ACCADEMIA LIBRI A cura di Guido Combi ANNUARIO CAI 2006 SEZIONE VALTELLINESE Pagg. 216 Tocca, come sempre, al presidente della Sezione Valtellinese del Cai aprire l’Annuario 2006 con la relazione morale, ossia, il riepilogo dell’ampia attività sociale, giunta al 135° anno. Dal lungo scritto di Lucia Foppoli, che occupa qualcosa come 15 pagine, possiamo estrarre solo qualche notizia flash. Come quella che Celso Ortelli ha ricevuto il meritato e prestigioso riconoscimento di socio onorario del Cai, onorificenza che ben pochi, in Italia possono vantare, grazie ad una mole incomparabile d’impegno esplicato nell’arco di oltre 40 anni. Nel 2006 è nata un’altra sottosezione, quella di Teglio e il numero dei soci tesserati complessivo è salito a 1.667, con un incremento annuale di circa il 10%. Per quanto riguarda l’attività culturale, s’accenna al concorso “Le montagne in poesia”, al gruppo “Terre retiche e orobiche”, agli ormai tradizionali incontri della “Sfinge alpina” e ai convegni, per finire con biblioteca e attività editoriale. Il primo terzo d’Annuario, grosso modo, come ormai consuetudine sviluppa i temi di vita sezionale, mentre l’intervista “impossibile” di “Popi” Miotti al compianto Luigi Bombardieri – per captare la sue possibili e probabili reazioni verso un ambiente molto cambiato rispetto ai tempi in cui s’era trovato ad operare – introduce alla ricchissima sezione della cultura alpina. Il volume, dopo un paio di recensioni, s’avvia alla sezione finale, quella dell’avventura, che ormai ha assunto respiro internazionale, come dimostrano i resoconti di spedizioni in Iran, Nepal, Patagonia e Caucaso. L’Annuario ha da tempo trovato una sua ben definita fisionomia, con un gradevole mix fra la qualità dei testi e fotografie e, giustamente, la pubblicazione prosegue su questi binari anche in questa edizione, che, però, prospetta una svolta non da poco. Dopo 23 anni spesi a far crescere la rivista, in pagine e qualità, il direttore Guido Combi, nella presentazione, lancia un appello: “Oso avanzare una speranza, tenuto conto degli anni che avanzano, e cioè che qualche giovane, o qualcuno di mezza età, possa affiancarmi nei prossimi anni”. Un aiuto che il buon Guido si merita senz’altro. A cura di Andrea Scala GUGLIELMO NEGRINI IL MEDICO DELLA GENTE Pagg. 136 E’ lamentela frequente, e qualche volta fondata, che il medico di famiglia si sia ormai burocratizzato e non intenda spendersi troppo per la salute dei suoi pazienti. Questo non è stato certo il caso di Guglielmo Negrini, un medico che si è speso per la gente della Valmalenco, scomparso due anni fa, ma che nessuno ha dimenticato. Tanto che, per ricordarlo, si è costituta un’associazione di “Amici” che ha dato alle stampe un libro, curato da Andrea Scala, con prefazione del dott. Aldo Faggi, che ha conosciuto perfettamente il collega, avendo a lungo esercitato la professione nella stessa valle. “Il suo amore per la gente non era solo l’amore di un medico per i pazienti – scrive Faggi –, ma anche l’amore di una persona che voleva che la sua valle si allontanasse per sempre dai periodi bui, e comunque di miseria, che anche lui aveva vissuto da giovane”. Il libro, arricchito da molte fotografie, si legge di getto, e oltre ai cenni biografici, contiene testimonianze e approfondimenti che tracciano il profilo di un medico esemplare tra la sua gente, “quella che lui ha amato come nessun altro. 