboni (presente alla famosa cena del 1967) aveva trovato modo di polemizzare con lo scrittore e giornalista Manlio Cancogni, reo di aver fatto conoscere a papa Giovanni Paolo II l’esistenza dell’Antro del Corchia. Adesso ci si mette anche lei, approfittando di un inciso di sei righe nel contesto di un articolo che aveva ben altri scopi: quello di mettere in evidenza l’innata ingratitudine dei versiliesi. E dei terrinchesi in particolare. Bene. Pubblico molto volentieri la sua lettera, così come feci con Babboni perché siano ancora una volta messe in chiaro le buone intenzioni di voi che scavate il marmo. Ha fatto bene a mettere in risalto l’articolo di Roni che, non a caso, ho pubblicato in prima pagina: vuol dire che la linea del giornale è quella lì. La sua maliziosa battuta sull’Altissimo non mi tocca. Il disastro delle Cervaiole non l’ho provocato io. Quello del Corchia si. E me ne pento. Quindi non parli di due pesi e due misure; non è il mio caso. Mi domanda infine cosa mi auguravo quando feci costruire quella strada nel 1967. Semplicissimo: che aiutasse la gente di Levigliani a cavare il marmo, ma in ben altro modo. Visto dalla pianura il Corchia sembra abbia la pancreatite. Lei conosce questa malattia? Io sì perché mancò poco che ci lasciassi le penne. Insiste poi disprezzando coloro che “dopo aver tenuto tutto il giorno i piedi a bagno maria” possano visitare i nostri alpeggi. E perché no? Al Forte dei Marmi hanno smesso di dedicarsi al marmo e si sono dati al turismo. Ed hanno fatto quattrini a palate, senza rovinare il paese come hanno fatto a Viareggio od a Marina di Massa. L’Antro del Corchia del resto è il primo segnale che molto in questo settore si potrà fare anche a Levigliani. Perché dunque disprezzare quelli che tengono i piedi a bagno maria? Mi vuole invitare? A Levigliani ci vengo spesso e ci ho passato anche dei felici capodanni. Ma se mi vuole accompagnare anche sui luoghi del delitto, ci verrò di nuovo molto volentieri. Mi telefoni. Ore” del 25 marzo, anche la Regione Marche nell’art. 13 della sua “Finanziaria 2000” ha inserito una norma che esenta dal contributo di bonifica “i proprietari degli immo- bili ricadenti in zone urbane” che già pagano la tariffa per il servizio di pubblica fognatura: ma in Toscana si continua a pensare che la doppia contribuzione per le zone ur- bane non sia vessatoria! Una notizia: il 12 maggio ci sarà la prima udienza presso il Tribunale di Lucca della causa Versilia Oggi-Consorzio di Bonifica. dire collaboratori, responsabili e consapevoli che il benessere loro e il buon andamento dell’azienda dipendeva in buona parte proprio da loro. Ci poteva essere ogni tanto qualche mugugno, qualche scozzata, ma poi tutto è sempre rientrato nel giusto sentiero. È stato come una “cordata in montagna”: quando il capo cordata chiama, difficilmente c’è qualche defezione. Il bello era che quando si usciva dal cancello non si diventava degli anonimi, ma il rapporto continuava anche al di fuori del lavoro. Ecco perché siamo stati felici di ritrovarci unitamente alle nostre mogli le quali tante volte hanno dovuto sopportare le levatacce e i ritardati rientri dei mariti partecipando così anch’esse al- l’impegno e alle responsabilità che il lavoro comportava. Abbiamo voluto festeggiare dalla “Silvietta” di Roberto e Corradino perché anche loro sono stati testimoni della nostra bella avventura. Ha partecipato ha questo convivio anche Vando D’Angiolo, il nostro eterno capocordata. La festa si è conclusa felicemente, ma non era completa se non ci fossimo ricordati di quelli che non ci sono più, pertanto otto giorni dopo abbiamo fatto celebrare una Messa in loro memoria. Auguriamo a chi ora è nella Freda al posto dei vecchi di provare un giorno la medesima soddisfazione che abbiamo avuto noi. Roberto Vannucci Pier Luigi Marrai Direttore GIORGIO GIANNELLI periodico mensile abbonamenti c/c postale 10818557 intestato a «Versilia Oggi» Casella Postale 94 55046 Querceta (LU) - Ordinario L. 20.000 - Estero L. 40.000 - Sostenitore L. 50.000. Reg. Trib. di Roma n. 11298 del 26 novembre 1966 e Trib. di Lucca n. 300 del 2 maggio 1978 - Partita IVA 01517670467 In caso di mancato recapito, si restituisca al mittente che si impegna a pagare la relativa tassa Fotocomposizione Litocomp-Querceta-tf./fax 0584-742011 Stampa: Graficatre-Via de Gasperi, 9 Ripa di Seravezza-tf. 0584-756631 La collaborazione a “Versilia Oggi” è gratuita, spontanea e aperta a tutti. Numero chiuso in tipografia il 20 aprile 2000 Maggio 2000 - pag. 3 Nel Duomo di Seravezza, sul pavimento dinanzi alla cappella dedicata a Maria S.S. del Soccorso, un’antica lapide ci ricorda un singolare personaggio. “Carolo Davit Fitszav polono viro nobili / civili ac militari prudentia instructissimo / qui / post universum pene orbe peragratum / dum a vicina peste hoc secessu se tutavit / in fatum incurrit MDCXXXI / Nicolaus Budziboc eius haeres posuit / M. H. N. S. / suis sumptibus renidet lacunar /. Una sommaria effigie rappresenta lo stemma gentilizio: uno scudo sormontato da cimo e cimiero contiene una figura di gamba piegata al ginocchio, in armatura. Traduzione: Carlo Davit Fitszav nobile uomo polacco, espertissimo della scienza civile e militare, dopo aver percorso quasi il mondo intero, mentre dalla vicina peste in questo luogo solitario si pose al sicuro, andò incontro al suo destino 1631 Nicolaus Budziboc suo erede pose. Per sue elargizioni risplende il soffitto. E sui registri parrocchiali, nell’elenco dei decessi, corrisponde la notizia: “Anno Domini 1631 die 28 Maji, Ill.(ustr)is D(omi)n(u)s Carolus David Fiszer de Prusia Status Brandeburg…”, che, passando immediatamente alla traduzione italiana, suona così: “Nell’anno del Signore 1631 il giorno 28 di Maggio, l’illustre Signore Carolus David Fiszer di Prussia dello Stato di Brandeburgo rese l’anima a Dio, d’età di anni circa 61, avendo fatto confessione dinanzi al Reverendo Preposto Maestro Gherardo Baldi Priore della Chiesa di S. Maria di Gerusalemme di Corvaia, e a ministero del Cappellano Vincenzo Marchi confortato con i sacramenti, e dallo stesso inoltre fortificato con l’unzione di olio sacro, il cui corpo fu sepolto nel sepolcro della Confraternita del Corpus Domini nel trentesimo giorno del mese suddetto”. Malgrado la differenza del LA SUA TOMBA NEL DUOMO DI S. LORENZO Cavaliere polacco sepolto a Seravezza nel 1631 zone costiere, il dominio sul Mar Baltico. Tutto fa pensare che Carolus appartenesse a una delle molte famiglie di origine germanica che, nel corso dei decenni, si erano integrate con i polacchi, assorbendone cultura ed usi. Cresciuto durante il glorioso regno del grande Stefan Batory (1574-1586), che vide un periodo di grande espansione per la Polonia, può esser stato avviato alla vita militare sotto il monarca successivo, Sigismondo III Vasa (1587-1632). Questi, avendo pretese anche al trono di Svezia, guerreggiò contro danesi e svedesi, con alterne vicende; sostenne la candidatura al trono di Russia, prima, del falso-Demetrio, poi, di Michele Romanov, che l’ottenne nel 1613; fece spedizioni contro i Turchi e vide buona parte della Guerra dei Trent’Anni. La partecipazione a queste imprese belliche può aver dato al nostro Cavaliere quella esperienza militare, di cui si fanno le lodi sul suo sepolcro; ma possono non essergli mancate neppure occasioni per affinare le sue capacità nella scienza civile, durante ambascerie, organizzazione e sfruttamento di risorse e territori conquistati, con la possibilità di percorrere gran parte dei territori conosciuti. Nel 1618, in esito a precedenti accordi dinastici, la nativa Prussia Orientale era passata nelle mani degli Hohenzollern, divenendo parte dello Stato di Brandeburgo. Il Fitszav non cessò tuttavia di sentirsi “Polonus” e di professare la fede cattolica, mantenendo la grafia polacca del suo cognome. La levatura del personaggio ci fa pensare che egli viaggiasse, con una rilevante scorta, in esecuzione di qualche preciso incarico, attinente alla sua professione; forse di capitano di ventura, o di esperto nelle attività estrattive o nella fabbrica- zione e vendita di armi. Non sembra probabile che egli fosse in origine diretto in Versilia, anche se non manca un esempio, riferito dal Barbacciani-Fedeli (Saggio Storico dell’antica e moderna Versilia, Firenze, 1845, ora in copia anastatica per Ed. Monte Altissimo, pag. 241) di incarico conferito da Ferdinando I de’ Medici a “un maestro e perito alchimico…di Lamagna che nel 28 gennaio 1589 si vide giungere” per valutare la possibilità di riapertura dei forni per lo sfruttamento del piombo argentifero presso Ruosina di Seravezza. No, il nostro Fiszer sembra aver raggiunto la Versilia solo per trovar rifugio dalla peste, che nel 1629 già imperversava nella pianura padana, come ben ci rappresentiamo dalla lettura dei “Promessi Sposi” di Manzoni. E non aveva scelto male. Sarà stato per l’aria, per l’ottima acqua dei monti, per il vigore dei torrenti che trascinavano a valle le impurità, ma pare che effettivamente Seravezza non fu tormentata da quella epidemia. Fu certamente salva Camaiore, dove l’immunità dal contagio era legata dalla fede popolare alla devozione al S.S. Nome di Gesù, introdotta durante la predicazione di S. Bernardino nel 1410, coltivata con rinnovato ardore alle prime avvisaglie della nuova pestilenza. Risulta pure che la devozione fosse, diciamo così, esportata, sia proprio a Seravezza, dove si hanno esempi di dediche marmoree, sia a Lucca. Ma qui la fede non bastò a salvare la città dagli esiti devastanti del morbo, (v. P. Dinelli, Storia di Camaiore, pag. 462 e segg.), tanto che si contarono oltre novemila morti dentro le mura e un numero ancor maggiore nelle campagne vicine. Non sappiamo