Periodico di cultura venatoria e gestione faunistico - ambientale del Comprensorio Venatorio Alpino Valle Brembana - Poste Italiane S.p.A. Spedizione in A.P. - 70% - DCB Bergamo - codice ISSN 1723-5758 - Contiene I.P. Agosto 2005 Anno IX - n° 25 Periodico di cultura venatoria e gestione faunistico ambientale del Comprensorio Venatorio Alpino Valle Brembana SOMMARIO Editoriale 3 Direttore Enrico Bonzi Attività del Comprensorio Coordinatori Giambattista Gozzi, Umberto Arioli, Gianantonio Bonetti, Piergiacomo Oberti, Luigi Poleni L’INFORMATICA IN AIUTO DELLA CACCIA La Redazione 4 LE COMMISSIONI Luigi Poleni 6 PERCHÈ IL REGOLAMENTO DI ATTUAZIONE? CTG 9 Hanno collaborato Angelo Bonzi, Claudio Cesaris, Duilio Buttinoni, Gigi Foti, Giambattista Gozzi, Giacomo Moroni, Luca Pellicioli, Piergiorgio Sirtori, il Comitato di Gestione Direzione e Redazione Piazza Brembana (BG) Piazzetta Alpini Tel - Fax :034582565 www.comprensorioalpinovb.it e-mail:[email protected] LA PRIMA PROVA DI TIRO NEL NOSTRO COMPRENSORIO 10 IL MEDAGLIERE DELLA VALLE BREMBANA 14 Attualità IL NOSTRO COLTELLO DELLA MONTAGNA 18 L’UCCELLO SIMBOLO DELLE NOSTRE MONTAGNE Claudio Cesaris 26 IL SESSAGGIO DEGLI UCCELLI Angelo Bonzi 27 Direttore responsabile Gigi Foti Incontro con l’INFS In redazione Elena Traini CERVO, CLIMA E BOSCO MINACCIANO IL CAPRIOLO Gigi Foti 28 Fotocomposizione e Stampa Ferrari Grafiche S.p.A. - Clusone (BG) CATTURE CON LA TELEANESTESIA Luca Pelliccioli 30 Editore Comprensorio Venatorio Alpino Valle Brembana Registrazione presso il Tribunale di Bergamo, n° 29/97 del 22/07/97 Rivista dei Soci del Comprensorio Venatorio Alpino Valle Brembana La rivista si avvale della collaborazione di tutti i Soci, con scritti e materiale grafico e fotografico, senza impegni da parte della Redazione, che si riserva di vagliare ed eventualmente modificare quanto pervenuto, e tratterrà il materiale nel proprio archivio. La riproduzione anche parziale è vietata, salvo il consenso degli autori e del Comitato di Gestione. In copertina: volo di coturnici di Roberto Lemmi (si ringrazia l’Editoriale Olimpia di Firenze per l’uso dell’immagine in occasione dei cento anni delle rivista Diana) IV di copertina: poesia di Sereno Milesi Locatelli Foto di A: Bonzi G. Gozzi e di E. Traini Illustrazioni di Bobo Andino e da un anonimo manoscritto dei primi ‘800 nel museo della Basilica di Gandino. 2 Parla il veterinario A PADRONE ATTENTO UN CANE SANO 32 Parla il medico LA TROMBICULOSI AVANZA ANCHE IN CITTÀ Piergiorgio Sirtori 34 Parla il tecnico STAMBECCO A METÀ Giacomo Moroni 36 Il racconto UNA GIORNATA DI PIOGGIA Giuseppe Bordogna 39 L’editoriale Finalmente si comincia Finalmente siamo vicini all’apertura della stagione venatoria, momenti di gioia per la passione che abbiamo ricevuto fin dalla nascita. Nell’attesa, il lavoro del CTG non si è fermato, dando collaborazione per definire in modo soddisfacente il calendario provinciale, i regolamenti e le varie formule organizzative. Sono state nominate tutte la Commissioni che, subito, si sono messe all’opera, individuando una serie di proposte per migliorare la gestione sia della fauna sia quella del territorio. Ringrazio tutti i componenti per il serio impegno assunto, sicuramente insieme porteremo il nostro Comprensorio a livelli di generale soddisfazione venatoria malgrado le grandi difficoltà che incontreremo, incominciando dal Parco delle Orobie e dai famosi SIC (Siti di Interesse Comunitari) pure questi calati dall’alto ma sempre seguiti con molta attenzione per nulla togliere alla nostra attività venatoria. Per la stesura del nuovo Piano Faunistico, ci aspetta un lavoro molto importante che coinvolge tutti, con osservazioni e molta attenzione da parte dei componenti delle Commissioni e dei componenti del CTG. Una grande attenzione ai nemici dunque, ma vicini agli amici che con serietà ci aiutano, portandoci a risultati favorevoli. Di questo ne riparleremo, ora prepariamoci a goderci tranquillamente queste giornate tanto attese... In bocca al lupo Enrico Bonzi 3 L’INFORMATICA IN AIUTO DELLA CACCIA Passata la prima fase di impostazione del nuovo Comitato di gestione, l’impegno si è fatto un po’ meno frenetico rispetto ai primi 5 mesi. I problemi non mancano comunque ed ogni giorno siamo più o meno chiamati a rispondere a qualche richiesta. Il nostro periodico è uscito, con grande soddisfazione da parte di tutti; speriamo che la nuova veste grafica e la nuova linea editoriale possa incontrare il gradimento dei cacciatori. Vi sono state parecchie difficoltà per le nuove registrazioni in Tribunale e per la nuova organizzazione di Redazione, abbiamo perso in questa nuova fase alcuni collaboratori, ma ne abbiamo trovati altri altrettanto validi, insomma, la vita continua e come dicono da noi, “ morto un Papa, ne fanno un altro….” Attendiamo comunque sempre la partecipazione di tutti i cacciatori con invio di lettere, scritti vari, ed in modo particolare attendiamo il contributo dai presidenti delle commissioni per aggiornare i cacciatori sul lavoro delle stesse. PROPOSTE DI MODIFICA AL CALENDARIO Abbiamo inviato alla Provincia alcune proposte di modifica al Calendario Integrativo Provinciale così come ci è stato richiesto dalle Commissioni ( Tipica ed Ungulati). Il nostro rappresentante nella Consulta Provinciale (Angelo Bonzi) si è fatto carico di illustrarle personalmente nella riunione che si è tenuta il 27 giugno. POTENZIAMENTO TECNOLOGICO E INFORMATICO Abbiamo acquistato un interessantissimo ed utilissimo programma informatico per la gestione del territorio, che ci permetterà una volta installato di immagazzinare e collezionare un’infinità di dati relativi a tutte le forme di caccia, con particolare riferimento ai censimenti, agli abbattimenti, alla collocazione degli appostamenti fissi, oltre che alle anagrafiche di tutti i cacciatori. Saremo così in grado di migliorare anche l’informazione, invian4 do SMS a tutti i cacciatori per comunicazioni urgenti in tempo reale. Insomma la tecnologia va avanti e noi tentiamo di tenerle il passo. Abbiamo anche cambiato il computer del Comprensorio, installandone uno con maggiori capacità di memoria e già predisposto con i necessari accorgimenti per il rispetto della Legge sulla privacy. Inoltre ci siamo attrezzati con una nuovo modem ed una linea ADSL per rendere più i collegamenti via Internet e posta elettronica. Anche la vecchia e gloriosa segreteria telefonica è stata sostituita con una di concezione più moderna in grado non solo di registrare i messaggi ma di trasmetterli anche sul computer ed archiviarli, aumentando così le capacità di registrazione. Il vecchio fax ha fatto la stessa fine della segreteria telefonica. Quello nuovo stampa direttamente su carta normale ( quello di prima stampava su carta chimica) evitando così di dover fare una fotocopia per ogni fax ricevuto per non perdere lo scritto dopo qualche mese. Tut- te queste innovazioni ed ammodernamenti, richiederanno però anche la collaborazione di TUTTI i Soci che dovranno fornirci a richiesta e su appositi modelli, informazioni personali ( numeri telefonici, E-mail, fax, scadenza licenza, eccetera) in modo da poter avere una anagrafica completa di ognuno. Come vedete, le novità sono tante e tutte indirizzate ad una maggiore efficienza e tempestività nell’informazione e nel collegamento con i Soci. IL PROGETTO GALLIFORMI Altro problema che stiamo affrontando e che ci preoccupa, è la definizione del Progetto Galliformi. Come avevamo promesso, entro quest’anno era nostra intenzione di uscire con la pubblicazione definitiva, avendo anche predisposto a bilancio un cospicuo investimento per questo lavoro ed avendo programmato i tempi per la stampa e la distribuzione ai cacciatori. Alcuni contrattempi causati dai re- IL NUOVO REGOLAMENTO DI ATTUAZIONE Continuando con gli impegni del Comitato, devo dire che il nuovo Regolamento di attuazione che abbiamo predisposto, ci ha impegnato per parecchio tempo; scrivere un regolamento che tocca tanti argomenti come quello che abbiamo approvato recentemente non è cosa semplice e se non si procede con i piedi di piombo si rischia di incappare in qualche infortunio. Per maggiore garanzia nella riunione del Comitato del 3 giugno ne era stata consegnata una bozza a tutti i componenti, con invito di discuterne eventualmente anche nelle commissioni, e nella riunione del 1 luglio, è stato approvato. D’altra parte non si può nemmeno continuare a gestire il Comprensorio senza avere le idee chiare su come muoversi e come decidere le varie situazioni. A nostro giudizio questo nuovo regolamento è un documento importantissimo ed indispensabile che, dopo lo Statuto, diventa il riferimento più importante per la gestione della caccia nel Comprensorio. Siamo certi che quanto in esso contenuto, sarà condiviso ed accettato da tutti i cacciatori. Non vogliamo sembrare troppo esigenti e creare della inutile burocrazia, ma vi assicuro che una riorganizzazione radicale, come stiamo proponendo con questi strumenti, era assolutamente necessaria. Per spiegare le finalità del Regolamento, vi rimando all’apposito articolo della redazione. ACQUISTO SELVAGGINA Tornando alla attività venatoria vera e propria, il Comitato di gestione ha deliberato tra l’altro, l’acquisto di 1.700 capi di selvaggina ripopolabile (starne e fagiani) da lanciare secondo un calendario previsto dalla Commissione ripopolabile. La scorsa stagione i capi lanciati furono 1.200 e due anni fa 900. Come vedete, pensiamo anche alla caccia praticata, non solo all’aspetto organizzativo. ISTRUZIONI PER LA VIDIMAZIONE DEL TESSERINO REGIONALE Quest’anno, con l’obbligo per tutti i cacciatori di vidimare il Tesserino Regionale presso l’ufficio del Comprensorio, è opportuno seguire alcune indicazioni al fine di evitare di dover ritornare. Con le innovazioni in atto è necessario recarsi al Comprensorio con tutti i documenti personali, come ad esempio Licenza di Caccia ( in corso di validità) e la ricevuta del versamento al Comprensorio. Prima di ottenere la vidimazione, ai Soci verrà richiesto di sottoscrivere un modulo predisposto dal Comprensorio riguardante l’autodichiarazione di non aver ricevuto sanzioni amministrative o penali per violazioni alle Leggi Venatorie nell’anno precedente. (a tal proposito la Legge prevede per chi rilasci autodichiarazioni non veritiere, pesanti sanzioni penali) A seconda delle forme di caccia praticate, si ricorda ai Soci: Caccia agli Ungulati La mancata vidimazione del tesserino non dà diritto all’assegnazione dei capi per la stagione venatoria. E’ necessario essere muniti di Licenza in corso di validità al momento della Vidimazione. Capannisti Ritirare, al momento della vidimazione, l’elenco della distribuzione Presicci, verificare i recapiti telefonici e comunicare eventuali variazioni. Compilare richiesta per le 10 giornate di caccia vagante se interessa. La mancata vidimazione del tesserino non dà diritto ai titolari di autorizzazione all’inserimento nel Registro dei Presici. Lepre e Tipica: ritirare schede per registrazione abbattimenti. I Presidenti di Sezione possono eventualmente ritirare i moduli prestampati presso il Comprensorio e farli compilare ai cacciatori per accelerare le operazioni di vidimazione. Nota: I Soci che non sottoscrivono l’autocertificazione, non potranno ottenere la vidimazione del tesserino. attività comprensorio latori che stanno seguendo la pubblicazione, rischiano però di far slittare i tempi e di compromettere tutto ciò che è stato fino ad ora fatto, compresa la nostra buona volontà ed il nostro impegno per arrivare ad una conclusione dignitosa del lavoro svolto dai cacciatori. C’è anche da considerare che il protrarsi dei tempi ormai a dismisura rispetto al programma, ci fa correre il rischio di uscire con una pubblicazione ormai vecchia e quindi non più attuale. Speriamo che non ci mettano nella condizione di non dover rinunciare a questo progetto perché sarebbe proprio una beffa! 