Periodico di cultura venatoria e gestione faunistico - ambientale del Comprensorio Venatorio Alpino Valle Brembana - Poste Italiane S.p.A. Spedizione in A.P. - 70% - DCB Bergamo - codice ISSN 1723-5758 - Contiene I.P.
Agosto 2005
Anno IX - n° 25
Periodico di cultura venatoria
e gestione faunistico ambientale del
Comprensorio Venatorio Alpino
Valle Brembana
SOMMARIO
Editoriale
3
Direttore
Enrico Bonzi
Attività del Comprensorio
Coordinatori
Giambattista Gozzi, Umberto Arioli,
Gianantonio Bonetti, Piergiacomo Oberti,
Luigi Poleni
L’INFORMATICA IN AIUTO DELLA CACCIA
La Redazione
4
LE COMMISSIONI
Luigi Poleni
6
PERCHÈ IL REGOLAMENTO DI ATTUAZIONE?
CTG
9
Hanno collaborato
Angelo Bonzi, Claudio Cesaris,
Duilio Buttinoni, Gigi Foti,
Giambattista Gozzi, Giacomo Moroni,
Luca Pellicioli, Piergiorgio Sirtori,
il Comitato di Gestione
Direzione e Redazione
Piazza Brembana (BG)
Piazzetta Alpini
Tel - Fax :034582565
www.comprensorioalpinovb.it
e-mail:[email protected]
LA PRIMA PROVA DI TIRO NEL NOSTRO COMPRENSORIO
10
IL MEDAGLIERE DELLA VALLE BREMBANA
14
Attualità
IL NOSTRO COLTELLO DELLA MONTAGNA
18
L’UCCELLO SIMBOLO DELLE NOSTRE MONTAGNE
Claudio Cesaris
26
IL SESSAGGIO DEGLI UCCELLI
Angelo Bonzi
27
Direttore responsabile
Gigi Foti
Incontro con l’INFS
In redazione
Elena Traini
CERVO, CLIMA E BOSCO MINACCIANO IL CAPRIOLO
Gigi Foti
28
Fotocomposizione e Stampa
Ferrari Grafiche S.p.A. - Clusone (BG)
CATTURE CON LA TELEANESTESIA
Luca Pelliccioli
30
Editore
Comprensorio Venatorio Alpino
Valle Brembana
Registrazione presso il Tribunale di
Bergamo, n° 29/97 del 22/07/97
Rivista dei Soci
del Comprensorio Venatorio Alpino
Valle Brembana
La rivista si avvale della collaborazione di tutti i Soci,
con scritti e materiale grafico e fotografico, senza
impegni da parte della Redazione, che si riserva di
vagliare ed eventualmente modificare quanto pervenuto, e tratterrà il materiale nel proprio archivio.
La riproduzione anche parziale è vietata, salvo il consenso degli autori e del Comitato di Gestione.
In copertina: volo di coturnici
di Roberto Lemmi
(si ringrazia l’Editoriale Olimpia di Firenze
per l’uso dell’immagine in occasione dei
cento anni delle rivista Diana)
IV di copertina: poesia
di Sereno Milesi Locatelli
Foto di A: Bonzi G. Gozzi e di E. Traini
Illustrazioni di Bobo Andino e da un anonimo manoscritto dei primi ‘800 nel museo
della Basilica di Gandino.
2
Parla il veterinario
A PADRONE ATTENTO UN CANE SANO
32
Parla il medico
LA TROMBICULOSI AVANZA ANCHE IN CITTÀ
Piergiorgio Sirtori
34
Parla il tecnico
STAMBECCO A METÀ
Giacomo Moroni
36
Il racconto
UNA GIORNATA DI PIOGGIA
Giuseppe Bordogna
39
L’editoriale
Finalmente si comincia
Finalmente siamo vicini all’apertura della stagione venatoria, momenti di gioia
per la passione che abbiamo ricevuto fin dalla nascita.
Nell’attesa, il lavoro del CTG non si è fermato, dando collaborazione per definire in modo soddisfacente il calendario provinciale, i regolamenti e le varie formule organizzative.
Sono state nominate tutte la Commissioni che, subito, si sono messe all’opera, individuando una serie di proposte per migliorare la gestione sia della fauna sia
quella del territorio.
Ringrazio tutti i componenti per il serio impegno assunto, sicuramente insieme porteremo il nostro Comprensorio a livelli di generale soddisfazione venatoria malgrado le grandi difficoltà che incontreremo, incominciando dal Parco delle Orobie e dai famosi SIC (Siti di Interesse Comunitari) pure questi calati dall’alto ma sempre seguiti con molta attenzione per nulla togliere alla nostra attività venatoria.
Per la stesura del nuovo Piano Faunistico, ci aspetta un lavoro molto importante
che coinvolge tutti, con osservazioni e molta attenzione da parte dei componenti delle Commissioni e dei componenti del CTG.
Una grande attenzione ai nemici dunque, ma vicini agli amici che con serietà ci
aiutano, portandoci a risultati favorevoli.
Di questo ne riparleremo, ora prepariamoci a goderci tranquillamente queste
giornate tanto attese...
In bocca al lupo
Enrico Bonzi
3
L’INFORMATICA
IN AIUTO DELLA CACCIA
Passata la prima fase di impostazione del nuovo Comitato di gestione, l’impegno si è fatto un po’ meno frenetico rispetto ai primi 5 mesi. I problemi non mancano comunque ed ogni giorno siamo più
o meno chiamati a rispondere a qualche richiesta. Il nostro periodico è uscito, con grande soddisfazione da parte di tutti; speriamo che la nuova veste grafica e la nuova linea editoriale possa incontrare il gradimento dei cacciatori. Vi sono state parecchie difficoltà per le nuove registrazioni in
Tribunale e per la nuova organizzazione di Redazione, abbiamo perso in questa nuova fase alcuni
collaboratori, ma ne abbiamo trovati altri altrettanto validi, insomma, la vita continua e come dicono da noi, “ morto un Papa, ne fanno un altro….” Attendiamo comunque sempre la partecipazione di tutti i cacciatori con invio di lettere, scritti vari, ed in modo particolare attendiamo il contributo dai presidenti delle commissioni per aggiornare i cacciatori sul lavoro delle stesse.
PROPOSTE DI MODIFICA
AL CALENDARIO
Abbiamo inviato alla Provincia alcune proposte di modifica al Calendario Integrativo Provinciale così come ci è stato richiesto dalle Commissioni ( Tipica ed Ungulati). Il nostro rappresentante nella Consulta Provinciale (Angelo Bonzi) si è fatto
carico di illustrarle personalmente nella
riunione che si è tenuta il 27 giugno.
POTENZIAMENTO TECNOLOGICO
E INFORMATICO
Abbiamo acquistato un interessantissimo
ed utilissimo programma informatico per
la gestione del territorio, che ci permetterà una volta installato di immagazzinare e collezionare un’infinità di dati relativi a tutte le forme di caccia, con particolare riferimento ai censimenti, agli abbattimenti, alla collocazione degli appostamenti fissi, oltre che alle anagrafiche di
tutti i cacciatori. Saremo così in grado di
migliorare anche l’informazione, invian4
do SMS a tutti i cacciatori per comunicazioni urgenti in tempo reale. Insomma la
tecnologia va avanti e noi tentiamo di tenerle il passo. Abbiamo anche cambiato
il computer del Comprensorio, installandone uno con maggiori capacità di memoria e già predisposto con i necessari
accorgimenti per il rispetto della Legge
sulla privacy. Inoltre ci siamo attrezzati con
una nuovo modem ed una linea ADSL per
rendere più i collegamenti via Internet e
posta elettronica. Anche la vecchia e gloriosa segreteria telefonica è stata sostituita con una di concezione più moderna in
grado non solo di registrare i messaggi
ma di trasmetterli anche sul computer ed
archiviarli, aumentando così le capacità di
registrazione. Il vecchio fax ha fatto la stessa fine della segreteria telefonica. Quello
nuovo stampa direttamente su carta normale ( quello di prima stampava su carta
chimica) evitando così di dover fare una
fotocopia per ogni fax ricevuto per non
perdere lo scritto dopo qualche mese. Tut-
te queste innovazioni ed ammodernamenti, richiederanno però anche la collaborazione di TUTTI i Soci che dovranno
fornirci a richiesta e su appositi modelli,
informazioni personali ( numeri telefonici,
E-mail, fax, scadenza licenza, eccetera) in
modo da poter avere una anagrafica completa di ognuno.
Come vedete, le novità sono tante e tutte indirizzate ad una maggiore efficienza
e tempestività nell’informazione e nel collegamento con i Soci.
IL PROGETTO GALLIFORMI
Altro problema che stiamo affrontando e
che ci preoccupa, è la definizione del Progetto Galliformi. Come avevamo promesso, entro quest’anno era nostra intenzione di uscire con la pubblicazione
definitiva, avendo anche predisposto a bilancio un cospicuo investimento per questo lavoro ed avendo programmato i tempi per la stampa e la distribuzione ai cacciatori. Alcuni contrattempi causati dai re-
IL NUOVO REGOLAMENTO
DI ATTUAZIONE
Continuando con gli impegni del Comitato, devo dire che il nuovo Regolamento
di attuazione che abbiamo predisposto,
ci ha impegnato per parecchio tempo; scrivere un regolamento che tocca tanti argomenti come quello che abbiamo approvato recentemente non è cosa semplice e se non si procede con i piedi di
piombo si rischia di incappare in qualche
infortunio. Per maggiore garanzia nella
riunione del Comitato del 3 giugno ne era
stata consegnata una bozza a tutti i componenti, con invito di discuterne eventualmente anche nelle commissioni, e nella riunione del 1 luglio, è stato approvato.
D’altra parte non si può nemmeno continuare a gestire il Comprensorio senza avere le idee chiare su come muoversi e come decidere le varie situazioni. A nostro
giudizio questo nuovo regolamento è un
documento importantissimo ed indispensabile che, dopo lo Statuto, diventa il riferimento più importante per la gestione della caccia nel Comprensorio. Siamo certi
che quanto in esso contenuto, sarà condiviso ed accettato da tutti i cacciatori. Non
vogliamo sembrare troppo esigenti e creare della inutile burocrazia, ma vi assicuro
che una riorganizzazione radicale, come
stiamo proponendo con questi strumenti,
era assolutamente necessaria. Per spiegare le finalità del Regolamento, vi rimando
all’apposito articolo della redazione.
ACQUISTO SELVAGGINA
Tornando alla attività venatoria vera e propria, il Comitato di gestione ha deliberato
tra l’altro, l’acquisto di 1.700 capi di selvaggina ripopolabile (starne e fagiani) da
lanciare secondo un calendario previsto
dalla Commissione ripopolabile. La scorsa
stagione i capi lanciati furono 1.200 e due
anni fa 900. Come vedete, pensiamo anche alla caccia praticata, non solo all’aspetto organizzativo.
ISTRUZIONI PER LA
VIDIMAZIONE DEL
TESSERINO REGIONALE
Quest’anno, con l’obbligo per tutti i cacciatori di vidimare il Tesserino Regionale presso l’ufficio del Comprensorio, è
opportuno seguire alcune indicazioni al
fine di evitare di dover ritornare. Con le
innovazioni in atto è necessario recarsi al
Comprensorio con tutti i documenti personali, come ad esempio Licenza di Caccia ( in corso di validità) e la ricevuta
del versamento al Comprensorio.
Prima di ottenere la vidimazione, ai
Soci verrà richiesto di sottoscrivere
un modulo predisposto dal Comprensorio riguardante l’autodichiarazione di non aver ricevuto sanzioni amministrative o penali per
violazioni alle Leggi Venatorie nell’anno precedente.
(a tal proposito la Legge prevede
per chi rilasci autodichiarazioni non
veritiere, pesanti sanzioni penali)
A seconda delle forme di caccia praticate, si ricorda ai Soci:
Caccia agli Ungulati
La mancata vidimazione del tesserino
non dà diritto all’assegnazione dei capi
per la stagione venatoria. E’ necessario
essere muniti di Licenza in corso di validità al momento della Vidimazione.
Capannisti
Ritirare, al momento della vidimazione,
l’elenco della distribuzione Presicci, verificare i recapiti telefonici e comunicare eventuali variazioni. Compilare richiesta per le 10 giornate di caccia vagante se interessa. La mancata vidimazione del tesserino non dà diritto ai titolari di autorizzazione all’inserimento
nel Registro dei Presici.