se il Cavaliere Fiszer o Fitszav sfuggì veramente alla peste, anche se la scritta della lapide pare farci “LA MASCHERA” DI AZZANO ADESSO VOLA ALTO scenze come Enrico Baldi in una doppia parte e la Marisa Cecchi nei panni del Sergente O’Hara. E nel finale… a gustarsi un ottimo bicchiere di vino al sambuco, offerto con tanto amore, si fa per dire, delle care vecchiette, il bravissimo Fabrizio Federigi. Ottimi i costumi e le scene, curati nei minimi particolari, da cognome, tutto fa pensare che si tratti della stessa persona. La versione del documento parrocchiale ha a suo favore la probabilità di essere notizia diretta fra il preposto e l’ignoto cavaliere o un suo addetto. “Fiszer” è grafia di fonetica polacca che equivale al tedesco “Fis(c)her”, cognome assai diffuso a tutt’oggi. Ma può essere stato anche un nome “di battaglia”, che il cavaliere usava in terre straniere. La scritta “Fitszav” sulla pietra del nuovo definitivo sepolcro giunto fino a noi (che è pensabile sostituisca quello prestato nell’immediatezza della morte, dalla Confraternita del Corpus domini), deriva invece da istruzioni dell’erede, nell’intento di onorare il defunto e far risaltare il lustro della famiglia. Sembra quindi più attendibile, anche se un errore dell’incisore non può essere del tutto escluso. Ma la scritta “Fitszav” ci porta ad altre interessanti deduzioni. Si tratta, al solito, della translitterazione dalla lingua tedesca alla polacca delle voci “Fit” (da Futtern = nutrire, allevare, o da Fit = adatto, forte, ferrato) e Schaf (= pecora) o Schaft (= gambale, con caduta della “t” finale). La prima combinazione di ipotesi ci riconduce all’allevamento del bestiame, cosa non infrequente nelle etimologie dei cognomi, ma la seconda, FitSchaft, ci riporta alla figura dello stemma, proprio la “gamba in armatura”, che sintetizza qualche antico gesto di valore guerriero, da cui può esser derivato il beneficio nobiliare. Le scarne, lapidarie notizie ci permettono di formulare ancora qualche ipotesi sulla vita dell’ignoto cavaliere. Egli era nato, dunque, nel 1570, in una località non nota della Prussia Orientale. In questa regione, le popolazioni di origine slava da tempo si contendevano con i cavalieri teutonici, insediati lungo le Da sinistra: Giovanna Moretti, Stefano Evangelisti, Elena Carducci e Fabrizio Federigi. La compagnia Teatrale “La Maschera” di Azzano, diretta dalla giovane regista Renza Neri, è riuscita finalmente a portare in scena l’esilarante commedia di Joseph Kesserling, “Arsenico e vecchi merletti”. Impresa non facile, date le precedenti rappresentazioni: quella cinematografica del 1944 con l’indimenticabile Cary Grant, e quella teatrale nella versione italiana di Vinicio Marinucci, con la compagnia Morelli-Stoppa e la partecipazione di Dina Galli. “La Maschera” ha riproposto infatti questa versione ita- liana, fra le varie esaminate, perché più rispondente all’originale americana. Le prove sono iniziate fin dal 1998, sospese per varie vicissitudini, e poi riprese finalmente a pieno ritmo a fine estate 1999. Il 27 novembre il debutto è avvenuto nel teatrino della Pubblica Assistenza di Azzano, registrando il tutto esaurito, ed è stata replicata sempre ad Azzano il 18 dicembre, con vivissimo successo. La terza rappresentazione, definita dagli stessi interpreti la meglio riuscita, è stata data nel Teatro della Parrocchia di Sant’Antonio a Ton- fano, il 22 gennaio 2000. La vicenda si svolge negli anni 30 a Brooklyn, le protagoniste sono due simpatiche, ospitali e… caritatevoli vecchiette, con uno strano nipote “presidente” ed altri personaggi che gravitano intorno ad un misterioso baule. Gli attori della Compagnia, abituati a recitare in dialetto, non si sono trovati in difficoltà a cimentarsi nella lingua italiana, e la bravura indiscutibile della Elena Carducci nella parte di Marta Brewster, ha dovuto misurarsi con una sorprendente Giovanna Moretti, ossia l’altra vecchietta, la sorella Abby. Nella parte di Mortimer, Stefano Evangelisti ha esilarato il pubblico riscuotendo numerosi applausi, con la sua prontezza, simpatia ed innata comicità. Se pure non molto breve, la commedia è stata seguita con vivo interesse, anche da chi già ne conosceva la trama, perché scorrevole, mai noiosa e soprattutto per la bravura di tutti gli interpreti, a cominciare da Giuseppe Tricoli, Renzo Giorgi, Giulio Del Fiandra, Italiano Rossi, Mirko Maggi, Emanuela Bonini e vecchie cono- intendere di si. Non sfuggì tuttavia al suo destino, cui “andò incontro” il 28 Maggio 1631, assistito da ben due sacerdoti, con tutti i sacri riti di cui la religione cattolica poteva confortarlo. Fu sepolto, col riguardo dovuto al suo grado e al suo censo, come si è visto, in un “sepolcro della Compagnia del Corpus Domini” il 30 maggio. Dopo un certo tempo un erede del Fiszer, Nicolaus Budziboc (variante di Dadziborg, antico cognome nobilitare documentato in Polonia e in Lituania) scese in Versilia e commissionò la lapide che ancora oggi possiamo leggere. Senza dubbio accompagnò l’ordine con una cospicua donazione, di cui è testimonianza nella frase che chiude la scritta: “suis sumptibus renider lacunar”. Purtroppo degli splendori di quel soffitto non è rimasto nulla, anche per i danneggiamenti subiti nella guerra 1940-45. Ma nella frase riecheggia, certo volutamente, un’altra voce: quella di Orazio, poeta latino, che amava la vita semplice e cantava: “non ebur neque aureum mea redinet in domo lacunar” (non d’ebano e d’oro risplende a casa mia il soffitto). Non sappiamo se la frase fu suggerita dal munifico donatore, o dal parroco dell’epoca; ma il riferimento poetico è stato più duraturo degli ornamenti di bronzo: “aere perennius”, come aveva già detto altrove lo stesso Orazio. Ma che cosa avvenne della scorta del Cavaliere? In quei tempi non ci si preoccupava delle “vili genti meccaniche” che componevano il folto drappello al seguito dei potenti. Eppure non è escluso che qualche biondo scudiero sia rimasto in queste terre di Versilia a perpetuare la sua stirpe…. Ringrazio Don Janni Sabucco per il prezioso aiuto nella lettura dei documenti ecclesiastici, e il parroco di Seravezza per aver messo a disposizione l’archivio. Alessandra Czeczott Vettori Ida Folini, Fabrizia Tarabella e Fabio Iacopi. Le luci e gli effetti sono stati affidati a Luca Avenante. La Compagnia “La Maschera” andrà di nuovo in scena in primavera-estate in luoghi e date da stabilire con questa commedia degna di altri palcoscenici. Si consiglia di non perderla, il divertimento è assicurato. Sandra Burroni Tassa sui rifiuti: controllate le bollette Il rapporto tra la tassa sui rifiuti pagata e servizio reso è inversamente proporzionale. Il contribuente è impotente di fronte all’assalto dell’ufficiale esattoriale, come lo è di fronte all’assalto dei tarponi. A prescindere dalla situazione contingente, è opportuno che chi rientra in particolari categorie, controlli bene la cartella esattoriale. Questa riflessione scaturisce dal principio affermato dal Tar della Lombardia, con la sentenza n. 282/93 dell’aprile 1999. In buona sostanza, i giudici milanesi hanno rilevato che l’articolo 8 del Dl 66 dell’89, convertito nella legge 144/89, ha modificato la disciplina della tassa di smaltimento rifiuti, tenendo conto che nella base di calcolo della tassa devono essere comprese anche le spese per la pulizia delle strade, ma non ha modificato i criteri di calcolo, né il campo di applicazione. Conseguentemente resta tuttora in vigore l’esclusione della tassabilità delle superfici, che pur trovandosi dentro l’area di raccolta, su cui si formano rifiuti speciali, al cui smaltimento provvedono a proprie spese i produttori dei rifiuti stessi. Questa norma riguarda in particolare laboratori e industrie, sulle quali, come detto, incombe l’onere di provvedere a proprie cure e spese allo smaltimento dei rifiuti cosiddetti speciali. Visto che in Versilia le parole le porta via il vento, le biciclette i ladri, e il pattume nessuno, a chi è interessato, un controllo della cartella esattoriale non costa nulla. Mario Coppola Maggio 2000 - pag. 4 102 ANNI Fu Garelli a scoprire Maurizio Costanzo AVEVA no, la tua buona cucina, le se- nostri entusiasmi. Cara Olga, LA CARA MAESTRA LUIGIA Cara Olga, rate d’estate al bar Rosati di via Veneto a contatto di gomito con i tavoli di Saragat e di Eugenio Scalfari, pronti a cogliere le cattiverie che il giovane rampante dell’Espresso gettava là contro il nostro leader che avevamo seguito per tenere vivo il nostro spirito libertario. Poi l’Agenzia Italia, le sue fotografie quando nacque Angelica, fotografie che gli ho simbolicamente restituito quando vi accompagnai tra le capre dell’Altissimo il giorno che si andò ad immortalare quel giovane cavallo matto che era (ed è, anche se è scomparso dalla mia circolazione) lo scultore americano Davide Campbell. Quella foto che Cesare scattò all’allora minuscola mia primogenita, lo sai, è attaccata alla parete di camera mia, qui alla Colombaia. E l’avventura della morte di Pio XII data con un’ora di anticipo? Ed il clamoroso “buco” sulla tragedia del Vaiont? E le cene a Trastevere tra piatti di carbonara e di pajata? Immagini, croste che ti rimangono addosso, impressioni, solchi profondi. Poi il suo “via da Roma!” e, qualche anno dopo, il mio. Avevamo capito che non era il successo quello che cercavamo, ma la ricerca di un mondo pulito, di una società più giusta, di una vita a misura di uomo. Eravamo scappati dagli incubi di una dittatura e di una guerra e non avevamo trovato il mondo nuovo nel quale avevamo sperato nei giorni più bui della nostra vita. E allora, via tutti e due da Roma, alla ricerca delle radici che avevamo così troppo presto abbandonato. Per fortuna ci siamo