Data e Ora: 30/11/06 30 00.26 - Pag: 30 - Pubb: 30/11/2006 - Composite PROVINCIA GIOVEDÌ 30 NOVEMBRE 2006 Giornale di Brescia Cinque in uno: la Provincia ha anche il leone (non la leonessa) di Brescia Cinque stemmi in uno: questo è il simbolo della nostra Provincia che si vede qui a sinistra. Una ricerca araldica, commissionata dal vicepresidente Massimo Gelmini, è stata compiuta da Giacomo Danesi, lo stesso giornalista che si è occupato di trovare negli archivi gli elementi per ricostruire la storia dei blasoni degli altri Comuni che presentiamo in questa pagina. Perchè cinque stemmi in uno? Perchè sono quelli dei capoluoghi dei cinque circondari. Insieme alla città, rappresentata dal leone rampante al centro, sono Chiari, Salò, Breno e Verolanuova. Si deve tornare indietro più di un secolo fa per risalire alla nascita dello stemma provinciale. La lettera, con la descrizione degli elementi che figurano nello scudo, fu inviata al Ministro dell’Interno e presidente della Consulta araldica dal presidente della Deputazione provinciale avvocato Pietro Frugoni il 9 aprile 1903. Vediamo la composizione: in alto a sinistra il simbolo di Chiari, in alto a destra quello di Breno; sotto a sinistra il simbolo di Verolanuova e a destra quello di Salò. Al centro, come si diceva, il leone (e non la leonessa) di Brescia che, di lato a destra, è così effigiato sulla quadrifora di Palazzo Broletto. Danesi dice che l’errore - leonessa e non leone come invece è nasce dalla poesia di Aleardo Aleardi «Le tre fanciulle» (... Leonessa d’Italia/Brescia grande e infelice). Il resto lo avrebbe fatto Carducci riprendendo l’appellativo Leonessa d’Italia (Brescia raccolsemi /Brescia la forte/ Brescia la ferrea/ Brescia leonessa d’Italia) nell’ode Alla Vittoria. Forse per i poeti risultava difficile trattare da leone una città che è pur sempre nome femminile. Ma torniamo agli stemmi comunali per dire che, con Cazzago S. Martino, Bione, Ospitaletto e Castegnato (di cui parliamo qui sotto diffusamente) anche Borgosatollo ha la sua pubblicazione curata sempre da Danesi. La ricerca si è svolta sul filo del dilemma: perchè nel blasone è stata inserita una pecora rampante? Le indicazioni raccolte sono quanto mai curiose, anche perchè la gente del paese ha sempre creduto (e il gonfalone riportato dall’Olanda l’estate del 2005 lo dimostra) che l’animale rappresentato nello scudo fosse un cinghiale. Altri Comuni nel frattempo sono in attesa di ricevere il volumetto con la storia del loro simbolo civico. Quello riguardante Adro è in stampa, entro fine anno sarà pronto quello di Bagolino. In fase di preparazione il libretto che racconta come è nato non solo lo stemma ma il nome stesso del Comune di Corte Franca. Prima che fosse scelto e che capoluogo venisse indicato Timoline, erano stati proposti altri nomi come Colle Franciacorta e Sebinia. Si sa che altre Amministrazioni comunali hanno manifestato l’intenzione di promuovere una pubblicazione. Nella storia degli stemmi comunali tradizione e identità della nostra terra Cazzago San Martino, Bione, Castegnato ed Ospitaletto aprono la serie degli studi CAZZAGO SAN MARTINO BIONE In 50 anni il logo mai riconosciuto dall’ufficio araldico Da almeno 50 anni il Comune di Cazzago utilizza come logo identificativo ufficiale della municipalità uno stemma che, tuttavia, non è mai stato ufficialmente riconosciuto dall’Ufficio araldico della Presidenza del Consiglio dei ministri. E, certo, non per cattiva volontà dei pubblici amministratori via via succedutisi, visto che sono stati ben tre, tutti purtroppo falliti, i tentativi per ottenerlo. È questa una delle curiosità emerse dalla ricerca araldica dello stemma che l’Amministrazione guidata dal sindaco Giuseppe Foresti (attualmente impegnata nelle