Le beatitudini di Don Esterino
Beato l’uomo che...
Sa ridere di se stesso: non finirà mai di divertirsi.
Sa riposare e dormire: diverrà saggio.
Sa ascoltare e tacere: imparerà cose nuove.
Sa distinguere una montagna da un ciottolo: eviterà tanti fastidi.
Sa apprezzare un sorrìso e dimenticare uno sgarbo: avrà un cammino pieno di sole.
Sa pensare prima di agire e sa pregare prima di pensare: eviterà tante stupidaggini.
(Don Esterino Bosco, nostro caro amico, è andato in Paradiso nel 2008)
LA CITTA' SUL MONTE
WEB site INTERNET della CITTA' SUL MONTE:
http://www
.lacittasulmonte
.it
http://www.lacittasulmonte
.lacittasulmonte.it
Anno X
IX
9
XIX
IX-- num. 4 - Aprile 200
2009
Edizione unificata
TIPOGRAFIA PARENA
Mombello di Torino
pag. 16
Riceviamo dalla
Commissione Europea!
Caro Pentepostino,
Come vanno le cose alla
CSM? La cornacchia é sempre lì che starnazza? Ti scrivo da Bruxelles, dove mi trovo per uno stage alla Commissione Europea, fino a Luglio.
Tutte le mattine esco verso le otto e un quarto per andare al lavoro, ed é sicuramente il momento più bello
della giornata: il quartiere d’Ixelles é pieno di bimbi di
tutti i colori di pelle possibili che vanno a scuola. É il
mio primo assaggio quotidiano di questa città, che mi
ricorda ovunque io vada che qui si concentrano davvero tutte le nazioni del continente e del mondo. Arrivo in
ufficio e comincio a lavorare, nella direzione generale
affari marittimi e pesca. Quando sono arrivata, tutti commentavano sul fatto che, essendo italiana, dovevo essere davvero informata in materia, e aver vissuto in prima persona quello di cui mi sarei occupata: ho aspettato una settimana prima di deluderli dicendo che in effetti, a Torino… “qui non c’é il mare!”, come cantavamo
a Crissolo quest’estate.
Quando esco la sera, mi avanza sempre un po’ di tempo per fare qualche giretto prima di cena: non ci sono
moltissimi monumenti storici, se escludiamo il cuore
della città con la Grande Place, e così vado a scoprire
tutti gli edifici delle istituzioni EU, giusto ieri mi trovavo
al Parlamento Europeo. La maggior parte di questi edifici é nuovissima, e si tratta di veri capolavori architettonici! Lì davanti, in Place de Luxembourg, c’é anche
uno dei ritrovi più amati da noi stagisti per il dopolavoro: siamo tantissimi, per fortuna tra tutti i locali della
piazza si riesce sempre a trovare un posto per sedersi!
Ecco, gli stagisti, ma che bella invenzione: ho già incontrato persone meravigliose, davvero, e che
conto di conoscere sempre di più
in questi mesi. Per esempio, Lucia che è spagnola, e Marie, francese, sono le prime due persone
che ho incontrato il primo giorno
davanti alla commissione: che ci
fanno una spagnola, una francese e un’italiana che parlano inglese davanti alla commissione?
Sembra l’inizio di una barzelletta,
e invece spero sia l’inizio di una bella amicizia. E poi
mille altri, Lola, di Milano, e infatti noi italiani siamo la
maggioranza, poi francesi, tedeschi, tantissime persone dai paesi nordici (che non riesco mai a distinguere,
ahimè), e poi Alex, che é rumeno e mi racconta che
anche da loro fanno i campi estivi coi ragazzi, Alejandro e tutti gli altri: insomma, quando ci si ritrova, é sempre una festa!
poi smette, ricomincia, e
l’ombrello non ti serve,
perché non riesce a ripararti dal vento, che qui
arriva direttamente dal
mare, e a volte é così forte da romperlo, l’ombrello. Dunque, cappello e giacca impermeabile (chissà se li indosserò anche a luglio?)!
Prendo Messa vicino a casa, in una chiesa molto moderna che non riconosceresti dal di fuori, schiacciata in
mezzo ad altre costruzioni, case e negozi, rigorosamen-
te tutti senza balconi, si sono dimenticati di costruirli,
da queste parti, e ho ritrovato la bella abitudine del segno della pace prolungato: si porgono entrambe le mani, come in Francia, e anche la frase
che si dice: “La paix du Christ soit avec toi” (la
pace di Cristo sia con te) pretende del tempo
per essere pronunciata e ascoltata, trasformando il gesto in un dialogo sincero.
Anche quando piove, e qui piove più o meno tutti i giorni, ma in un modo strano: pioviggina per venti minuti,
pag. 15
Beh, credo che per il momento sia tutto, magari il resto te lo racconto sul sito, d’accordo?
Saluta la cornacchia, e tutti gli amici di lassù. A
proposito, posso ringraziarli tutti attraverso
questa lettera? Continuano a tenermi al corrente di quello che riguarda la nostra CSM anche da lontano: GRAZIE!
Cacio
"
Vi ricor
diamo
ricordiamo
l'indirizzo :
PentePostino
C.so Vinzaglio 12bis
10121 TORINO
oppure
[email protected]
UNITÀ E BENE, SEGNI DI DIO (di Helder Camara)
Helder Pessoa Camara nacque a Fortaleza, nel Nordest brasiliano il 7 febbraio 1909 e morì a Recife il 27
agosto 1999, dove fu vescovo per oltre vent’anni. Il Sunday Times lo definì: “l’uomo più influente dell’America
Latina dopo Fidel Castro”. Grande pastore, uomo di profonda fede, aperto alle esigenze della povera gente, ebbe
un giorno a dire di sé: “Quando do da mangiare a un povero tutti mi chiamano santo, quando chiedo perché i
poveri non hanno cibo, allora tutti mi chiamano comunista”. Amico del Cardinale Michele Pellegrino, fu suo
ospite nella nostra città. Memorabile, in quell’occasione, il suo incontro con migliaia di giovani torinesi al Palazzetto dello Sport. Riportiamo qui, in occasione del centenario della sua nascita, alcune sue riflessioni ricavate dal
volume intitolato: ROMA, DUE DEL MATTINO, edizioni San Paolo, 2008.