ricercati. Molto è stato merito tuo che hai saputo sorriderci sempre, attenta a quello che avevamo nella testa, pronta a seguirci nei cara Uolga-Uolga tanto per pronunciare il tuo nome alla ligure, tutto questo è passato, doveva passare, non poteva non passare. Era scritto. È scritto che accadrà anche a noi. Valeva la pena credere, sperare, toccare con mano che tutto era scritto? Penso di si, finché vivremo. Poi ci sarà il buio, anche se quasi tutti credono che ci sarà la luce. Vi ricorderò. Lo ricorderò. E sarà facile ogni volta che il canale 5 mi metterà davanti a quel personaggio ingombrante di Maurizio Costanzo. L’ha tenuto per mano Cesare. Maurizio, quando aveva i calzoni corti, veniva in punta di piedi a La Giustizia con il suo compitino da pubblicare in terza pagina. E Cesare lo riceveva con dolcezza, con la più visibile gentilezza, per incoraggiarlo, così come incoraggiava i giovani di talento. Maurizio s’inchinava, ringraziava, sperava che il compitino trovasse spazio e non è mai rimasto deluso: Cesare gli ha sempre dato la precedenza assoluta e la sua carriera giornalistica è cominciata così. Chissà se adesso si ricorderà ancora di un certo Garelli. Ho i miei dubbi. Cara Olga. Passati i settantanni ci rendiamo conto di essere fragili, anche se non lo facciamo intendere, se ci diamo arie di intramontabili e di candidati all’eternità. Cenere eravamo e cenere torneremo ad essere, forse anche prima di quanto crediamo. Sono frasi che denotano la tristezza di questo momento. Dai un bacio sulla bara di Cesare anche per me. Gli volevo bene, gli telefonavo, gli sono stato e gli sarò sempre riconoscente. Adesso continuerò a cercare te. Con tanto affetto. MIA SORELLA GABRIELLA con le mamme da sostenere e tirare avanti. Voglio ricordarla serena e felice come quando, di ritorno da Vienna nella ormai lontana fine d’anno ’86, mi disse con la sua abituale ironia: “O Tì, io le vacanze d’ora in poi le farò sempre al sole!”. Anche lei non aveva gradito il freddo austriaco. Ora la penso circondata di luce e di sole!”. Non potendolo fare singolarmente il nostro direttore ringrazia Vittorio Cardini, Marcello Tommasi, Manlio Cancogni, Paola Fontana, Carla Coppedé, la famiglia TealdiSarti, le amiche Alda, Anna Maria e Isabella, Elena Pardi Mencaraglia, Franca Fusco Ciampolini, Kiki Schouten Pietrabissa, Clara e Maria Vittoria Guglielmi, Alberto Aliboni, Andrea e Renata Gasperetti, Giulia Tarabella, Renato Maggi, Rita Romiti, Giuliana Paiotti, Monica Taddei, la famiglia Bacci-Drimonas, Matilde Merigo, Italia Tognetti, Luca Garfagnini. Poco prima di andarsene per l’ultima volta all’ospedale, la Gabriella ha lasciato questo suo pensierino: “Nell’universo vivo anch’io perché penso, tra impalpabili boccioli e atrocissimi sterpi, che siamo tutti una fiumana di persone. Dove si va, non si sa. Su queste galassie non chiediamocelo”. due minuti prima che tu mi telefonassi stavo ripensando a Cesare. Guardando la televisione, seguivo la trasmissione Gustibus sul terzo canale ed il presentatore si era portato a Bra ed illustrava i prodotti della località. Ed allora il pensiero riandò al nostro viaggio, agli altopiani delle Langhe, ai tartufi di Alba, a quei giorni trascorsi insieme. La notizia che premurosamente mi hai dato, mi fa riflettere ancor più sugli affetti più cari della vita. Ti siamo vicini con affetto, solidarietà e rimpianto. È vero che alla nostra età tutto quanto avviene è già scritto, ma non tutto è dato per scontato. E quando ci muore un amico accanto, un amico che è un pezzo della nostra vita, se ne va inesorabilmente una parte di noi. A parte il viaggio nostro a Millesimo, a parte il vostro in Versilia, il mio pensiero corre a quell’autunno del 1954 quando Parini entrò infuriato nella stanza di via della Cordonata (anzi, non era una via, ma una piazzetta) e cominciò a gridare che non ero io quello che aspettava, bensì un altro, un tale che si chiamava Gianfranco Gavioli di Modena. E quando Cesare si accorse che stavo subendo una vera e propria aggressione fu lui a fare muro, ad insegnarmi cos’erano gli occhielli, i titoli ed i sommari ed a scendere in campo denunciando al direttore, il buon napoletano Antonio Borgoni, che quello che accadeva nella nostra stanza non faceva parte dei buoni sistemi che avrebbero dovuto accogliere un giovanotto al suo primo vero lavoro, tra l’altro mal retribuito. Da allora la nostra amicizia si è approfondita e le nostre vite sono diventate parallele. Le camere d’affitto in via del Babbui- È deceduta, dopo almeno un anno di atroci sofferenze, la sorella del nostro direttore, l’insegnante elementare in pensione, Gabriella Giannelli. Aveva 69 anni. Pochi giorni prima di morire aveva ricevuto una lettera del presidente della Società Dante Alighieri di Viña del Mare, comitato di Valparaiso (Cile) che diceva tra l’altro: “Abbiamo saputo la cattiva notizia della tua salute cagionevole e siamo così a conoscenza della invidiabile serenità di chi accetta senza un lamento il proprio destino… Sono passati ormai molti anni da quando hai lasciato il Cile, ma il ricordo del tuo passo tra noi è ancora presente. Credo di sapere il perché: perché i veri maestri –quelli che secondo l’etimologia della parola, si distinguono tra tutti gli altri– sono come luci che appaiono Lutto Partecipiamo al lutto di Luigi e Lucia Santini per la morte della mamma professoressa Daria Pennacchi. Di lei parlammo in una intervista di Marco Balderi, il grande musicista seravezzino, che volle ricordare la sua prima insegnante di pianoforte. Vivissime sincere condoglianze da parte di Versilia Oggi. all’orizzonte solo di quando in quando. Per questo potresti ben dire, come Orazio, senza il pericolo di cadere nella retorica, che una buona parte di te riuscirà ad evitare l’oblio…”. Gabriella aveva insegnato anche in Svizzera, oltre che in varie scuole in Versilia ed in Garfagnana. Tra le numerose testimonianze ricevute, quella della signora Tina Galli: “La rivedo giovanissima nelle serate estive davanti al mio negozio sempre con la sua mamma complimentarsi per le mie vetrine. Voglio ricordarla così, in attesa di ritrovarsi su quella collina dove ci incontreremo tutti”. Maria Vittoria Giannotti ci ha scritto: “Ci conoscevamo dagli anni della scuola e ogni tanto, quando c’incontravamo era sempre piacevole fare una conversazione”. Alessia Barberi ha lasciato un bigliettino al suo capezzale: “Ti ho guardato dormire a lungo prima di andare via: sembravi un angioletto. Ti ho lasciato una cassetta di musica classica che ho preparato per te, mi auguro che ti piaccia”. Un altro messaggio: “Sarai sempre nei miei pensieri. Margherita”. Tina Ricci: “Anche se ci si vedeva di rado, avevamo vite parallele, ambedue colleghe, poi maestre pensionate, sole, Giorgio Vorrei ricordare la mia cara maestra Luigia Galanti Orietti morta recentemente a 102 anni. Era una donna severa, ma felice ed entusiasta di fare l’insegnante al Marzocchino per tanti anni. Avevo deciso di fare una bella festa quando compiva i 102 anni come avevamo fatto con la sua famiglia per i 100 anni e poi per i 101, ma proprio pochi giorni prima è stata un pò male, tanto che pochi giorni dopo è deceduta in via Cafaggio dove abitava. Andavo spesso a trovarla e quando tornavo a casa con la bicicletta mi sembrava di volare tanto era la gioia che mi dava. Mi ricordava tanti degli alunni che erano in classe con me in terza quarta e quinta elementare. Prima ricordavamo insieme coloro che sono scomparsi: la cara Elena Silvestri, Rossana Quadrelli, Loretta Repetti, Giancarlo Cinelli tanto caro. Poi parlavamo di Licia Paladini, Giuliana Beggi, Lia De Carlo figlia del grande Ezio. E poi Nada, Anna, Maria, Mila, Orosella, Livia, Giuseppina, di queste non ricordo il cognome, in quarta e quinta. E tra i maschi, fra questi, quello che oggi da quasi 46 anni è il mio caro sposo Santi Tarabella. E poi Giuseppe Neri figlio della signora Delia dell’appalto, Atos Bacci e tanti altri. Le classi erano molto numerose. La mia cara maestra la porterò sempre nel mio cuore. Maria Giovanna Aliboni Disagio a Vittoria Apuana Caro Direttore, Sono abbonata a “Versilia Oggi” dal 1975, quando ho comprato una casetta in zona Vittoria Apuana, via Padre Ignazio 8, nel tratto fra la piazzetta ed il lungomare. Ho molto apprezzato vari suoi articoli e anche quello del febbraio 2000 “Bertola, una ricetta già scaduta”. Nella via si stanno facendo lavori di costo certamente molto elevato: fondo stradale, marciapiedi, pista ciclabile. Questa passa quasi rasente ai cancelli lato Viareggio, vi sarà fra la pista ed i nostri muretti un marciapiede di un metro (un sentiero!), in nessun modo diviso dalla pista, che avrà la larghezza di solo un metro e mezzo. Per quanto mi risulta da informazioni precise una pista ciclabile non può avere misure inferiori a due metri e mezzo. Si tenga conto che sul marciapiede devono transitare senza pericolo le carrozzine degli invalidi. Vorrei sapere perché la pista non è stata impostata sul lato Massa, ove l’edificio della Banca è ben arretrato e vi sono solo due o forse tre cancelli, anch’essi arretrati, mentre nel nostro lato ci sono almeno otto o nove “passi carrai”. In tal caso la pista sarebbe finita proprio nel cortile della scuola, sita più a monte (così invece gli studenti dovranno attraversare la strada). Il progetto lascia perplessi. L’opera finita costerà una notevole somma: si è usato marmo per il marciapiede già pronto, non so quale materiale sia stato scelto per l’altro e per la pista. Abbiamo chiesto di stabilire almeno il “senso unico”, per diminuire un po’ l’inquinamento dei gas auto e quello acustico ed inoltre proponiamo che i camion ed i bus vengano dirottati verso altre direzioni. La via nel tratto piazzetta