Lepre e Tipica: ritirare schede per registrazione abbattimenti.
I Presidenti di Sezione possono eventualmente ritirare i moduli prestampati
presso il Comprensorio e farli compilare
ai cacciatori per accelerare le operazioni di vidimazione.
Nota: I Soci che non sottoscrivono l’autocertificazione, non potranno ottenere
la vidimazione del tesserino.
attività comprensorio
latori che stanno seguendo la pubblicazione, rischiano però di far slittare i tempi e di compromettere tutto ciò che è stato fino ad ora fatto, compresa la nostra
buona volontà ed il nostro impegno per
arrivare ad una conclusione dignitosa del
lavoro svolto dai cacciatori. C’è anche da
considerare che il protrarsi dei tempi ormai a dismisura rispetto al programma, ci
fa correre il rischio di uscire con una pubblicazione ormai vecchia e quindi non più
attuale. Speriamo che non ci mettano nella condizione di non dover rinunciare a
questo progetto perché sarebbe proprio
una beffa!
5
le Commissioni
COMMISSIONE UNGULATI
E’ stato un periodo di intenso lavoro per la
Commissione Ungulati. Tutte le riunioni
si sono protratte sino a tarda ora ed in alcune circostanze non si è riusciti a trattare tutti gli argomenti all’ordine del giorno, tant’è che, oltre alle riunioni programmate per ogni primo lunedì del mese, si è anche tenuta una riunione straordinaria per la lettura della Bozza del nuovo regolamento Provinciale per la caccia
agli ungulati. E’ stato un confronto molto importante e costruttivo con tutti i componenti della Commissione e ciascuno ha
voluto dare il proprio contributo sia per
migliorarne il testo che per il contenuto.
Alla fine della discussione e della analisi,
sono state individuate e proposte una serie di modifiche da sottoporre all’Ufficio
Venatorio Provinciale. E’ stato successivamente organizzato un incontro dalla Provincia al quale hanno partecipato il presidente del Comprensorio ed il presidente
della Commissione Ungulati per valutare
le varie proposte e definire il testo.
Il nuovo Regolamento (che viene pubblicato a parte) è in vigore da quest’anno
ed anche il Comitato di Gestione dovrà
recepirlo ed applicarlo.
Riguardo all’attività dei cacciatori, a conclusione dei censimenti al capriolo, sono
stati valutati i dati presentati dai rilevatori unitamente alle loro osservazioni ed impressioni riguardo all’andamento dei censimenti. I dati dimostrano che la specie è
ancora in sofferenza pur evidenziando una
sostanziale tenuta. La diminuzione della
popolazione dei caprioli, generalizzata su
tutto l’arco Alpino Europeo, è legata a vari e molteplici fattori; il periodo che stiamo
attraversando è abbastanza delicato ed
interlocutorio perché è un momento di
verifica, che a detta degli Esperti è abbastanza ciclico, per poi ripresentare una
sostanziale trend di ripresa. Ci auguriamo che questa tendenza ciclica venga rispettata, sicuramente
la gestione richiederà molta attenzione e scelte oculate. E’ stata formulata dalla Commissione anche
una proposta di Piano di abbattimento da sottoporre all’approvazione del Comitato di gestione e della
Provincia.
Abbiamo fatto progressi
anche per la realizzazione del poligono di Tiro. Dopo un sopralluogo
che ho effettuato con il Presidente del
Comprensorio in località Conca dell’Alben nel Comune di Oltre il Colle, è notizia
di questi giorni che il Comune, attraverso
l’interessamento del sindaco, senatore Valerio Carrara, ci ha concesso l’autorizzazione alla realizzazione del poligono di tiro per la calibrazione delle carabine. Ringraziamo sentitamente il sindaco-senatore per il suo interessamento e per darci
l’opportunità di trovare soluzione a questo
annoso problema. Dovremo ancora definire gli aspetti organizzativi e strutturali,
ma ora c’è la certezza del sito e già questo è molto importante.
La Commissione, poi, nella sua riunione
del 4 luglio, ha predisposto il nuovo Regolamento per la caccia al cervo da sottoporre alla approvazione del Comitato
tenendo conto anche delle indicazioni
contenute nel Regolamento Provinciale
della caccia agli ungulati. Come è noto
questa caccia di selezione è in continua
evoluzione ed ogni anno necessità di qualche aggiustamento organizzativo, il Regolamento ha quindi validità annuale.
In conclusione, interpretando la volontà
della Commissione ed accogliendo anche
l’invito del Presidente del Comprensorio,
rinnovo l’appello ai cacciatori di Ungulati
che inizieranno l’attività di selezione il
prossimo 17 agosto, ad effettuare i prelievi, almeno nella prima fase, lontano dai
centri abitati e di villeggiatura, evitando
in tal modo di innescare polemiche ed alimentare falsi moralismi. Non vado oltre:
ma questo argomento meriterebbe un dibattito più approfondito fra di noi cacciatori e con i sindaci delle località più
coinvolte dal turismo.
Il Presidente
Gian Antonio Bonetti
QUANDO, COME E DOVE
I LANCI DI SELVAGGINA
presso il piazzale del cimitero di San Giovanni Bianco muniti di contenitori per il
ritiro della selvaggina.
- Vi informiamo che, se qualche incaricato non sarà presente al ritiro della selvaggina, la sua quota sarà suddivisa equamente tra gli addetti presenti.
- Per quanto riguarda l’orario per la
consegna dei selvatici i vari responsabili del ritiro devono telefonare nella
settimana del lancio al Comprensorio
Alpino che confermerà l’ora della distribuzione.
Visto il consenso ricevuto dai soci cacciatori la scorsa stagione venatoria sulla nuova gestione dei rilasci di selvaggina ripopolabile, anche per quest’anno verranno
eseguiti tre lanci di cui due pronta caccia.
- Le zone di lancio ed i responsabili del ritiro e dell’immissione della selvaggina sono stati indicati dai Presidenti delle varie
sezioni comunali da noi contattati.
- Gli incaricati sono pregati di presentarsi
- Si raccomanda agli addetti al lancio di
rilasciare la selvaggina nella stessa giornata in cui viene consegnata nei luoghi
indicati dalla commissione.
Infine, pensiamo di fare cosa gradita ai
soci con la pubblicazione sulla rivista del
Comprensorio delle zone di lancio, delle
relative date ed il numero dei selvatici che
verranno immessi.
Il presidente
Luigi Poleni
COMMISSIONE RIPOPOLABILE
DISTRIBUZIONE SELVAGGINA RIPOPOLABILE - ANNO 2005
ZONA 1 TALEGGIO - VEDESETA.
Ripopolamento:
LENNA
Date di lancio
13.08.2005
01.10.2005
22.10.2005
Fagiani
14
16
16
Starne
06
05
05
RONCOBELLO
13.08.2005
01.10.2005
22.10.2005
09
12
12
10
10
10
ISOLA DI FONDRA
13.08.2005
01.10.2005
22.10.2005
11
20
20
10
10
10
BRANZI
13.08.2005
01.10.2005
22.10.2005
14
20
20
20
19
19
VALNEGRA/MOIO
13.08.2005
01.10.2005
22.10.2005
05
10
10
06
05
05
Zone di lancio: Pizzino - Capo Foppa - Costa - Olda - Peghera - Forcellina.
Ripopolamento:
TALEGGIO:
VEDESETA:
Date di lancio
13.08.2005
01.10.2005
22.10.2005
Fagiani
22
44
44
Starne
52
54
54
13.08.2005
01.10.2005
22.10.2005
10
10
10
30
30
30
ZONA 2 CAMERATA - SAN GIOVANNI - DOSSENA - SERINA
CORNALBA - OLTRE IL COLLE.
Zone di lancio:
CAMERATA
S. GIOVANNI BIANCO
DOSSENA
SERINA
CORNALBA
OLTRE IL COLLE
Ripopolamento:
CAMERATA
Campelli - Lavaggi - Prato del Monte.
Pianca Cornalita - Fuipiano - Costa San Gallo - Portiera.
Paglio Garda.
Valle Bascià - Campi - Campi Erolo.
Moi Cavrei.
Vandullo - Monte di Zambla – Colle di Zambla.
Date di lancio
13.08.2005
01.10.2005
22.10.2005
Fagiani
03
10
10
Starne
13
13
13
S. GIOVANNI BIANCO
13.08.2005
01.10.2005
22.10.2005
13
25
25
27
27
27
DOSSENA
13.08.2005
01.10.2005
22.10.2005
13
15
15
18
18
18
SERINA
13.08.2005
01.10.2005
22.10.2005
13
20
20
13
13
13
CORNALBA
13.08.2005
01.10.2005
22.10.2005
07
07
07
OLTRE IL COLLE
13.08.2005
01.10.2005
22.10.2005
13
12
12
Zone di lancio:
MEZZOLDO
OLMO AL BREMBO
PIAZZA BREMBANA
AVERARA
S. BRIGIDA/CUSIO
PIAZZATORRE
VALTORTA
Fagiani
04
11
11
Starne
15
20
20
OLMO AL BREMBO
13.08.2005
01.10.2005
22.10.2005
14
11
11
05
05
05
02
03
03
PIAZZA BREMBANA
13.08.2005
01.10.2005
22.10.2005
17
34
34
00
00
00
13
13
13
AVERARA/ S. BRIGIDA/CUSIO
13.08.2005
01.10.2005
22.10.2005
14
11
11
30
27
28
PIAZZATORRE
13.08.2005
01.10.2005
22.10.2005
4
11
11
30
28
27
VALTORTA
13.08.2005
01.10.2005
22.10.2005
00
10
10
00
00
00
Riet – Colonia S. Francesco – S. Trinità.
Valsecca - Piazzoli
Fosletta – Forcelle - Moie
Corne - Gatti
Fiora - San Carlo – Preda – Roncale.
Ripopolamento:
MEZZOLDO
Soliva – PiazzolI – Sparavera.
Zinibriga – Frola – Cigadola – Tiglio.
Monte Sole – Stralenna – Prati Sosè.
Grasselli – Cantedolto
Cugno – Colle Grasso – Piazzo – Taleggio di Cusio.
Prati Pegherolo – Ronchi.
Piani Bassi - Zerta Piana - Costa
Date di lancio
13.08.2005
01.10.2005
22.10.2005
ZONA 3 LENNA – RONCOBELLO – ISOLA DI FONDRA – BRANZI –
VALLEVE – MOIO DE CALVI – VALNEGRA.
Zone di lancio:
LENNA
RONCOBELLO
ISOLA DI FONDRA
BRANZI
VALNEGRA/MOIO
ZONA 4 MEZZOLDO - OLMO AL BREMBO - PIAZZA BREMBANA AVERARA - SANTA BRIGIDA - CUSIO - PIAZZATORRE VALTORTA.
SI RICORDA AGLI ADDETTI AL RITIRO DI PRESENTARSI
MUNITI DI CASSETTE PER IL TRASPORTO DELLA SELVAGGINA
7
COMMISSIONE CAPANNO
Nella riunione del nove giugno la commissione ha provveduto alla stesura del
nuovo elenco per la distribuzione dei presicci.
Come ogni anno le copie sono a disposizione dei soci capannisti presso il Comprensorio Alpino e potranno essere ritirate durante gli orari d’ufficio.
È molto importante che ognuno controlli
la propria posizione numerica, in modo
da segnalare eventuali anomalie, consentendoci in caso di eventuali errori, di
rimediare prima della stesura definitiva
da consegnare ai gestori del centro di distribuzione.
Nel nuovo elenco abbiamo apportato due
modifiche, la prima riguarda la trascrizione dei numeri telefonici.
Per evitare di diffondere dati personali, i
numeri telefonici che generalmente allegavamo all’elenco distribuzione non saranno più riportati, ma saranno utilizzati esclusivamente dal gestore del centro.
La seconda modifica è la priorità alle nuove licenze per il ritiro dei presicci.
Questo suggerimento proposto da un
socio durante l’assemblea dei capannisti, dopo attenta analisi ci è sembrato
positivo, perché riteniamo che per un
nuovo cacciatore da appostamento fisso, il problema principale sia il reperimento di uccelli da richiamo; pertanto
se vogliamo che la nostra passione abbia continuità, concediamo loro questo
piccolo vantaggio.