È necessario
vino
necessario,, con l’aiuto di
divino
vino,, vivere al servizio
dell’unità, esserne innamorati, essere suoi servi, suoi
apostoli, suoi profeti e suoi martiri. Ecco quindi, negli
ambienti di vita o di lavoro nei quali Dio ci fa muovere:
- la necessità di non dire nulla o di non fare nulla
che serva la causa della disunione, che promuova intrighi, provochi sfiducia o freddezza;
- l’attenzione a non lasciarsi trascinare dal Padre
della perfidia e dai suoi messaggeri, a volte persone
virtuose e buoni amici usati dal Maledetto;
- la gioia di risolvere i litigi, di promuovere l’unione, di portare a scoprire il lato buono delle creature, di
servire il dialogo.
Dio è carità, è amor
amoree. Chi ama e per amore fa il
bene, diffonde Dio intorno a sé.
Chi pratica il bene in questa vita, per quanto possa
considerarsi distante da Dio, nell’altra vita avrà la sorpresa di sapere che sulla terra ha avuto a che fare con
Cristo stesso il quale, in nome del Padre, gli aprirà le
porte del cielo.
Per essere completo, il bene
deve nascere dalle viscere della
bontà. E per manifestarsi non ha
bisogno di grandi imprese: uno
sguardo, un sorriso, un gesto possono rappresentare un bene immenso.
La faccia del mondo sarà trasformata quando fra gli uomini
ci saranno dodici cuori assolutamente impregnati d’amore, incapaci non solo di odio, ma di qualsiasi diffidenza, freddezza o risentimento.
Il bene deve essere praticato
non in modo esibizionista o nell’aspettativa di una ricompensa,
ma alla maniera di chi loda Dio e
distribuisce con gioia la bontà che il Signore gli ha
messo nel cuore.
È necessario accogliere con gioia il bene che ci viene fatto; avere la semplicità di riceverlo e la fiducia e il
buon gusto di cercare di corrispondergli.
Di fronte al male fisico, è ingenuo tentare di dare
spiegazioni che non partano dall’accettazione del mistero. Se Dio permette le infermità, a volte incredibili,
o disastri e catastrofi:
- non facciamoci amici di Giobbe, ma nemmeno
arrischiamoci in consolazioni che irritano più che consolare;
- una presenza silenziosa e fraterna, un aiuto opportuno e discreto, spesso è l’unica interferenza possibile nei momenti più gravi;
- passata la crisi più acuta, a volte è possibile ricordare che, nonostante le apparenze dicano il contrario,
Dio esiste ed è Padre, e sa trarre il bene dal male.
Di fronte alla cattiveria, lasciamo a Dio il difficile
compito di giudicarla. Il giudizio sugli atti umani è
realmente impossibile per noi. Da parte nostra, facciamo di tutto per non giudicare, per non portare rancore e persino per ripagare con il bene il male che ci è
stato fatto.
pag. 14
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servizio
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effettuati
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manutenzione, che
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dell’intera coper
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Comune.. I
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vori sono urg
entissimi, a causa delle infiltrazioni d’acqua.
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urgentissimi,
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Se non riuscissimo a pr
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costretta
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emo ad eevitarlo?
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Riusciremo
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conto bancario intestato
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“Associazione La Città sul Monte”
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gliana 7/74 - 10138 Torino
Via
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IBAN
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GRAZIE!
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hin
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A CRISSOLO
IL TETTO ... PIANGE!
FORZA RAGAZZI,
INCOMINCIA
l' "OPERAZIONE TETTO"!
Don Alber
to è già
Alberto
in tour
née
tournée
per racco
glier
ondi!
raccog
lieree ffondi!
(sul sito le date del tour)
pag. 13
(anche litigando) con qualcuno che sia interessato a
loro e li accosti non solo per essere popolare o considerato. Desiderano qualcuno che si arrabbi anche, che
discuta (pur acerbamente), qualcuno in grado di dimostrare che la sua forza nasce dalla passione del magistero educativo, inteso nel senso più alto.
In questo contesto gli spazi per educatori autentici,
non semplicemente affascinanti, è amplissimo.
E l’autenticità nasce dall’esser
dall’esseree. Esser
Esseree innanzi
tutto: mai come oggi i ragazzi chiedono agli educatori
coerenza. Li seguono solo se sono ciò che chiedono loro.
Insomma non possiamo più dare per scontato niente.
Il retroterra culturale, morale e spirituale si è ridotto
all’osso. Bisogna ricostruire questo terreno con una lotta
impervia, impari e spesso inefficace. Ma bisogna ripartire di lì, da un terreno vergine su cui seminare
per una nuova stagione.
Alber
to Arato
Alberto
Chi volesse approfondire il discorso, può farlo riferendosi a questa bibliografia essenziale:
Neil Postman, Technopoly, Bollati Boringhieri; Bauman
Zygmunt, Vita liquida, Laterza
"...Istantaneità"
"...Liquidità"
TOGO : LA CITE' DE LA LLUMIERE
UMIERE
Alleluia!
minar
Siamo finalmente riusciti a mandar
uto per ter
contributo
terminar
minaree
mandaree l’ultimo contrib
l’opera della Cité de la Lumièr
e!
Lumière!
Con gli ultimi 2500 euro inviati, abbiamo così completata la nostra missione iniziata nel lontano 2003.
o.
Il nostro contributo è stato complessivamente di 72.504 eur
euro
Ora attendiamo le foto delle case e delle diverse strutture realizzate e speriamo di vederle arricchite da tanti visetti sorridenti. Ve ne regaleremo qualcuna nel sito della Città sul Monte e nelle pagine dei prossimi numeri del nostro giornalino.
Dobbiamo anche ricordare Padre Giovanni Gobbi che ci aiutò in un momento di difficoltà e che è
mancato lo scorso novembre. Mentre riconoscenti
preghiamo per lui, gli chiediamo che protegga dalRaccolta fondi per il Togo
l’alto questa opera educativa. E, con lui e come lui,
Totale precedente
anche noi possiamo ancora, con la nostra preghiera,
offerte euro
72.089 aiutare nella loro formazione i ragazzi togolesi, dopo
averli aiutati nella costruzione dei muri della loro
Partecipanti alle "Quattro giorni
Cité.
215
invernali"
Cercheremo di essere presenti alla inaugurazioPartecipanti al ritiro "1525"
ne ufficiale, o di far loro visita in qualcuna delle fu50
di novembre
ture sei giorni che organizzeranno.
