Scheda 5c
I libri di testo del dopoguerra:
dalle scuole popolari alle 150 ore
Il Capo Provvisorio dello Stato il 17 dicembre
1947 con un Decreto
Legislativo indicò nuovi compiti per la scuola
della neonata Repubblica Italiana: non si trattava solo di combattere
l’analfabetismo puro
(insegnare a leggere e a
scrivere), ma si trattava
di orientare i giovani
nel proseguimento degli
studi e/o nel perfezionamento di un’attività
professionale. La scuola era gratuita ed aperta
a tutti. Nascono così le
scuole popolari, destinate prevalentemente
agli adulti. I programmi
richiamavano l’attenzione sul carattere specifico della scuola popolare, sulle condizioni particolari degli studenti
sia sul piano culturale sia su quello psicologico e
sottolineavano le finalità formative della scuola.
Affidavano dunque agli insegnanti il compito di
formulare un piano di lavoro capace di prendere
nella massima considerazione le richieste degli
allievi che, pur non avendo frequentato che saltuariamente qualche classe, erano in grado di
suggerire problematiche, esercizi ed attività più
attinenti al loro mondo. I libri di testo costruiti
ed editi tra il 1946 e il 1948 in Italia non furono
destinati esplicitamente alle scuole degli adulti
(le cui norme istitutive non erano state previste
o ritenute applicabili) e solo più tardi furono elaborati testi specifici che però, pur contenendo le
nozioni fondamentali del leggere, scrivere e far
di conto, non riuscirono quasi mai a rispondere
in modo efficace alle problematiche del lavoro,
dell’economia, della vita quotidiana dei lavoratori. L’Ente Nazionale Biblioteche Popolari e
Scolastiche distribuì annualmente il “Leonardo”,
un vademecum di circa 400 pagine che forniva
notizie utili sul lavoro, la famiglia, l’Italia, il
mondo e i relativi problemi. In seguito il Ministero della Pubblica Istruzione cominciò a distribuire gratuitamente i “Classici del popolo”, opere
di letteratura italiana e straniera che avevano in
appendice un glossario che forniva informazioni
sia linguistiche sia storico-geografiche e rendeva
fruibili le opere a tutti.
Negli anni Sessanta sono i mass media a sostituire le scuole popolari: con le trasmissioni del
Maestro Manzi “Non è mai troppo tardi” nei bar,
nelle case private, uomini e donne di tutte le età
imparavano a scrivere e a leggere guardando le
lezioni in TV.
In Alto Adige i corsi di scuola popolare vengono
invece gestiti dalle associazioni locali di lingua
tedesca, sorte proprio con finalità formativoeducative; per gli apprendisti della scuola di formazione professionale, invece, vengono istituiti
appositi corsi per l’acquisizione del diploma di
terza media dopo la riforma della scuola media
unica.
Nel 1972 il nuovo contratto di lavoro dei metalmeccanici prevede una quota oraria annuale
pagata dal datore di lavoro, per il diritto allo studio. Migliaia di lavoratori fruiscono dei permessi
e vengono istituiti dal Ministero della Pubblica
Istruzione in tutte le città appositi Corsi Statali
di Scuola Media per Lavoratori (chiamati anche
“150 ore”, dal monte orario a disposizione per
contratto, alle quali il lavoratore/la lavoratrice
aggiungeva 200 ore del proprio tempo libero).
I primi ad usufruirne sono i metalmeccanici, successivamente i corsi vengono aperti a lavoratori
di altri comparti (per i quali nel frattempo i contratti avevano recepito la parte relativa al diritto
allo studio) e anche a casalinghe, disoccupati,
giovani espulsi precocemente dalla scuola. Le
novità sul piano didattico (e quindi su quello dei
libri di testo) sono contenute nei “programmi sperimentali”, nella forte spinta alla ricerca didattica,
all’esplorazione di nuove modalità di lavoro con
“studenti-adulti” e a un’attenzione nuova ai contenuti culturali che la scuola proponeva, a nuovi
Corso in lingua italiana delle “150 ore”, scuola media “Leonardo
da Vinci”, Bolzano, anni Ottanta.
storiae
51
sguardi sul mondo. Le “150 ore” in Provincia di
Bolzano prendono il via sia per le scuole tedesche sia per quelle italiane nel marzo del 1973 e,
dopo il corso di formazione obbligatorio per tutti
i docenti, nasce la comune ricerca per la costruzione di una storia locale che tenesse conto dei
diversi punti di vista socio-culturali. Nacquero in
quella sede i primi di gruppi di lavoro tra docenti
dei diversi gruppi linguistici per “ricostruire una
storia dell’Alto Adige/Südtirol, spogliata dai
pregiudizi nazionalistici”. Libri di testo divennero le dispense, i lavori dei gruppi di studio, i
materiali prodotti dagli studenti/lavoratori, ma
anche le conferenze, gli interventi di esperti e le
successive discussioni. Il libro di testo “ufficiale”
(quello tradizionale della scuola media) divenne
uno strumento per costruire percorsi di ricerca e
trovare documentazione e supporto.
I “libri dattiloscritti”, le dispense delle “150 ore”,
non sono state mai pubblicate da una casa editrice (contrariamente a quanto è avvenuto in altre
province italiane), ma sono ancora quel “libro
di testo” prodotto collettivamente, che ha dato
il via ad una nuova ricerca storica e alla nuova
storiografia locale. (mc)
B
A. Un libro di testo per le scuole popolari (scuole
serali per lavoratori) per lo sviluppo dell’alfabetizzazione, 1947.
B. Le dispense prodotte dal Comitato di Gestione
delle “150 ore” (corsi di scuola media per lavoratori) dedicate alla storia locale con particolare
attenzione al XX secolo e alla storia dei lavoratori
in Sudtirolo.
52 storiae
A
Scheda 6
Cartelloni didattici, quadri murali, tavole parietali
La forze evocativa dell’immagine nella didattica
I quadri murali, cartelloni didattici o tavole parietali, sono sussidi ideati per facilitare l’insegnamento. I cartelloni catturano l’attenzione degli
studenti e li avvincono alle immagini, perché come affermava Jan Amos Comenio fin dal 1654
nel suo Orbis sensualium pictus (opera nata con
l’intento di fornire “la raffigurazione e l’elenco
dei nomi di tutte le cose e le azioni fondamentali del Mondo e della vita”) - i sensi, quando
la mente non ha ancora raggiunto le capacità di
astrazione del pensiero, cercano sempre oggetti
percepibili. Comenio coglie le potenzialità dell’immagine nel favorire l’apprendimento, così
come Umberto Eco - tre secoli dopo - osserverà
quanto l’immagine conservi un rapporto analogico con l’oggetto.
Il pedagogista originario della Moravia suggeriva agli insegnanti di appendere ai muri di ogni
classe dei quadri con la sintesi dei contenuti delle
spiegazioni, con figure, emblemi, simboli “utili ad
esercitare ogni giorno la memoria, la sensibilità
e l’intelligenza degli allievi”.
I cartelloni didattici entrano nella scuola
Nel Regno di Sardegna l’art. 152 del Regolamento pe’ Maestri delle scuole Elementari e Speciali,
emanato nel 1852, prescrive che le scuole elementari abbiano la gran carta murale del sistema
metrico decimale e una raccolta degli oggetti
essenziali per lo studio delle scienze naturali o
almeno i disegni degli stessi.
In Prussia, un decreto del Ministero dell’Istruzione del 15 ottobre 1872 afferma che le Tavole
Murali sono un complemento necessario di un
completo insegnamento scolastico”. In Italia nel
1880 viene pubblicata La Guida del Maestro che
sostiene e diffonde il cosiddetto “insegnamento
oggettivo” con l’ausilio delle Tavole Murali. Si
rammenta, tra l’altro, che i mezzi e gli strumenti
ora si hanno; più niuno può lamentarne la mancanza. Conviene che ci sia chi voglia e sappia
valersene e ogni sindaco dovrebbe provvedere le
scuole del Comune come hanno cominciato a fare
molte città (54.000 tavole vendute!). Nel 1928 il
Ministero della Pubblica Istruzione, affrontando
l’argomento della dotazione degli arredi e dei
materiali, fornisce anche l’elenco di quelle carte
murali che possono rendere più funzionale la
scuola. Il legislatore, per quanto riguarda i contenuti, rimanda ai programmi di insegnamento e
alle diverse discipline: nozioni varie e propaganda
per la diffusione delle principali nozioni di igiene
per tutte le classi; per la classe quinta, accanto
ai quadri storici, sono elencati i quadri di vera
e propria propaganda bellica: l’aeronautica e la
marina militare.
I cartelloni didattici e l’editoria scolastica in
Italia 1870-1940
Gran parte dei cartelloni didattici in Italia è finita
al macero, in una sorta di euforia collettiva di
“liberazione dai vecchi modelli del fare scuola”.
Presso il Museo Storico della Didattica (Terza
Università di Roma) è conservato un consistente
fondo di esemplari prodotti in Italia e all’estero
tra Ottocento e Novecento. I Cataloghi Collettivi
della Libreria Italiana (1878,1881,1884) forniscono indicazioni su gran parte delle pubblicazioni dell’editoria scolastica in materia di cartelloni
didattici. In particolare, nel Catalogo del 1878,
le carte murali occupano un posto di rilievo. La
casa editrice Paravia, proprietaria della Stamperia
Reale di Torino, propone per l’insegnamento della
storia naturale i “quadri iconografici” del prof.
Bellardi (180 quadri liberi cm. 27x35 disegnati
in litografia) e i quadri del prof. Gazzerri (cm.
100x77) dedicati al mondo vegetale e a quello
animale. Costavano, montati su tela con listelli di
legno, 4 lire e 25 centesimi l’uno. Anche l’editore
Ermanno Loescher di Torino nel 1878 propone
15 grandi tavole murali dedicati ai tre regni della
natura e curate dal prof. Pokorny. Le piante “sono
rappresentate per la maggior parte in grandezza
naturale; gli animali divisi secondo la specie sono
disposti in gruppo in adatto paesaggio. I colori
vivaci, in pari tempo naturali, delle figure e le
storiae
53
del Ministero dell’Educazione Nazionale, sono
proposte alcune illustrazioni sulle opere del regime fascista in Africa Orientale.
dimensioni reali permettono ai fanciulli di riconoscere subito con precisione, anche se posti ad
una certa distanza gli animali e le piante”
Sempre nel 1878 la casa editrice Loescher pubblica l’Atlante Zoologico, un sussidio premiato
all’esposizione mondiale di Filadelfia.
Sonzogno propone un ampio numero di litografie “in gran formato e su carta distinta da porsi
a quadro”. Tra gli autori troviamo anche Guido
Gonin, figlio di Francesco Gonin, il primo illustratore de I Promessi Sposi. Vallardi, editore
particolarmente impegnato nel settore delle carte
geografiche, offre nell’ultimo scorcio del XIX
secolo solo tavole di piccolo formato dedicate a
soggetti storici, ai costumi, agli eserciti, realizzate
da un insigne illustratore quale Quirino Cenni.
