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l’EDITORIALE
DI MARIA LUISA MASTROGIOVANNI
NON CHIAMATELI EROI
Tra le tante incongruenze della politica
economica italiana, spicca il caso dei feroci tagli alle forze dell’ordine e del contestuale mantenimento degli insostenibili
stanziamenti per missioni militari internazionali.
Mentre a carabinieri e finanzieri mancano
i soldi per il proverbiale pieno di benzina,
i colleghi delle forze armate costano
tra primo e secondo semestre 2011 oltre
un miliardo e mezzo di euro.
Per non cadere nella demagogia va ovviamente valutato il ritorno in termini geopolitici di queste spese militari. Dal secondo
dopoguerra ad oggi, l’Italia ha partecipato
ad oltre cento missioni, conquistandosi
nei decenni un ruolo centrale nella risoluzione delle controversie internazionali,
specialmente in quelle con protagonisti i
paesi islamici. L’elevatissima professionalità dei soldati italiani, l’umanità e competenza dei nostri uomini in uniforme è
unanimemente riconosciuta ed apprezzata. Al “peacekeeping all’italiana” si è
sempre affiancata una forte e autorevole
politica estera, improntata sul pragmatismo e la capacità di dialogo; basti pensare ad alcuni leader del recente passato
(Andreotti, Craxi, Prodi e D’Alema).
Attualmente l’Italia è impegnata in 28
missioni con oltre 7 mila soldati sul
campo. Il contingente più numeroso è in
Afghanistan, seguono poi Libano, Balcani
e Somalia. Il costo in vite umane dalla
strage di Nassirya ad oggi è di 69 morti.
A fronte di questo impegno, qual è oggi il
ruolo dell’Italia e la sua credibilità internazionale?
Purtroppo è ai minimi storici. L’appiattimento del Ministro Frattini su posizioni
atlantiste non ha giovato all’Italia, che si
è accomodata alla fine della lunga coda
dei filo-Americani, perdendo il rapporto
privilegiato col mondo arabo.
Agli investimenti per mantenere le truppe
all’estero non corrispondono quelli per
garantirne la sicurezza. Le ambiguità e le
bugie nella vicenda dell’uranio impoverito, sono un coperchio ustionante sollevato sulla cattiva gestione del budget
militare.
“Disinvestire” nelle missioni militari non
può quindi essere un tabù. Missioni che,
va ricordato, sono solo formalmente rispettose degli stretti vincoli costituzionali
che hanno nel «ripudio della guerra» un
caposaldo spesso dimenticato.A livello locale, brillanti operazioni come “Augusta”,
per smantellare le organizzazioni criminali mafiose che si stanno riorganizzando
attorno ai traffici internazionali di droga,
o “Sarafi”, per smembrare i nuclei criminali che trafficano esseri umani e che
hanno la Puglia e il Salento quale epicentro degli affari, dimostrano che le spese
militari necessitano di essere razionalizzate: attribuire maggiori somme da destinare alle indagini compiute da carabinieri
e finanzieri, sarebbe come dare all’antimafia una bella maserati, anzi 4, nuove di
zecca su cui volare verso l’obiettivo. Se
l’Italia spedisce all’estero in braghette i
suoi militari preoccupata di mantenere
alta la reputazione internazionale, quale
nuovo smalto darebbe all’immagine del
Paese smantellare importanti pezzi delle
nuove mafie?Obiettivo dichiarato, sì,
salvo poi disattenderlo nei fatti.
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il tacco d’italia Novembre 2011
Dei fatti, il Governo lascia che se ne occupino i militari comuni, quelli che nessuno chiama eroi, a bordo di vecchie
carrette, con stipendi inadeguati, senza
straordinari retribuiti e togliendo tempo e
denaro alle proprie famiglie.
IL TACCO D’ITALIA
Il mensile del Salento
Anno VIII - n. 86 - Ottobre 2011
Iscritta al numero 845 del Registro della Stampa
del Tribunale di Lecce il 27 gennaio 2004
EDITORE
Dinamica Scarl
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IL PROSSIMO NUMERO
1° Dicembre 2011
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L’INCHIESTA
URANIO IMPOVERITO
GLI EROI DEL SILENZIO
SI AMMALANO DI GRAVI CARCINOMI MA NON POSSONO DIMOSTRARE
CON CERTEZZA LA CAUSA. IL RIMBORSO DELLE COSTOSE CURE VIENE
OSTACOLATO DA NORME kAFkIANE. UN MURO DI GOMMA E DI OMERTà
CIRCONDA CENTINAI DI MILITARI CHE HANNO DENUNCIATO. MA CHE LO STATO,
NELL’ANNO DEL CENSIMENTO, NON RIESCE A CENSIRE CON CERTEZZA
Inchiesta di SALVATORE VENTRUTO
1993. Somalia.
Missione Restore hope.
I nostri soldati combattono
ferocemente sul campo. Si conteranno
in tutto nove morti e diverse decine di
feriti. Tra le vittime civili, la giornalista
del Tg3 Ilaria alpi e il cameraman
Miran Hrovatin: stavano indagando su
un traffico di rifiuti tossici tra l’Italia e
la Somalia. Un sottotenente dei parà,
Gianfranco Paglia, rimarrà gravemente
ferito nella “battaglia del pastificio” a
Mogadiscio e costretto sulla sedia a
rotelle; il partito di Forza Italia lo farà
eleggere alla Camera e il Presidente
della Repubblica gli appunterà sul
petto la Medaglia d’oro al Valor militare. Oggi è passato al Fli. Ma i nostri
soldati si sarebbero accorti, ben
presto, di essere privi, a differenza
degli alleati americani, di
qualunque misura di protezione. Loro, gli yankees,
con occhiali, maschere,
guanti e tute quotidianamente lavate alla fine
delle operazioni. Noi in
calzoncini e canottiera. Qualche anno
dopo inizieranno a circolare notizie di gravi
patologie tra i soldati
che avevano partecipato a quella missione,
caratterizzata dall’utilizzo di quello che gli
americani chiameranno,
da quel momento in poi, il
“metallo del disonore”: l’uranio impoverito, sottoprodotto
delle centrali nucleari. Utilizzato per
rafforzare gli armamenti, oltre che per
essere caratterizzato da una forte economicità, sarebbe stato adottato per raggiungere due obiettivi: rendere più
efficienti le armi e disperdere nell’aria
le scorie nucleari che sarebbe stato difficile e costoso smaltire.
Il primo caso sospetto in Italia è del
1994 e corrisponde al nome del Maresciallo Marco Mandolini. Di ritorno da
Mogadiscio, gli venne ufficialmente diagnosticata una “rarissima malattia tropicale”. Sorse, però, subito il dubbio
che potesse trattarsi di un’affezione dovuta a contaminazione da uranio impo-
Il primo militare
si ammala nel 1994.
Si pensa ad una rara
malattia tropicale,
ma non è così.
Verrà assassinato.
