Editoriale Quando ripenso alla comunità cristiana nella quale sono nato e La Comunità cristiana: cresciuto la prima immagine che casa che custodisce. mi viene in mente è quella della casa! Una casa che accoglie, che custodisce, che riscalda. Se penso alla chiesa della mia parrocchia di origine, S. Tecla in Este, e alla sua forma “ovale” allora mi viene ancora più immediato pensare alla comunità cristiana come ad un grembo che accoglie, custodisce, riscalda e genera alla vita! La prima casa che abitiamo quando veniamo al mondo è proprio il grembo di nostra mamma! Poi veniamo alla luce e abitiamo la nostra casa insieme alla famiglia di origine e poi si abita la casa più grande che è la Chiesa. La Chiesa è la casa di tutti. È il luogo dove sperimentiamo che il Signore Gesù non è un’idea, una storia del passato, una teoria teologica o sociologica, ma è il Vivente! Questo è il bello della Chiesa. La Comunità cristiana ci dona la gioia di crescere nella vita imparando a scoprire che accanto a noi e in noi c’è una promessa che si realizza momento dopo momento: “Io sono con voi tutti i giorni fino alla fine dei tempi”. Questa promessa si realizza nell’oggi della nostra storia attraverso questa realtà straordinariamente bella che è la Chiesa! Grazie Signore per la Chiesa che ci hai dato! Questa Chiesa! Mi piacerebbe proprio sottolineare all’inizio di questo terzo libretto che l’Ufficio di Pastorale Vocazionale ci offre, il fatto che la Comunità Cristiana è la casa che custodisce il bene più prezioso che c’è al mondo: la vita di ogni persona impastata con la vita di Dio. Non solo la comunità cristiana è chiamata ad essere casa che custodisce. Di più. La comunità cristiana è casa che custodisce e genera. Papa Benedet- Comunita’ cristiana: Cristiana: grembo che educa alla vocazione 1 to XVI nel messaggio che ha inviato quest’anno per la Giornata Mondiale di preghiera per le vocazioni, ha voluto concentrare il suo pensiero proprio su questa realtà: “Proporre le vocazioni nella Chiesa locale”. Ci invita a guardare alla chiesa locale come al grembo da cui è generata la chiamata e afferma in un passaggio: “E’ importante incoraggiare e sostenere coloro che mostrano chiari segni della chiamata alla vita sacerdotale e alla consacrazione religiosa, perché sentano il calore dell’intera comunità nel dire il loro “si” a Dio e alla Chiesa”. La comunità cristiana è il luogo dove si sperimenta il focolare acceso dell’amore per il Signore e i fratelli. Questo è il punto decisivo! Il focolare acceso. Un fuoco cioè che riscaldi e faccia sentire il calore di una presenza. Ma cosa dovrebbe fare una comunità cristiana per tenere viva al suo interno la dimensione vocazionale? Scrive il Papa: “Occorre che ogni Chiesa locale si renda sempre più sensibile e attenta alla pastorale vocazionale, educando ai vari livelli, familiare, parrocchiale, associativo, soprattutto i ragazzi, le ragazze e i giovani - come Gesù fece con i discepoli – a maturare una genuina e affettuosa amicizia con il Signore, coltivata nella preghiera personale e liturgica; ad imparare l’ascolto attento e fruttuoso della Parola di Dio, mediante una crescente familiarità con le Sacre Scritture; a comprendere che entrare nella volontà di Dio non annienta e non distrugge la persona, ma permette di scoprire e seguire la verità più profonda su se stessi; a vivere la gratuità e la fraternità nei rapporti con gli altri, perché è solo aprendosi all’amore di Dio che si trova la vera gioia e la piena realizzazione delle proprie aspirazioni.” Affettuosa amicizia con il Signore, preghiera personale e comunitaria, ascolto della Parola di Dio, disponibilità, fraternità e gratuità. Sono semplici ingredienti, quelli di sempre ma che se impastati con una buona dose di simpatia per la vocazione propria e altrui generano una pasta straordinaria che si fa pane per tutti. Spesso i germi di vocazioni sono soffocati da battutine che hanno soltanto l’apparenza della simpatia: “ma cosa ci vai a fare in seminario? Dai preti? Che fanno il lavaggio del cervello; Ma figurati se un bambino di prima media può avere la vocazione! Ma cosa serve avere ancora 2 Comunita’ cristiana: Cristiana: grembo che educa alla vocazione il seminario minore?; E poi tutti quei preti impegnati nei seminari. Potrebbero andare in parrocchia che ce n’è più bisogno; Io non parlo mai di vocazione ai miei ragazzi, la capiranno loro quando saranno grandi! Non voglio imporgli niente nella vita; …” Si potrebbe fare un lungo elenco dei discorsi inutili che si fanno circa la vocazione e la proposta vocazionale. Talvolta si parla per luoghi comuni o per frasi fatte o senza essersi presi la briga di conoscere la realtà prima di parlare. È ormai tempo che ci svegliamo dal sonno! Da un sonno durato anche fin troppo. Dal sonno di chi ha lasciato perdere da tanto tempo la cura della propria vocazione e non ha più il coraggio di proporla ad altri. È il tempo di svegliarsi da un torpore che ci ha resi assonnati e sterili. Il Signore continua a chiamare e noi continuiamo a dormire. “Specialmente in questo nostro tempo in cui la voce del Signore sembra soffocata da “altre voci” e la proposta di seguirlo donando la propria vita può apparire troppo difficile, ogni comunità cristiana, ogni fedele, dovrebbe assumere con consapevolezza l’impegno di promuovere le vocazioni.” Non si tratta di riproporre il tempo delle “crociate”. Non è che tutti adesso devo andare preti o consacrarsi al Signore. Si tratta di riscoprire la simpatia per questa realtà della vocazione di particolare consacrazione. Una simpatia che cresce nelle nostre comunità cristiane nella misura in cui cresce l’amore per il Signore e si accende quel focolare che crea calore, luce e che è segno di una presenza. Don Marco Galante Coordinatore Pastorale vocazionale diocesana Comunita’ cristiana: Cristiana: grembo che educa alla vocazione 3 Messaggio GMPV 2010 Cari fratelli e sorelle! La XLVIII Giornata Mondiale di per le Vocazioni, che 15 maggio 2011 Preghiera sarà celebrata il 15 maggio 2011, IV Domenica di Pasqua quarta Domenica di Pasqua, ci inProporre le vocazioni vita a riflettere sul tema: “Proporre vocazioni nella Chiesa locale”. nella Chiesa locale leSettant’anni fa, il Venerabile Pio XII istituì la Pontifìcia Opera per le Vocazioni Sacerdotali. In seguito, opere simili sono state fondate dai Vescovi in molte diocesi, animate da sacerdoti e da laici, in risposta all’invito del Buon Pastore, il quale, “vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore”, e disse: “La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai. Pregate, dunque, il Signore della messe perché mandi operai nella sua messe!” (Mt 9,36-38). L’arte di promuovere e di curare le vocazioni trova un luminoso punto di riferimento nelle pagine del Vangelo in cui Gesù chiama i suoi discepoli a seguirlo e li educa con amore e premura. Oggetto particolare della nostra attenzione è il modo in cui Gesù ha chiamato i suoi più stretti collaboratori ad annunciare il Regno di Dio (cfr Lc 10,9). Innanzitutto, appare chiaro che il primo atto è stata la preghiera per loro: prima di chiamarli, Gesù passò la notte da solo, in orazione ed in ascolto della volontà del Padre (cfr Lc 6,12), 4 Comunita’ cristiana: Cristiana: grembo che educa alla vocazione in un’ascesa interiore al di sopra delle cose di tutti i giorni. La vocazione dei discepoli nasce proprio nel colloquio intimo di Gesù con il Padre. Le vocazioni al ministero sacerdotale e alla vita consacrata sono primariamente frutto di un costante contatto con il Dio vivente e di un’insistente preghiera che si eleva al “Padrone della messe” sia nelle comunità parrocchiali, sia nelle famiglie cristiane, sia nei cenacoli vocazionali. Il Signore, all’inizio della sua vita pubblica, ha chiamato alcuni pescatori, intenti a lavorare sulle rive del lago di Galilea: “Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini” (Mt 4,19). Ha mostrato loro la sua missione messianica con numerosi “segni” che indicavano il suo amore per gli uomini e il dono della misericordia del Padre; li ha educati con la parola e con la vita affinché fossero pronti ad essere continuatori della sua opera di salvezza; infine, “sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre” (Gv 13,1), ha affidato loro il memoriale della sua morte e risurrezione, e prima di essere