150
F. B. per Serena
Un ggrazie
razie riconoscente
riconoscente,, di cuor
cuoree, a tutti quanti
hanno contrib
uito ad accender
UMIÈRE DE
contribuito
accenderee la LLUMIÈRE
euro
72.504
L
A
CITÉ!
Totale finale
3
Giorg
etti
Giorgetti
pag. 12
l’incoscienza quando devono fare delle scelte importanti (scelte sempre provvisorie, mai definitive); sguazzano entro un sincretismo etico che ha come effetto un
metro di valutazione basato su un esteriore politicamente corretto spesso senza radici e motivazioni.
Terzo scenario: indi
vidualità estranea
individualità
Il percorso che parte dall’istante e che passa attraverso la liquidità personale e sociale sfocia in un’idea
tutta particolare di individuo che alimenta (e spesso
nasconde) un disagio profondissimo di motivazione esistenziale: l’individuo estraneo.
L’indizio più sconfortante di questa mentalità è l’idea
di spazio collettivo che è venuta maturando pian piano
nell’ultimo scorcio del secolo scorso. Quando all’idea
uttura
di comunità sociale si è sostituita l’idea di str
struttura
sociale (così delineata da Postman) ecco che lo spazio
collettivo è passato da spazio di tutti a spazio di nessuno. Vince la struttura sull’individuo, quindi la struttura gestisca ciò che è di tutti. Il pericolo insito in questa
visione è la deresponsabilizzazione, perché si delega
sempre ad altri il potere di agire sulle azioni necessarie per la conservazione dell’equilibrio sociale. Se io
vedo qualcuno che distrugge un segnale stradale, penso che sia la polizia che debba intervenire. La pulizia
di un luogo pubblico è delegata agli spazzini (o agli
operatori scolastici nella scuola) perché quello è il loro
compito.
L’individuo si chiude sempre di più entro un’idea
del proprio agire sociale che funziona più o meno così:
è sufficiente cche
he io non faccia nulla di male
esto
male,, il rresto
mi è estraneo. Ma vivere in comunità non è questo.
Vivere in comunità significa curarsi degli altri nel bene
e nel male. Quando qualcuno assume un atteggiamento sbagliato il responsabile non è mai solo l’individuo
che sbaglia. Il riflesso di questa azione negativa ricade
su tutto il tessuto sociale. I nostri ragazzi, intrisi di questa mentalità, tendono dunque a fuggire tutto ciò che è
‘collettivo’ perché hanno l’angoscia di non poterlo controllare: rifiutano l’elaborazione comune dei concetti,
non riescono più a lavorare insieme per raggiungere
un risultato e faticano a stabilire e a sviluppare relazioni durature. Tendono all’egocentrismo e a scaricare sugli altri la causa di ogni negatività. Provocano un
aumento quasi insostenibile di aggressività nei contesti sociali che, nel migliore dei casi si risolve in un ipercinetismo frenetico; nel peggiore, in un bullismo cogente e mortificante.
Educazione ed educatori
In questo contesto è ancora possibile allora educare? Lo è più che mai. Anzi vorrei dire che è indispensabile, urgente, irrinunciabile educare. Anche perché
2
dietro queste negatività ci sono, (spesso celate e non
comprese) moltissime istanze positive che contraddistinguono i nostri ragazzi. Varcata appena la soglia della
recita stanca di ruoli prefigurati (e questo è l’aspetto
più complesso dell’opera educativa, quello di aiutare i
ragazzi a varcare tale soglia) ecco apparire il desiderio
ardente di mettersi in gioco, di provarsi, di cambiare
le cose, di essere più veri: tutti elementi che appartengono all’autenticità del crescere e che sono ancora ben
presenti sotto le ceneri di una generazione scottata dall’illusione dell’onnipotenza consumistica.
Si intravede dunque un percorso educativo delinearsi tra queste luci ed ombre che parte dalla concezione originaria della parola e-ducere: tirare qualcuno
(qualcosa) fuori da una realtà che è tutta implosa in
un vortice autotrofo fatto di solitudine e disorientamento.
Educare contenendo anzitutto. Una delle domande
che (tra le righe) emergono più spesso dai ragazzi è la
necessità di paletti, di soglie da non oltrepassare. Il contenimento implica naturalmente la lotta, ma i no forti
e chiari sono indispensabili per crescere.
ospetti
va pr
ogettuale posEducare per dare una pr
prospetti
ospettiv
pro
sibilmente condivisa e discussa con altri.
Educare per disintossicar
disintossicaree dal politicamente corretto che spesso è menzogna piena di ipocrisia. Questa
generazione chiede verità perché molti raccontano fandonie spacciandole per tolleranza, per apertura e per
superiorità etica.
intelli
genza
Infine educare all’intelli
intellig
enza: i nostri ragazzi sono
intelligenti (anche se diversi da noi) e chiedono intelligenza: troppo spesso viene offerta loro stupidità concentrata.
Tutto questo va fatto con passione e amore: i ragazzi ne hanno bisogno perché vogliono poter interagire
pag. 11
(continua a pa
g.12)
pag
1
Alberto Arato è un vecchio amico ed è il papà di tre ragazzi che frequentano la
Città sul Monte. Professore di lettere nella scuola media e studioso di problemi
educativi, ci regala un po’ della sua esperienza in questo articolo che è anche la
sintesi delle proposte fatte ai pentecucia nel ritiro di preparazione al loro prossimo
servizio estivo.
Non spaventino il lettore alcune espressioni impegnative, definite “paroloni”
dalla sua primogenita, figlia d’arte e dunque anche lei pentecucia. Alberto è carico
di una tale passione per i ragazzi da render tutto molto comprensibile e soprattutto
arricchente. Leggere con calma per convincersene!
I ragazzi istantanei
Immersi in una solitudine che assomiglia sempre di
più al solipsismo; vellicati da una cultura che pencola
pericolosamente verso il nulla inteso come superficialità assoluta e appiattimento sul qui ed ora, senza profondità storica o interiorizzazione; liquidi come i modelli che ammirano, dalle veline agli “amici” di defilippiana sembianza; sedotti dall’illusione di una cultura deresponsabilizzata (deresponsabilizzante?) e individualistica; quale ritratto possiamo dare dei ragazzi
che incontriamo in classe, in oratorio (quando ci vanno) o nei gruppi che a vario titolo li aggregano ancora? E soprattutto in che cosa possiamo loro essere d’aiuto in quanto educatori? Quali richieste ci fanno e come
possiamo noi soddisfarle?