Stava indagando su
emoderivati infetti usati
dall’esercito
verito. Nel 1995 venne assassinato, in
circostanze ancora tutte da chiarire, alla
Scogliera del Romito in provincia di Livorno. Sembra fosse venuto a conoscenza di scottanti verità riguardanti
l’ambiente militare, anche in riferimento al probabile utilizzo di
emoderivati infetti. La contaminazione raggiunse in Somalia
anche il paracadutista Gianbattista Marica al quale
venne diagnosticato un linfoma di Hodgkin. Nei due
anni che contraddistinsero
la missione a Mogadiscio i
nostri militari avrebbero
tentato più volte di richiamare l’attenzione sul fatto
che gli americani potessero
contare su efficaci strumenti
di protezione. Ma dai loro superiori avrebbero ricevuto solo
silenzi.
1999. Balcani. Missione SFOR. Al ri-
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il tacco d’italia Novembre 2011
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La missione Restore Hope
Unified Task Force (UNITAF) fu
una missione sancita dall’Organizzazione delle Nazioni Unite
allo scopo di stabilizzare la situazione in Somalia a fronte di un
crescente stato di anarchia e di
grave carestia. Unitaf, conosciuta
anche come Operazione Restore
Hope, avvenne sotto il controllo
Usa, ma anche col supporto di
personale di altre nazioni, tra cui
l’Italia.
l contingente italiano operò in
particolare nell’area di Mogadiscio e nella zona di Balad. Morirono nove militari italiani. Tra le
vittime civili di Restore Hope, la
giornalista del Tg3 Ilaria Alpi, che
insieme con il suo operatore
Miran Hrovatin, fu uccisa in un
agguato da miliziani perché stava
indagando sul traffico di rifiuti
tossici dall’Europa alla Somalia.
entro dalla Bosnia, muore per una
leucemia acuta Salvatore Vacca, caporalmaggiore del 151° reggimento della
brigata Sassari. Le operazioni belliche,
sotto l’egida della NATO nella ex Jugoslavia avrebbe fatto letteralmente
“esplodere” la problematica dell’uranio
impoverito nel nostro paese. Anche in
questo caso, nessuna notizia circa l’applicazione e il rispetto di protocolli di
protezione. Di contro, si sarebbero
moltiplicate le testimonianze di militari
che, una volta tornati in Italia, avrebbero denunciato gravi condizioni di
salute, nonché l’inizio di un periodo di
totale abbandono psicologico ed economico da parte delle Istituzioni. Le
pressioni dell’opinione pubblica, dei ragazzi ammalati e delle loro famiglie diventano sempre più forti, al punto che il
Ministero della Difesa dopo anni di
smentite è costretto ad ammettere l’utilizzo di 10.000 proiettili all’uranio impoverito. Viene istituita, il 22 dicembre
2000, una commissione di indagine
presieduta da Franco Mandelli, professore emerito di Ematologia dell’Università "La Sapienza” di Roma, allo scopo
di accertare tutti gli aspetti medicoscientifici inerenti gli innumerevoli casi
di patologie tumorali riscontrati nel
personale militare impiegato in Bosnia
dal dicembre 1995 al gennaio 2001.
Tali studi, nonostante fossero inficiati
dal non aver preso in considerazione la
popolazione civile residente nei Balcani, sicuramente sottoposta ad una
esposizione meno sporadica rispetto ai
militari, rilevarono un numero, statisticamente significativo, di militari affetti
da linfoma di Hodgkin. Un dato che indusse la commissione Mandelli a ritenere necessaria una più “attenta
analisi”, nel tentativo di verificare il
possibile nesso diretto fra tali risultanze
e l’inalazione e l’ingestione delle radiazioni alfa e beta emesse dall’uranio impoverito, correlazione che non era stato
possibile identificare sulla base delle
conoscenze, fino a quel momento, disponibili. La stessa commissione puntualizzò, inoltre, di “non aver esaminato
altre cause oltre a quella dell’uranio impoverito”, facendone così supporre l’esistenza di altre. Sarà questo un
passaggio di notevole importanza, per
gli sviluppi futuri delle indagini.
Sarebbe iniziata a questo punto una stagione interminabile: quella dei silenzi
assordanti, dell’omertà, delle verità nascoste. Una stagione che avrebbe fatto
da sfondo a nuove ed innumerevoli denunce: quella del Maresciallo Stefano
Melone, 40 anni, del Sergente Maggiore
Andrea Antonaci, di Martano (primo
caso nella provincia di Lecce), di Salvatore Carbonaro, 24 anni, in forza alla
Brigata Garibaldi, del Caporalmaggiore
degli Alpini Corrado Di Giacobbe, 24
anni, del Carabiniere Rinaldo Colombo,
31 anni, uno dei primi a partire per la
Bosnia nel 1995, dei Caporalmaggiori
Valery Melis e Luca Sepe di 27 anni.
Tutti deceduti dal 2000 al 2004, anno
in cui sarebbe stata istituita la prima
Commissione parlamentare d’inchiesta.
Se da un lato, tale commissione, escluse
la presenza di qual minimo elemento
L’Uranio impoverito
L’uranio impoverito è ottenuto
come scarto del procedimento di
arricchimento dell’uranio. Nel
ciclo attuale del combustibile nucleare, a partire dall’uranio purificato, si ottengono il
combustibile arricchito ed una
grande quantità di uranio impoverito di scarto. Oltre che in applicazioni civili, l’uranio
impoverito viene usato nelle munizioni anticarro e nelle corazzature di alcuni sistemi d’arma.
Nel 2001 Carla del Ponte, allora a
capo del Tribunale Penale Internazionale per l’ex-Jugoslavia affermò che l’uso di armi all’uranio
impoverito da parte della NATO
avrebbe potuto essere considerato un crimine di guerra.
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il tacco d’italia Novembre 2011
che potesse far credere ad una diretta
correlazione tra le patologie riscontrate
nei militari e la contaminazione da uranio impoverito, dall’altro ricondusse
l’esistenza di un “rischio significativo
per la salute dei militari all’inalazione
delle nanoparticelle prodotte dalle alte
temperature che si creano nel momento
in cui i proiettili all’uranio colpiscono il
bersaglio”. Veniva, pertanto, già nel
2006, riconosciuta la potenziale pericolosità delle nanoparticelle, le quali sarebbero state oggetto di ulteriori
approfondimenti da parte della successiva commissione, presieduta dalla senatrice Menapace. Tale commissione
avrebbe raggiunto un risultato importante decidendo di sostituire il nesso diretto di causalità (tuttora quasi
impossibile da provare) con un criterio
probabilistico, secondo cui “il verificarsi
dell’evento morboso avrebbe costituito,
per il personale militare, motivo sufficiente per ricorrere agli strumenti indennitari ed assistenziali previsti dalla
legge”. Un’impostazione, questa, che
trovò, come vedremo in seguito, accoglimento anche in sede normativa.
Ma la burocrazia non aveva ancora
espresso tutto il suo devastante potenziale.