È emerso inoltre che l’attuale centro di
distribuzione presicci, purché situato
in ottima posizione, presenta alcuni limiti di
agibilità, (è sprovvisto di acqua e
di
energia
elettrica) si
prospettava
quindi di
attrezzarlo
provvisoriamente
per questa stagione venatoria, considerando l’ipotesi
di
un’eventuale
trasferimento
nelle stagioni successive.
NOTA
- La Commissione Tipica si riunisce
ogni ultimo lunedì del mese.
- Roberto Cattaneo e Mario Giuliani
sono stati eletti nella Commissione
Ripopolabile.
Speriamo che tutte queste considerazioni siano supportate dall’apertura dei roccoli, perché attualmente è in vigore la
sospensiva dell’autunno scorso che ne
vieta il funzionamento, siamo quindi fiduciosi nelle istituzioni preposte, perché
si attivino al ripristino di un’attività che
seppur limitata ci permette di reperire alcuni richiami,da utilizzare durante le stagioni venatorie.
Nei mesi antecedenti, avevamo anticipato la necessità di avere una mappatura
completa dei capanni all’interno del
Comprensorio Alpino, è arrivata proprio
in questi giorni la comunicazione da parte dello studio incaricato di avere completato il lavoro, quindi siamo attualmente in grado di conoscere l’ubicazione e le generalità del titolare quanto di
tutti gli appostamenti attualmente autorizzati.
Il presidente
Angelo Bonzi
PERCHÈ
IL REGOLAMENTO
DI ATTUAZIONE?
A cura del CTG
Il nuovo Comitato, dopo pochi mesi di gestione, ha ravvisato la necessità di redigere
un Regolamento generale che toccando tutti i principali elementi della gestione, potesse dettare le regole di comportamento sia
del Comitato nei confronti dei Soci, sia che da
parte degli stessi Soci nei confronti del Comitato e quindi degli altri cacciatori. Dopo
le importanti modifiche introdotte nel nostro Statuto, era necessario chiarire ed approfondire alcuni concetti. Ecco quindi la stesura di questo Regolamento di attuazione
che composto da 9 articoli, in alcuni casi ribadisce o chiarisce quanto già disposto dalla Legge Regionale, in altri casi, chiarisce
quanto disposto dal nostro Statuto in altri
ancora definisce i comportamenti e da indicazioni circa le scelte che il Comitato si trova
ad affrontare. Qualcuno può obiettare: ma
prima, come si faceva? Domanda legittima alla quale si può rispondere semplicemente
che quando ci si trova a gestire l’attività venatoria di oltre 1.000 cacciatori ed un patrimonio faunistico di interesse eccezionale come il nostro, lo si può fare solo dandosi delle regole ed applicando dei principi scritti
uguali per tutti. Inoltre, rispetto a qualche
anno fa sono mutate parecchie cose, anche
se all’apparenza questo non è evidente. Ad
esempio le domande di ammissione di cacciatori residenti ai quali necessariamente ed
obbligatoriamente bisogna offrire una opportunità di caccia, sono aumentate notevolmente e questo in concomitanza con alcune situazioni negative di consistenza di
fauna selvatica. Gestire queste due situazioni così contrapposte, implica dover fare delle scelte ed allora ecco la necessità di defini-
re quali sono le cacce di specializzazione e
come si può accedere ed essere ammessi a
queste cacce. In passato l’unica specializzazione che regolamentava le ammissioni, era
la Tipica Alpina; oggi siamo nella situazione
che è necessario regolamentare anche l’ammissione alla Lepre ed agli Ungulati.
Il nuovo regolamento, accenna anche a delle novità che “ potrebbero” essere attuate
in un futuro, con lo scopo di migliorare la
gestione venatoria. Ci riferiamo ad esempio alla istituzione di una nuova forma di
caccia chiamata “ alla sola Migratoria anche in Zona Maggior Tutela senza l’uso del
cane”. Istituire questa forma sarebbe per il
Comitato un segnale di grande coraggio
nel praticare scelte innovative e contemporaneamente identificare e qualificare meglio le specializzazioni ( Lepre e Tipica) che
stanno diventando il ricettacolo di cacciatori non qualificati a queste tipologie di caccia, a scapito di altri in attesa di essere ammessi. E’ logico che questo passo richieda
maturità anche ai cacciatori e soprattutto
senso di responsabilità ed onestà.
Altro articolo che va spiegato, è quello degli
obblighi del Socio. Pare già di sentire i commenti! Sembra incredibile! Anche il Comprensorio ci si mette a complicare la vita ai
poveri cacciatori. Già con tutti gli adempimenti di Legge, questi ulteriori potevano essere risparmiati! Condivido questa critica se
fatta in un contesto in cui ogni cacciatore
responsabilmente fa la sua parte e si comporta in maniera onesta ed ineccepibile;
quando però si è costretti a verificare che
molti cacciatori approfittano delle situazioni
e aggirano regolamenti e provvedimenti, si
è costretti a mettere dei paletti e quindi ad attivare dei controlli, proprio a tutela degli one-
sti. Ecco allora l’obbligo della vidimazione
del tesserino, ecco l’obbligo della autodichiarazione per le sanzioni. Questi adempimenti che non costano assolutamente
niente al Socio, sono molto importanti però
per il Comitato perché attraverso queste
semplici operazioni è possibile fare delle verifiche amministrative che altrimenti sono
rese impossibili. State certi che il comitato di
gestione cercherà di rendere semplice e rapido ogni adempimento, ma state altrettanto certi che saremo intransigenti verso
coloro che risulteranno inadempienti.
Abbiamo ritenuto opportuno con questo
regolamento, darci delle regole precise. Abbiamo scritto e detto in più circostanze che
la nostra gestione è volta soprattutto alla
tutela della fauna selvatica e del territorio,
non è possibile tutelare ne fauna ne territorio se si lascia tutto al caso ed all’improvvisazione senza un preciso indirizzo di comportamento. Siamo convinti e consapevoli
che tutte queste innovazioni che stiamo introducendo daranno i loro frutti in termini
di migliore organizzazione, minor litigiosità
e maggior partecipazione.
Il nuovo Regolamento è entrato in vigore
dal momento della sua approvazione da
parte del Comitato di Gestione, che è avvenuta il 1 luglio. Per questa stagione venatoria ne verificheremo l’applicabilità ed
eventualmente se necessario apporteremo
qualche modifica. Nella prossima assemblea dei Soci, presumibilmente nel febbraio
2006, lo metteremo all’approvazione dell’Assemblea per sancirne definitivamente
l’ufficialità e farlo diventare documento Legale ed applicativo del Comprensorio.
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La prima prova di tiro
Organizzata dal
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nel nostro Comprensorio
CPA di Ponte Nossa
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Successo di pubblico
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e di tiratori
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IL MEDAGLIERE
DELLA VALLE BREMBANA
Si è concluso con l’ultima prova che si è svolta a Dossena, il Medagliere Valle Brembana 2005. La
manifestazione, giunta quest’anno alla sua decima edizione, consiste in una serie di gare cinofile per
cani da fema su starne liberate.
Gli altri campi di gara sono stati allestiti dalle sezioni comunali Cacciatori di Zogno, Algua, Taleggio, S. Brigida e San Giovanni Bianco.
Quest’anno, nell’intento di rinnovare e migliorare la manifestazione, è stata inserita anche la possibilità di concorrere a squadre.
Un ringraziamento da parte dell’organizzazione a tutti i partecipanti, agli sponsor, agli appassionati e a tutti coloro che, in qualche modo, hanno partecipato alle manifestazioni.
L’organizzazione delle prove a Dossena.
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Guida di setter inglese durante le prove di Dossena.
Complimenti
al cane dopo
un turno delle
prove di
Zogno.
TROFEO
SALADINI PILASTRI
XXI Edizione
Il GRUPPO CINOFILO BERGAMASCO
con il patrocinio di:
Amministrazione Provinciale di Bergamo
Comitati tecnici di gestione
della caccia dei Comprensori Alpini di:
Valle Borlezza, Valle Seriana
e Valle Brembana
Sezione Cacciatori Foppolo e Valleve,
Carona
Comuni di: Foppolo, Valleve, Valgoglio,
Averara, Cusio, Santa Brigida, Carona
organizza
la ventunesima edizione del
“TROFEO SALADINI PILASTRI”
Le prove si svolgeranno:
IL 9 SETTEMBRE 2005
nei comprensori alpini
Valle Borlezza e Valle Seriana
IL 10 SETTEMBRE 2005
nel comprensorio alpino
Valle Brembana
Per informazioni
rivolgersi alla segreteria
del Gruppo Cinofilo Bergamasco
Tel. 035/4175207
In attesa del turno alle prove.
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Pubblico ai margini della prova sui piani dell’Avaro.
una fase delle prove sui Piani dell’Avaro.
Setter inglese dal romantico nome di Boheme.
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CLASSIFICA FINALE INDIVIDUALE
1° EROS (pt) di Pesenti Giuseppe
2° VAREN (pt) di Lazzaroni Ezio
3° ZOE (pt) di Morotti Paolo
4° JURI (st) di Mazzoleni Mauro
5° SILA (st) di Belotti G.Carlo
CLASSIFICA FINALE A SQUADRE
1° SQUADRA “A” F.I.D.C. DOSSENA
LEA (st) di Speranza Evaristo
GEFF (st) di Omacini Rinaldo
MARTINSEN (st) di Bonzi Antonio
SCARI (st) di Bonzi Antonio
una fase delle premiazioni.
2° SQUADRA “A” F.I.D.C.
SAN GIOVANNI BIANCO
BRENTA (st) di Grazioli Francesco
SILA (st) di Belotti G.Carlo
CODY (st) di Fiorona Roberto
SHILA (st) di Bonzi G.Battista
3° SQUADRA “B” F.I.D.C.
SAN GIOVANNI BIANCO
LILLY2° (st) di Peres Massimo
LARA (st) di Rota Beniamino
FURIA (st) di Galizzi Marcellino
DON (st) di Begnis Lucio
Qui un premiato celebre, Pierino Cossali, vincitore
SESSANTA LICENZE DI CACCIA
FESTEGGIATE NEL COMPRENSORIO
Giovan Maria Bianzina, classe 1921 è arrivato quest’anno alla SESSANTESIMA licenza di caccia. Complimenti a Gian Maria. Lo vediamo mentre viene premiato dal nostro presidente, Enrico Bonzi, in occasione della gara cinofila di Dossena.
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SPECIALE
IL NOSTRO COLTELLO
DELLA MONTAGNA
Nelle valli bergamasche, ad una economia basata su una povera agricoltura di montagna, è
sempre stata affiancata un’attività artigianale di lavorazione del legno e del ferro, per integrare le entrate e per coprire i tempi morti dati dalle pause stagionali e vista anche la disponibilità
di materie prime come legname, ferro e l’ abbondanza d’acqua da sfruttare come forza motrice . Soprattutto in inverno ci si dedicava alla costruzione di oggetti di supporto all’agricoltura
o per la casa. Tra gli oggetti di uso quotidiano, indispensabili per chi lavora in alpeggio, nei boschi, o per chi si dedicava alla caccia, era il coltello da tasca.
Piergiorgio Mazzocchi
Quel coltello tanto amato da essere quasi
un oggetto di culto da parte di alcuni, che
lo personalizzavano con intagli a motivi
tradizionali e con il nome del proprietario.
Della ricchissima produzione di armi bianche nel medioevo e fino al XVII secolo, armi in asta come alabarde, falcioni, ronconi, partigiane, prodotte a Zorzone e Ol-
tre il Colle, alle lame e spade prodotte a
Gromo, dove si producevano finissime spade e lame grezze da esportare ( traggonsi
lame grezze da Gromo, Gandolì et Colaret)
cita un documento del secolo XVII, conservato nella biblioteca Queriniana di Brescia), sino ai coltelli da macelleria prodotti
a Clusone, esportati e apprezzatissimi in
Inghilterra all’inizio del XX secolo, non rimaneva alla metà di quel secolo che la pro-
duzione di attrezzi agricoli dei magli e la
piccola produzione locale di coltelli da tasca.
Nelle nostre valli, già sin dal tempo dei
romani, e forse anche prima, si estraeva il
ferro, che era lavorato sul posto, ed è proprio grazie alla presenza di minerale ricco
di ferro che si era sviluppata la produzione di armi bianche che cominciò a decadere con l’avvento delle armi da fuoco .