5 le Commissioni COMMISSIONE UNGULATI E’ stato un periodo di intenso lavoro per la Commissione Ungulati. Tutte le riunioni si sono protratte sino a tarda ora ed in alcune circostanze non si è riusciti a trattare tutti gli argomenti all’ordine del giorno, tant’è che, oltre alle riunioni programmate per ogni primo lunedì del mese, si è anche tenuta una riunione straordinaria per la lettura della Bozza del nuovo regolamento Provinciale per la caccia agli ungulati. E’ stato un confronto molto importante e costruttivo con tutti i componenti della Commissione e ciascuno ha voluto dare il proprio contributo sia per migliorarne il testo che per il contenuto. Alla fine della discussione e della analisi, sono state individuate e proposte una serie di modifiche da sottoporre all’Ufficio Venatorio Provinciale. E’ stato successivamente organizzato un incontro dalla Provincia al quale hanno partecipato il presidente del Comprensorio ed il presidente della Commissione Ungulati per valutare le varie proposte e definire il testo. Il nuovo Regolamento (che viene pubblicato a parte) è in vigore da quest’anno ed anche il Comitato di Gestione dovrà recepirlo ed applicarlo. Riguardo all’attività dei cacciatori, a conclusione dei censimenti al capriolo, sono stati valutati i dati presentati dai rilevatori unitamente alle loro osservazioni ed impressioni riguardo all’andamento dei censimenti. I dati dimostrano che la specie è ancora in sofferenza pur evidenziando una sostanziale tenuta. La diminuzione della popolazione dei caprioli, generalizzata su tutto l’arco Alpino Europeo, è legata a vari e molteplici fattori; il periodo che stiamo attraversando è abbastanza delicato ed interlocutorio perché è un momento di verifica, che a detta degli Esperti è abbastanza ciclico, per poi ripresentare una sostanziale trend di ripresa. Ci auguriamo che questa tendenza ciclica venga rispettata, sicuramente la gestione richiederà molta attenzione e scelte oculate. E’ stata formulata dalla Commissione anche una proposta di Piano di abbattimento da sottoporre all’approvazione del Comitato di gestione e della Provincia. Abbiamo fatto progressi anche per la realizzazione del poligono di Tiro. Dopo un sopralluogo che ho effettuato con il Presidente del Comprensorio in località Conca dell’Alben nel Comune di Oltre il Colle, è notizia di questi giorni che il Comune, attraverso l’interessamento del sindaco, senatore Valerio Carrara, ci ha concesso l’autorizzazione alla realizzazione del poligono di tiro per la calibrazione delle carabine. Ringraziamo sentitamente il sindaco-senatore per il suo interessamento e per darci l’opportunità di trovare soluzione a questo annoso problema. Dovremo ancora definire gli aspetti organizzativi e strutturali, ma ora c’è la certezza del sito e già questo è molto importante. La Commissione, poi, nella sua riunione del 4 luglio, ha predisposto il nuovo Regolamento per la caccia al cervo da sottoporre alla approvazione del Comitato tenendo conto anche delle indicazioni contenute nel Regolamento Provinciale della caccia agli ungulati. Come è noto questa caccia di selezione è in continua evoluzione ed ogni anno necessità di qualche aggiustamento organizzativo, il Regolamento ha quindi validità annuale. In conclusione, interpretando la volontà della Commissione ed accogliendo anche l’invito del Presidente del Comprensorio, rinnovo l’appello ai cacciatori di Ungulati che inizieranno l’attività di selezione il prossimo 17 agosto, ad effettuare i prelievi, almeno nella prima fase, lontano dai centri abitati e di villeggiatura, evitando in tal modo di innescare polemiche ed alimentare falsi moralismi. Non vado oltre: ma questo argomento meriterebbe un dibattito più approfondito fra di noi cacciatori e con i sindaci delle località più coinvolte dal turismo. Il Presidente Gian Antonio Bonetti QUANDO, COME E DOVE I LANCI DI SELVAGGINA presso il piazzale del cimitero di San Giovanni Bianco muniti di contenitori per il ritiro della selvaggina. - Vi informiamo che, se qualche incaricato non sarà presente al ritiro della selvaggina, la sua quota sarà suddivisa equamente tra gli addetti presenti. - Per quanto riguarda l’orario per la consegna dei selvatici i vari responsabili del ritiro devono telefonare nella settimana del lancio al Comprensorio Alpino che confermerà l’ora della distribuzione. Visto il consenso ricevuto dai soci cacciatori la scorsa stagione venatoria sulla nuova gestione dei rilasci di selvaggina ripopolabile, anche per quest’anno verranno eseguiti tre lanci di cui due pronta caccia. - Le zone di lancio ed i responsabili del ritiro e dell’immissione della selvaggina sono stati indicati dai Presidenti delle varie sezioni comunali da noi contattati. - Gli incaricati sono pregati di presentarsi - Si raccomanda agli addetti al lancio di rilasciare la selvaggina nella stessa giornata in cui viene consegnata nei luoghi indicati dalla commissione. Infine, pensiamo di fare cosa gradita ai soci con la pubblicazione sulla rivista del Comprensorio delle zone di lancio, delle relative date ed il numero dei selvatici che verranno immessi. Il presidente Luigi Poleni COMMISSIONE RIPOPOLABILE DISTRIBUZIONE SELVAGGINA RIPOPOLABILE - ANNO 2005 ZONA 1 TALEGGIO - VEDESETA. Ripopolamento: LENNA Date di lancio 13.08.2005 01.10.2005 22.10.2005 Fagiani 14 16 16 Starne 06 05 05 RONCOBELLO 13.08.2005 01.10.2005 22.10.2005 09 12 12 10 10 10 ISOLA DI FONDRA 13.08.2005 01.10.2005 22.10.2005 11 20 20 10 10 10 BRANZI 13.08.2005 01.10.2005 22.10.2005 14 20 20 20 19 19 VALNEGRA/MOIO 13.08.2005 01.10.2005 22.10.2005 05 10 10 06 05 05 Zone di lancio: Pizzino - Capo Foppa - Costa - Olda - Peghera - Forcellina. Ripopolamento: TALEGGIO: VEDESETA: Date di lancio 13.08.2005 01.10.2005 22.10.2005 Fagiani 22 44 44 Starne 52 54 54 13.08.2005 01.10.2005 22.10.2005 10 10 10 30 30 30 ZONA 2 CAMERATA - SAN GIOVANNI - DOSSENA - SERINA CORNALBA - OLTRE IL COLLE. Zone di lancio: CAMERATA S. GIOVANNI BIANCO DOSSENA SERINA CORNALBA OLTRE IL COLLE Ripopolamento: CAMERATA Campelli - Lavaggi - Prato del Monte. Pianca Cornalita - Fuipiano - Costa San Gallo - Portiera. Paglio Garda. Valle Bascià - Campi - Campi Erolo. Moi Cavrei. Vandullo - Monte di Zambla – Colle di Zambla. Date di lancio 13.08.2005 01.10.2005 22.10.2005 Fagiani 03 10 10 Starne 13 13 13 S. GIOVANNI BIANCO 13.08.2005 01.10.2005 22.10.2005 13 25 25 27 27 27 DOSSENA 13.08.2005 01.10.2005 22.10.2005 13 15 15 18 18 18 SERINA 13.08.2005 01.10.2005 22.10.2005 13 20 20 13 13 13 CORNALBA 13.08.2005 01.10.2005 22.10.2005 07 07 07 OLTRE IL COLLE 13.08.2005 01.10.2005 22.10.2005 13 12 12 Zone di lancio: MEZZOLDO OLMO AL BREMBO PIAZZA BREMBANA AVERARA S. BRIGIDA/CUSIO PIAZZATORRE VALTORTA Fagiani 04 11 11 Starne 15 20 20 OLMO AL BREMBO 13.08.2005 01.10.2005 22.10.2005 14 11 11 05 05 05 02 03 03 PIAZZA BREMBANA 13.08.2005 01.10.2005 22.10.2005 17 34 34 00 00 00 13 13 13 AVERARA/ S. BRIGIDA/CUSIO 13.08.2005 01.10.2005 22.10.2005 14 11 11 30 27 28 PIAZZATORRE 13.08.2005 01.10.2005 22.10.2005 4 11 11 30 28 27 VALTORTA 13.08.2005 01.10.2005 22.10.2005 00 10 10 00 00 00 Riet – Colonia S. Francesco – S. Trinità. Valsecca - Piazzoli Fosletta – Forcelle - Moie Corne - Gatti Fiora - San Carlo – Preda – Roncale. Ripopolamento: MEZZOLDO Soliva – PiazzolI – Sparavera. Zinibriga – Frola – Cigadola – Tiglio. Monte Sole – Stralenna – Prati Sosè. Grasselli – Cantedolto Cugno – Colle Grasso – Piazzo – Taleggio di Cusio. Prati Pegherolo – Ronchi. Piani Bassi - Zerta Piana - Costa Date di lancio 13.08.2005 01.10.2005 22.10.2005 ZONA 3 LENNA – RONCOBELLO – ISOLA DI FONDRA – BRANZI – VALLEVE – MOIO DE CALVI – VALNEGRA. Zone di lancio: LENNA RONCOBELLO ISOLA DI FONDRA BRANZI VALNEGRA/MOIO ZONA 4 MEZZOLDO - OLMO AL BREMBO - PIAZZA BREMBANA AVERARA - SANTA BRIGIDA - CUSIO - PIAZZATORRE VALTORTA. SI RICORDA AGLI ADDETTI AL RITIRO DI PRESENTARSI MUNITI DI CASSETTE PER IL TRASPORTO DELLA SELVAGGINA 7 COMMISSIONE CAPANNO Nella riunione del nove giugno la commissione ha provveduto alla stesura del nuovo elenco per la distribuzione dei presicci. Come ogni anno le copie sono a disposizione dei soci capannisti presso il Comprensorio Alpino e potranno essere ritirate durante gli orari d’ufficio. È molto importante che ognuno controlli la propria posizione numerica, in modo da segnalare eventuali anomalie, consentendoci in caso di eventuali errori, di rimediare prima della stesura definitiva da consegnare ai gestori del centro di distribuzione. Nel nuovo elenco abbiamo apportato due modifiche, la prima riguarda la trascrizione dei numeri telefonici. Per evitare di diffondere dati personali, i numeri telefonici che generalmente allegavamo all’elenco distribuzione non saranno più riportati, ma saranno utilizzati esclusivamente dal gestore del centro. La seconda modifica è la priorità alle nuove licenze per il ritiro dei presicci. Questo suggerimento proposto da un socio durante l’assemblea dei capannisti, dopo attenta analisi ci è sembrato positivo, perché riteniamo che per un nuovo cacciatore da appostamento fisso, il problema principale sia il reperimento di uccelli da richiamo; pertanto se vogliamo che la nostra passione abbia continuità, concediamo loro questo piccolo vantaggio. È emerso inoltre che l’attuale centro di distribuzione presicci, purché situato in ottima posizione, presenta alcuni limiti di agibilità, (è sprovvisto di acqua e di energia elettrica) si prospettava quindi di attrezzarlo provvisoriamente per questa stagione venatoria, considerando l’ipotesi di un’eventuale trasferimento nelle stagioni successive. NOTA - La Commissione Tipica si riunisce ogni ultimo lunedì del mese. - Roberto Cattaneo e Mario Giuliani sono stati eletti nella Commissione Ripopolabile. Speriamo che tutte queste considerazioni siano supportate dall’apertura dei roccoli, perché attualmente è in vigore la sospensiva dell’autunno scorso che ne vieta il funzionamento, siamo quindi fiduciosi nelle istituzioni preposte, perché si attivino al ripristino di un’attività che seppur limitata ci permette di reperire alcuni richiami,da utilizzare durante le stagioni venatorie. Nei mesi antecedenti, avevamo anticipato la necessità di avere una mappatura completa dei capanni all’interno del Comprensorio Alpino, è arrivata proprio in questi giorni la comunicazione da parte dello studio incaricato di avere completato il lavoro, quindi siamo attualmente in grado di conoscere l’ubicazione e le generalità del titolare quanto di tutti gli appostamenti attualmente autorizzati. Il presidente Angelo Bonzi PERCHÈ IL REGOLAMENTO DI ATTUAZIONE? A cura del CTG Il nuovo Comitato, dopo