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IN SCENA UN NUOVO AVVERSARIO:
IL “CRITERIO PROBABILISTICO”
Il criterio probabilistico
è il nuovo “nemico” di questi
sfortunati ragazzi in divisa. Si tratta
di una modalità giuridica che sarebbe
stata assorbita, dal punto di vista normativo, dalla legge n. 222/2007, con la
quale sarebbero stati stanziati 175,72
milioni di euro per il biennio 20072008 e 3,2 milioni a decorrere dal 2009
e dalla legge finanziaria del 2008 che
avrebbe previsto lo stanziamento di altri
30 milioni di euro per il triennio 20082010. La politica sembrava, per una
volta, aver operato nell’interesse del
personale militare e civile che, impegnato in teatri di conflitto particolarmente difficili, avesse contratto
infermità connesse all’esposizione e
all’utilizzo di proiettili all’uranio impoverito e alla dispersione nell’ambiente
di nanoparticelle tossiche. Tuttavia, in
sede di attuazione della normativa, attraverso un decreto del presidente della
Repubblica (dpr n.37/2009), si sarebbe
ristretto fortemente il margine di applicazione della stessa, subordinando la
concessione dei benefici alla dimostrazione del nesso causale diretto tra infermità o patologia tumorale contratta e
uranio impoverito. Sarebbe stata così
innalzata una barriera invalicabile essendo quasi impossibile, ancora oggi,
dimostrare tale nesso. Le difficoltà,
però, non si sarebbero limitate a questo
aspetto. Nello stesso decreto sarebbero
stati posti infatti anche dei limiti temporali che obbligavano il personale militare interessato, a presentare l’istanza
di risarcimento entro sei mesi a
decorrere dal 7 maggio 2009
(data di entrata in vigore del suddetto dpr n. 37/2009) e, per gli
eventi successivi a tale data,
entro sei mesi dalla manifestazione della malattia e comunque
non oltre il 31 dicembre 2010.
La Direzione generale della previdenza militare (Previmil)
avrebbe avuto il compito di
istruire le domande e di verificare, presso i comandi dei reparti, le circostanze di tempo e
luogo indicate dall’interessato come
cause di insorgenza della patologia,
nonché l’accertamento di dipendenza
della stessa da causa di servizio. Il Comitato di verifica delle cause di servizio
(direttamente dipendente dal ministero
delle Finanze e del Tesoro) avrebbe dovuto fornire un parere motivato e vincolante sulla effettiva dipendenza da
contaminazione da uranio impoverito
della patologia riscontrata e dare, conseguentemente, il via libera al provvedimento di concessione o di negazione
del beneficio. Previmil avrebbe eventualmente licenziato la pratica entro
trenta giorni dall’acquisizione del parere dal Comitato. Il risultato prodotto
da tale meccanismo è purtroppo sotto
gli occhi di tutti: solo in sei casi il Comitato si sarebbe pronunciato per la
contaminazione da uranio impoverito.
Mentre si partoriva questo mostro di burocrazia il Tribunale di Firenze, il 17
dicembre 2008, avrebbe riacceso le
speranze di molti ragazzi e delle loro famiglie obbligando il ministero della Difesa a risarcire, con la somma di 545
mila euro, i familiari del paracadutista
Gianbattista Marica. Nella storica sentenza veniva accertato “un atteggiamento non ispirato ai principi di cautela
e responsabilità da parte del ministero
della Difesa, consistito nell’aver ignorato
le informazioni in suo possesso circa la
presenza di uranio impoverito nelle aree
interessate dalla missione e nel non aver
impiegato tutte le misure necessarie per
tutelare la salute dei propri militari no-
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il tacco d’italia Novembre 2011
La norma subordinava
la concessione di benefici
economici
alla dimostrazione
del nesso causale
fra patologia
e esposizione del militare
all’uranio impoverito
nostante l’adozione di tali misure di prevenzione fosse stata più volte segnalata
dai militari italiani”. Un anno dopo sarebbe stato il tribunale civile di Roma
ad assegnare ai familiari del galatinese
Alberto Di Raimondo, deceduto, anche
lui, per linfoma di Hodgkin contratto
dopo una missione nei Balcani, un risarcimento di 1,4 milioni di euro. “Il
militare, pur volontario, non era stato
messo al corrente dei rischi connessi alle
operazioni nelle zone in cui sarebbe stato
presente l’uranio impoverito” si legge
nella sentenza. Poco tempo dopo anche
i tribunali civili di Roma e Cagliari
avrebbero rispettivamente condannato il
Ministero al risarcimento dei familiari
di Salvatore Vacca, prima vittima della
cosiddetta “Sindrome dei Balcani”, e di
Valery Melis. In riferimento a quest’ultimo “si deve ritenere, si legge nella
sentenza emessa lo scorso 13 agosto che
il linfoma di Hodgkin sia stato contratto
a causa dell’esposizione ad agenti chimici
e fisici potenzialmente nocivi durante il
servizio militare nei Balcani, atteso che
proprio i detriti reperiti nel suo organismo hanno ben più che attendibilmente
causato alterazioni gravi alle cellule del
sistema immunitario come rilevato con
frequenza di gran lunga superiore alla
media per i militari rientrati dai Balcani.
Inoltre, prosegue la sentenza, nonostante l’Esercito Italiano fosse stato
preavvertito da altro comando alleato di
tale situazione non aveva fornito alcuna
informazione del pericolo e non aveva
adottato alcuna misura protettiva per la
salute dei nostri giovani militari”.
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IL CENSIMENTO DEI MALATI
I DATI DEL PREVIMIL E DEL COMITATO DI VERIFICA NON COINCIDONO.
NON SI SA qUANTI SIANO DAVVERO I MILITARI AMMALATI. POI LA SVOLTA
DEL 14 SETTEMBRE
Sul piano civile, quindi,
sono stati raggiunti dei
risultati importanti, mentre sul
piano politico la vicenda uranio non è
riuscita a “ritagliarsi” quello spazio che
meritava. Per lo meno fino allo scorso
febbraio quando, attraverso l’approvazione di un emendamento al decreto
legge n. 228 di proroga delle missioni
internazionali, sono stati estesi alle vittime del dovere e ai soggetti equiparati
(quindi anche al personale militare e civile che, partecipando a missioni internazionali di pace, avesse contratto gravi
patologie tumorali dipendenti da causa
di servizio per le particolari condizioni
ambientali ed operative) i benefici riconosciuti alle vittime del terrorismo e
della criminalità. Tra questi l’assistenza
psicologica a carico dello Stato, l’esenzione ticket per le prestazioni sanitarie,
la corresponsione di un assegno vitalizio e di una speciale elargizione. Più
precisamente è stata nuovamente superata la necessità di dimostrare il nesso
di causalità diretto tra il verificarsi di
stati morbosi e l’uranio impoverito
(come stabilito nel dpr n. 37/2009) per
ritornare al criterio probabilistico assorbito dalla legge finanziaria del 2008.
Un risultato, questo, importantissimo, il
cui merito deve essere attribuito all’attuale commissione d’inchiesta, istituita
il 16 marzo 2010 e presieduta dal senatore salentino Rosario Giorgio Costa,
impegnata negli ultimi mesi in una vera
e propria corsa contro il tempo, al fine
di evitare che le risorse previste per il
triennio 2008-2010 destinate alla “problematica uranio” (circa 30 milioni di
euro) vadano per l’ennesima volta perdute. A tal proposito, i commissari
hanno più volte contemporaneamente
audito esponenti della Direzione generale della previdenza militare e del Comitato di verifica delle cause di servizio
al fine di giungere ad una precisa definizione del numero di richieste di risarcimento presentate dal personale
militare. L’obiettivo e stato quello di
stabilire, in modo definitivo e sulla base
della nuova normativa, quante di esse
possano essere accolte, quante debbano
essere respinte e quante necessitino di
una integrazione dell’istruttoria ovvero
di ulteriore e più approfondita documentazione.