Il coltello bergamasco è un manufatto
SPECIALE
esclusivamente da lavoro o d’uso quotidiano, ben lontano dai modelli e misure
di altri coltelli italiani che già fin dal primo
sguardo fanno capire che non erano certo
stati fatti per tagliare un pezzo di bergna
(carne secca, n.d.r)o di formaggio. Tuttavia
proprio perché di uso quotidiano e oggetto personale raggiunse, grazie anche
all’abilità, all’estro e in alcuni casi al gusto
artistico del coltellinaio, una forma e un
modello che si è guadagnato, sul libro
“Coltelli d’Italia” di Giancarlo Baronti questo bellissimo riconoscimento “… uno di
più belli tra i coltelli italiani, il coltello bergamasco, che con la mobilità delle sue
semplici linee, la proporzionata leggerezza
e insieme la potenza delle sue meditate
forme riesce immediatamente a dare il senso della perfezione estetica e del rigore
funzionale”.
IL MODELLO BASE
Il coltello bergamasco tuttavia andrebbe
meglio definito in quanto ci sono modelli diversi dovuti ai luoghi di produzione,
modelli dettati anche dall’uso a cui era
destinato. Si vengono così a formare due
modelli principali, come ho avuto modo
di definire modello Val Brembana e modello Val Seriana. Il primo è il classico bergamasco, con la lama ricurva, adatto a
lavorare un pezzo di legno, forme di formaggio, scuoiare, costruire archetti. Si
presenta con un filo ricurvo, una gobba
sul lato opposto, vicina alla ghiera, che
facilita l’impugnatura perché permette
di appoggiarvi il pollice. Dalla gobba in
poi, più o meno marcata a seconda del
gusto del coltellinaio, si delinea uno sguscio tale da conferire la forma di una
mezzaluna. Il manico di solito è in legno
di bosso, a volte di corniolo. La produzione degli Anni Sessanta-Settanta lo vede in faggio fino agli ultimi in ciliegio e in
noce; vi sono tuttavia delle eccezioni rare, ma gustose di esempi in corno bovino (Foppolo e Pizzino).
Anche il manico ha una forma molto particolare: è leggermente ricurvo per contenere la lama e termina, al tallone, con
una elegante protuberanza che migliora
la presa, oggi lo definiremmo di forma
anatomica. La ghiera, oltre che di valore
estetico serve per fissare meglio la lama,
nei più antichi è in ferro ora è di ottone.
Non esiste il fermo per la lama e questo è
dovuto al fatto che, con il fermo, il coltello rientrava nei modelli proibiti. Le forme ci appaiono già abbastanza definite
negli affreschi del ‘400, presenti sul nostro territorio, e anche in alcuni dipinti del
secolo successivo. I primi coltelli tuttavia
erano a tronco fisso. Il coltello chiudibile,
anche se conosciuto, era più raro e soltanto in seguito per le restrizioni imposte,
per motivi di sicurezza, si venne a formare la forma attuale chiudibile. A questo
proposito è possibile vedere nel Museo
della Valle, di Zogno, un’ordinanza austriaca del 1830, nella quale si stabilisce
la forma e la misura dei coltelli permessi
e le pene per chi portava modelli vietati.
Modello classico Valle Brembana
19
SPECIALE
ECCO I PIÙ ANTICHI
Ecco uno dei dei modelli a tronco fisso più antichi. La lama più grande è probabilmente la più antica ritrovata fino ad oggi. La seconda non è mai stata montata sul manico, è rimasta un incompiuto. La lama del coltello intero si può far risalire negli Anni a cavallo dei secoli XVI-XVII. È montata su un corno di camoscio, probabilmente posteriore all’epoca della lama.
Coltelli di Carona a lama fissa ma non antichissimi, probabilmente erano destinati
all’uso in cucina.
Coltello che in origine era a tronco fisso e rifatto successivamente a modello
chiudibile.
Tronco fisso, molto vecchio, la lama già richiama il modello classico brembano.
LO USAVANO PER ACCENDERE IL FUOCO
Vecchissimo serramanico, privo di punzone. Difficile stabilire l’età di questo coltello, una cosa è certa: sul
dorso della lama presenta una zigrinatura a motivi apparentemente ornamentali, si tratta invece della parte metallica dell’acciarino. Sfregando la pietra focaia sul dorso della
lama ( si nota sul pezzo una notevole usura), si ottenevano le scintille che cadendo sull’esca accendevano il fuoco. Noi siamo
abituati ad accendere il fuoco con l’accendino,
alcuni ricordano, o usano ancora i fiammiferi, ma l’uso dell’acciarino arriva almeno fino alla metà del
secolo XIX e non è solo per
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SPECIALE
IL COLTELLO A DUE MANI
Anche oggi ci sono dei tentativi di applicare un fermo alla lama per renderla
più sicura. Io sono dell’idea che chi non sa
usare un coltello come questo forse è
meglio che non usi coltelli da tasca.
Le lame erano anticamente ricavate da
vecchie lime, balestre di carro e anche dal
codolo della falce quando questa aveva
raggiunto il limite del suo utilizzo, tuttavia anche in epoca piuttosto recente vi
erano dei coltellinai che ricavavano in loco il metallo come, ad esempio a Mezzoldo dove Carlo Molinari, 1880 – 1944,
estraeva in una località vicino all’attuale
bar Baita il metallo. Preparava e ammassava il minerale all’interno di una catasta
di legna e una volta esaurito il fuoco, portava a valle i blocchi di metallo che si erano formati con il calore, questo era poi
purificato con martellatura. Questa tecnica molto probabilmente era usata anche
in altre zone, in periodi di scarsità di materiale e certamente è quanto rimaneva
della conoscenza delle tecniche usate nell’antichità per ricavare il metallo che si lavorava nelle nostre valli. Il Molinari di professione era boscaiolo e in inverno costruiva coltelli su ordinazione, possedeva
una piccola fucina, senza maglio, preferiva
usare acciao di lima, in mancanza di que-
sto se lo autoproduceva. Costruiva anche modelli molto grandi per lavorare il legno ( vengono infatti impugnati come un
coltello a due mani), i suoi coltelli, tra
quelli vecchi, sono i più grandi: arrivavano, aperti, fino a 36 centimetri, come un
pezzo in mio possesso, contro i 31 centimetri del modello di Cassiglio.
A Mezzoldo erano attivi fino al 1925, in
località Scaluggio, un maglio, una segheria e un mulino, posti a diversi livelli
nella stessa casa per sfruttare meglio la
caduta dell’acqua. Purtroppo l’ultima alluvione ha portato via tutto… Più su, verso il passo San Marco, più o meno nella
zona già citata, c’era una fonderia. Quindi si lavorava tutto in loco!
Il coltellinaio rimasto più famoso in valle
è Paolo Anovazzi di Valtorta scomparso
negli Anni Ottanta del secolo scorso, è
anche stato l’ultimo della vecchia generazione. Usava molto lame ricavate dalle
lime, bosso per il manico, firmava le lame con il punzone APV ( Anovazzi Paolo
Valtorta), possedeva una piccola fucina,
senza maglio e anche suo padre era coltellinaio. A Valtorta esisteva anche una
forte tradizione nella produzione di chiodi, alla quale si dedicavano diverse famiglie in inverno.
Il grosso coltello usato a due mani di Mezzoldo.
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SPECIALE
Produzione APV - Annovazzi Paolo Valtorta.
LAME RICICLATE DALLE FALCI
Altra famiglia molto famosa in valle era quella dei
Belotti di Camerata Cornello che produceva non soltanto coltelli da tasca, ma anche pezzi da cucina, da macelleria e ferri agricoli. L’ultima produzione di coltelli non era firmata (esistono vecchissimi modelli con il punzone
B, ma non è accertato che siano loro); tuttavia, i loro modelli sono riconoscibilissimi
perché avevano i Belotti l’abitudine di lavorare il manico, sempre in bosso, con
una zigrinatura a calcio di pistola ed anche
se altri occasionalmente la usavano, questa è rimasta una loro peculiarità. Usavano per le lame vecchie lime, balestre e forse sono stati gli unici a riciclare il codolo
della falce, che era fornito dallo stesso richiedente. I Belotti erano abilissimi anche
nel forgiare i ferri da miniera con una conoscenza molto approfondita anche sul
minerale da estrarre e in base alla qualità
di questo forgiavano, dopo aver analizzato il sasso, un ferro con tempra adeguate a questo usando la tecnica del fer
assalat: su una lama morbida si applicava sul filo, per bollitura, una lamina più
sottile di acciaio durissimo, tecnica questa conosciuta e applicata anche dai Celti e precede la tecnica dell’acciaio a strati
o damasco.
Anche a Zorzone, ed è turale data la secolare tradizione della produzione di lame, e del lavoro in miniera, era attivo fino
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agli Anni settanta, Ottanta del secolo
scorso Angelo Palazzi detto Pustì. Costruiva il modello classico della valle Brembana su ordinazione e a volte usava la zigrinatura come i Belotti, probabilmente
su espressa richiesta del committente.
A Carona vi erano magli, fucine, segheria e mulino (ora in fondo al lago artificiale) dove probabilmente si lavorava il
metallo estratto sull’Armentarga. Fino agli
Anni settanta è stato attivo Riceputi Giuseppe 1888- 1972, professione mugnaio
e fabbro. Costruiva coltelli soprattutto per
i bergamì, comunque su ordinazione. Punzone GR con il segno dell’unghia molto
Produzione Belotti di Camerata.
elegante che richiama un animale mitologico, forse un coccodrillo. Anche il figlio Fiorino Riceputi (1913-1973) era costruttore di coltelli, il soprannome di famiglia era i Ferdinancc). Il nipote che ci
ha raccontato la storia possiede ancora
tutta l’attrezzatura e non sa se c’erano altri coltellinai. Tuttavia possiedo tre coltelli con il punzone BC CARONA, il che fa
pensare che nelle fucine si lavorassero un
buon numero di coltelli da mandare sui
mercati o nelle fiere, e che ci fossero altri
coltellinai. Anche il coltello di Carona ha il
manico in legno di bosso e la qualità dell’acciaio è elevatissima.
SPECIALE
Lama punzonata BC Carona.
Bel modello con lama firmata Riceputi.
IL PIÙ CONOSCIUTO, E ANCHE IL PIÙ BELLO, È QUELLO DI FOPPOLO
Il coltello più sconosciuto, ma senza ombra di
dubbio il migliore per qualità dell’acciaio (forse lame di Carona), ed abilità di costruzione oltre a
gusto artistico è quello forgiato a Foppolo dove erano attivi fino a circa settant’Anni fa i Papetti, Antonio, Luigi e Sandro. Di professione
bergamì, possedevano un piccola fucina dove in
inverno costruivano coltelli e piccoli attrezzi su
ordinazione. Erano anche bravissimi a scolpire
il manico in bosso con animali mitici come si
può vedere dalla immagine che proponiamo.
Uno dei rarissimi esempi di manico in corno
bovino proviene da questa famiglia, l’altro è
di un certo Vitali, vissuto all’inizio del secolo
scorso a Pizzino (Taleggio) dove faceva il bergamì transumante tra Pizzino d’estate e la
bassa milanese in inverno. Costruiva coltelli in corno bovino, abbelliti con intarsi in ottone usando la tecnica del chiodo: praticamente eseguiva dei disegni ottenuti con una
specie di punteggiatura fatta con chiodini
di ottone con un ottimo risultato estetico.
Probamente acquistava le lame.
Alti coltelli erano prodotti in zona Acquada (Zogno), ma non è dato saperne di più per il momento come del resto per Cassiglio.
Anche a Lenna nelle vicinanze del santuario della Madonna della Coltura probabilmente producevano coltelli Rinaldo Paganoni e Vittore Calvi. Le due famiglie possedevano mulino, maglio
e fucina. Poco lontano, in località Miniera, vi era effettivamente una miniera di proprietà della famiglia Calvi. Che qui si costruissero coltelli è qualche
cosa di più di una supposizione, perché alcuni pastori (i Cler) ricordavano coltelli provenienti da quella zona.
Anche in valle Imagna, fino agli Anni Cinquanta del
secolo scorso, si facevano coltelli da cucina in gran
numero, e da tasca su ordinazione (specialmente
roncole chiudibili), a Rota Dentro dalla famiglia Moscheni ( i Cinqui) che possedeva un maglio sul torrente Imagna.
Nel maglio di Clanezzo dove la famiglia Personeni ha
lavorato dall’inizio del secolo scorso non si producevano coltelli da tasca, in compenso si forgiavano in gran numero di coltelli da cucina fino agli Anni Sessanta.