Nei primi anni del Novecento l’editore Pichler
& figlio pubblicò a Vienna molte tavole murali
per l’istruzione intuitiva (cm. 68x98). Queste tavole furono anche tradotte e diffuse nelle scuole
del Regno d’Italia: rappresentavano le fiabe, il
lavoro dei campi, l’artigianato, gli animali. La
produzione di cartelloni didattici ha una vita
assai lunga: vengono riproposti ancora nei cataloghi scolastici del 1940/41 dalla Casa editrice
La Scuola di Brescia. Oltre alle consuete tavole
legate ai paesaggi naturali, agli ambienti agresti
e marini, in sintonia con i programmi scolastici
Disegnatori al servizio della didattica
I Tabelloni didattici documentano alcuni aspetti
della cultura scolastica del XIX e XX secolo e
testimoniano il mutamento di valori, usi, tradizioni, mentalità, abitudini in un processo così lento
ed impercettibile da venire colto come radicale
cesura solo a partire dagli anni Sessanta del Novecento. Per quasi un secolo, infatti, i disegnatori
si sono posti al servizio della didattica, spingendo
il realismo fino alle estreme conseguenze ed utilizzando il colore e il chiaroscuro per far risaltare
quello che l’insegnante deve far “vedere” al bambino, ciò che deve porre all’attenzione dei fanciulli. In particolare viene utilizzata la soluzione
della “trasparenza” per visualizzare, ad esempio,
gli organi interni del corpo umano o per far osservare i labirinti interni di un formicaio o lo schema
di un motore a scoppio. L’obiettivo è cogliere
analogie e differenze e così, solo sui tabelloni
didattici di zoologia e botanica, rana e serpente
sono costretti ad una pacifica convivenza.
La metodologia didattica fondata sull’osservazione, l’intuizione e la scoperta e ripetizione dei
“nomi” delle cose, delle piante e degli animali,
attraverso le tavole parietali come sussidio, va
oltre la specifica articolazione delle discipline.
Così troviamo a Trieste dei cartelloni, stampati a
Lipsia nel periodo preunitario, che hanno come
oggetto la campagna antinfortunistica: vengono
illustrate, con tavole in cromolitografia, le tecniche per portare soccorso “agli asfittici per sommersione”, per arrestare le emorragie arteriose
provocate da ferite. I quadri murali propongono
agli scolari modelli positivi e negativi di comportamento. Vallardi, agli inizi del Novecento, propone una serie di tabelloni didattici con scene di
vita infantile: c’è il bambino bravo e ordinato che
ripone la biancheria nei cassetti e c’è la bambina
ingorda e golosa che ruba la frutta senza sapere
che “la mamma vede tutto”. (mc)
Alcuni tabelloni didattici della collezione del Museo della Scuola,
Bolzano.
54 storiae
L’insegnamento scientifico nella
scuola nel XX secolo
Dalla Prima Conferenza Provinciale dei Maestri
del Tirolo, Innsbruck 24 - 26 ottobre 1899
L’insegnamento degli oggetti reali
Relazione del maestro Giuseppe Lorenzoni
Tutto l’insegnamento è scientifico, vale a dire
è rivolto nel tutto e nelle sue parti a far sapere
nella misura del possibile “il perché delle cose
e a far conoscere la società umana” nella sua
storia e nei suoi bisogni. L’insegnamento scientifico, ossia dei così detti oggetti reali, si considera
nella scuola popolare quale oggetto generale e
indeterminato, o quale oggetto distinto, alla cui
istruzione sono destinate ore proprie, metodo
apposito, libri di testo particolari. Detto insegnamento nel primo caso consiste in un’ampia
e svariata serie di nozioni intuitive, dirette specialmente allo sviluppo intellettuale dei piccoli
alunni e all’insegnamento della lingua, e questo
va impartito nei primi quattro anni di ogni categoria di scuola popolare. Ognuno vede che un
tale insegnamento non ha lo scopo di addentrarsi
nell’intima natura delle cose, e perciò esso non
è vero insegnamento scientifico. - Nel secondo
caso, cioè coll’insegnamento degli oggetti reali
fatto a sè e in ore particolari, con metodo e libri
speciali, e giusta adatti libri di lettura, vi è il vero
insegnamento scientifico, cioè “lo studio dei fatti
e la ricerca delle cause:” questo insegnamento
però nella scuola popolare va impartito altresì
in qualunque altra ora od oggetto che ne presenti l’opportunità. La scuola popolare non è una
istituzione fatta soltanto per insegnar a leggere
A
Documenti e immagini
e a scrivere, ma è una istituzione destinata ad
illuminare le generazioni giovani, perché illuminate possano essere morali, cioè buone. La
scuola popolare deve diffondere la scienza col
combattere i pregiudizi e l’ignoranza sia per la
generazione che viene direttamente istruita, sia
per educare ed illuminare indirettamente le famiglie, che non hanno avuto e non hanno altra
opportunità di istruirsi. Con lo sviluppo dato negli ultimi tempi alle applicazioni dell’elettricità,
del vapore e della luce, coi viaggi, con l’aiuto di
libri che diffondono nel popolo tutte le scienze, le
arti, la storia, i timori e le speranze che nascono
necessariamente nel contatto sociale, la scuola
popolare non può fare a meno di spiegare nella
misura del possibile la “nozione delle cose”.
- Che scuola sarebbe quella che non insegna e
spiega ai giovani i paesi dove i loro padri emigrano, gli avvenimenti che hanno stampato un’orma
profonda nelle case, nei castelli, nei costumi: la
ragione fisica delle meteore, la vita e i costumi
degli animali, la vita delle piante, lo sviluppo
agricolo, commerciale e industriale del paese
dove vivono, i principi che reggono l’industria e
le arti che hanno presso di loro? La scuola deve
dare il perché di tutte le cose, un perché molto
largo, con idee molto semplici e adatte alla intelligenza degli alunni; ma per dare tutti questi
perché ci vuole un insegnamento scientifico separato nelle sue parti e fatto in ore distinte.
Vero è che tutte le cose stanno in maggiore o minore connessione le une colle altre, ed è appunto
B
A. Tabellone didattico della collezione del Museo
della Scuola, Bolzano.
B. Immagini tratte dal catalogo di materiale
scolastico per le scuole della ditta Paravia di
Torino, Roma, Milano, Firenze, Napoli, anno
scolastico 1912 -1913.
storiae
55
B
B
perciò che il maestro deve elaborare l’insegnamento parte per parte, pure collegandolo poi
con le idee fondamentali comuni. Dunque ogni
oggetto deve avere ore proprie ed in consonanza
note di profitto speciali: è evidente, che se il maestro desse nota solo complessiva del profitto, tale
nota sarebbe la somma delle singole note. Il dare
note distinte eccita l’emulazione e dà maggiore
importanza all’insegnamento tanto per i giovani
quanto per le loro famiglie. Per la facilità con cui
il ragazzo dimentica, per la difficoltà d’istruire
molti assieme, perché il maestro possa avere un
forte e stabile aiuto nel suo insegnamento, per
diffondere, come scuola, le cognizioni, è necessario che l’insegnamento scientifico venga condotto su libri di testo appositi, sieno essi separati
oggetto per oggetto, sieno raggruppati insieme
in quel tutto che chiamasi “libro di lettura”.
Tanto nell’uno quanto nell’altro caso “la guida
stampata” deve essere diversa e progressiva
classe per classe, ricca di immagini, di figure e
di fatti importanti, che ravvivino le facoltà mentali degli alunni e imprimano in essi sentimenti
morali e civili. Per tali insegnamenti, nelle classi
o sezioni superiori, sarebbero ammissibili dalla
legge stessa anche testi appositi, compilati in
guisa da corrispondere allo sviluppo che si può
supporre in ragazzi obbligati alla scuola; ma è
di gran lunga preferibile che vengano compilati
nuovi libri di lettura adatti al raggiungimento
di questo scopo. Però l’insegnamento scientifico
condotto soltanto sui libri è arido e noioso per
natura, nè la scuola, ove, senza riguardo all’igiene e all’umanità, sono rinchiusi per tante ore i
futuri uomini e le future donne, presenta l’opportunità di un insegnamento reale. Quale è il
rimedio? L’istruzione all’aria aperta, nei campi,
nei prati, nei boschi e sui monti, lungo le acque,
sotto il sole, in contatto con gli animali, con le
piante, con gli avvenimenti naturali, col lavoro
degli uomini sotto gli occhi; negli opifici dove
sudano i padri e le madri, davanti alle creazioni
56 storiae
dell’ingegno, alle memorie dei
vecchi che vissero e soffersero
prima di noi. La scuola attuale
dura e compassata, ove domina una disciplina claustrale,
che logora le forze ai maestri e
rimpicciolisce ancora più i ragazzi, deve dare posto largo alle
passeggiate e all’insegnamento
all’aria libera. Ciò è reclamato
dall’igiene e dall’umanità.
In base al suesposto faccio le
due seguenti proposte:
1. a) Voglia la conferenza provinciale, affine di raggiungere
risultati migliori nell’insegnamento linguistico e nell’aritmetica, ritenere opportuno,
che l’istruzione scientifica nelle
scuole civiche di 5, 6 e 7 classi
incominci quale oggetto speciale solo dalla 5a classe. Nelle classi inferiori della
medesima essa serva quale istruzione intuitiva.
Nelle classi superiori venga stabilita per ogni
oggetto un’ora la settimana. Il tempo guadagnato
in questo modo venga destinato all’insegnamento
linguistico e dell’aritmetica. Nelle scuole rurali
l’istruzione scientifica venga impartita quale oggetto speciale soltanto nella classe superiore.
1. b) Per quest’istruzione sieno rimpolpati ben
bene gli attuali libri di lettura in modo che gli
stessi contengano elementarmente tutto l’insegnamento scientifico che può essere impartito
agli alunni di una scuola popolare, oppure non
essendo per ora ciò possibile, vengno introdotti per tutti i rami d’insegnamento libri di testo
speciali oggetto per oggetto adattati alle singole
classi.
2. Sieno introdotte nella scuola, per l’insegnamento scientifico, le passeggiate scolastiche, le
visite agli opifici, ai monti, ai musei ecc.; l’insegnamento all’aria aperta.
Dopo le sedute delle sezioni fu fatta una visita
in comune al panorama della battaglia sul Berg
Isel. (mc)
A
Scheda 7
I musei scolastici di Storia Naturale
A partire dalla metà dell’Ottocento nelle diverse
nazioni europee si diffuse una pedagogia museale
scolastica tesa a raccogliere e far raccogliere, a
classificare e collezionare sia animali (impagliati
o imbalsamati o conservati sotto formalina o alcool) sia piante dell’habitat del territorio in cui
esisteva la scuola. In una seconda fase, grazie a
donazioni di privati o di docenti e studenti delle
diverse scuole, gli istituti superiori possono contare anche su collezioni delle cosiddette “piante
esotiche” e “animali rari”: l’insieme costituiva
(con la raccolta di minerali e fossili) il cosiddetto “museo della scuola”, dedicato allo studio
delle scienze, allora definito “Storia Naturale”.
Affiancate ai tabelloni didattici queste collezioni
rappresentavano un prezioso strumento proprio
per l’insegnamento delle scienze della natura.