Ciò al fine di pervenire il prima possibile alla quantificazione della spesa e
alla redazione del relativo piano di riparto.
Dopo una iniziale ed imbarazzante non
coincidenza tra i dati in possesso di
Previmil e quelli annunciati dal Comitato di verifica delle cause di servizio,
nella seduta del 14 settembre scorso il
direttore generale di Previmil, Teodoro
Bilanzone, hanno riferito “di 355 domande presentate, alle quali potrebbero
aggiungersi altre 74 richieste che, seppur già esaminate e respinte, potrebbero essere riammesse nei termini in
virtù della modifica legislativa intercorsa. Delle 355 domande precedentemente menzionate, 317 sono state
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il tacco d’italia Novembre 2011
Su 355 domande
presentate da militari
ammalati solo 50
sono state accolte.
Molti restano in silenzio.
Preferiscono
non denunciare
inoltrate al Comitato di verifica delle
cause di servizio che ne ha accolte 50 e
respinte 154. Di queste 154, 17 sono
state respinte definitivamente mentre
per le restanti 137, dopo aver inviato
agli interessati un avviso di diniego, si è
in attesa dell’invio di ulteriori controdeduzioni finalizzate alla richiesta di un
loro riesame. Restano all’esame del Comitato 28 pratiche mentre per ulteriori
85 domande è in corso l’integrazione
dell’istruttoria”.
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“IO, AMMALATO, MUTO”
LA STORIA DI UN GIOVANE MILITARE DI CARMIANO, CHE DAL 2002 COMBATTE
CON IL CANCRO A CAUSA DELL’URANIO IMPOVERITO. MA CHE PREFERISCE
NON DENUNCIARE
Dopo anni caratterizzati
da forti difficoltà nel
reperimento dei dati si inizia ad
avere un quadro più definito o, per lo
meno, si sta operando in quella direzione. Ma quanti sono però i militari
che, una volta scoperta la malattia, sono
costretti a rimanere in silenzio? E’ il
caso, ad esempio, di un ragazzo di Carmiano che ha partecipato a quasi tutte
le missioni internazionali di pace degli
ultimi anni: Kosovo, Iraq, Albania poi
ancora Kosovo. “Nel 2002 – dice il militare- mi è stata riscontrata una neoplasia maligna che mi ha costretto in poco
meno di dieci anni a sottopormi a dieci
interventi chirurgici. Sono vittima del dovere e mi è stata riconosciuta la causa di
servizio ma non ho ancora ricevuto
alcun aiuto economico perché non ci
sono i soldi. La mia malattia è molto
seria – continua - e mi sottopongo a
continui cicli di chemioterapia recandomi spesso nel Nord Italia. Sono ancora in servizio a Lecce e per questo non
voglio rivelare le mie generalità. Potrei -
“Se denunciassi avrei
problemi col mio
comandante. Perché
sono in servizio a Lecce.
Voglio continuare
a lavorare”
conclude il militare - avere ritorsioni e
problemi con il comandante e in questo
momento non voglio aggiungere nella
mia vita altre complicazioni”.
Il Presidente Costa avrebbe più volte
sottolineato, in questi mesi, “la necessità di concludere al più presto la ricognizione delle pratiche e l’intera
procedura concessiva al fine di adottare
tutte le misure idonee a scongiurare il rischio che le risorse, faticosamente conservate per l’esercizio finanziario in
corso, vadano poi in economia”. La Ragioneria dello Stato, sulla base della vi-
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il tacco d’italia Novembre 2011
gente legislazione contabile, avrebbe
espresso forti contrarietà sull’ipotesi di
mantenimento dell’iscrizione in bilancio
di tali risorse anche per il 2012 (circa
24 milioni di euro), alla luce soprattutto
del fatto che, allo stato attuale, sono
solo cinquanta le pratiche sulle quali è
stato espresso un parere definitivamente favorevole. Dopo la bocciatura
del decreto di impegno generico e le
numerose riserve, tuttora esistenti, in
merito ad un ipotetico “trascinamento”
delle risorse al 2012, nella seduta del
21 settembre scorso il generale Del
Sette, capo dell’Ufficio legislativo del
Ministero delle Difesa, ha annunciato,
in vista della presentazione del disegno
di legge di stabilità, “la predisposizione
di una proposta per il trascinamento
della parte residua delle somme già
iscritte in bilancio allo stato di previsione del 2012”. Indiscrezioni dell’ultima ora riferiscono, invece, della
previsione, sempre all’interno della
legge di stabilità, di un nuovo stanziamento.
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UN MICIDIALE COCkTAIL DI VELENI
NEL SANGUE DEL PILOTA SALENTINO
Un esempio di inaccettabile
pressapochismo dell’apparato
burocratico militrare è quello che
ha dovuto subire sulla propria pelle un
militare che aveva prestato servizio in
Bosnia nel 1996, effettuando varie operazioni di intervento e assistenza sanitaria a favore di militari ma anche della
popolazione civile. Questo soldato, un
ufficiale superiore peraltro, risultava
iscritto nel Ruolo d’Onore ed inserito
nell’elenco delle vittime del dovere. Insomma: per l’Esercito era morto! Accanto al nome del militare era riportata
la data del decesso: 30 ottobre 2007.
Fortunatamente, invece, l’uomo era vivo
e combatteva coraggiosamente, giorno
per giorno, non soltanto contro la malattia che lo aveva colpito in servizio ma
anche contro l’indifferenza. Eppure per
lo Stato già non esisteva.
È la storia del Colonnello dell’Esercito
Carlo Calcagni, 43 anni, di Guagnano
(Lecce). Reduce dalla missione internazionale di pace in Bosnia, nel 2002 durante un ricovero in ospedale per
accertamenti, apprese di essere rimasto
contaminato da metalli pesanti, generati
dall’esplosione di ordigni all’uranio impoverito. La massiccia presenza di queste terribili scorie nel suo organismo
(un cocktail terrificante camposto da
alluminio, cadmio, piombo, antimonio,
arsenico, bario, cesio, mercurio, nichel,
rame, tallio, stagno, zinco e tungsteno)
avrebbe prodotto una mutazione genetica e sviluppato una grave forma di
Mcs (Sensibilità Chimica Multipla) a
150 sostanze, oltre a rendere necessario
un trapianto allogenico di midollo
osseo. Una situazione di salute talmente
grave che portò al congedo per riforma
dall’Esercito.
È il 2007 e i referti medici sarebbero
stati molto chiari: Carlo aveva contratto
numerose patologie, tra le quali linfomielo-displasia con citopenia refratta-
I due fronti del calvario
del colonnello Calcagni,
gli intoppi
e gli ostruzionismi
della burocrazia sanitaria
e militare e le terapie.