Gli scenari
A me sembra che con tutti i distinguo del caso e senza troppe
generalizzazioni, le caratteristiche dei ragazzi di oggi si raccolgano intorno a tre scenari di tendenza di cui bisogna tenere conto per progettare itinerari formativi che abbiano qualche speranza di efficacia.
Primo scenario: istantaneità
L’istantaneità è la caratteristica dominante di una
buona parte dei nostri ragazzi. È una sorta di presenza
che limita la coscienza all’attimo stesso della percezione. Io sono qui ed ora: tutto quello che viene prima e
tutto quello che viene dopo mi sono estranei. L’istante
che si vive è l’unico momento determinante esperibile.
Il passato non conta, il futuro è troppo lontano e incerto, il presente è noioso e ancora troppo lungo.
L’istantaneità dura lo spazio di uno spot pubblicitario
(30 secondi circa) e viene riempita di emozioni subitanee, forti e repentine. Quando la tensione viene meno,
parte la fuga e la testa se ne va. Moltissimi ragazzi sono
dunque perennemente assenti, estranei, distanti: si risvegliano per 30 secondi appunto, quando c’è qualcosa che li cattura e li affascina, poi ripiombano in uno
spazio neutro che riempiono di virtualità: i-pod (colonna sonora virtuale); videogioco (esperienza di formazione virtuale); Messenger (esperienza di comunicazione virtuale) e via così. Entro questo spazio affogano la mente che emerge, intelligente, per 30 secondi
di quando in quando: intuizioni brillanti, ma niente
più che intuizioni; flash su strutture di conoscenza
amplissime (inerti, per lo più) ma paurosamente disordinate; valutazioni etiche molto ipertestuali, quindi
sincretistiche e concilianti, dove l’eterarchia valoriale
tende a mettere ogni cosa sullo stesso piano per evitare
di assegnare priorità che non possono e non devono
essere assegnate.
Secondo scenario: liquidità
Sulla scia di una visione del mondo e della vita così appiattita, il secondo scenario che definisce meglio
le personalità giovanili odierne è appunto quello della liquidità secondo
la celebre definizione datane da Zygmunt Bauman. La tesi di Bauman è
che la trasformazione degli individui
da produttori a consumatori, (il fenomeno sociale più evidente che ha
caratterizzato gli ultimi decenni della nostra epoca), genera uno smantellamento dell’individuo in quanto espressione ‘personale’. In altre parole la necessità di doversi adattare costantemente alle
attitudini di un gruppo ‘umanità’ sempre più vasto che
funziona con le stesse leggi dappertutto (orientamento
globale al consumo, divenire carne da consumo) estrania l’uomo e costruisce in lui un sistema di credenze e
di conoscenza simile a un liquido che si adatta perfettamente al contenitore che lo capisce. I nostri tecnoager assumono le coloriture etiche che passano surrettiziamente attraverso gli atteggiamenti posti in bella
evidenza sulla scena mediatica, interiorizzano acriticamente un rapportarsi sociale basato su un’aggressività rabbiosa, tutta tesa al primato senza sforzo; accettano una liquidità progettuale personale che rasenta
pag. 10
LA CITTA' SUL MONTE
CALENDARIO ESTATE 2009
12 -18 giugno:
prima e seconda media
19 -25 giugno: prima e seconda media
26 giugno -2 luglio: prima e seconda sup.
3 - 9 luglio:
terza media
10 - 16 luglio:
prima, seconda e terza media
17 - 23 luglio:
prima, seconda e terza sup.
24 - 30 luglio: quarta e quinta sup., 20-25enni
pag. 9
Ti sei
riconosciuto
in queste ffoto?
oto?
No?
La pr
ossima
prossima
volta
tocc
herà a te!
toccherà
pag. 8
IL SEGRETO DELLA FRATERNITA'
Il pomeriggio del 7 marzo, non appena arrivata
a Crissolo, ho pensato: “Finalmente, di nuovo qua!”
In giro c’erano facce conosciute, ma anche molte
nuove. Nonostante le tante assenze, noi ragazzi lassù eravamo numerosi. Ci hanno divisi in biennio,
triennio e over 19, per farci riflettere e discutere
su un tema tanto importante quanto difficile: il segreto per vivere insieme la nostra vita in comunità. Qualcuno potrebbe pensare che noi viviamo
singolarmente, che la comunità è una realtà estranea e lontana. Si sbaglia. Ognuno di noi, che se ne
renda conto o meno, fa parte di piccole e grandi
comunità, a partire dalla famiglia, dalla scuola, dall’oratorio. Non tutti, però, si trovano bene dove
stanno e succede spesso che ci siano attriti. Che
fare, allora? Due cose sono fondamentali. La prima è essere se stessi, senza indossare maschere o
trasformarsi solo per piacere agli altri. Certo, abbiamo dei limiti, e se vogliamo alcuni possiamo superarli e migliorarli, sia da soli, sia partendo dai
consigli e dalle critiche: anche in una parola maligna pronunciata da chi ci ha in antipatia si cela
un fondo di verità. La seconda è accettare gli altri
per quello che sono, non per quello che vorremmo che fossero: non si devono forzare a cambiare
per soddisfare i nostri desideri. Tuttavia, pur senza imporre la propria volontà, non bisogna rimanere passivi aspettando che siano gli altri a fare il
lavoro al posto nostro. Nessuno può rimanere a
guardare, né per sua scelta né rimanendo escluso,
ma tutti devono mettersi in gioco, con pazienza,
fiducia, capacità di perdonare e di operare per il
bene, non solo
il proprio, ma
anche e soprattutto quello comune. È
difficile farlo,
ma il vivere in
una comunità
riguarda noi in
prima persona, e se non ci sforziamo noi, chi ci
aspettiamo che ci sostituisca?
Domenica pomeriggio, dopo aver rivisto amici
di vecchia data, aver conosciuto persone nuove,
aver avuto incontri inaspettati, siamo ritornati alle
nostre case. Qualcuno, io per prima, sarebbe voluto restare ancora in quel luogo “magico” dove
vivere in comunità è
più semplice. Tuttavia, a noi tocca vivere in un luogo e in
tempo determinati,
ed è lì che dobbiamo
cercare di operare al
meglio. Ma abbiamo una carta vincente: possiamo
portare lo spirito
della Città sul Monte a casa con noi, in modo da
renderne partecipi la maggior parte delle persone.
