Scheda 5c I libri di testo del dopoguerra: dalle scuole popolari alle 150 ore Il Capo Provvisorio dello Stato il 17 dicembre 1947 con un Decreto Legislativo indicò nuovi compiti per la scuola della neonata Repubblica Italiana: non si trattava solo di combattere l’analfabetismo puro (insegnare a leggere e a scrivere), ma si trattava di orientare i giovani nel proseguimento degli studi e/o nel perfezionamento di un’attività professionale. La scuola era gratuita ed aperta a tutti. Nascono così le scuole popolari, destinate prevalentemente agli adulti. I programmi richiamavano l’attenzione sul carattere specifico della scuola popolare, sulle condizioni particolari degli studenti sia sul piano culturale sia su quello psicologico e sottolineavano le finalità formative della scuola. Affidavano dunque agli insegnanti il compito di formulare un piano di lavoro capace di prendere nella massima considerazione le richieste degli allievi che, pur non avendo frequentato che saltuariamente qualche classe, erano in grado di suggerire problematiche, esercizi ed attività più attinenti al loro mondo. I libri di testo costruiti ed editi tra il 1946 e il 1948 in Italia non furono destinati esplicitamente alle scuole degli adulti (le cui norme istitutive non erano state previste o ritenute applicabili) e solo più tardi furono elaborati testi specifici che però, pur contenendo le nozioni fondamentali del leggere, scrivere e far di conto, non riuscirono quasi mai a rispondere in modo efficace alle problematiche del lavoro, dell’economia, della vita quotidiana dei lavoratori. L’Ente Nazionale Biblioteche Popolari e Scolastiche distribuì annualmente il “Leonardo”, un vademecum di circa 400 pagine che forniva notizie utili sul lavoro, la famiglia, l’Italia, il mondo e i relativi problemi. In seguito il Ministero della Pubblica Istruzione cominciò a distribuire gratuitamente i “Classici del popolo”, opere di letteratura italiana e straniera che avevano in appendice un glossario che forniva informazioni sia linguistiche sia storico-geografiche e rendeva fruibili le opere a tutti. Negli anni Sessanta sono i mass media a sostituire le scuole popolari: con le trasmissioni del Maestro Manzi “Non è mai troppo tardi” nei bar, nelle case private, uomini e donne di tutte le età imparavano a scrivere e a leggere guardando le lezioni in TV. In Alto Adige i corsi di scuola popolare vengono invece gestiti dalle associazioni locali di lingua tedesca, sorte proprio con finalità formativoeducative; per gli apprendisti della scuola di formazione professionale, invece, vengono istituiti appositi corsi per l’acquisizione del diploma di terza media dopo la riforma della scuola media unica. Nel 1972 il nuovo contratto di lavoro dei metalmeccanici prevede una quota oraria annuale pagata dal datore di lavoro, per il diritto allo studio. Migliaia di lavoratori fruiscono dei permessi e vengono istituiti dal Ministero della Pubblica Istruzione in tutte le città appositi Corsi Statali di Scuola Media per Lavoratori (chiamati anche “150 ore”, dal monte orario a disposizione per contratto, alle quali il lavoratore/la lavoratrice aggiungeva 200 ore del proprio tempo libero). I primi ad usufruirne sono i metalmeccanici, successivamente i corsi vengono aperti a lavoratori di altri comparti (per i quali nel frattempo i contratti avevano recepito la parte relativa al diritto allo studio) e anche a casalinghe, disoccupati, giovani espulsi precocemente dalla scuola. Le novità sul piano didattico (e quindi su quello dei libri di testo) sono contenute nei “programmi sperimentali”, nella forte spinta alla ricerca didattica, all’esplorazione di nuove modalità di lavoro con “studenti-adulti” e a un’attenzione nuova ai contenuti culturali che la scuola proponeva, a nuovi Corso in lingua italiana delle “150 ore”, scuola media “Leonardo da Vinci”, Bolzano, anni Ottanta. storiae 51 sguardi sul mondo. Le “150 ore” in Provincia di Bolzano prendono il via sia per le scuole tedesche sia per quelle italiane nel marzo del 1973 e, dopo il corso di formazione obbligatorio per tutti i docenti, nasce la comune ricerca per la costruzione di una storia locale che tenesse conto dei diversi punti di vista socio-culturali. Nacquero in quella sede i primi di gruppi di lavoro tra docenti dei diversi gruppi linguistici per “ricostruire una storia dell’Alto Adige/Südtirol, spogliata dai pregiudizi nazionalistici”. Libri di testo divennero le dispense, i lavori dei gruppi di studio, i materiali prodotti dagli studenti/lavoratori, ma anche le conferenze, gli interventi di esperti e le successive discussioni. Il libro di testo “ufficiale” (quello tradizionale della scuola media) divenne uno strumento per costruire percorsi di ricerca e trovare documentazione e supporto. I “libri dattiloscritti”, le dispense delle “150 ore”, non sono state mai pubblicate da una casa editrice (contrariamente a quanto è avvenuto in altre province italiane), ma sono ancora quel “libro di testo” prodotto collettivamente, che ha dato il via ad una nuova ricerca storica e alla nuova storiografia locale. (mc) B A. Un libro di testo per le scuole popolari (scuole serali per lavoratori) per lo sviluppo dell’alfabetizzazione, 1947. B. Le dispense prodotte dal Comitato di Gestione delle “150 ore” (corsi di scuola media per lavoratori) dedicate alla storia locale con particolare attenzione al XX secolo e alla storia dei lavoratori in Sudtirolo. 52 storiae A Scheda 6 Cartelloni didattici, quadri murali, tavole parietali La forze evocativa dell’immagine nella didattica I quadri murali, cartelloni didattici o tavole parietali, sono sussidi ideati per facilitare l’insegnamento. I cartelloni catturano l’attenzione degli studenti e li avvincono alle immagini, perché come affermava Jan Amos Comenio fin dal 1654 nel suo Orbis sensualium pictus (opera nata con l’intento di fornire “la raffigurazione e l’elenco dei nomi di tutte le cose e le azioni fondamentali del Mondo e della vita”) - i sensi, quando la mente non ha ancora raggiunto le capacità di astrazione del pensiero, cercano sempre oggetti percepibili. Comenio coglie le potenzialità dell’immagine nel favorire l’apprendimento, così come Umberto Eco - tre secoli dopo - osserverà quanto l’immagine conservi un rapporto analogico con l’oggetto. Il pedagogista originario della Moravia suggeriva agli insegnanti di appendere ai muri di ogni classe dei quadri con la sintesi dei contenuti delle spiegazioni, con figure, emblemi, simboli “utili ad esercitare ogni giorno la memoria, la sensibilità e l’intelligenza degli allievi”. I cartelloni didattici entrano nella scuola Nel Regno di Sardegna l’art. 152 del Regolamento pe’ Maestri delle scuole Elementari e Speciali, emanato nel 1852, prescrive che le scuole elementari abbiano la gran carta murale del sistema metrico decimale e una raccolta degli oggetti essenziali per lo studio delle scienze naturali o almeno i disegni degli stessi. In Prussia, un decreto del Ministero dell’Istruzione del 15 ottobre 1872 afferma che le Tavole Murali sono un complemento necessario di un completo insegnamento scolastico”. In Italia nel 1880 viene pubblicata La Guida del Maestro che sostiene e diffonde il cosiddetto “insegnamento oggettivo” con l’ausilio delle Tavole Murali. Si rammenta, tra l’altro, che i mezzi e gli strumenti ora si hanno; più niuno può lamentarne la mancanza. Conviene che ci sia chi voglia e sappia valersene e ogni sindaco dovrebbe provvedere le scuole del Comune come hanno cominciato a fare molte città (54.000 tavole vendute!). Nel 1928 il Ministero della Pubblica Istruzione, affrontando l’argomento della dotazione degli arredi e dei materiali, fornisce anche l’elenco di quelle carte murali che possono rendere più funzionale la scuola. Il legislatore, per quanto riguarda i contenuti, rimanda ai programmi di insegnamento e alle diverse discipline: nozioni varie e propaganda per la diffusione delle principali nozioni di igiene per tutte le classi; per la classe quinta, accanto ai quadri storici, sono elencati i quadri di vera e propria propaganda bellica: l’aeronautica e la marina militare. I cartelloni didattici e l’editoria scolastica in Italia 1870-1940 Gran parte dei cartelloni didattici in Italia è finita al macero, in una sorta di euforia collettiva di “liberazione dai vecchi modelli del fare scuola”. Presso il Museo Storico della Didattica (Terza Università di Roma) è conservato un consistente fondo di esemplari prodotti in Italia e all’estero tra Ottocento e Novecento. I Cataloghi Collettivi della Libreria Italiana (1878,1881,1884) forniscono indicazioni su gran parte delle pubblicazioni dell’editoria scolastica in materia di cartelloni didattici. In particolare, nel Catalogo del 1878, le carte murali occupano un posto di rilievo. La casa editrice Paravia, proprietaria della Stamperia Reale di Torino, propone per l’insegnamento della storia naturale i “quadri iconografici” del prof. Bellardi (180 quadri liberi cm. 27x35 disegnati in litografia) e i quadri del prof. Gazzerri (cm. 100x77) dedicati al mondo vegetale e a quello animale. Costavano, montati su tela con listelli di legno, 4 lire e 25 centesimi l’uno. Anche l’editore Ermanno Loescher di Torino nel 1878 propone 15 grandi tavole murali dedicati ai tre regni della natura e curate dal prof. Pokorny. Le piante “sono rappresentate per la maggior parte in grandezza naturale; gli animali divisi secondo la specie sono disposti in gruppo in adatto paesaggio. I colori vivaci, in pari tempo naturali, delle figure e le storiae 53 del Ministero dell’Educazione Nazionale, sono proposte alcune illustrazioni sulle opere del regime fascista in Africa Orientale. dimensioni reali permettono ai fanciulli di riconoscere subito con precisione, anche se posti ad una certa distanza gli animali e le piante” Sempre nel 1878 la casa editrice Loescher pubblica l’Atlante Zoologico, un sussidio premiato all’esposizione mondiale di Filadelfia. Sonzogno propone un ampio numero di litografie “in gran formato e su carta distinta da porsi a quadro”. Tra gli autori troviamo anche Guido Gonin, figlio di Francesco Gonin, il primo illustratore de I Promessi Sposi. Vallardi, editore particolarmente impegnato nel settore delle carte geografiche, offre nell’ultimo scorcio del XIX secolo solo tavole di piccolo formato dedicate a soggetti storici, ai costumi, agli eserciti, realizzate da un insigne illustratore quale Quirino Cenni. Nei primi anni del Novecento l’editore Pichler & figlio pubblicò a Vienna molte tavole murali per l’istruzione intuitiva (cm. 68x98). Queste tavole