pochi mesi di gestione, ha ravvisato la necessità di redigere un Regolamento generale che toccando tutti i principali elementi della gestione, potesse dettare le regole di comportamento sia del Comitato nei confronti dei Soci, sia che da parte degli stessi Soci nei confronti del Comitato e quindi degli altri cacciatori. Dopo le importanti modifiche introdotte nel nostro Statuto, era necessario chiarire ed approfondire alcuni concetti. Ecco quindi la stesura di questo Regolamento di attuazione che composto da 9 articoli, in alcuni casi ribadisce o chiarisce quanto già disposto dalla Legge Regionale, in altri casi, chiarisce quanto disposto dal nostro Statuto in altri ancora definisce i comportamenti e da indicazioni circa le scelte che il Comitato si trova ad affrontare. Qualcuno può obiettare: ma prima, come si faceva? Domanda legittima alla quale si può rispondere semplicemente che quando ci si trova a gestire l’attività venatoria di oltre 1.000 cacciatori ed un patrimonio faunistico di interesse eccezionale come il nostro, lo si può fare solo dandosi delle regole ed applicando dei principi scritti uguali per tutti. Inoltre, rispetto a qualche anno fa sono mutate parecchie cose, anche se all’apparenza questo non è evidente. Ad esempio le domande di ammissione di cacciatori residenti ai quali necessariamente ed obbligatoriamente bisogna offrire una opportunità di caccia, sono aumentate notevolmente e questo in concomitanza con alcune situazioni negative di consistenza di fauna selvatica. Gestire queste due situazioni così contrapposte, implica dover fare delle scelte ed allora ecco la necessità di defini- re quali sono le cacce di specializzazione e come si può accedere ed essere ammessi a queste cacce. In passato l’unica specializzazione che regolamentava le ammissioni, era la Tipica Alpina; oggi siamo nella situazione che è necessario regolamentare anche l’ammissione alla Lepre ed agli Ungulati. Il nuovo regolamento, accenna anche a delle novità che “ potrebbero” essere attuate in un futuro, con lo scopo di migliorare la gestione venatoria. Ci riferiamo ad esempio alla istituzione di una nuova forma di caccia chiamata “ alla sola Migratoria anche in Zona Maggior Tutela senza l’uso del cane”. Istituire questa forma sarebbe per il Comitato un segnale di grande coraggio nel praticare scelte innovative e contemporaneamente identificare e qualificare meglio le specializzazioni ( Lepre e Tipica) che stanno diventando il ricettacolo di cacciatori non qualificati a queste tipologie di caccia, a scapito di altri in attesa di essere ammessi. E’ logico che questo passo richieda maturità anche ai cacciatori e soprattutto senso di responsabilità ed onestà. Altro articolo che va spiegato, è quello degli obblighi del Socio. Pare già di sentire i commenti! Sembra incredibile! Anche il Comprensorio ci si mette a complicare la vita ai poveri cacciatori. Già con tutti gli adempimenti di Legge, questi ulteriori potevano essere risparmiati! Condivido questa critica se fatta in un contesto in cui ogni cacciatore responsabilmente fa la sua parte e si comporta in maniera onesta ed ineccepibile; quando però si è costretti a verificare che molti cacciatori approfittano delle situazioni e aggirano regolamenti e provvedimenti, si è costretti a mettere dei paletti e quindi ad attivare dei controlli, proprio a tutela degli one- sti. Ecco allora l’obbligo della vidimazione del tesserino, ecco l’obbligo della autodichiarazione per le sanzioni. Questi adempimenti che non costano assolutamente niente al Socio, sono molto importanti però per il Comitato perché attraverso queste semplici operazioni è possibile fare delle verifiche amministrative che altrimenti sono rese impossibili. State certi che il comitato di gestione cercherà di rendere semplice e rapido ogni adempimento, ma state altrettanto certi che saremo intransigenti verso coloro che risulteranno inadempienti. Abbiamo ritenuto opportuno con questo regolamento, darci delle regole precise. Abbiamo scritto e detto in più circostanze che la nostra gestione è volta soprattutto alla tutela della fauna selvatica e del territorio, non è possibile tutelare ne fauna ne territorio se si lascia tutto al caso ed all’improvvisazione senza un preciso indirizzo di comportamento. Siamo convinti e consapevoli che tutte queste innovazioni che stiamo introducendo daranno i loro frutti in termini di migliore organizzazione, minor litigiosità e maggior partecipazione. Il nuovo Regolamento è entrato in vigore dal momento della sua approvazione da parte del Comitato di Gestione, che è avvenuta il 1 luglio. Per questa stagione venatoria ne verificheremo l’applicabilità ed eventualmente se necessario apporteremo qualche modifica. Nella prossima assemblea dei Soci, presumibilmente nel febbraio 2006, lo metteremo all’approvazione dell’Assemblea per sancirne definitivamente l’ufficialità e farlo diventare documento Legale ed applicativo del Comprensorio. 9 La prima prova di tiro Organizzata dal 10 nel nostro Comprensorio CPA di Ponte Nossa 11 Successo di pubblico 12 e di tiratori 13 IL MEDAGLIERE DELLA VALLE BREMBANA Si è concluso con l’ultima prova che si è svolta a Dossena, il Medagliere Valle Brembana 2005. La manifestazione, giunta quest’anno alla sua decima edizione, consiste in una serie di gare cinofile per cani da fema su starne liberate. Gli altri campi di gara sono stati allestiti dalle sezioni comunali Cacciatori di Zogno, Algua, Taleggio, S. Brigida e San Giovanni Bianco. Quest’anno, nell’intento di rinnovare e migliorare la manifestazione, è stata inserita anche la possibilità di concorrere a squadre. Un ringraziamento da parte dell’organizzazione a tutti i partecipanti, agli sponsor, agli appassionati e a tutti coloro che, in qualche modo, hanno partecipato alle manifestazioni. L’organizzazione delle prove a Dossena. 14 Guida di setter inglese durante le prove di Dossena. Complimenti al cane dopo un turno delle prove di Zogno. TROFEO SALADINI PILASTRI XXI Edizione Il GRUPPO CINOFILO BERGAMASCO con il patrocinio di: Amministrazione Provinciale di Bergamo Comitati tecnici di gestione della caccia dei Comprensori Alpini di: Valle Borlezza, Valle Seriana e Valle Brembana Sezione Cacciatori Foppolo e Valleve, Carona Comuni di: Foppolo, Valleve, Valgoglio, Averara, Cusio, Santa Brigida, Carona organizza la ventunesima edizione del “TROFEO SALADINI PILASTRI” Le prove si svolgeranno: IL 9 SETTEMBRE 2005 nei comprensori alpini Valle Borlezza e Valle Seriana IL 10 SETTEMBRE 2005 nel comprensorio alpino Valle Brembana Per informazioni rivolgersi alla segreteria del Gruppo Cinofilo Bergamasco Tel. 035/4175207 In attesa del turno alle prove. 15 Pubblico ai margini della prova sui piani dell’Avaro. una fase delle prove sui Piani dell’Avaro. Setter inglese dal romantico nome di Boheme. 16 CLASSIFICA FINALE INDIVIDUALE 1° EROS (pt) di Pesenti Giuseppe 2° VAREN (pt) di Lazzaroni Ezio 3° ZOE (pt) di Morotti Paolo 4° JURI (st) di Mazzoleni Mauro 5° SILA (st) di Belotti G.Carlo CLASSIFICA FINALE A SQUADRE 1° SQUADRA “A” F.I.D.C. DOSSENA LEA (st) di Speranza Evaristo GEFF (st) di Omacini Rinaldo MARTINSEN (st) di Bonzi Antonio SCARI (st) di Bonzi Antonio una fase delle premiazioni. 2° SQUADRA “A” F.I.D.C. SAN GIOVANNI BIANCO BRENTA (st) di Grazioli Francesco SILA (st) di Belotti G.Carlo CODY (st) di Fiorona Roberto SHILA (st) di Bonzi G.Battista 3° SQUADRA “B” F.I.D.C. SAN GIOVANNI BIANCO LILLY2° (st) di Peres Massimo LARA (st) di Rota Beniamino FURIA (st) di Galizzi Marcellino DON (st) di Begnis Lucio Qui un premiato celebre, Pierino Cossali, vincitore SESSANTA LICENZE DI CACCIA FESTEGGIATE NEL COMPRENSORIO Giovan Maria Bianzina, classe 1921 è arrivato quest’anno alla SESSANTESIMA licenza di caccia. Complimenti a Gian Maria. Lo vediamo mentre viene premiato dal nostro presidente, Enrico Bonzi, in occasione della gara cinofila di Dossena. 17 SPECIALE IL NOSTRO COLTELLO DELLA MONTAGNA Nelle valli bergamasche, ad una economia basata su una povera agricoltura di montagna, è sempre stata affiancata un’attività artigianale di lavorazione del legno e del ferro, per integrare le entrate e per coprire i tempi morti dati dalle pause stagionali e vista anche la disponibilità di materie prime come legname, ferro e l’ abbondanza d’acqua da sfruttare come forza motrice . Soprattutto in inverno ci si dedicava alla costruzione di oggetti di supporto all’agricoltura o per la casa. Tra gli oggetti di uso quotidiano, indispensabili per chi lavora in alpeggio, nei boschi, o per chi si dedicava alla caccia, era il coltello da tasca. Piergiorgio Mazzocchi Quel coltello tanto amato da essere quasi un oggetto di culto da parte di alcuni, che lo personalizzavano con intagli a motivi tradizionali e con il nome del proprietario. Della ricchissima produzione di armi bianche nel medioevo e fino al XVII secolo, armi in asta come alabarde, falcioni, ronconi, partigiane, prodotte a Zorzone e Ol- tre il Colle, alle lame e spade prodotte a Gromo, dove si producevano finissime spade e lame grezze da esportare ( traggonsi lame grezze da Gromo, Gandolì et Colaret) cita un documento del secolo XVII, conservato nella biblioteca Queriniana di Brescia), sino ai coltelli da macelleria prodotti a Clusone, esportati e apprezzatissimi in Inghilterra all’inizio del XX secolo, non rimaneva alla metà di quel secolo che la pro- duzione di attrezzi agricoli dei magli e la piccola produzione locale di coltelli da tasca. Nelle nostre valli, già sin dal tempo dei romani, e forse anche prima, si estraeva il ferro, che era lavorato sul posto, ed è proprio grazie alla presenza di minerale ricco di ferro che si era sviluppata la produzione di armi bianche che cominciò a decadere con l’avvento delle armi da fuoco . Il coltello bergamasco è un manufatto SPECIALE esclusivamente da lavoro o d’uso quotidiano, ben lontano dai modelli e misure di altri coltelli italiani che già fin dal primo sguardo fanno capire che non erano certo stati fatti per tagliare un pezzo di bergna (carne secca, n.d.r)o di formaggio. Tuttavia proprio perché di uso quotidiano e oggetto personale raggiunse, grazie anche all’abilità, all’estro e in alcuni casi al gusto artistico del coltellinaio, una forma e un modello che si è guadagnato, sul libro “Coltelli d’Italia” di Giancarlo Baronti questo bellissimo riconoscimento “… uno di più belli tra i coltelli italiani, il coltello bergamasco, che con la mobilità delle sue semplici linee, la proporzionata leggerezza e insieme la potenza delle sue meditate forme riesce immediatamente a dare il senso della perfezione estetica e del rigore funzionale”. IL MODELLO BASE Il coltello bergamasco tuttavia andrebbe meglio definito in quanto ci sono modelli diversi dovuti ai luoghi di produzione, modelli dettati anche dall’uso a cui era destinato. Si vengono così a formare due modelli principali, come ho avuto modo di definire modello Val Brembana e modello Val Seriana. Il primo è il classico bergamasco, con la lama ricurva, adatto a lavorare un pezzo di legno, forme di formaggio, scuoiare, costruire archetti. Si presenta con un filo ricurvo, una gobba sul lato opposto, vicina alla ghiera, che facilita l’impugnatura perché permette di appoggiarvi il pollice. Dalla gobba in poi, più o meno marcata a seconda del gusto