Non dobbiamo custodire gelosamente il “segreto”
del vivere la fraternità; al contrario, dobbiamo diffonderlo nella grande comunità di cui facciamo
parte, quella dei figli di Dio, il Padre che ci ama e
ci insegna che siamo tutti fratelli, senza alcuna distinzione. Non è detto che quello che diremo coglierà il cuore di tutti. Molti, anzi, ci guarderanno
con indifferenza o ci derideranno, ma non possiamo arrenderci solo per questo, perché per qualcun altro - e speriamo che siano in tanti - sarà proprio la nostra parola a fare la differenza.
Chiara di Rubiana
pag. 7
OGNI PERSONA E' UN DONO
I giornali, la TV, internet, non sembrano fare al
giorno d’oggi un bel ritratto dei giovani in genere, e,
soprattutto, del loro modo
di stare insieme. Moltissimi sono gli episodi che i mass media ci raccontano
sui cosiddetti “episodi di
bullismo” e su passatempi giovanili che sembrano sempre di più mettere
in dubbio il rispetto che i
giovani provano nei confronti degli altri ma anche di loro stessi.
Sono capaci di rispettare chi sta loro accanto,
giovani o adulti che siano? Possono divertirsi tenendo gli altri in giusta considerazione o l’unica
maniera è sbeffeggiare, usare la violenza, “sballarsi”? Sono capaci di volersi bene, di stare insieme,
crescendo in gruppi di amici che sappiano divertirsi ma anche riflettere sulla loro amicizia?
Abbiamo cercato di rispondere a queste importanti domande
nel ritiro di
quaresima
svoltosi il 7 e
l’8
marzo
“lassù sul colle”. “Il Segreto della fraternità”: questo il
titolo di una
proposta che,
come al solito, abbiamo adeguato alle diverse età. Il
biennio ha parlato di amicizia, domandandosi chi è
il vero amico e che tipo di amici sono loro. Ma soprattutto abbiamo cercato di confrontare gli episodi dell’attualità con il vangelo.
Il rapporto di Gesù con i dodici apostoli è sicuramente una delle più belle dimostrazioni della sua
umanità. Gesù ha costruito con il suo “gruppo” una
relazione di sincero affetto ma al tempo stesso di
grande libertà, disponibile alla condivisione ma
anche alla critica. Gli apostoli sono stati capaci di
tragici errori, perfino di tradimenti, e in cambio
non hanno avuto giudizi o allontanamenti ma solo
perdono.
Forse è proprio la parola “dono” la più adeguata a definire il rapporto tra persone che cercano di essere amiche tra
di loro: condividono del tempo, dei
sentimenti, delle esperienze, perché
vogliono donarsi gli uni gli altri qualcosa, perché cercano di essere sostegno, felicità, confidenza reciproca.
Alla scuola di chi “ha tanto amato il
mondo da dare il suo Figlio” possiamo imparare ad amare liberamente
e gratuitamente, come veri amici.
Quanto sembra lontana questa logica da quella dell’attualità: la distanza sembra
incolmabile. Tuttavia ci sentiamo di incoraggiarci a vicenda e soprattutto di fare un’iniezione di
fiducia a tutti i giovani “in ascolto”: far parte di
un gruppo che cerca di volersi bene in maniera
sincera e “sensata” è possibile, alla portata di tutti. La vita reale ci insegna che si possono avere
amici sinceri se tra questi ce n’è uno in particolare: Gesù Cristo. Questo è l’insegnamento del vangelo ma anche l’insegnamento di quella ventina
di ragazzi del biennio che ha partecipato al ritiro.
È stato bello condividere con loro un pezzo di cammino, soprattutto perché si percepiva voglia, serietà, entusiasmo nell’interrogarsi e nel riflettere
insieme. Sicuramente “il
segreto della fraternità”
non è un tesoro nascosto
chissà dove, ma risiede
nel cuore di chi si dona
agli altri mettendosi in discussione e accettando di
stare al gioco dell’amore.
pag. 6
Cristian
c’era? “Ovvio! don Nino non poteva mica mancare…
ci ha fatto cantare e riflettere come al suo solito!” Bene,
bene… allora salutacelo e a presto! bprzzrz
Cari amici, per oggi è tutto! Abbiamo scoperto un
sacco di cose, e siete tutti invitati a prenderne parte, a
cominciare dai prossimi incontri! Nelle nostre parroc-
chie è bello vivere la comunità, ma lo è ancor di più
condividere le nostre esperienze con nuovi amici, con
e per Gesù! È Lui stesso ad invitarci!
Dalla cabina di regia mi dicono di concludere! Ciao
a tutti, e ricordatevi: “raDIO C.S.M.”!!
Sara e Giulia
“ALLA RICERCA DI……”
“... Ma cche
he cosa c’è di di
ver
so quassù? De
vo capidiv
erso
Dev
r e…”
pensa tra sé e sé il ragazzetto di prima media, il primo giorno di esperienza a Crissolo.
“… Ora lo per
derò… non riuscirò più a ri
vederlo
perderò…
riv
ederlo,,
abita tr
oppo lontano… il mio amor
troppo
amoree si frantumerà…
ohi ohi ohi…”
pensa la bella fanciulla, camminando lungo la strada che porta ai pullman, ultimo giorno di campo a Crissolo.
“… Ma FFilippo
ilippo
cella ci saranilippo,, Luca, Chiara, Mar
Marcella
no? LL’anno
’anno scor
so mi aav
vevano pr
omesso cche
he sar
ebbescorso
promesso
sarebbero vvenuti
enuti anc
he quest
’anno… mah, speriamo…”
anche
quest’anno…
pensa la ragazzina di seconda media mentre sale faticosamente i gradini che portano alla Casa della Città
sul Monte.
“… Non ce la posso far
nar
faree a tor
tornar
naree a casa… Qui è
tutto più facile
staree bene
facile,, più bello… non riuscirò a star
così anc
he a casa…”
anche
pensa il ragazzotto di terza media scendendo con la
valigia al pullman.
“… Non ho dato il massimo… Questi ra
gazzi merag
rita
vano di più… Manna
ggia a me!”