elevato al Cielo li ha inviati in tutto il mondo con il comando: “Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli” (Mt 28,19). È una proposta, impegnativa ed esaltante, quella che Gesù fa a coloro a cui dice “Seguimi!”: li invita ad entrare nella sua amicizia, ad ascoltare da vicino la sua Parola e a vivere con Lui; insegna loro la dedizione totale a Dio e alla diffusione del suo Regno secondo la legge del Vangelo: “Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto” (Gv 12,24); li invita ad uscire dalla loro volontà chiusa, dalla loro idea di autorealizzazione, per immergersi in un’altra volontà, quella di Dio e lasciarsi guidare da essa; fa vivere loro una fraternità, che nasce da questa disponibilità totale a Dio (cfr Mt 12,49-50), e che diventa il tratto distintivo della comunità di Gesù: “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avete amore gli uni per gli altri” (Gv13,35). Anche oggi, la sequela di Cristo è impegnativa; vuol dire imparare a tenere lo sguardo su Gesù, a conoscerlo intimamente, ad ascoltarlo nella Parola e a incontrarlo nei Sacramenti; vuol dire imparare a conformare la propria vo- Comunita’ cristiana: Cristiana: grembo che educa alla vocazione 5 lontà alla Sua. Si tratta di una vera e propria scuola di formazione per quanti si preparano al ministero sacerdotale ed alla vita consacrata, sotto la guida delle competenti autorità ecclesiali. Il Signore non manca di chiamare, in tutte le stagioni della vita, a condividere la sua missione e a servire la Chiesa nel ministero ordinato e nella vita consacrata, e la Chiesa “è chiamata a custodire questo dono, a stimarlo e ad amarlo: essa è responsabile della nascita e della maturazione delle vocazioni sacerdotali” (Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsinodale Pastores dabo vobis, 41). Specialmente in questo nostro tempo in cui la voce del Signore sembra soffocata da “altre voci” e la proposta di seguirlo donando la propria vita può apparire troppo difficile, ogni comunità cristiana, ogni fedele, dovrebbe assumere con consapevolezza l’impegno di promuovere le vocazioni. È importante incoraggiare e sostenere coloro che mostrano chiari segni della chiamata alla vita sacerdotale e alla consacrazione religiosa, perché sentano il calore dell’intera comunità nel dire il loro “sì” a Dio e alla Chiesa. Io stesso li incoraggio come ho fatto con coloro che si sono decisi ad entrare in Seminario e ai quali ho scritto: “Avete fatto bene a farlo. Perché gli uomini avranno sempre bisogno di Dio, anche nell’epoca del dominio tecnico del mondo e della globalizzazione: del Dio che ci si è mostrato in Gesù Cristo e che ci raduna nella Chiesa universale, per imparare con Lui e per mezzo di Lui la vera vita e per tenere presenti e rendere efficaci i criteri della vera umanità” (Lettera ai Seminaristi, 18 ottobre 2010). Occorre che ogni Chiesa locale si renda sempre più sensibile e attenta alla pastorale vocazionale, educando ai vari livelli, familiare, parrocchiale, associativo, soprattutto i ragazzi, le ragazze e i giovani - come Gesù fece con i discepoli – a maturare una genuina e affettuosa amicizia con il Signore, coltivata nella preghiera personale e liturgica; ad imparare l’ascolto attento e fruttuoso della Parola di Dio, mediante una crescente familiarità con le Sacre Scritture; a comprendere che entrare nella volontà di Dio non annienta e non distrugge la persona, ma permette di scoprire e seguire la verità più profonda su se stessi; a vivere la gratuità e la fraternità nei rapporti con gli altri, perché 6 Comunita’ cristiana: Cristiana: grembo che educa alla vocazione è solo aprendosi all’amore di Dio che si trova la vera gioia e la piena realizzazione delle proprie aspirazioni. “Proporre le vocazioni nella Chiesa locale”, significa avere il coraggio di indicare, attraverso una pastorale vocazionale attenta e adeguata, questa via impegnativa della sequela di Cristo, che, in quanto ricca di senso, è capace di coinvolgere tutta la vita. Mi rivolgo particolarmente a voi, cari Confratelli nell’Episcopato. Per dare continuità e diffusione alla vostra missione di salvezza in Cristo, è importante “incrementare il più che sia possibile le vocazioni sacerdotali e religiose, e in modo particolare quelle missionarie” (Decr. Christus Dominus, 15). Il Signore ha bisogno della vostra collaborazione perché le sue chiamate possano raggiungere i cuori di chi ha scelto. Abbiate cura nella scelta degli operatori per il Centro Diocesano Vocazioni, strumento prezioso di promozione e organizzazione della pastorale vocazionale e della preghiera che la sostiene e ne garantisce l’efficacia. Vorrei anche ricordarvi, cari Confratelli Vescovi, la sollecitudine della Chiesa universale per un’equa distribuzione dei sacerdoti nel mondo. La vostra disponibilità verso diocesi con scarsità di vocazioni, diventa una benedizione di Dio per le vostre comunità ed è per i fedeli la testimonianza di un servizio sacerdotale che si apre generosamente alle necessità dell’intera Chiesa. Il Concilio Vaticano II ha ricordato esplicitamente che “il dovere di dare incremento alle vocazioni sacerdotali spetta a tutta la comunità cristiana, che è tenuta ad assolvere questo compito anzitutto con una vita perfettamente cristiana” (Decr. Optatam totius, 2). Desidero indirizzare quindi un fraterno e speciale saluto ed incoraggiamento a quanti collaborano in vario modo nelle parrocchie con i sacerdoti. In particolare, mi rivolgo a coloro che possono offrire il proprio contributo alla pastorale delle vocazioni: i sacerdoti, le famiglie, i catechisti, gli animatori. Ai sacerdoti raccomando di essere capaci di dare una testimonianza di comunione con il Vescovo e con gli altri confratelli, per garantire l’humus vitale ai nuovi germogli di vocazioni sacerdotali. Le famiglie siano “animate da spirito di fede, di carità e di pietà” (ibid.), capaci di aiutare i Comunita’ cristiana: Cristiana: grembo che educa alla vocazione 7 figli e le fìglie ad accogliere con generosità la chiamata al sacerdozio ed alla vita consacrata. I catechisti e gli animatori delle associazioni cattoliche e dei movimenti ecclesiali, convinti della loro missione educativa, cerchino “di coltivare gli adolescenti a loro affidati in maniera di essere in grado di scoprire la vocazione divina e di seguirla di buon grado” (ibid.). Cari fratelli e sorelle, il vostro impegno nella promozione e nella cura delle vocazioni acquista pienezza di senso e di efficacia pastorale quando si realizza nell’unità della Chiesa ed è indirizzato al servizio della comunione. È per questo che ogni momento della vita della comunità ecclesiale - la catechesi, gli incontri di formazione, la preghiera liturgica, i pellegrinaggi ai santuari - è una preziosa opportunità per suscitare nel Popolo di Dio, in particolare nei più piccoli e nei giovani, il senso di appartenenza alla Chiesa e la responsabilità della risposta alla chiamata al sacerdozio ed alla vita consacrata, compiuta con libera e consapevole scelta. La capacità di coltivare le vocazioni è segno caratteristico della vitalità di una Chiesa locale. Invochiamo con fiducia ed insistenza l’aiuto della Vergine Maria, perché, con l’esempio della sua accoglienza del piano divino della salvezza e con la sua efficace intercessione, si possa diffondere all’interno di ogni comunità la disponibilità a dire “sì” al Signore, che chiama sempre nuovi operai per la sua messe. Con questo auspicio, imparto di cuore a tutti la mia Apostolica Benedizione. Dal Vaticano, 15 novembre 2010 8 Benedetto XVI Comunita’ cristiana: Cristiana: grembo che educa alla vocazione Dall’Omelia del Vescovo Antonio all’Ordinazione Presbiterale Padova, Basilica Cattedrale - Sabato 5 giugno 2010 Rivolgo il più cordiale saluto a tutti voi carissimi fedeli convenuti numerosi nella Cattedrale per partecipare alla solenne liturgia nel corso della quale dieci giovani riceveranno il sacramento dell’Ordine sacro. Essi dopo aver risposto con generosità e coraggio alla vocazione di Dio, hanno compiuto un lungo e approfondito tirocinio di formazione spirituale e teologica nel Seminario e diventeranno oggi presbiteri, ministri di Cristo al servizio dell’opera di salvezza. Nell’impegnativo percorso di formazione essi sono stati guidati e sostenuti in vario modo da tante persone che meritano di essere