lungomare è larga solo sei metri e mezzo: mi sembra sia doveroso tutelare la salute dei cittadini, ma sono state prospettate delle difficoltà per la soluzione “senso unico”. Faccio presente che la situazione è molto peggiorata da quando è stata aperta la via di scorrimento dall’uscita “Versilia” dell’autostrada fino a via Padre Ignazio. Non dovrebbe tale via di scorrimento essere prolungata fino alla periferia di Forte, oltre via Canova? Insistiamo per ottenere almeno il “senso unico”, per diminuire i danni, i disagi ed i pericoli derivanti da un traffico troppo intenso; come me, pensano tutti i residenti in loco. 90 primavere! Carlo, Carlo Carducci ed Abramo Milea), nostro assiduo lettore, Mario ha festeggiato, immerso da parenti ed amici, il suo grande giorno. Sono venuti persino dall’America! La notizia ce la trasmette la sempre in gambissima Liduina Babboni Coppedé, anch’essa dell’allegra brigata. Ci rivedremo –caro Mario– al tuo prossimo centenario. Intanto eccoti gli auguri più affettuosi di Versilia Oggi. Il Magnifico di Versilia Oggi Mario Mencaraglia, via Rosmini 16 Pietrasanta, ha raggiunto le 90 primavere! Titolare della più antica tipografia versiliese, grande appassionato della montagna (di lui si parla anche in “Uomini sulle Apuane” in occasione delle gare sciistiche a Fociomboli nel 1937 con i mitici Elio Mancini, Renato Feliciani, Aldo Viti, Guido ed Ezio de Cristina Lusardi Maggio 2000 - pag. 5 ta. Finalmente – pensò il Maligno – avrebbe smesso di piantar croci e biascicare orazioni. Pellegrino si alzò dopo un po’ con fatica e, benché minuto e inerme, ricambiò subito il ceffone con tutta la forza che aveva in animo e in corpo. Fu tanta la potenza impressa che il Diavolo volò sopra la Valle nel Serchio e sbatté la testa contro le Panie. Neppure le montagne ce la fecero a trattenerlo. L’orribile essere finì la corsa in mare. Nel punto esatto attraversato dal Diavolo, c’è una montagna delle Apuane che porta una grande apertura alla sua sommità. Lo schiaffo di San Pellegrino ha dato origine al Monte Forato, (testo ripreso da“Leggende delle Alpi Apuane”, a cura di Raffaello Puccini per le illustrazioni, Emanuele Guazzi e Antonio Bartelletti. Le leggende sono lette sul CD “Siam venuti a canta’ storie”, in coedizione tra Parco Apuane e Mauro Baroni editore). La Marì brontolona ULTIME COPIE DI “UOMINI SULLE APUANE” Ricominciare Poesia classificata seconda al Premio dialettale Silvano Alessandrini: La Marì brontolava sempre ‘l su Rubè / per via, è ‘nutile negallo, / che tutte le sere lù facea la sosta / a Malbacco a l’osteria di quel Vincè / che de ‘bocconcini ne preparava apposta / perché i ‘cavatori si fermassino per bé. Ma ‘na sera che la Marì gli facea i soliti rimbrotti, / urlò: “Se mi fermo a bé du o tre bicchierotti / è per scordà i pericoli che provo,” / e più ‘mbestialito ancor continuò: “ma ‘no sai che vol dì lavorà ‘n cava…? / ma un no sai, che ‘n lavoro più duro di così / un n’hano ‘invento mai…/ lassù ‘l sudore si mescola col sangue! “Uomini sulle Apuane”. Con questo titolo, e al modico prezzo di 20 mila lire, Giorgio Giannelli ci ha consegnato un libro pregevole in via di esaurimento in tutte le librerie. Se ne trovano ormai poche copie. Di primo acchito, il titolo farebbe pensare a quei Cacciatori sulle Apuane che, iniziando fin dall’autunno del 1943 la guerriglia contro il tedesco occupatore sotto la guida di Gino Lombardi, furono argomento di altri libri dello stesso autore. Si aprono invece fantastiche visioni di ascensioni alpinistiche pacifiche e della loro plurisecolare storia, con citazioni di nomi che vanno da Tito Livio, Dante, Ariosto, Carducci, Pascoli fino ad Antonio Stoppani de “Il bel Paese”. Il libro rileva l’intento delle ascensioni: oltre che sportivo, naturalistico, botanico, speleologico e, per dir così, idrologico: bere acque purissime sgorganti dalle nevi. Un lavoro fatto da ricerche impegnative e meticolose, compiute da un lavoratore indefesso che sta al pezzo 25 ore al giorno (veramente la giornata è fatta di 24 ore, ma si dice che Giannelli si alza un’ora prima). È alto il prezzo pagato sulle Apuane in sangue giovane o giovanile; molte le vite umane salvate all’ultimo istante da guide espertissime come Angiolo Bartolucci (affettuosamente chiamato “il Nonno”) che a 74 anni nell’aprile 1945 venne falciato da una raffica sparata dagli alpini repubblichini. Per concludere. 1) l’alpinismo acrobatico costituirà sempre la più bella e necessaria palestra per uomini che vogliono crescere sani e forti; 2) la natura dei luoghi è d’una tale beltà che se la zona si fosse trovata in altri paesi, come la Svizzera, oggi sarebbe piena di alberghi che invece da noi relativamente scarseggiano anche se, sulle orme del grande Ermete Milani, vi è stata aperta qualche trattoria in aggiunta ai rifugi alpini dove è possibile rifocillarsi e pernottare. Fino ad oggi non si è trovato un giusto equilibrio tra le esigenze dell’escavazione del marmo e quelle dello sviluppo turistico. Anche il ventennio littorio lasciò in sostanza le cose come le aveva trovate; anche se il Dopolavoro e la Gil fecero qualche cosa con i campi estivi. Il fascismo nel 1921 aveva cominciato con una solenne bastonatura data da una squadraccia ad un gruppo di escursionisti di ritorno che si scioglieva al grido di “Urrà!” Forse pretendevano che il grido fosse “Eja Eja, alalà”. Queste sono, e tantissime altre, le notizie e le curiosità che si trovano in questa ennesima fatica di Giorgio Giannelli. Il quale continua. Caro Giannelli, qualche tempo fa ho mandato a personaggi politici e a giornali una lettera messa giù con l’intenzione, di analizzarmi e rimettermi in discussione assieme ad alcune idee, sentimenti e passioni, che hanno caratterizzato questi ultimi trenta anni di politica. La lettera non sembra avere toccato i destinatari. Ha toccato, invece, gruppi di giovani che l’hanno letta occasionalmente, generandomi una positiva sorpresa. Per quest’ultima ragione ora penso valga comunque la pena mandarla anche a te, se non altro per uno scambio di idee tra di noi o per suggerire un dibattito si Versilia Oggi. Persuaso anche del fatto che ogni politica locale, se intende essere di un certo spessore, richiede comunque uno scenario di idealità storiche, sociali e culturali di natura generale cui fare riferimento. La lettera può definirsi la storia di un ex comunista, con alcune rinnovate passioni e idealità. SAN PELLEGRINO, IL DIAVOLO E IL MONTE FORATO: San Pellegrino viveva sull’Appennino, di fronte alle Apuane. Non aveva casa, perché dormiva nel tronco cavo di un albero. Non lavorava, perché aveva bisogno soltanto d’acqua e si nutriva di poche erbe e qualche radice. Tutto il giorno pregava e faceva penitenza. Il Diavolo, infastidito dalla sua presenza, s’inferociva ogni volta che cantava lau- di, oppure snocciolava il rosario e soprattutto quando costruiva delle enormi croci di faggio che poi andava ad innalzare qua e là per la montagna. Il Diavolo voleva scacciare Pellegrino da quelle terre. Dapprima cercò d’impaurirlo mutandosi in un drago spaventoso, con viscide squame e narici infuocate. Il Santo neppure si mosse alla vista di quell’orribile creatura. Poi cercò di tentarlo trasformandosi in un’affascinante fanciulla, dai Anco stamane, stiacciato da du blocchi, poveraccio, / è morto Angiò… si quel de la Dorina / e gli ha lascio tre figlioli, poverina, / tutti cicchi da dové allevà. E te che c’è da scriviti tutto sopre an ciaccio, / un hai gnanco visto come d’ero concio; / dal dispiacé ero stravolto e stranulato, / e te dicei che m’ero rimbriacato. Ora vedi, me lo scecco proprio ‘n bel fiasco di vino, / ma te lo dico, un è per vizio, sta sigura, / è per levammi da la mente quelo strazio / c’ho provo nel vedé, tanta sciagura!” Le’ ch’era ‘ntenta a rattoppà un paio di calzoni, / a quela nova sbiancò / e sul su viso scesero giù du lagrimoni. Renato Carli NONOSTANTE I RITARDATARI Anche se ci sono ritardatari, prof. Roberto, Massimo Palla, Faprosegue la campagna abbonamenti per l’anno 2000. Preghiamo gli amici che non hanno ancora provveduto al rinnovo, di utilizzare il modulo inserito nello scorso numero di Aprile. Questo mese abbiamo l’onore di ringraziare i sostenitoriraddoppiatori Antonino Arrigo, Romano Redini, Vittorio Polacci, Giuliana Beggi Bianco, Vanda Vanni Paltrinieri, Aldo Mugnaini, Paolo Astorino, Giosi Polacci, monsignor Silvano Burgalassi, don Michele Casarosa, Laura Sigali, Simone Tonlorenzi in memoria dei genitori Bruno e Marta, Teresa Pierini, Gloria Pardini in memoria del marito biano Favret, Roberto Tesconi in memoria di Lino Lazzerini, Vando D’Angiolo, Laris Lari, Carlo Barberi, Gianfranco Santini, Albizi Berti, Angelo Pardini, Giulia Beggi, Carlo Stellati, Adriana Prosperi, Cesarina Trielli, Suniva Sant’Albano. Eccovi Federico! È nato Federico, figlio di Elena Mazzucchi e di Filiberto Nerone. Il Bagno Montecristo ha alzato il gran pavese sul pennone. Auguri affettuosi ai genitori, agli zii Gabriele e Stefania, ma soprattutto al piccolo Federico cui diamo il benvenuto nella comunità versiliese. biondi capelli e dal seno procace. Il Santo neppure si mosse alla vista di quella meravigliosa creatura. Il Diavolo perse allora la pazienza e decise di presentarsi di persona con tutto il suo terribile aspetto. Appena di fronte a Pellegrino gli rifilò un gran ceffone che lo fece rigirare per tre volte, prima di tramortirlo a terra. Il Signore degli Inferi rise tracotante dalla soddisfazione di aver impartito una sonora lezione al povero eremi- Mauro Barghetti Giorgio Salvatori Confermo che Versilia Oggi si occupa specificatamente di cose locali. Perché di questioni pesanti e di problemi non ne mancano –eccome!