26 03/2007 La Voce dell’Accademia del Pizzocchero di Teglio ACCADEMIA LIBRI Edizione curata da Marco Sertori RAPPORTO ANNUALE PRO VALTELLINA Pagg. 100 Non crediamo siano moltissimi i valtellinesi che conoscono l’operato della “Pro Valtellina”, un’istituzione che opera ormai da molto tempo nel contesto locale, ma che solo da un quinquennio s’è trasformata in Fondazione della Comunità locale. Fresco di stampa è il “Rapporto annuale 2006”, che, in un centinaio di pagine, gradevoli e illustrate riepiloga la consistente attività svolta. “Il Consiglio di Amministrazione ha premiato progetti che hanno tutelato il delicatissimo patrimonio ambientale, valorizzato e salvaguardato le risorse storico-culturali, favorito l’aggregazione delle comunità locali – si legge nel saluto del presidente Aldo Faggi –, ma è anche stato molto attento ai bisogni espressi dalle fasce deboli, i meno fortunati, di chi ha intrapreso, per le circostanze della vita, percorsi difficili. Tuttavia è necessario che i nostri interventi, che sono così rilevanti, grazie non solo alle nostre risorse ma anche al contributo della Fondazione Cariplo, diventino sempre più specifici e mirati a progetto di ampio respiro”. Ma la Pro Valtellina potrà ampliare il suo raggio d’azione, e la sua efficacia, se la comunità valtellinese raccoglierà una “sfida” tutta particolare: raccogliere 5 milioni di euro in donazioni patrimoniali per far assegnare – da parte della Fondazione Cariplo – 10 milioni di euro da destinare a progetti di solidarietà. Se l’operazione andrà a buon termine , i frutti di questi 15 milioni di euro saranno erogati, ogni anno e per sempre, per sostenere progetti destinati ad aiutare i portatori di handicap, gli anziani, diminuire il disagio giovanile, salvaguardare l’ambiente e il patrimonio culturale e storico. “Per vincere questa sfida – si legge sul “Rapporto” occorre che la Fondazione Pro Valtellina sia forte, solida e che sia capace di far fronte ai bisogni impellenti della comunità”. Lidia Tavelli L’ALBERO DELLA VITA L’albero della vita è l’indovinato titolo di un libriccino di poesie firmato da Lidia Tavelli. La vita umana, come l’albero, conosce vari stadi ed è logico che una nonna senta il bisogno di rivedere il tracciato della sua esistenza ma, soprattutto, cerchi di trasmettere qualcosa alle sue due nipotine, cui il libretto è dedicato. “Porto dentro me/le lacrime della vita/... / lacrime per chi non ha saputo leggere nel mio cuore/lacrime dolcissime per chi mi ha amata” (“Lacrime”); …. Voglio insegnarti a vivere d’azzurro/Voglio che i tuoi occhi siano pieni di stelle/Voglio che tu resista al sole/che brucia/ …/ Voglio che sprigioni scintille d’amore (“Ad Anita Andreina”). Il libretto comprende 24 brevissimi componimenti (da un massimo di sedici versi a un minimo di cinque) ed è illustrato da Stefano Susani che, ispirandosi ad opere di Klimt, Konig, Moser e Stolba, in ogni disegno ha inserito un verso della poesia a fronte. 27 La Voce dell’Accademia del Pizzocchero di Teglio 03/2007 ACCADEMIA ARTE ■ L’opera del trimestre ROBERTO BRICALLI Roberto Bricalli: “Visage” (1998) Roberto Bricalli è nato a Talamona nel 1959 e fin da ragazzo è affascinato dai mondi dell’arte e specificatamente della scultura. Dopo gli studi umanistici ha frequentato i laboratori di Carrara, imparando a scegliere materiali e pezzi appropriati, lavorando isolato, senza ripensamenti e senza interferenze esterne, creando dai blocchi di marmo o granito i personaggi del suo immaginario. Nel 1994 inizia la sua attività espositiva presso la galleria Ada Zunino di Milano e successivamente presso lo studio F22 di Palazzolo sull’Oglio. Comincia a collaborare con importanti studi di architettura 28 03/2007 La Voce dell’Accademia del Pizzocchero di Teglio specializzati in urbanistica per la progettazione di grandi sculture monumentali nate per vivere in spazi aperti e dialogare quotidianamente con il