del coltellinaio, si delinea uno sguscio tale da conferire la forma di una mezzaluna. Il manico di solito è in legno di bosso, a volte di corniolo. La produzione degli Anni Sessanta-Settanta lo vede in faggio fino agli ultimi in ciliegio e in noce; vi sono tuttavia delle eccezioni rare, ma gustose di esempi in corno bovino (Foppolo e Pizzino). Anche il manico ha una forma molto particolare: è leggermente ricurvo per contenere la lama e termina, al tallone, con una elegante protuberanza che migliora la presa, oggi lo definiremmo di forma anatomica. La ghiera, oltre che di valore estetico serve per fissare meglio la lama, nei più antichi è in ferro ora è di ottone. Non esiste il fermo per la lama e questo è dovuto al fatto che, con il fermo, il coltello rientrava nei modelli proibiti. Le forme ci appaiono già abbastanza definite negli affreschi del ‘400, presenti sul nostro territorio, e anche in alcuni dipinti del secolo successivo. I primi coltelli tuttavia erano a tronco fisso. Il coltello chiudibile, anche se conosciuto, era più raro e soltanto in seguito per le restrizioni imposte, per motivi di sicurezza, si venne a formare la forma attuale chiudibile. A questo proposito è possibile vedere nel Museo della Valle, di Zogno, un’ordinanza austriaca del 1830, nella quale si stabilisce la forma e la misura dei coltelli permessi e le pene per chi portava modelli vietati. Modello classico Valle Brembana 19 SPECIALE ECCO I PIÙ ANTICHI Ecco uno dei dei modelli a tronco fisso più antichi. La lama più grande è probabilmente la più antica ritrovata fino ad oggi. La seconda non è mai stata montata sul manico, è rimasta un incompiuto. La lama del coltello intero si può far risalire negli Anni a cavallo dei secoli XVI-XVII. È montata su un corno di camoscio, probabilmente posteriore all’epoca della lama. Coltelli di Carona a lama fissa ma non antichissimi, probabilmente erano destinati all’uso in cucina. Coltello che in origine era a tronco fisso e rifatto successivamente a modello chiudibile. Tronco fisso, molto vecchio, la lama già richiama il modello classico brembano. LO USAVANO PER ACCENDERE IL FUOCO Vecchissimo serramanico, privo di punzone. Difficile stabilire l’età di questo coltello, una cosa è certa: sul dorso della lama presenta una zigrinatura a motivi apparentemente ornamentali, si tratta invece della parte metallica dell’acciarino. Sfregando la pietra focaia sul dorso della lama ( si nota sul pezzo una notevole usura), si ottenevano le scintille che cadendo sull’esca accendevano il fuoco. Noi siamo abituati ad accendere il fuoco con l’accendino, alcuni ricordano, o usano ancora i fiammiferi, ma l’uso dell’acciarino arriva almeno fino alla metà del secolo XIX e non è solo per 20 SPECIALE IL COLTELLO A DUE MANI Anche oggi ci sono dei tentativi di applicare un fermo alla lama per renderla più sicura. Io sono dell’idea che chi non sa usare un coltello come questo forse è meglio che non usi coltelli da tasca. Le lame erano anticamente ricavate da vecchie lime, balestre di carro e anche dal codolo della falce quando questa aveva raggiunto il limite del suo utilizzo, tuttavia anche in epoca piuttosto recente vi erano dei coltellinai che ricavavano in loco il metallo come, ad esempio a Mezzoldo dove Carlo Molinari, 1880 – 1944, estraeva in una località vicino all’attuale bar Baita il metallo. Preparava e ammassava il minerale all’interno di una catasta di legna e una volta esaurito il fuoco, portava a valle i blocchi di metallo che si erano formati con il calore, questo era poi purificato con martellatura. Questa tecnica molto probabilmente era usata anche in altre zone, in periodi di scarsità di materiale e certamente è quanto rimaneva della conoscenza delle tecniche usate nell’antichità per ricavare il metallo che si lavorava nelle nostre valli. Il Molinari di professione era boscaiolo e in inverno costruiva coltelli su ordinazione, possedeva una piccola fucina, senza maglio, preferiva usare acciao di lima, in mancanza di que- sto se lo autoproduceva. Costruiva anche modelli molto grandi per lavorare il legno ( vengono infatti impugnati come un coltello a due mani), i suoi coltelli, tra quelli vecchi, sono i più grandi: arrivavano, aperti, fino a 36 centimetri, come un pezzo in mio possesso, contro i 31 centimetri del modello di Cassiglio. A Mezzoldo erano attivi fino al 1925, in località Scaluggio, un maglio, una segheria e un mulino, posti a diversi livelli nella stessa casa per sfruttare meglio la caduta dell’acqua. Purtroppo l’ultima alluvione ha portato via tutto… Più su, verso il passo San Marco, più o meno nella zona già citata, c’era una fonderia. Quindi si lavorava tutto in loco! Il coltellinaio rimasto più famoso in valle è Paolo Anovazzi di Valtorta scomparso negli Anni Ottanta del secolo scorso, è anche stato l’ultimo della vecchia generazione. Usava molto lame ricavate dalle lime, bosso per il manico, firmava le lame con il punzone APV ( Anovazzi Paolo Valtorta), possedeva una piccola fucina, senza maglio e anche suo padre era coltellinaio. A Valtorta esisteva anche una forte tradizione nella produzione di chiodi, alla quale si dedicavano diverse famiglie in inverno. Il grosso coltello usato a due mani di Mezzoldo. 21 SPECIALE Produzione APV - Annovazzi Paolo Valtorta. LAME RICICLATE DALLE FALCI Altra famiglia molto famosa in valle era quella dei Belotti di Camerata Cornello che produceva non soltanto coltelli da tasca, ma anche pezzi da cucina, da macelleria e ferri agricoli. L’ultima produzione di coltelli non era firmata (esistono vecchissimi modelli con il punzone B, ma non è accertato che siano loro); tuttavia, i loro modelli sono riconoscibilissimi perché avevano i Belotti l’abitudine di lavorare il manico, sempre in bosso, con una zigrinatura a calcio di pistola ed anche se altri occasionalmente la usavano, questa è rimasta una loro peculiarità. Usavano per le lame vecchie lime, balestre e forse sono stati gli unici a riciclare il codolo della falce, che era fornito dallo stesso richiedente. I Belotti erano abilissimi anche nel forgiare i ferri da miniera con una conoscenza molto approfondita anche sul minerale da estrarre e in base alla qualità di questo forgiavano, dopo aver analizzato il sasso, un ferro con tempra adeguate a questo usando la tecnica del fer assalat: su una lama morbida si applicava sul filo, per bollitura, una lamina più sottile di acciaio durissimo, tecnica questa conosciuta e applicata anche dai Celti e precede la tecnica dell’acciaio a strati o damasco. Anche a Zorzone, ed è turale data la secolare tradizione della produzione di lame, e del lavoro in miniera, era attivo fino 22 agli Anni settanta, Ottanta del secolo scorso Angelo Palazzi detto Pustì. Costruiva il modello classico della valle Brembana su ordinazione e a volte usava la zigrinatura come i Belotti, probabilmente su espressa richiesta del committente. A Carona vi erano magli, fucine, segheria e mulino (ora in fondo al lago artificiale) dove probabilmente si lavorava il metallo estratto sull’Armentarga. Fino agli Anni settanta è stato attivo Riceputi Giuseppe 1888- 1972, professione mugnaio e fabbro. Costruiva coltelli soprattutto per i bergamì, comunque su ordinazione. Punzone GR con il segno dell’unghia molto Produzione Belotti di Camerata. elegante che richiama un animale mitologico, forse un coccodrillo. Anche il figlio Fiorino Riceputi (1913-1973) era costruttore di coltelli, il soprannome di famiglia era i Ferdinancc). Il nipote che ci ha raccontato la storia possiede ancora tutta l’attrezzatura e non sa se c’erano altri coltellinai. Tuttavia possiedo tre coltelli con il punzone BC CARONA, il che fa pensare che nelle fucine si lavorassero un buon numero di coltelli da mandare sui mercati o nelle fiere, e che ci fossero altri coltellinai. Anche il coltello di Carona ha il manico in legno di bosso e la qualità dell’acciaio è elevatissima. SPECIALE Lama punzonata BC Carona. Bel modello con lama firmata Riceputi. IL PIÙ CONOSCIUTO, E ANCHE IL PIÙ BELLO, È QUELLO DI FOPPOLO Il coltello più sconosciuto, ma senza ombra di dubbio il migliore per qualità dell’acciaio (forse lame di Carona), ed abilità di costruzione oltre a gusto artistico è quello forgiato a Foppolo dove erano attivi fino a circa settant’Anni fa i Papetti, Antonio, Luigi e Sandro. Di professione bergamì, possedevano un piccola fucina dove in inverno costruivano coltelli e piccoli attrezzi su ordinazione. Erano anche bravissimi a scolpire il manico in bosso con animali mitici come si può vedere dalla immagine che proponiamo. Uno dei rarissimi esempi di manico in corno bovino proviene da questa famiglia, l’altro è di un certo Vitali, vissuto all’inizio del secolo scorso a Pizzino (Taleggio) dove faceva il bergamì transumante tra Pizzino d’estate e la bassa milanese in inverno. Costruiva coltelli in corno bovino, abbelliti con intarsi in ottone usando la tecnica del chiodo: praticamente eseguiva dei disegni ottenuti con una specie di punteggiatura fatta con chiodini di ottone con un ottimo risultato estetico. Probamente acquistava le lame. Alti coltelli erano prodotti in zona Acquada (Zogno), ma non è dato saperne di più per il momento come del resto per Cassiglio. Anche a Lenna nelle vicinanze del santuario della Madonna della Coltura probabilmente producevano coltelli Rinaldo Paganoni e Vittore Calvi. Le due famiglie possedevano mulino, maglio e fucina. Poco lontano, in località Miniera, vi era effettivamente una miniera di proprietà della famiglia Calvi. Che qui si costruissero coltelli è qualche cosa di più di una supposizione, perché alcuni pastori (i Cler) ricordavano coltelli provenienti da quella zona. Anche in valle Imagna, fino agli Anni Cinquanta del secolo scorso, si facevano coltelli da cucina in gran numero, e da tasca su ordinazione (specialmente roncole chiudibili), a Rota Dentro dalla famiglia Moscheni ( i Cinqui) che possedeva un maglio sul torrente Imagna. Nel maglio di Clanezzo dove la famiglia Personeni ha lavorato dall’inizio del secolo scorso non si producevano coltelli da tasca, in compenso si forgiavano in gran numero di coltelli da cucina fino agli Anni Sessanta. 