ringraziate. In primo luogo il più sincero ringraziamento lo rivolgo ai loro genitori e alle loro famiglie, culla della vita e della prima formazione. Esprimo ancora la gratitudine più profonda della Diocesi a tutti gli educatori e docenti del Seminario per la competenza e il solerte impegno con cui hanno curato la formazione degli ordinandi, un’opera educativa a volte poco appariscente, ma della maggior importanza e quindi meritevole del nostro più profondo e sincero apprezzamento. Desidero, inoltre, manifestare la più viva riconoscenza ai parroci, ai sacerdoti, ai fedeli laici e a quanti hanno accompagnato e sostenuto questi giovani ordinandi con la preghiera, con l’esempio, con l’incoraggiamento. Comunita’ cristiana: Cristiana: grembo che educa alla vocazione 9 Merita di essere rilevato un “segno dei tempi”. Uno degli ordinandi è nato in Africa, precisamente in Ruanda, da dove la sua famiglia si è trasferita nella nostra Diocesi. È da prevedere e anche auspicare che, in considerazione dell’immigrazione, vi saranno altri giovani di famiglie immigrate che sceglieranno di diventare sacerdoti diocesani. Li accogliamo come un dono del Signore. L’Ordinazione presbiterale odierna è celebrata nel contesto dell’Anno Sacerdotale indetto dal santo padre Benedetto XVI e ispirato dalla figura del santo Curato d’Ars. È stata per i nostri sacerdoti una grazia e un impegno di purificazione e di rinnovamento spirituale per svolgere con esemplarità di vita il loro ministero. La Chiesa e anche la società hanno bisogno di numerosi e santi sacerdoti. La situazione odierna per tanti motivi non rende facile il loro ministero. Noi li affidiamo con fiducia al Signore, ma io vorrei affidarli anche a voi laici, alla vostra preghiera perché siano forti e perseveranti nelle prove e fatiche dell’apostolato, li affidiamo al sostegno e alla collaborazione che voi siete in grado di offrire a loro nel rispetto della loro dignità e del ruolo che a essi compete. Tra poco comincerà il rito dell’Ordinazione presbiterale. Ricordiamo che è la celebrazione di un sacramento, l’Ordine sacro, che renderà questi giovani interiormente configurati dalla grazia dello Spirito Santo a Gesù Sommo ed Eterno Sacerdote in un modo tale da agire come sua rappresentanza nell’annunciare la sua Parola di verità, nell’amministrare i sacramenti, nel presiedere la comunità ecclesiale. Il sacerdote è segno vivo, memoria e icona di Gesù e prolunga nel tempo e nello spazio l’opera di salvezza compiuta da Cristo e richiama la comunità cristiana a Gesù Cristo come Principio e Fondamento della vita della Chiesa. La solennità odierna del Corpus Domini pone in particolare rilievo la relazione tra l’Eucaristia e il sacerdote. È una relazione necessaria. È infatti solo 10 Comunita’ cristiana: Cristiana: grembo che educa alla vocazione il sacerdote che può presiedere l’Eucaristia e pronunciare efficacemente le parole stesse di Gesù in prima persona: «Questo è il mio corpo… Questo è il mio sangue…». San Francesco d’Assisi, nella sua grande fede, scorgeva nella potestà del prete di rendere presente Gesù Cristo nell’Eucaristia, il segno della sua altissima dignità. Lasciò scritto infatti: «Il Signore mi dette e mi dà una così grande fede nei sacerdoti che vivono secondo la forma della santa Chiesa Romana, a motivo del loro ordine, che se mi facessero persecuzione, voglio ricorrere proprio a loro… E questi e tutti gli altri voglio temere, amare e onorare come miei signori. E non voglio considerare in loro il peccato, poiché in essi io discerno il Figlio di Dio e sono miei signori. E faccio questo perché, dello stesso altissimo Figlio di Dio nient’altro vedo corporalmente in questo mondo, se non il santissimo corpo e il santissimo sangue suo, che essi ricevono ed essi soli amministrano agli altri» (Testamento). Diceva spesso: «Se mi capitasse di incontrare insieme un santo che viene dal cielo e un sacerdote poverello, saluterei prima il prete e correrei a baciargli le mani. Direi infatti: Oh aspetta, san Lorenzo, perché le mani di costui toccano il Verbo di vita e possiedono un potere straordinario» (Fonti Francescane, 790). Rinnoviamo la nostra fede e la nostra riconoscenza per il dono sublime che ci fa il sacerdote: rende presente e ci dona nel sacramento dell’Eucaristia Gesù vivo e vero nell’atto supremo che è il sacrificio totale di Sé stesso per la nostra salvezza e la salvezza del mondo. Comunita’ cristiana: Cristiana: grembo che educa alla vocazione 11 L’Eucaristia è il sacramento della intima comunione con Cristo e nello stesso tempo dell’unità, della carità, della condivisione dei beni spirituali e materiali. Dopo aver consacrato il pane e il vino, il sacerdote prega lo Spirito Santo perché faccia di tutti i partecipanti all’Eucaristia un solo corpo, e cioè vivano nell’unità, nella carità, nella concordia. Nel santo Vangelo abbiamo ascoltato come il Signore Gesù ha sfamato la moltitudine di uomini che lo seguivano per ascoltare la sua Parola distribuendo cinque pani e due pesci che, nella condivisione, non solo risultarono sufficienti, ma anche sovrabbondanti. Il sacerdote donandoci l’Eucaristia ci fa il dono della carità di Cristo stesso, di quella carità che è riversata nei nostri cuori per mezzo Spirito Santo (Rm 5,5). Essa che ci sprona a vivere la condivisione fraterna, a soffrire con chi soffre e a gioire con chi gioisce. Il prete, celebrando e donandoci l’Eucaristia raccoglie l’offerta del pane e del vino, frutto della terra e del nostro lavoro, e trasformandoli nel corpo e sangue di Cristo conferisce un senso divino ed eterno al lavoro, alla fatica, alla gioia e alle sofferenza di cui sono intessuti i nostri giorni e le nostre opere. Il prete, donandoci l’Eucaristia ci dona il Pane che ci nutre per la vita eterna. Dice infatti Gesù: «chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno» (Gv 6,54). Viene così alimentata e rafforzata la nostra speranza. Siamo perciò riconoscenti a questi giovani che, ricevendo l’Ordinazione sacerdotale, ci daranno il bene preziosissimo dell’Eucaristia. Invochiamo per loro la santità e la forza dello Spirito Santo e l’intercessione della Vergine Maria perché siano fedeli alla loro sublime missione e nel donarci l’Eucaristia, sappiano donare generosamente la loro vita nel servizio a Dio e ai fratelli. 12 + Antonio Vescovo Comunita’ cristiana: Cristiana: grembo che educa alla vocazione La famiglia: grembo che educa alla Vocazione. Coniugare vocazione, famiglia e comunità potrebbe sembrare un argomento difficile da articolare; in realtà, si tratta della cosa più naturale che esista dal momento che tutti noi, chi da consacrato chi da sposato, può affermare senza troppo pudore “Noi siamo in buona parte ciò che eravamo!”. Che significa tutto questo? La configurazione del nostro futuro, e del futuro dei giovani di oggi, trae necessariamente linfa dai tanti racconti e narrazioni che si odono in famiglia. Talvolta, si tratta di descrizioni di qualche antenato che ha reso grande e riempito d’orgoglio la famiglia di origine, talvolta di racconti feriali, quotidiani, di gente semplice, che hanno dato sostanza ed orientamento al nostro vivere e hanno testimoniato concretamente la bontà di una vita piena, riuscita, evangelica. Così, io ricordo, con straordinario senso di gratitudine, i viaggi di mia nonna materna, di umili origini, la quale, in sella alla bicicletta, bisaccia sulle spalle, attraversato il fiume Po in barcone, si recava a chiedere l’elemosina in terra ferrarese. Ella mi descriveva la grande generosità di quella gente e di come riuscisse, in quelle settimane, a raccogliere pane che potesse sfamare i suoi figli e i tanti figli che attendevano a casa. Che commozione ancora oggi nel ricordare quei giorni! E tale appariva mio zio materno, sempre premuroso con me, capace di straordinaria simpatia e sempre pronto: in qualunque parte del mondo avessi avuto problemi con l’auto, sapevo che sarebbe corso lì per me. Ricordo, poi, nella giovinezza, la felice presenza di un diacono originario del mio paese, anche lui generosissimo. Tre sono le scene impresse nella mia memoria e fantasia: la gita e le escursioni con il numeroso gruppo dei chierichetti; la sua mano rassicurante sulla spalla; il suo sostare in religioso silenzio e trasporto dinanzi a Gesù eucaristia. Comunita’ cristiana: Cristiana: grembo che educa alla vocazione 13 E infine, i racconti legati alla storia della mia comunità parrocchiale e, in particolare, a don Paolo Galliero, prete del 1600, di rara sensibilità e di grande carità, che volle impegnare il suo patrimonio familiare in un fondo, tuttora esistente, con lo scopo di stipendiare un maestro che facesse scuola ai ragazzi, di costituire la dote per le ragazze povere del paese, di venire incontro, con mantelli di lana, ai meno abbienti, prostrati dal pungente freddo invernale. La decisione di accogliere l’invito del Signore e di offrirmi generosamente come prete non sarà anche il frutto di queste mie radici passate? Solo ora, che ho macinato un po’ di strada e che spesso mi confronto e raccolgo fervide testimonianze familiari, sento di poter affermare la grande potenza evocativa della narrazione familiare e comunitaria. Raccontare, sentire narrare di storie generose e vite compiute, arricchisce l’immaginazione e stimola la fantasia, dà un volto e proietta nel futuro, aiuta a cogliere la trama che il buon Dio piano piano va tessendo per la nostra vita e per la vita di chi ci vive accanto. Allora viene da chiedersi: “Se lui, lei sì, perché non io? Anch’io possiedo qualche pane; con chi condividerlo generosamente?”