pubblico. Le sue opere sono in collezioni pubbliche e private, grandi sculture monumentali sono situate in spazi all’aperto sia in Italia che all’estero. Sono presenti, tra l’altro, a Sondrio, Milano, Origgio, Cernusco sul Naviglio, Portofino, Colico, Talamona, Porlezza, Rovellasca, Ingoolstadt. La sua biografia annovera importanti firme di autorevoli critici d’arte. Roberto Bricalli vive tra Sondrio e Carrara. ACCADEMIA ARTE E’ divenuta la seconda sede del Museo valligiano Nella casa Tomè sette secoli di storia rurale poschiavina di Gustavo Lardi* Dopo tre anni di pianificazione, di ricerca di fondi e di lavori di restauro, a fine maggio 2007 è stata aperta al pubblico la Casa Tomé, seconda sede del Museo valligiano poschiavino. A pochi passi dal Palazzo de BassusMengotti (la sede principale del Museo, aperta nel 1984) si aggiunge dunque un ulteriore tassello all’offerta museale locale. Si tratta, per dirla con il direttore del Museo del Ballenberg Edwin Huwyler, “di un edificio eccezionale”: la parte più antica risale al 1350, mentre gli ultimi interventi importanti – e qui sta l’eccezionalità – risalgono a oltre 250 anni fa. La Casa Tomé, nella sua semplicità, è dunque una testimonianza importante della cultura rurale e rappresenta un valido esempio tipologico delle costruzioni che, fino alla prima metà del XIX secolo, determinavano l’immagine urbanistica ed architetonica del Borgo di Poschiavo. La Casa Tomé, bassa e poco appariscente, racchiude in sé sette secoli di storia della popolazione rurale valposchiavina. Per quanto le fonti storiche non ci aiutino a ricostruire la storia della dimora che ha ospitato generazioni di contadini, le mura sono testimoni di uno sviluppo lento e costante avvenuto attorno ad uno stesso focolare. Sorto nel Trecento, l’edificio seguiva in origine i canoni della casa a torre. Due locali nel seminterrato ospitavano le provviste e gli animali. Al piano superiore, riscaldata dal focolare, viveva la famiglia. Le travi che sorreggono il pavimento dell’odierna cucina – lo ha confermato l’analisi dendrocronologica del Servizio archeologico cantonale – sono ancora lì a testimoniare di un’epoca lontana; il legno di larice ha resistito praticamente indenne allo scorrere del tempo. Solo in una seconda fase, a metà Quattrocento, l’aia a mezzogiorno è stata coperta: nasceva la “curt”. Il portone ad arco definisce ancora la facciata rivolta sulla strada; il profilo smussato della muratura ne rivela l’origine tardogotica. Ininterrottamente, fino agli anni Ottanta del XX secolo, la stessa entrata era condivisa da animali e uomini. Con l’ampliamento del- la dimora la scaletta che portava ai locali del primo piano non era più esterna, ma parte del nuovo locale multifunzionale. Sopra al cortile chiuso, che proteggeva dai rigori invernali, due stanze offrivano più spazio per le diverse generazioni della stessa famiglia che condividevano la vita sotto lo stesso tetto. Nella terza fase di sviluppo, chiaramente visibile nella struttura dell’edificio, è stato aggiunto il “rustico”. Le nuove condizioni sociali ed economiche imponevano uno sfruttamento diverso delle risorse: il fienile in muratura si presenta ampio; la stalla offre spazio a quattro, cinque mucche e agli altri animali dell’aia. L’ultimo intervento è di inizio Ottocento, quando le due stanze vengono rifoderate in legno e le due stufe in muratura ne fanno delle “stüe”. Da allora – disagio degli altri e fortuna nostra – nella Casa Tomé il tempo sembra essersi fermato. E, proprio per salvaguardare questa testimonianza, con il restauro si è voluto coscientemente mantenere il carattere originale, rinunciando all’istallazione