furono anche tradotte e diffuse nelle scuole del Regno d’Italia: rappresentavano le fiabe, il lavoro dei campi, l’artigianato, gli animali. La produzione di cartelloni didattici ha una vita assai lunga: vengono riproposti ancora nei cataloghi scolastici del 1940/41 dalla Casa editrice La Scuola di Brescia. Oltre alle consuete tavole legate ai paesaggi naturali, agli ambienti agresti e marini, in sintonia con i programmi scolastici Disegnatori al servizio della didattica I Tabelloni didattici documentano alcuni aspetti della cultura scolastica del XIX e XX secolo e testimoniano il mutamento di valori, usi, tradizioni, mentalità, abitudini in un processo così lento ed impercettibile da venire colto come radicale cesura solo a partire dagli anni Sessanta del Novecento. Per quasi un secolo, infatti, i disegnatori si sono posti al servizio della didattica, spingendo il realismo fino alle estreme conseguenze ed utilizzando il colore e il chiaroscuro per far risaltare quello che l’insegnante deve far “vedere” al bambino, ciò che deve porre all’attenzione dei fanciulli. In particolare viene utilizzata la soluzione della “trasparenza” per visualizzare, ad esempio, gli organi interni del corpo umano o per far osservare i labirinti interni di un formicaio o lo schema di un motore a scoppio. L’obiettivo è cogliere analogie e differenze e così, solo sui tabelloni didattici di zoologia e botanica, rana e serpente sono costretti ad una pacifica convivenza. La metodologia didattica fondata sull’osservazione, l’intuizione e la scoperta e ripetizione dei “nomi” delle cose, delle piante e degli animali, attraverso le tavole parietali come sussidio, va oltre la specifica articolazione delle discipline. Così troviamo a Trieste dei cartelloni, stampati a Lipsia nel periodo preunitario, che hanno come oggetto la campagna antinfortunistica: vengono illustrate, con tavole in cromolitografia, le tecniche per portare soccorso “agli asfittici per sommersione”, per arrestare le emorragie arteriose provocate da ferite. I quadri murali propongono agli scolari modelli positivi e negativi di comportamento. Vallardi, agli inizi del Novecento, propone una serie di tabelloni didattici con scene di vita infantile: c’è il bambino bravo e ordinato che ripone la biancheria nei cassetti e c’è la bambina ingorda e golosa che ruba la frutta senza sapere che “la mamma vede tutto”. (mc) Alcuni tabelloni didattici della collezione del Museo della Scuola, Bolzano. 54 storiae L’insegnamento scientifico nella scuola nel XX secolo Dalla Prima Conferenza Provinciale dei Maestri del Tirolo, Innsbruck 24 - 26 ottobre 1899 L’insegnamento degli oggetti reali Relazione del maestro Giuseppe Lorenzoni Tutto l’insegnamento è scientifico, vale a dire è rivolto nel tutto e nelle sue parti a far sapere nella misura del possibile “il perché delle cose e a far conoscere la società umana” nella sua storia e nei suoi bisogni. L’insegnamento scientifico, ossia dei così detti oggetti reali, si considera nella scuola popolare quale oggetto generale e indeterminato, o quale oggetto distinto, alla cui istruzione sono destinate ore proprie, metodo apposito, libri di testo particolari. Detto insegnamento nel primo caso consiste in un’ampia e svariata serie di nozioni intuitive, dirette specialmente allo sviluppo intellettuale dei piccoli alunni e all’insegnamento della lingua, e questo va impartito nei primi quattro anni di ogni categoria di scuola popolare. Ognuno vede che un tale insegnamento non ha lo scopo di addentrarsi nell’intima natura delle cose, e perciò esso non è vero insegnamento scientifico. - Nel secondo caso, cioè coll’insegnamento degli oggetti reali fatto a sè e in ore particolari, con metodo e libri speciali, e giusta adatti libri di lettura, vi è il vero insegnamento scientifico, cioè “lo studio dei fatti e la ricerca delle cause:” questo insegnamento però nella scuola popolare va impartito altresì in qualunque altra ora od oggetto che ne presenti l’opportunità. La scuola popolare non è una istituzione fatta soltanto per insegnar a leggere A Documenti e immagini e a scrivere, ma è una istituzione destinata ad illuminare le generazioni giovani, perché illuminate possano essere morali, cioè buone. La scuola popolare deve diffondere la scienza col combattere i pregiudizi e l’ignoranza sia per la generazione che viene direttamente istruita, sia per educare ed illuminare indirettamente le famiglie, che non hanno avuto e non hanno altra opportunità di istruirsi. Con lo sviluppo dato negli ultimi tempi alle applicazioni dell’elettricità, del vapore e della luce, coi viaggi, con l’aiuto di libri che diffondono nel popolo tutte le scienze, le arti, la storia, i timori e le speranze che nascono necessariamente nel contatto sociale, la scuola popolare non può fare a meno di spiegare nella misura del possibile la “nozione delle cose”. - Che scuola sarebbe quella che non insegna e spiega ai giovani i paesi dove i loro padri emigrano, gli avvenimenti che hanno stampato un’orma profonda nelle case, nei castelli, nei costumi: la ragione fisica delle meteore, la vita e i costumi degli animali, la vita delle piante, lo sviluppo agricolo, commerciale e industriale del paese dove vivono, i principi che reggono l’industria e le arti che hanno presso di loro? La scuola deve dare il perché di tutte le cose, un perché molto largo, con idee molto semplici e adatte alla intelligenza degli alunni; ma per dare tutti questi perché ci vuole un insegnamento scientifico separato nelle sue parti e fatto in ore distinte. Vero è che tutte le cose stanno in maggiore o minore connessione le une colle altre, ed è appunto B A. Tabellone didattico della collezione del Museo della Scuola, Bolzano. B. Immagini tratte dal catalogo di materiale scolastico per le scuole della ditta Paravia di Torino, Roma, Milano, Firenze, Napoli, anno scolastico 1912 -1913. storiae 55 B B perciò che il maestro deve elaborare l’insegnamento parte per parte, pure collegandolo poi con le idee fondamentali comuni. Dunque ogni oggetto deve avere ore proprie ed in consonanza note di profitto speciali: è evidente, che se il maestro desse nota solo complessiva del profitto, tale nota sarebbe la somma delle singole note. Il dare note distinte eccita l’emulazione e dà maggiore importanza all’insegnamento tanto per i giovani quanto per le loro famiglie. Per la facilità con cui il ragazzo dimentica, per la difficoltà d’istruire molti assieme, perché il maestro possa avere un forte e stabile aiuto nel suo insegnamento, per diffondere, come scuola, le cognizioni, è necessario che l’insegnamento scientifico venga condotto su libri di testo appositi, sieno essi separati oggetto per oggetto, sieno raggruppati insieme in quel tutto che chiamasi “libro di lettura”. Tanto nell’uno quanto nell’altro caso “la guida stampata” deve essere diversa e progressiva classe per classe, ricca di immagini, di figure e di fatti importanti, che ravvivino le facoltà mentali degli alunni e imprimano in essi sentimenti morali e civili. Per tali insegnamenti, nelle classi o sezioni superiori, sarebbero ammissibili dalla legge stessa anche testi appositi, compilati in guisa da corrispondere allo sviluppo che si può supporre in ragazzi obbligati alla scuola; ma è di gran lunga preferibile che vengano compilati nuovi libri di lettura adatti al raggiungimento di questo scopo. Però l’insegnamento scientifico condotto soltanto sui libri è arido e noioso per natura, nè la scuola, ove, senza riguardo all’igiene e all’umanità, sono rinchiusi per tante ore i futuri uomini e le future donne, presenta l’opportunità di un insegnamento reale. Quale è il rimedio? L’istruzione all’aria aperta, nei campi, nei prati, nei boschi e sui monti, lungo le acque, sotto il sole, in contatto con gli animali, con le piante, con gli avvenimenti naturali, col lavoro degli uomini sotto gli occhi; negli opifici dove sudano i padri e le madri, davanti alle creazioni 56 storiae dell’ingegno, alle memorie dei vecchi che vissero e soffersero prima di noi. La scuola attuale dura e compassata, ove domina una disciplina claustrale, che logora le forze ai maestri e rimpicciolisce ancora più i ragazzi, deve dare posto largo alle passeggiate e all’insegnamento all’aria libera. Ciò è reclamato dall’igiene e dall’umanità. In base al suesposto faccio le due seguenti proposte: 1. a) Voglia la conferenza provinciale, affine di raggiungere risultati migliori nell’insegnamento linguistico e nell’aritmetica, ritenere opportuno, che l’istruzione scientifica nelle scuole civiche di 5, 6 e 7 classi incominci quale oggetto speciale solo dalla 5a classe. Nelle classi inferiori della medesima essa serva quale istruzione intuitiva. Nelle classi superiori venga stabilita per ogni oggetto un’ora la settimana. Il tempo guadagnato in questo modo venga destinato all’insegnamento linguistico e dell’aritmetica. Nelle scuole rurali l’istruzione scientifica venga impartita quale oggetto speciale soltanto nella classe superiore. 1. b) Per quest’istruzione sieno rimpolpati ben bene gli attuali libri di lettura in modo che gli stessi contengano elementarmente tutto l’insegnamento scientifico che può essere impartito agli alunni di una scuola popolare, oppure non essendo per ora ciò possibile, vengno introdotti per tutti i rami d’insegnamento libri di testo speciali oggetto per oggetto adattati alle singole classi. 