. Anche questo è custodire quel grembo familiare che educa alla vocazione! Don Cristiano Arduini Delegato vescovile per la pastorale familiare 14 Comunita’ vocazione Cristiana: : una bella notizia per ilalla benevocazione comune! cristiana: grembo che educa Un educatore educa alla vocazione Vivere la dinamica vocazionale significa tentare di rispondere ad alcune grandi domande che ognuno si porta dentro: per cosa sono nato? Qual è la mia strada nella vita? In altre parole è come fare propria l’invocazione di Samuele: “Parla Signore, il tuo servo ti ascolta”. Da “fratello maggiore”, l’educatore accompagna chi gli viene affiLa grande domanda dato, con una mano su una spalla cammina al suo fianco e procede per un tratto di strada, a volte in salita, altre in discesa, a volte nell’oscurità di un bosco tetro, altre volte in un mattino cristallino in cui il cielo sembra a portata di dito. Capita, da educatori di gruppi parrocchiali, di porre spesso domande sul futuro e sulla vita ai più piccoli: cosa vuoi fare da grande?, chiediamo chini al bambino delle elementari. Meno spesso però ci accostiamo agli adolescenti, coloro che iniziano a compiere le scelte fondamentali, per chiedere: per cosa ti batte forte il cuore? Dove ti senti al tuo posto? Ai giovanissimi preferiamo invece chiedere informazioni sulla scuola che già frequentano, oppure sulla facoltà a cui intendono iscriversi, ma raramente poniamo loro la grande domanda: quale credi sia il disegno di Dio per te? Comunita’ cristiana: Cristiana: grembo che educa alla vocazione 15 Ancora più raramente capita di inserire nei cammini di base l’attenzione alla vocazione, si preferiscono temi più leggeri, apparentemente più attuali. Forse la verità è che questo tema mette un po’ di paura. Parlare di vocazione, o inserirla in un cammino educativo, non Vocazione non è è semplice. In primo luogo perché un tema educativo, tocca le sfere più profonde della bensì il tema persona, in secondo luogo perché presuppone una certa maturità di chi viene educato per essere trattata a dovere; soprattutto perché si tratta di un tema che informa tutta la vita. Risulta quindi proibitivo pensare di dedicare un percorso interamente alla vocazione, o di sbrigare la questione con qualche incontro, magari alla presenza di qualcuno che abbia compiuto una scelta di vita forte, radicale. Il processo di discernimento e di scoperta della propria forma di vita dura, seppur intervallato da scelte più o meno impegnative, tutta la vita, appunto. L’educatore è quindi chiamato a rendere familiare la stessa parola ‘vocazione’, sdoganandola dalla sfera della sola consacrazione particolare: la vocazione è di tutti, laici, religiosi, sacerdoti. In particolare è necessario che l’attenzione sia costante, che la vocazione sia parte di tutti i cammini formativi di base che le comunità scelgono per i giovanissimi dalla prima superiore fino ai giovani universitari o lavoratori. L’arte di suscitare domande e di condurre alle scelte 16 L’educatore che accompagna alla scoperta della vocazione è espressioni della comunità, la rappresenta in tutto e per tutto. Dice con la sua presenza e la sua azione la cura della comunità Comunita’ cristiana: Cristiana: grembo che educa alla vocazione cristiana per la persona. Una presenza e un’azione che però deve avere una duplicità di risultati. Il primo sta nel suscitare domande nel giovane, le domande di senso riportate sopra. È solo se il desiderio di comprendere, di discernere nel profondo proviene direttamente dal giovanissimo o dal giovane che percorsi educativi attenti alla sfera vocazionale possono centrare l’obiettivo. La domanda non come vuoto esercizio intellettuale o come aereo sogno ad occhi aperti, bensì come presa di coscienza netta della responsabilità che ognuno ha sulla propria vita. Il passaggio immediatamente successivo riguarda le scelte: non appena ci siamo resi conto che per volontà di Dio la vita è nelle nostre mani, comprendiamo che tutti gli obiettivi da raggiungere nello studio e nel lavoro, le relazioni da vivere, le passioni da coltivare passano per la nostra capacità di scelta. È una questione di tempi (a volte stretti) e di sacrifici (scegliere è sinonimo di realizzazione ma anche di rinuncia), ma scegliere è necessario, pena l’immobilità e l’incompiutezza. Risulta oggettiva la grande responsabilità di chi accompagna alla scoperta della propria vocazione, ma allo stesso tempo ineluttabile: nessun educatore può, tanto meno deve, evitarlo. Accompagnare giovanissimi e giovani significa vivere con loro le grandi scelte, accompagnare i bambini significa iniziare a prepararle, accompagnare gli adulti significa aiutare a confermarle nella quotidianità. Il tutto a nome della comunità cristiana. Educare alla vocazione coinvolge personalmente l’educatore. Il primo strumento che egli ha a disposizione è la sua vita, l’esempio. Raccontare, condividere scelte e, secondo le età che accompagna, anche le difficoltà che esse comportano è fondamentale per Strumenti: l’esempio la regola di vita, il padre spirituale, i gruppi diocesani. Comunita’ cristiana: Cristiana: grembo che educa alla vocazione 17 chi viene educato; gli permette un sano confronto, trae ispirazione e forza per procedere nel suo cammino. In secondo luogo viene la regola di vita. Nulla di monastico, semplicemente dei paletti che ognuno di dà per giungere agli obiettivi prefissati, per scegliere e concretizzare le scelte. Sono passaggi naturali: per passare gli esami occorre studiare, per fare bene sul lavoro occorre aggiornarsi e cosi via. Ebbene anche per discernere la propria vocazione occorrono spazi di riflessione, di preghiera, esperienze idonee che vanno programmati e decisi in base al proprio momento di vita. Diverse associazioni hanno proposto strumenti come questo: l’Azione Cattolica di Padova ha pubblicato nel 2008 “Fino in cima – appunti per una regola di vita dei giovani di AC” e poche settimane fa l’omologo per gli adulti. La responsabilità va poi spartita, è difficile accompagnare persone, non va mai fatto da soli. Ecco perché, in terzo luogo, è bene che l’educatore indirizzi specialmente giovanissimi e giovani ad una guida spirituale, persona di fiducia che possa aiutare il discernimento nelle profondità più remote. Spesso si tratta di un sacerdote, deve comunque essere un compagno di viaggio qualche passo più avanti, uno che abbia già compiuto scelte chiare e che da fuori possa aiutare a dirimere le questioni più importanti. Infine, in quanto espressione della comunità, l’educatore è attento a quanto viene proposto a livello diocesano: i segni di vocazioni religiose vanno coltivati proponendo i gruppi vocazionali del seminario o degli ordini religiosi. Chi educa lo fa per vocazione, perché chiamato a stare con i fraEducare è vocazione telli e trasmettere loro almeno parte di quanto ha ricevuto in dono. Si tratta di una grande risorsa: ogni educatore nell’atto stesso di stare con gli altri sta esprimendo la sua vocazione. Se sarà prendere atto di questo il primo passo di ogni educatore, la vocazione si porrò automaticamente al centro della vita delle nostre comunità cristiane. 