di infrastruttura tecnica: entrare nella Casa Tomé è avventurarsi a ritroso nel tempo. UN MUSEO, DUE SEDI La Casa Tomé completa in modo ideale l’offerta del Museo: da una parte c’è la dimora signorile, il Palazzo de Bassus-Mengotti, dall’altra la semplice casa contadina. Gli esponenti delle famiglie della dimora signorile ricoprivano fra Sei e Settecento importanti cariche pubbliche, erano ambasciatori del Comune di valle alla Dieta dell’antica Repubblica delle Tre Leghe, erano notai pubblici e letterati, sacerdo- ti e proprietari terrieri. Dall’altra si trova la Casa Tomé che nella sua scarna genuinità racconta la storia della popolazione più semplice, quella che nei lunghi secoli di storia dell’edificio ha zappato la terra, falciato il fieno e prestato le proprie forze agli impresari dei trasporti locali per portare il vino e il grano oltre Bernina. Lo spazio espositivo, distribuito sulle due sedi, permette inoltre di calibrare meglio l’esposizione e di porre nuovi accenti. L’apertura non è infatti che la prima tappa di un progetto complesso per dare nuovo slancio all’attività museale locale. UN PROGETTO APERTO Per affrontare la nuova sfida che ha comportato anche ingenti costi, i responsabili del Museo hanno infatti cercato la collaborazione con diversi partner. In primo luogo è nata una larga coalizione fra le istituzioni museali locali che ha portato alla creazione del Polo museale poschiavino e ad una prima campagna pubblicitaria comune (www.polomuseale.ch). Con il Mulino Aino è nata una collaborazione ben più articolata, sfociata nel progetto “Dal campo alla tavola”. Con questa iniziativa si vuole mettere l’alimentazione tradizionale al centro delle attività e quindi offrire alla popolazione e ai turisti delle proposte interessanti e diversificate per gruppi e famiglie. Partecipano al progetto anche alcuni contadini che forniranno le materie prime e l’Ente turistico che trova in questa idea un ulteriore tassello per un’oferta diversificata e innovativa. *Presidente della Fondazione Ente Museo Poschiavino 29 La Voce dell’Accademia del Pizzocchero di Teglio 03/2007 ACCADEMIA ARTE Uno scorcio artistico di Sondrio nel cuore della città medievale L’oratorio e la chiesetta dell’Angelo Custode di don Ugo Pedrini L’edificio in questione è ora sede della Scuola dell’infanzia parrocchiale “Sacro Cuore” e dell’Oratorio “Angelo Custode”, ma fino a cent’anni fa era residenza di una famiglia nobile: i Carbonera. L’aspetto attuale della Casa è il risultato dei lavori di ristrutturazione e ampliamento intrapresi alla fine del 1700. All’ingresso c’è un bel portale barocco, sormontato da due balconcini con balaustre con ferro battuto. Entrando, nel primo cortile si può notare un avanzo di torre del XV secolo, con numerosi imbocchi di piccionaie. L’allevamento dei piccioni e passeracei era fonte di approvvigionamento alimentare; erano usati anche quali portatori di messaggi o a scopo ludico per le cacce col falco. Dal secondo cortiletto (sor- Ercole Procaccino: L’Angelo Custode e un fanciullo montato da un affresco allenuovo edificio della Scuola materna. gorico con una lunga dedica che Negli anni successivi, l’ambiente fu commemora i restauri terminati nel aperto anche ai maschi e diventò un 1778), si accede al vano della bellisvero e proprio oratorio per i ragazzi, sima scala elicoidale, che conduce centro di crescita umana e cristiana. ai piani superiori, impreziosita da La Casa fu donata alla Parrocchia il un’artistica ringhiera in ferro battuto. 