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SPECIALE
LA PRODUZIONE OGGI È A... PREMANA
Praticamente se si scava nella storia si
può trovare una produzione di coltelli
modelli Valle Brembana in ogni paese
dell’alta valle, coltelli che venivano esportati anche in Francia dai nostri emigranti, soprattutto dai boscaioli e dai carbonai
sin dall’ ‘800, e in numero di pezzi piuttosto elevato. Con la scomparsa degli ultimi coltellinai si è corso il rischio di perdere la tradizione del nostro coltello; tuttavia l’attaccamento e l’abitudine a quelle forme e linee da parte della nostra
gente ha fatto in modo che la produzione fosse portata avanti dai coltellinai di
Premana . Il coltello bergamasco non è
nato a Premana, tuttavia, data la richiesta del mercato e dei rivenditori ( molti
coltelli venivano prodotti per negozi con
il punzone recante il cognome del rivenditore, quindi può capitare di vedere gli
stessi coltelli con firme diverse), la pro-
duzione continua ancora oggi, sia nei
modelli Valle Brembana sia Valle Seriana, anche se la qualità delle lame lascia
un po’ a desiderare in confronto alla produzione autoctona. Va comunque riconosciuto il merito ai premanesi di aver
mantenuto viva la nostra tradizione.
Negli ultimissimi anni, grazie anche all’interesse dei collezionisti e la voglia di
una riscoperta della nostra coltelleria, è rinata una produzione bergamasca dei nostri coltelli. Si tratta di appassionati, saggiamente consigliati da qualche esperto
come ad esempio Benedetto Valoti del
“Maglio di Seriate”( la sua famiglia esercita la professione del maer – maestro di
ferriera - da generazioni ) i quali hanno ripreso una produzione, piccola sì, ma di
notevole qualità sia dal punto di vista
estetico, anche con legni e materiale pregiato, sia nell’acciao, riproducendo an-
che il damasco o acciaio a strati. Benedetto è anche il portatore di tradizione
e conoscenza della lavorazione e forgiatura del gruppo di ricerca Coltellinai e
forgiatori bergamaschi molto conosciuto
anche fuori provincia, in Italia e anche
all’estero. L’associazione, nata nel 1991,
su iniziativa di una gruppetto di cultori,
Emilio Alberici, Luca Pizzi, Danilo Brugali, Flavio Galizzi … che presero spunto
dall’iniziativa di Eligio Ambrosioni di riproporre una dimostrazione della forgiatura del damasco nel maglio di Seriate di Benedetto Valoti. Anche a tutti i
nuovi coltellinai e stimatori va un ringraziamento per il merito nel tener viva una
tradizione a molti sconosciuta, per il rinato interesse che permette, ad altri di
sfoggiare con gli amici un bell’oggetto
del quale si va fieri e che è considerato di
identità.
Coltello di Foppolo di costruzione Papetti, ma con lama dal punzone ancora sconosciuto.
Bellissimo Valle Brembana con lama a strati (damasco), manico in legno di pistacchio,
molto fedele nella linea ai modelli tradizionali, opera di Luca Pizzi.
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SPECIALE
I COLTELLI DEL COMPRENSORIO
Anche il nostro Comprensorio ha fatto la
sua parte per recuperare la tradizione dei
coltelli delle nostre valli. Due infatti sono
state le iniziative che hanno avuto al centro lame della Valle Brembana e della Valle Seriana. La prima è stata quella del Coltello Bergamasco, proposto nel 1999 ai
Soci, quindi, nel 2003, è stata la volta del
Coltello da pastore della Val Seriana, quel-
lo, per intenderci, a due lame.
Il primo dei due coltelli, quello Bergamasco, era squisitamente un serramanico da
tasca di utilizzo contadino, di ogni giorno
e perchè no per la caccia. Il secondo era
una sorta coltello multiuso, specifico tuttavia per il pastore che aveva spesso necessità di praticare salassi agli animali con
la lama più piccola.
L’AUTORE
Piergiorgio Mazzocchi
Cinquantatrè anni, residente a Villa d’Almè, Piergiorgio Mazzocchi, è informatore scientifico con profondi interessi storico-culturali di riferimento locale. La sua curiosità è particolarmente attratta dalla musica e dagli strumenti
musicali in uso nella provincia di Bergamo. Ha infatti raccolto una vasta documentazione sui flauti e ghironde e quant’altro i nostri padri utilizzavano per
allietare le giornate. Sua la segnalazione di un affresco a San Giovanni Bianco in cui compare la più antica raffigurazione di una cornamusa. Di tutto
ciò, Piergiorgio Mazzocchi sta curando un libro che verrà dato alle stampe fra
breve. Ma non è soltanto la musica a interessare il nostro autore: non poteva mancare infatti la curiosità per la tradizione gastronomica del nostro territorio. Naturalmente, interessandosi del passato, ecco che la sua diventa
una vera e propria archeocucina bergamasca le cui ricette sono state pubblicate
su un calendario edito dalla Provincia alla fine degli Anni Novanta.
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L’UCCELLO SIMBOLO
DELLE NOSTRE MONTAGNE
La coturnice, un uccello simbolo delle montagne, simbolo soprattutto della simbiosi tra l’uomo
che vive in montagna, e qui svolge le sue attività quotidiane legate in particolare all’allevamento del
bestiame e quegli animali che sfruttano le opportunità che tale presenza crea nell’ambiente.
Claudio Cesaris*
Il crollo delle popolazioni
naturali di coturnice è iniziato a seguito del continuo, lento e inesorabile abbandono della montagna,
delle attività ad essa legate
ed in particolare alla monticazione del bestiame bovino. La presenza del bestiame mantiene le
erbe rasate all’altezza giusta e sempre in quella fase vegetativa che fornisce il maggior apporto energetico e soprattutto le deiezioni del
bestiame, oltre a concimare in continuazione
il pascolo, creano un ambiente particolarmente
favorevole allo sviluppo di popolazioni di insetti che risultano fondamentali per i pulcini
di questa specie che, come tante altre che sono granivore da adulte, sono invece prevalentemente insettivore nella fase giovanile.
L’abbandono delle pratiche agricole montane ha incrinato prima e distrutto poi questo
legame che sembrava indissolubile tra uomo,
bestiame e coturnice. La specie è oggi inserita nella lista rossa come: vulnerabile, in categoria di tutela spec 2- CEE 1,2 – Berna 3- cacciabile L. 157/92 E’ presente in Italia con la
specie Alectoris graeca graeca sull’Appennino centro meridionale e con le sottospecie
Alectoris graeca Whitakeri in Sicilia e Alectoris
graeca saxatilis sulle Alpi. Resta da confermare la sottospecie Alectoris graeca orlandoi anch’essa sull’Appennino. La consistenza è stimata in 10.000/ 20.000 coppie, ma in sensibile
decremento. La popolazione italiana rappresenta una frazione importante del totale mondiale della specie ammontando a circa il 30%.
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Nonostante molti progetti di reintroduzione i risultati sono ovunque limitati a causa anche
della difficoltà a reperire soggetti geneticamente puri dagli allevamenti che sempre più
spesso hanno usufruito di esemplari impuri o
addirittura incrociati con Chukar (Alectoris
chukar), presente nella parte orientale della
Grecia, in Turchia e nel Medio Oriente e con
la Pernice rossa (Alectoris rufa) specie legata
alle quote medie dell’Appennino settentrionale e centrale (Liguria, Piemonte, Lombardia,
Emilia Romagna, Toscana e Marche).
Da una ricerca a cui ho partecipato, conclusasi nel 1996, relativa allo studio della Coturnice
in Provincia di Trento, risulta che a iniziare dagli anni 50-60 fino appunto al 1996 si è verificata una contrazione numerica pari al 60%
della popolazione pre-riproduttiva e del 70%
di quella post-riproduttiva. Questa valutazione è sicuramente attendibile ed è in accordo
con quanto formulato in letteratura. Dal 1968
al 1990 il numero di Coturnici abbattute in
provincia di Trento è passato dai 1250 capi annui ai 300 con un calo del 76 %. Nello stesso
periodo anche in alcune aree delle Alpi Carniche la popolazione non superava il 15% di
quella presente negli anni ’50, tale situazione
era riscontrabile anche per la Valle d’Aosta con
un calo degli abbattimenti del 70% nel periodo 1972-1987 e del 40% tra il 1977-1990.
Il fenomeno era poi associato ad una altrettanto comprensibile contrazione in termini
di estensione e continuità dell’areale che
confermano lo stato di generale declino della specie per le Alpi, in particolare per il settore orientale dove tale contrazione, che ha
interessato indistintamente aree più favorevoli e meno favorevoli, era valutata attorno
al 40% della superficie occupata storicamente. Le ipotesi più frequentemente indicate in letteratura individuano due principali categorie di fattori ritenuti responsabili del
declino delle popolazioni e cioè fattori di interazione diretta uomo-specie e fattori di interazione indiretta quali gli interventi dell’uomo sull’ambiente e i processi naturali favoriti dalle attività antropiche.
I primi si riferiscono essenzialmente alla pressione venatoria nell’ipotesi di un prelievo superiore a quello sostenibile, i secondi alle già
citate pratiche agricole montane.
Ne consegue una gestione difficile dove ad
un impegno gravoso corrispondono spesso
risultati scarsi se non deludenti, la provincia
di Trento si impegnò a seguito della nostra ricerca a far sfalciare con un taglio stagionale
una superficie pari al 40% di quello che una
volta era l’areale della popolazione di Coturnice con la non indifferente spesa di 10
miliardi delle vecchie lire, lodevole iniziativa
che non ha portato a risultati perché limitata ad una stagione e questo non può essere
sufficiente perché occorrono più anni per ottenere risultati apprezzabili.
L’impegno di tutti deve essere quello di stimolare le Comunità Montane ed i Comuni a
favorire il ritorno alla montagna ed alle sue
attività. E’ solo una presenza assidua sul territorio che può garantire qualche opportunità di successo nella battaglia per il ritorno
della Coturnice sulle nostre montagne.
* Ecologia applicata alla pianificazione faunistica del dipartimento di biologia animale
dell’università di Pavia.
IL SESSAGGIO DEGLI UCCELLI
Nido di tordina, foto dell’autore.
Uno dei principali problemi di cacciatori e allevatori è la determinazione del sesso in quei soggetti dove non è possibile visibilmente distinguere il dimorfismo sessuale.
Non succederà quindi nella distinzione di merli o fringuelli, uccelli facilmente riconoscibili sessualmente da colorazione diverse del piumaggio, ma riguarderà sicuramente tordi bottacci tordi
sasselli e cesene.
Angelo Bonzi
TECNICHE
Le tecniche utilizzate per attuare il sessaggio (brutto etimo, ma non c’è altro di
meglio) sono diverse: si va dalla sequenza
di DNA sesso specifico,all’analisi degli steroidi fecali,all’ispezione cloacale, allo studio
dei cromosomi delle cellule del sangue,e
altre tecniche piuttosto complesse e poco
utilizzate che trovano riscontro solo in ambito scientifico. Il sistema sicuramente più
utilizzato è sicuramente quello chirurgico,che si pratica tramite l’ispezione visiva
dell’addome,o laparoscopia
DESCRIZIONE ANATOMICA
Nei soggetti maschi i due testicoli sono ubicati in posizione addominale, dietro i margini posteriori dei polmoni,e anteriormente
alla posizione dei reni.
La superficie delle gonadi maschili è liscia e
di forma tubolare, mentre la loro dimensione varia secondo il periodo dello stadio del
ciclo riproduttivo, e all’età del soggetto.
Nell’apparato genitale femminile degli uccelli solo l’ovaio sinistro è sviluppato,e viene individuato in caso di laparoscopia nella stessa posizione descritta per il testico-
lo del maschio.
Il colore è bianco pallido, divenendo più
scuro con l’invecchiamento del soggetto
l’aspetto varia secondo il periodo endocranico del momento( pre cova o post
cova).
Durante il periodo riproduttivo i follicoli diventano ben evidenti sulla superficie ,facendo assumere allo stesso il caratteristico
aspetto a grappolo.
APPLICAZIONE PRATICA
Il veterinario, che è l’unica persona autorizzata ad utilizzare questa tecnica,dopo
un’adeguata anestesia , provvederà con
l’aiuto di un assistente a posizionare il volatile con la parte
sinistra rivolta verso l’alto, con le
ali e le zampe estese; il medico
dopo un’accurata deplumazione della zona interessata, provvederà ad una piccola incisione
tra la penultima e l’ultima costola oppure tra l’ultima costola
ed il femore (sotto il bacino).