2. Sieno introdotte nella scuola, per l’insegnamento scientifico, le passeggiate scolastiche, le visite agli opifici, ai monti, ai musei ecc.; l’insegnamento all’aria aperta. Dopo le sedute delle sezioni fu fatta una visita in comune al panorama della battaglia sul Berg Isel. (mc) A Scheda 7 I musei scolastici di Storia Naturale A partire dalla metà dell’Ottocento nelle diverse nazioni europee si diffuse una pedagogia museale scolastica tesa a raccogliere e far raccogliere, a classificare e collezionare sia animali (impagliati o imbalsamati o conservati sotto formalina o alcool) sia piante dell’habitat del territorio in cui esisteva la scuola. In una seconda fase, grazie a donazioni di privati o di docenti e studenti delle diverse scuole, gli istituti superiori possono contare anche su collezioni delle cosiddette “piante esotiche” e “animali rari”: l’insieme costituiva (con la raccolta di minerali e fossili) il cosiddetto “museo della scuola”, dedicato allo studio delle scienze, allora definito “Storia Naturale”. Affiancate ai tabelloni didattici queste collezioni rappresentavano un prezioso strumento proprio per l’insegnamento delle scienze della natura. Ancora una volta l’osservazione, la descrizione, la catalogazione diventavano i modi attraverso i quali conoscere la natura e le sue leggi. In alcuni casi la catalogazione degli esemplari tende a far comprendere anche il ciclo vitale: dalla nascita allo sviluppo alla morte. Un caso emblematico è quello del baco da seta che, oltre a subire un processo di radicale trasformazione (da bruco a bozzolo, a farfalla), ha rappresentato una preziosa fonte di sostentamento della popolazione contadina della valle dell’Adige a sud di Bolzano. La coltivazione dei gelsi e l’allevamento dei bachi da seta era una pratica molto diffusa a cui si legava la lavorazione dei bozzoli e la produzione di filo di seta, esportato poi per la tessitura in tutta l’area veneto-lombarda fino alla prima metà del Novecento. Tra il XIX e il XX secolo la suggestione delle immagini e la loro efficacia informativa fecero dei tabelloni lo strumento privilegiato per lo sviluppo dell’informazione scientifica nelle scuole, soprattutto con lo sviluppo dell’insegnamento delle classificazioni in botanica e zoologia. I modelli di cera, strumenti adottati precedentemente nelle scuole per far apprendere la storia naturale, non permettevano di avere contemporaneamente una visione particolare e una d’insieme. I tabelloni, invece, consentivano lo studio della classe di animali o piante e un’attenzione più ravvicinata per particolari interni ed esterni. Otto Schmeil biologo e preside di una Volksschule (scuola elementare) a Magdeburg pubblicò nel 1896 un importante saggio (da allora ristampato ben undici volte) dedicato a “I tentativi di riforma dell’insegnamento della storia naturale” (Über die Reformstrebungen auf dem Gebiete des naturgeschichtlichen Unterrichts). Egli sosteneva che gli insegnanti non avrebbero dovuto riempire le teste degli allievi con aride descrizioni e classificazioni, ma piuttosto condurli a una vera comprensione della natura. L’approccio morfologico-sistematico avrebbe dovuto essere sostituito da un approccio biologico che considerasse gli organismi come esseri viventi e mettesse in rilievo lo stretto nesso causale esistente tra la loro struttura e il loro modo di vita. Secondo Schmeil all’insegnamento della biologia mancava un equivalente di ciò che rappresentavano gli esperimenti di laboratorio per la fisica o la chimica: un reale, vivido incontro con gli oggetti studiati. Nulla arriva alla comprensione, se non è stato precedentemente nei sensi! (…) Solo attraverso l’osservazione accurata, la visualizzazione e l’esame diretto è possibile bandire il peggior nemico di ogni insegnamento formativo: il verbalismo. La nascita nel 1863 e lo sviluppo del primo acquario marino tedesco ad Amburgo, fondato dal biologo Karl August Möbius, in seguito direttore del Museo Zoologico dell’Università di BerliAlcune collezioni scientifiche esposte al Museo della Scuola della Città di Bolzano. storiae 57 no, la sua infaticabile promozione della cultura biologica tra gli insegnanti con conferenze e relazioni, sottolinearono l’importanza di considerare animali e piante come parte integrante della comunità vivente (Lebensgemeinschaft) più che come oggetti isolati. Tutte le piante e gli animali che un bambino vede appartengono alla comunità vivente, siano esse naturali o modificate dall’intervento dell’uomo (…). Giardini, prati, terreni e boschi offrono migliaia di opportunità di persuadere gli studenti - di ogni età – che tutte le sostanze viventi sono membri della comunità vivente. Il bambino si sente lui stesso membro di una comunità vivente insieme ai suoi genitori, suoi fratelli e sorelle, i suoi compagni di giochi, i servitori della casa e gli animali domestici. Due erano le strategie educativo-formative impiegate per facilitare l’incontro tra le nuove generazioni e le scienze della natura: si trattava di presentare l’oggetto di studio non in forma isolata, ma contestualizzato nell’ambiente naturale. Si trattava quindi di procedere da una situazione nota (animali, piante, ambienti familiari) ad una sconosciuta (animali esotici, piante tropicali ecc.), come prevedeva la metodologia dell’insegnamento per immagini (Anschauungsunterricht). Infine si trattava di attrarre l’attenzione, “affascinare gli osservatori” con la bellezza delle immagini. Puntando sul fascino estetico delle immagini, sulla dimensione prettamente artistica del prodotto per la didattica oltre che su quella scientifica, si realizzava l’ipotesi a lungo vagheggiata da Schmiele: stupire, colpire i sensi dei giovani, rendere lo studio della biologia e della zoologia un’avventura alla scoperta dei processi che governano la comunità vivente. I musei del- 58 storiae la scuola dedicati alla storia naturale rendevano ancora più efficace l’insegnamento “degli oggetti reali” e il passaggio dal conosciuto al nuovo. Data la necessità di coniugare il rigore scientifico con la qualità estetica, grande importanza ebbero in questa fase i disegnatori e gli illustratori dei tabelloni didattici. Quasi tutti provenivano da una precedente esperienza come disegnatori di animali per i libri di fiabe e racconti per bambini. Certo è che le carte parietali sottolineano ancora una volta il ruolo centrale che i mezzi di comunicazione visiva svolgono nell’educazione scientifica e nella comunicazione della scienza in generale. Insieme alle attrezzature scientifiche e alle pratiche di laboratorio, le immagini costituiscono un elemento importante nell’insegnamento della scienza e, dato il loro carattere non verbale e pertanto più immediato, possono comunicare ad utenti di età, estrazione sociale, cultura molto diversi. In questo i tabelloni didattici sono stati nelle scuole fino agli anni Sessanta un vero e proprio “eserciziario” collettivo in quanto, in molti casi, accanto alle tavole che riproducevano le immagini dei singoli animali o delle specie, si affiancavano quelle che contestualizzavano nell’habitat originario le piante (il the, il cotone, il cacao ecc.) e gli animali e ne rappresentavano anche il ciclo produttivo o le diverse fasi di sviluppo e le diverse parti costitutive delle piante. Il Museo della Scuola di Bolzano, oltre ad una vasta serie di tabelloni didattici di oggetto scientifico, conserva ed espone una collezione di semi e alcuni erbari (provenienti dall’Istituto Magistrale di Bolzano in lingua tedesca, degli inizi del Novecento ed utilizzati poi anche nella scuola superiore di lingua italiana), molti animali imbalsamati o impagliati e una ricca raccolta di afidi, insetti, aracnidi ecc. conservati in alcool o formalina. Provengono da varie scuole di Bolzano e della Bassa Atesina e risalgono ai primi decenni del Novecento. (mc) Scheda 8 Gli strumenti per la scrittura Tra il XIX secolo e la prima metà del XX, soprattutto nelle scuole di campagna, per imparare a scrivere si usavano prevalentemente le lavagnette d’ardesia, che venivano “incise” con uno stilo di grafite: in questo modo il costo del materiale scolastico era ridotto al minimo e ogni errore poteva essere corretto senza lasciare tracce. Nelle Katakombenschulen, le scuole clandestine in lingua tedesca che hanno permesso in Sudtirolo la sopravvivenza della lingua tedesca durante il ventennio fascista (quando tutte le scuole erano state radicalmente italianizzate e l’uso del tedesco proibito), le lavagnette erano il materiale scolastico principale: anche all’arrivo di un controllo, era possibile far scomparire ogni traccia di scrittura “gotica corsiva”. Negli ultimi decenni dell’Ottocento nella scuola erano entrati anche i pennini, le cannucce (o canotti), l’inchiostro, il calamaio da banco, la carta assorbente, il “netta pennini” ed i quaderni di carta porosa, capace di “assorbire” il surplus d’inchiostro. La carta era un materiale prezioso; i quaderni un oggetto da conservare con cura (guai fare una macchia! Guai una piegatura, detta proprio “un’orecchia d’asino”, guai strappare una pagina!), i fogli per il disegno una rarità, i libri un privilegio di pochi. L’inchiostro veniva distribuito dalla scuola, spesso era il bidello a riempire i calamai sul banco: cannuccia e pennini andavano usati con cura e con rispetto, perché le macchie erano sempre in agguato. Il Museo della Scuola espone un gran numero di pennini (di diversa forma, foggia, materiale, spessore, grandezza), legati alla specifica funzione e alla produzione industriale di tutto il Novecento e di cannucce (di legno, di ebanite, di celluloide, d’argento e dorate, colorate, striate, tricolori…) e poi i quaderni di bella scrittura. Una disciplina importante insegnata nelle scuole fino agli anni Sessanta era proprio la “bella calligrafia”: prima della larga diffusione delle macchine da scrivere, anche negli uffici circolari, lettere, registri, contabilità erano scritti rigorosamente a mano e con “bella calligrafia”. Si trattava, per scolari e scolare, di sviluppare quelle abilità che oggi chiamiamo “manualità fine”, che consentono non solo una efficacia tecnica (la comprensione immediata di ciò che si è scritto), ma anche una buon risultato dal punto di vista estetico ed una maggiore capacità di concentrazione e di controllo dei movimenti abituati al lungo e lento esercizio di “fare le aste” prima di scrivere sillabe o parole. Far provare, oggi, ad adulti e bambini l’uso del pennino, dell’inchiostro e della cannuccia da far scivolare su una carta non così patinata e liscia a cui siamo abituati oggi, ma quella un po’ porosa e irregolare come un tempo, è un’esperienza importante: è come se storiae 59 la storia passasse attraverso quei gesti e facesse “vivere” a grandi e piccini, in un solo istante, le trasformazioni che hanno segnato la scuola nell’ultimo secolo. Uno degli strumenti che ha contribuito a cambiare radicalmente gesti e “rituali” della vita quotidiana a scuola è stata sicuramente la penna stilografica, un lusso introdotto a partire dagli anni Quaranta/Cinquanta nelle scuole superiori e vent’anni dopo anche nelle scuole elementari, ma rapidamente sostituita dalla penna biro. Nel XX secolo la pratica della scrittura diventa accessibile ad un numero sempre crescente di persone e “libera” dalla interdipendenza di pennino e calamaio: la stilografica è un oggetto moderno, calibrato sulle esigenze di mobilità e di innovazione tecnologica dell’età contemporanea. I primi modelli di stilografica risalgono ai prodotti artigianali di Lewis Edson Waterman della fine dell’Ottocento; i problemi tecnici sono molti e diventano stimolo per inventori ed industrie: i serbatoi per l’inchiostro, la fluidità degli inchiostri, il caricamento, la durata; si apre anche la grande sfida dell’estetica e del suo ruolo di “status simbol”, si pensi solo al rapporto tra scrittori, giornalisti, intellettuali e la penna stilografica d’autore. La penna a sfera (o penna biro, inventata e brevettata dai fratelli Josef e Georg Biro, ebrei ungheresi, nel 1919-1938) rapidamente prende il sopravvento sulla stilografica: costa meno, funziona anche in situazioni difficili (guerra, aerei, climi torridi o freddi). A causa delle persecuzioni razziali naziste i fratelli Biro emigrano in Argentina, dove cedono i diritti della penna a sfera per l’Inghilterra e gli Stati Uniti. Altri gruppi industriali avviano la ricerca di prodotti analoghi, ma migliori e a minor costo. Nel 1952 il barone francese Marcel Bich, grazie alle sue intuizioni e alle sue disponibilità economiche personali, avvia la ricerca per la realizzazione di una penna a sfera più semplice, piacevole e affidabile: nasce la Bic, che verrà lanciata in tutto il mondo con una grande campagna pubblicitaria; alla metà degli anni Cinquanta, nella sola Germania, vengono prodotti ben 250 milioni di penne a sfera. Dopo il dominio incontrastato delle penne biro, il mercato viene oggi suddiviso tra penne a sfera, “roller” e penne stilografiche scolastiche (a cartuccia), e quello specializzato in “penne stilografiche-gioiello”. Il Museo della Scuola espone penne stilografiche “scolastiche” degli anni QuarantaSessanta del Novecento. (mc) Alcuni strumenti per la scrittura esposti al Museo della Scuola della Città di Bolzano. 