– anche nei nostri quattro comuni. Ed in 35 anni di vita ne abbiamo sempre parlato. Forse qualcuno non se n’è accorto. Colpa sua. Maggio 2000 - pag. 6 Nella Toscana sono identificabili due aree principali, con interessi economici e territoriali relativamente omogenei: l’area intorno a Firenze e la lunga area tirrenica, centrata su Pisa, Livorno, Viareggio e la Versilia. Le due aree sono di paragonabile importanza, ma la seconda è stata di solito trascurata nella politica regionale. Sul piano ambientale soffriamo tra l’altro per un inadeguato utilizzo delle acque e delle falde freatiche. Basti un esempio: la trasformazione, dovuta a negligenza, di corsi d’acqua come il Versilia in pericolosi killer. Mentre soffriamo di una cronica mancanza d’acqua, paradossalmente, sulle vicine Alpi Apuane piovono 4000 millimetri d’acqua all’anno. Basterebbero piccoli invasi a risolvere il problema. Ancora più grave è la situazione dei trasporti. La linea principale (tirrenica) mantiene in sostanza la velocità di esercizio del primo dopoguerra; sulla tratta Pisa-Roma i rapidi impiegavano tre ore e qualche minuto negli anni ’50, gli Eurostar impiegano oggi due ore e cinquanta minuti. Tra le linee trasversali la Firenze-Pisa, è stata migliorata ma solo in misura ridotta (ed anche in prospettiva si parla di quadruplicazione solo da Firenze ad Empoli). La Pontremolese, che permette tra l’altro un collegamento diretto alternativo da Milano a Roma, e che quindi dovrebbe avere, se non altro per questo, un’alta priorità nei programmi di ammodernamento, è rimasta in LA VERSILIA INDIFESA IN REGIONE Firenze ora esagera! buona parte quella di un tempo, e le aziende locali, aggravate nei quando si dovevano raddoppiare i locomotori per affrontare il tunnel di valico. La limitata efficienza della Pontremolese costituisce forse il principale problema del sistema portuale toscano, e certamente limita seriamente anche le potenzialità turistiche ed economiche della regione costiera. Altre linee importanti (Viareggio-Lucca-Pistoia-Prato, Pisa-Lucca-Garfagnana) sono ancora meno efficienti. Lo sviluppo di questa rete secondaria avrebbe conseguenze straordinarie sulle potenzialità dell’area, e potrebbe far da volano per la crescita di un turismo di qualità e di durata. Per quanto riguarda la viabilità stradale, dopo le autostrade degli anni ’70, sono state aperte negli ultimi anni solo la Firenze-Pisa-Livorno, arteria importantissima ma realizzata male (stretta, pericolosa, con raccordi insufficienti) e la superstrada costiera da sotto Livorno a Grosseto. I collegamenti con Roma sono invece affidati oltre Grosseto alla vecchia e insufficiente variante Aurelia. Arriva ora, ad aggravare la situazione, il progetto di rendere le due superstrade a pedaggio, con la speranza di ottenere un percorso migliorato, ma con la certezza di aumentare il traffico di passaggio sulla restante viabilità, per ovvie considerazioni. Inoltre il progetto è ovviamente dannoso per i residenti costi. Se questo progetto andrà avanti, si adotti almeno un sistema di pedaggio di tipo svizzero, consistente in un abbonamento annuale per tutta la rete regionale. Esso comporta un risparmio per i residenti e per chi, transitando spesso sulle strade toscane, va incentivato a non ingolfare la viabilità ordinaria. Si è lasciato inoltre crescere l’aeroporto di Peretola oltre misura, ai danni dello scalo pisano e di ogni ragionevole programmazione e valutazione ambientale, ed ora si vuole magari unire le gestioni o gli azionariati, congelando la situazione. Va sottolineato la presenza nell’area del sistema universitario pisano (tra i più avanzati in Italia specialmente nei settori scientifici). Seguendo e adattando l’esempio delle migliori università americane dovrebbe essere possibile trasformarlo in un motore attivo di sviluppo. Possono nascere progetti d’impresa (specialmente nei settori nuovi e avanzati), tecnologie nuove possono essere applicate a problemi antichi (per fare un esempio, il taglio e la lavorazione del marmo). Perché questo avvenga però, oltre a migliorare le infrastrutture, occorre anche una lungimirante politica del credito, che non finanzi solo l’esistente. La promozione del turismo è indispensabile, se non si vogliono rendere permanenti i segnali di diminuzione delle presenze, “SALVIAMO IL SANTUARIO DEL PIASTRAIO” UN APPELLO FINORA RIMASTO liaINASCOLTATO sede centrale di Pietrasanta, Con l’apertura del grande giubileo dell’anno 2000, Stazzema sperava di vedere realizzato un grande sogno, il restauro dell’unico Santuario Mariano della Versilia e diocesi di Pisa. Purtroppo così non è stato, nonostante si sia formato un comitato dal nome “Salviamo il santuario del Piastraio”, dopo oltre un anno dalla formazione, del Comitato Versiliese, non è stato ottenuto molto, nonostante diverse persone, membri dello stesso, e non, si siano adoperati per cercare di riuscire ad ottenere i migliori risultati. Il Santuario Mariano, unitamente al Convento adiacente, Casa del Pellegrino, si trovano in uno stato di profondo degrado, occorrono molte centinaia di milioni per poter almeno intervenire sulla copertura che fa acqua da tutte le parti, rovinando tutti gli affreschi all’interno del luogo sacro. Se non si farà presto, si rischia di perdere questo luogo Mariano unico nella nostra Versilia. Non avendo potuto, almeno per ora, avere la soddisfazione di intervenire sulla struttura per mancanza di fondi, abbiamo deciso come consiglio parrocchiale di intervenire sul restauro del quadro in occasione dell’ormai imminente Giubileo. Nel mese di ottobre, abbiamo prelevato l’Immagine di Maria S.S. del Bell’Amore, protettrice della Versilia, e l’abbiamo portata nello studio di restauro delle signore Frati e Balderi, a Pietrasanta dove dopo circa un mese, verso i primi giorni del mese di dicembre, aveva riacquistato il suo splendore. Dopo aver preso contatto con la direzione della Biblioteca di Pietrasanta, abbiamo deciso l’esposizione della tela di Maria S.S. del Bell’Amore, nella splendida Chiesa di S. Agostino dal 4 al 12 dicembre proprio a cavallo del periodo dell’Immacolata. La preparazione ha richiesto il lavoro di diverse persone, abbiamo montato il Trono del Cipriani, di proprietà della parrocchia di Stazzema, risalente al 1700 ripulendolo e collocandolo al centro della chiesa, sopra una pedana che lo sollevava da terra, dandogli quello slancio necessario perché l’immagine risaltasse alla vista dei visitatori; una volta finito di montare il tutto, è stata collocata l’Immagine Miracolosa di Maria S.S. del Bell’Amore, fissandola sul Maestoso Trono dorato. Venne aperta la chiesa di S. Agostino per consentire ai visitatori di poter ammirare l’Immagine di Maria. Sono stati momenti di vera commozione. Dopo il ringraziamento della comunità parrocchiale di Stazzema da parte di Maurizio Bertellotti, ha preso la parola Alba Tiberto Beluffi come membro del comitato del Santuario ringraziando tutti i presenti. La Corale diretta dalla Maestra Goti Stefania ha poi eseguito canti Mariani. Trascorsi i giorni di esposizione in S. Agostino, la Banca di Credito Cooperativo che ha sponsorizzato tutta l’iniziativa della esposizione della Madonna in S. Agostino, nella persona del presidente avv. Paolo Tommasi, e del direttore Giovanni Tosi, membri del Comitato per il restauro del Santuario, hanno espresso il proprio desiderio, di poter esporre nel salone della Banca della Versi- l’Immagine restaurata di Maria S.S. del Bell’Amore protettrice della Versilia nel periodo delle feste di Natale. Il Consiglio parrocchiale di Stazzema ha espresso parere favorevole a questa importante iniziativa e qualche giorno prima di Natale, la tela del pittore Guglielmo Tommasi, è stata esposta su un Cavalletto nella sede della Banca. Anche questa iniziativa ha avuto un enorme successo, tanta gente si soffermava ad ammirare il volto dolce di Maria quasi ad invitare la gente, una volta riportata nel suo Santuario, di non abbandonarla più. L’immagine della Madonna del Piastraio dopo le feste di Natale, ha fatto ritorno a Stazzema e prossimamente con un grande festa verrà riportata nel Santuario del Piastraio. Marco Bertellotti Lieta sorpresa ad Oxford Durante un giro in Inghilterra ho visitato l’University British Museum di Oxford, famoso per collezioni di animali preistorici, minerali ecc. Girando tra gli scheletri di dinosauri e tirannosauri mi sono imbattuto in una teca dove vi erano campioni di marmo. Ovviamente di fronte al materiale a me familiare mi sono fermato ad osservare e a passare in rassegna le varie piastrelle. Così ho riconosciuto il Cipollino con le sue venature verdastre, e la Breccia Medicea. Sul cartellino sottostante c’era scritto: “Breccia di Seravezza” - (Lucca) - Italy. Una lieta sorpresa inaspettata, devo ammettere. Massimo Tarabella connessi con un evidente calo della qualità dell’offerta. Oltre a soluzioni tecniche (maggiore dinamismo sul mercato dei tour operators, collegamenti fra le Aziende turistiche provinciali per permettere scambi di informazioni e cooperazione, messa in rete Internet delle informazioni viarie, turistiche, logistiche, creazione di sistemi integrati di informazione ed aiuto al turista) occorre anche favorire lo sviluppo di un turismo evoluto, con tempo a disposizione, che possa usufruire simultaneamente dell’offerta di stazioni balneari, straordinari centri d’arte, piccoli gioielli artistici sparsi nel territorio, bellezze naturali delle Alpi Apuane, centri agrituristici. È essenziale per questo migliorare i trasporti ferroviari e la viabilità locale, per esempio facilitando i collegamenti stradali tra Versilia e Garfagnana, consigliati anche per motivi di protezione civile. A parte il mancato interesse a livello regionale per lo sviluppo della Toscana