A questo punto è possibile osservare visivamente con l’ausilio
di una lente d’ingrandimento, o
con l’introduzione di un endo-
scopio il sesso del soggetto interessato.
OSSERVAZIONI
La tecnica specificata è sicuramente molto efficace, e meno complessa nell’applicazione di come viene descritta ,specialmente se applicata da sanitari di provata esperienza, tuttavia il sistema chirurgico è sempre piuttosto invasivo, e anche
se difficilmente si osservano effetti collaterali, si spera a breve di poter utilizzare sistemi più consoni e pratici, economicamente alla portata di tutti e dai risultati
altrettanto efficaci.
27
CERVO, CLIMA E BOSCO
MINACCIANO IL CAPRIOLO
Incontro con Silvano Toso, nuovo direttore dell’Istituto Nazionale della Fauna Selvatica, il quale, sul declino
dell’ungulato rilevato nel nostro Comprensorio come del resto su tutto l’arco alpino, ci dice...
Gigi Foti
Cambio della guardia all’INFS, l’Istituto Nazionale della Fauna Selvatica, l’ente che funziona da consulente per lo stato e le amministrazioni locali in materia di fauna selvatica, appunto, e dal quale noi cacciatori ad
ogni inizio di stagione attendiamo il via libera
a tutto ciò che la nostra passione coinvolge:
dai piani di abbattimento alla gestione dell’habitat e delle strutture venatorie. Dopo
quasi tre anni di commissariamento, alla
guida dell’Istituto, che ha sede a Ozzano
dell’Emilia (Bologna), è stato chiamato il
dottor Silvano Toso, che già molti di noi conoscono per la sua attività scientifica e perché è anche un cacciatore. In occasione di
un nostro recente incontro, ci è stata data
l’opportunità di sentire il suo parere sulla
situazione del Capriolo sull’arco alpino, il
territorio che ovviamente ci interessa e nel
quale, da un paio d’anni, si manifesta una
fase calante della densità di questo selvatico. Anche dalle nostre statistiche, pubblicate sul numero di luglio di quest’anno, appare evidente che i numeri non si discostino
da quanto emerge dalle altre realtà. Siamo
di fronte a un calo che, dal 2002, si aggira
sul 15-20% con notevoli differenze fra set28
tore e settore. Anche dal Trentino, come si
legge sul periodico dell’Associazione della
Provincia di Trento del giugno scorso, arriva
conferma di questa evidente discesa: “...per
una serie di concause, ora al vaglio dei nostri organi direttivi, si è passati dai circa
31.000 a circa 27.000 capi. La densità media provinciale in relazione all’habitat vocato, è pari a 6,2 capi/100 ettari, con differenze fra i vari distretti”. Al direttore dell’INFS abbiamo allora chiesto il perché di
questa situazione ed eventualmente i rimedi
da adottare. “L’analisi delle serie storiche
raccolte in diversi paesi europei dimostrano che le popolazioni di Capriolo possono
essere soggette ad ampie fluttuazioni le cui
cause non sono sempre spiegabili con fattori
limitanti di origine ambientale o antropica.
Incontro con l’INFS
Silvano Toso.
In alcuni settori delle Alpi come degli Appennini, può essere ipotizzata un’influenza
della recente espansione del Cervo – è il parere di Silvano Toso –Nel medio periodo le
modificazioni ambientali derivanti dalla progressiva riduzione delle aree aperte a favore del bosco con conseguente diminuzione delle fasce ecotonali rappresenta indubbiamente un fattore sfavorevole al Capriolo. In ambiente alpino e nelle parti più
elevate dell’Appennino le popolazioni risentono anche della mortalità indotta dagli inverni rigidi con innevamento prolungato e tardivo. Ma è l’avanzata del bosco il
problema principale. Molti lavori di ecologia hanno dimostrato che, quando si passa
da ambienti a mosaico a quelli a copertura
forestale senza soluzione di continuità, la
diversità faunistica e la densità delle popolazioni di molte specie tende a diminuire.”
Soluzioni? Interventi? “La chiave di volta
per vincere questa sfida in futuro – conclude il direttore dell’INFS – è quella di contrastare, metro per metro l’avanzata del bosco, favorita nel suo sviluppo dal fatto che
l’uomo ha smesso di coltivare la montagna.
Mi rendo conto che si tratta di una sfida
difficile ed impegnativa, ma credo valga la
pena di accettarla non solo per motivazioni
legate alla conservazione della biodiversità,
ma anche per motivi culturali, estetici e di
fruibilità dell’ambiente montano.”
CATTURE
CON LA TELEANESTESIA
Con le iniezioni sparate a distanza si catturano gli ungulati per studiarli e curarli. Una pratica che
è stata sviluppata negli USA e con essa si ottiene uno stress assai ridotto nel selvatico e si evitano pericoli per gli esseri umani che intervengono.
Luca Pellicioli*
La conoscenza dei principali aspetti legati al
contenimento e alla cattura di animali selvatici è indispensabile nell’ambito di un corretto approccio, allo studio e alla gestione,
della fauna selvatica alpina.
In considerazione del notevole incremento di
ungulati selvatici a vita libera, avvenuto nell’ultimo decennio sulle Alpi, si pone sempre
più frequentemente il problema della pre30
senza di animali selvatici, e nello specifico di
ungulati, al di fuori del loro habitat naturale come strade pubbliche e centri cittadini
con tutte le problematiche e i rischi connessi,
ampiamente documentati anche da recenti episodi accaduti sul nostro territorio. Diverse amministrazioni e enti gestori operanti
nel contesto alpino, coinvolti nella tutela del
patrimonio faunistico, stanno attivando misure per gestire, controllare e risolvere l’eventuale insorgenza di tali episodi.
Tra le varie possibilità per gestire situazioni di
questo genere, la pratica della cattura farmacologica sta riscontrando pareri favorevoli, se condotta con gli opportuni protocolli. La pratica dell’anestesia a distanza si è
sviluppata negli Stati Uniti, dove è nata anche una specifica terminologia scientifica.
E’ necessario quindi uniformare e fare subito chiarezza sulla terminologia utilizzata.
Si definisce teleanestesia la somministrazione a distanza di farmaci, spesso soprattutto in
Italia, si utilizzano altri sinonimi per definire
tale operazione come: teleiniezione (più propriamente indicato per iniezioni a distanza di
medicinali generici), telenarcosi, anestesia a
distanza o cattura/contenzione farmacologia.
Le varie metodologie con cui si effettua la
teleanestesia si definiscono sistemi di teleanestesia. Sono rappresentati principalmente
dalle speciali siringhe chiamate anche dardi, siringhe-proiettile o autoiniettanti, o più
semplicemente telesiringhe.
La telesiringa è lanciata o sparata da un apposito strumento rappresentato dalla cerbottana o fucile chiamati più correttamente
teleiniettori, fucili lanciasiringhe o telefucili/telepistole.
La pratica delle teleanestesie può venir effettuata su animali selvatici a vita libera, animali da zoo o in recinti o su animali domestici inselvatichiti o allo stato brado.
Attraverso questa pratica è possibile ridurre le controindicazioni che derivano dal contenimento manuale o da altre forme di cattura più stressanti.
La cattura farmacologica, se correttamente
pratica, permette infatti di ridurre lo stress
nell’animale ed anche i pericoli per gli operatori e gli addetti all’assistenza.
Tra i diversi motivi che possono richiedere
l’impiego di tale approccio certamente i prin-
cipali sono rappresentati dalla cattura di animali fuggitivi o in libertà, spostamenti e trasporto di animali, visite mediche, prelievo di
campioni ematici, marchiatura e identificazione di capi, interventi chirurgici, cure podali
e odontoiatriche, esecuzione di accertamenti
sanitari e test diagnostici.
Come gestire quindi questi tipi di interventi.
Innanzitutto è necessario che il medico veterinario responsabile del procedimento e
della detenzione dei farmaci, in collaborazione con gli operatori addetti all’assistenza, deve stabilire l’idoneità del luogo di cattura e il conseguente protocollo anestesiologico più idoneo da seguire in funzione del
contesto ambientale in cui si trova ad operare. Stabilire quindi l’insieme dei farmaci e
dei relativi dosaggi e vie di somministrazione da utilizzare.
La scelta del farmaco può variare in funzione di numerosi aspetti. La principale variabile
è sicuramente rappresentata dalla specie
animale da anestetizzare. Ogni specie e categoria sistematica di animali (carnivori, ar-
tiodattili) presenta sensibilità variabile ai vari farmaci e relativi dosaggi che può cambiare anche in funzione del livello di stress
dell’animale e del suo stato di salute.
Rispetto al farmaco impiegato sono indicate preparazioni commerciali che implicano
una concentrazione adeguata del principio
attivo in poco volume. E’ preferibile poi l’utilizzo di principi attivi con basse controindicazioni e soprattutto per i quali sono presenti in commercio i relativi antidoti (farmaco antagonizzante).
Effettuata la fase di preparazione, durante la fase dell’anestesia generale fondamentale è monitorare costantemente le tre fasi principali:
induzione, anestesia e risveglio del capo.
Va sottolineato infine come in questi tipi di
operazione l’elevato affiatamento del gruppo di lavoro permettono di migliorare il livello qualitativo dell’operazione di cattura
ed è garanzia di maggior successo.
* Medico veterinario dottorando
DIPAV Università di Milano
INDICAZIONI PER UNA CORRETTA APPLICAZIONE DELLE TELEANESTESIE
• Valutazione dell’idoneità del luogo e del contesto ambientale nel quale si deve
operare ed effettuare la teleanestesia
• Analisi di tutte le variabili intraspecifiche dell’animale da sedare
• Valutazione del livello di stress e dello stato di salute dell’animale da sedare
• Applicazione, da parte del medico veterinario referente, del protocollo anestesiologico più idoneo
• Monitorare correttamente le varie fasi dell’anestesia generale
• Predisporre l’eventuale gestione dell’emergenza clinica per evitare di perdere il capo
Monitorare fase del risveglio
Elevato affiatamento del gruppo di lavoro
A PADRONE ATTENTO
UN CANE SANO
Prima di tutto doveroso un ringraziamento per il lavoro sin qui svolto dal collega, Tiziano Ambrosi, che ha contribuito nel tempo, anche attraverso le pagine di questa rivista, ad una maggiore
comprensione reciproca tra cacciatori e veterinari riguardo ai problemi più strettamente correlati all’attività del cane da caccia.
Duilio Buttinoni
Mi presento: sono il dottor Duilio Buttinoni,
operante in San Giovanni Bianco e Zogno
da circa dieci anni, ed è, se non altro per
questo, che molti di voi lettori già mi conoscono.
L’obiettivo che intendo raggiungere attraverso le pagine di questa rubrica è quello di
offrire una visione generale dell’evoluzione
dell’attività veterinaria che, nel corso degli
anni, è molto cambiata ed ora mette a disposizione possibilità diagnostiche e terapeutiche all’altezza di quelle presenti in campo umano.
Oggi è infatti possibile realizzare esami complessi come artroscopia, ecografia, tac che
aiutano a superare i limiti imposti in passato da tecniche diagnostiche importanti ma
non sempre precise come ad esempio la radiografia.
È compito del veterinario riconoscere che,
vista la vastità delle conoscenze raggiunte,
non è più possibile essere in grado di curare
ogni singola patologia in proprio ma è fondamentale appoggiarsi al lavoro di colleghi
veterinari che hanno affinato le loro conoscenze in settori quali ad esempio l’ortopedia.
l’ecografia, la neurologia al fine di offrire il miglior servizio possibile al cliente. È proprio
per questo che cercherò di rendere questo
spazio il meno personale possibile invitando
colleghi specialisti che lo desiderino ad esporre i propri lavori nei campi di competenza.
32
Accanto a ciò ritengo utile avere la possibilità
di rispondere alle domande, spesso derivanti da casi concreti, che ognuno di voi cacciatori si pone e che nella maggior parte dei
casi rimangono senza risposta per mancanza di possibilità di colloquio diretto tra cacciatore e veterinario al di fuori dell’attività
professionale.
È perciò che vi invito a farmi pervenire domande o considerazioni che partendo dal
vostro caso singolo possano interessare altri cacciatori al fine di poter realizzare un vero servizio di comune utilità.
Un ultima considerazione riguarda il soggetto principale delle nostre attenzioni, il cane.