Ancora una volta l’osservazione, la descrizione,
la catalogazione diventavano i modi attraverso i
quali conoscere la natura e le sue leggi. In alcuni
casi la catalogazione degli esemplari tende a far
comprendere anche il ciclo vitale: dalla nascita
allo sviluppo alla morte. Un caso emblematico
è quello del baco da seta che, oltre a subire un
processo di radicale trasformazione (da bruco a
bozzolo, a farfalla), ha rappresentato una preziosa fonte di sostentamento della popolazione
contadina della valle dell’Adige a sud di Bolzano. La coltivazione dei gelsi e l’allevamento dei
bachi da seta era una pratica molto diffusa a cui
si legava la lavorazione dei bozzoli e la produzione di filo di seta, esportato poi per la tessitura
in tutta l’area veneto-lombarda fino alla prima
metà del Novecento. Tra il XIX e il XX secolo
la suggestione delle immagini e la loro efficacia
informativa fecero dei tabelloni lo strumento
privilegiato per lo sviluppo dell’informazione
scientifica nelle scuole, soprattutto con lo sviluppo dell’insegnamento delle classificazioni in
botanica e zoologia. I modelli di cera, strumenti
adottati precedentemente nelle scuole per far apprendere la storia naturale, non permettevano di
avere contemporaneamente una visione particolare e una d’insieme. I tabelloni, invece, consentivano lo studio della classe di animali o piante
e un’attenzione più ravvicinata per particolari
interni ed esterni. Otto Schmeil biologo e preside
di una Volksschule (scuola elementare) a Magdeburg pubblicò nel 1896 un importante saggio (da
allora ristampato ben undici volte) dedicato a “I
tentativi di riforma dell’insegnamento della storia
naturale” (Über die Reformstrebungen auf dem
Gebiete des naturgeschichtlichen Unterrichts).
Egli sosteneva che gli insegnanti non avrebbero
dovuto riempire le teste degli allievi con aride descrizioni e classificazioni, ma piuttosto condurli a
una vera comprensione della natura. L’approccio
morfologico-sistematico avrebbe dovuto essere
sostituito da un
approccio biologico che considerasse gli organismi come esseri
viventi e mettesse
in rilievo lo stretto nesso causale
esistente tra la
loro struttura e il
loro modo di vita.
Secondo Schmeil
all’insegnamento della biologia
mancava un equivalente di ciò che
rappresentavano
gli esperimenti di
laboratorio per
la fisica o la chimica: un reale, vivido incontro
con gli oggetti studiati. Nulla arriva alla comprensione, se non è stato precedentemente nei
sensi! (…) Solo attraverso l’osservazione accurata, la visualizzazione e l’esame diretto è possibile
bandire il peggior nemico di ogni insegnamento
formativo: il verbalismo.
La nascita nel 1863 e lo sviluppo del primo acquario marino tedesco ad Amburgo, fondato dal
biologo Karl August Möbius, in seguito direttore
del Museo Zoologico dell’Università di BerliAlcune collezioni scientifiche esposte al Museo della Scuola
della Città di Bolzano.
storiae
57
no, la sua infaticabile promozione della cultura
biologica tra gli insegnanti con conferenze e
relazioni, sottolinearono l’importanza di considerare animali e piante come parte integrante
della comunità vivente (Lebensgemeinschaft)
più che come oggetti isolati. Tutte le piante e gli
animali che un bambino vede appartengono alla
comunità vivente, siano esse naturali o modificate
dall’intervento dell’uomo (…). Giardini, prati,
terreni e boschi offrono migliaia di opportunità
di persuadere gli studenti - di ogni età – che tutte
le sostanze viventi sono membri della comunità
vivente. Il bambino si sente lui stesso membro di
una comunità vivente insieme ai suoi genitori,
suoi fratelli e sorelle, i suoi compagni di giochi,
i servitori della casa e gli animali domestici.
Due erano le strategie educativo-formative impiegate per facilitare l’incontro tra le nuove generazioni e le scienze della natura: si trattava di
presentare l’oggetto di studio non in forma isolata, ma contestualizzato nell’ambiente naturale.
Si trattava quindi di procedere da una situazione
nota (animali, piante, ambienti familiari) ad una
sconosciuta (animali esotici, piante tropicali
ecc.), come prevedeva la metodologia dell’insegnamento per immagini (Anschauungsunterricht). Infine si trattava di attrarre l’attenzione,
“affascinare gli osservatori” con la bellezza delle
immagini. Puntando sul fascino estetico delle
immagini, sulla dimensione prettamente artistica
del prodotto per la didattica oltre che su quella
scientifica, si realizzava l’ipotesi a lungo vagheggiata da Schmiele: stupire, colpire i sensi dei
giovani, rendere lo studio della biologia e della
zoologia un’avventura alla scoperta dei processi
che governano la comunità vivente. I musei del-
58 storiae
la scuola dedicati alla storia naturale rendevano
ancora più efficace l’insegnamento “degli oggetti
reali” e il passaggio dal conosciuto al nuovo.
Data la necessità di coniugare il rigore scientifico
con la qualità estetica, grande importanza ebbero
in questa fase i disegnatori e gli illustratori dei
tabelloni didattici. Quasi tutti provenivano da
una precedente esperienza come disegnatori di
animali per i libri di fiabe e racconti per bambini. Certo è che le carte parietali sottolineano
ancora una volta il ruolo centrale che i mezzi di
comunicazione visiva svolgono nell’educazione
scientifica e nella comunicazione della scienza in
generale. Insieme alle attrezzature scientifiche e
alle pratiche di laboratorio, le immagini costituiscono un elemento importante nell’insegnamento
della scienza e, dato il loro carattere non verbale
e pertanto più immediato, possono comunicare
ad utenti di età, estrazione sociale, cultura molto
diversi. In questo i tabelloni didattici sono stati
nelle scuole fino agli anni Sessanta un vero e
proprio “eserciziario” collettivo in quanto, in
molti casi, accanto alle tavole che riproducevano
le immagini dei singoli animali o delle specie,
si affiancavano quelle che contestualizzavano
nell’habitat originario le piante (il the, il cotone,
il cacao ecc.) e gli animali e ne rappresentavano
anche il ciclo produttivo o le diverse fasi di sviluppo e le diverse parti costitutive delle piante.
Il Museo della Scuola di Bolzano, oltre ad
una vasta serie di tabelloni didattici di oggetto
scientifico, conserva ed espone una collezione
di semi e alcuni erbari (provenienti dall’Istituto
Magistrale di Bolzano in lingua tedesca, degli
inizi del Novecento ed utilizzati poi anche nella
scuola superiore di lingua italiana), molti animali
imbalsamati o impagliati e una ricca raccolta di
afidi, insetti, aracnidi ecc. conservati in alcool o
formalina. Provengono da varie scuole di Bolzano e della Bassa Atesina e risalgono ai primi
decenni del Novecento. (mc)
Scheda 8
Gli strumenti per la scrittura
Tra il XIX secolo e la
prima metà del XX, soprattutto nelle scuole di
campagna, per imparare a scrivere si usavano
prevalentemente le lavagnette d’ardesia, che
venivano “incise” con
uno stilo di grafite: in
questo modo il costo
del materiale scolastico
era ridotto al minimo
e ogni errore poteva
essere corretto senza
lasciare tracce. Nelle
Katakombenschulen,
le scuole clandestine in
lingua tedesca che hanno permesso in Sudtirolo la sopravvivenza
della lingua tedesca
durante il ventennio
fascista (quando tutte
le scuole erano state radicalmente italianizzate
e l’uso del tedesco proibito), le lavagnette erano il materiale scolastico principale: anche all’arrivo di un controllo, era
possibile far scomparire ogni traccia di scrittura
“gotica corsiva”. Negli ultimi decenni dell’Ottocento nella scuola erano entrati anche i pennini, le
cannucce (o canotti), l’inchiostro, il calamaio da
banco, la carta assorbente, il “netta pennini” ed
i quaderni di carta porosa, capace di “assorbire”
il surplus d’inchiostro. La carta era un materiale
prezioso; i quaderni un oggetto da conservare con
cura (guai fare una macchia! Guai una piegatura,
detta proprio “un’orecchia d’asino”, guai strappare una pagina!), i fogli per il disegno una rarità,
i libri un privilegio di pochi. L’inchiostro veniva
distribuito dalla scuola, spesso era il bidello a
riempire i calamai sul banco: cannuccia e pennini
andavano usati con cura
e con rispetto, perché le
macchie erano sempre
in agguato. Il Museo
della Scuola espone un
gran numero di pennini
(di diversa forma, foggia, materiale, spessore,
grandezza), legati alla
specifica funzione e alla
produzione industriale
di tutto il Novecento e
di cannucce (di legno,
di ebanite, di celluloide, d’argento e dorate,
colorate, striate, tricolori…) e poi i quaderni
di bella scrittura. Una
disciplina importante
insegnata nelle scuole
fino agli anni Sessanta
era proprio la “bella
calligrafia”: prima della
larga diffusione delle
macchine da scrivere,
anche negli uffici circolari, lettere, registri,
contabilità erano scritti
rigorosamente a mano e con “bella calligrafia”.
Si trattava, per scolari e scolare, di sviluppare
quelle abilità che oggi chiamiamo “manualità
fine”, che consentono non solo una efficacia tecnica (la comprensione immediata di ciò che si è
scritto), ma anche una buon risultato dal punto di
vista estetico ed una maggiore capacità di concentrazione e di controllo dei movimenti abituati
al lungo e lento esercizio di “fare le aste” prima
di scrivere sillabe o parole. Far provare, oggi, ad
adulti e bambini l’uso del pennino, dell’inchiostro
e della cannuccia da far scivolare su una carta
non così patinata e liscia a cui siamo abituati
oggi, ma quella un po’ porosa e irregolare come
un tempo, è un’esperienza importante: è come se
storiae
59
la storia passasse attraverso quei gesti e facesse
“vivere” a grandi e piccini, in un solo istante, le
trasformazioni che hanno segnato la scuola nell’ultimo secolo.
Uno degli strumenti che ha contribuito a cambiare
radicalmente gesti e “rituali” della vita quotidiana
a scuola è stata sicuramente la penna stilografica,
un lusso introdotto a partire dagli anni Quaranta/Cinquanta nelle scuole superiori e vent’anni
dopo anche nelle scuole elementari, ma rapidamente sostituita dalla penna biro. Nel XX secolo
la pratica della scrittura diventa accessibile ad un
numero sempre crescente di persone e “libera”
dalla interdipendenza di pennino e calamaio:
la stilografica è un oggetto moderno, calibrato
sulle esigenze di mobilità e di innovazione tecnologica dell’età contemporanea. I primi modelli
di stilografica risalgono ai prodotti artigianali
di Lewis Edson Waterman della fine dell’Ottocento; i problemi tecnici sono molti e diventano
stimolo per inventori ed industrie: i
serbatoi per l’inchiostro, la fluidità
degli inchiostri, il caricamento, la
durata; si apre anche la grande sfida
dell’estetica e del suo ruolo di “status simbol”, si pensi solo al rapporto
tra scrittori, giornalisti, intellettuali
e la penna stilografica d’autore. La
penna a sfera (o penna biro, inventata e brevettata dai fratelli Josef
e Georg Biro, ebrei ungheresi, nel
1919-1938) rapidamente prende il
sopravvento sulla stilografica: costa
meno, funziona anche in situazioni
difficili (guerra, aerei, climi torridi
o freddi). A causa delle persecuzioni
razziali naziste i fratelli Biro emigrano in Argentina, dove cedono i diritti
della penna a sfera per l’Inghilterra e
gli Stati Uniti. Altri gruppi industriali
avviano la ricerca di prodotti analoghi, ma migliori e a minor costo. Nel
1952 il barone francese Marcel Bich,
grazie alle sue intuizioni e alle sue
disponibilità economiche personali,
avvia la ricerca per la realizzazione di
una penna a sfera più semplice, piacevole e affidabile: nasce la Bic, che
verrà lanciata in tutto il mondo con
una grande campagna pubblicitaria;
alla metà degli anni Cinquanta, nella
sola Germania, vengono prodotti ben
250 milioni di penne a sfera. Dopo
il dominio incontrastato delle penne
biro, il mercato viene oggi suddiviso
tra penne a sfera, “roller” e penne
stilografiche scolastiche (a cartuccia),
e quello specializzato in “penne stilografiche-gioiello”. Il Museo della
Scuola espone penne stilografiche
“scolastiche” degli anni QuarantaSessanta del Novecento. (mc)
Alcuni strumenti per la scrittura esposti al Museo
della Scuola della Città di Bolzano.