Carlo Calcagni in tuta da volo. Pronto per
una delle sue tante missioni in Bosnia. Al ritorno in Italia nel 2002, sottoponendosi ad
alcuni accertamenti, apprese di essere rimasto contaminato da metalli pesanti (tra
questi cadmio, piombo, alluminio, mercurio, nichel) generati dall’esplosione di ordigni all’uranio impoverito.
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ria, encefalopatia tossica e una grave
forma di insufficienza respiratoria che
lo avrebbe costretto ad ossigenoterapia
per diciotto ore al giorno, nonché a dormire con un apparecchio per la respirazione assistita. Da quel momento tutto
sarebbe cambiato. La malattia lo
avrebbe periodicamente costretto a recarsi a Londra in un centro di altissima
specializzazione, il Breakspear Hospital,
per sottoporsi a cicli di terapie durissimi e molto costosi. Ma i suoi nemici
non sarebbero stati solo i molteplici metalli presenti nel suo organismo. Anche
le Istituzioni gli avrebbero, ben presto,
voltato le spalle, soprattutto quel Ministero della Difesa che, come un padre fa
con i suoi figli, dovrebbe avere a cuore
la salute e la vita dei suoi dipendenti,
dei suoi ragazzi.
All’inizio sarebbe riuscito a sostenere le
spese per le cure (cinquanta mila euro
per ogni ciclo di trattamento da effettuarsi a cadenza trimestrale) ma dopo,
in gravissime difficoltà economiche, sarebbe stato costretto a fare ricorso a
prestiti bancari, di amici e familiari.
Carlo, appena nominato consulente
dell’attuale Commissione d’Inchiesta,
avrebbe denunciato durante la sua
prima audizione, “l’aggiramento della
previsione legislativa che stabilisce l’addebito, all’amministrazione di appartenenza, di tutte le spese di assistenza
(ricoveri, cure, medicinali e quant’altro)
per i militari che in missione internazionale di pace abbiano contratto una invalidità permanente derivante da causa di
servizio”.
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DOPPIA FATTURA.
E IL MURO DI GOMMA è SERVITO
UN SEMPLICE CAVILLO MA INSUPERABILE. DUE FATTURE IDENTICHE,
IN ORIGINALE, NON SI POSSONO EMETTERE. MA LO STATO LE RICHIEDE
PER IL RIMBORSO
Il Colonnello Carlo Calcagni in Bosnia. Durante la missione effettuò centinaia di operazioni di intervento ed assistenza sanitaria a
favore di militari e della popolazione civile.
Il 21 luglio 2009 è una
data che Carlo Calcagni e
gli altri ragazzi non avrebbero
dimenticato. Quel giorno la Direzione
generale della Sanità militare ha emanato una circolare che ostacolerà palesemente l’applicazione delle norme
inerenti il rimborso delle spese sanitarie e di assistenza, introducendo una
procedura a dir poco macchinosa. I nostri ragazzi sarebbero stati traditi, ancora una volta, da chi avrebbe dovuto
tutelare i loro diritti e la loro salute. “Il
ricovero presso strutture di altissima specializzazione non solo è subordinato alla
concessione dell’autorizzazione da parte
della Sanità Militare (dopo apertura
dell’istanza da parte del diretto interessato) - affermerà Calcagni nella stessa
audizione - ma la documentazione da
presentare, ai fini dell’ottenimento della
stessa, è abnorme e di difficile reperibilità”: la copia del decreto di riconoscimento della causa di servizio, le
dichiarazioni, da parte delle strutture sanitarie pubbliche e militari, di impossibi-
lità a fornire la prestazione richiesta, le
certificazioni di un medico militare e di
un medico civile che attestino l’urgenza
e la non eseguibilità in Italia della medesima prestazione, il parere della Asl di
appartenenza, nonché la disponibilità
della stessa a contribuire alle spese nella
misura dell’80 per cento”.
Il Ministero della Difesa, con quest’ultima disposizione avrebbe in pratica
trasferito alle Asl l’onere e la competenza della rimborsabilità delle spese
sanitarie facendo ricorso alla ratio contenuta nel decreto del ministero della
Salute del 3 novembre 1998 secondo
cui si prevedeva, per ogni cittadino italiano, che si trovasse in situazioni di salute particolarmente gravi, la possibilità
di curarsi all’estero e ottenere il rimborso delle spese dalle Asl, nella misura dell’80 per cento.
Un ulteriore ostacolo burocratico per
l’ottenimento del rimborso sarebbe stato
l’obbligo di produrre, in formato originale, una doppia fattura da parte della
struttura ospedaliera ospitante (nel caso
di Calcagni il Breakspear Hospital),
10
il tacco d’italia Novembre 2011
La trafila burocratica
è svilente e umiliante.
Ogni ciclo di cure costa
50mila euro per 15
giorni. Finché
il Tribunale di Brindisi
impone il rimborso
una da indirizzare alla Asl di appartenenza, l’altra alla Direzione Generale
della Sanità Militare. E’ chiaro che questa disposizione avrebbe ulteriormente
complicato le cose.
“I miei ricoveri, – afferma il Maggiore
Calcagni - vengono stabiliti di volta in
volta. All’atto delle dimissioni mi assegnano la terapia da effettuare tutti i
giorni in Italia e mi fissano la data del
successivo ricovero. Tra le terapie sono
previste sei punture di vaccini da effettuare ogni mattina, appena sveglio. Ogni
vaccino-cocktail contiene 25 sostanze.
Quindi, complessivamente, tutte le mattine mi inietto gli antidoti per le 150 sostanze che potrebbero produrmi delle
reazioni anche gravi come blocco respiratorio, shock anafilattico, fibrillazioni
cardiache. Ogni giorno, oltre alle 4-5
ore di flebo, mi sottopongo, attraverso
l’utilizzo di particolari macchine a radiofrequenza, a trattamenti di ipertermia
volti ad innalzare artificialmente la temperatura corporea. Tale trattamento è
molto utilizzato nella cura delle patologie oncologiche”.
La vita di Carlo non è solo lotta quotidiana contro la malattia. È anche battaglia giudiziaria finalizzata al
riconoscimento dei propri diritti e di
tutti coloro che hanno servito lo Stato.
Una battaglia che ogni giorno si rivela
doppiamente difficile perché condotta
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non solo contro il Ministero della Difesa
ma anche contro la Asl di Brindisi.