Così come nel corso degli anni la professione veterinaria si è voluta ed i cacciatori sono
diventati più sensibili alle problematiche relative alla salvaguardia dell’ambiente ed al
ruolo della loro attività nel nostro paese altrettanto deve avvenire per il trattamento riservato ai nostri compagni di vita.
Accanto a una grandissima maggioranza di cacciatori che coglie il vero significato del rapporto di scambio con il proprio cane, vi è ancora una sacca di resistenza che considera il cane alla stregua
di una macchina da spremere senza fornire adeguato carburante sotto forma di
una corretta alimentazione. luoghi di permanenza adeguati esenti da parassiti, topi ed adeguatamente protetti dal caldo
e dal freddo eccessivi.
Questa minoranza purtroppo scredita tutti
voi e contribuisce a diffondere e confermare le voci che considerano il cacciatore un
soggetto che non ama il cane.
È proprio per questo che è interesse prima di tutto dell’insieme dei cacciatori intervenire nei casi in cui si viene a conoscenza di maltrattamenti, sotto qualunque forma, riservati ai cani anche a costo
di alterare il quieto vivere, il silenzio non
aiuta nessuno e per un vero amante degli animali dovrebbe risultare insopportabile qualunque maltrattamento non solo ai
propri cani ma anche a quelli altrui.
Occorre ricordare che un cane sano è prima di tutto frutto di un padrone attento
prima ancora che del lavoro del veterinario.
Aspettando le vostre indicazioni sul prossimo
tema da trattare, un cordiale saluto.
È da un anno ormai che l’uso del passapoto per gli spostamenti all’estero
dei nostri animali è diventato obbligatorio, ma forse alcuni aspetti di
tale obbligo non sono ancora del
tutto chiari.
Proviamo a sintetizzare ciò che ciascun cacciatore deve fare per non
trovarsi ad avere problemi al momento della partenza.
- Prima di tutto ciascun cane, indipendentemente dal possibile viaggio all’estero, deve essere identificato tramite chip
sottocutaneo inserito da veterinario libero professionista accreditato, praticamente tutti, o da veterinario
appartenente all’ASL. Per i cani registrati prima dell’uso obbligatorio del chip
può essere ritenuto valido il numero del
tatuaggio impresso sull’orecchio o all’interno coscia, a patto che sia leggibile, cosa non sempre possibile soprattutto nei cani di una certa età. È perciò consigliabile applicare il chip anche a cani
già tatuati qualora il tatuaggio sia ormai
deteriorato. Il costo dell’applicazione del
chip è di circa 30 euro ed al momento
dell’applicazione è indispensabile portare con sé il proprio codice fiscale. L’inserimento del chip è assolutamente indolore. Una volta che il cane è stato registrato occorre ricordarsi di comunicare
al veterinario eventuali cambi di domicilio o proprietà del cane.
- Almeno un mese prima della partenza
per la destinazione estera si deve
praticare la
vaccinazione
antirabbica al
cane, la cui validità è di dodici
mesi a partire
dalla data riportata sul libretto sanitario del cane.
Ulteriori viaggi all’estero in tale periodo non richiederanno più una nuova vaccinazione.
- Con il certificato di
iscrizione all’Anagrafe
canina regionale rilasciato dal veterinario ed il Libretto delle vaccinazioni ci si reca alla sede ASL
più vicina e si richiede il rilascio del Passaporto.
- Entro i dieci giorni precedenti la partenza occorre recarsi nuovamente dal
veterinario con il cane per far timbrare
l’area del Passaporto relativa alla sana e
robusta costituzione del cane stesso e
all’assenza di malattie infettive o infestive in atto. Tale procedura è necessaria
per il passaggio del confine.
- Se nel corso dell’anno di validità della
vaccinazione antirabbica si dovranno effettuare nuovi viaggi all’estero, l’unica
procedura da ripetere sarà la vidimazione del Passaporto entro i dieci giorni dalla partenza.
parla il veterinario
PASSAPORTO PER CANI E ALTRI
ANIMALI DA COMPAGNIA
LA TROMBICULOSI
AVANZA ANCHE IN CITTÀ
Ho parlato con colleghi dermatologi della parassitosi da Neotrombicula autumnalis volendo proseguire la chiara presentazione di Tiziano Ambrosi e Gloriana Peschini pubblicata sul numero 19/2003
del giornale. Sono rimasto sorpreso nell’apprendere che anche negli ambulatori di dermatologia dell’Università di Milano, durante l’autunno si presentano diversi casi di Trombiculosi (detta anche
Trombidiasi o Trombidosi), spiacevole parassitosi che colpisce i cacciatori di montagna.
Piergiorgio Sirtori*
Dando un’occhiata alla
letteratura recente sull’argomento, ci si rende
conto che questa affezione non è poi così rara e che ha avuto nel
tempo anche diverse
definizioni nella terminologia popolare, da Harvest bug, cioè
Tignola dei raccolti (per la prevalenza nel
tempo autunnale dei raccolti) a Ragno
rosso, a Rogna dei potatori di platani.
Secondo taluni l’ospite preferito dalla
Neotrombicula autumnalis è il coniglio,
ma tanti altri sono gli animali parassitati come il cane, il gatto, i polli, gli uccelli, e anche bovini, ovini, caprini.
Nell’uomo, ospite non preferenziale, la
infestazione occasionale da larve di Neotrombicula autumnalis dura solo pochi
giorni dopodiché il parassita abbandona
la pelle per cadere e trasformarsi in protoninfa proseguendo il suo ciclo vitale.
Vale la pena ricordare che, sulla cute
umana, l’azione irritativa della larva è
34
provocata dalla sua secrezione salivare
istolitica (cioè capace di colliquare i tessuti) che dalla zona di puntura crea un
canalicolo di nutrimento (detto stilosoma o istosifone) attraverso il quale il parassita può succhiare il materiale liquido
semidigerito.
In questa fase si fanno evidenti le lesioni
cutanee di tipo eritematoso-papuloso,
spesso caratterizzate da un piccolo segno centrale, quasi una piccola ombelicatura corrispondente alla puntura del parassita talvolta presente in quel punto.
Le zone più frequentemente colpite sono
Al contrario, soggetti residenti in zone dove la trombiculosi è frequente e diffusa,
possono presentare una tolleranza immunologica.
Per la cura i dermatologi consigliano corticosteroidi ad uso topico (non antistaminici) associati ad antibiotici se c’è sovrapposta infezione batterica.
Nel caso raro di quadro infettivo generale
grave: antibiotici per via sistematica.
RACCOMANDAZIONI A UOMINI E...CANI
Ai cacciatori che frequentano zone ove sia nota o sospettabile la presenza di Trombicule si consiglia il trattamento dei propri cani con acaricidi topici a base di Fipronil,
anche come prevenzione, una volta al mese, nella stagione a rischio da fine estate a
fine autunno.
Particolarmente ai cacciatori di ungulati che spesso sostano a lungo a contatto con
il terreno in aree possibilmente infestate si raccomanda lìuso di indumenti robusti e
di teli o mantelline da stendere sul terreno prima di sdraiarsi.
I repellenti non sembrano molto efficaci e gli acaricidi oggi sono reperibili solo ad
uso veterinario.
Generalmente l’infestazione non crea nell’uomo grossi pericoli, ma tuttavia è più
che ragionevole tenere conto di questa antipatica eventualità cercando di evitarla
con semplici norme di prevenzione.
Nell’eventualità sfortunata di essere colpiti da questa infestazione, le cure del medico con eventuale controllo specialistico possono aiutare a guarire rapidamente.
Così si manifestano gli effetti della puntura del parassita sulla pelle.
parla il medico
* Medico Chirurgo
E. Traini - 2
quelle a cute più sottile (ascelle, inguini,
genitali, caviglie, polsi, collo) e le aree costrette dagli indumenti (cintura, reggiseno).
In alcuni casi si accompagna un notevole
malessere generale, prurito intenso e diffuso, e più raramente vomito e diarrea.
Quando si associa temperatura elevata è da
sospettare una sovrapposizione batterica.
Le persone più volte infestate dalla Neotrombicula possono manifestare una sensibilizzazione con rash orticarioide, la comparsa di papule e ponfi in sede di pregresse lesioni, talvolta anche a carattere
emorragico.
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STAMBECCO A METÀ
Stambecchi e capre domestiche possono accoppiarsi e i loro discendenti di sangue misto, ibridi o meticci, sono riproduttivi.
Ciò è noto da secoli, ma normalmente è la femmina della capra a partorire l’ibrido, per questo il capretto meticcio seguendo la madre finiva sotto custodia umana e veniva per lo più macellato dopo
pochi mesi.
Giacomo Moroni*
Oggi però sappiamo che l’ibridazione
può avvenire anche con l’accoppiamento tra un “becco” di capra e una femmina di stambecco.
Prova ne è uno stambecco ibrido, maschio dell’età di tre anni e mezzo, imbrancato con altri maschi di stambecco
sub-adulti, avvistato dagli agenti del Corpo di Polizia provinciale, su segnalazione
di alcuni cacciatori esperti, durante il periodo di svernamento nei pascoli sovrastanti la frazione Maslana in comune di
Valbondione.
La stretta convivenza tra stambecchi e
capre domestiche sui pascoli alpini, anche sulle Orobie bergamasche, ha reso
possibile l’ibridazione tra le due specie.
Un evento questo indesiderato che
quando si verifica mette in pericolo la
36
purezza genetica degli stambecchi alpini e favorisce la veicolazione di malattie
infettive tra animali selvatici e animali
domestici.
Il decreto di abbattimento dell’ibrido,
supportato da parere favorevole dell’Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica,
è stato così predisposto dal Servizio faunistico-ambientale della Provincia di Bergamo; una misura oltre che approvata
dal massimo organo tecnico faunistico
italiano, in concordanza anche con gli
obiettivi dell’Organizzazione Mondiale
per la protezione della natura (IUCN).
Gli ibridi allo stato libero sono indesiderati, giacché nelle nostre Alpi devono vivere solamente stambecchi geneticamente puri.
L’abbattimento dell’esemplare è stato
affidato agli agenti del Corpo di Polizia
Provinciale, ma l’impresa si è subito tra-
sformata in una sfida anche per guardiacaccia montanari che sanno esplorare l’aspro ambiente alpino.
La ricerca dell’ibrido nel suo luogo di dimora primaverile imbrancato con una
ventina di maschi adulti puri, ha avuto
luogo tra i pascoli e le ripide pareti rocciose che sovrastano le Baite di Maslana in Valbondione, dove è stato individuato nella mattina del 29 aprile scorso.
Alle 7,20 del medesimo giorno il sottufficiale Carrara Daniele, con un tiro
“chirurgico” di oltre 200 metri con l’arma in dotazione: una carabina cal.222
ha provveduto all’abbattimento dell’anomala capra ibex.
L’animale è stato quindi sviscerato sul
posto e una volta effettuati i campionamenti di sangue, feci e tessuto muscolare, nonché una scrupolosa rilevazione
rispondente cioè all’incirca a quello di
un maschio medio di 4 anni pesato a fine autunno.
Le corna mostravano evidenti differenze rispetto a quelle tipiche dello stambecco.
La lunghezza delle corna era certamente maggiore rispetto a quella dei coetanei puri, con i suoi 56,5 cm., il primo
segmento di crescita era più lungo del
secondo, caratteristica tipica delle capre,
parla il tecnico
dei principali dati biometrici, è stato, non
senza fatica, trasportato a valle, per essere consegnato al Museo di Scienze Naturale “E. Caffi” di Bergamo, dove verrà
esposto una volta naturalizzato.
Un’attenta analisi ha confermato che si
trattava proprio di un esemplare maschio
di tre anni e mezzo, che pesava, sviscerato, 44 chilogrammi, ovvero un peso
superiore a quello normalmente rilevabile negli stambecchi di questa età, cor-
ma non dello stambecco.
Le corna erano chiaramente prive delle
protuberanze nodose caratteristiche della
specie selvatica e di sezione triangolare
anziché ovale.
Evidenti differenze sono emerse anche riguardo al pelo che era in fase di transizione dalla muta invernale alla muta estiva, che risultava decisamente più chiaro
rispetto agli stambecchi e con evidenti
macchie bianche sul muso e sui garretti.
Altro elemento altamente distintivo dell’ibrido era una fluente barba caprina comparativamente molto più lunga del breve
pizzetto dei maschi di stambecco.