23 SPECIALE LA PRODUZIONE OGGI È A... PREMANA Praticamente se si scava nella storia si può trovare una produzione di coltelli modelli Valle Brembana in ogni paese dell’alta valle, coltelli che venivano esportati anche in Francia dai nostri emigranti, soprattutto dai boscaioli e dai carbonai sin dall’ ‘800, e in numero di pezzi piuttosto elevato. Con la scomparsa degli ultimi coltellinai si è corso il rischio di perdere la tradizione del nostro coltello; tuttavia l’attaccamento e l’abitudine a quelle forme e linee da parte della nostra gente ha fatto in modo che la produzione fosse portata avanti dai coltellinai di Premana . Il coltello bergamasco non è nato a Premana, tuttavia, data la richiesta del mercato e dei rivenditori ( molti coltelli venivano prodotti per negozi con il punzone recante il cognome del rivenditore, quindi può capitare di vedere gli stessi coltelli con firme diverse), la pro- duzione continua ancora oggi, sia nei modelli Valle Brembana sia Valle Seriana, anche se la qualità delle lame lascia un po’ a desiderare in confronto alla produzione autoctona. Va comunque riconosciuto il merito ai premanesi di aver mantenuto viva la nostra tradizione. Negli ultimissimi anni, grazie anche all’interesse dei collezionisti e la voglia di una riscoperta della nostra coltelleria, è rinata una produzione bergamasca dei nostri coltelli. Si tratta di appassionati, saggiamente consigliati da qualche esperto come ad esempio Benedetto Valoti del “Maglio di Seriate”( la sua famiglia esercita la professione del maer – maestro di ferriera - da generazioni ) i quali hanno ripreso una produzione, piccola sì, ma di notevole qualità sia dal punto di vista estetico, anche con legni e materiale pregiato, sia nell’acciao, riproducendo an- che il damasco o acciaio a strati. Benedetto è anche il portatore di tradizione e conoscenza della lavorazione e forgiatura del gruppo di ricerca Coltellinai e forgiatori bergamaschi molto conosciuto anche fuori provincia, in Italia e anche all’estero. L’associazione, nata nel 1991, su iniziativa di una gruppetto di cultori, Emilio Alberici, Luca Pizzi, Danilo Brugali, Flavio Galizzi … che presero spunto dall’iniziativa di Eligio Ambrosioni di riproporre una dimostrazione della forgiatura del damasco nel maglio di Seriate di Benedetto Valoti. Anche a tutti i nuovi coltellinai e stimatori va un ringraziamento per il merito nel tener viva una tradizione a molti sconosciuta, per il rinato interesse che permette, ad altri di sfoggiare con gli amici un bell’oggetto del quale si va fieri e che è considerato di identità. Coltello di Foppolo di costruzione Papetti, ma con lama dal punzone ancora sconosciuto. Bellissimo Valle Brembana con lama a strati (damasco), manico in legno di pistacchio, molto fedele nella linea ai modelli tradizionali, opera di Luca Pizzi. 24 SPECIALE I COLTELLI DEL COMPRENSORIO Anche il nostro Comprensorio ha fatto la sua parte per recuperare la tradizione dei coltelli delle nostre valli. Due infatti sono state le iniziative che hanno avuto al centro lame della Valle Brembana e della Valle Seriana. La prima è stata quella del Coltello Bergamasco, proposto nel 1999 ai Soci, quindi, nel 2003, è stata la volta del Coltello da pastore della Val Seriana, quel- lo, per intenderci, a due lame. Il primo dei due coltelli, quello Bergamasco, era squisitamente un serramanico da tasca di utilizzo contadino, di ogni giorno e perchè no per la caccia. Il secondo era una sorta coltello multiuso, specifico tuttavia per il pastore che aveva spesso necessità di praticare salassi agli animali con la lama più piccola. L’AUTORE Piergiorgio Mazzocchi Cinquantatrè anni, residente a Villa d’Almè, Piergiorgio Mazzocchi, è informatore scientifico con profondi interessi storico-culturali di riferimento locale. La sua curiosità è particolarmente attratta dalla musica e dagli strumenti musicali in uso nella provincia di Bergamo. Ha infatti raccolto una vasta documentazione sui flauti e ghironde e quant’altro i nostri padri utilizzavano per allietare le giornate. Sua la segnalazione di un affresco a San Giovanni Bianco in cui compare la più antica raffigurazione di una cornamusa. Di tutto ciò, Piergiorgio Mazzocchi sta curando un libro che verrà dato alle stampe fra breve. Ma non è soltanto la musica a interessare il nostro autore: non poteva mancare infatti la curiosità per la tradizione gastronomica del nostro territorio. Naturalmente, interessandosi del passato, ecco che la sua diventa una vera e propria archeocucina bergamasca le cui ricette sono state pubblicate su un calendario edito dalla Provincia alla fine degli Anni Novanta. 25 L’UCCELLO SIMBOLO DELLE NOSTRE MONTAGNE La coturnice, un uccello simbolo delle montagne, simbolo soprattutto della simbiosi tra l’uomo che vive in montagna, e qui svolge le sue attività quotidiane legate in particolare all’allevamento del bestiame e quegli animali che sfruttano le opportunità che tale presenza crea nell’ambiente. Claudio Cesaris* Il crollo delle popolazioni naturali di coturnice è iniziato a seguito del continuo, lento e inesorabile abbandono della montagna, delle attività ad essa legate ed in particolare alla monticazione del bestiame bovino. La presenza del bestiame mantiene le erbe rasate all’altezza giusta e sempre in quella fase vegetativa che fornisce il maggior apporto energetico e soprattutto le deiezioni del bestiame, oltre a concimare in continuazione il pascolo, creano un ambiente particolarmente favorevole allo sviluppo di popolazioni di insetti che risultano fondamentali per i pulcini di questa specie che, come tante altre che sono granivore da adulte, sono invece prevalentemente insettivore nella fase giovanile. L’abbandono delle pratiche agricole montane ha incrinato prima e distrutto poi questo legame che sembrava indissolubile tra uomo, bestiame e coturnice. La specie è oggi inserita nella lista rossa come: vulnerabile, in categoria di tutela spec 2- CEE 1,2 – Berna 3- cacciabile L. 157/92 E’ presente in Italia con la specie Alectoris graeca graeca sull’Appennino centro meridionale e con le sottospecie Alectoris graeca Whitakeri in Sicilia e Alectoris graeca saxatilis sulle Alpi. Resta da confermare la sottospecie Alectoris graeca orlandoi anch’essa sull’Appennino. La consistenza è stimata in 10.000/ 20.000 coppie, ma in sensibile decremento. La popolazione italiana rappresenta una frazione importante del totale mondiale della specie ammontando a circa il 30%. 26 Nonostante molti progetti di reintroduzione i risultati sono ovunque limitati a causa anche della difficoltà a reperire soggetti geneticamente puri dagli allevamenti che sempre più spesso hanno usufruito di esemplari impuri o addirittura incrociati con Chukar (Alectoris chukar), presente nella parte orientale della Grecia, in Turchia e nel Medio Oriente e con la Pernice rossa (Alectoris rufa) specie legata alle quote medie dell’Appennino settentrionale e centrale (Liguria, Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna, Toscana e Marche). Da una ricerca a cui ho partecipato, conclusasi nel 1996, relativa allo studio della Coturnice in Provincia di Trento, risulta che a iniziare dagli anni 50-60 fino appunto al 1996 si è verificata una contrazione numerica pari al 60% della popolazione pre-riproduttiva e del 70% di quella post-riproduttiva. Questa valutazione è sicuramente attendibile ed è in accordo con quanto formulato in letteratura. Dal 1968 al 1990 il numero di Coturnici abbattute in provincia di Trento è passato dai 1250 capi annui ai 300 con un calo del 76 %. Nello stesso periodo anche in alcune aree delle Alpi Carniche la popolazione non superava il 15% di quella presente negli anni ’50, tale situazione era riscontrabile anche per la Valle d’Aosta con un calo degli abbattimenti del 70% nel periodo 1972-1987 e del 40% tra il 1977-1990. Il fenomeno era poi associato ad una altrettanto comprensibile contrazione in termini di estensione e continuità dell’areale che confermano lo stato di generale declino della specie per le Alpi, in particolare per il settore orientale dove tale contrazione, che ha interessato indistintamente aree più favorevoli e meno favorevoli, era valutata attorno al 40% della superficie occupata storicamente. Le ipotesi più frequentemente indicate in letteratura individuano due principali categorie di fattori ritenuti responsabili del declino delle popolazioni e cioè fattori di interazione diretta uomo-specie e fattori di interazione indiretta quali gli interventi dell’uomo sull’ambiente e i processi naturali favoriti dalle attività antropiche. I primi si riferiscono essenzialmente alla pressione venatoria nell’ipotesi di un prelievo superiore a quello sostenibile, i secondi alle già citate pratiche agricole montane. Ne consegue una gestione difficile dove ad un impegno gravoso corrispondono spesso risultati scarsi se non deludenti, la provincia di Trento si impegnò a seguito della nostra ricerca a far sfalciare con un taglio stagionale una superficie pari al 40% di quello che una volta era l’areale della popolazione di Coturnice con la non indifferente spesa di 10 miliardi delle vecchie lire, lodevole iniziativa che non ha portato a risultati perché limitata ad una stagione e questo non può essere sufficiente perché occorrono più anni per ottenere risultati apprezzabili. L’impegno di tutti deve essere quello di stimolare le Comunità Montane ed i Comuni a favorire il ritorno alla montagna ed alle sue attività. E’ solo una presenza assidua sul territorio che può garantire qualche opportunità di successo nella battaglia per il ritorno della Coturnice sulle nostre montagne. * Ecologia applicata alla pianificazione faunistica del dipartimento di biologia animale dell’università di Pavia. IL SESSAGGIO DEGLI UCCELLI Nido di tordina, foto dell’autore. Uno dei principali problemi di cacciatori e allevatori è la determinazione del sesso in quei soggetti dove non è possibile visibilmente distinguere il dimorfismo sessuale. Non succederà quindi nella distinzione di merli o fringuelli, uccelli facilmente riconoscibili sessualmente da colorazione diverse del piumaggio, ma riguarderà sicuramente tordi bottacci tordi sasselli e cesene. Angelo Bonzi TECNICHE Le tecniche utilizzate per attuare il sessaggio (brutto etimo, ma non c’è altro di meglio) sono diverse: si va dalla sequenza di DNA sesso specifico,all’analisi degli steroidi fecali,all’ispezione cloacale, allo studio dei cromosomi delle cellule del sangue,e altre tecniche piuttosto complesse e poco utilizzate che trovano riscontro solo in ambito scientifico. Il sistema sicuramente più utilizzato è sicuramente quello chirurgico,che si pratica tramite l’ispezione visiva dell’addome,o laparoscopia DESCRIZIONE ANATOMICA Nei soggetti maschi i due testicoli sono ubicati in posizione addominale, dietro i margini posteriori dei polmoni,e anteriormente alla posizione dei reni. La superficie delle gonadi maschili è liscia e di forma tubolare, mentre la loro dimensione varia secondo il periodo dello stadio del ciclo riproduttivo, e all’età del soggetto. Nell’apparato genitale femminile degli uccelli solo l’ovaio sinistro è sviluppato,e viene individuato in caso di laparoscopia nella stessa posizione descritta per il testico- lo del maschio. Il colore è bianco pallido, divenendo più scuro con l’invecchiamento del soggetto l’aspetto varia secondo il periodo endocranico del momento( pre cova o post cova). Durante il periodo riproduttivo i follicoli diventano ben evidenti sulla superficie ,facendo assumere allo stesso il caratteristico aspetto a grappolo. APPLICAZIONE PRATICA Il veterinario, che è l’unica persona autorizzata ad utilizzare questa tecnica,dopo un’adeguata anestesia , provvederà con l’aiuto di un assistente a posizionare il volatile con la parte sinistra rivolta verso l’alto, con le ali e le zampe estese; il medico dopo un’accurata deplumazione della zona interessata, provvederà ad una piccola incisione tra la penultima e l’ultima costola oppure tra l’ultima costola ed il femore (sotto il bacino). A questo punto è possibile osservare visivamente con l’ausilio di una lente d’ingrandimento, o con l’introduzione di un endo- scopio il sesso del soggetto interessato. OSSERVAZIONI La tecnica specificata è sicuramente molto efficace, e meno complessa nell’applicazione di come viene descritta ,specialmente se applicata da sanitari di provata esperienza, tuttavia il sistema chirurgico è sempre piuttosto invasivo, e anche se difficilmente si osservano effetti collaterali, si spera a breve di poter utilizzare sistemi più consoni e pratici, economicamente alla portata di tutti e dai risultati altrettanto efficaci. 