60 storiae Scheda 9 Gli archivi scolastici Il moderno sistema di “registrazione” delle attività scolastiche in Provincia di Bolzano risale alla riforma dell’Imperatrice Maria Teresa d’Austria, introdotta il 6 dicembre 1774 come Allgemeine Schulordnung für Normal-Haupt und Trivialschulen - Regolamento generale per le scuole normali, principali e triviali, valida per tutti gli Stati ereditari della corona imperiale. Nascono di fatto gli archivi scolastici, luoghi in cui sono raccolte le “carte della scuola”: registri, pagelle, relazioni, verbali, corrispondenza, prove d’esame, domande, richieste, documenti contabili ecc. Nel 1870 un’ordinanza asburgica riprende le indicazioni della legge fondamentale di riforma della scuola del 1869, che all’art. 33 parla del modo di “tenere” l’archivio scolastico: Presso ogni scuola il dirigente è responsabile pell’esatta tenuta dei prescritti libri e degli atti di ufficio e cioè: una cronaca scolastica, matricola scolastica, libri di classe, cataloghi, libro settimanale sulla materia trattata, protocolli di conferenza, registro dei libri gratuiti ricevuti e dispensati e così via. Egli ha da custodire anche il suggello d’ufficio. Egli tiene l’esatto inventario sui mezzi d’istruzione e le suppellettili esistenti. Alla fine di ogni anno scolastico egli compila l’aumento annuale avvenuto e presenta copia di questo elenco all’Au- torità scolastica locale, indicando le compere necessarie. Fanno parte dell’inventario scolastico anche la legge scolastica, le ordinanze e le prescrizioni emanati in affari della scuola popolare. Tutti i libri e gli atti, ordinati per anni, sono da conservarsi nell’archivio scolastico e, nel caso di subentranti cangiamenti di persone, da consegnarsi al successore nell’ufficio, mediante protocollo (Ordinanza del Ministero per il Culto e l’Insegnamento, 20 agosto 1870, n. 7648, Regolamento scolastico e didattico per le scuole popolari generali) L’ o r d i n a n z a d e l 2 9 settembre 1905 (Regolamento scolastico e didattico definitivo per le scuole popolari generali e per le scuole civiche) inserisce tra le “scritture d’ufficio” anche il “protocollo d’affari”, il registro di protocollo con le indicazioni per la registrazione della posta in arrivo e in partenza. La ricerca storica, per quanto riguarda la storia delle istituzioni educative, si avvale soprattutto degli archivi scolastici la cui documentazione risale proprio alla fine del XIX secolo, epoca in cui la nuova organizzazione scolastica produce una maggiore quantità e qualità di materiale cartaceo sia di carattere amministrativo che didattico. Negli archivi scolastici che si sono salvati dalla dispersione prodotta dalle guerre e da eventi storiae 61 naturali (dagli incendi, alle alluvioni, alle “zecche” ecc.) troviamo quindi i “libri matricola” o registri della matricola scolastica che contengono l’elenco degli scolari e delle scolare obbligate a frequentare la scuola; la matricola scolastica è già presente nella scuola teresiana. Nel 1870 viene introdotto un registro più ampio che riporta tutti i dati biografici relativi ai singoli scolari e alle loro famiglie (nome, cognome, data di nascita, professione del padre e della madre, luogo d’origine e residenza attuale ecc.) ed è diverso da quello relativo a coloro che sono obbligati a frequentare la scuola in un dato distretto scolastico, in quanto la “matricola scolastica” deve comprendere “tutti i fanciulli obbligati alla scuola, anche quelli che sono dispensati dalla frequentazione di una scuola popolare pubblica”: si tratta di chi frequenta una scuola superiore, o industriale, o agraria ecc., sostitutiva della scuola popolare generale, di “quei fanciulli che sono affetti da imperfezioni mentali o di grave difetto fisico, parimenti i fanciulli che vengono istruiti a casa o in un istituto privato e finalmente quelli che sono occupati in imprese industriali e ricevono un’istruzione speciale” (Principali prescrizioni legali concernenti le scuole popolari generali valevoli per la contea principesca del Tirolo, Trento, Tip. del Comitato Diocesano, 1907, p. 37). I dati che si possono ricavare da questa doppia registrazione permettono di ricostruire le diverse esperienze scolastiche ed extrascolastiche dei bambini tra XIX e XX secolo: la scuola, il lavoro, l’emarginazione. Nel passaggio dall’Impero d’Austria al Regno d’Italia (1919) anche gli archivi scolastici, così come tutta la documentazione amministrativa, hanno dovuto adattarsi ai nuovi modelli organizzativi che in seguito il fascismo ha ridefinito. Così molte scuole sono riuscite a ricostruire la propria storia (negli aspetti didattici, organizzativi, ma anche di vita quotidiana) utilizzando proprio il patrimonio di “memoria” conservato tra le “carte di scuola”. La situazione dell’Alto Adige ha anche dovuto fare i conti con le distruzioni causate dalla guerra e dagli incendi e dalla diaspora degli archivi, in seguito alle diverse occupazioni militari del territorio tra il 1943 e il 1945. Oggi la documentazione relativa alle scuole dei tre gruppi linguistici è divisa tra gli Archivi Storici dei Comuni, l’Archivio di Stato e l’Archivio Provinciale, gli archivi delle tre Intendenze Scolastiche e quelli delle singole istituzioni scolastiche. Molta docu- 62 storiae mentazione non è ancora del tutto accessibile agli studiosi (anche per questioni di privacy), ma in molte scuole sono stati avviati progetti per l’uso didattico (attraverso il modello dell’archivio simulato) della documentazione scolastica in un quadro di didattica della storia a partire dallo studio dei documenti. (mc) Archivi scolastici. Il Ministro austriaco del Culto e dell’Istruzione nel 1870 prescriveva: Presso ogni scuola il dirigente di essa è responsabile dell’esatta tenuta dei prescritti libri e degli atti di ufficio, cioè: una cronaca scolastica, matricola scolastica, libri di classe, cataloghi, libro settimanale sulla materia trattata, protocolli di conferenza, registro dei libri gratuiti ricevuti e dispensati e così via. Egli ha da custodire anche il suggello d’ufficio. Egli tiene l’esatto inventario sui mezzi d’istruzione e le suppellettili esistenti. Alla fine d’ogni anno scolastico egli compila l’aumento annuale avvenuto e presenta copia di questo elenco all’Autorità scolastica locale, indicando le compere necessarie. Fanno parte dell’inventario scolastico anche la legge scolastica, le ordinanze e le prescrizioni emanate in affari della scuola popolare. Tutti i libri e gli atti, ordinati per anni, sono da conservarsi nell’archivio scolastico e, nel caso di subentranti cangiamenti di persone, da consegnarsi al successore nell’ufficio mediante procotollo. Scheda 10 I registri scolastici Per tutto il XX secolo, dietro ad ogni registro scolastico si nascondeva qualcosa di “misterioso”, quasi di “sacro”: per gli scolari e le scolare il registro conteneva il mondo dell’insegnante (il suo sapere, il suo giudizio, le sue valutazioni) trasformato in simboli e in caratteri sconosciuti. Cosa voleva dire un puntino nella casella? Che cosa rappresentavano un “+” o un “–”? Ma non esistevano soltanto i registri “personali” degli insegnanti: c’erano i registri di classe, i cataloghi degli alunni, i diari di classe, il registro generale dei voti, il registro degli esami, i registro di inventario dei beni della scuola, il registro delle tasse pagate e molti altri ancora, ma quello che nell’immaginario infantile è rimasto più presente è sempre stato il registro con i voti o quello di classe con le indicazioni delle assenze. Anche i libretti di giustificazione sono una preziosa fonte per scoprire il modo in cui i ragazzi e i genitori si rapportavano con la scuola: spesso una gita di famiglia impediva lo studio e quindi la soluzione più semplice era giustificare un’assenza con l’ambigua dicitura “motivi di famiglia”. Altre volte le assenze erano giustificate grazie all’abilità calligrafica del compagno di classe (che imitava alla perfezione la firma del genitore). Di tutto questo parlano i registri, ma sono anche i testimoni di ciò che concretamente nella scuola si faceva: lezioni, esercitazioni, interrogazioni, compiti in classe, gite e visite ai musei, laboratori disciplinari (da quelli linguistici a quelli scientifici). I dati che emergono dai registri dei primi del Novecento fanno spavento: una classe elementare era formata anche da più di quaranta alunni; quelli d’epoca fascista riportano con diligenza le tappe fondamentali della ritualità del fascismo (dal saluto alla bandiera, ai festeggiamenti per l’onomastico dei regnanti, alla festa degli alberi, alla celebrazione della vittoria, alla storia di Balilla, alla giornata del risparmio, ecc.). Troviamo anche le firme degli ispettori e dei direttori che erano tenuti a controllare e approvare il lavoro dell’insegnante almeno due volte all’anno. Troviamo storiae 63 infine una grande cura nell’uso della calligrafia: tipicamente gotico-corsiva in epoca asburgica, in corsivo italiano a partire dal 1919. Oggi spesso i registri hanno lasciato il posto ai documenti elettronici: con il computer è possibile compilare il registro dei voti, le pagelle, verificare le assenze e, grazie alle e-mail, comunicare tempestivamente alle famiglie l’assenza del figlio o della figlia. La “cronaca scolastica”, di cui ci occupiamo nelle pagine successive è una documentazione molto ricca ed efficace per comprendere non solo la vita quotidiana della scuola, ma anche il modo con cui gli insegnanti di lingua italiana, tra 64 storiae gli anni Venti e gli anni Cinquanta, vivevano la loro professione, il rapporto con la scuola e con l’ambiente sociale ed umano plurilingue in cui erano stati proiettati. (mc) Documenti e immagini La “Cronaca della scuola” La “Cronaca della scuola”, introdotta con Ordinanza ministeriale 10 gennaio 1924, art. 27, costituiva parte integrante del Registro di classe. In essa dovevano essere segnati i fatti salienti della vita scolastica accanto alle osservazioni sull’andamento dell’attività didattica. Nelle intenzioni del legislatore tale documento avrebbe permesso di scoprire il segreto della effettiva scuola, perché [...] ogni programma scritto può sempre restare scritto, o peggio, può essere falsificato nella attuazione. Bisogna però sorprendere la scuola nella sua vita, esaminare i documenti della scuola, freddi per solito, ma non mai tanto da non tradire la personalità del maestro. (G. Lombardo Radice). Intravedendo la limitazione del Registro come primo elenco di nozioni trasmesse, la “Cronaca della scuola” doveva porsi a metà tra questo e la baggianata del diario confessione che prescrivevano i vecchi regolamenti delle scuole. (Cfr. G. Lombardo Radice, Athena fanciulla, Firenze 1928). Proponiamo qui alcune pagine tratte da “La Cro- naca della scuola” di alcuni registri di Valas (San Genesio) nell’anno scolastico 1935/36, di Sinigo – Borgo Vittoria (Merano) del 1936/37, di Maia Bassa (Merano) del 1938/39 e di Brunico nel 1939/40. In quest’ultimo registro si parla anche delle opzioni: è una delle poche testimonianze della percezione della popolazione italiana rispetto alla vicenda delle opzioni (l’accordo del 1939 tra Hitler e Mussolini che aveva costretto la popolazione sudtirolese di lingua tedesca e ladina a scegliere di optare per la cittadinanza italiana, rinunciando alla propria lingua e cultura, o per quella germanica, accettando di trasferirsi nel III Reich). Per i figli di coloro che avevano optato per la Germania vennero istituiti appositi corsi di tedesco e, di fatto, vennero esonerati dalla frequenza della scuola statale italiana. Le opzioni furono un dramma sociale ed umano che coinvolse, divise, alimentò diffidenze e inimicizie nei paesi del Sudtirolo e all’interno delle stesse famiglie. (mc) Dalla “Cronaca della scuola” della maestra M. G., Valas, anno scolastico 1935-36 4 novembre 1935 - Mi trovo in questa sede dal 28 ottobre, ma causa le quattro feste solo oggi ho fatto conoscenza coi ragazzi. Siccome è il primo anno di scuola e non ho nessuna pratica, ho provato un po’ di smarrimento davanti agli scolari come se fossi davanti a persone giudicatrici. Feci la commemorazione della Vittoria; cercai di parlare con semplicità perché so che i bambini capiscono poco. Alla fine dopo aver letto il ‘Bollettino della vittoria’ essi cantarono gli inni patriottici e si fece il saluto alla bandiera. Non c’erano tutti, forse perché non lo sapevano e le case sono tanto lontane che non è facile mandare una notizia. 5 novembre 1935 - Oggi è stato il primo giorno di scuola - non è stato possibile fare la cerimonia religiosa perché il tempo è troppo avanti. Gli alunni dopo la religione tenuta dal Signor Parroco sono venuti in classe tutti puntuali i grandi come i piccoli. La nuova classe è ancora vuota, perciò anche i piccoli sono rimasti assieme e così un po’ scomodamente ho fatto scuola per la prima volta. Mi pare che capiscano assai poco, io non credevo che fosse proprio così anche se ero stata avvisata dal Signor Direttore e da tante altre persone. Ho fatto le raccomandazioni principali sulla puntualità e sulla disciplina” 7 novembre 1935 - Come mi aveva promesso il Sig. Com. Prefettizio sono arrivati i banchi - sono pochi, così dovrò tener ancora quelli piccoli che ci sono nella classe. 8 novembre 1935 - E’ il primo giorno di scuola regolare - i piccoli sono nella loro classe. La scuola c’è mattina e sera, agli scolari abituati dagli anni scorsi ad avere solo 3 ore di scuola sembra molto tutto il giorno; “che cosa facciamo tutto il giorno a scuola” mi dicono, vedendo a che condizione sono, penso che ce ne vorrebbero altro che 5. 9 novembre - Nell’aspettativa dei banchi e del necessario per la nuova classe ho fatto scuola fino ad ieri con orario alternato. I miei scolari di III IV V sono 37 iscritti - uno ha ottenuto l’esonero dal Signor Direttore per tutto l’anno, avrebbe solo due mesi di frequentazione, perché in gennaio compie i 14 anni. Ho fatto molte raccomandazioni i primi giorni sulla frequenza, ma noto che se continuano così non avrò mai ragazzi in ritardo. Sono pronti per la S. Messa e per la religione che il Signor Curato tiene tutti i giorni. storiae 65 Dalla “Cronaca della scuola” della maestra C. B., Sinigo, Merano, anno scolastico 1936-37 4 novembre - Nel clima guerriero dell’Impero fondato dal Duce, l’Italia fascista celebra oggi Vittorio Veneto. Un grande scetticismo rispose alle voci che si diffondevano e che nascevano non si capiva come e da chi, nei primi giorni del ‘935, si cominciò a parlare quasi misteriosamente, come in sordina, dell’impresa Africana. Ma quando alle parole successero i fatti, quando nei primi mesi dello stesso anno cominciarono le prime partenze di truppe verso la nostra colonia primogenita, quando alle notizie vaghe sostituirono i propositi concreti, nel popolo italiano non vi fu che una fede sola: Mussolini ha avuto sempre ragione e se Mussolini spinge l’Italia verso le prove Africane che all’Italia erano costate tanti dolori, Mussolini sa quello che ci vuole, Mussolini sa quello che si fa. A elettrizzare poi la volontà del popolo, che ormai aveva visto ben chiaro come stavano le cose, venne un avvenimento che non ebbe precedenti nella storia: l’adunata del 2 ottobre. L’”ultimatum” lanciato dal Duce, venne accolto dal popolo di Roma come un plebiscito e fu plebiscito di tutta la Nazione, fu plebiscito di 50 milioni di italiani sparsi in ogni plaga del mondo. Ma la volontà, la fede, il convincimento di ognuno e di tutti divenne febbre di passione quando i nostri soldati, superato il Mareb, mossero alla conquista sicura e definitiva di Adua. D’allora le tappe si seguirono una sull’altra con prodigiosa, miracolosa rapidità. Il Genio di Mussolini seppe portare, attraverso le sconfinate pianure etiopiche, superando le brulle Ambe e le sabbie ardenti, seppe portare i nostri legionari alla conquista più grande e più strepitosa che il mondo abbia veduto, la conquista dell’Impero. “L’Impero è conquistato”. “L’Italia ha il suo Impero”. “Ma non basta, - ha detto il Duce, avere l’Impero, ora bisogna valorizzarlo”. E la consegna dell’anno XV°, il II° dell’Impero è: “Valorizzare L’Impero”. I bambini che hanno vissuto in quest’atmosfera che fu satura di avvenimenti si sentono consci del grande compito loro affidato, quello di crescere degni valorizzatori dell’Impero che i maggiori fratelli hanno per essi conquistato. Dalla “Cronaca della scuola” della maestra G. F. L., Merano, anno scolastico 1938-39 24 febbraio - Mi accorgo purtroppo che cominciano le malattie. Da qualche giorno ho quattro alunne assenti e debbo prepararmi un programma, per non perderle. Alle piccole basta poco per smarrirsi e perdersi. Non vorrei questo, perché ho lavorato con fatica per portarle fino a questo punto. Le assenti sono proprio bambine che hanno avuto sempre bisogno di molta cura per riuscire a seguire normalmente. Speriamo che il buon tempo me le riconduca. I banchi vuoti mi rattristano. Quando la classe è al completo, ci animiamo, viviamo di più e impariamo. Dalla “Cronaca della scuola” della maestra A. E. T., Brunico, anno scolastico 1939-40 8 novembre - Conferenza del circolo Didattico di Brunico. Il R. Direttore Didattico prima, il Signor Ispettore poi, e per ultimo il Provveditore agli studi, intervenuto alla fine, trattarono interessanti argomenti per dare ai maestri tutte le direttive per il buon andamento della scuola. Si soffermarono soprattutto a parlare del momento presente, di particolare importanza per l’Alto Adige. Nei momenti difficili, in modo speciale, il Regime richiede agli insegnanti la loro collaborazione silenziosa ma proficua. 9 gennaio - Ricomincio la scuola, dopo le vacanze natalizie. Il numero dei bambini è diminuito di molto. Da trentanove sono in diciannove. Parecchi sono già partiti per la Germania, altri non frequentano più e vengono per ritirare i loro quaderni. Dei 19 frequentanti, solo cinque, sono italiani: Stua Giulio Cesare, Marè Giulio, Zandanel Umberto, Mai Vigilio, Plankesteiner Bruno. Dato il numero ridotto, avrò modo di curare maggiormente quegli alunni che hanno meno profitto. 15 febbraio - Oggi c’è stata una riunione di tutti gli insegnanti del circolo di Brunico tenuta dal Signor Direttore. L’argomento di tale riunione fu l’istituzione di corsi di lingua tedesca per gli stranieri. Il Signor Direttore ci lesse i nove punti della convenzione stretta fra il R. Provveditore agli Studi e la Commissione germanica. Ci ha raccomandata la massima tranquillità. La riunione fu sciolta con il saluto al Duce. 12 marzo - Riprendo la mia classe dopo tre mesi d’ assenza. Trovo la scolaresca molto ridotta; da 40 alunni ne sono rimasti 16 dei quali 6 soli sono italiani. In questi primi giorni cercherò di ambientarmi nuovamente e di vedere a che punto sono arrivati gli alunni. 