16 giugno 1954. In cima c’è una cupoletta ad affreL’oratorio attualmente cerca di offrire sco con lanternino. un servizio educativo ai ragazzi (e Nel 1913 l’arciprete mons. Maiolani, non solo) attraverso la catechesi, volendo provvedere all’assistenza l’accoglienza, l’amicizia, l’animazioreligiosa delle bambine, chiamò in ne del tempo libero, esperienze di parrocchia la suore della Congreservizio, di preghiera e di formaziogazione della Carità di S. Giovanna ne. E’ preziosissima la collaborazioAntida Thouret di Vercelli. Queste ne si singoli e famiglie che in modo suore, rimaste fino all’estate 2003, generoso e gratuito donano all’oragestivano la Scuola materna con cirtorio energie, fatiche, e soprattutto ca 150 bambini, compivano opere di concreta testimonianza di vita cricarità e assistenza verso gli anziani e stiana. i poveri, e tenevano aperto l’Oratorio Se si esce verso la piazzetta femminile (i maschi frequentavano dell’Angelo Custode, si nota, semiallora l’Oratorio di San Rocco). Nel nascosta tra le case, l’antica chie1972 l’arciprete mons. Tomaso Levi setta dell’Angelo Custode. Questo fece costruire nell’ampio cortile il angolo di Sondrio è nel cuore della città medievale. Qui c’erano un piccolo fortilizio a guardia del ponte sul Mallero e la chiesa dedicata a San Siro. Nella piazza si tenevano i Consigli generali dei nobili e dei cittadini di Sondrio. Caduti in rovina il Castelletto e la chiesa, la rupe del Crap acquistò nella credenza popolare una fama sinistra (si credeva che di notte il luogo fosse abitato dalla streghe). Per togliere questa “presenza sgradita”, nel 1657 si chiese il permesso al vescovo mons. Carafino di edificare una nuova chiesa, dedicata agli Angeli Custodi. Essa fu scavata completamente nella roccia negli anni 1658-60. Fu edificata a spese delle famiglie nobili proprietarie delle case circostanti (Carbonera, Pusterla, Sertorio, Sassi e Sonetti), le quali ne assunsero il patronato con uguali diritti e doveri. Il 1° ottobre 1660 l’arciprete di Sondrio vi celebrò la prima Messa. Francesco Carbonera, proprietario della casa addossata al lato sinistro, aprì una sua “stua”, una tribuna dalla quale assistere con la famiglia alle funzioni religiose. L’antica tribuna, opera di pregevole intaglio, fu poi asportata dal compatrono Quadrio e sistemata nella sua suntuosa villa (ora “Villa Quadrio”, sede della Biblioteca) e sostituita da una loggia semplice e povera. In una cornice intagliata di stile rinascimentale, c’è la pala dell’altare, firmata da Ercole Procaccino (1660 circa), raffigurante l’Angelo Custode che indica ad un fanciullo la scala che conduce al Cielo. Sul lato destro della chiesa si innalza lo svelto ed armonico campaniletto, ultimato nel 1673. Esso poggia in parte sul muro perimetrale della chiesa e in parte su uno sperone di roccia viva. Gli attuali proprietari sono gli eredi delle famiglie di allora. 31 La Voce dell’Accademia del Pizzocchero di Teglio 03/2007 IBIM Investimenti Beni Immobili Milano Società immobiliare operativa dal 1985 – vendite frazionate di immobili ad uso abitazione – acquisto diretto di interi stabili – intermediazione di singole unità – consulenza per la gestione e sviluppo di patrimoni immobiliari – sviluppo di aree edificabili 20131 Spontini55 20131 Milano, Via Spontini tel. 02.2049398 02.2049398--02.29511175 02.29511175- -02.2047073 02.2047075- 02.29414783 - 02.29414783 - 02.20414731 tel. - 02.29414731 fax 02.295298488 02.29529848 e.mail: e-mail:[email protected] [email protected] ACCADEMIA RACCONTI La solita passeggiata e le immagini di un tempo La solita passeggiata. L’ormai consueto incontro col treno rosso del Bernina si accompagna oggi ad immagini di forte suggestione: lontane nel tempo, perciò stesso sfocate ma anche piene di memorie, quasi rimpianti. Nulla di sorprendente. In