27 CERVO, CLIMA E BOSCO MINACCIANO IL CAPRIOLO Incontro con Silvano Toso, nuovo direttore dell’Istituto Nazionale della Fauna Selvatica, il quale, sul declino dell’ungulato rilevato nel nostro Comprensorio come del resto su tutto l’arco alpino, ci dice... Gigi Foti Cambio della guardia all’INFS, l’Istituto Nazionale della Fauna Selvatica, l’ente che funziona da consulente per lo stato e le amministrazioni locali in materia di fauna selvatica, appunto, e dal quale noi cacciatori ad ogni inizio di stagione attendiamo il via libera a tutto ciò che la nostra passione coinvolge: dai piani di abbattimento alla gestione dell’habitat e delle strutture venatorie. Dopo quasi tre anni di commissariamento, alla guida dell’Istituto, che ha sede a Ozzano dell’Emilia (Bologna), è stato chiamato il dottor Silvano Toso, che già molti di noi conoscono per la sua attività scientifica e perché è anche un cacciatore. In occasione di un nostro recente incontro, ci è stata data l’opportunità di sentire il suo parere sulla situazione del Capriolo sull’arco alpino, il territorio che ovviamente ci interessa e nel quale, da un paio d’anni, si manifesta una fase calante della densità di questo selvatico. Anche dalle nostre statistiche, pubblicate sul numero di luglio di quest’anno, appare evidente che i numeri non si discostino da quanto emerge dalle altre realtà. Siamo di fronte a un calo che, dal 2002, si aggira sul 15-20% con notevoli differenze fra set28 tore e settore. Anche dal Trentino, come si legge sul periodico dell’Associazione della Provincia di Trento del giugno scorso, arriva conferma di questa evidente discesa: “...per una serie di concause, ora al vaglio dei nostri organi direttivi, si è passati dai circa 31.000 a circa 27.000 capi. La densità media provinciale in relazione all’habitat vocato, è pari a 6,2 capi/100 ettari, con differenze fra i vari distretti”. Al direttore dell’INFS abbiamo allora chiesto il perché di questa situazione ed eventualmente i rimedi da adottare. “L’analisi delle serie storiche raccolte in diversi paesi europei dimostrano che le popolazioni di Capriolo possono essere soggette ad ampie fluttuazioni le cui cause non sono sempre spiegabili con fattori limitanti di origine ambientale o antropica. Incontro con l’INFS Silvano Toso. In alcuni settori delle Alpi come degli Appennini, può essere ipotizzata un’influenza della recente espansione del Cervo – è il parere di Silvano Toso –Nel medio periodo le modificazioni ambientali derivanti dalla progressiva riduzione delle aree aperte a favore del bosco con conseguente diminuzione delle fasce ecotonali rappresenta indubbiamente un fattore sfavorevole al Capriolo. In ambiente alpino e nelle parti più elevate dell’Appennino le popolazioni risentono anche della mortalità indotta dagli inverni rigidi con innevamento prolungato e tardivo. Ma è l’avanzata del bosco il problema principale. Molti lavori di ecologia hanno dimostrato che, quando si passa da ambienti a mosaico a quelli a copertura forestale senza soluzione di continuità, la diversità faunistica e la densità delle popolazioni di molte specie tende a diminuire.” Soluzioni? Interventi? “La chiave di volta per vincere questa sfida in futuro – conclude il direttore dell’INFS – è quella di contrastare, metro per metro l’avanzata del bosco, favorita nel suo sviluppo dal fatto che l’uomo ha smesso di coltivare la montagna. Mi rendo conto che si tratta di una sfida difficile ed impegnativa, ma credo valga la pena di accettarla non solo per motivazioni legate alla conservazione della biodiversità, ma anche per motivi culturali, estetici e di fruibilità dell’ambiente montano.” CATTURE CON LA TELEANESTESIA Con le iniezioni sparate a distanza si catturano gli ungulati per studiarli e curarli. Una pratica che è stata sviluppata negli USA e con essa si ottiene uno stress assai ridotto nel selvatico e si evitano pericoli per gli esseri umani che intervengono. Luca Pellicioli* La conoscenza dei principali aspetti legati al contenimento e alla cattura di animali selvatici è indispensabile nell’ambito di un corretto approccio, allo studio e alla gestione, della fauna selvatica alpina. In considerazione del notevole incremento di ungulati selvatici a vita libera, avvenuto nell’ultimo decennio sulle Alpi, si pone sempre più frequentemente il problema della pre30 senza di animali selvatici, e nello specifico di ungulati, al di fuori del loro habitat naturale come strade pubbliche e centri cittadini con tutte le problematiche e i rischi connessi, ampiamente documentati anche da recenti episodi accaduti sul nostro territorio. Diverse amministrazioni e enti gestori operanti nel contesto alpino, coinvolti nella tutela del patrimonio faunistico, stanno attivando misure per gestire, controllare e risolvere l’eventuale insorgenza di tali episodi. Tra le varie possibilità per gestire situazioni di questo genere, la pratica della cattura farmacologica sta riscontrando pareri favorevoli, se condotta con gli opportuni protocolli. La pratica dell’anestesia a distanza si è sviluppata negli Stati Uniti, dove è nata anche una specifica terminologia scientifica. E’ necessario quindi uniformare e fare subito chiarezza sulla terminologia utilizzata. Si definisce teleanestesia la somministrazione a distanza di farmaci, spesso soprattutto in Italia, si utilizzano altri sinonimi per definire tale operazione come: teleiniezione (più propriamente indicato per iniezioni a distanza di medicinali generici), telenarcosi, anestesia a distanza o cattura/contenzione farmacologia. Le varie metodologie con cui si effettua la teleanestesia si definiscono sistemi di teleanestesia. Sono rappresentati principalmente dalle speciali siringhe chiamate anche dardi, siringhe-proiettile o autoiniettanti, o più semplicemente telesiringhe. La telesiringa è lanciata o sparata da un apposito strumento rappresentato dalla cerbottana o fucile chiamati più correttamente teleiniettori, fucili lanciasiringhe o telefucili/telepistole. La pratica delle teleanestesie può venir effettuata su animali selvatici a vita libera, animali da zoo o in recinti o su animali domestici inselvatichiti o allo stato brado. Attraverso questa pratica è possibile ridurre le controindicazioni che derivano dal contenimento manuale o da altre forme di cattura più stressanti. La cattura farmacologica, se correttamente pratica, permette infatti di ridurre lo stress nell’animale ed anche i pericoli per gli operatori e gli addetti all’assistenza. Tra i diversi motivi che possono richiedere l’impiego di tale approccio certamente i prin- cipali sono rappresentati dalla cattura di animali fuggitivi o in libertà, spostamenti e trasporto di animali, visite mediche, prelievo di campioni ematici, marchiatura e identificazione di capi, interventi chirurgici, cure podali e odontoiatriche, esecuzione di accertamenti sanitari e test diagnostici. Come gestire quindi questi tipi di interventi. Innanzitutto è necessario che il medico veterinario responsabile del procedimento e della detenzione dei farmaci, in collaborazione con gli operatori addetti all’assistenza, deve stabilire l’idoneità del luogo di cattura e il conseguente protocollo anestesiologico più idoneo da seguire in funzione del contesto ambientale in cui si trova ad operare. Stabilire quindi l’insieme dei farmaci e dei relativi dosaggi e vie di somministrazione da utilizzare. La scelta del farmaco può variare in funzione di numerosi aspetti. La principale variabile è sicuramente rappresentata dalla specie animale da anestetizzare. Ogni specie e categoria sistematica di animali (carnivori, ar- tiodattili) presenta sensibilità variabile ai vari farmaci e relativi dosaggi che può cambiare anche in funzione del livello di stress dell’animale e del suo stato di salute. Rispetto al farmaco impiegato sono indicate preparazioni commerciali che implicano una concentrazione adeguata del principio attivo in poco volume. E’ preferibile poi l’utilizzo di principi attivi con basse controindicazioni e soprattutto per i quali sono presenti in commercio i relativi antidoti (farmaco antagonizzante). Effettuata la fase di preparazione, durante la fase dell’anestesia generale fondamentale è monitorare costantemente le tre fasi principali: induzione, anestesia e risveglio del capo. Va sottolineato infine come in questi tipi di operazione l’elevato affiatamento del gruppo di lavoro permettono di migliorare il livello qualitativo dell’operazione di cattura ed è garanzia di maggior successo. * Medico veterinario dottorando DIPAV Università di Milano INDICAZIONI PER UNA CORRETTA APPLICAZIONE DELLE TELEANESTESIE • Valutazione dell’idoneità del luogo e del contesto ambientale nel quale si deve operare ed effettuare la teleanestesia • Analisi di tutte le variabili intraspecifiche dell’animale da sedare • Valutazione del livello di stress e dello stato di salute dell’animale da sedare • Applicazione, da parte del medico veterinario referente, del protocollo anestesiologico più idoneo • Monitorare correttamente le varie fasi dell’anestesia generale • Predisporre l’eventuale gestione dell’emergenza clinica per evitare di perdere il capo Monitorare fase del risveglio Elevato affiatamento del gruppo di lavoro A PADRONE ATTENTO UN CANE SANO Prima di tutto doveroso un ringraziamento per il lavoro sin qui svolto dal collega, Tiziano Ambrosi, che ha contribuito nel tempo, anche attraverso le pagine di questa rivista, ad una maggiore comprensione reciproca tra cacciatori e veterinari riguardo ai problemi più strettamente correlati all’attività del cane da caccia. Duilio Buttinoni Mi presento: sono il dottor Duilio Buttinoni, operante in San Giovanni Bianco e Zogno da circa dieci anni, ed è, se non altro per questo, che molti di voi lettori già mi conoscono. L’obiettivo che intendo raggiungere attraverso le pagine di questa rubrica è quello di offrire una visione generale dell’evoluzione dell’attività veterinaria che, nel corso degli anni, è molto cambiata ed ora mette a disposizione possibilità diagnostiche e terapeutiche all’altezza di quelle presenti in campo umano. Oggi è infatti possibile realizzare esami complessi come artroscopia, ecografia, tac che aiutano a superare i limiti imposti in passato da tecniche diagnostiche importanti ma non sempre precise come ad esempio la radiografia. È compito del veterinario riconoscere che, vista la vastità delle conoscenze raggiunte, non è più possibile essere in grado di curare ogni singola patologia in proprio ma è fondamentale appoggiarsi al lavoro di colleghi veterinari che hanno affinato le loro conoscenze in settori quali ad esempio l’ortopedia. l’ecografia, la neurologia al fine di offrire il miglior servizio possibile al cliente. È proprio per questo che cercherò di rendere questo spazio il meno personale possibile invitando colleghi specialisti che lo desiderino ad esporre i propri lavori nei campi di competenza. 