18 Luca Bortoli, Educatore AC Comunita’ cristiana: Cristiana: grembo che educa alla vocazione Un catechista educa alla vocazione “La catechesi illumina le molteplici situazioni della vita, preparando ognuno a scoprire e a vivere la sua vocazione cristiana nel mondo” (RdC 33). Conoscere, incontrare e servire il Signore Ad un giornalista che chiedeva a Madre Teresa quale fosse il servizio più grande che noi possiamo rendere alle nuove generazioni, essa rispose: “É quello di aiutare le nuove generazioni a CONOSCERE, INCONTRARE, SERVIRE il Signore”. Ormai da più di trent’anni presto servizio come catechista nella Parrocchia di Montemerlo e devo dire che ogni anno, quando riprendo il cammino di catechesi, sono emozionata come la prima volta che ho intrapreso questo servizio. Mi assalgono tante domande: “Saprò toccare il cuore dei ragazzi che il Signore e le famiglie mi affidano? Saprò far trasparire con la mia vita e con le mie parole che il Signore vuole bene a loro in modo unico ed irrepetibile? Che ha per ciascuno un progetto di vita meraviglioso?” Sono convinta, infatti, che l’elemento qualificante del mio servizio di catechista sia proprio quello di aiutare i ragazzi a scoprire e vivere la propria vocazione personale alla vita, al dialogo con Dio, alla sequela di Cristo, alla comunione ecclesiale, alla varietà degli stati di vita e delle vocazioni. Viviamo in un’epoca di indifferenza religiosa, in cui si vive come se Dio non esistesse, la fede viene svilita, il Vangelo non disturba nelle scelte quotidiane, Comunita’ cristiana: Cristiana: grembo che educa alla vocazione 19 l’essere figli di Dio non incide nel rapporto con i fratelli. E’ più facile in un contesto del genere essere pessimisti che portatori di speranza! Come cristiani e soprattutto come catechista ho sempre cercato di aprirmi agli altri, parlare, andare incontro alle persone, testimoniare la mia fede: il modello è Gesù! Egli insegnava e camminava per le vie della Palestina, amava incontrare la gente dove si trovava, valorizzando tutte le situazioni per lo straordinario annuncio della salvezza. Nessuno di noi è qui per caso. A nessuno sono stati dati dei carismi e delle grazie per godere in isolamento. Nulla ci appartiene in modo esclusivo: ciò che possediamo è in funzione del bene comune. Il Signore ci chiama a vivere con gioia e responsabilità e il quotidiano è il territorio che lui sceglie per la nostra testimonianza. Chi è chiamato a “fare catechismo”, compie un gesto importante: dice “sì” al Signore che lo invita a svolgere un servizio nella comunità ecclesiale e lo fa con fede e generosità. “I catechisti laici non sono semplici operatori, casualmente incaricati dal parroco di svolgere un qualsiasi servizio. Sono invece destinatari di una chiamata divina, radicata nel Battesimo e inserita nella Chiesa (La formazione dei catechisti nella comunità cristiana, n. 11). Non è più accettabile una catechesi che si identifichi con un’ora di scuola, in questo modo un catechista finirebbe per essere semplicemente visto come un insegnante noioso. Come catechista ho sempre cercato di fare amicizia con i ragazzi, di “conquistarli” alla fede, di dare un’anima alle cose, di viverle con passione e coraggio insieme a loro e questa è certamente la cosa più difficile ed esigente perché bisogna “parlare al cuore con il cuore”. La nostra fede non è un’ideologia e nemmeno una dottrina da imparare a memoria, ma è un progetto di vita e di conseguenza ogni parola deve trasformarsi in testimonianza. I nostri ragazzi incontrano il Signore quando qualcuno ne parla attraverso la sua esperienza, lasciando trasparire di aver trovato qualcosa di grande. Hanno bisogno di respirare questa fiducia nei progetti di Dio e possono farlo meglio se davanti a loro hanno esempi di persone felici, realizzate, perché nella vita 20 Comunita’ cristiana: Cristiana: grembo che educa alla vocazione hanno accolto quel progetto che da sempre il Signore ha pensato per loro. La dimensione vocazionale è perciò di tutti gli educatori ed operatori pastorali, è dentro la catechesi, la liturgia… non “accanto”. La missione non è opera di navigatori solitari, dobbiamo salire tutti nella barca di Pietro. In concreto, oggi si coglie sempre più l’esigenza che il catechista si trasformi in un “catechista animatore”. Il termine animatore fa riferimento a un nuovo tipo di educatore che ha le orecchie e gli occhi ben aperti alla psicologia dei ragazzi, al loro ambiente di vita e agli obiettivi che propone di raggiungere. Il catechista “animatore” non agisce isolato, ma lavora in gruppo e in funzione della comunità, costruisce con i ragazzi legami vivaci e interessanti, li fa poi entrare in comunione con le altre realtà della comunità parrocchiale, li fa dialogare, anche mediante la famiglia, con il loro ambiente di vita, dove essi passano gran parte della loro giornata. Per questo è importante che il catechista dialoghi e collabori con gli altri catechisti, partecipi alla programmazione delle attività pastorali, dialoghi con i genitori coinvolgendoli progressivamente in un cammino personale di fede. Dalla mia esperienza personale ho colto l’importanza di integrare la catechesi tradizionale in un vero e proprio cammino di iniziazione cristiana, fatto di piccole esperienze significative e di introduzione alla vita di preghiera, ho visto la ricchezza nel coinvolgere nella catechesi anche le altre agenzie educative presenti nella comunità e cerco di incoraggiare i ragazzi a conoscere la Chiesa e ad integrarsi nella vita della parrocchia. unità; Ripensando a questi miei anni di “servizio”, ho imparato che il catechista non deve essere un “postino” di Dio, ma un “messaggero” di Dio. Il postino infatti è colui che stabilisce il rapporto tra due persone ma ne resta escluso. Il catechista deve invece essere un messaggero che offre un “amore” nel quale lui stesso ne è stato coinvolto. Comunita’ cristiana: Cristiana: grembo che educa alla vocazione 21 Penso sia importante aiutare i ragazzi a “pregare per la loro vocazione”, stimolandoli a coltivare sogni grandi di amicizia e di servizio a Gesù e attivandoli perché chiedano preghiere ai malati e anziani che sono nelle loro case. E infine trovo importante far conoscere e propone le iniziative della pastorale vocazionale ai ragazzi e ai preadolescenti, parlando loro del Seminario, senza dimenticare che l’animazione vocazionale non può essere data in appalto ad alcuno, ma tutti noi, come battezzati, siamo corresponsabili nella pastorale vocazionale. Personalmente ringrazio il Signore di darmi la possibilità di svolgere questo sevizio perchè educando mi educo e imparo a conoscere il grande amore del Signore per ciascuno di noi. Maria Novella Espen Catechista 22 Comunita’ cristiana: Cristiana: grembo che educa alla vocazione Un parroco educa la Comunità alla dimensione vocazionale Il Tema che la nostra diocesi ci ha consegnato per l’Anno Pastorale 2010/2011, “La Comunità grembo che genera alla fede”, ci dice non tanto il compito ma la natura stessa della Chiesa e di ogni Comunità Parrocchiale. La Chiesa, voluta da Gesù e pervasa dallo Spirito Santo, nasce per: Andare, Annunciare, Battezzare. Andare, annunciare, Questo ce lo disse Gesù prima di battezzare salire al cielo e ce ne dette conferma e forza lo Spirito Santo nella Pentecoste. Una comunità cristiana allora che non ha come desiderio il generare alla fede come grembo materno tutti i figli di Dio è una Comunità che perde la sua stessa identità e ragione d’essere. Non è questione di essere di più o di fare proselitismo è questione di identità e di natura. Se la Chiesa non sa andare incontro, se non sa annunciare e se non sa suscitare alla fede con la sua Testimonianza e con i Sacramenti, tradisce il mandato-vocazione stesso che il Suo Signore e Redentore la ha affidato. Questa vocazione è talmente connaturale che dove si spengono una di queste tre identità (ANDARE, ANNUNCIARE, BATTEZZARE) potremo osare di dire che quella non è più la Chiesa di Gesù Cristo. Comunita’ cristiana: Cristiana: grembo che educa alla vocazione 23 Ciò che ha distinto Gesù nei riguardi dei suoi Apostoli-discepoli è che generalmente in quei tempi erano i discepoli che sceglievano il proprio maestroguida, qui invece assistiamo ad un evento particolare, è Gesù che sceglie i dodici, è Lui che