molti casi si provano analoghi sentimenti: un’automobile “storica”, che viveva con te cinquant’anni prima, una pendola che riprende a battere l’ora dopo lunghi silenzi, una campana riascoltata, un atteggiarsi nel camminare che ti aveva colpito. Basta accettare il dialogo con il passato e subito appaiono sensazioni che trascinano un mondo già vissuto, fortemente espressivo se rivisitato oggi. Il treno rosso mi riporta a quando la vicina Svizzera era una sorta di meta morale (la guerra appena finita da cui era rimasta indenne) e materiale, per il contrabbando, fonte essenziale di sussistenza, quando non di ricchezza occulta, per molti. Cose vere, ma solo oggi capite nella loro sintesi storica. I ricordi mi parlano di panche d’abete chiaro lisciato, di voci metalliche che annunciano le fermate del treno in un italiano che sapeva di tedesco e allora spaventava; parlano di zucchero candito, di cioccolata bianca, della prima moneta d’argento da un franco che guardavo con rispetto e turbamento; come se oltre il suo valore portasse in sé il significato di un mondo che aveva saputo vivere la pace in anni di tragedia e cui si doveva riguardo, ma anche timore. Quasi che anche lì la pace (e ciò avvenne per i rifugiati), avesse avuto sapore di ghetto. Spazi di vita che tornano limpidi in un lampo, quando un mattino di sole, freddo, incontri il treno della “allegra Engadina”: cose evocate dal trenino, ma molte di più ognuno potrebbe trarre dal quotidiano, sol che sapesse fermare la sua corsa verso il futuro riflettendo sul consueto, sulle tradizioni piene di significato che ancora ci circondano e che troppo spesso finiamo per abbandonare come ferri vecchi. Avrebbero tanto di utile da raccontare, non per malinconici e inerti revival, ma per fresche indicazioni al nuovo. Così penso con orgoglio a questa nostra Comunità che, pur distratta e dimentica di altri valori in nome di un effimero modernismo, non ha mai chiesto di spostare le rotaie o comunque il percorso italiano del trenino rosso. Certo una necessità tecnico-urbanistica e un segno di rispetto per il secolare rapporto con la Confederazione, ma, ancora di più, una virtuosa linea di condotta: proprio da quella scelta accettata da più di cento anni (una ferrovia che taglia la piazza della basilica più amata, sfiorandola quasi), sembra venire, infatti, il segnale a che, dalle finestre del trenino, giunga l’apprezzamento per l’arte e il riguardo del simbolo cattolico. Pur nella consapevole accettazione della diversità dei convincimenti di ciascuno. Il treno rosso porta anche turismo e ricchezza, ma voglio credere alle motivazioni più profonde, anche se inconsapevoli, come ragioni vere della sua centenaria, inviolata presenza. L’Andrinal VIAGGIO VERSO ST. MORITZ IN TARDA SERA Monti del Bernina Piatti come disegni di mano infante. Solo le creste riluce il cielo Chiaro come luna. Il fondo d’infinito ghiaccio, quasi quinta di commedia, cede piano alle mille lampade accese di torno al lago. Vorrei città nascoste Luci fioche, rumori sordi Giardini scuri, uomini senza smalti. Spazi di fantasia, allusioni di mistero Immagini coperte, virtuali di te. Pensieri sopiti, slanci trattenuti, cavalli senza ferri, carrozze senza strepito. Vorrei le terracotte grezze Del mio presepe piccolo, musiche di cantilena, cieli per disegnare il sogno. Vorrei camminare lento come le ore, come tonfo di cuore. E ripensare vorrei la vita, senza il rimpianto di un uomo cieco e sordo e muto. E senza pace. L’Andrinal 33 La Voce dell’Accademia del Pizzocchero di Teglio 03/2007 IDRAULICA RISCALDAMENTO CONDIZIONAMENTO ANTINCENDIO ENERGIA SOLARE CENTRALI TERMICHE A VAPORE ACQUEDOTTI