60 storiae
Scheda 9
Gli archivi scolastici
Il moderno sistema di
“registrazione” delle
attività scolastiche in
Provincia di Bolzano risale alla riforma
dell’Imperatrice Maria
Teresa d’Austria, introdotta il 6 dicembre
1774 come Allgemeine
Schulordnung für Normal-Haupt und Trivialschulen - Regolamento
generale per le scuole
normali, principali e
triviali, valida per tutti
gli Stati ereditari della
corona imperiale. Nascono di fatto gli archivi
scolastici, luoghi in cui
sono raccolte le “carte
della scuola”: registri,
pagelle, relazioni, verbali, corrispondenza,
prove d’esame, domande, richieste, documenti
contabili ecc.
Nel 1870 un’ordinanza
asburgica riprende le
indicazioni della legge
fondamentale di riforma
della scuola del 1869,
che all’art. 33 parla
del modo di “tenere”
l’archivio scolastico:
Presso ogni scuola il
dirigente è responsabile pell’esatta tenuta dei
prescritti libri e degli
atti di ufficio e cioè:
una cronaca scolastica,
matricola scolastica, libri di classe, cataloghi,
libro settimanale sulla
materia trattata, protocolli di conferenza,
registro dei libri gratuiti ricevuti e dispensati e così via. Egli ha
da custodire anche il
suggello d’ufficio. Egli
tiene l’esatto inventario
sui mezzi d’istruzione e
le suppellettili esistenti.
Alla fine di ogni anno
scolastico egli compila
l’aumento annuale avvenuto e presenta copia
di questo elenco all’Au-
torità scolastica locale,
indicando le compere necessarie. Fanno
parte dell’inventario
scolastico anche la legge scolastica, le ordinanze e le prescrizioni
emanati in affari della
scuola popolare. Tutti i
libri e gli atti, ordinati
per anni, sono da conservarsi nell’archivio
scolastico e, nel caso di
subentranti cangiamenti di persone, da consegnarsi al successore
nell’ufficio, mediante
protocollo (Ordinanza
del Ministero per il Culto e l’Insegnamento, 20
agosto 1870, n. 7648,
Regolamento scolastico
e didattico per le scuole
popolari generali)
L’ o r d i n a n z a d e l 2 9
settembre 1905 (Regolamento scolastico e
didattico definitivo per
le scuole popolari generali e per le scuole
civiche) inserisce tra
le “scritture d’ufficio”
anche il “protocollo
d’affari”, il registro di
protocollo con le indicazioni per la registrazione della posta
in arrivo e in partenza. La ricerca storica,
per quanto riguarda la
storia delle istituzioni
educative, si avvale
soprattutto degli archivi
scolastici la cui documentazione risale proprio alla fine del XIX
secolo, epoca in cui
la nuova organizzazione scolastica produce
una maggiore quantità
e qualità di materiale
cartaceo sia di carattere amministrativo che
didattico.
Negli archivi scolastici
che si sono salvati dalla dispersione prodotta
dalle guerre e da eventi
storiae
61
naturali (dagli incendi, alle alluvioni, alle “zecche” ecc.) troviamo quindi i “libri matricola” o
registri della matricola scolastica che contengono
l’elenco degli scolari e delle scolare obbligate a
frequentare la scuola; la matricola scolastica è già
presente nella scuola teresiana. Nel 1870 viene
introdotto un registro più ampio che riporta tutti i
dati biografici relativi ai singoli scolari e alle loro
famiglie (nome, cognome, data di nascita, professione del padre e della madre, luogo d’origine
e residenza attuale ecc.) ed è diverso da quello
relativo a coloro che sono obbligati a frequentare
la scuola in un dato distretto scolastico, in quanto
la “matricola scolastica” deve comprendere “tutti
i fanciulli obbligati alla scuola, anche quelli che
sono dispensati dalla frequentazione di una scuola popolare pubblica”: si tratta di chi frequenta
una scuola superiore, o industriale, o agraria
ecc., sostitutiva della scuola popolare generale,
di “quei fanciulli che sono affetti da imperfezioni
mentali o di grave difetto fisico, parimenti i fanciulli che vengono istruiti a casa o in un istituto
privato e finalmente quelli che sono occupati in
imprese industriali e ricevono un’istruzione speciale” (Principali prescrizioni legali concernenti
le scuole popolari generali valevoli per la contea
principesca del Tirolo, Trento, Tip. del Comitato
Diocesano, 1907, p. 37). I dati che si possono ricavare da questa doppia registrazione permettono
di ricostruire le diverse esperienze scolastiche
ed extrascolastiche dei bambini tra XIX e XX
secolo: la scuola, il lavoro, l’emarginazione. Nel
passaggio dall’Impero d’Austria al Regno d’Italia (1919) anche gli archivi scolastici, così come
tutta la documentazione amministrativa, hanno
dovuto adattarsi ai nuovi modelli organizzativi
che in seguito il fascismo ha ridefinito. Così molte
scuole sono riuscite a ricostruire la propria storia
(negli aspetti didattici, organizzativi, ma anche di
vita quotidiana) utilizzando proprio il patrimonio
di “memoria” conservato tra le “carte di scuola”.
La situazione dell’Alto Adige ha anche dovuto
fare i conti con le distruzioni causate dalla guerra e dagli incendi e dalla diaspora degli archivi,
in seguito alle diverse occupazioni militari del
territorio tra il 1943 e il 1945. Oggi la documentazione relativa alle scuole dei tre gruppi linguistici è divisa tra gli Archivi Storici dei Comuni,
l’Archivio di Stato e l’Archivio Provinciale, gli
archivi delle tre Intendenze Scolastiche e quelli
delle singole istituzioni scolastiche. Molta docu-
62 storiae
mentazione non è ancora del tutto accessibile agli
studiosi (anche per questioni di privacy), ma in
molte scuole sono stati avviati progetti per l’uso
didattico (attraverso il modello dell’archivio simulato) della documentazione scolastica in un
quadro di didattica della storia a partire dallo
studio dei documenti. (mc)
Archivi scolastici.
Il Ministro austriaco del Culto e dell’Istruzione nel 1870 prescriveva:
Presso ogni scuola il dirigente di essa è responsabile dell’esatta tenuta dei prescritti
libri e degli atti di ufficio, cioè: una cronaca
scolastica, matricola scolastica, libri di classe,
cataloghi, libro settimanale sulla materia trattata, protocolli di conferenza, registro dei libri
gratuiti ricevuti e dispensati e così via. Egli ha
da custodire anche il suggello d’ufficio. Egli
tiene l’esatto inventario sui mezzi d’istruzione
e le suppellettili esistenti. Alla fine d’ogni anno
scolastico egli compila l’aumento annuale
avvenuto e presenta copia di questo elenco
all’Autorità scolastica locale, indicando le
compere necessarie. Fanno parte dell’inventario scolastico anche la legge scolastica, le
ordinanze e le prescrizioni emanate in affari
della scuola popolare. Tutti i libri e gli atti,
ordinati per anni, sono da conservarsi nell’archivio scolastico e, nel caso di subentranti
cangiamenti di persone, da consegnarsi al
successore nell’ufficio mediante procotollo.
Scheda 10
I registri scolastici
Per tutto il XX secolo, dietro ad ogni registro scolastico si nascondeva qualcosa di
“misterioso”, quasi di
“sacro”: per gli scolari
e le scolare il registro
conteneva il mondo
dell’insegnante (il suo
sapere, il suo giudizio,
le sue valutazioni) trasformato in simboli e
in caratteri sconosciuti.
Cosa voleva dire un
puntino nella casella? Che cosa rappresentavano
un “+” o un “–”? Ma non esistevano soltanto i
registri “personali” degli insegnanti: c’erano i
registri di classe, i cataloghi degli alunni, i diari
di classe, il registro generale dei voti, il registro
degli esami, i registro di inventario dei beni della
scuola, il registro delle tasse pagate e molti altri
ancora, ma quello che nell’immaginario infantile
è rimasto più presente è sempre stato il registro
con i voti o quello di classe con le indicazioni
delle assenze. Anche i libretti di giustificazione
sono una preziosa fonte per scoprire il modo in cui
i ragazzi e i genitori si rapportavano con la scuola:
spesso una gita di famiglia impediva lo studio e
quindi la soluzione più semplice era giustificare
un’assenza con l’ambigua dicitura “motivi di
famiglia”. Altre volte
le assenze erano giustificate grazie all’abilità
calligrafica del compagno di classe (che imitava alla perfezione la
firma del genitore). Di
tutto questo parlano i
registri, ma sono anche
i testimoni di ciò che
concretamente nella
scuola si faceva: lezioni, esercitazioni, interrogazioni, compiti in classe,
gite e visite ai musei, laboratori disciplinari (da
quelli linguistici a quelli scientifici).
I dati che emergono dai registri dei primi del Novecento fanno spavento: una classe elementare
era formata anche da più di quaranta alunni; quelli
d’epoca fascista riportano con diligenza le tappe
fondamentali della ritualità del fascismo (dal
saluto alla bandiera, ai festeggiamenti per l’onomastico dei regnanti, alla festa degli alberi, alla
celebrazione della vittoria, alla storia di Balilla,
alla giornata del risparmio, ecc.). Troviamo anche
le firme degli ispettori e dei direttori che erano
tenuti a controllare e approvare il lavoro dell’insegnante almeno due volte all’anno. Troviamo
storiae
63
infine una grande cura nell’uso della calligrafia:
tipicamente gotico-corsiva in epoca asburgica, in
corsivo italiano a partire dal 1919. Oggi spesso i
registri hanno lasciato il posto ai documenti elettronici: con il computer è possibile compilare il
registro dei voti, le pagelle, verificare le assenze
e, grazie alle e-mail, comunicare tempestivamente alle famiglie l’assenza del figlio o della figlia.
La “cronaca scolastica”, di cui ci occupiamo
nelle pagine successive è una documentazione
molto ricca ed efficace per comprendere non
solo la vita quotidiana della scuola, ma anche il
modo con cui gli insegnanti di lingua italiana, tra
64 storiae
gli anni Venti e gli anni Cinquanta, vivevano la
loro professione, il rapporto con la scuola e con
l’ambiente sociale ed umano plurilingue in cui
erano stati proiettati. (mc)
Documenti e immagini
La “Cronaca della scuola”
La “Cronaca della scuola”, introdotta con Ordinanza ministeriale 10 gennaio 1924, art. 27,
costituiva parte integrante del Registro di classe.