32 Accanto a ciò ritengo utile avere la possibilità di rispondere alle domande, spesso derivanti da casi concreti, che ognuno di voi cacciatori si pone e che nella maggior parte dei casi rimangono senza risposta per mancanza di possibilità di colloquio diretto tra cacciatore e veterinario al di fuori dell’attività professionale. È perciò che vi invito a farmi pervenire domande o considerazioni che partendo dal vostro caso singolo possano interessare altri cacciatori al fine di poter realizzare un vero servizio di comune utilità. Un ultima considerazione riguarda il soggetto principale delle nostre attenzioni, il cane. Così come nel corso degli anni la professione veterinaria si è voluta ed i cacciatori sono diventati più sensibili alle problematiche relative alla salvaguardia dell’ambiente ed al ruolo della loro attività nel nostro paese altrettanto deve avvenire per il trattamento riservato ai nostri compagni di vita. Accanto a una grandissima maggioranza di cacciatori che coglie il vero significato del rapporto di scambio con il proprio cane, vi è ancora una sacca di resistenza che considera il cane alla stregua di una macchina da spremere senza fornire adeguato carburante sotto forma di una corretta alimentazione. luoghi di permanenza adeguati esenti da parassiti, topi ed adeguatamente protetti dal caldo e dal freddo eccessivi. Questa minoranza purtroppo scredita tutti voi e contribuisce a diffondere e confermare le voci che considerano il cacciatore un soggetto che non ama il cane. È proprio per questo che è interesse prima di tutto dell’insieme dei cacciatori intervenire nei casi in cui si viene a conoscenza di maltrattamenti, sotto qualunque forma, riservati ai cani anche a costo di alterare il quieto vivere, il silenzio non aiuta nessuno e per un vero amante degli animali dovrebbe risultare insopportabile qualunque maltrattamento non solo ai propri cani ma anche a quelli altrui. Occorre ricordare che un cane sano è prima di tutto frutto di un padrone attento prima ancora che del lavoro del veterinario. Aspettando le vostre indicazioni sul prossimo tema da trattare, un cordiale saluto. È da un anno ormai che l’uso del passapoto per gli spostamenti all’estero dei nostri animali è diventato obbligatorio, ma forse alcuni aspetti di tale obbligo non sono ancora del tutto chiari. Proviamo a sintetizzare ciò che ciascun cacciatore deve fare per non trovarsi ad avere problemi al momento della partenza. - Prima di tutto ciascun cane, indipendentemente dal possibile viaggio all’estero, deve essere identificato tramite chip sottocutaneo inserito da veterinario libero professionista accreditato, praticamente tutti, o da veterinario appartenente all’ASL. Per i cani registrati prima dell’uso obbligatorio del chip può essere ritenuto valido il numero del tatuaggio impresso sull’orecchio o all’interno coscia, a patto che sia leggibile, cosa non sempre possibile soprattutto nei cani di una certa età. È perciò consigliabile applicare il chip anche a cani già tatuati qualora il tatuaggio sia ormai deteriorato. Il costo dell’applicazione del chip è di circa 30 euro ed al momento dell’applicazione è indispensabile portare con sé il proprio codice fiscale. L’inserimento del chip è assolutamente indolore. Una volta che il cane è stato registrato occorre ricordarsi di comunicare al veterinario eventuali cambi di domicilio o proprietà del cane. - Almeno un mese prima della partenza per la destinazione estera si deve praticare la vaccinazione antirabbica al cane, la cui validità è di dodici mesi a partire dalla data riportata sul libretto sanitario del cane. Ulteriori viaggi all’estero in tale periodo non richiederanno più una nuova vaccinazione. - Con il certificato di iscrizione all’Anagrafe canina regionale rilasciato dal veterinario ed il Libretto delle vaccinazioni ci si reca alla sede ASL più vicina e si richiede il rilascio del Passaporto. - Entro i dieci giorni precedenti la partenza occorre recarsi nuovamente dal veterinario con il cane per far timbrare l’area del Passaporto relativa alla sana e robusta costituzione del cane stesso e all’assenza di malattie infettive o infestive in atto. Tale procedura è necessaria per il passaggio del confine. - Se nel corso dell’anno di validità della vaccinazione antirabbica si dovranno effettuare nuovi viaggi all’estero, l’unica procedura da ripetere sarà la vidimazione del Passaporto entro i dieci giorni dalla partenza. parla il veterinario PASSAPORTO PER CANI E ALTRI ANIMALI DA COMPAGNIA LA TROMBICULOSI AVANZA ANCHE IN CITTÀ Ho parlato con colleghi dermatologi della parassitosi da Neotrombicula autumnalis volendo proseguire la chiara presentazione di Tiziano Ambrosi e Gloriana Peschini pubblicata sul numero 19/2003 del giornale. Sono rimasto sorpreso nell’apprendere che anche negli ambulatori di dermatologia dell’Università di Milano, durante l’autunno si presentano diversi casi di Trombiculosi (detta anche Trombidiasi o Trombidosi), spiacevole parassitosi che colpisce i cacciatori di montagna. Piergiorgio Sirtori* Dando un’occhiata alla letteratura recente sull’argomento, ci si rende conto che questa affezione non è poi così rara e che ha avuto nel tempo anche diverse definizioni nella terminologia popolare, da Harvest bug, cioè Tignola dei raccolti (per la prevalenza nel tempo autunnale dei raccolti) a Ragno rosso, a Rogna dei potatori di platani. Secondo taluni l’ospite preferito dalla Neotrombicula autumnalis è il coniglio, ma tanti altri sono gli animali parassitati come il cane, il gatto, i polli, gli uccelli, e anche bovini, ovini, caprini. Nell’uomo, ospite non preferenziale, la infestazione occasionale da larve di Neotrombicula autumnalis dura solo pochi giorni dopodiché il parassita abbandona la pelle per cadere e trasformarsi in protoninfa proseguendo il suo ciclo vitale. Vale la pena ricordare che, sulla cute umana, l’azione irritativa della larva è 34 provocata dalla sua secrezione salivare istolitica (cioè capace di colliquare i tessuti) che dalla zona di puntura crea un canalicolo di nutrimento (detto stilosoma o istosifone) attraverso il quale il parassita può succhiare il materiale liquido semidigerito. In questa fase si fanno evidenti le lesioni cutanee di tipo eritematoso-papuloso, spesso caratterizzate da un piccolo segno centrale, quasi una piccola ombelicatura corrispondente alla puntura del parassita talvolta presente in quel punto. Le zone più frequentemente colpite sono Al contrario, soggetti residenti in zone dove la trombiculosi è frequente e diffusa, possono presentare una tolleranza immunologica. Per la cura i dermatologi consigliano corticosteroidi ad uso topico (non antistaminici) associati ad antibiotici se c’è sovrapposta infezione batterica. Nel caso raro di quadro infettivo generale grave: antibiotici per via sistematica. RACCOMANDAZIONI A UOMINI E...CANI Ai cacciatori che frequentano zone ove sia nota o sospettabile la presenza di Trombicule si consiglia il trattamento dei propri cani con acaricidi topici a base di Fipronil, anche come prevenzione, una volta al mese, nella stagione a rischio da fine estate a fine autunno. Particolarmente ai cacciatori di ungulati che spesso sostano a lungo a contatto con il terreno in aree possibilmente infestate si raccomanda lìuso di indumenti robusti e di teli o mantelline da stendere sul terreno prima di sdraiarsi. I repellenti non sembrano molto efficaci e gli acaricidi oggi sono reperibili solo ad uso veterinario. Generalmente l’infestazione non crea nell’uomo grossi pericoli, ma tuttavia è più che ragionevole tenere conto di questa antipatica eventualità cercando di evitarla con semplici norme di prevenzione. Nell’eventualità sfortunata di essere colpiti da questa infestazione, le cure del medico con eventuale controllo specialistico possono aiutare a guarire rapidamente. Così si manifestano gli effetti della puntura del parassita sulla pelle. parla il medico * Medico Chirurgo E. Traini - 2 quelle a cute più sottile (ascelle, inguini, genitali, caviglie, polsi, collo) e le aree costrette dagli indumenti (cintura, reggiseno). In alcuni casi si accompagna un notevole malessere generale, prurito intenso e diffuso, e più raramente vomito e diarrea. Quando si associa temperatura elevata è da sospettare una sovrapposizione batterica. Le persone più volte infestate dalla Neotrombicula possono manifestare una sensibilizzazione con rash orticarioide, la comparsa di papule e ponfi in sede di pregresse lesioni, talvolta anche a carattere emorragico. 35 STAMBECCO A METÀ Stambecchi e capre domestiche possono accoppiarsi e i loro discendenti di sangue misto, ibridi o meticci, sono riproduttivi. Ciò è noto da secoli, ma normalmente è la femmina della capra a partorire l’ibrido, per questo il capretto meticcio seguendo la madre finiva sotto custodia umana e veniva per lo più macellato dopo pochi mesi. Giacomo Moroni* Oggi però sappiamo che l’ibridazione può avvenire anche con l’accoppiamento tra un “becco” di capra e una femmina di stambecco. Prova ne è uno stambecco ibrido, maschio dell’età di tre anni e mezzo, imbrancato con altri maschi di stambecco sub-adulti, avvistato dagli agenti del Corpo di Polizia provinciale, su segnalazione di alcuni cacciatori esperti, durante il periodo di svernamento nei pascoli sovrastanti la frazione Maslana in comune di Valbondione. La stretta convivenza tra stambecchi e capre domestiche sui pascoli alpini, anche sulle Orobie bergamasche, ha reso possibile l’ibridazione tra le due specie. Un evento questo indesiderato che quando si verifica mette in pericolo la 36 purezza genetica degli stambecchi alpini e favorisce la veicolazione di malattie infettive tra animali selvatici e animali domestici. Il decreto di abbattimento dell’ibrido, supportato da parere favorevole dell’Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica, è stato così predisposto dal Servizio faunistico-ambientale della Provincia di Bergamo; una misura oltre che approvata dal massimo organo tecnico faunistico italiano, in concordanza anche con gli obiettivi dell’Organizzazione Mondiale per la protezione della natura (IUCN). Gli ibridi allo stato libero sono indesiderati, giacché nelle nostre Alpi devono vivere solamente stambecchi geneticamente puri. L’abbattimento dell’esemplare è stato affidato agli agenti del Corpo di Polizia Provinciale, ma l’impresa si è subito tra- sformata in una sfida anche per guardiacaccia montanari che sanno esplorare l’aspro ambiente alpino. La ricerca dell’ibrido nel suo luogo di dimora primaverile imbrancato con una ventina di maschi adulti puri, ha avuto luogo tra i pascoli e le ripide pareti rocciose che sovrastano le Baite di Maslana in Valbondione, dove è stato individuato nella mattina del 29 aprile scorso. Alle 7,20 del medesimo giorno il sottufficiale Carrara Daniele, con un tiro “chirurgico” di oltre 200 metri con l’arma in dotazione: una carabina cal.222 ha provveduto all’abbattimento dell’anomala capra ibex. L’animale è stato quindi sviscerato sul posto e una volta effettuati i campionamenti di sangue, feci e tessuto muscolare, nonché una scrupolosa rilevazione rispondente cioè all’incirca a quello di un maschio medio di 4 anni pesato a fine autunno. Le corna mostravano evidenti differenze rispetto a quelle tipiche dello stambecco. La lunghezza delle corna era certamente maggiore rispetto a quella dei coetanei puri, con i suoi 56,5 cm., il