66 storiae Scheda 11 Le maestre Il Regolamento generale scolastico per le scuole tedesche normali, principali e comuni, redatto dall’abate Ignaz von Felbiger su incarico dell’Imperatrice Maria Teresa d’Austria e pubblicato nel 1774, per primo si occupa in modo sistematico anche dell’alfabetizzazione ed educazione femminile. Prima di questa data esistevano solo scuole private femminili frequentate dalle fanciulle provenienti da famiglie benestanti. Dove il comodo permette di avere una scuola per le fanciulle, saranno queste instruite anche nel cucire, far calze e in altri mestieri alla loro condizione propri; ove poi non ve ne sono di queste scuole separate per le fanciulle anderanno nelle scuole ordinarie non però assieme con li fanciulli, ma in banchi separati; nel rimanente sono da istruire nel medemo modo e divisione delle classi come li fanciulli vengono instruiti in un tempo medemo, scrive il regolamento teresiano. Prima le donne potevano studiare solo negli istituti religiosi (educandati) che, rispetto alle scuole laiche, garantivano una rigorosa educazione morale. Nel corso del XIX secolo la legislazione scolastica austriaca pensava ad una fanciulla che doveva essere più che istruita, educata al suo futuro ruolo di moglie, di madre e soprattutto di brava donna di casa. I cardini della cultura femminile dovevano essere i lavori “donneschi” e l’istruzione religiosa. Anche i libri di lettura proponevano immagini di fanciulle diligenti, docili, sempre pronte ad adempiere ai propri doveri, mentre le doti dei maschietti erano l’intelligenza e la prontezza. Francesco Timeus (autore di un libro adottato nel 1869 nelle scuole elementari e civiche trentine) descriveva così la bambina ideale La Ninetta ha compiuto i 12 anni ed è divenuta una donnina. Non solo sa fare le calze, ma le rassetta quando sono rotte; ripiglia le maglie scappate; rifà i peduli. Poi coi ferri e uncinetto fa borsellini, legacci, guarnizioni, tappetini, guanti, manichini: sta anzi preparando un copripiedi di lana pe’ suoi genitori... La prima professione che vede attiva la donna è quella di maestra: il diploma magistrale era concesso anche alle donne in quanto senza di loro non era possibile organizzare la diffusione dell’insegnamento elementare in tutto il territorio. Essere insegnante elementare nell’Ottocento, al di là di essere maschio o femmina, era comunque far parte di uno status sociale molto debole. Per accedere ai posti di lavoro era necessario il giudizio dell’ispettore scolastico o del curato e si basava soprattutto sull’esame del contegno e della moralità del futuro insegnante. [...] il punto debole sono sempre certe maestrine che vanno maestre senza vocazione, unicamente per accasarsi meglio e quindi più che maestre sono povere isteriche spostate. La professione dell’insegnante era considerata una missione e l’istruzione delle bambine era considerata di serie B. A partire dal 1871 le maestre, per contrar matrimonio, abbisognano del permesso dell’Autorità scolastica distrettuale e con la legge del 1892 il matrimonio delle maestre vien trattato come volontaria rinuncia al servizio (legge 30.4.1892, n. 8). Dopo il 1918, con l’annessione del Tirolo del sud al Regno d’Italia, gli Istituti magistrali femminili di lingua tedesca avevano sede a Bolzano e a Bressanone con poco più di 80 allieve; a Bolzano esisteva un Istituto magistrale maschile in lingua tedesca al quale nel 1922 erano iscritti più di 150 studenti. Con la legge Gentile del 192324 gli Istituti vennero chiusi in quanto le scuole elementari in lingua straniera devono diventare progressivamente in lingua italiana. Per parte loro le insegnanti di lingua italiana (provenienti prevalentemente dal Trentino) potevano godere della cosiddetta “supervalutazione”: il Regio Decreto del 1932 stabiliva che per le maestre e i maestri della “vecchia Italia” che insegnavano in Alto Adige fosse previsto un incentivo economico e pensionistico. Le maestre di lingua italiana, obbligate dal fascismo “a fare da tutrici dell’italianità dell’Alto Adige”, spesso erano giovani e spaventate anche perché dovevano assolvere “al compito di italianizzazione degli allogeni”. Gli ispettori furono prodighi di circolari e visite ispettive alle maestre che cercavano un po’ di compagnia e un diversivo rispetto alla routine quotidiana (soprattutto linguistico) nei confronti della popolazione locale. Le maestre di lingua tedesca invece, dopo la riforma Gentile che aveva italianizzato la scuola, erano state costrette a lasciare l’insegnamento; si impegnarono allora nelle Katakombenschulen, nelle scuole clandestine di emergenza che rappresentarono una delle forme di “resistenza antifascista” da parte della popolazione di lingua tedesca, di fronte alla Classe I, Scuola femminile, San Nicolò, primi del Novecento. storiae 67 Direzione Didattica Bolzano esterna n. 191/2 - A/1/a Bolzano, 8 aprile 1928 - Anno VI Oggetto: Abbigliamento delle Maestre durante le lezioni. A tutte le Sig. Maestre del Circolo! È desiderio delle Superiori Autorità scolastiche che tutte le maestre si presentino in classe vestite in modo corrispondente alla serietà e alla dignità della Scuola. Si dispone quindi, e si ordina, che tutte le Sig; Maestre di questo Circolo, entro il 20 c.m., indossino in classe, un grembiule nero di “Saten”, senza scollatura, con maniche lunghe e che arrivi dai 15 ai 20 cm sotto il ginocchio. Il Direttore didattico Classe I, Scuola elementare in lingua italiana, Trento, primi del Novecento. Direzione Didattica Bolzano esterna n. 293 - A/1/A Bolzano, 20 maggio 1928 - Anno VI Pluriclasse (II, IV, V), Anterselva di Mezzo, 1956-57. italianizzazione forzata della società locale. Il Museo della Scuola raccoglie materiali e documentazione sulle scuole segrete, che furono organizzate in modo capillare in tutto l’Alto Adige. Molte insegnanti erano giovani ragazze che non avevano mai insegnato, ma che grazie alla preparazione e al coordinamento della maestra Maria Nicolussi riuscirono, di fatto, a “salvare la lingua tedesca” in Sudtirolo. L’epoca nazionalsocialista vide le maestre di lingua tedesca partecipare alla istituzione dei “corsi di tedesco per optanti” e al riavvio della scuola in lingua tedesca a partire dal settembre del 1943, quando il Sudtirolo entrò a far parte della cosiddetta “Zona di Operazione Prealpi”, di fatto parte del Terzo Reich. Il dopoguerra vide rinascere l’Istituto magistrale in lingua tedesca a Merano e quello in lingua italiana a Bolzano e diede il via a un rafforzamento della presenza femminile nella scuola che sfocerà nel boom dell’istruzione femminile a partire dagli anni Settanta. Negli archivi scolastici rimangono molte circolari degli ispettori che prestano più attenzione al “comportamento morale” delle maestre che alla qualità professionale del loro insegnamento. Anche i posti di dirigenti scolastici negli ultimi anni sono stati occupati da un numero sempre maggiore di donne, segno questo di una maggiore e più forte presenza femminile e di una vera e propria svolta culturale per la scuola e la società nel suo complesso. (mc) Oggetto: Condotta degli Insegnanti. A tutte le Sig. Maestre del Circolo! Rammento alle S.S.L.L. le parole dette nell’ultima conferenza di Circolo riguardanti l’argomento di cui in oggetto. Si rimanga di più nelle proprie sedi di servizio e si prepari più accuratamente alle lezioni. Non si fidino di nessuno. Quassù tutti dobbiamo spartire le difficoltà e le responsabilità. Ricordo Loro che contro persone che non sanno comprendere tutta l’altezza del compito loro assegnato si prenderanno provvedimenti corrispondenti. Non si potrà mai tollerare manchevolezze che menomano il sacerdozio della propria missione. Il Direttore didattico 68 storiae L’insegnamento clandestino della lingua tedesca durante il fascismo in Alto Adige, anni Venti-Trenta. Scheda 12 La valutazione a scuola Dalla Prima Conferenza Provinciale dei Maestri del Tirolo, Innsbruck 24 - 26 ottobre 1899 La docimologia è la disciplina che studia su basi scientifiche i criteri della valutazione scolastica in modo da elaborare efficacemente modalità d’esame e di verifica del profitto degli allievi. La storia della valutazione a scuola è molto lunga anche perché ogni epoca ha modificato “gli orizzonti” del valutare: cosa si valuta, come, i modi, gli strumenti sono cambiati nel corso del tempo. Già la Prima Conferenza Provinciale dei Maestri del Tirolo (Innsbruck 24 - 26 ottobre 1899) aveva affrontato il problema inizialmente nelle due sezioni separate (italiana e tedesca) senza giungere ad una conclusione comune. Il problema della “gradazione delle note” (Notenskala) nelle scuole popolari di lingua tedesca era stato risolto utilizzando una scala di quattro livelli: ottimo (sehr gut), buono (gut), sufficiente (genügend), insufficiente (nicht genügend). Questo sistema fu ben presto considerato non adeguato a documentare i progressi degli allievi e fu quindi aggiunto un quinto livello: appena sufficiente (kaum genügend). Però questo termine si prestava ad essere equivocato e fu oggetto di molte discussioni e critiche e infine cancellato e sostituito dall’inserimento di un livello intermedio soddisfacente (befriedigend), tra buono (gut) e sufficiente (genügend). Questo modello comunque non era stato considerato efficace. Nella scuola di lingua italiana del Tirolo (area trentina) i docenti avevano espresso invece la volontà di adottare una scala di valutazione su dieci livelli in quanto ritenuta più efficace e precisa. Non giungendo ad un accordo tra la sezione di lingua tedesca e quella di lingua italiana, nella Conferenza dei maestri del Tirolo del 1899 venne formulata la proposta di adottare una scala di sette livelli: eminente (vorzüglich), lodevole (lobenswert), buono (gut), soddisfacente (befriedigend), sufficiente (genügend), quasi sufficiente (kaum genügend), insufficiente (nicht genügend). Si propose inoltre di inserire un secondo voto per la condotta che avrebbe permesso la distinzione tra aspetti caratteriali e di cattivo comportamento. Seguì inoltre una vivace discussione sugli svantaggi e i vantaggi di trascrivere nei documenti di valutazione i voti adottando le lettere o i numeri. La maggioranza ritenne che i numeri avrebbero facilitato le possibilità di contraffazione (la storia della falsificazione dei voti e delle firme dei genitori da parte degli alunni appare molto antica). Accanto alla discussione sulla valutazione si aprì, di conseguenza, quella sulla documentazione scolastica: la maggioranza degli insegnanti presenti alla Conferenza proposero di modificare la documentazione sulle “Notizie Scolastiche” (Schulnachrichten). Molti proponevano di omologare per grandezza e per forma tutti i moduli per rendere più semplice il lavoro dei maestri e per migliorare l’aspetto tecnico. Le proposte miravano ad ottenere un materiale di documentazione più bello e durevole. Venne invece rifiutata l’adozione di un “Libretto Personale” (Schulnachrichten-Büchlein), sperimentato ad Innsbruck che riportava i voti dell’intero curricolo scolastico, perché era considerato penalizzante per alcuni allievi e troppo simile al libretto di lavoro del personale di servizio (Dienstbotenbüchlein). La sezione di lingua tedesca della Conferenza Provinciale dei Maestri del Tirolo propose dunque di adeguarsi alle indicazioni degli insegnanti delle scuole di lingua italiana (trentini), considerati più esperti