Mannaggia
ritav
pensa il pent che cammina, aiutando una ragazzetta
a trascinare il suo trolley da 20 chili.
Se si potessero
scrivere sulle nuvole
del cielo di Crissolo
tutti i pensieri che
passano nella testa
delle migliaia di ragazzi e ragazze che
vengono alla Città sul
Monte… beh, ci sarebbe da divertirsi
davvero!!
Quante speranze, quante amicizie e delusioni e riscoperte! Quante cose buone!
Alla Città sul Monte si va e si torna per mille motivi:
c’è chi è alla ricerca di amici o di una ragazza/o, chi
vuole svagarsi e fare casino con gli amici di sempre, chi
vuole ritrovare sé stesso e capire ciò che vuole davvero
fare nel suo futuro…E c’è chi non trova subito ciò che
cerca e ci ritorna e magari passa un po’ di tempo ed
una parola detta da un prete o un pent riesce a far
chiarezza nel suo cuore e… via! Si riparte! Ancora
con più grinta! Alla ricerca!
Alla ricerca di Dio.
È Lui la risposta ai nostri desideri, alle nostre domande, ai nostri dubbi.
Alla Città sul Monte, c’è poco da fare, si respira
Dio. Forse è questo che rende più semplice fare amicizia, volersi bene, stare e vivere bene, assaporando il
profondo valore delle tre A (ricordate?): ALLEGRIA,
AMICIZIA, ANIMA.
Ed è forse per questo che, quando si torna a casa,
sembra così complicato ritrovare le preghiere e la forza
di lassù e trasmettere a chi ci sta accanto ciò che abbiamo riscoperto dentro noi stessi.
E allora … che aspetti!! Ragazzetto di prima, seconda o terza media, vieni a “ricaricarti” al tuo turno
estivo su a Crissolo! E
magari porta anche un
nuovo amico con te!
Guarda bene le date e
prenotati!! Ti aspettiamo
con mille giochi e avventure nuove, tanto entusiasmo e voglia di condividere insieme tutte le gioie e le paure di questo
pezzo così importante
della tua vita!
Giulia
pag. 5
GIAVENO: "raDIO C.S.M."
Bzzprtz
Buon giorno!
Chiediamo scusa per
l’interferenza…ora ci
sentite bene?
Vi parliamo dagli studi di “raDIO C.S.M.”,
l’emittente radiofonica della “Città sul Monte” bprzzrz Cercheremo, interferenze permettendo, di contattare i nostri inviati da Giaveno per la Giornata Medie. Intanto vi ricordo che potete chiamarci in diretta, per intervenire nella trasmissione. Il numero è
6163! Ecco, se non sbaglio abbiamo in collegamento
la nostra inviata che si trova in oratorio… Sara?! Mi
senti? bprzzrz Cosa ci dici?
“Mi trovo in cortile e stiamo concludendo la giornata con l’estrazione finale dei premi per due fortunelli, un ragazzo ed una ragazza… Ma questa è solo
la fine, in realtà la giornata si è aperta con l’invasione
del cortile da parte di più di 100, e dico 100 ragazzi
provenienti da tutto il Piemonte che nonostante bprzzrz il brutto tempo hanno avuto il coraggio di imbattersi in quest’avventura.” Brutto tempo?! Chissà che
seccatura… vi ha creato particolari problemi? bprzzrz “A dir la verità per la mattinata no, perché era
prevista una novità: infatti la Messa è stata celebrata
nella chiesa parrocchiale di Giaveno insieme a tutta
la comunità. Abbiamo qui una nonnina che era presente; signora ci dica com’è andata” “Oh, è stato così
bello vedere tutti quei giovani nei primi banchi! Era
da tanto tempo che a Messa ci dicevano che i nostri
ragazzi andavano alla
“Città sul Monte”, e
adesso vederli tutti qua
è stato molto emozionante… e poi sono stati
così composti ed educati che anche il parroco
gli ha fatto i complimenti!” “Molto bene… grazie tante signora! Buona
domenica!” “Grassie,
arvedse!” bprzzrz
Sara, se ci senti ancora siamo curiosi di sapere come è proseguita la giornata , dicci dicci! “Dopo aver pranzato allegramente
tutti insieme c’è stata la scenetta … abbiamo qui un
ragazzo che ci può dire com’è andata, prego Andrea,
racconta ai nostri ascoltatori quello che avete visto!”
“Sì, la scenetta riguardava la storia di Giuseppe, un figlio di Giacobbe, che aveva il dono di saper interpretare
i sogni. Era tanto amato da suo papà che i suoi fratelli lo
odiavano… così l’hanno venduto ad un mercante di
schiavi che l’ha rivenduto in Egitto … dopo diversi casini però è riuscito a diventare il vice faraone perché è
stato l’unico ad aver capito un importante sogno che il
faraone aveva fatto… insomma, salva l’Egitto dalla carestia e quando i suoi fratelli arrivano in Egitto per non
morire di fame lui… li accoglie e li perdona!!! Quei personaggi vestiti
un po’ strani e… poco “fashion” ci hanno parlato
soprattutto di invidia, malizia, provvidenza e perdono
immacolato, no aspetta… imma...imme… ah immeritato!!! La cosa più bella è stata che tutte queste cose le
abbiamo ritrovate anche in noi” bprzzrz E poi è finito
tutto lì? “No,no… ne abbiamo parlato ancora tra di noi
in un lavoro a gruppi… faticoso ma interessante!” Ok!
Grazie Andrea per il tuo contributo…torniamo da Sara;
e dal punto di vista degli animatori? “… Idem:
faticoso ma interessante, in fondo non è stata
un’attività di crescita solo per i ragazzi ma anche per noi!” Wow…non l’avrei mai detto! E
poi?! Saluti e baci? “No, no, aspetta un attimo,
e i giochi del pomeriggio dove li mettiamo???
bprzzrz Pure i giochi?! “Eh certo, nonostante il
brutto tempo… e stand per stand abbiamo accompagnato il nostro nuovo amico Giuseppe
da una Sfinge troppo seria, ad una mummia
un po’ “corposa”, passando attraverso campi
di grano e sogni intrecciati… il tutto sul dorso
di una mucca… Hai visto che roba?!” E tutto
questo in un solo giorno?! Chissà ai campi allora quante cose si imparano!!! bprzzrz Ok Sara, grazie per il collegamento, ora devo chiudere perché ho un altro programma che mi attende… ah no, aspetta… e quel simpatico nonnetto, spelacchiato come la sua cornacchia ,
pag. 4
UN DIALOGO "NELLA CARNE VIVA"
Contrariamente aag
gli idoli, che “hanno bocca e
non parlano” (Sal 115,5), il nostro Dio è un Dio
che parla. Così lo descrivono gli Autori sacri,
quando dicono oracolo
del Signore, e anche noi
ogni volta che, dopo aver
letto o ascoltato una pagina della Bibbia, proclamiamo: Parola di Dio
o Parola del Signore.