costiera, si è vista in questi anni anche scarsa progettualità politica a livello locale. Tra eletti ed elettori dovrebbe essere stipulato un patto chiaro ed esplicito, comprensivo di tempi e di priorità e di criteri di verifica. Tutto questo ciò anche nella convinzione che il futuro della politica sta nella capacità di affrontare e risolvere problemi concreti (su grande o piccola scala) e non nella elaborazione di astratte e fumose strategie. Paolo Paolicchi Giorgio e Robert La famiglia Donati ha subito due gravi lutti nell’arco di pochi mesi, prima la perdita di Robert Kahl, marito di Mirella, poi quella di Giorgio. Settantenne, Giorgio Donati lascia i figli Andrea, Ornella, Alberto e Betty, con Loretta Maggi fondatori della Beaubourg Viaggi di Pietrasanta. I Donati erano venuti al Forte, parliamo di Agostino e della Isma, da Capezzano Pianore, negli anni venti e dopo avere aperto un garage in via dei Mille, gestirono la prima pompa di benzina in paese in via Mazzini. Robert arrivò nel 1944 con i carri armati della 5a. armata L’ORO NOSTRO Un obiettivo ambizioso: produrre olio di qualità superiore extra-vergine anche in Versilia. Gli incontri versiliesi si sono tenuti presso il frantoio Maggi di Querceta. Coordinato dalla dottoressa Veronica Giusti della “Olivocoltori toscani associati”, il gruppo d’una trentina di persone è stato messo al corrente sulle moderne tecniche di produzione e sulle scrupolose metodologie di identificazione d’un olio di qualità veramente superiore. Una volta aggiornato, il gruppo è stato messo in condizione di esprimere un giudizio finale da “assaggiatore”, previo esame visivo, olfattivo e degustativo d’una serie di campioni d’olio provenienti da varie zone della Toscana per determinarne sia la qualità che l’eventuale riconoscimento della denominazione “Olio extra-vergine d’oliva”. Certo non è cosa facile raggiungere l’obiettivo; e gli esperti ce la mettono tutta perché è necessario salvaguardare questo bene prezioso dagli attacchi della chimica e della grande distribuzione. Nel proseguo del dibattito è stata messa in rilievo la necessità dell’osservanza di una pratica che tenga conto di tre momenti essenziali: raccolta-frangitura-conservazione in fantoio. Al consumatore farà piacere sapere che, mentre si sta sempre più andando verso la produzione di alimenti e cibi transgenici, con mucche pazze, pecore clonate e verdure ai fito-farmaci, c’è ancora qualcuno così cocciuto che persegue e diffonde il cibo genuino della cosiddetta “dieta mediterranea” di cui l’olio d’oliva è parte integrante e determinante, per il suo indiscusso apporto di sapore insieme alle finora misconosciute qualità terapeutiche. Romano Vitè americana. Era l’indimenticabile 19 settembre. Conobbe in quei giorni la Mirella proprietaria con i familiari della pensione America. Si sposarono subito e nel 1947 si stabilirono negli Stati Uniti dove vive il figlio Harry. Alla famiglia così duramente colpita le condoglianze del nostro giornale. Banca locale partner globale. Ciò che contraddistingue il nostro modo di essere banca è proprio la capacità di essere tante banche insieme in una volta sola. Per questo oggi siamo la banca più vicina ai commercianti e agli operatori economici, la banca di casa in oltre 100.000 famiglie, la banca amica dei pensionati, la banca aperta ai progetti dei giovani, la banca partner delle imprese su tutti i mercati. Una banca aperta alle esigenze di ciascuna persona, ogni giorno, con la stessa cura e attenzione. Continuiamo a crescere insieme. CASSA DI RISPARMIO DI LUCCA Più vicini al vostro mondo. Maggio 2000 - pag. 7 Com’assomiglio a mì pà! – Che mangiata! – Vieni si va di là a scaldassi al camino; tanto si prende ‘l caffè. – Lo sai Anto’, hai dele mosse, mi par di rivede’ tu’ pa’. – Ei, sai che gli risposi a mì pa’ quando mi disse: te Anto’ somigli a me? Gli risposi: ‘un ti somiglio e un ti vo’ somiglia’. Ci rimase male. – Eccicredo, ma sarai sodo: ha ragione la tu moglie. Te pe’ i complimenti sei l’asso. – Ora che sono passati quasi du’ lustri dala su scomparsa, ciò da dagli ragione, mi son reso conto che gli somiglio. Come ho fatto ad accorgermene, ora te la conto. Giorni fa, tornato che sono dala cava, piglio i cenci puliti e vado in bagno pe’ fammi la doccia. La mi moglie mi fa: – Anto’? Un c’è più sciampo, i capelli se l’è lavi la Antonietta e l’ha finito. – È nova, come si lava i capelli le’, lo finisce anco fusse un flacone da un fiasco, lo deve anco be’, vorrà di’ che mi lavo col sapone di Marsiglia, così mi fa bene anco ala cotenna. – Va bene, mi risponde: poi aggiunge: io intanto vado a coglie du’ rape ala piana per falle con le salciccie. Apro il rubinetto e tanto che scorre l’acqua, finché arriva quela calda, controllo il flacone se, per caso, ne fusse rimasto ‘n zicchino. ’Un si sa mai! Toh, ha ditto c’un ce n’è più e invece questo col dosatore è belo pieno, mah si sarà sbagliata. E così più tardi a tavola: – Oh Gabriè un’avei ditto che lo sciampo dera finito, ma nel bagno c’è un flacone pieno. – Ma che dici, se la bottiglietta vota lo tira via ‘n del bricco. M’arizzo dal tavolino, vado in bagno e toh ecchilo qui, belo pieno, che m’ha preso pe’ citrullo? Ha fatto una risata che le son cascate anco le lagrime. – E bravo il mi’ Anto’, un lo vedi che è pe’ l’igiene intima per donne! – E potta Catè, sotto la doccia ‘n ci vado mia co’ gli occhiali, scrivessero le istruzioni più grosse; e po’, di stiuma ne ha fatta anco troppa, senti come mi odora la testa. – Si di… E un mi fa parla’ male Anto’. – Ma la somiglianza con tu pa’ duv’è? – Anni fa quando abitavo a Pozzi e ‘un ero anco sposato, mi’ pa’ avea circa gli anni che ho ora io. Una domenica mattina, ero sempre mezzo addor- mentato, lo sentivo brontolare in bagno, moccoli e altro, parea un laveggio che bolle. Esco di camera in mutande pe’ anda’ a vede’ quelo che era successo e lu’ dai a brontolare, e quando mi vide: – È tu’ ma’ è tu’ ma’! – Mi’ ma’? gli dico. E che ti ha fatto s’un c’è gnanco. – È le che compra le cose moderne, guarda qua: tutti tubetti da strizzà. Mi ma’ gli avea compro il sapone da barba in tubetto . Lui, prima, aveva avuto sempre il vasetto come dal barbiere. E così riprese: –Toh! prima mi son fatto la barba e il sapone un facea gnanco la stiuma, guarda come mi son concio il muso con la lametta. Era anni c’un mi ritagliavo, guarda, qui questo dentifricio, fa schifo anco se sa di menta! A tu ma’, quelo che le rifilino, lé lo compra, specie le rope c’un enno bone. Io a quel tempo le scritte le vedeo molto bene e gli feci: – O ba’, ti sei fatto la barba col dentifricio e ti sei lavo i denti con la crema da barba, e così i denti l’hai beli bianchi. – E ora mettitici anco te a da’ ragione a tu ma’, io nel bagno un ci vado mia co’ gli occhiali veh! È da li che mi son accorto di riandanne da mi’ pa’! Antonio Bandelloni UN VERO E PROPRIO ESAME DI COSCIENZA Nella attesa ammiro coloro che lombani” hanno risposto pubCaro Giannelli, ho letto completamente il supplemento omaggio di Versilia Oggi che gentilmente mi hai inviato, e ti ringrazio perché ne sentivo proprio la mancanza. Questa carenza, unita a problemi familiari, è stata la causa che mi ha spinto a disfarmi, alcuni anni or sono, di tutta la raccolta ed ora me ne rammarico. Che cercavi, mi chiederai, in un freddo elenco di titoli di articoli giornalistici? Non so rispondere, ma ho trovato che fin dal 1967 si scriveva delle strade Stazzema-Gallicano, CardosoMosceta, Versiliana-Carducci, Retro-Corchia, funivia di Mosceta, e qualcuno, come Silvio Belli, vedeva sulle Alpi Apuane un cavallo che si chiamava turismo, concetto che approfondiva in articoli successivi: “Il marmo non basta all’economia versiliese – Retroterra svegliati!” Il tuo articolo del marzo del 1970 titolato: “Terrinchesi furbacchioni” stimola la mia curiosità e mi piacerebbe rileggerlo. proclamavano: “Difenderemo palmo a palmo la montagna – Rivincita della montagna”, mentre il sindaco Conti auspicava di frenare l’esodo dai monti. Frattanto, tra le righe, fa capolino un Consorzio mare-monti, sempre per lo sviluppo della montagna, ovviamente, che si esaurisce in un: “Girotondo a Puntato” o in articoli emblematici: “Se i monti venissero al mare”, mentre qualcuno si interrogava seriamente: “Perché la gente fugge dai monti?” ed altri sconsolati constatavano. “Continua l’esodo dalla nostra montagna”. Ci si domandava: “Come è fallita l’idea della funivia CardosoMosceta” e nessuno si è occupato di illustrarci perché i progetti di tutte le altre strade sono rimasti incompiuti. Intanto qualcuno si chiedeva: “Di chi è il merito del Retro-Corchia?” Ringrazio Giorgio Ubaldi, che nell’ottobre 1978, lanciava un grido: “Salviamo le marginette”, al quale soltanto “I Co- Riecco “Studi Versiliesi” Finalmente. Dopo cinque anni di sospensione, è rinato “Studi Versiliesi” con l’uscita del numero XI della serie. Esprimemmo a suo tempo il nostro disappunto per avere, enti, banche, istituzioni, biblioteche comunali e scolastiche, fatto di tutto per ignorare questa benemerita testata. La Versilia che ci proviene dai Medici e dai Lorena, questo territorio dei quattro comuni del Fiume, meriterebbero una maggiore attenzione da parte delle generazioni contemporanee. Finalmente qualcuno (il dottor Luigi Santini) ha dato lo scossone ed ha chiamato a raccolta il solito gruppetto. Ci sono tutti i “vecchi” da Fabrizio Federigi ad Antonio Bartelletti e Leopoldo Belli, compresi i “più giovani” Andrea Tenerini e Lorenzo Marcuccetti. Forza e coraggio, siamo certi che, dipen- desse da costoro, il cammino di “Studi Versiliesi” non si interromperebbe mai più. Il numero appena uscito (speriamo che Santini si decida a metterlo in vendita almeno nelle librerie perché l’idea di distribuirlo