In essa dovevano essere segnati i fatti salienti
della vita scolastica accanto alle osservazioni
sull’andamento dell’attività didattica.
Nelle intenzioni del legislatore tale documento
avrebbe permesso di scoprire il segreto della
effettiva scuola, perché [...] ogni programma
scritto può sempre restare scritto, o peggio, può
essere falsificato nella attuazione. Bisogna però
sorprendere la scuola nella sua vita, esaminare
i documenti della scuola, freddi per solito, ma
non mai tanto da non tradire la personalità del
maestro. (G. Lombardo Radice). Intravedendo
la limitazione del Registro come primo elenco
di nozioni trasmesse, la “Cronaca della scuola”
doveva porsi a metà tra questo e la baggianata
del diario confessione che prescrivevano i vecchi regolamenti delle scuole. (Cfr. G. Lombardo
Radice, Athena fanciulla, Firenze 1928).
Proponiamo qui alcune pagine tratte da “La Cro-
naca della scuola” di alcuni registri di Valas (San
Genesio) nell’anno scolastico 1935/36, di Sinigo
– Borgo Vittoria (Merano) del 1936/37, di Maia
Bassa (Merano) del 1938/39 e di Brunico nel
1939/40. In quest’ultimo registro si parla anche
delle opzioni: è una delle poche testimonianze
della percezione della popolazione italiana rispetto alla vicenda delle opzioni (l’accordo del
1939 tra Hitler e Mussolini che aveva costretto
la popolazione sudtirolese di lingua tedesca e
ladina a scegliere di optare per la cittadinanza
italiana, rinunciando alla propria lingua e cultura,
o per quella germanica, accettando di trasferirsi
nel III Reich). Per i figli di coloro che avevano
optato per la Germania vennero istituiti appositi
corsi di tedesco e, di fatto, vennero esonerati
dalla frequenza della scuola statale italiana. Le
opzioni furono un dramma sociale ed umano che
coinvolse, divise, alimentò diffidenze e inimicizie
nei paesi del Sudtirolo e all’interno delle stesse
famiglie. (mc)
Dalla “Cronaca della scuola” della maestra M. G., Valas, anno scolastico 1935-36
4 novembre 1935 - Mi trovo in questa sede dal 28 ottobre, ma causa le quattro feste solo oggi
ho fatto conoscenza coi ragazzi. Siccome è il primo anno di scuola e non ho nessuna pratica, ho
provato un po’ di smarrimento davanti agli scolari come se fossi davanti a persone giudicatrici.
Feci la commemorazione della Vittoria; cercai di parlare con semplicità perché so che i bambini
capiscono poco. Alla fine dopo aver letto il ‘Bollettino della vittoria’ essi cantarono gli inni patriottici e si fece il saluto alla bandiera. Non c’erano tutti, forse perché non lo sapevano e le case
sono tanto lontane che non è facile mandare una notizia.
5 novembre 1935 - Oggi è stato il primo giorno di scuola - non è stato possibile fare la cerimonia
religiosa perché il tempo è troppo avanti. Gli alunni dopo la religione tenuta dal Signor Parroco
sono venuti in classe tutti puntuali i grandi come i piccoli. La nuova classe è ancora vuota, perciò
anche i piccoli sono rimasti assieme e così un po’ scomodamente ho fatto scuola per la prima
volta. Mi pare che capiscano assai poco, io non credevo che fosse proprio così anche se ero stata
avvisata dal Signor Direttore e da tante altre persone. Ho fatto le raccomandazioni principali
sulla puntualità e sulla disciplina”
7 novembre 1935 - Come mi aveva promesso il Sig. Com. Prefettizio sono arrivati i banchi - sono
pochi, così dovrò tener ancora quelli piccoli che ci sono nella classe.
8 novembre 1935 - E’ il primo giorno di scuola regolare - i piccoli sono nella loro classe. La
scuola c’è mattina e sera, agli scolari abituati dagli anni scorsi ad avere solo 3 ore di scuola
sembra molto tutto il giorno; “che cosa facciamo tutto il giorno a scuola” mi dicono, vedendo a
che condizione sono, penso che ce ne vorrebbero altro che 5.
9 novembre - Nell’aspettativa dei banchi e del necessario per la nuova classe ho fatto scuola fino
ad ieri con orario alternato. I miei scolari di III IV V sono 37 iscritti - uno ha ottenuto l’esonero
dal Signor Direttore per tutto l’anno, avrebbe solo due mesi di frequentazione, perché in gennaio
compie i 14 anni. Ho fatto molte raccomandazioni i primi giorni sulla frequenza, ma noto che se
continuano così non avrò mai ragazzi in ritardo. Sono pronti per la S. Messa e per la religione
che il Signor Curato tiene tutti i giorni.
storiae
65
Dalla “Cronaca della scuola” della maestra C. B., Sinigo, Merano, anno scolastico 1936-37
4 novembre - Nel clima guerriero dell’Impero fondato dal Duce, l’Italia fascista celebra oggi
Vittorio Veneto. Un grande scetticismo rispose alle voci che si diffondevano e che nascevano non
si capiva come e da chi, nei primi giorni del ‘935, si cominciò a parlare quasi misteriosamente,
come in sordina, dell’impresa Africana. Ma quando alle parole successero i fatti, quando nei
primi mesi dello stesso anno cominciarono le prime partenze di truppe verso la nostra colonia
primogenita, quando alle notizie vaghe sostituirono i propositi concreti, nel popolo italiano non
vi fu che una fede sola: Mussolini ha avuto sempre ragione e se Mussolini spinge l’Italia verso le
prove Africane che all’Italia erano costate tanti dolori, Mussolini sa quello che ci vuole, Mussolini sa quello che si fa. A elettrizzare poi la volontà del popolo, che ormai aveva visto ben chiaro
come stavano le cose, venne un avvenimento che non ebbe precedenti nella storia: l’adunata del 2
ottobre. L’”ultimatum” lanciato dal Duce, venne accolto dal popolo di Roma come un plebiscito
e fu plebiscito di tutta la Nazione, fu plebiscito di 50 milioni di italiani sparsi in ogni plaga del
mondo. Ma la volontà, la fede, il convincimento di ognuno e di tutti divenne febbre di passione
quando i nostri soldati, superato il Mareb, mossero alla conquista sicura e definitiva di Adua.
D’allora le tappe si seguirono una sull’altra con prodigiosa, miracolosa rapidità. Il Genio di
Mussolini seppe portare, attraverso le sconfinate pianure etiopiche, superando le brulle Ambe
e le sabbie ardenti, seppe portare i nostri legionari alla conquista più grande e più strepitosa
che il mondo abbia veduto, la conquista dell’Impero. “L’Impero è conquistato”. “L’Italia ha il
suo Impero”. “Ma non basta, - ha detto il Duce, avere l’Impero, ora bisogna valorizzarlo”. E la
consegna dell’anno XV°, il II° dell’Impero è: “Valorizzare L’Impero”.
I bambini che hanno vissuto in quest’atmosfera che fu satura di avvenimenti si sentono consci del
grande compito loro affidato, quello di crescere degni valorizzatori dell’Impero che i maggiori
fratelli hanno per essi conquistato.
Dalla “Cronaca della scuola” della maestra G. F. L., Merano, anno scolastico 1938-39
24 febbraio - Mi accorgo purtroppo che cominciano le malattie. Da qualche giorno ho quattro
alunne assenti e debbo prepararmi un programma, per non perderle. Alle piccole basta poco per
smarrirsi e perdersi. Non vorrei questo, perché ho lavorato con fatica per portarle fino a questo punto. Le assenti sono proprio bambine che hanno avuto sempre bisogno di molta cura per
riuscire a seguire normalmente. Speriamo che il buon tempo me le riconduca. I banchi vuoti mi
rattristano. Quando la classe è al completo, ci animiamo, viviamo di più e impariamo.
Dalla “Cronaca della scuola” della maestra A. E. T., Brunico, anno scolastico 1939-40
8 novembre - Conferenza del circolo Didattico di Brunico. Il R. Direttore Didattico prima, il
Signor Ispettore poi, e per ultimo il Provveditore agli studi, intervenuto alla fine, trattarono interessanti argomenti per dare ai maestri tutte le direttive per il buon andamento della scuola. Si
soffermarono soprattutto a parlare del momento presente, di particolare importanza per l’Alto
Adige. Nei momenti difficili, in modo speciale, il Regime richiede agli insegnanti la loro collaborazione silenziosa ma proficua.
9 gennaio - Ricomincio la scuola, dopo le vacanze natalizie. Il numero dei bambini è diminuito
di molto. Da trentanove sono in diciannove. Parecchi sono già partiti per la Germania, altri non
frequentano più e vengono per ritirare i loro quaderni. Dei 19 frequentanti, solo cinque, sono italiani: Stua Giulio Cesare, Marè Giulio, Zandanel Umberto, Mai Vigilio, Plankesteiner Bruno. Dato
il numero ridotto, avrò modo di curare maggiormente quegli alunni che hanno meno profitto.
15 febbraio - Oggi c’è stata una riunione di tutti gli insegnanti del circolo di Brunico tenuta dal
Signor Direttore. L’argomento di tale riunione fu l’istituzione di corsi di lingua tedesca per gli
stranieri. Il Signor Direttore ci lesse i nove punti della convenzione stretta fra il R. Provveditore
agli Studi e la Commissione germanica. Ci ha raccomandata la massima tranquillità. La riunione
fu sciolta con il saluto al Duce.
12 marzo - Riprendo la mia classe dopo tre mesi d’ assenza. Trovo la scolaresca molto ridotta;
da 40 alunni ne sono rimasti 16 dei quali 6 soli sono italiani. In questi primi giorni cercherò di
ambientarmi nuovamente e di vedere a che punto sono arrivati gli alunni.
66 storiae
Scheda 11
Le maestre
Il Regolamento generale scolastico per le
scuole tedesche normali, principali e comuni,
redatto dall’abate Ignaz
von Felbiger su incarico dell’Imperatrice
Maria Teresa d’Austria
e pubblicato nel 1774,
per primo si occupa in
modo sistematico anche
dell’alfabetizzazione ed
educazione femminile.
Prima di questa data
esistevano solo scuole
private femminili frequentate dalle fanciulle provenienti da famiglie
benestanti. Dove il comodo permette di avere una
scuola per le fanciulle, saranno queste instruite
anche nel cucire, far calze e in altri mestieri alla
loro condizione propri; ove poi non ve ne sono di
queste scuole separate per le fanciulle anderanno
nelle scuole ordinarie non però assieme con li
fanciulli, ma in banchi separati; nel rimanente
sono da istruire nel medemo modo e divisione
delle classi come li fanciulli vengono instruiti
in un tempo medemo, scrive il regolamento teresiano. Prima le donne potevano studiare solo
negli istituti religiosi (educandati) che, rispetto alle scuole laiche, garantivano una rigorosa
educazione morale. Nel corso del XIX secolo
la legislazione scolastica austriaca pensava ad
una fanciulla che doveva essere più che istruita,
educata al suo futuro ruolo di moglie, di madre
e soprattutto di brava donna di casa. I cardini
della cultura femminile dovevano essere i lavori
“donneschi” e l’istruzione religiosa. Anche i libri di lettura proponevano immagini di fanciulle
diligenti, docili, sempre pronte ad adempiere ai
propri doveri, mentre le doti dei maschietti erano
l’intelligenza e la prontezza. Francesco Timeus
(autore di un libro adottato nel 1869 nelle scuole
elementari e civiche trentine) descriveva così la
bambina ideale La Ninetta ha compiuto i 12 anni
ed è divenuta una donnina. Non solo sa fare le
calze, ma le rassetta quando sono rotte; ripiglia
le maglie scappate; rifà i peduli. Poi coi ferri e
uncinetto fa borsellini, legacci, guarnizioni, tappetini, guanti, manichini: sta anzi preparando un
copripiedi di lana pe’ suoi genitori...