pratiche destinate a dare ufficialità allo stemma) ha commissionato a Giacomo Danesi, giornalista e socio dell’Istituto araldico genealogico italiano, al fine di rimettere a fuoco le origini di questo blasone e, quindi, le origini stesse del Comune, nato nel 1927 dalla fusione dei 3 Comuni di Bornato, Calino e Cazzago; ma anche allo scopo di approfondire una pagina di storia su cui si basa l’identità della comunità. «Il nostro stemma - sottolinea Foresti nell’opuscolo pubblicato dal Comune col testo della ricerca, foto e documenti - riproduce i blasoni dei nobili Bornati, Calini e Cazzago e perciò rappresenta la storia di un territorio caratterizzato dalla presenza e dal dominio di queste 3 famiglie di grande lustro...». Dall’indagine, dunque, attinta dai documenti del nuovo archivio storico di Palazzo Bornati, è emerso che nel 1932 il podestà Filarete Minelli, assistito dal segretario comunale Giuseppe Orizio, fu il primo artefice dello stemma di cui spedì un bozzetto alla Regia consulta araldica di Roma il 10 maggio dello stesso anno per ottenerne il riconoscimento. Ma da Roma la risposta non arrivò mai tanto che l’allora commissario prefettizio Aimo Maggi il 17 ottobre 1940 inviò due lettere: una al capo del Governo, Benito Mussolini, e l’altra al re Vittorio Emanuele III con richiesta di concessione dello stemma e del gonfalone progettati. Ma ancora una volta non ci fu risposta. Si giunse così al 1956 quando il sindaco Agostino Orizio avviò di nuovo le pratiche burocratiche per il riconoscimento dello stemma. Stemma che compare in una foto datata 25-9-56 che ritrae il primo cittadino accanto al gonfalone nel quale compare il nuovo blasone comunale. Sta di fatto che quest’ultimo comincia a fare bella mostra di sè sulla carta intestata del Comune anche se non è stato ritrovato alcun atto comprovante la sua concessione. Da qui, la decisione del sindaco Foresti di ripresentare, con tutti i crismi della legalità, la domanda per la sospirata ufficialità dello stemma. E, allo scopo, si provvederà a metterlo a norma con una operazione di restyling. l. m. Completato lo studio che consente di rifare un blasoneinregola Quattro paesi, quattro stemmi che hanno storie diversissime. In alto a sinistra il simbolo di Cazzago San Martino. Qui a fianco ne raccontiamo la storia davvero singolare: dopo tanti anni (il Comune è stato unificato nel 1927) lo stemma comunale non ha ancora avuto il riconoscimento da parte dell’Ufficio araldico della Presidenza del Consiglio. Sembra sia giunto il momento in cui si fanno i passi necessari per ottenerlo. Lo stesso si appresta a fare Bione, il comune valsabbino il cui blasone, ancora provvisorio, si può vedere in alto a destra. Così ha tutti i requisiti per l’approvazione: come si spiega nel testo a lato, l’attuale sindaco intende procedere al più presto e per farlo ha già investito della questione anche il Consiglio comunale. Altra storia è quella dei due Comuni franciacortini Castegnato e Ospitaletto, i cui stemmi sono evidenziati rispettivamente a sinistra e a destra in basso. Le Amministrazioni comunali hanno voluto che si raccogliessero tutte le notizie sui blasoni, consapevoli che in essi si racchiudono identità e tradizione del proprio territorio. «Me ne sono accorto in occasione della mia prima uscita ufficiale nella sede della Comunità montana, dopo essere stato eletto sindaco. Scorrevo con ammirazione gli stemmi dei 25 Comuni esposti uno dietro l’altro su una parete della sala dell’Assemblea quando con lo sguardo ho incontrato quello di Bione, l’unico rappresentato in bianco e nero. Ho provato un senso di tristezza e di delusione». Così racconta Giovanni Maria Marchi, l’attuale primo cittadino. Sua, in seguito a quella «scoperta», l’idea di contattare