Quest’ultima, dopo aver autorizzato i
primi ricoveri a Londra avrebbe negato
le successive autorizzazioni convinta
che la cadenza trimestrale degli stessi
fosse troppo ravvicinata. Da qui il ricorso di Calcagni al Tribunale di Brindisi che, in data 12 luglio 2011, si è
pronunciato favorevolmente, dichiarando “ il diritto del ricorrente a essere
curato presso il Breakspear Hospital di
Londra secondo le modalità e le tempistiche stabilite dallo stesso centro ospedaliero, con rimborso delle spese a
carico della Asl di Brindisi secondo
quanto previsto dall’art. 6 del Decreto
del Ministero della Salute del 3 novembre 1998”. Contro questa sentenza la
Asl di Brindisi ha presentato ricorso
chiedendo l’integrazione del contraddittorio anche nei confronti del ministro
dell’Interno, del ministero della Difesa
e del ministero dell’Economia sulla
base di quanto previsto nel decreto del
presidente della Repubblica n. 243 del
7 luglio 2006. Il dpr in questione stabilisce, infatti, a favore delle vittime del
dovere (e Calcagni lo è) “l’esenzione del
pagamento del ticket per ogni tipo di
prestazione sanitaria”. Il Tribunale
però, lo scorso 16 agosto, ha respinto il
ricorso precisando che “i benefici previsti nel dpr 243/2006 in favore delle vittime del dovere sono cosa ben diversa
dal diritto del colonnello Calcagni, disciplinato dal decreto del ministero della
Salute del novembre 1998, di essere cu-
rato presso il centro ospedaliero londinese. Un diritto che spetta a tutti i cittadini che si trovino nelle condizioni di
salute previste, indipendentemente dall’essere vittima del dovere o meno”. Le
disposizioni che attribuiscono alla Asl
di appartenenza la copertura dell’80 per
cento delle spese sanitarie sono contenute nel decreto del ministero della Sa-
riabilitazione presso centri di altissima
specializzazione all’estero), degenza e
cura. Inoltre, nelle more del riconoscimento della dipendenza da causa di servizio, l’Amministrazione garantisce non
solo la partecipazione, ma anche l’anticipazione delle spese di degenza e di
cura in relazione agli importi non corrisposti dal Servizio Sanitario Nazionale”.
Ministero della difesa e Asl si rimpallano la patata
bollente, scaricandosi le competenze dei rimborsi.
E Calcagni ogni 15 giorni ripercorre il suo Calvario
lute del novembre 1998 e sono state
assorbite nella circolare emanata il 21
luglio 2009 dalla Direzione generale
della Sanità militare.
La storia di Carlo è stata anche oggetto
di alcuni atti di sindacato ispettivo presentati in Commissione difesa dal senatore dell’Italia dei Valori Giuseppe
Caforio. Il 6 luglio 2010 il sottosegretario alla Difesa Cossiga, rispondendo ad
uno di questi atti, sosteneva che “ai
sensi delle disposizioni di cui all’articolo
1, comma 221, della legge n. 266/2005
e dell’articolo 1, comma 555, della
legge n. 296/2006, l’Amministrazione
della Difesa provvede al rimborso delle
spese sanitarie a favore del personale
militare, la cui infermità sia stata riconosciuta dipendente da causa di servizio.
In particolare sono rimborsabili tutte le
spese per prestazioni sanitarie (tra cui la
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il tacco d’italia Novembre 2011
A questa risposta però non è stata mai
data concreta attuazione.
Allora chi deve rimborsare queste
spese? Il Ministero della Difesa o la Asl
di Brindisi?
Una storia infinita, quella di Carlo, ancora in attesa che sia riconosciuto un
suo sacrosanto diritto, ennesima vittima
della tecnica dello scarica barile, adottata dalle Istituzioni ogniqualvolta ci sia
una situazione urgente da risolvere.
Tanti ragazzi che vivono in silenzio il
loro dramma e non hanno la “fortuna”,
come lui, di far conoscere la loro condizione subiscono quotidianamente l’indifferenza dello Stato e delle Istituzioni.
Altri ancora, a causa di questa indifferenza, ci hanno già lasciato. “Mai arrendersi” ripete, quasi ossessivamente
Carlo. E intanto, di ritorno da Londra,
disfa l’ennesima valigia.
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E SE FOSSERO I VACCINI?
DAL 1996 AD OGGI SONO 2624 I MILITARI AMMALATI DI PATOLOGIE COME
qUELLE PROVOCATE DALL’URANIO. MA NON SONO MAI PARTITI IN MISSIONE.
L’IPOTESI è SOTTO LA LENTE DELLA COMMISSIONE.
MA GIà CI SONO I PRIMI RISULTATI NON UFFICIALI
Andrea Rinaldelli è il
padre di Francesco, morto a
24 anni per un linfoma di Hodgkin
dopo aver prestato servizio come pattugliatore presso l’ex stabilimento chimico di Porto Marghera. Francesco,
nativo di Potenza Picena, non è mai
uscito dall’Italia e non ha mai partecipato ad alcuna missione internazionale
di pace. Eppure non c’è più. Durante
l’audizione in Commissione del 15
marzo 2011 Rinaldelli, accomunando la
vicenda di suo figlio a quella di molti
altri militari, indicava le vaccinazioni
come comune denominatore delle innumerevoli patologie tumorali riscontrate
nei militari. “Il 24 febbraio 2004, dice
Andrea Rinaldelli, che incontriamo a
Roma nel settembre scorso, a Francesco
viene somministrato, secondo quanto riportato nel libretto vaccinale, il vaccino
antitetanico, l’antitifico (Vivofif), nonostante l’avesse già fatto poco prima,
l’antimeningococcica (Mengevax). Nello
stesso libretto viene indicata, a penna e
senza precisare la data, la somministrazione del Morupar (vaccino contro morbillo, rosolia e parotite), ritirato qualche
anno fa dal mercato in quanto tossico.
L’antitifica, continua il signor Rinaldelli, è costituita da 3 compresse che
vanno somministrate a giorni alterni (e
ciò è correttamente riportato sul libretto
vaccinale) ma altri ragazzi e compagni
di Francesco mi hanno spiegato che in
alcuni casi queste tre compresse venivano date ai militari senza che ad essi
fossero spiegate le modalità di somministrazione. Quindi alcuni le avrebbero
prese tutte insieme ed altri giornalmente”. Nella stessa seduta del 15
marzo di fronte alla Commissione d’inchiesta sull’uranio impoverito, Andrea
Rinaldelli ha parlato di forti discrepanze tra quanto scritto sui libretti vaccinali e quanto riportato nei certificati
vaccinali: “Qual è allora la verità? A
Un padre e una madre
coraggiosi, contro tutto
e tutti, analizzano
liquido seminale
e cellule staminali
dei figli defunti.
Sono contaminati.
Ma non erano
in missione
quali vaccinazioni è stato sottoposto
Francesco”?
La problematica sulle vaccinazioni multiple è stata anche sottolineata nella relazione finale del Progetto Signum,
illustrata il 19 gennaio scorso in Commissione. In questa relazione veniva
stabilito che “l’ossidazione cellulare del
Dna, riscontrata nei militari appartenenti allo stesso campione era da collegare allo stress psicofisico e alle
vaccinazioni multiple”. E proprio su tali
risultanze Andrea Rinaldelli, rafforza la
sua tesi secondo cui: “la tossicità dei
vaccini sommata alla loro errata somministrazione crea uno squilibrio a livello
immunitario, aumentando la probabilità
di contrarre malattie”. E continua: “Nel
momento in cui indossi una divisa, lo
Stato è tenuto a mettere in atto per questi ragazzi tutte le precauzioni possibili.
Io voglio arrivare a scrivere sulla lapide
di mio figlio che è morto per lo Stato e
non per colpa dello Stato”.
Andrea Rinaldelli è in rete con tante famiglie che, contando sul prezioso sostegno del Comitato nazionale danneggiati
vaccini (Condav), stanno conducendo
questa importante e difficile battaglia.