Questa storia di vita selvatica con interpreti puri, ibridi e con una fine necessariamente
38
cruenta,è certamente interessante sotto il
profilo della biologia della fauna selvatica,
ma mette in luce un pericolo per la purezza
del sangue della popolazione degli stambecchi presenti sulle Orobie bergamasche.
Una popolazione, oggi di 650 esemplari,
ricostituita da zero partendo da un nucleo
di 84 esemplari fondatori, importati dal
Parco Nazionale del Gran Paradiso alla fine degli anni ottanta.
E’ perciò indispensabile, affinché nessun
materiale ereditario delle capre domestiche
passi alla popolazione di stambecchi e nessun temuto agente patogeno infettivo
venga trasmesso, che dopo l’estivazione
tutte le capre domestiche ritornino sotto
custodia umana.
Tutte le capre inselvatichite prima del periodo degli amori dello stambecco e cioè
al termine della stagione autunnale, dovrebbero essere catturate oppure abbattute, comunque prima dell’inverno.
Inoltre il ruolo dei cacciatori alpini, in attesa che anche lo stambecco possa essere incluso tra le specie assoggettabili ad
una gestione venatoria sostenibile, alla
stessa stregua degli altri ungulati selvatici,
diventa insostituibile per la segnalazione di
eventuali stambecchi ibridi presenti sulle
Orobie bergamasche.
* Responsabile del servizio faunisticoambientale. Provincia di Bergamo.
IL RACCONTO
UNA GIORNATA DI PIOGGIA
Giuseppe Bordogna
Quell’autunno Giove Pluvio manifestava tutto il suo livore, la pioggia
cadeva con insistenza da giorni, ruscelli e torrenti rombavano in tutta
la valle, ovunque le strade erano coperte da larghe pozzanghere.
Anche un fanatico cacciatore come il
Felice pensava che andare sui monti dissolti nelle nebbie con quel tempaccio era veramente una pazzia .
Il ticchettio insistente della pioggia
non lasciava nessun dubbio, ma
ugualmente si era alzato nella speranza di trovare un indizio o una scusa per andare a caccia, Guardò dalla finestra ma il lampione gocciolante non dette nessuna illusione e a
malincuore decise di rinunciare.
Cosi, quella mattina, andò alla Messa con la moglie, meravigliata che il
marito se ne restasse a casa in una
domenica di caccia. Finito il dovere
di buon cristiano, prima di tornare
a casa ci fu il tempo di fermarsi a
bere un aperitivo. Entrarono nel bar
della piazzetta dove, appoggiati al
bancone, c’erano due figuri che
grondavano pioggia dagli indumenti di caccia, erano il cognato Franco
e l’amico Bepi. Felice esordì con un
saluto, ma la risposta fu di tutt’altro
tenore.
“Ma guardalo qui il grande cacciatore !” sbottò con aria canzonatoria il parente.
“Vestito della festa e perfino sbarbato” ridacchiò il compare.
“Beh, con questo tempo...” cercò di
giustificarsi il Felice.
Con falsa severità il cognato lo rimproverò :“Certo il tempo è pessimo,
pessimo per i selvatici e per quelli
che li vanno cacciare, ma i veri cacciatori si vedono in questi frangenti
e non se ne rimangono a letto”
Infierì l’amico: “E poi, se uno teme la
pioggia, se ne va al capanno e di-
mentica le coturnici”
Il Felice ci rimase male, sia per le parole degli amici, ma di più per aver
constatato che, nonostante il cattivo
tempo, qualcuno sui monti ci andava lo stesso .
“Dai vieni qui a bere” disse il cognato per mettere fine alla discussione.
Ma ormai Felice aveva preso la sua
decisione: si sarebbe cambiato e sarebbe andato a caccia a costo di
rientrare di notte.
“Vi farò vedere io chi è il Felice” e
uscì di volata dal bar seguito dalla
moglie che aveva lanciato uno sguardo di fuoco al fratello, reo di aver
rotto la tranquillità di una domenica in famiglia.
“Ma, insomma ho gia preparato il
pranzo per oggi” disse lei
“Fa niente, lo mangerò stasera” tagliò corto lui .
Arrivato a casa, in breve si cambiò,
prese il fucile, nascose le cartucce
perché non si bagnassero, salutò la
moglie che gia da un pezzo era rassegnata ad avere quel marito testardo, andò a prendere il cane ed in auto si diresse sopra Piazzatorre che
era la sua zona di caccia prediletta.
Arrivò alla fine della carrozzabile con
la pioggia che non dava tregua, si
intabarrò per avere un po’ di riparo
e velocemente si avviò per la mulattiera cominciando a salirla a passo
svelto .
I pensieri erano confusi come i panni nella lavatrice, “Ma che cavolo mi
ha preso, solo un pazzo può andare
a caccia con questo tempo” “No,
perbacco, non sarà quest’acqua che
mi fermerà”. Intanto camminava nell’oscurità del bosco mentre l’acqua
gli ruscellava tra gli scarponi. Laika,
la sua setter, aveva preso a correre
e ad annusare, guardandola pensò
“Povera bestia, guarda in quale idiozia ti ho trascinato…”
Finalmente, dopo quasi un’ora, inzuppato ed ansimante, arrivò ai margini del bosco, ma gli occhi invece
di beneficiare di un po’ di luce, andarono a perdersi nella nebbia.
L’idea di aver fatto una sciocchezza
ormai aveva convinto il cacciatore a
rassegnarsi a prendere la decisione
più saggia : tornare sui suoi passi.
Dopo tutto la sua dose di cattivo
tempo se l’era presa e, inoltre, di lì a
poco si sarebbe fatto buio, era quindi del tutto inutile continuare.
Fece ancora pochi passi deciso ormai di richiamare il cane, ma la voce
gli si fermò in gola, il cane era caduto in ferma !
Si inginocchiò, passarono istanti interminabili con gli occhi che disperatamente cercavano di andare oltre
i vapori della nebbia.
Il cane era come pietrificato, poi al
rallentatore mise una zampa in avanti, il respiro prima affannoso di Felice si era fermato, il cuore anche, tutti i sensi erano tesi allo spasimo.
Il setter appiattito, sempre con movimenti impercettibili era avanzato
di un paio di metri.
Il colpo lo esplose d’istinto dietro le
sagome grigiastre sparate in aria nel
frullio tipico delle coturnici. Nell’istante in cui queste scomparvero nel
muro della nebbia, ebbe la netta sensazione che una di loro abbandonasse il volo per cadere alla rinfusa.
Corse in quella direzione, inciampò,
cadde, riprese la corsa “L’ho presa,
giuro che l’ho presa” gridò dentro
di sé. Il cane anch’esso era scomparso da quella parte.
Dopo la breve corsa, Felice si fermò
ansimante, “Stramaledetta nebbia
!” “Dove la cerco adesso?”Passarono alcuni minuti in cui visse in una
specie di limbo senza emozioni, indifferente alla pioggia, alla nebbia e
alle prime ombre della sera .
Poi vide qualcosa che gli veniva in39
contro, solo a pochi metri capì che
era la sua Laika, tra i denti la coturnice! Si inginocchiò ad abbracciare
il cane, mentre la pioggia, finalmente
amica, confondeva le lacrime di commozione . Esaltato dal successo della battuta
di caccia, fece il
tragitto di ritor-
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no senza rendersene conto.
Adesso, prima di andare a casa, una
cosa la doveva fare.
Entrò al bar del Cornello dove sapeva di trovare chi cercava.
Infatti, sia il cognato sia l’amico che
l’avevano canzonato il mattino, erano
lì a giocarsi il pomeriggio a tressette.
Tirò fuori la
preda dal
carniere e tenendola sopra le teste
dei giocatori di carte gridò: “I veri
cacciatori vanno a caccia, non se ne
stanno al caldo dell’osteria”.
Non attese risposta, rapidamente uscì
inghiottito dal buio e dalla pioggia .
Ad un amico mai dimenticato
Libri letti
UN MANUALETTO PER I TROFEI
IL CEDRONE IN LOMBARDIA
Sulla preparazione e conservazione dei trofei se ne sentono e se ne leggono di ogni
sorta. Adesso è la volta dell’URCA (l’Unione Regionale Cacciatori Appennini) dell’Emilia Romagna, che ci prova con questo libretto dal curioso titolo :”Il particolare fa la
differenza – Preparazione e conservazione
dei Trofei”. Sedici pagine in tutto, in cui gli
autori Enzo Berzieri e Luigi Lodi, spiegano
come in un manuale di istruzioni, le regole
per ben preparare i trofei e conservarli, Dove, si badi bene, i trofei non sono soltanto i
palchi, ma anche i denti e certe qualità di
peli di molti animali. Per richiederlo all’ Urca,
email: [email protected]
È senz’altro nella fantasia di tutti i cacciatori di montagna, e non solo, il mitico gallo
cedrone. Eppure, sulle montagne lombarde
ne esistono ancora degli esemplari, neppure troppo lontano da noi: nei due parchi regionali delle Orobie valtellinesi, nel Parco
dello Stelvio e, infine, sull’Alto Garda Bresciano. I tre enti hanno promosso, con fondi della Regione e dello stato, un programma di intervento per la conservazione di questa affascinante specie, affidato ai ricercatori dell’Università dell’Insubria, il cui lavoro è stato dato alle stampe con questo volumetto ricco di dati sulla presenza del cedrone in Lombardia.
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COMPRENSORIO VENATOTRIO ALPINO VALLE BREMBANA
Enrico Bonzi - Presidente
Gianbattista Gozzi - Vicepresidente
Lino Ceruti - Rappresentante Provincia
Pietro Milesi - Rappresentante Comunità Montana
Angelo Bonzi - Rappresentante CPA/ANLC
Roberto Gusmaroli - Rappresentante FIdC
Teofano Boffelli - Rappresentante ANUU
Athos Curti - Gruppo Cinofilo Bergamasco
Roberto Regazzoni - Rappresentante C.A.I.
Bruno Calvi - Rappresentante C.A.I.
Roberto Cattaneo - Rappresentante Coldiretti
Sperandio Colombo - Rappresentante Coldiretti
COMMISSIONI
Avifauna tipica alpina - Ungulati
Lepre - Capanno
Stanziale ripopolabile
SEDE
Piazza Brembana (BG) - Piazzetta Alpini - tel./fax 034582565
e-mail comprensorio: [email protected]
Segretaria: Alba Rossi e Daniela Tiraboschi
Orari di apertura: Merc. – Giov. – Ven.: 9/12.30 - 14/17.30 - Sabato: 9/12.30
***************************************************************
Assessorato Provincia
Via San Giorgio - tel. 035387700
Assessore Sett. Caccia e Pesca - Luigi Pisoni
Ufficio Tecnico Caccia e Pesca
Dirigente - Alberto Cigliano
Collaboratori tecnico faunisti - Giacomo Moroni - Alberto Testa
Servizio di Vigilanza Provinciale
Responsabile - Gian Battista Albani Rocchetti
Collaboratori - Bruno Boffelli, Cristiano Baroni
SERVIZI DI PUBBLICA UTILITÀ
Pronto Soccorso Sanitario- Ospedale Civile S. Giovanni B.: Tel. 034527111
Centro antiveleni - Ospedali Riuniti di Bergamo: Tel. 035 269469 (Tel. 118)
Soccorso Alpino CAI - Elisoccorso: Clusone, Tel. 034623123
Pronto Soccorso Veterinario - BG - Via Corridoni 91: Tel. 035362919
Corpo Polizia Provinciale: numero verde 800350035
Emergenza Sanitaria: Tel. 118
Vigili del fuoco: Tel. 115
Cassadùr
A l’turna ‘ndré de cassa, ól Bèpo ostér.
A l’è strach mórt, bagnàt come ü pülsì,
Col sciòpp a spala, alégher de nó dì,
Sensa gna ü passeròtt in del carbér.
L’incontra in piassa ‘l Piero Galbusér,
Che l’ ghe domanda: “El vira che i sdurdi
I passa a ròss, coi sgnèpe e coi sgnepì?
A l’ n’à ciapàt ü sento, ól Pì fornér !”
“ A l’n’à ciapàt apena ü sentenér ?
Ma diga che nó l’ cönte di balòte :
L’ è egnìt föra con mé, chèll impostùr,
Tat lönedé d’ matina come iér.
Mé gh’ó ciapàt quaranta balaròte,
Lü l’ gh’à ciapàt apena ü gran fregiùr ! ”
Sereno Locatelli Milesi, 1941
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