Dio parla, ma come,
cosa significa?
Quando un semita
afferma che Dio parla
non lo dice nel senso restrittivo del termine con
cui lo diciamo noi. Mentre in molte lingue la parola si riduce ad una locuzione verbale, per il semita il termine dabar, che normalmente traduciamo con parola, è molto più ricco, poiché indica
allo stesso tempo parola e fatto o avvenimento. La
parola di Dio è pertanto un messaggio, un atto, un
segno. In essa è Dio stesso che si rivela con “eventi
e parole intimamente connessi” (DV 2).
Il nostr
o Dio è quindi un Dio che si rivela e si
nostro
consegna in ciò che dice e fa: Dio dice ciò che fa e
fa quello che dice. La sua parola, che nasce dal suo
amore per ciascuno dei suoi figli è quindi dialogo,
alleanza d’amore, manifestazione del dono di sé,
in quanto espressione di un amore che crea amando e amando dà la propria vita. Questa rivelazione
di Dio al mondo per mezzo della Parola non ha come
scopo quello di informare l’uomo sul fatto che Dio
è amore, ma di realizzare nell’amore l’unione tra
l’uomo e Dio. Ecco quindi che “leggere la Parola”
diventa (come si diceva la volta scorsa) un incontro, un’esperienza personale di Dio e con Dio.
Così la par
ola di Dio
parola
Dio,, nell’incontro tra Dio che
agisce e l’uomo che, ispirato dallo Spirito del Signore, legge e interpreta un dato avvenimento, ci
porterà per mano a Cristo, il Verbo della vita, che
pose la sua dimora in mezzo a noi. Questa Parola
in cui Dio si rivela e si consegna, si manifesta e si
nasconde, porta, infatti, in se stessa l’annuncio
dell’Unto di Dio, del Messia Gesù. Egli ci parla in
di Suor Emma
tutta la Scrittura e di Lui parla tutta la Scrittura,
Parola di Dio, perché scritta per ispirazione dello
Spirito Santo.
Gesù Cristo
erbo fatto car
ne
Cristo,, il V
Verbo
carne
ne,, è la parola
che esisteva fin dal principio ed era unita a Dio e
che, “quando venne la pienezza del tempo” (Gal
4,4), dal grembo di Maria “ricevette la vera carne
della nostra umanità e fragilità” (San Francesco).
Nell’incarnazione il “Verbo del Padre” si fa uomo,
l’uomo Gesù Cristo: il nostro Dio si fa dialogo nella
carne viva.
L’abbondante Par
ola dell’Antico Testamento, si
Parola
abbrevia ora in Gesù Cristo, che diventa, nello stesso tempo, mediatore e pienezza di tutta la rivelazione. Di lui scrisse Mosè (Gv 5,46-47) e se “la
legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo” (Gv 1,17).
In questo modo Gesù Cristo si può dire essere il
cuore della parola di Dio, il Vangelo di Dio per
ciascuno di noi (Mc 1,1) e tutti siamo chiamati
nell’incarnare la Parola a diventare figli.
Come Gesù e in Gesù, rispondiamo a Dio quando, dopo averlo ascoltato, gli restituiamo la parola
che lui stesso ci ha consegnato attraverso la nostra
vita. Se pregare è fare esperienza dell’incontro con
il Signore, la Sacra Scrittura è tutta una storia di
incontri. In essa non solo incontriamo dei bei modelli di preghiera, come i salmi, i cantici, o la preghiera di Gesù, ma essa stessa diventa tutta preghiera quando, dopo aver ascoltato o letto la Parola, ci lasciamo coinvolgere da quei sentimenti che
il testo ci suggerisce e suscita in noi, mutandosi in
lode, ringraziamento, supplica, fiducia, pentimento,
benedizione.
Dice
va sant
’Ag
ostino: “Se il testo è preghiera,
Dicev
sant’Ag
’Agostino:
pregate; se è gemito, gemete; se è riconoscenza, siate nella gioia; se è un testo di speranza, sperate; se
esprime timore, temete”. La preghiera sarà così un
grido che sgorga dal profondo del cuore che ha fatto spazio alla parola e si è lasciato “fecondare” da
essa. "Solo Dio parla bene a Dio" affermava Pascal.
La Parola di Dio ci dona di trasformare in preghiera tutte le realtà che riempiono la nostra vita, ci
dona di lasciarle fecondare dal suo Spirito, perché
anche la nostra vita sia “parola fatta carne”.
pag. 3
“UN BEL TACER NON FU MAI SCRITTO!”
È pr
oprio vver
er
o: quando invecchi affiorano nella
proprio
ero
tua mente i ricordi della prima infanzia, gli estremi si toccano, il nipote rimpiange il nonno e questi
lascia un segno profondo in quello. Succede a tutti. Capita anche, come vedete, al… nipote NonNino che ricorda con allegra nostalgia nonno Gaspare, detto Gambasecca per la sua asciutta e agile
magrezza. “Un bel tacer non fu mai scritto!”: era
una frequente espressione che correva sulle sue
labbra, come quella già citata nel precedente numero del nostro giornalino (la ricordate ancora?).
“Un bel tacer…”. Dunque, il silenzio è bello.
Davvero? Pare di sì. Piace anche a Dio. “Mentre
un profondo silenzio avvolgeva tutte le cose, la tua
parola onnipotente dal cielo si lanciò in mezzo alla
terra” recita il libro della Sapienza in una frase
proposta nel tempo di Natale. Maria, la mamma,
taceva e meditava. Giuseppe, lo sposo, taceva e lavorava: i vangeli non riportano neppure una delle
sue parole. Anche Gesù, Parola di Dio e gran predicatore, cercava, soprattutto di notte, abbondanti
spazi di silenzio.