li chiama. Il gruppo dei dodici apostoli, il primo nucleo della Chiesa nascente, è tale per Chiamata-Vocazione. Questa caratteristica vocazionale è nella sua genesi, la Chiesa è tale per chiamata da parte di Cristo nel Padre e con la forza dello Spirito Santo. La Chiesa è un riflesso permanente, allora, della vocazione, è essa stessa Vocazione, interpellata ed interpellante. Potremo dire che “genera” per vocazione e alla vocazione. In questo contesto la Chiesa nella sua massima espressione di Liturgia, Catechesi e Carità si esprime dentro un dialogo vocazionale tra Dio e l’uomo. Tutto ci riporta a una continua chiamata e ad una continua risposta tra Dio Padre e i suoi figli generati alla fede dentro una comunità. Il compito di un presbitero, all’interno di una parrocchia, è rendersi e rendere sempre più consapevoli i fratelli, che non ci può essere vera Comunità se essa nella ricchezza della Parola dei Sacramenti e della Tradizione non è attenta al germogliare delle infinite vocazioni, per realizzare il progetto d’Amore del Padre su ciascuno dei suoi figli. Una Comunità, che nel tempo, non riuscisse a manifestare la ricchezza dello Spirito Santo nella molteplicità della risposta vocazionale, dovrebbe chiedersi se veramente sta camminando sulla buona strada alla luce del Suo Signore. Un parroco, in questo contesto, ha il compito di indicare le tante vocazioni che possono nascere in una Comunità, da quella fondante, il proprio battesimo, a quelle conseguenti: vita matrimoniale, celibataria o consacrata, sino a quelle ministeriali e di servizio alla Comunità o quelle professionali nel saper riconoscere i propri talenti ed usarli anche nella scelta del proprio lavoro. Un parroco, allora, è chiamato a saper indicare la dimensione vocazionale della sua comunità facendo conoscere ed operare ogni vocazione e tra queste non 24 Comunita’ cristiana: Cristiana: grembo che educa alla vocazione può mancare la vocazione al sacerdozio, al diaconato, alla vita missionaria, alla vita religiosa, alla vita contemplativa. Qui entra in gioco il Dono e la capacità del Discernimento e del Consiglio. Per quanto riguarda di discernimento, ricordo quando da bambino andavo con i miei cugini nei campi dove c’erano i papaveri, uno dei giochi era individuare un bocciolo di papavero ancora chiuso nella sua pellicina verde, ognuno scegliendo il suo diceva il motto “gaeo, gaina, pulzin” (gallo, gallina, pulcino). Se aprendo il bocciolo i petali raggomitolati all’interno erano rossi, era gallo, se rosa,, gallina, se bianchi pulcino. La gioia era riuscire ad indovinare più colori giusti degli altri. A volte era piacevole farlo anche da solo senza che fosse una gara con altri, ma, una sfida con me stesso nel saper capire ciò che sta dentro alle cose. Questo a distanza d’anni l’ho sempre interpretato come un’occasione per esercitare il dono del Discernimento, riuscendo a leggere nel cuore ciò che forse neanche il diretto interessato non era ancora riuscito a fare. E’ sempre entusiasmante cogliere in un giovane o in un ragazzo/a i segni della sua vocazione. Se poi un parroco è contento di essere prete diventa anche gratificante riconoscere e svelare all’interessato/a i segni di una possibile Comunita’ cristiana: Cristiana: grembo che educa alla vocazione 25 chiamata alla vita consacrata o sacerdotale; se poi questi segni vengono riconosciuti anche dal/la giovane e la sua vocazione si concretizza nell’emettere i voti o nell’essere consacrato Diacono o Presbitero allora questa vocazione, nella sua preziosa rarità, ti riempie il cuore di gioia al punto che tutte le vocazioni attorno a te ricevono ulteriore slancio e vitalità perché gusti un’armonia che è tale in quanto si esprime nella molteplicità di note che compongono la sinfonia della vita. Questo dono del discernimento non è esclusività del parroco ma di tutta la comunità che deve in ogni occasione saper leggere la vocazione a cui Dio Padre chiama ciascuno nella molteplicità e ricchezza dei doni. La ricerca e attenzione vocazionale, allora, non è di alcuni ma di tutti, di tutti i battezzati ed in particolare di chi esercita un ministero all’interno della comunità. Già chi prepara i genitori al battesimo dei propri figli dovrebbero chiedere: “..che ne sarà di questo/a bambino/a?.. avete pensato a quale felicità Dio vorrà chiamarlo/a? E’ importante che all’interno della famiglia prima (piccola chiesa domestica, come la definisce il Concilio Vaticano II°) e della parrocchia poi, ciascuno sviluppi il dono del Discernimento per poter leggere al di là di quella “pellicina verde” cosa il futuro può disegnare per quel figlio di Dio. Non è sufficiente però solo illustrare bisogna anche saper manifestare, vedere in azione la grazia di ciascuna vocazione esercitata nella porzione di Chiesa che è la parrocchia. E’ però importante saper Consigliare e a questo son chiamati in particolare i Catechisti, gli Animatori di A.C. o i Capi Scout e in generale tutti gli Operatori Pastorali. Non riconoscere i doni di Dio è come disperderli, non permettendo spesso che belle vocazioni al Servizio, alla Carità, alla Vita Matrimoniale o Sacerdotale possano esprimersi nella loro pienezza e bellezza; perché per poterle generare alla fede sono indispensabili belle vocazioni matrimoniali, ma anche belle vocazioni sacerdotali e di vita consacrata. Le une senza le altre rischiano l’opacità, mentre Dio concepisce la vita come un universo di colori e note diversificate per comporre armonia e non monotonia. 26 Don Mirco de Gasperi Parroco di Mejaniga Comunita’ cristiana: Cristiana: grembo che educa alla vocazione Come educare alla vocazione a) Con gli occhi puntati su Gesù Certamente il punto di partenza e di arrivo per un efficace discernimento vocazionale è Gesù modello di umanità realizzata, imprescindibile riferimento per ogni cristiano. Il Cristo “in relazione” è un tema centrale per coloro che vivono il cammino vocazionale. E’ necessaria, a mio avviso, una prima e consistente proposta che presenti la figura del Cristo nei suoi aspetti più affascinanti: la sua umanità, le sue relazioni, il suo rapporto con il Padre… b) Attraverso una regola di vita La preghiera, la vita sacramentale, l’esperienza nella comunità cristiana, la testimonianza nei luoghi di lavoro, di studio sono tutti “elementi” che non possono mancare in un itinerario di risposta vocazionale. c) Nella Direzione Spirituale Il/la giovane in cammino vocazionale, sarà aiutato a vivere la realtà di ogni giorno alla luce della fede. Un qualificato cammino di direzione spirituale lo faciliterà a mettere in relazione i propri vissuti personali con l’esperienza realizzante dell’umanità e della divinità del Cristo. La vita spirituale non è un piano costruito al di sopra e al di fuori dell’esperienza quotidiana; non è disgiunta dalla ricerca della propria identità. E’ il quadro portante di tutta l’esistenza. Non va dimenticato che i primi padri spirituali sono i genitori che, in famiglia, con la loro testimonianza di vita, non solo trasmettono la fede ai figli ma li educano alla comprensione del progetto di Dio sulla loro vita. Comunita’ cristiana: Cristiana: grembo che educa alla vocazione 27 Attraverso quali passi? 1) Nella stabilizzazione della propria identità umana e cristiana L’educatore vocazionale muove dalla consapevolezza che è necessario aiutare prima di tutto ogni giovane nella stabilizzazione della propria identità umana e cristiana. Per far ciò è necessario aver chiaro il processo di sviluppo del giovane in modo che l’intervento educativo sia realmente di aiuto e facilitatore. 2) Intuendo ed elaborando il progetto di vita L’educatore vocazionale aiuta il\la giovane ad intuire ed elaborare il progetto di vita, a cogliere cioè, alla luce della fede, l’unicità del pensiero di Dio sulla sua vita. 3) Educando alla carità Il bagaglio di doni che segna ogni persona non può restare inutilizzati ma ha necessità di trasformarsi in generosità, altruismo, disponibilità, capacità di accorgersi dei bisogni degli altri. Attraverso l’esercizio di una oblatività proporzionata all’età, il\la giovane imparerà a finalizzare le sue potenzialità. E’ il momento nel quale la proposta vocazionale di sequela diventa una prospettiva possibile e in molti casi voluta: Cristo chiama alla sequela per il Regno e ciò diventa possibilità di realizzazione piena. 