in materia. Alla fine del dibattito vennero individuati alcuni strumenti per poter esercitare una regolare e rigorosa sorveglianza sulla frequentazione della scuola, registri che mettessero in evidenza gli scolari e le loro assenze. Oggi negli archivi scolastici possiamo trovare tra i registri del XIX secolo e i primi decenni del XX la “Matricola Scolastica”, il “Prospetto degli Scolari Obbligati alla Frequentazione della Scuola”, il “Libro Classe - Settimanale”, il “Prospetto Quindicinale delle Mancanze”, il “Catalogo”, le “Notizie Scolastiche”, “l’Attestato Dimissorio”, il “Protocollo degli Esibiti”. Venne richiesto l’inserimento della storiae 69 1774: cosa, chi, come valutare? Il Regolamento Generale dell’Imperatrice Maria Teresa d’Austria prevedeva anche una riforma del sistema di valutazione e venne applicato al Land Tirol (che allora comprendeva anche il Trentino), alla Lombardia, all’Ungheria e agli altri Länder dell’Impero. In Tirolo a partire dal 1767 era stata sperimentata la riforma scolastica di Maria Teresa, la riforma Tangl. All’indomani della seconda guerra mondiale la scuola trovò infine forme più democratiche e partecipative per valutare i risultati del percorso formativo delle nuove generazioni. (mc) Valutazione è: - misurare il progresso dei bambini; - garantire le competenze dei maestri; - educare alla disciplina, innanzitutto. valutazione del “Contegno Scolastico”. Negli anni Venti, in Alto Adige, dopo l’annessione al Regno d’Italia e l’avvento del fascismo, la riforma Gentile modificò (anche italianizzandoli) i registri scolastici e i documenti di valutazione. VALUTAZIONE: voti o giudizi? Scuola elementare 1774-1905: note dall’1 al 5 1905-1920: giudizi sintetici 1920-1923: voti dall’1 al 10 e giudizi sintetici in pagella 1923-1945: Riforma Gentile con voti 1, 2, 3, 4; lodevole, buono, sufficiente, insufficiente e la condotta 1945-1977: voti dall’ 1 al 10 1977-1990: giudizi sintetici (ottimo, distinto, buono, sufficiente, insufficiente) 1990-1995: ABCD 1995-2009: giudizi 2009... voti Regno d’Italia – Valutazione 1880: Nuovo prospetto delle facoltà. Facoltà fisiche Facoltà intellettuali Facoltà morali Forza muscolare, digestiva, respiratoria, locomotiva Curiosità, osservazione, attenzione Istinti, affetti, passioni Media generale Atti del volere Facoltà predominanti, tendenze speciali Altri atti intellettuali Costituzione Abiti morali Abiti intellettuali Sanità Coltura Indole, carattere Facoltà estetiche Sensi fisici Sensibilità o senso Eredità psicologica Abiti del sentire, abiti fisici Media delle facoltà Media delle facoltà in- morali tellettuali Eredità fisiologica Media delle facoltà fisiche 70 storiae Eredità morale Scheda 13 Le pagelle nel tempo Negli archivi scolastici troviamo spesso i documenti di valutazione degli scolari o degli studenti: cambiano la forma, cambiano le materie, i voti o i giudizi, le intestazioni, la lingua in cui sono scritti. Il Museo della Scuola raccoglie un gran I documenti di valutazione 1869: 1900: 1910: 1930: 1950: 1962: 1990: 2000: Pagelle esposte al Museo della Scuola. La valutazione trimestrale L’attestato di licenza La notizia scolastica La pagella dell’Opera Nazionale Balilla La pagella scolastica La pagella scolastica e il libretto personale L’attestato di valutazione Il documento di valutazione l’introduzione del giudizio analitico e sintetico, la grandezza delle pagelle è notevolmente aumentata. Sono cambiati i nomi delle discipline: le bambine, ad esempio, svolgevano i “lavori donneschi”, poi i “lavori femminili”, diventati “economia domestica” ed infine “educazione tecnologica”. Ai visitatori del museo piace sempre scorrere sulle pagelle i nomi delle materie studiate, i voti ed immaginare il modo con cui quelle valutazioni venivano “conquistate” dagli alunni e dalle alunne. Spesso le insufficienze erano accompagnate, a casa, da punizioni severe. Nei romanzi per ragazzi troviamo molte volte personaggi che, per sfuggire ad un brutto voto, raccontano fantasiose bugie “che hanno sempre le gambe corte” oppure si perdono in avventurosi incontri con altri “monelli di strada”. (mc) 1916-1917. numero di “notizie scolastiche”, di documenti di valutazione, di pagelle. Ogni epoca riversa nel documento che attesta l’efficacia dell’attività scolastica il suo modo di concepire la scuola, la cultura, il rapporto tra adulti e bambini. Troviamo la notizia scolastica bilingue ancora nel 1923-24, che ci testimonia il faticoso passaggio dall’Impero d’Austria al Regno d’Italia: le discipline sono quelle della scuola asburgica, la scala di valutazione è quella del Regno d’Italia. In una terza classe elementare si valuta il contegno, la diligenza, la religione, il leggere, lo scrivere, la lingua d’insegnamento (tedesco), la lingua italiana, il conteggio unito alla dottrina delle forme geometriche, la storia naturale e fisica, la geografia e la storia, il disegno, il canto, la ginnastica, la forma esterna dei lavori scritti e per le bambine i “lavori donneschi”. Troviamo anche la pagella monolingue d’epoca fascista, colorata, con una grafica accattivante e spesso accompagnata da frasi di Mussolini che esaltano tutti i simboli e i modelli del fascismo. Negli anni più recenti, con storiae 71 Rassegna di pagelle d’epoca fascista (1923-1943). I documenti di valutazione avevano anche la funzione di propaganda ideologica del regime. L’impianto ideologico emerge anche dal nome delle discipline insegnate. 72 storiae Scheda 14 Sorvegliare, controllare e punire nel XIX secolo Uno dei momenti fondamentali dell’educare nel secolo scorso (ma non solo) è stato l’esercizio della disciplina, il buon comportamento, la “condotta”. Le scuole dell’Impero austro-ungarico erano improntate ad una rigorosa disciplina, tutto era sotto controllo: il tempo, le attività, il comportamento, le relazioni, il corpo, la sessualità. Il buon comportamento era ingrediente fondamentale dell’apprendere e dell’educare; le severe punizioni erano l’altra faccia della medaglia. Scorrendo i Regolamenti delle scuole asburgiche si intravede la lunga tradizione della Ratio studiorum della Compagnia di Gesù che per tutte le scuole dell’Europa, laiche e religiose, era stata modello per lungo tempo. Il Regolamento disciplinare per le scuole popolari del 1882 ammonisce: […] - Fanciulli, abbiate sempre pronte ed in buon ordine le vostre cose di scuola. Non portate in iscuola cose estranee. Comparite in iscuola sempre netti e puliti nella persona e nelle vesti. Prima di entrare nella scuola provvedete a vostri bisogni corporali. Mancando da scuola, al primo vostro ricomparire portate la giustificazione in iscritto. Sì nell’andata che nel ritorno non fermatevi per le vie, e conservate un contegno savio e modesto, come si conviene a fanciulli ben educati. Per istrada, incontrando Superiori e Maestri, salutateli con buon garbo [...]. - Entrate con compostezza nella scuola. Appena entrati, riverite il Sig. Maestro; appendete il mantello e cappello al luogo destinato; sedete in perfetto silenzio al vostro posto, e ripassate le vostre lezioni. Durante la lezione sia il vostro contegno quieto e tranquillo; siate attenti a quanto insegna il Sig. Maestro. [...] - Quando siete condotti ad ascoltare la S. Messa, entrate in Chiesa compostamente, prendete l’acqua benedetta, fate la riverenza, inginocchiatevi nel banco assegnatovi e recitate un Ave; indi sedete fino che il Sacerdote sale l’altare [...]. Nel Regolamento non si parla esplicitamente di punizioni; negli anni successivi, pubblicate dalle diverse riviste pedagogiche del territorio tra le valli dell’Inn e dell’Adige (il “Didascalico” ad esempio o il “Parvulus”) appaiono alcune proposte al fine di limitare le punizioni corporali e quelle che “offendono troppo il senso dell’onore”. Nel “Parvulus” del 20 ottobre 1889 si legge: “Ecco quali sono i castighi convenienti da adottarsi: ammonizione, redarguizione, il far stare in piedi, il far uscire dalla panca nella fila della medesima, o fuori dalla fila, il trattenere nella classe sotto opportuna sorveglianza (avvertendone possibilmente i genitori), il citare davanti alla A conferenza dei maestri, (e nelle scuole di una sola classe davanti al preside dell’autorità scolastica locale) e finalmente l’esclusione temporaria dalla scuola”. I regolamenti delle scuole superiori descrivono il comportamento da tenersi a scuola e fuori di scuola, le occupazioni domestiche e la frequenza agli “esercizi di culto”. B A. D. Ramponi, Scena di vita scolastica, Bologna, Biblioteca Comunale dell’Archiginnasio, disegno, inizi XIX secolo. B. Il maestro di scuola picchia uno scolaro, Vienna, Österreichische Nationalbibliothek, disegno a penna, fine del XV secolo. C. Scene di vita scolastica, Vienna, Historisches Museum der Stadt Wien, olio su tela, 1750 circa, particolare. storiae 73 C secondo le circostanze in una sfavorevole nota nella condotta. L’arresto sarà sempre accompagnato da un lavoro letterario, cui prescriverà il professore che propose il castigo, né potrà infliggersi più di due volte né durare più di 16 ore in tutto, non eccedendo le 8 ore in una giornata. Durante il castigo verrà visitato dal relativo professore. d) Nell’esclusione da uno o da tutti i ginnasii, ovvero anche da tutti gli Istituti d istruzione della Monarchia. Le Leggi Disciplinari per l’Imperial Regia Scuola Reale Superiore Elisabettina di Rovereto, stampate nel 1887, affermano: Il Comportamento degli Scolari - Nella scuola. […] È vietato assolutamente d’entrare nell’Istituto con bastoni, mustacchi, lunghe barbe ecc. e d’ostentare per istrada novità e singolarità sia ne’ vestiti sia nell’esteriore della persona. Gli scolari entreranno in iscuola a capo scoperto, occuperanno il posto loro destinato, e, raccogliendosi per l’imminente istruzione, attenderanno in silenzio il professore, al comparire del quale tutti sorgeranno in piedi, rimanendo così fino a che sia loro dato il cenno del sedersi. Faranno la stessa cosa al dipartirsi del professore o qualvolta entrasse od uscisse altro qualsiasi Superiore. [...] eviteranno rigorosamente distrazioni, apparecchio alle lezioni successive, agitazione della persona, e tutto ciò che può riuscire alla scuola mottivo di dissipazione e di disturbo [...]. - Culto divino È dovere di ogni Scolaro d’intervenire alle Solennità ecclesiastiche dell’apertura e della chiusura dell’anno scolastico, alla solenne processione del Corpus Domini, agli Esercizii spirituali, ed a tutte le altre pratiche religiose che sono prescritte nel Ginnasio [...]