La prima professione che vede attiva la donna
è quella di maestra: il diploma magistrale era
concesso anche alle donne in quanto senza di
loro non era possibile organizzare la diffusione
dell’insegnamento elementare in tutto il territorio.
Essere insegnante elementare nell’Ottocento, al
di là di essere maschio o femmina, era comunque far parte di uno status sociale molto debole.
Per accedere ai posti di
lavoro era necessario il
giudizio dell’ispettore
scolastico o del curato
e si basava soprattutto
sull’esame del contegno
e della moralità del futuro insegnante. [...] il
punto debole sono sempre certe maestrine che
vanno maestre senza
vocazione, unicamente
per accasarsi meglio e
quindi più che maestre
sono povere isteriche
spostate. La professione dell’insegnante era considerata una missione e
l’istruzione delle bambine era considerata di serie
B. A partire dal 1871 le maestre, per contrar matrimonio, abbisognano del permesso dell’Autorità scolastica distrettuale e con la legge del 1892
il matrimonio delle maestre vien trattato come
volontaria rinuncia al servizio (legge 30.4.1892,
n. 8). Dopo il 1918, con l’annessione del Tirolo
del sud al Regno d’Italia, gli Istituti magistrali
femminili di lingua tedesca avevano sede a Bolzano e a Bressanone con poco più di 80 allieve; a
Bolzano esisteva un Istituto magistrale maschile
in lingua tedesca al quale nel 1922 erano iscritti
più di 150 studenti. Con la legge Gentile del 192324 gli Istituti vennero chiusi in quanto le scuole
elementari in lingua straniera devono diventare
progressivamente in lingua italiana. Per parte
loro le insegnanti di lingua italiana (provenienti
prevalentemente dal Trentino) potevano godere
della cosiddetta “supervalutazione”: il Regio
Decreto del 1932 stabiliva che per le maestre e i
maestri della “vecchia Italia” che insegnavano in
Alto Adige fosse previsto un incentivo economico e pensionistico. Le maestre di lingua italiana,
obbligate dal fascismo “a fare da tutrici dell’italianità dell’Alto Adige”, spesso erano giovani
e spaventate anche perché dovevano assolvere
“al compito di italianizzazione degli allogeni”.
Gli ispettori furono prodighi di circolari e visite
ispettive alle maestre che cercavano un po’ di
compagnia e un diversivo rispetto alla routine
quotidiana (soprattutto linguistico) nei confronti
della popolazione locale. Le maestre di lingua
tedesca invece, dopo la riforma Gentile che aveva italianizzato la scuola, erano state costrette a
lasciare l’insegnamento; si impegnarono allora
nelle Katakombenschulen, nelle scuole clandestine di emergenza che rappresentarono una
delle forme di “resistenza antifascista” da parte
della popolazione di lingua tedesca, di fronte alla
Classe I, Scuola femminile, San Nicolò, primi del Novecento.
storiae
67
Direzione Didattica Bolzano esterna
n. 191/2 - A/1/a
Bolzano, 8 aprile 1928 - Anno VI
Oggetto: Abbigliamento delle Maestre durante
le lezioni.
A tutte le Sig. Maestre del Circolo!
È desiderio delle Superiori Autorità scolastiche che tutte le maestre si presentino in classe
vestite in modo corrispondente alla serietà e
alla dignità della Scuola.
Si dispone quindi, e si ordina, che tutte le Sig;
Maestre di questo Circolo, entro il 20 c.m.,
indossino in classe, un grembiule nero di “Saten”, senza scollatura, con maniche lunghe e
che arrivi dai 15 ai 20 cm sotto il ginocchio.
Il Direttore didattico
Classe I, Scuola elementare in lingua italiana, Trento, primi del
Novecento.
Direzione Didattica Bolzano esterna
n. 293 - A/1/A
Bolzano, 20 maggio 1928 - Anno VI
Pluriclasse (II, IV, V), Anterselva di Mezzo, 1956-57.
italianizzazione forzata della società locale. Il
Museo della Scuola raccoglie materiali e documentazione sulle scuole segrete, che furono organizzate in modo capillare in tutto l’Alto Adige.
Molte insegnanti erano giovani ragazze che non
avevano mai insegnato, ma che grazie alla preparazione e al coordinamento della maestra Maria
Nicolussi riuscirono, di fatto, a “salvare la lingua
tedesca” in Sudtirolo. L’epoca nazionalsocialista
vide le maestre di lingua tedesca partecipare alla
istituzione dei “corsi di tedesco per optanti” e al
riavvio della scuola in lingua tedesca a partire dal
settembre del 1943, quando il Sudtirolo entrò a
far parte della cosiddetta “Zona di Operazione
Prealpi”, di fatto parte del Terzo Reich. Il dopoguerra vide rinascere l’Istituto magistrale in lingua tedesca a Merano e quello in lingua italiana
a Bolzano e diede il via a un rafforzamento della
presenza femminile nella scuola che sfocerà nel
boom dell’istruzione femminile a partire dagli
anni Settanta. Negli archivi scolastici rimangono molte circolari degli ispettori che prestano
più attenzione al “comportamento morale” delle
maestre che alla qualità professionale del loro
insegnamento. Anche i posti di dirigenti scolastici
negli ultimi anni sono stati occupati da un numero
sempre maggiore di donne, segno questo di una
maggiore e più forte presenza femminile e di una
vera e propria svolta culturale per la scuola e la
società nel suo complesso. (mc)
Oggetto: Condotta degli Insegnanti.
A tutte le Sig. Maestre del Circolo!
Rammento alle S.S.L.L. le parole dette nell’ultima conferenza di Circolo riguardanti
l’argomento di cui in oggetto.
Si rimanga di più nelle proprie sedi di servizio
e si prepari più accuratamente alle lezioni. Non
si fidino di nessuno. Quassù tutti dobbiamo
spartire le difficoltà e le responsabilità.
Ricordo Loro che contro persone che non
sanno comprendere tutta l’altezza del compito
loro assegnato si prenderanno provvedimenti
corrispondenti. Non si potrà mai tollerare
manchevolezze che menomano il sacerdozio
della propria missione.
Il Direttore didattico
68 storiae
L’insegnamento clandestino della lingua tedesca durante il fascismo
in Alto Adige, anni Venti-Trenta.
Scheda 12
La valutazione a scuola
Dalla Prima Conferenza Provinciale dei Maestri del Tirolo,
Innsbruck 24 - 26 ottobre 1899
La docimologia è la disciplina che studia su basi
scientifiche i criteri della valutazione scolastica
in modo da elaborare efficacemente modalità
d’esame e di verifica del profitto degli allievi. La
storia della valutazione a scuola è molto lunga
anche perché ogni epoca ha modificato “gli orizzonti” del valutare: cosa si valuta, come, i modi,
gli strumenti sono cambiati nel corso del tempo.
Già la Prima Conferenza Provinciale dei Maestri del Tirolo (Innsbruck 24 - 26 ottobre 1899)
aveva affrontato il problema inizialmente nelle
due sezioni separate (italiana e tedesca) senza
giungere ad una conclusione comune. Il problema
della “gradazione delle note” (Notenskala) nelle
scuole popolari di lingua tedesca era stato risolto
utilizzando una scala di quattro livelli: ottimo
(sehr gut), buono (gut), sufficiente (genügend),
insufficiente (nicht genügend). Questo sistema fu
ben presto considerato non adeguato a documentare i progressi degli allievi e fu quindi aggiunto
un quinto livello: appena sufficiente (kaum genügend). Però questo termine si prestava ad essere
equivocato e fu oggetto di molte discussioni e
critiche e infine cancellato e sostituito dall’inserimento di un livello intermedio soddisfacente
(befriedigend), tra buono (gut) e sufficiente
(genügend). Questo modello comunque non era
stato considerato efficace. Nella scuola di lingua
italiana del Tirolo (area trentina) i docenti avevano espresso invece la volontà di adottare una scala
di valutazione su dieci livelli in quanto ritenuta
più efficace e precisa. Non giungendo ad un accordo tra la sezione di lingua tedesca e quella di
lingua italiana, nella Conferenza dei maestri del
Tirolo del 1899 venne formulata la proposta di
adottare una scala di sette livelli: eminente (vorzüglich), lodevole (lobenswert), buono (gut), soddisfacente (befriedigend), sufficiente (genügend),
quasi sufficiente (kaum genügend), insufficiente
(nicht genügend). Si
propose inoltre di
inserire un secondo
voto per la condotta
che avrebbe permesso la distinzione tra
aspetti caratteriali
e di cattivo comportamento.
Seguì inoltre una
vivace discussione
sugli svantaggi e i
vantaggi di trascrivere nei documenti
di valutazione i voti
adottando le lettere
o i numeri. La maggioranza ritenne che i numeri avrebbero facilitato
le possibilità di contraffazione (la storia della
falsificazione dei voti e delle firme dei genitori
da parte degli alunni appare molto antica).
Accanto alla discussione sulla valutazione si aprì,
di conseguenza, quella sulla documentazione scolastica: la maggioranza degli insegnanti presenti
alla Conferenza proposero di modificare la documentazione sulle “Notizie Scolastiche” (Schulnachrichten). Molti proponevano di omologare per
grandezza e per forma tutti i moduli per rendere
più semplice il lavoro dei maestri e per migliorare
l’aspetto tecnico. Le proposte miravano ad ottenere un materiale di documentazione più bello e
durevole. Venne invece rifiutata l’adozione di un
“Libretto Personale” (Schulnachrichten-Büchlein), sperimentato ad Innsbruck che riportava
i voti dell’intero curricolo scolastico, perché
era considerato penalizzante per alcuni allievi e
troppo simile al libretto di lavoro del personale
di servizio (Dienstbotenbüchlein). La sezione di
lingua tedesca della Conferenza Provinciale dei
Maestri del Tirolo propose dunque di adeguarsi
alle indicazioni degli insegnanti delle scuole di
lingua italiana (trentini), considerati più esperti
in materia.
Alla fine del dibattito vennero individuati alcuni strumenti per poter esercitare una regolare
e rigorosa sorveglianza sulla frequentazione
della scuola, registri che mettessero in evidenza
gli scolari e le loro assenze. Oggi negli archivi
scolastici possiamo trovare tra i registri del XIX
secolo e i primi decenni del XX la “Matricola
Scolastica”, il “Prospetto degli Scolari Obbligati alla Frequentazione della Scuola”, il “Libro
Classe - Settimanale”, il “Prospetto Quindicinale
delle Mancanze”, il “Catalogo”, le “Notizie Scolastiche”, “l’Attestato Dimissorio”, il “Protocollo
degli Esibiti”. Venne richiesto l’inserimento della
storiae
69
1774: cosa, chi, come valutare?