l’Istituto Araldico Genealogico Italiano che ha delegato uno studio approfondito ad un esperto socio, il giornalista bresciano Giacomo Danesi. Proprio in questi giorni, a studio concluso e con un bozzetto ben definito, la parola dalla Giunta è passata al Consiglio comunale, che ha il compito di ratificare il lavoro svolto e chiedere l’approvazione definitiva da parte del Presidente del Consiglio dei Ministri che dovrà poi essere controfirmata dal Capo dello Stato. Solo allora la nuova effigie potrà assumere la dignità di stemma comunale ufficiale del Comune di Bione e potrà fare bella mostra di sé su tutti i documenti del Comune, sul gonfalone, sui gagliardetti e sulle insegne stradali. Il nuovo simbolo conserva gli elementi già presenti in quello, scarno ed essenziale, che il Comune ha posseduto fino ad oggi: una penna d’oca che si incrocia con una spada e una bilancia, a testimoniare l’illustre storia del paese e dei suoi abitanti tracciata dalla presenza di letterati, eccelsi guerrieri e da un profondo senso di giustizia. «A questi sono stati aggiunto quegli elementi che, per legge, non possono mancare in un vero stemma comunale - ha scritto Danesi in un volumetto che ripercorre la storia del ritrovato blasone -. In particolare la corona che ’’timbra’’ lo scudo, formata da un cerchio aperto da quattro pusterle (tre visibili) con due cordonature a muro sui margini, sostenente una cinta, aperta da sedici porte (nove visibili), ciascuna sormontata da una merlatura a coda di rondine. Il tutto d’argento e murato di nero. A completare due rami posti in decusse sotto lo scudo, uno di quercia e uno d’alloro, entrambi onusti di frutti e legati da un nastro con i colori nazionali». «Per la verità, il dubbio che lo stemma comunale non fosse a norma, gli amministratori bionesi in passato l’avevano avuto - scrive lo stesso Danesi -. Era Roberto Piccioli, il sindaco precedente, a scrivere una lettera alla presidenza del Consiglio dei Ministri per avere informazioni in merito. Era arrivata anche la risposta, con i consigli per la stesura del nuovo stemma e i relativi atti di legge per ottenerne il riconoscimento». u. val. CASTEGNATO OSPITALETTO Il primo a rivalutare il simbolo civico Nei tre elementi la laboriosità della gente Castegnato è stato il primo Comune bresciano a commissionare ad un esperto uno studio specifico sul proprio stemma, e la motivazione è stata la ricerca delle proprie origini. La descrizione dello stemma di Castegnato si può così riassumere: «Ramo di castagno con riccio aperto e fogliato in più ramoscelli» «Per sapere dove stiamo andando spiega il sindaco, Giuseppe Orizio dobbiamo anche conoscere il nostro passato. Castegnato, rivalutando il suo stemma, non vuole riscoprire radici e identità per motivi campanilistici, ma intende valorizzare un passato di persone e di avvenimenti reali, che hanno caratterizzato il nostro comune. È giusto utilizzare ogni occasione per far conoscere Castegnato, per cementare l’appartenenza e favorire la partecipazione diretta alla vita comunitaria in tutti i suoi aspetti. Con convinzione ho affidato all’amico Giacomo Danesi, del- l’Istituto Araldico Genealogico Italiano, la ricerca sullo stemma comunale di Castegnato. Ne è seguita una pubblicazione distribuita a tutte le famiglie conclude il primo cittadino - che è stata realizzata con il contributo di un’azienda di Castegnato». Il piacevole libretto racconta le vicende dello stemma comunale, ed è un’importante occasione per valorizzare la storia di Castegnato. La suggestiva terminologia della scienza araldica parla di «blasonatura in azzurro con ramo di castagno fogliato in più ramoscelli e riccio aperto». Lo scudo è di forma sagomata (in vigore dal Seicento all’Ottocento) ed è timbrato dalla corona