. - Ammonizioni e Castighi. Ammonizione ha luogo contro alle prime contravvenzioni disciplinari, a quattro occhi, fatta da’ singoli professori, ed in caso di inefficacia colle seguenti gradazioni: a) In iscuola alla presenza de’ condiscepoli; b) coll’annotazione nel libro di classe e ciò pel ginnasio inferiore; c) colla riprensione per parte del Capo-classe alla presenza de’ condiscepoli; d) finalmente per parte del Direttore privatamente e poi pubblicamente in iscuola. Castighi si infliggeranno contro le gravi trasgressioni disciplinari, contro ai riottosi ed ai recidivi Consistono essi: a) Nel trattenere in iscuola lo scolaro perché ripari alla negligenza domestica; b) nella solenne riprensione, estesa anche in iscritto, fatta dal Direttore innanzi all’intero corpo insegnante o ad una Sezione del Ginnasio; c) nella reclusione od arresto scolastico, e 74 storiae Disciplina È vietato l’ingresso a trattorie e caffè senza l’immediata sorveglianza dei genitori o loro rappresentanti. Però agli alunni delle tre ultime classi si permetterà l’ingresso a certe birrerie e caffè che dal Corpo docente saranno stabiliti, ma resta proibito il trovarvici troppo a lungo e di frequente; - Gli alunni delle quattro prime classi possono recarsi al teatro solo in compagnia dei genitori o rappresentanti: quelli delle tre ultime possono recarvisi anche soli, ma tutti ne chiederanno ogni volta il permesso al capoclasse; - È vietato il fumare agli scolari delle quattro prime classi: agli altri è permesso, purché non lo facciano nel venire all’istituto o nel partirne. - Viene caldamente inculcato a tutti di ritirarsi la sera per tempo alle proprie case; resta poi sempre severamente proibito il trovarsi fuori di casa dopo le ore otto dal principio dell’anno scolastico fino a Pasqua, e dopo le ore dieci da Pasqua fino al termine dell’anno; - Non è permesso il nuoto se non che in un pubblico bagno debitamente sorvegliato; - Saranno pure severamente puniti tutti gli atti triviali, molesti e presuntuosi, come lo schiamazzare, il deridere e schernire altrui, ingombrare il passo per le vie, formare crocchi o assembramento importuni sui crocicchi o sulle pubbliche piazze. Moralità - Non si frequenteranno compagnie dai superiori vietate; - In generale per la lettura privata degli scolari serve la biblioteca dell’istituto. E proibito associarsi ad altre biblioteche.Chi legge o presta ad altri libri cattivi verrà castigato col massimo rigore: quindi prima dimettersi alla lettura di un libro ognuno sarà obbligato a prenderne consiglio da persone competenti; - Ogni parola oscena od anche semplicemente disonesta, ogni motto, ogni scherzo inverecondo, ogni ira e rancore contro un condiscepolo saranno severamente puniti. I regolamenti vengono applicati con rigore e se ne trovano tracce nei registri delle punizioni fino alla prima metà del XX secolo. (mc) Scheda 15 I giornalini scolastici in Alto Adige tra il 1924 e il 1945 I giornalini per le scuole in Alto Adige hanno una storia segnata dall’italianizzazione forzata delle scuole sudtirolesi ad opera del fascismo. Dopo la creazione della Provincia di Bolzano (1927) la segreteria provinciale di Bolzano dell’Associazione Nazionale Insegnanti Fascisti (ANIF) avviò la pubblicazione del quindicinale “Il Balilla dell’Alto Adige”. In tutto il Regno d’Italia Mussolini aveva incentivato la pubblicazione di giornalini scolastici dedicati alla figura del Balilla, ma in Alto Adige accanto alla diffusione dell’ideologia del fascismo il quindicinale doveva “continuare nell’ambito familiare l’educazione italiana del fanciullo”. La rivista era articolata in due parti: le prime quattro pagine contenevano scritti di insegnanti su argomenti di attualità, tesi a migliorare “l’educazione nazionale, religiosa e fascista della gioventù”. La seconda parte conteneva alcuni testi prodotti nelle scuole di ogni località dell’Alto Adige che testimoniavano “la collaborazione degli scolari”. Venivano scelti dall’Ispettore Dal Piaz e dai suoi collaboratori ed erano dedicati agli avvenimenti locali, alle iniziative delle varie classi, ai diari personali dei bambini e delle bambine, ai componimenti mensili, agli studi degli alunni, ai compiti di osservazioni ed esperimenti, ai resoconti di lezioni, alla corrispondenza interscolastica, agli studi d’ambiente (folklore), ai saggi di bella scrittura e disegno ornamentale, ai corsi di avviamento al lavoro, alle occupazioni intellettuali e ricreative, ai passatempi, alle “storie senza parole” (una sequenza narrativa di disegni senza testi). Ogni fascicolo conteneva in appendice un breve testo teatrale a puntate, scritto dal maestro Cumer. Nonostante che l’ideologia permeasse la pubblicazione, emergono dalle pagine scritte dai bambini alcune impressioni dell’epoca, delle tradizioni e degli ambienti, alcune emozioni che riuscivano a trovare espressione anche in una lingua così estranea ai piccoli sudtirolesi, soprattutto a coloro che vivevano nelle valli ed avevano la consuetudine dell’uso quasi esclusivo del dialetto locale. L’esperienza de “Il Balilla dell’Alto Adige” si chiude nel 1931 e rappresenta comunque un documento importante per la storia della scuola locale. Nel dopoguerra saranno molti i fogli volanti e le piccole pubblicazioni che le classi produrranno all’insegna di una scuola capace di essere parte attiva nel territorio. Dopo l’italianizzazione delle scuole in Alto Adige a partire dall’ottobre 1923 la popolazione di lingua tedesca si organizza per attivare le cosiddette Notschulen (scuole d’emergenza), chia- storiae 75 mate anche Katakombenschulen, subito vietate e perseguitate dalle autorità fasciste. “Der kleine Postillon” nasce, su iniziativa del canonico Gamper, fondatore delle Notschulen, il 3 maggio 1924 per garantire ai bambini sudtirolesi la possibilità di usare e di leggere ancora la lingua materna. Il giornalino venne pubblicato ininterrottamente fino al 26 ottobre 1941 anche se vi furono molti tentativi da parte delle autorità fasciste di impedirne la pubblicazione. Però il “Postillon”, edito dalla casa editrice cattolica e antinazista “Athesia”, inquietava probabilmente anche i circoli nazisti germanici e quelli degli optanti. A Maria Nicolussi (nata a Trento nel 1882 e morta a Bolzano nel 1961) si deve la grande diffusione del giornalino: insegnante allontanata dalla scuola per motivi politici divenne punto di riferimento per le Katakombenschulen e anima dell’unico giornalino in lingua tedesca destinato ai bambini del Südtirolo, usato spesso dalle insegnanti delle scuole clandestine in lingua tedesca come prezioso sussidio didattico. Il “Postillon” attingeva probabilmente alla tradizione della pubblicistica cattolica austriaca che fino all’Anschluss (Annessione dell’Austria al Terzo Reich nel 1938) diffondeva la “Jugendrotkreuz-Zeitschrift”, rivista giovanile della Croce Rossa austriaca, chiusa poi dai nazisti. (mc) Dalla “Cronaca della scuola” della maestra Alessandra Eccher Trentini, Brunico, I B anno scolastico 1939-40 15 aprile I tre bambini abbonati al “Ballilla” hanno ricevuto per la prima volta il giornalino e sono tutti felici. Sembra loro d’essere diventati dei personaggi importanti! Lo hanno portato a scuola per farlo vedere ai compagni ed hanno visto che c’è pure pubblicata una bella pagina intera su Brunico coi lavori dei bambini di V e IV classe! 76 storiae Scheda 16 Fotografie di scuola Le immagini provengono dall’archivio fotografico del Museo della Scuola-Schulmuseum della Città di Bolzano che ha raccolto e riprodotto nel corso dell’ultimo decennio, grazie all’accurato lavoro di Alessandro Campaner, più di 700 fotografie offerte da privati o fornite dagli enti pubblici. Attraverso le sequenze fotografiche possiamo ricostruire il quadro storico generale di permanenze e mutamenti che hanno caratterizzato i primi cinquant’anni del XX secolo: lo sguardo del fotografo ha fissato sulle lastre e sulle pellicole i segni del mutamento nei modi di vivere, nel modo di considerare e di immaginare la scuola, l’infanzia e l’educazione, nei modi con cui si è trasformato il rapporto tra le diverse generazioni ed il diverso ruolo sociale assunto nel corso di mezzo secolo dalla istruzione, dall’educazione e dalla formazione delle nuove generazioni. Nella prima metà del Novecento sono rapidamente mutate le condizioni sociali e politiche del territorio tra le valli dell’Inn e dell’Adige e le situazioni materiali di vita; le guerre, poi, hanno modificato i confini, le lingue ufficiali, l’organizzazione sociale e politica, la “lingua dei sentimenti e delle emozioni”. Le fotografie conservano le tracce di questi cambiamenti: le grandi differenze sociali tra città e campagna emergono dagli abiti delle scolare e degli scolari, dalle scarpe, dagli scarponi chiodati o dai piedi nudi, dai grembiuli delle bambine e dai cappelli dei bambini, ma anche dal tipo di edificio, dalle pettinature e dall’abbigliamento degli insegnanti. Poi lo sguardo scorre lungo l’asse del tempo per cogliere ancora: cappelli da uomini su volti di bambino, volti da bambino su corpi già provati dalla fatica dei campi, piedi scalzi accanto a scarponi chiodati. Le ideologie, stampate sui muri (fucile e moschetto, bandiere e monumenti) si scontrano sui libri di testo e sulle foto ricordo. Chiare appaiono le differenze sociali e quelle tra il mondo rurale e cittadino. Le ragazze B nelle fotografie sono spesso ritratte come giovani donne pronte per una vita da trascorrere accanto al focolare: indossano il grembiule o il costume tradizionale delle contadine. La gioia dei bambini è comunque la stessa di ieri e di oggi: giocare e scherzare appena fuori di scuola.... Ma non solo: lo sguardo sulle fotografie che spuntano da un cassetto e che suscitano la curiosità dei più piccoli e la tenerezza di chi si riconosce in quei volti infantili ci permette di riannodare i fili della memoria, della narrazione e della comunicazione intergenerazionale di cui oggi abbiamo sempre più bisogno. (mc) C A A. Lezione di ginnastica, Brunico, primi del Novecento. B. Scuola elementare “Kaiser Franz Joseph” - Classe II A, Bolzano, 1908-1909. C. Classe II, Scuola elementare, Barbiano, 1905. D. Scuola elementare in lingua italiana, Trento, 1908 circa. E. Städtische Höhere Töchterschule, II corso, Innsbruck, 1903. F. “R. Scuola Tecnica industriale e d’arte”, Bolzano. G. Classe femminile, Scuola elementare, Coldrano, 1939. H. Classe II maschile, Scuola elementare, Lana, 1939. I. Istituto magistrale di lingua tedesca, Merano, 1956-57. L. Scuola media in lingua italiana, festa degli alberi, Dobbiaco 1967-68. storiae 77 D G E H F I L F 78 storiae