gratis è una idea perdente in partenza) contiene un sommario importante. Si parte dalla rievocazione dell’affondamento del cacciatorpediniere Nembo durante la prima guerra mondiale e dell’atto eroico compiuto dal marinaio fortemarmino Luigi Ricci, padre del nostro collaboratore ed amico Carlo da Venezia. Una rievocazione che l’associazione ex combattenti e la fondazione Vittorio Veneto dovrebbero prendere a cuore e distribuire nelle scuole dei quattro comuni. Ma ci credete voi alle qualità intellettuali e culturali degli attuali blicando nel 1989 il catalogo delle marginette di Terrinca. Va sottolineato che l’8 Gennaio 2000 nel Palazzo Mediceo di Seravezza, durante la conferenza: “Le marginette in Versilia: un percorso nell’arte e nella religiosità popolare” è stato sostenuto da un interlocutore che ci sono monumenti più importanti da restaurare e che quindi… Grazie, Giorgio, per avermi dato l’occasione di un serio esame di coscienza. Mentre attendo che tu mi invii la parte successiva dell’indice, rispondo a Luca Martinelli, che nel Novembre 1978 titolava un articolo: “Terrinchesi svegliatevi!” Noi ci stiamo svegliando, e voi? Con stima. Marino Bazzichi Lo sapevo che a Terrinca siete ben svegli, anzi –e lo confermo– dei veri furbacchioni. Ma perché non rispondi, almeno adesso 2000, alla domanda: di chi è il merito del Retro-Corchia? dirigenti degli organismi citati? Andiamo avanti col sommario. Enrico Baldini si dedica all’olivicoltura seravezzina, Sara Sportelli all’evoluzione del paesaggio versiliese, Lorenzo Marcuccetti alle sopravvivenze preromane nel territorio della nostra montagna. Fabrizio Federigi e Luigi Santini curano poi le recensioni e le schede bibliografiche (Bernieri-Walton, Pelù-Economia, storia e cultura in Garfagnana, Bottazzi-Archeologia territoriale tra l’Emilia e la Versilia, Magenta-L’industria dei marmi, Pierotti-La strada di Michelangelo, Toccafondi-La ferriera del Granduca, Macchia-La Versilia storica, Federigi-Diligenze e servizi postali nel periodo lorenese). Attendiamo con impazienza il prossimo numero. Buon lavoro, amici! L’indirizzo di “Studi Versiliesi” è: Fermo posta Ufficio postale - 55040 Ruosina. CIAO CATARSINI ticolarissimo Liberty (meglio dire arte eclettica o composita). Saranno Belluomini e Chini a realizzare il sogno dei marinai viareggini: vedere la loro città splendente e fastosa come l’Oriente. Sarà Tobino a scrivere ne L’Asso di Picche: “O Viareggio più bella dell’Oriente / che nell’immacolato celeste delle tue sere / esali l’acuto profumo dell’oleandro…”; La darsena è il motore di Viareggio, il cuore pulsante, la forza e la poesia di questa città di vàgeri, come Lorenzo Viani chiamava gli uomini di mare e di avventura, i naviganti col solo ausilio delle stelle, i suoi eroi senza medaglie. La darsena era ed è crogiolo di solidarietà, di dignità, di libertà. Chiunque abbia inteso imporre eresie ha dovuto fare i conti coi darsenotti. Nelle sue vie – dalla stazione vecchia al porto – si respira l’odore del mare, del salmastro e del catrame. Quando l’attraversava Catarsini, i suoni erano i martelli dei calafati, dei carpentieri, dei ferraioli che battevano sulle lamiere dei bastimenti, sui legni duri degli scafi; erano i gridi dei gabbiani, che fra le barche avevano casa e riposo; erano i gridi dei bimbi che giocavano a campana sui marciapiedi squadrati dai gessetti. La darsena era allora (ed è anche adesso) una realtà viva – fatta d’intelligenza, di sacrificio e di lavoro –, ma aveva (e ha) una sorta d’incantesimo, che la rende favolosa. Perfino le sue baldracche (rammentiamo la dolce canzone di Egisto Malfatti), che si appostavano all’inizio del Viale dei tigli, erano buone donne alla buona, con le pantofole ai piedi, lo scialle sulle spalle e la malinconia negli occhi. E il piacere (se così si poteva chiamare) lo davano anche a credito. Come le botteghe davano a credito pane, salacchini e baccalà, segnando sul libretto. Ero ancora al Liceo, quando conobbi Catarsini. Capitò, nella redazione de “Il Tirreno”, per portare un suo articolo. Il vecchio Pezzini, decano dei giornalisti versiliesi, non sapeva scrivere a macchina. Vergava fogli e fogli di carta scura da bozze, con la sua grafia all’inglese. Incominciai a collaborare con lui, trascrivendo le notizie a macchina, preparando e portando alla stazione il “fuori sacco”. Di quando in quando scrivevo un “pezzullo”. Credo fosse il 1949. La nostra amicizia iniziò un paio d’anni più tardi. Catarsini era un uomo severo e scontroso. Era la scorza. Sotto scorrevano linfe gentili. Aveva le sue idee, spesso a rovescio degli altri. Se le teneva. All’occorrenza, le difendeva, ma non voleva assolutamente imporle. Un giorno m’invitò al suo studio ed io capii di avere superato il primo… esame. Si era parlato di tante cose: della pittura viareggina e labronica, della pittura toscana del Novecento, delle avanguardie milanesi; e si facevano divagazioni dal Quattrocento all’Ottocento. “Subii” parecchi esami, prima che fossimo amici con la “A” maiuscola. Poi, però, si navigò sempre “apparanzellati”. Non avemmo mai un bisticcio. Discussioni sì, lunghe e accalorate. Lo incontravo spesso a Pietrasanta. Insegnava nel glorioso Istituto d’Arte “Stagio Stagi”. Lo incontravo a Viareggio, in darsena o sul molo. Insieme, si andava a trovare Krimer, a “Bottega dei Vàgeri”. I primi anni era a Marco Polo, quasi sulla Fossa dell’Abate, poi si trasferì in via Ugo Foscolo. Il “Centro Versiliese delle Arti” ha avuto una certa importanza nella vita culturale di Viareggio e della Versilia. Vi capitavano un po’ tutti. Da Fortunato Bellonzi, segretario della Quadriennale romana, a Riccardo Marchi, scrittore livornese; da Renato Santini a Giovanni March; e i giovanissimi Luporini, Martinelli, Passaglia. Da Forte dei Marmi venivano, per le inaugurazioni importanti e per le giurie dei premi, Carrà, Dazzi, Maccari. Da Siena arrivava Giulio Cogni; da Pisa Vittorio Vettori, il marchese Piero Bargagli, in arte John Rame, e Ugo Pierotti. Da Querceta veniva Garibaldo Alessandrini, che, con Capasso, Jenco, Allori e Carla Polleschi, fondò il Realismo Lirico. I primi tempi c’era Rosso di San Secondo. Spessissimo veniva Franca Taylor, Fausto Maria Liberatore, Serafino Beconi, col basco calato sugli occhi, Fulco Sculco, poeta “maledetto”, e i naif Aldo Ordavo ed Eugenio Pieraccini. Si cenava al “Buonamico”, in omaggio a Viani, alla “Costa dei barbari”, da “Bombetta” o a “La Fiamma” di Stefania Sandrelli. A noi si univano Andrea Forzano, Bruno Benedetti dell’”Assassino”, Alfeo e Walter Bertin (aveva tradotto magistralmente Evtusenko), Alfredo e Norge Simonetti; qualche volta Nanda Mattias Morescalchi, col suo Diavolo alle calcagna, e la pittrice Evelina Gaddi. Alfredo Catarsini nacque a Viareggio il 17 gennaio 1899, vicino alla Torre Matilde. Di là della Burlamacca era nato Viani. E fu proprio Viani che lo “istigò” alla pittura. Fu un “ragazzo del 99”, radiotelegrafista di Marina, ma ancor prima, giovanissimo, era stato a Parigi e aveva conosciuto Modigliani. Fu poi fra gli artisti del secondo Futurismo, come Ruggero Micaelles e il grande Thayaht, che operavano in Versilia. Il Futurismo gli servì per scoprire l’invenzione. “Non ci si può limitare a copiare le cose, l’uomo, la natura…”: mi diceva, “…perfino i ritratti devono avere, sul fondo, un guizzo di fantasia”. Negli anni Trenta, prende parte alle mostre organizzate da Marinetti, con Balla, Boccioni, Depero, Dottori, Fillìa; eppoi con Carrà, Rosai, Sironi, Soffici. Aveva talento e mestiere. Gran parte dell’arte contemporanea ha rifiutato il mestiere. Il mestiere però è rimasto il fondamento di ogni attività. E, senza mestiere, si spreca il talento. Il riesame dell’arte di Catarsini –che si è fatto e si fa in questa occasione – dovrebbe servire a sconfiggere le perplessità Maggio 2000 - pag. 8 e la superficialità di certi giudizi critici e le numerose “omertà”. Nel 1942 è invitato, per la prima volta, alla Biennale di Venezia; nel ’43, alla Quadriennale di Roma. “Catarsini è nato pittore nell’aria, nella luce, nel paesaggio di Viareggio”, scrive Mario De Micheli nel 1983, “e a questa sua origine è rimasto fedele, ma con quale incessante capacità di emozione… E’ veramente un pittore toscano della più schietta e ruvida tradizione toscana, quella, voglio dire, che va da Fattori a Viani, da Rosai a Maccari, dove il paese, il popolo e la fatica scontrosa del vivere sono protagonisti…”. “Alfredo Catarsini è soggetto invernale”, scrive Leonida Rèpaci, “non lega con l’immagine di una Viareggio estiva, mondana, urlatrice… Dipinge da anni in solitudine, da stilita, ha esposto con successo a Biennali e Quadriennali, ha vinto il “Cremona” nel ’39Ö ma il meglio di Catarsini è inedito, sconosciuto…”. “Predilige cose silenziose (poiché non ama il chiasso), pervase da una comunicabilità di forme e di contenuti, che secondo la logica dell’arte dovrebbero resistere all’indagine critica del tempo”, dice Elpidio Jenco. “E’ un modo di ribadire la solitudine dell’uomo”, aggiunge Pier Carlo Santini, riferendosi al simbolismo meccanico, “soverchiato da quell’ingranaggio che ha creato con le sue stesse mani e di cui finisce prima o poi per essere vittima…”. Catarsini è attento a tutti gli ismi, in cui si frantuma l’arte del Novecento. Li studia, li capisce, li sperimenta. Poi, però, riprende la sua strada, la sua pittura a cuore aperto, ricca di suggestioni e di poesia. Poesia malinconica, la sua: malinconica, ma serena, dolce e incantata. Le angosce ancestrali dei lupi di mare, la vita dura e geniale dei maestri d’ascia, la nostalgia dei vecchi marinai, il languore dei tramonti sull’acqua grigia (“spesso il colore è livido, grigio, olivastro, striato di neri improvvisi”, dice