4) Nel confronto con testimoni Il confronto con testimoni suggestivi e coinvolgenti porta il\la giovane a vivere una forte risonanza emotiva. Spesso un cammino vocazionale si dinamicizza nel confronto con testimoni autorevoli nell’ambito della fede vissuta. Di fondamentale importanza è la testimonianza serena e semplice del parroco e dei vicari parrocchiali: la gioia per la scelta fatta da parte delle persone consacrate è un punto iniziale forte per il discernimento vocazionale dei ragazzi\e e dei giovani. 28 Comunita’ cristiana: Cristiana: grembo che educa alla vocazione 5) Educando al senso della Chiesa Va coltivata nei ragazzi la disponibilità ad accogliere una vocazione specifica nella Chiesa. In questo passaggio il cammino vocazionale è particolarmente orientato. La progressione che si prospetta nella vita del\della giovane in questa fase è costituito dalla genericità della disponibilità vocazionale alla disponibilità specifica del dono di sé. A questo punto ritengo utile,per gli educatori vocazionali, fare un affondo sul servizio del Padre Spirituale. Molti di loro, infatti, svolgono nella comunità dei credenti questo ministero così particolare e prezioso. Fare esistere Qual è il compito E’ compito del padre spirituale del padre spirituale? aiutare la persona che si affida a lui a diventare se stessa, stanando il personaggio, specialmente se è adulto, che egli si è lentamente fabbricato, anche in buona fede. Arriva il momento in cui il vero io reclama i propri diritti, al di là di quella immagine di uomo virtuoso di cui una persona si è rivestita, magari per molti anni. Solo quando una persona è realmente se stessa può incominciare una relazione vera con Dio, può scoprire la sua maniera personale di pregare, stabilire delle relazioni vere con gli altri. Nella lealtà con se stesso ogni uomo può scoprire i suoi desideri profondi, la potenza della vita che lo abita. Riconciliare Ogni discepolo di Gesù è chiamato a seguire il Maestro, non “nonostante la sua storia”, ma proprio a partire da essa. Sarà perciò aiutato dal padre spirituale a riconoscere con benevolenza, fin dalle proprie radici , come il Signore lo abbia fatto evolvere, passando attra- Comunita’ cristiana: Cristiana: grembo che educa alla vocazione 29 verso periodi di prove, magari faticose, e lente maturazioni. Attraverso anche il padre spirituale, voltandosi indietro, sarà aiutato a ricordare e scoprire il senso di tutti gli avvenimenti, anche i più dolorosi, che costituiscono per lui una “storia sacra”, perchè frutto della presenza di Dio e, insieme, della sua operosa collaborazione arrivando ad accogliersi e ad accettarsi per quello che è: un peccatore perdonato! Portare a desiderare quello che Dio desidera Il padre spirituale aiuterà la persona che dirige a comprendere che la volontà di Dio, che egli cerca e a cui vorrebbe sinceramente aderire, altro non è che la sua realtà più profonda e più feconda. Spendo anche una parola veloce su alcune disposizioni interiori indispensabili per il ministero della paternità spirituale. Le riporto di seguito. Docilità all’azione dello Spirito Santo Per guidare una persona sulle vie di Dio non è sufficiente il semplice buon senso o i principi generali della teologia spirituale o alcune nozioni di psicologia. Occorre essere coscienti che l’intervento di Dio nella vita delle persone non è mai programmato in anticipo e il padre deve essere in grado di contemplare Dio all’opera, anche quando l’opera di Dio sembra far uscire dai sentieri battuti e chiedere cose inattese. Ciò suppone che il padre sia completamente rispettoso dell’azione dello Spirito Santo. Autentica delicatezza In Occidente solo San Francesco di Sales è stato definito “padre dal cuore di madre”. Con la sua delicatezza materna, che, tuttavia, non rendeva dipendenti e non legava a sé, penetrava nell’intimo del cuore, vedeva chiaramente lo stato di ciascuno. Non chiedeva mai alle persone da lui dirette né troppo, 30 Comunita’ cristiana: Cristiana: grembo che educa alla vocazione né troppo presto, né troppo alla volta. Sapeva adattare i consigli in relazione a ogni carattere e le parole alla situazione propria di ciascuno. In che cosa consiste per San Francesco di Sales l’arte del discernimento? Nell’aiutare l’altro a diventare ciò che egli è chiamato a essere, a partire dalla sua storia e dai doni ricevuti, percorrendo la strada vocazionale che più risponde alla sequela di Gesù, realizzando, così, la volontà di Dio e questo allegramente! Francesco sa una cosa di grande importanza: l’uomo è tentato di cercare la volontà di Dio senza rinunciare a se stesso, scegliendo da sé la croce, ossia scappando dalla propria, nella illusione che il cammino per lui sia altrove. Una preghiera che affida «Se è essenziale rivolgersi a un’unico padre spirituale e non a diversi nello stesso tempo, è altrettanto importante non restare abbagliati dal padre a tal punto da dimenticare Colui in nome del quale egli parla» (Louf). Tutto ciò che il padre spirituale ascolta , le confidenze fatte nel segreto più intimo, le aspirazioni profonde del cuore, le antiche ferite non ancora rimarginate, le inquietudini, tutto ciò che è raccontato dalla persona che egli guida, viene affidato a Dio nella preghiera. Il padre spirituale sa che senza la preghiera non può nulla perchè tanti e complessi sono i grovigli dell’anima insieme a tanta bellezza e vita. Don Antonio Oriente Padre Spirituale Seminario Minore Comunita’ cristiana: Cristiana: grembo che educa alla vocazione 31 Don Danilo Fantinato secondo direttore del CDV Un profilo di prete! Il Signore non ha esaudito le insistenti preghiere di tante persone, religiose, laiche, preti che in questi mesi anno chiesto per don Danilo Fantinato il dono della guarigione. Le ha esaudite in modo diverso donando a lui la grazia di affrontare il male da credente, capace di affidarsi al Signore, anche in mezzo a dolori, capace di accogliere e di sorridere fino alla fine. Quando nel pomeriggio di lunedì 16 novembre è giunta la notizia della sua morte a Borca di Cadore, dove si stava svolgendo la settimana presbiterale, in un gruppo si è scelto di pregare per lui intonando il Magnificat. D’istinto hanno pensato che la prima cosa da fare era ringraziare il Signore 32 Comunita’ cristiana: Cristiana: grembo che educa alla vocazione per tutto il bene che il Signore ha fatto attraverso di lui. Questo gesto spontaneo dice la considerazione che don Danilo godeva fra i preti. Era da marzo del 2009 che acuti dolori avevano fermato don Danilo, rivelando la leucemia che da tempo lo stava minando. E’ durata un anno e mezzo la sua lotta tenace contro il male, passando attraverso momenti di speranza, come con il trapianto, a momenti di apprensione. In questa lunga via crucis don Danilo ha avuto il dono del’assistenza continua delle sorelle che l’hanno ospitato prima nelle loro famiglie e poi accompagnato fino all’ultimo minuto. Appena le condizioni lo permettevano, don Danilo tornava in canonica per fare il parroco come poteva. Don Danilo voleva vivere ed ha lottato per vivere, anche quando i segni ammonitori si rendevano sempre più presenti. Ha visto progressivamente la strada stringersi ed aprirsi la porta che apre oltre. Una settimana prima di morire ha chiesto di ricevere l’Unzione degli infermi, in forma privata, per non allarmare e poche ore prima di entrare in coma diceva: vedo avvinarsi l’incontro col Signore. Sereno e pacificato, pur nella fatica del respirare. I suoi ultimi giorni sono stati affaticati e confortati dalla tante visite, tra cui quelle di molti preti che volevano esprimergli la loro vicinanza. A tre di loro, che aveva visto crescere in seminario, ha chiesto di cantare una canzone che era stato il leit-motif della sua attività: “Vocazione” (Era un giorno come tanti altri…). L’ha cantata lui stesso,con le lacrime agli occhi. Per tanti preti giovani della diocesi l’immagine di don Danilo è associata all’idea di vocazione, perché gran parte della sua vita è stata dedicata al seminario e all’attività vocazionale. Appena ordinato prete nel 1976 era stato inviato come assistente nel seminario minore a Tencarola. Nel 1982 venne chiamato a succedere a mons. Guido Galeazzo, che per decenni aveva rappresentato la figura storica dell’attività vocazionale fra i ragazzi. Don Danilo svolse il compito di dare un Comunita’ cristiana: Cristiana: grembo che educa alla vocazione 33 volto nuovo alla pastorale vocazionale, come direttore del Centro Diocesano Vocazioni. Così cominciò il suo pellegrinaggio per tutte le parrocchie della diocesi. Nel 1989 questo pellegrinare si svolse come servizio di segretario del nuovo vescovo di Padova mons. Antonio Mattiazzo. Nel 1990 riprende il suo servizio in seminario, come assistente delle classi di teologia e come responsabile del gruppo vocazionale giovanile. In questi anni frequenta la facoltà di lettere dell’Università di Padova e consegue la laurea, per cui nel 1994 ritorna in seminario minore come insegnante. Alla domenica e non solo alla domenica si recava in parrocchia per le confessioni e per le attività che lo appasionavano, come l’assistenza a gruppi giovanili e a gruppi familiari. Così lo ricordano specialmente le parrocchie di Villanova, Campolongo Maggiore, Saonara, Casalserugo, Noventa Padovana. Nel 2000 inizia un nuovo percorso della sua vita: il vescovo lo chiama a succedere a mons: Israele Bozza, come arciprete di Piovene. Don Danilo non aveva ancora sessant’anni essendo nato, nono di dieci figli., nel 1951 a Noale, vissuto poi a Villanova. Dalla famiglia ha quell’impronta di bontà naturale, di mitezza, mansuetudine per cui le persone trovavano in lui una straordinaria capacità di accoglienza e di ascolto. Non si è risparmiato: generoso, di una dedizione senza limiti: Senza cercare mai la visibilità, con quell’umiltà così semplice che fa apparire tutto normale. Come una pianta dalle radici profonde e larghe, comunicava la fede con i gesti semplici di una relazione vera. Nel testamento redatto durante gli esercizi spirituali nel gennaio 2008 a Villa Immacolata scrive: “Rendo grazie a Dio con tutto me stesso per il dono della vita, straordinaria e meravigliosa che ho potuto vivere.” Ricordando le tappe del suo servizio aggiunge:”E’ stato un cammino straordinario di grazia, di crescita umana e spirituale per le innumerevoli occasioni, esperienze vissute… tutto è stato grazia… in ogni comunità ho trovato amici che mi hanno voluto bene, che mi hanno aiutato e stimato.” Parlando della sua esperienza 34 Comunita’ cristiana: Cristiana: grembo che educa alla vocazione di parroco: “ Dopo 8 anni mi riscopro una persona profondamente diversa rispetto al tempo, pur prezioso, trascorso in seminario”. Dopo aver ringraziato l‘intera comunità ha un ricordo specifico:” Come dono più grande e più bello porto nel cuore il sorriso dolce e divino dei bambini che mi salutavano lungo la strada. Ogni bambino è stato per me un’immagine viva, vera di Dio Padre”. Il Presbiterio di Padova riconosce in lui una realizzazione esemplare di quella tipologia di prete padovano, dove lo straordinario è la fedeltà nell’ordinario, dove i doni personali entrano in un progetto ecclesiale, dove le relazioni costruiscono il tessuto della pastorale, dove la sostanza non cerca l’apparenza. Ringraziamo di cuore le sorelle che ci hanno rappresentato tutti nell’offrire a don Danilo l’assistenza e l’affetto in questi mesi di sofferenza. La celebrazione eucaristica di ringraziamento, di suffragio, di commiato è stata celebrata nella Chiesa di Piovene giovedì 18 novembre alle ore 10.30, presieduta dal vescovo Antonio. Nel pomeriggio la salma è portata a Villanova, dove, dopo la celebrazione dell’Eucaristia alle ore 15, è stata tumulata secondo il suo desiderio “ Se è possibile desiderei essere sepolto a Villanova accanto ai miei genitori, per terra. Dalla terra sono stato tratto e adessa desidero tornare”. Don Danilo, grazie di tutto e arrivederci! Don Giuseppe Zanon Delegato per il Clero Comunita’ cristiana: Cristiana: grembo che educa alla vocazione 35 Il suo Testamento Mi ero ripromesso in questi Esercizi Spirituali di fare testamento ed ecco ora a mantenere questo impegno. Desidero esprimere, prima di tutto, alcuni pensieri e sentimenti spirituali. Rendo grazie a Dio con tutto me stesso per il dono della vita, straordinaria e meravigliosa che ho potuto vivere. Sono stato veramente fortunato, soprattutto sono stato benedetto dalla Provvidenza del Signore. Grazie, Signore, per la vita, la salute, la famiglia, il Seminario, la formazione ricevuta, la cultura, gli amici. Grazie, Signore per il dono inestimabile del sacerdozio attraverso il quale ho cercato di concretizzare quella vocazione all’amore che indichi ad ogni cristiano. 36 Grazie per il ministero che mi hai chiamato a svolgere attraverso la Chiesa e i superiori; i quasi 25 anni trascorsi in Seminario: - a Tencarola come assistente, come studente e poi come insegnante di lettere, come animatore vocazionale dei ragazzi - al Maggiore come assistente, come responsabile del Centro Diocesano Vocazioni; - l’anno di servizio accanto al Vescovo Antonio; - questi 8 anni come parroco della Comunità S. Stefano P.M. in Piovene. È stato un cammino straordinario di grazia, di crescita umana e spirituale per le innumerevoli occasioni, esperienze vissute. Come potrò, Dio renderti grazie per l’amore che mi hai riservato? Accogli, Signore, la mia rico- Comunita’ cristiana: Cristiana: grembo che educa alla vocazione noscenza adorante per i tuoi misteri imperscrutabili sulla mia vita. Tutto è stato grazia! Accogli la mia umile richiesta di perdono per le mie manchevolezze, per i peccati, per i no che, tante volte, ho pronunciato con la vita. A tutte le persone che avessi offeso chiedo sinceramente e umilmente perdono. Devo riconoscere le mie difficoltà temperamentali che non sempre mi hanno permesso di essere sereno e disponibile come tutti avrebbero avuto il diritto. Spero nella bontà di tutti e nel perdono di Dio. Una parola speciale desidero aggiungere sulle varie esperienze pastorali vissute negli anni del mio sacerdozio: - - - - - Campolongo Maggiore; Saonara; Casalserugo; Noventa Padovana (6 mesi); Piovene R. In ogni comunità ho trovato amici che mi hanno voluto bene, che mi hanno aiutato e stimato. In ogni comunità mi sono trovato bene e ho cercato di offrire la mia collaborazione secondo il tempo e le mie capacità. Ringrazio il Signore per i preti che ho incontrato, con i quali ho collaborato, per la testimonianza sacerdotale che mi hanno offerto. Da 8 anni e più sono a Piovene: è una Comunita’ cristiana: Cristiana: grembo che educa alla vocazione 37 esperienza straordinaria di crescita che la Provvidenza del Signore mi sta offrendo. Mai avrei immaginato che la vita pastorale in diretta fosse così bella, entusiasmante, arricchente, sofferta, dura in certi momenti. Certo, dopo 8 anni, mi riscopro una persona profondamente diversa rispetto al tempo, pur prezioso, trascorso in Seminario. Grazie Dio, per la comunità cristiana di Piovene, per tutto il bene ricevuto, per le quotidiane esperienze di fede, di servizio che scopro e sperimento. Tutto è grazia! Sii lodato, Signore, e benedetto per sempre! Grazie ai cristiani di Piovene per il bene che mi hanno voluto, per la collaborazione offerta, per la pazienza esercitata verso di me, i miei ritardi e le mie manchevolezze. A tutti chiedo perdono, sperando nella vostra bontà. Nessuno si ritenga obbligato verso di me se non di qualche preghiera perché possa avere la misericordia di Dio al termine della mia vita. Come dono più grande e più bello porto nel 38 cuore il sorriso dolce e divino dei bambini che mi salutavano lungo la strada. Ogni bambino è stato per me immagine viva, vera di Dio Padre. Desidero e prego quotidianamente il Signore per poter morire nella Sua Santa volontà. Accolgo la morte che il Signore, Padre Buono, vorrà darmi. Spero e confido nella misericordia di Dio che tante volte ho amministrato ai cristiani e innumerevoli volte ho indicato agli altri. Se è possibile desidererei essere sepolto a Villanova, accanto ai miei genitori, per terra. Dalla terra sono stato tratto e ad essa desidero tornare. Per quanto riguarda le mie cose personali così dispongo: i soldi, dopo le spese per il funerale che prego sia semplice e povero, siano dati tutti alle missioni dei sacerdoti di Padova (Kenya, Ecuador, Brasile, Thailandia) Grazie infinite alle sorelle e ai fratelli per il bene che mi hanno voluto e per le tante volte che mi hanno servito e aiutato. Un abbraccio affettuoso a tutti i nipoti a cui ho voluto molto bene. Comunita’ cristiana: Cristiana: grembo che educa alla vocazione Annotazioni Annotazioni