Raffaele Finessi e Santa Passaniti sono
i genitori di Francesco Finessi, deceduto il 1 dicembre 2002 all’ospedale
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il tacco d’italia Novembre 2011
San Martino di Genova per un linfoma
non Hodgkin. Anche a Francesco furono somministrati vaccini poi ritirati
dal mercato (il Neotyf).
“Francesco, afferma la signora Passaniti
raggiunta telefonicamente, in data 26
settembre 2000 veniva vaccinato con il
Mencevax, Morupar e Neotyf. Il successivo 2 ottobre sarebbe stato sottoposto
al vaccino antitetanico pur essendo già
coperto. Dopo circa una settimana si
trasferisce presso il 16° Reggimento Alpini di Belluno. Nell’aprile 2001, a tre
mesi dal congedo veniva rifatta la vaccinazione col Neotyf. Per quale motivo sarebbe stato somministrato nuovamente
questo vaccino? Nel gennaio 2002 il ministero della Salute ha ritirato il Neotyf
su richiesta della casa farmaceutica di
produzione per “ragioni di mercato”.
Con questo escamotage sarebbe stata
evitata l’indagine della magistratura.
“Al posto di un vero e proprio libretto
vaccinale debitamente compilato, le vaccinazioni somministrate a mio figlio,
continua la signora Passaniti, erano riportate su un foglio compilato manualmente ed anche approssimativamente
visto che Francesco su quel foglio risultava, erroneamente, come contadino”.
Nel 2004 la famiglia Finessi ha fatto
esaminare da Antonietta Gatti, responsabile del laboratorio dei biomateriali
dell’Università di Modena e Reggio
Emilia, il liquido seminale e le cellule
staminali di Francesco. Nei campioni
osservati è stata riscontrata la presenza
di corpi estranei micro e nano dimensionati contenenti piombo, zinco, rame,
antimonio e cobalto. La stessa dottoressa Gatti il 30 luglio 2004 ha riportato
sul referto che “la presenza di questi
corpi estranei in sedi così interne del
corpo umano (cioè nel liquido seminale
e nelle cellule staminali) sta ad indicare
una disseminazione in tutte le parti del
corpo. Non sono tuttavia noti in lettera-
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temperature che si generano nel motura i possibili effetti tossici sintetici di
dello, papà di Fabio - hanno provocato
mento in cui il proiettile all’uranio impotali particelle”. La signora Passaniti ha
la leucemia mieloide”. La nostra tesi
verito colpisce il bersaglio. Questo si
trova conforto negli studi compiuti dal
commissionato alla dottoressa Gatti,
vaporizza generando polveri sottilissime
Massimo Montinari, specialista in chirursempre nell’estate del 2004, anche
che, inalate o ingerite, sono in grado di
gia pediatrica, e funzionario medico
l’analisi di cinque vaccini, in quel mogenerare forme tumorali molto gravi”.
della Polizia Di Stato. Quando enmento sul mercato, al fine di verificare
Queste sono allo stato attuale le uniche
trammo in contatto con Montinari questi
la presenza o meno di corpi estranei al
certezze”.
ci informò non solo della tossicità di alloro interno. I risultati furono sorprendenti: nel vaccino antitifico Vivotif sono cuni vaccini che, nonostante fossero stati Anche Mauro Minelli, direttore del
proibiti negli Stati Uniti e in altri paesi,
state riscontrate particelle di piombo,
Centro Imid di Campi Salentina, anin Italia si sarebbe continuato ad utilizferro e antimonio, nel Typhim (sempre
ch’egli consulente dell’attuale commiszare fino al 2007, ma anche della corre- sione d’inchiesta, ha manifestato la
antitifico) sono stati trovati detriti di
lazione, comprovata da alcuni studi,
ferro, zirconio, stronzio e bismuto, nel
necessità di focalizzare l’attenzione
della leucemia mieloide con alcuni meMencevax (somministrato a Francesco
sulle nano e micro particelle. Tra l’altro
talli quali alluminio e mercurio contenuti il Centro Imid, come sancito dalla Renel momento dell’arruolamento) alcune
in alcuni di essi.
particelle a base di zirconio e di ferro,
gione Puglia con una delibera di
nell’Anatetal alcuni detriti di ferro,
Giunta, diventerà punto di riferimento
Lo stesso Montinari, audito dall’attuale
zolfo e bario, nel Morupar, ritirato dal
importante per le patologie connesse alCommissione d’inchiesta lo scorso 6
mercato nel 2006, a causa delle innul’esposizione all’uranio impoverito e ai
aprile, ha sottolineato la necessità di
merevoli reazioni allergiche riscontrate,
metalli pesanti, istituendo al suo indedicare maggiori attenzioni ai militari
non è stato rinvenuto nulla.
terno un biorepositorio, una vera e proche, pur non partecipando ad alcuna
pria banca dati di cellule appartenenti
missione internazionale e quindi non
“Quale uranio? Usano l’uranio, afferma
ai militari partecipanti alle missioni inessendo stati a contatto con l’uranio imla signora Passaniti, per coprire qualternazionali di pace, i
cosa di più grande. Nel
quali saranno sottoposti
2007 l’allora ministro della
Fabio Mondello, di Gallipoli, muore per una a dei prelievi accurati
Difesa Parisi alla commisnon solo prima della
sione d’inchiesta presieduta
leucemia fulminante.
partenza ma anche al
dal senatore Franco, prenAveva fatto massicce vaccinazioni
momento del loro provdendo come riferimento il
visorio o definitivo riperiodo 1996 – 2006,
torno in patria. Ciò permetterà di
parlò di 255 militari impiegati nelle mispoverito, avevano contratto neoplasie e
monitorare l’alterazione genetica che le
sioni internazionali che avevano conpatologie immunomediate.
cellule potrebbero aver subito nel petratto malattie tumorali ma fece anche
“La forma leucemica che ha colpito mio
riodo di permanenza all’estero. Ma nel
riferimento a 1427 militari che, nello
figlio - continua Pietro Mondello – se
periodo 1996 -2006 non si sono ammastesso periodo, pur non essendo impiegati fosse stata diagnosticata nella fase inilati o non sono deceduti solo i militari
in missioni internazionali, si erano ugualziale, avrebbe permesso l’adozione temche hanno partecipato alle missioni inmente gravemente ammalati. Cifra
pestiva di una terapia farmacologica,
ternazionali di pace. Gravi malattie,
quest’ultima che negli ultimi anni è ultetale da consentire a Fabio di poter soanche fatali, hanno colpito anche altri
riormente cresciuta raggiungendo le
pravvivere”. Ed è proprio sul ritardo
giovani ragazzi che all’estero non ci
2624 unità. Questi ragazzi non possono
della diagnosi che il Tribunale Civile di
sono mai andati. Per questo il cerchio,
essere accomunati ai militari dell’AfghaRoma ha basato la sentenza del 1 ottonistan, del Kosovo o dei Balcani. La loro
bre 2008 con la quale si è disposto il ri- forse, non è ancora chiuso.
storia è molto differente”.