Il Regolamento Generale dell’Imperatrice Maria Teresa d’Austria prevedeva anche una riforma del sistema di valutazione e venne applicato
al Land Tirol (che allora comprendeva anche il
Trentino), alla Lombardia, all’Ungheria e agli
altri Länder dell’Impero. In Tirolo a partire dal
1767 era stata sperimentata la riforma scolastica di Maria Teresa, la riforma Tangl.
All’indomani della seconda guerra mondiale la
scuola trovò infine forme più democratiche e
partecipative per valutare i risultati del percorso
formativo delle nuove generazioni. (mc)
Valutazione è:
- misurare il progresso dei bambini;
- garantire le competenze dei maestri;
- educare alla disciplina, innanzitutto.
valutazione del “Contegno Scolastico”. Negli
anni Venti, in Alto Adige, dopo l’annessione al
Regno d’Italia e l’avvento del fascismo, la riforma Gentile modificò (anche italianizzandoli) i
registri scolastici e i documenti di valutazione.
VALUTAZIONE: voti o giudizi?
Scuola elementare
1774-1905: note dall’1 al 5
1905-1920: giudizi sintetici
1920-1923: voti dall’1 al 10 e giudizi
sintetici in pagella
1923-1945: Riforma Gentile con voti 1, 2, 3,
4; lodevole, buono, sufficiente,
insufficiente e la condotta
1945-1977: voti dall’ 1 al 10
1977-1990: giudizi sintetici (ottimo, distinto,
buono, sufficiente, insufficiente)
1990-1995: ABCD
1995-2009: giudizi
2009...
voti
Regno d’Italia – Valutazione 1880: Nuovo prospetto delle facoltà.
Facoltà fisiche
Facoltà intellettuali
Facoltà morali
Forza muscolare,
digestiva, respiratoria, locomotiva
Curiosità, osservazione, attenzione
Istinti, affetti, passioni
Media generale
Atti del volere
Facoltà predominanti,
tendenze speciali
Altri atti intellettuali
Costituzione
Abiti morali
Abiti intellettuali
Sanità
Coltura
Indole, carattere
Facoltà estetiche
Sensi fisici
Sensibilità o senso
Eredità psicologica
Abiti del sentire, abiti
fisici
Media delle facoltà
Media delle facoltà in- morali
tellettuali
Eredità fisiologica
Media delle facoltà fisiche
70 storiae
Eredità morale
Scheda 13
Le pagelle nel tempo
Negli archivi scolastici troviamo spesso i documenti di valutazione degli scolari o degli studenti:
cambiano la forma, cambiano le materie, i voti
o i giudizi, le intestazioni, la lingua in cui sono
scritti. Il Museo della Scuola raccoglie un gran
I documenti di valutazione
1869:
1900:
1910:
1930:
1950:
1962:
1990:
2000:
Pagelle esposte al Museo della Scuola.
La valutazione trimestrale
L’attestato di licenza
La notizia scolastica
La pagella dell’Opera Nazionale
Balilla
La pagella scolastica
La pagella scolastica e il libretto
personale
L’attestato di valutazione
Il documento di valutazione
l’introduzione del giudizio analitico e sintetico,
la grandezza delle pagelle è notevolmente aumentata. Sono cambiati i nomi delle discipline:
le bambine, ad esempio, svolgevano i “lavori
donneschi”, poi i “lavori femminili”, diventati
“economia domestica” ed infine “educazione
tecnologica”. Ai visitatori del museo piace sempre scorrere sulle pagelle i nomi delle materie
studiate, i voti ed immaginare il modo con cui
quelle valutazioni venivano “conquistate” dagli
alunni e dalle alunne. Spesso le insufficienze erano accompagnate, a casa, da punizioni severe.
Nei romanzi per ragazzi troviamo molte volte
personaggi che, per sfuggire ad un brutto voto,
raccontano fantasiose bugie “che hanno sempre
le gambe corte” oppure si perdono in avventurosi
incontri con altri “monelli di strada”. (mc)
1916-1917.
numero di “notizie scolastiche”, di documenti di
valutazione, di pagelle. Ogni epoca riversa nel
documento che attesta l’efficacia dell’attività
scolastica il suo modo di concepire la scuola, la
cultura, il rapporto tra adulti e bambini. Troviamo
la notizia scolastica bilingue ancora nel 1923-24,
che ci testimonia il faticoso passaggio dall’Impero d’Austria al Regno d’Italia: le discipline
sono quelle della scuola asburgica, la scala di
valutazione è quella del Regno d’Italia. In una
terza classe elementare si valuta il contegno, la
diligenza, la religione, il leggere, lo scrivere, la
lingua d’insegnamento (tedesco), la lingua italiana, il conteggio unito alla dottrina delle forme
geometriche, la storia naturale e fisica, la geografia e la storia, il disegno, il canto, la ginnastica, la
forma esterna dei lavori scritti e per le bambine
i “lavori donneschi”. Troviamo anche la pagella
monolingue d’epoca fascista, colorata, con una
grafica accattivante e spesso accompagnata da
frasi di Mussolini che esaltano tutti i simboli e i
modelli del fascismo. Negli anni più recenti, con
storiae
71
Rassegna di pagelle d’epoca fascista (1923-1943). I documenti di
valutazione avevano anche la funzione di propaganda ideologica
del regime. L’impianto ideologico emerge anche dal nome delle
discipline insegnate.
72 storiae
Scheda 14
Sorvegliare, controllare e punire nel XIX secolo
Uno dei momenti fondamentali dell’educare nel
secolo scorso (ma non solo) è stato l’esercizio della disciplina, il buon comportamento, la “condotta”. Le scuole dell’Impero austro-ungarico erano
improntate ad una rigorosa disciplina, tutto era
sotto controllo: il tempo, le attività, il comportamento, le relazioni, il corpo, la sessualità. Il buon
comportamento era ingrediente fondamentale dell’apprendere e dell’educare; le severe punizioni
erano l’altra faccia della medaglia. Scorrendo i
Regolamenti delle scuole asburgiche si intravede
la lunga tradizione della Ratio studiorum della
Compagnia di Gesù che per tutte le scuole dell’Europa, laiche e religiose, era stata modello per
lungo tempo.
Il Regolamento disciplinare per le scuole
popolari del 1882 ammonisce:
[…] - Fanciulli, abbiate sempre pronte ed
in buon ordine le vostre cose di scuola. Non
portate in iscuola cose estranee. Comparite
in iscuola sempre netti e puliti nella persona e
nelle vesti. Prima di entrare nella scuola provvedete a vostri bisogni corporali. Mancando
da scuola, al primo vostro ricomparire portate
la giustificazione in iscritto. Sì nell’andata che
nel ritorno non fermatevi per le vie, e conservate un contegno savio e modesto, come si
conviene a fanciulli ben educati. Per istrada,
incontrando Superiori e Maestri, salutateli con
buon garbo [...]. - Entrate con compostezza
nella scuola. Appena entrati, riverite il Sig.
Maestro; appendete il mantello e cappello al
luogo destinato; sedete in perfetto silenzio al
vostro posto, e ripassate le vostre lezioni. Durante la lezione sia il vostro contegno quieto
e tranquillo; siate attenti a quanto insegna
il Sig. Maestro. [...] - Quando siete condotti
ad ascoltare la S. Messa, entrate in Chiesa
compostamente, prendete l’acqua benedetta,
fate la riverenza, inginocchiatevi nel banco
assegnatovi e recitate un Ave; indi sedete fino
che il Sacerdote sale l’altare [...].
Nel Regolamento non si parla esplicitamente di
punizioni; negli anni successivi, pubblicate dalle
diverse riviste pedagogiche del territorio tra le
valli dell’Inn e dell’Adige (il “Didascalico” ad
esempio o il “Parvulus”) appaiono alcune proposte al fine di limitare le punizioni corporali e
quelle che “offendono troppo il senso dell’onore”. Nel “Parvulus” del 20 ottobre 1889 si legge:
“Ecco quali sono i castighi convenienti da adottarsi: ammonizione, redarguizione, il far stare
in piedi, il far uscire dalla panca nella fila della
medesima, o fuori dalla fila, il trattenere nella
classe sotto opportuna sorveglianza (avvertendone possibilmente i genitori), il citare davanti alla
A
conferenza dei maestri, (e nelle scuole di una sola
classe davanti al preside dell’autorità scolastica
locale) e finalmente l’esclusione temporaria dalla scuola”. I regolamenti delle scuole superiori
descrivono il comportamento da tenersi a scuola
e fuori di scuola, le occupazioni domestiche e la
frequenza agli “esercizi di culto”.
B
A. D. Ramponi, Scena di vita scolastica, Bologna, Biblioteca Comunale dell’Archiginnasio, disegno, inizi XIX secolo.
B. Il maestro di scuola picchia uno scolaro, Vienna, Österreichische
Nationalbibliothek, disegno a penna, fine del XV secolo.
C. Scene di vita scolastica, Vienna, Historisches Museum der Stadt
Wien, olio su tela, 1750 circa, particolare.
storiae
73
C
secondo le circostanze in una sfavorevole nota
nella condotta. L’arresto sarà sempre accompagnato da un lavoro letterario, cui prescriverà
il professore che propose il castigo, né potrà
infliggersi più di due volte né durare più di
16 ore in tutto, non eccedendo le 8 ore in una
giornata. Durante il castigo verrà visitato dal
relativo professore. d) Nell’esclusione da uno
o da tutti i ginnasii, ovvero anche da tutti gli
Istituti d istruzione della Monarchia.