Ci sono “la
vori” cche
he fa
voriscono il silenzio: il
“lav
fav
pastore che accompagna il gregge sui monti solitari, il contadino che ara e semina nella ridente
campagna, l’artista che dipinge la sua tela, la mamma che rammenda le calze al figlio sportivo, la
guida alpina che precede gli scalatori verso le vette… Dovrebbe essere così anche per lo studente
che impara e memorizza ciò che legge, per l’educatore che prega per i suoi animati, per il prete
che medita la Parola per donarla agli altri…
“Le par
ole sono so
vente ffonte
onte di malintesi”
parole
sov
confidava la volpe al Piccolo Principe alla ricerca
dei segreti
dell’amicizia
nel celebre
racconto di
Saint Éxupery. E i rumori, travestiti a
volte da musica violenta,
possono es-
sere un tradimento della vita e dell’amore genuino.
“…non ffu
u
mai scritto”.
Ciò significa che
ai tempi di nonno Gaspare pochi sapevano
gustare e vivere
la bellezza del
silenzio. Ma noi
vogliamo rovesciare la tendenza, vogliamo scrivere la bellezza
del silenzio nella nostra vita. Vogliamo, insomma,
abbellire il mondo nel quale viviamo.
Una “sei
gior
ni” a Crissolo potrebbe essere l’an“seigior
giorni”
tidoto alle malefatte del fracasso nel quale siamo
sovente immersi, fuori e dentro di noi stessi. Com’è bello, nelle mattinate di ritiro o negli spazi dedicati alla riflessione, vedere cento ragazzi meditare sulle cose appena ascoltate, confrontandole
magari con una pagina di Vangelo, nel silenzio della
casa e della montagna. Chi arrivasse all’improvviso non crederebbe ai suoi occhi!
Datti da far
epara la tua “sei
gior
ni”. Le
faree, pr
prepara
“seigior
giorni”.
cose che contano non possono essere improvvisate.
Sei già stato lassù? Ripesca le tracce delle “seigiorni” degli scorsi anni e fanne oggetto di riflessione e di preghiera. Ritrova un libretto di meditazione e rileggilo. Controlla sul calendario da tavolo la Parola di Dio del giorno e leggila. Chiacchiera
con Dio di quello che speri ti succederà lassù…
Ver
rai per la prima vvolta?
olta? Raccogli notizie daerrai
gli amici che ci sono già stati. Prova a stare per
dieci minuti, in silenzio, davanti ad una pagina di
Vangelo. Contempla, da solo, una cosa bella per
qualche minuto: un paesaggio, un fiore, un’opera
d’arte…
E quando salirai alla Città sul Monte
Monte,, non dimenticarti di consegnare all’autore di questo articoletto un foglio sul quale avrai scritto una delle
frasi celebri del tuo nonno preferito!
A presto, allora.
Non-Nino
pag. 2
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Anno XIX n.3 Aprile 2009
LA CITTA'
SUL MONTE
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preghiera della sera
L’or
olo
gio cche
he ho al polso mi dice, silenzioso, che è già mezzanotte passata. L’orologio biologico,
’orolo
ologio
quello automatico e silenziosissimo che mi batte dentro, mi dice che ho sonno. E' tardi, la giornata è
finita, è ora di andare a dormire. E meglio andarci presto, mi dice una voce che sa di saggezza: così
domattina potrò affrontare meglio la giornata di domani.
Ed ecco un’altra vvoce
oce
oce, che sa di rimprovero: e la preghiera della sera? Non posso andare a dormire
senza pregare.
E mi viene nostal
gia di estate
nostalgia
estate.. Penso alla preghiera della sera con i ragazzi della Città sul Monte.
Rivedo la nostra chiesetta di Crissolo, tutta illuminata, e tutte quelle teste chine sugli sgabellini, e mi
pare di accarezzarle con lo sguardo, tutte quelle teste, come nelle nostre sere d’estate, in quei momenti
speciali di silenzio profondo, mentre la luce rossa di una lampada ci dice che siamo uno in più. Come è
bello, come è facile, pregare così, tutti insieme.
Pr
Preeghiera della sera, e conclusione di una giornata. Un momento per ripensare a tutto quello che abbiamo vissuto in una
giornata piena. E riflettere sempre anche un po’ su tutta la vita che
stiamo vivendo, vita di ieri, di oggi e di domani: luci e ombre, chiarezze e dubbi, rimpianti e speranze, desideri e propositi, esperienze e progetti. Insieme tra di noi, e davanti a Dio.
Pr
Preeghiera della sera, il momento giusto per guardarci dentro,
ascoltare la voce della coscienza, sentirci peccatori, perché lo siamo tutti, e chiedere perdono a Dio, con fiducia.
Pr
Preeghiera della sera, il momento per dire a Dio quello che non gli diciamo mai abbastanza: grazie,
Signore. Grazie per tutto quello che viviamo, giorno dopo giorno, perché tutto è un tuo dono. Grazie per
i momenti belli, quando il cuore canta, e grazie anche per quelli difficili, che ci fanno crescere.
Pr
Preeghiera della sera, il momento per sentirci fratelli, tutti figli dello stesso padre buono, che possiamo
chiamare tutti insieme “padre nostro”, tenendoci per mano e tornando un po’ bambini davanti a lui.
Allora questa sera vvo
oglio pr
preegar
aree così, come in quelle sere d’estate. Tornare un po’ bambino davanti
a Dio e dirgli “padre nostro”, anche se non c’è nessuno con cui tenermi per mano. E dirgli “grazie, di
tutto”; e poi dirglielo ancora, sapendo che non sarà mai abbastanza. E chiedergli perdono di tutto quello
che mi fa sentire in colpa per la giornata di oggi, e non solo per oggi. E ripensare e riflettere, davanti a
lui, su come sta andando il cammino della mia vita.
E “Padr
o” alla fine lo voglio dir ad alta voce, così resisto meglio al sonno e mi sembra di
“Padree nostr
nostro”
pregare non da solo, ma in coro: con tutti i ragazzi della Città sul Monte e con tutta la chiesa.
Poi potrò andar
mir
andaree a dor
dormir
miree, per prepararmi ad affrontare al meglio la giornata di domani. Buona
notte, ragazzi. Buona notte a tutti. Buona notte, Signore.
Sandrin
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