sarcimento economico a favore della
famiglia Mondello. Nella stessa senStorie che si intrecciano, e su cui si initenza però si esclude ogni correlazione
zia finalmente ad informare. Come
tra la malattia e le vaccinazioni. L’amquella di Fabio Mondello, originario di
ministrazione militare ha presentato,
Gallipoli, deceduto il 26 settembre
contro questa sentenza, ricorso in ap2001 a Roma presso l’Ospedale San Fipello.
lippo Neri per una leucemia mieloide
L’assenza di una causalità diretta viene
acuta. Di stanza presso l’11° Reggiconfermata dalla dottoressa Antonietta
mento Trasmissioni di Civitavecchia,
Gatti, del Dipartimento dei Biomateriali
Fabio fu sottoposto dal 3 luglio 2000 al
dell’Università di Modena e Reggio
7 marzo 2001 a nove somministrazioni
Emilia: “Le analisi effettuate sui vaccini
vaccinali. In questo periodo gli furono
somministrati per due volte l’antimenin- che la signora Santa Passaniti mi consegococcica (la prima volta l’Antimegnò nel 2004 produssero risultati non
ningo, la seconda il Menomune), tre
confortanti. Ma la tesi secondo cui i linvolte la vaccinazione associata antiepafomi riscontrati nel Finessi o in altri ratite A e B (Twinrix), una volta l’antipagazzi possano dipendere dalla
rotite, morbillo e rosolia (Muropar), una
somministrazione di quei vaccini non ha,
volta l’antipolio (Antipolio), l’antitifoiallo stato attuale, alcun fondamento
dea (Antitifoidea, 4 dosi) e l’antitetascientifico. La letteratura scientifica –
nica (Antitet). “Le dosi non trascurabili
continua la consulente – sostiene attualdi alluminio e mercurio contenute in
mente la tesi delle nano e micro partiquesti composti - sostiene Piero Moncelle che si producono a causa delle alte
13
il tacco d’italia Novembre 2011
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CONTROCANTO
Giornalista
DI MELISSA PERRONE
DANNI COLLATERALI
seguenze di questa esposizione ai fattori
delle commissioni d’inchiesta e consuPer qualcuno è un po’ come con gli
di rischio si ripercuotono anche sulle
lenze, di parole ne sono state scritte fin
UFO: c’é chi ci crede e chi no. Per
successive generazioni, ma non siamo
troppe. Neanche una però che potesse
qualcun altro è invece qualcosa di
sicuri che sia per colpa nostra.
molto concreto, molto poco fantascienti- in qualche modo scrivere la parola fine
Quindi…quindi? Certo è davvero diffifico, contro cui lottare quotidianamente. su questa lunga e triste vicenda. Ad
cile cancellare il ricordo delle tante
oggi, ancora, farsi riconoscere il danno
Questa non è però una storia alla Spielvoci degli ammalati che raccontano (o
e il relativo risarcimento è cosa alberg. Non affascinerebbe i bambini. É
purtroppo raccontavano) di come loro –
piuttosto un film dell’orrore, dove il nee solo loro del contingente italiano – asmico è invisibile e strisciante. Dove
sistessero un po’ divertiti agli strani tral’eroe, classicamente giovane e bello,
vestimenti da astronauti degli alleati…
muore ingiustamente, lasciando nella
Siamo, insomma, i soliti italianiarraffodisperazione più nera, e senza risposte,
nignorantimadivertenti? O siamo di
familiari e amici. Potrebbe, invece, asfronte ad un silenzio
somigliare ad un serial tv
colpevole e connivente?
su genere ‘medical’, pecL’industria
delle
munizioni
e
delle
armi
Perché, nonostante tutti
cato non ci sia però il
è
fiorente.
Fermarla,
non
conviene
i segnali di allarme, nei
Dott. House di turno a ria nessuno, a costo di circondarla
sei anni di missione tra
solvere il caso e a salvare
il ‘93 ed ’99 non sono
da non dichiarati segreti di Stato
le altre potenziali vittime.
state rese note le norme
Il nemico, in effetti, ha un
di protezione? Perché,
quanto difficile. La vicenda è indubbiamente paludosa. A conferma di ciò
basterebbe scorrere, anche solo velocemente, le conclusioni delle varie commissioni d’inchiesta che in questi anni
nome conosciuto, benché riduttivo: urasi sono avvicendate. L’unica costante è
nio impoverito. E, credetemi, c’è davper il principio di precauzione, non è
l’impossibilità di stabilire, sulla base
vero poco da ironizzarci su.
stato vietato l’uso delle armi all’uranio
delle attuali conoscenze scientifiche, un
Benché queste nano-particelle, tanto
impoverito? I militari, i civili del Konesso diretto di causa effetto tra le patopiccole quanto insidiose, siano conosovo, l’equilibrio biologico del mar Melogie oggetto dell’inchiesta e i singolo
sciute da tempo, ancora si fa fatica a
diterraneo, gli abitanti della zona
fattori
di
rischio
(…)
con
particolare
riparlarne. Sarà perché è un argomento
intorno al poligono militare di Quirra
ferimento agli effetti dell’uranio impovescomodo o forse perché di competenza
sono poi cosa, in fondo? Non sarebbe
rito. Detto in altri termini: i giovani
di quell’universo a parte che è il mondo
purtroppo la prima volta che le nostre
militari si ammalano, muoiono, le conmilitare - fatto di segreti e misteri che
coscienze sono costrette a fare i
tanto piacciono agli italiani - sta di
conti con i cosiddetti ‘danni
fatto che tranne un gruppo di osticollaterali’. Anche perché, e
nati indagatori dell’incubo, qualche
scusate se è poco, voi in tempi
giornalista-pitbull e le commissioni
di crisi ve la sentireste di metd’inchiesta parlamentari, certo non
tere in crisi l’unica industria
se ne sa un granché. Eppure tra difiorente del nostro Paese?
chiarazioni, perizie, conclusioni
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il tacco d’italia Novembre 2011
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IL MOSTO DI PRIMOLJO.
SAPORE DI SALENTO AUTENTICO
DISPONIBILE IN ELEGANTI E RAFFINATE BOTTIGLIETTE DA 0,25 O DA 0,50 LITRI
Chi ama il profumo ed il gusto dell’olio extravergine di
oliva in purezza, non può perdere l’occasione di gustare
il sapore del Salento autentico.
Si chiama il mosto di Primoljo ed è l’olio
extravergine di oliva non filtrato, imbottigliato dalle
primissime olive frante. Unico per il suo sapore,
ricco di sfumature, deciso nel colore, un giallo
opalescente che gli deriva proprio dal suo non essere
filtrato, ha straordinari effetti salutari e mantiene
tutte le particelle che gli donano le caratteristiche
organolettiche e nutrizionali che ne fanno un alimento
eccellente per tutti i palati e tutte le età.
Il Salento è la terra dell’olio di qualità e Primoljo
ha volutamente mantenuto invariati i processi di
raccolta e spremitura per conferire al suo prodotto
quell’accento antico irresistibile, oggi come ieri.
Il mosto di Primoljo è un’idea extravergine al 100% prodotta nel Salento presentata
agli estimatori in eleganti e raffinate bottigliette da 0,25 o da 0,50 litri.
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Il metallo del disonore