Le Leggi Disciplinari per l’Imperial Regia Scuola
Reale Superiore Elisabettina di Rovereto, stampate nel 1887, affermano:
Il Comportamento degli Scolari
- Nella scuola. […] È vietato assolutamente
d’entrare nell’Istituto con bastoni, mustacchi,
lunghe barbe ecc. e d’ostentare per istrada
novità e singolarità sia ne’ vestiti sia nell’esteriore della persona. Gli scolari entreranno in
iscuola a capo scoperto, occuperanno il posto
loro destinato, e, raccogliendosi per l’imminente istruzione, attenderanno in silenzio il
professore, al comparire del quale tutti sorgeranno in piedi, rimanendo così fino a che
sia loro dato il cenno del sedersi. Faranno
la stessa cosa al dipartirsi del professore o
qualvolta entrasse od uscisse altro qualsiasi
Superiore. [...] eviteranno rigorosamente distrazioni, apparecchio alle lezioni successive,
agitazione della persona, e tutto ciò che può
riuscire alla scuola mottivo di dissipazione
e di disturbo [...]. - Culto divino È dovere
di ogni Scolaro d’intervenire alle Solennità
ecclesiastiche dell’apertura e della chiusura
dell’anno scolastico, alla solenne processione
del Corpus Domini, agli Esercizii spirituali,
ed a tutte le altre pratiche religiose che sono
prescritte nel Ginnasio [...]. - Ammonizioni e
Castighi. Ammonizione ha luogo contro alle
prime contravvenzioni disciplinari, a quattro
occhi, fatta da’ singoli professori, ed in caso
di inefficacia colle seguenti gradazioni: a) In
iscuola alla presenza de’ condiscepoli; b) coll’annotazione nel libro di classe e ciò pel ginnasio inferiore; c) colla riprensione per parte
del Capo-classe alla presenza de’ condiscepoli;
d) finalmente per parte del Direttore privatamente e poi pubblicamente in iscuola. Castighi
si infliggeranno contro le gravi trasgressioni
disciplinari, contro ai riottosi ed ai recidivi Consistono essi: a) Nel trattenere in iscuola lo
scolaro perché ripari alla negligenza domestica; b) nella solenne riprensione, estesa anche
in iscritto, fatta dal Direttore innanzi all’intero
corpo insegnante o ad una Sezione del Ginnasio; c) nella reclusione od arresto scolastico, e
74 storiae
Disciplina
È vietato l’ingresso a trattorie e caffè senza
l’immediata sorveglianza dei genitori o loro
rappresentanti. Però agli alunni delle tre ultime classi si permetterà l’ingresso a certe
birrerie e caffè che dal Corpo docente saranno
stabiliti, ma resta proibito il trovarvici troppo
a lungo e di frequente; - Gli alunni delle quattro prime classi possono recarsi al teatro solo
in compagnia dei genitori o rappresentanti:
quelli delle tre ultime possono recarvisi anche
soli, ma tutti ne chiederanno ogni volta il permesso al capoclasse; - È vietato il fumare agli
scolari delle quattro prime classi: agli altri è
permesso, purché non lo facciano nel venire
all’istituto o nel partirne. - Viene caldamente
inculcato a tutti di ritirarsi la sera per tempo
alle proprie case; resta poi sempre severamente proibito il trovarsi fuori di casa dopo le ore
otto dal principio dell’anno scolastico fino a
Pasqua, e dopo le ore dieci da Pasqua fino al
termine dell’anno; - Non è permesso il nuoto
se non che in un pubblico bagno debitamente
sorvegliato; - Saranno pure severamente puniti
tutti gli atti triviali, molesti e presuntuosi, come
lo schiamazzare, il deridere e schernire altrui,
ingombrare il passo per le vie, formare crocchi
o assembramento importuni sui crocicchi o
sulle pubbliche piazze.
Moralità
- Non si frequenteranno compagnie dai superiori vietate; - In generale per la lettura privata
degli scolari serve la biblioteca dell’istituto. E
proibito associarsi ad altre biblioteche.Chi legge o presta ad altri libri cattivi verrà castigato
col massimo rigore: quindi prima dimettersi
alla lettura di un libro ognuno sarà obbligato
a prenderne consiglio da persone competenti;
- Ogni parola oscena od anche semplicemente
disonesta, ogni motto, ogni scherzo inverecondo, ogni ira e rancore contro un condiscepolo
saranno severamente puniti.
I regolamenti vengono applicati con rigore e se
ne trovano tracce nei registri delle punizioni fino
alla prima metà del XX secolo. (mc)
Scheda 15
I giornalini scolastici in Alto Adige tra il 1924 e il 1945
I giornalini per le scuole in Alto Adige hanno una
storia segnata dall’italianizzazione forzata delle
scuole sudtirolesi ad opera del fascismo. Dopo
la creazione della Provincia di Bolzano (1927)
la segreteria provinciale di Bolzano dell’Associazione Nazionale Insegnanti Fascisti (ANIF) avviò
la pubblicazione del quindicinale “Il Balilla dell’Alto Adige”. In tutto il Regno d’Italia Mussolini
aveva incentivato la pubblicazione di giornalini
scolastici dedicati alla figura del Balilla, ma in
Alto Adige accanto alla diffusione dell’ideologia
del fascismo il quindicinale doveva “continuare
nell’ambito familiare l’educazione italiana del
fanciullo”. La rivista era articolata in due parti: le
prime quattro pagine contenevano scritti di insegnanti su argomenti di attualità, tesi a migliorare
“l’educazione nazionale, religiosa e fascista della
gioventù”. La seconda parte conteneva alcuni
testi prodotti nelle scuole
di ogni località dell’Alto
Adige che testimoniavano
“la collaborazione degli
scolari”. Venivano scelti
dall’Ispettore Dal Piaz e
dai suoi collaboratori ed
erano dedicati agli avvenimenti locali, alle iniziative
delle varie classi, ai diari
personali dei bambini e
delle bambine, ai componimenti mensili, agli studi
degli alunni, ai compiti di osservazioni ed
esperimenti, ai resoconti di lezioni, alla
corrispondenza interscolastica, agli studi
d’ambiente (folklore), ai saggi di bella
scrittura e disegno ornamentale, ai corsi
di avviamento al lavoro, alle occupazioni
intellettuali e ricreative, ai passatempi,
alle “storie senza parole” (una sequenza
narrativa di disegni senza testi). Ogni fascicolo conteneva in appendice un breve
testo teatrale a puntate, scritto dal maestro Cumer. Nonostante che l’ideologia
permeasse la pubblicazione, emergono
dalle pagine scritte dai bambini alcune
impressioni dell’epoca, delle tradizioni
e degli ambienti, alcune emozioni che
riuscivano a trovare espressione anche in
una lingua così estranea ai piccoli sudtirolesi, soprattutto a coloro che vivevano
nelle valli ed avevano la consuetudine
dell’uso quasi esclusivo del dialetto locale. L’esperienza de “Il Balilla dell’Alto
Adige” si chiude nel 1931 e rappresenta
comunque un documento importante
per la storia della scuola locale. Nel dopoguerra saranno molti i fogli volanti
e le piccole pubblicazioni che le classi
produrranno all’insegna di una scuola capace di
essere parte attiva nel territorio.
Dopo l’italianizzazione delle scuole in Alto
Adige a partire dall’ottobre 1923 la popolazione
di lingua tedesca si organizza per attivare le cosiddette Notschulen (scuole d’emergenza), chia-
storiae
75
mate anche Katakombenschulen, subito vietate e
perseguitate dalle autorità fasciste. “Der kleine
Postillon” nasce, su iniziativa del canonico Gamper, fondatore delle Notschulen, il 3 maggio 1924
per garantire ai bambini sudtirolesi la possibilità
di usare e di leggere ancora la lingua materna. Il
giornalino venne pubblicato ininterrottamente
fino al 26 ottobre 1941 anche se vi furono molti
tentativi da parte delle autorità fasciste di impedirne la pubblicazione. Però il “Postillon”, edito
dalla casa editrice cattolica e antinazista “Athesia”, inquietava probabilmente anche i circoli
nazisti germanici e quelli degli optanti. A Maria
Nicolussi (nata a Trento nel 1882 e morta a Bolzano nel 1961) si deve la grande diffusione del
giornalino: insegnante allontanata dalla scuola
per motivi politici divenne punto di riferimento
per le Katakombenschulen e anima dell’unico
giornalino in lingua tedesca destinato ai bambini
del Südtirolo, usato spesso dalle insegnanti delle
scuole clandestine in lingua tedesca come prezioso sussidio didattico. Il “Postillon” attingeva
probabilmente alla tradizione della pubblicistica
cattolica austriaca che fino all’Anschluss (Annessione dell’Austria al Terzo Reich nel 1938) diffondeva la “Jugendrotkreuz-Zeitschrift”, rivista
giovanile della Croce Rossa austriaca, chiusa poi
dai nazisti. (mc)
Dalla “Cronaca della scuola” della maestra
Alessandra Eccher Trentini, Brunico, I B
anno scolastico 1939-40
15 aprile
I tre bambini abbonati al “Ballilla” hanno ricevuto per la prima
volta il giornalino e sono tutti felici. Sembra loro d’essere diventati
dei personaggi importanti! Lo hanno portato a scuola per farlo vedere
ai compagni ed hanno visto che c’è pure pubblicata una bella pagina
intera su Brunico coi lavori dei bambini di V e IV classe!
76 storiae
Scheda 16
Fotografie di scuola
Le immagini provengono dall’archivio fotografico del Museo della Scuola-Schulmuseum della
Città di Bolzano che ha raccolto e riprodotto nel
corso dell’ultimo decennio, grazie all’accurato lavoro di Alessandro Campaner, più di 700
fotografie offerte da privati o fornite dagli enti
pubblici. Attraverso le sequenze fotografiche
possiamo ricostruire il quadro storico generale di
permanenze e mutamenti che hanno caratterizzato
i primi cinquant’anni del XX secolo: lo sguardo
del fotografo ha fissato sulle lastre e sulle pellicole i segni del mutamento nei modi di vivere, nel
modo di considerare e di immaginare la scuola,
l’infanzia e l’educazione, nei modi con cui si è
trasformato il rapporto tra le diverse generazioni
ed il diverso ruolo sociale assunto nel corso di
mezzo secolo dalla istruzione, dall’educazione e
dalla formazione delle nuove generazioni.
Nella prima metà del Novecento sono rapidamente mutate le condizioni sociali e politiche
del territorio tra le valli dell’Inn e dell’Adige
e le situazioni materiali di vita; le guerre, poi,
hanno modificato i confini, le lingue ufficiali,
l’organizzazione sociale e politica, la “lingua dei
sentimenti e delle emozioni”.
Le fotografie conservano le tracce di questi cambiamenti: le grandi differenze sociali tra città e
campagna emergono dagli abiti delle scolare e
degli scolari, dalle scarpe, dagli scarponi chiodati
o dai piedi nudi, dai grembiuli delle bambine e
dai cappelli dei bambini, ma anche dal tipo di
edificio, dalle pettinature e dall’abbigliamento
degli insegnanti. Poi lo sguardo scorre lungo
l’asse del tempo per cogliere ancora: cappelli
da uomini su volti di bambino, volti da bambino
su corpi già provati dalla fatica dei campi, piedi
scalzi accanto a scarponi chiodati. Le ideologie,
stampate sui muri (fucile e moschetto, bandiere e
monumenti) si scontrano sui libri di testo e sulle
foto ricordo. Chiare appaiono le differenze sociali
e quelle tra il mondo rurale e cittadino. Le ragazze
B
nelle fotografie sono spesso ritratte come giovani
donne pronte per una vita da trascorrere accanto
al focolare: indossano il grembiule o il costume
tradizionale delle contadine. La gioia dei bambini
è comunque la stessa di ieri e di oggi: giocare e
scherzare appena fuori di scuola....
Ma non solo: lo sguardo sulle fotografie che spuntano da un cassetto e che suscitano la curiosità
dei più piccoli e la tenerezza di chi si riconosce
in quei volti infantili ci permette di riannodare i
fili della memoria, della narrazione e della comunicazione intergenerazionale di cui oggi abbiamo
sempre più bisogno. (mc)
C
A
A. Lezione di ginnastica, Brunico, primi del Novecento.
B. Scuola elementare “Kaiser Franz Joseph” - Classe II A, Bolzano,
1908-1909.
C. Classe II, Scuola elementare, Barbiano, 1905.
D. Scuola elementare in lingua italiana, Trento, 1908 circa.
E. Städtische Höhere Töchterschule, II corso, Innsbruck, 1903.
F. “R. Scuola Tecnica industriale e d’arte”, Bolzano.
G. Classe femminile, Scuola elementare, Coldrano, 1939.
H. Classe II maschile, Scuola elementare, Lana, 1939.
I. Istituto magistrale di lingua tedesca, Merano, 1956-57.
L. Scuola media in lingua italiana, festa degli alberi, Dobbiaco
1967-68.
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D
G
E
H
F
I
L
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78 storiae
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