ancora De Micheli) della darsena e del porto, fra gli alberi delle barche, le antenne dei pescherecci, la sonnolenza dei gabbiani. Poesia amorosa, nei dipinti delle sue donne vere, della gente di Viareggio di cuore anarchico e misterioso. Poesia elegiaca, negli “interni” delle case, atmosfere che raccontano storie di dolori e di amori, di miserie e di speranza, di umiltà e di dignità; “nature morte”, così lontane dalla morte, pronte anch’esse a raccontare atti di vita, le mirabili cose d’ogni giorno. Ha attraversato il secolo. E’ morto, infatti, il 28 marzo 1993. Ha visto le meteore affascinanti dei movimenti, delle ricerche, le rivoluzioni e le involuzioni. Ha avuto lui stesso i suoi momenti vulcanici, il riflessismo, il simbolismo meccanico, i suoi coinvolgimenti sperimentali. Ma è rimasto fedele alla grande tradizione toscana. Ha anche scritto molto. “Troppo…”, mi diceva, sorridendo nervosamente, “ma sento di doverlo fare… Spesso mi sembra di dover rendere testimonianza”. Nel marzo del ’68 – quando un fremito rivoluzionario percorre il mondo occidentale – inizia una lunga collaborazione con “Versilia Oggi”. Giorgio Giannelli, nello studio di casa, alla Colombaia di Querceta, ha così quadri e disegni di Catarsini. Più il mondo si allarga, più incalza la globalizzazione, più si tende a sentirsi (propriamente e impropriamente) cittadini del mondo, più lui affonda le radici nel ricordo, nella sua terra, nella sua Viareggio vera. E l’essere schietto e contro corrente da noi non è mai stato vantaggioso. Meno ancora negli ultimi cinquant’anni. Sapeva disegnare. Sapeva imprimere al segno comunicativa immediata. I suoi appunti a matita avevano velocità, disinvoltura, eleganza, incisività. Cercava un gesto, una pìega segreta, il punto di fusione con le cose, il movimento, il ritmo. Andava e tornava col segno, inseguiva un’idea. Disegnava continuamente. A volte ripeteva lo stesso disegno, accelerando il percorso della matita, cercando di cogliere ciò che in un attimo appare e scompare. Le due mostre dell’estate 1999 – al Palazzo delle Muse e al Villino Boilleau – le tre attuali (le “darsene”, le “donne”, l’antologica del Sant’Agostino), gli interventi critici di Dino Carlesi e di Tommaso Paloscia, la testimonianza di Carlo Alberto Di Grazia si propongono di rendere giustizia a un artista solitario e caparbio, che, però, nella sua lunga esperienza, ha saputo realizzare un grande affresco della vita di Viareggio. Alfredo Catarsini ha amato incredibilmente Viareggio. Non so quanto da Viareggio sia stato riamato. Dalla città sicuramente. Ma la storia di questo amore è nelle sue pagine colorate. E resta. Raffaello Bertoli Il Senato ente inutile Caro Giannelli, sono un abbonato al suo giornale e sono anche uno di quelli che hanno provato l’incomparabile piacere di sorseggiare in cima al Procinto l’acqua che sgorga ivi in una grotta (vedi pag. 36 del suo “Uomini sulle Apuane”). Da tempo provo pure il piacere di leggere i suoi interventi rivolti a porre in evidenza –senza spirito di parte– il malessere che da tempo ha colpito così duramente il nostro Paese. Mi ha colpito in particolare il suo articolo intitolato “La prima riforma: abolire il Senato”. Penso anch’io, infatti e da molto tempo, che in un paese in cui la classe politica è così litigiosa come il nostro, il bicameralismo costituisca un grave ostacolo all’efficienza, indispensabile in ogni azienda e soprattutto nell’Azienda Stato. Direi che un altro ostacolo all’efficienza sia rappresentato dall’elevato numero di ministri: un numero talmente elevato che viene a mancare la possibilità di assicurare fra di essi il necessario coordinamento. Il numero dei ministri dovrebbe essere sempre di sei o sette e non di più. Mi auguro che il nuovo millennio (alludo naturalmente a quello in… corso!) possa essere testimone dell’introduzione nella pubblica amministrazione di una adeguata ed indispensabile attenzione anche ai problemi propriamente organizzativi. Con viva cordialità. B.C.C. VERSILIA INFORMA Nell’intervento apparso sullo scorso numero abbiamo menzionato questo prodotto unitamente agli altri strumenti finanziari offerti dalla nostra BCC e qualche cliente-lettore, che ringraziamo vivamente per l’attenzione prestataci, ci ha chiesto ulteriori chiarimenti. Cogliamo volentieri l’occasione per essere più esaurienti. Oggi si fa un gran parlare del cd. Risparmio Gestito. Ma cosa significa? in poche parole affidarsi al risparmio gestito significa avvalersi del lavoro di persone con alte competenze in campo finanziario che non hanno altro scopo se non quello di far accrescere nel tempo i nostri risparmi. I mercati sempre più sofisticati e globalizzati, dove il controllo delle informazioni è divenuto di vitale importanza, è facilmente dimostrabile come il “fai da te” alla lunga sia penalizzante in termini di rendimento. È oggi di fondamentale importanza affidarsi a persone competenti il cui compito è quello di sostituirsi al risparmiatore nella scelta e nella gestione del risparmio al fine di minimizzare il più possibile i rischi massimizzando nel contempo i rendimenti. Ciò premesso, dallo scorso ottobre la BCC della Versilia si avvale della collaborazione di una Sim (Save Sim), specializzata nel brokeraggio finanziario, per l’offerta del cd. GPF (gestioni patrimoniali in fondi). Si tratta di una gestione patrimoniale in quote di fondi comu- ni o in altri termini un portafoglio di fondi. Il brokeraggio finanziario consente di mettere in competizione diversi partners al fine di garantire la miglior performance in termini di rischio/ rendimento. L’attività di selezione dei fondi finalizzata alla composizione del portafoglio beneficia di un sistema metodologico (ideato nel 1990 dal premio nobel W. Sharpe) che rileva scientificamente il modo in cui il gestore del fondo investe nel tempo. I vantaggi di tali prodotti sono essenzialmente tre: – l’ampia possibilità di scelta tra circa 300 Fondi delle migliori società prodotto nazionali ed estere; – l’indipendenza professionale del gestore in quanto i fondi vengono scelti solo sulla base dei rendimenti e di valutazioni statistiche a prescindere dall’appartenenza a questa o a quella scuderia; – infine la possibilità di replicare con efficienza ogni mercato ed ogni area geografica/valutaria scegliendo con tempestività gli investimenti più remunerativi e meno rischiosi. A tutto quanto sopra si aggiunga che prima di effettuare l’investimento vengono valutati attentamente alcuni parametri quale l’orizzonte temporale, gli obiettivi dell’investimento, la propensione al rischio e la situazione finanziaria del cliente, al fine di ricercare per lo stesso le soluzioni finanziarie su misura. IL GRANDE RIFORMATORE rare terreni a favore di una più equa distribuzione della ricchezza tra chi effettivamente la lavorava (contadini, coloni). Ma il più grande vanto resta l’aver capito che la Toscana doveva privilegiare l’industria piuttosto dell’agricoltura, infatti stimolò tutte quante le attività industriali, comprese quelle legate al marmo e miniere che in quel tempo avevano avuto fortune alterne anche con capitali stranieri (Mill, Socoes, P. Paci, Rediquet ecc.). In proposito volle fermamente che la statuaria fosse attivata nel Capitanato, e non solo estrattiva, gettando le basi alla scultura di bottega versiliese di cui la Versilia oggi è famosa. Il suo nome resta legato all’Ospedale Pio Campana che fu da lui fondato per volontà testamentaria. Morì il 4 aprile 1802 ed è sepolto nel Duomo dei S.S. Lorenzo e Barbara in Seravezza. Ermanno Eydoux Illustre discendente di una storica famiglia seravezzese di antica famiglia lorenese (i Daudenet) che vi si stabilì nel 1517 e ne prese la cittadinanza l’anno successivo, il conte Francesco Campana ebbe l’onorato incarico di scrivere un rapporto sulla storia della Versilia nel 1767, incarico che gli fu dato dall’Arcivescovo lucchese G. Domenico Mansi. Ma il suo grande merito rimane quello di essere tra i propugnatori delle Riforme Leopoldine del 1776, che cambiarono l’aspetto politico ed economico della Versilia Storica (abolizione dei medioevali comunelli dell’Alta Versilia accorpati in 3 corpi politici: Comunità di Seravezza, di Pietrasanta, e Vicaria di Stazzema; creazione dei Consorzi agrari, soppressione degli Ordini religiosi troppo onerosi, obbligo scolastico e formazione di Scuole professionali, Ospedali ecc.) Nonostante fosse Nobile titolato, era un “Enciclopedista”, convinto dell’assoluta necessità del sapere non solo per i letterati, ma per tutti, anticipò nel suo pensiero ed opere, le grandi riforme che la Rivoluzione francese svilupperà ben 19 anni dopo soprattutto con la grande intuizione che il ristagno economico della Toscana era dovuto all’arretratezza dell’agricoltura ancora legata a tecniche arcaiche e ormai superate, proponendo quindi un ammodernamento generale delle tecniche nelle varie attività. Altra intuizione l’aver compreso che il ristagno economico del Granducato era dovuto anche alle proprietà terriere in mano agli ecclesiastici e quindi per questo motivo incolte ed abbandonate. Cercò quindi di limitarne le donazioni e di incame- Giulio Galleni BANCA DI CREDITO COOPERATIVO DELLA VERSILIA Capitale e fondi patrimoniali Lit. 90.143.774.213 Sede in Pietrasanta - via Mazzini 80 - tel. (0584)7371 Agenzie: Pietrasanta - via Monginevro 16 (loc. IARE) - tel (0584)793334 Marina di Pietrasanta - via Donizetti 20 - tel. (0584)745777 Ripa di Versilia - via De Gasperi 123 - tel. (0584)767153 Capezzano Pianore - via Sarzanese 121 - tel. (0584)915025 Forte dei Marmi - via IV Novembre 4 - tel (0584)82752 Stiava - via Matteotti 52 - tel. (0584)970094 Pontestazzemese - piazza Europa 1 - tel. (0584)775031 Una presenza cooperativa in Versilia