regolamentare dei Comuni italiani, formata da un cerchio aperto da quattro pusterle (tre visibili), con due cordonature a muro sui margini, sostenente una cinta aperta da sedici porte (nove visibili), sormontata da una merlatura a coda di rondine; il tutto d’ar- gento e murato di nero. Gli elementi decorativi sono due rami posti sotto lo scudo, uno di quercia e uno d’alloro, entrambi carichi di frutti. Il nastro di colore azzurro sottende alla valorizzazione delle tradizioni e del passato. Il castagno, da cui prende nome il paese, simboleggia la virtù nascosta e la resistenza. La virtù nascosta è il frutto, e la resistenza è la durezza del legno. Vi si legge, inoltre, la previdenza perché il frutto nascosto e accantonato era importante nutrimento durante l’inverno. La prima rappresentazione dello stemma di Castegnato, secondo lo storico Gianpietro Belotti, si trova nel frontespizio del registro d’estimo del 1783, che si trova nell’Archivio di Stato di Brescia. L’approvazione ufficiale dello stemma è del 3 novembre 1930, e il 3 aprile 1933, il Capo del Governo, Benito Mussolini, firmò il decreto di riconoscimento. (dam) Una completa e colorata pubblicazione che racconta la storia dello stemma comunale di Ospitaletto è stata distribuita in tutte le abitazioni della cittadina dell’Ovest Bresciano nel luglio del 2005, in occasione della festa del patrono, San Giacomo. La ricerca è stata compiuta da Giacomo Danesi, studioso di araldica civile ed ecclesiastica, socio dell’Istituto araldico genealogico italiano. Lo stemma, effigiato sul gonfalone comunale, è composto di uno scudo d’argento con raffigurato «il ferro di una vanga accostato da due piantine di lupini, fruttifere d’oro, attraversate alla base da due quaglie ruspanti»: tre elementi che compendiano la laboriosità degli ospitalettesi. «Viviamo nella società dell’immagine - spiega il sindaco, Giorgio Prandelli - e il logo assume una rilevanza sempre più importante. Che cosa, meglio dello stemma comunale, identifi- ca, descrive e racconta la storia di una comunità? Ho affidato al giornalista Giacomo Danesi, esperto d’araldica, il compito di fare ricerche ed illustrarci il significato e le origini del nostro stemma. La pubblicazione ha visto la luce grazie al contributo dell’azienda di trasporti Kriotrans di Ospitaletto. Auspico che i numerosi operatori economici ospitalettesi utilizzino sempre più lo stemma comunale per identificare le loro pregevoli lavorazioni, che distribuite in Italia e nel mondo saranno ambasciatrici della nostra laboriosità e capacità imprenditoriale». Lo scudo dello stemma è di tipo sannitico, timbrato da «corona a cerchio aperto da quattro pusterle con due cordonature a muro sui margini, sostenente una cinta aperta da 16 porte sormontata da una merlatura a coda di rondine, il tutto d’argento e murato di nero». Gli elementi decorativi sono due rami «in decusse» sotto lo scudo, uno di quercia e uno d’alloro, entrambi onusti di frutti, uniti da un nastro rosso. Gli elementi significativi dello stemma di Ospitaletto sono la vanga, due quaglie, due piante di lupini. Gli esperti ci vedono tutta la laboriosità degli ospitalettesi. La vanga è il simbolo del lavoro nei campi, le quaglie sono uccelli diffusi nella Pianura Padana, che nidificano nei campi di grano. Il lupino è un legume che si rende commestibile con la salatura. I tre simboli spiccano anche sopra la scritta «Comunis Hospedaleti» nel cinquecentesco timpano marmoreo che sovrasta il portale della chiesetta di Lovernato, la più antica delle frazioni di Ospitaletto. Il primo documento cartaceo che riporta ufficialmente il timbro con lo stemma risale al 1908, ed è una lettera dell’allora sindaco Serlini al collega di Rovato, per una questione di certificati elettorali. (dam)