METANODOTTI TAGLIABUE spa Acqua Aria Gas Ingegneria e servizi 20037 Paderno Dugnano (Mi) Via Don Minzoni, 17 Tel. +39 02 91.05.621 Fax +39 02 99.04.13.83 http://www.tagliabuespa.it E-mail: [email protected] ACCADEMIA CRONACA Il Corpo impegnato nella lotta all’evasione fiscale Palazzo Besta sede della Festa annuale G.d.F. Per la festa annuale della Guardia di Finanza, in occasione del 233° anniversario della fondazione del Corpo, è stata scelta come sede Palazzo Besta di Teglio, con uno scopo ben preciso, ha spiegato il comandante provinciale Francesco Maria Pavese. Ringraziare i propri uomini, per il lavoro svolto, in una cornice particolarmente solenne e prestigiosa, alla presenza delle maggiori autorità provinciali. E’ stato il tema dell’evasione fiscale, che nel nostro Paese assume un’evidenza addirittura patologica, al centro del rituale discorso tenuto dal comandante Pavese, con alcune puntualizzazioni. Non è l’errore d’interpretazione del sistema, molto spesso compiuto in buona fede dai contribuenti in un sistema di norme non sempre facile da comprendere, quanto l’evasione sistematica, che s’accompagna al lavoro nero e genera concorrenza sleale, al centro di una sacrosanta battaglia che riguarda tutti gli italiani. Perché chi, con ogni mezzo, cerca di mimetizzarsi e non concorre a far fronte alla spesa pubblica in ragione della sua capacità contributiva, oltre a togliere mezzi allo Stato, e quindi alle fasce più deboli che da esso attendono tutela, irride in pratica a coloro, e sono la maggioranza, che rispettano il precetto costituzionale di concorrere alle spese pubbliche in ragione alla loro capacità contributiva. Nella lotta all’evasione, il Corpo si pone, come sempre, in prima linea. Nonostante i recenti tagli alla spesa pubblica abbiano comportato un calo consistente nelle risorse e, di conseguenza, un calo del personale per mancato turnover, nei soli primi sei mesi dell’anno in corso la Guardia di Finanza ha scoperto, in provincia di Sondrio, 23 evasori totali o quasi totali, con un’evasione di Iva di oltre 4 milioni di euro. Nel corso della cerimonia sono stati consegnati riconoscimenti a nove militari per i risultati conseguiti in servizio. Il maresciallo capo Francesco Ciancio, il maresciallo ordinario Giovanni Tozzi e il brigadiere Roberto Vitalini hanno ricevuto un encomio solenne, per essere riusciti a smantellare un traffico di alcolici irregolare di notevole portata. Premiati con elogio, Inoltre, il maresciallo aiutante Roberto Pompei, il brigadiere Giuseppe Sornatale, l’appuntato Rocco Scarfò, il maresciallo ordinario Stefano Faggiano, il maresciallo Gianluca Ena e l’appuntato Piergiorgio Arnoldi. Cordiale incontro tra magistrati sondriesi e svizzeri Un incontro insolito ha avuto luogo, venerdì 21 settembre, nell’aula biblioteca del Tribunale di Sondrio. Ha avuto per protagonisti da una parte i magistrati del Tribunale di Sondrio, tra cui il presidente Francesco Saverio Cerracchio e il procuratore della Repubblica Gianfranco Avella, e quelli svizzeri provenienti da Val Bregaglia, Val Poschiavo e Val Mesolcina. E’ stato un momento di confronto tra due realtà ben diverse: mentre in Italia, infatti, i magistrati sono funzionari dello Stato e accedono all’incarico attraverso un concorso, i magistrati svizzeri sono eletti dal popolo. Al termine, l’intero gruppo, composto da una ventina di persone, è stato accompagnato a visitare Palazzo Besta, dove erano ancora presenti gran parte delle sculture di “Germinazioni” ed è stato donato loro un catalogo della mostra e una guida di Teglio, edita dall’Accademia del Pizzocchero. 35 La Voce dell’Accademia del Pizzocchero di Teglio 03/2007