primo segmento di crescita era più lungo del secondo, caratteristica tipica delle capre, parla il tecnico dei principali dati biometrici, è stato, non senza fatica, trasportato a valle, per essere consegnato al Museo di Scienze Naturale “E. Caffi” di Bergamo, dove verrà esposto una volta naturalizzato. Un’attenta analisi ha confermato che si trattava proprio di un esemplare maschio di tre anni e mezzo, che pesava, sviscerato, 44 chilogrammi, ovvero un peso superiore a quello normalmente rilevabile negli stambecchi di questa età, cor- ma non dello stambecco. Le corna erano chiaramente prive delle protuberanze nodose caratteristiche della specie selvatica e di sezione triangolare anziché ovale. Evidenti differenze sono emerse anche riguardo al pelo che era in fase di transizione dalla muta invernale alla muta estiva, che risultava decisamente più chiaro rispetto agli stambecchi e con evidenti macchie bianche sul muso e sui garretti. Altro elemento altamente distintivo dell’ibrido era una fluente barba caprina comparativamente molto più lunga del breve pizzetto dei maschi di stambecco. Questa storia di vita selvatica con interpreti puri, ibridi e con una fine necessariamente 38 cruenta,è certamente interessante sotto il profilo della biologia della fauna selvatica, ma mette in luce un pericolo per la purezza del sangue della popolazione degli stambecchi presenti sulle Orobie bergamasche. Una popolazione, oggi di 650 esemplari, ricostituita da zero partendo da un nucleo di 84 esemplari fondatori, importati dal Parco Nazionale del Gran Paradiso alla fine degli anni ottanta. E’ perciò indispensabile, affinché nessun materiale ereditario delle capre domestiche passi alla popolazione di stambecchi e nessun temuto agente patogeno infettivo venga trasmesso, che dopo l’estivazione tutte le capre domestiche ritornino sotto custodia umana. Tutte le capre inselvatichite prima del periodo degli amori dello stambecco e cioè al termine della stagione autunnale, dovrebbero essere catturate oppure abbattute, comunque prima dell’inverno. Inoltre il ruolo dei cacciatori alpini, in attesa che anche lo stambecco possa essere incluso tra le specie assoggettabili ad una gestione venatoria sostenibile, alla stessa stregua degli altri ungulati selvatici, diventa insostituibile per la segnalazione di eventuali stambecchi ibridi presenti sulle Orobie bergamasche. * Responsabile del servizio faunisticoambientale. Provincia di Bergamo. IL RACCONTO UNA GIORNATA DI PIOGGIA Giuseppe Bordogna Quell’autunno Giove Pluvio manifestava tutto il suo livore, la pioggia cadeva con insistenza da giorni, ruscelli e torrenti rombavano in tutta la valle, ovunque le strade erano coperte da larghe pozzanghere. Anche un fanatico cacciatore come il Felice pensava che andare sui monti dissolti nelle nebbie con quel tempaccio era veramente una pazzia . Il ticchettio insistente della pioggia non lasciava nessun dubbio, ma ugualmente si era alzato nella speranza di trovare un indizio o una scusa per andare a caccia, Guardò dalla finestra ma il lampione gocciolante non dette nessuna illusione e a malincuore decise di rinunciare. Cosi, quella mattina, andò alla Messa con la moglie, meravigliata che il marito se ne restasse a casa in una domenica di caccia. Finito il dovere di buon cristiano, prima di tornare a casa ci fu il tempo di fermarsi a bere un aperitivo. Entrarono nel bar della piazzetta dove, appoggiati al bancone, c’erano due figuri che grondavano pioggia dagli indumenti di caccia, erano il cognato Franco e l’amico Bepi. Felice esordì con un saluto, ma la risposta fu di tutt’altro tenore. “Ma guardalo qui il grande cacciatore !” sbottò con aria canzonatoria il parente. “Vestito della festa e perfino sbarbato” ridacchiò il compare. “Beh, con questo tempo...” cercò di giustificarsi il Felice. Con falsa severità il cognato lo rimproverò :“Certo il tempo è pessimo, pessimo per i selvatici e per quelli che li vanno cacciare, ma i veri cacciatori si vedono in questi frangenti e non se ne rimangono a letto” Infierì l’amico: “E poi, se uno teme la pioggia, se ne va al capanno e di- mentica le coturnici” Il Felice ci rimase male, sia per le parole degli amici, ma di più per aver constatato che, nonostante il cattivo tempo, qualcuno sui monti ci andava lo stesso . “Dai vieni qui a bere” disse il cognato per mettere fine alla discussione. Ma ormai Felice aveva preso la sua decisione: si sarebbe cambiato e sarebbe andato a caccia a costo di rientrare di notte. “Vi farò vedere io chi è il Felice” e uscì di volata dal bar seguito dalla moglie che aveva lanciato uno sguardo di fuoco al fratello, reo di aver rotto la tranquillità di una domenica in famiglia. “Ma, insomma ho gia preparato il pranzo per oggi” disse lei “Fa niente, lo mangerò stasera” tagliò corto lui . Arrivato a casa, in breve si cambiò, prese il fucile, nascose le cartucce perché non si bagnassero, salutò la moglie che gia da un pezzo era rassegnata ad avere quel marito testardo, andò a prendere il cane ed in auto si diresse sopra Piazzatorre che era la sua zona di caccia prediletta. Arrivò alla fine della carrozzabile con la pioggia che non dava tregua, si intabarrò per avere un po’ di riparo e velocemente si avviò per la mulattiera cominciando a salirla a passo svelto . I pensieri erano confusi come i panni nella lavatrice, “Ma che cavolo mi ha preso, solo un pazzo può andare a caccia con questo tempo” “No, perbacco, non sarà quest’acqua che mi fermerà”. Intanto camminava nell’oscurità del bosco mentre l’acqua gli ruscellava tra gli scarponi. Laika, la sua setter, aveva preso a correre e ad annusare, guardandola pensò “Povera bestia, guarda in quale idiozia ti ho trascinato…” Finalmente, dopo quasi un’ora, inzuppato ed ansimante, arrivò ai margini del bosco, ma gli occhi invece di beneficiare di un po’ di luce, andarono a perdersi nella nebbia. L’idea di aver fatto una sciocchezza ormai aveva convinto il cacciatore a rassegnarsi a prendere la decisione più saggia : tornare sui suoi passi. Dopo tutto la sua dose di cattivo tempo se l’era presa e, inoltre, di lì a poco si sarebbe fatto buio, era quindi del tutto inutile continuare. Fece ancora pochi passi deciso ormai di richiamare il cane, ma la voce gli si fermò in gola, il cane era caduto in ferma ! Si inginocchiò, passarono istanti interminabili con gli occhi che disperatamente cercavano di andare oltre i vapori della nebbia. Il cane era come pietrificato, poi al rallentatore mise una zampa in avanti, il respiro prima affannoso di Felice si era fermato, il cuore anche, tutti i sensi erano tesi allo spasimo. Il setter appiattito, sempre con movimenti impercettibili era avanzato di un paio di metri. Il colpo lo esplose d’istinto dietro le sagome grigiastre sparate in aria nel frullio tipico delle coturnici. Nell’istante in cui queste scomparvero nel muro della nebbia, ebbe la netta sensazione che una di loro abbandonasse il volo per cadere alla rinfusa. Corse in quella direzione, inciampò, cadde, riprese la corsa “L’ho presa, giuro che l’ho presa” gridò dentro di sé. Il cane anch’esso era scomparso da quella parte. Dopo la breve corsa, Felice si fermò ansimante, “Stramaledetta nebbia !” “Dove la cerco adesso?”Passarono alcuni minuti in cui visse in una specie di limbo senza emozioni, indifferente alla pioggia, alla nebbia e alle prime ombre della sera . Poi vide qualcosa che gli veniva in39 contro, solo a pochi metri capì che era la sua Laika, tra i denti la coturnice! Si inginocchiò ad abbracciare il cane, mentre la pioggia, finalmente amica, confondeva le lacrime di commozione . Esaltato dal successo della battuta di caccia, fece il tragitto di ritor- 40 no senza rendersene conto. Adesso, prima di andare a casa, una cosa la doveva fare. Entrò al bar del Cornello dove sapeva di trovare chi cercava. Infatti, sia il cognato sia l’amico che l’avevano canzonato il mattino, erano lì a giocarsi il pomeriggio a tressette. Tirò fuori la preda dal carniere e tenendola sopra le teste dei giocatori di carte gridò: “I veri cacciatori vanno a caccia, non se ne stanno al caldo dell’osteria”. Non attese risposta, rapidamente uscì inghiottito dal buio e dalla pioggia . Ad un amico mai dimenticato Libri letti UN MANUALETTO PER I TROFEI IL CEDRONE IN LOMBARDIA Sulla preparazione e conservazione dei trofei se ne sentono e se ne leggono di ogni sorta. Adesso è la volta dell’URCA (l’Unione Regionale Cacciatori Appennini) dell’Emilia Romagna, che ci prova con questo libretto dal curioso titolo :”Il particolare fa la differenza – Preparazione e conservazione dei Trofei”. Sedici pagine in tutto, in cui gli autori Enzo Berzieri e Luigi Lodi, spiegano come in un manuale di istruzioni, le regole per ben preparare i trofei e conservarli, Dove, si badi bene, i trofei non sono soltanto i palchi, ma anche i denti e certe qualità di peli di molti animali. Per richiederlo all’ Urca, email: [email protected] È senz’altro nella fantasia di tutti i cacciatori di montagna, e non solo, il mitico gallo cedrone. Eppure, sulle montagne lombarde ne esistono ancora degli esemplari, neppure troppo lontano da noi: nei due parchi regionali delle Orobie valtellinesi, nel Parco dello Stelvio e, infine, sull’Alto Garda Bresciano. I tre enti hanno promosso, con fondi della Regione e dello stato, un programma di intervento per la conservazione di questa affascinante specie, affidato ai ricercatori dell’Università dell’Insubria, il cui lavoro è stato dato alle stampe con questo volumetto ricco di dati sulla presenza del cedrone in Lombardia. 41 42 COMPRENSORIO VENATOTRIO ALPINO VALLE BREMBANA Enrico Bonzi - Presidente Gianbattista Gozzi - Vicepresidente Lino Ceruti - Rappresentante Provincia Pietro Milesi - Rappresentante Comunità Montana Angelo Bonzi - Rappresentante CPA/ANLC Roberto Gusmaroli - Rappresentante FIdC Teofano Boffelli - Rappresentante ANUU Athos Curti - Gruppo Cinofilo Bergamasco Roberto Regazzoni - Rappresentante C.A.I. Bruno Calvi - Rappresentante C.A.I. Roberto Cattaneo - Rappresentante Coldiretti Sperandio Colombo - Rappresentante Coldiretti COMMISSIONI Avifauna tipica alpina - Ungulati Lepre - Capanno Stanziale ripopolabile SEDE Piazza Brembana (BG) - Piazzetta Alpini - tel./fax 034582565 e-mail comprensorio: [email protected] Segretaria: Alba Rossi e Daniela Tiraboschi Orari di apertura: Merc. – Giov. – Ven.: 9/12.30 - 14/17.30 - Sabato: 9/12.30 *************************************************************** Assessorato Provincia Via San Giorgio - tel. 035387700 Assessore Sett. Caccia e Pesca - Luigi Pisoni Ufficio Tecnico Caccia e Pesca Dirigente - Alberto Cigliano Collaboratori tecnico faunisti - Giacomo Moroni - Alberto Testa Servizio di Vigilanza Provinciale Responsabile - Gian Battista Albani Rocchetti Collaboratori - Bruno Boffelli, Cristiano Baroni SERVIZI DI PUBBLICA UTILITÀ Pronto Soccorso Sanitario- Ospedale Civile S. Giovanni B.: Tel. 034527111 Centro antiveleni - Ospedali Riuniti di Bergamo: Tel. 035 269469 (Tel. 118) Soccorso Alpino CAI - Elisoccorso: Clusone, Tel. 034623123 Pronto Soccorso Veterinario - BG - Via Corridoni 91: Tel. 035362919 Corpo Polizia Provinciale: numero verde 800350035 Emergenza Sanitaria: Tel. 118 Vigili del fuoco: Tel. 115 Cassadùr A l’turna ‘ndré de cassa, ól Bèpo ostér. A l’è strach mórt, bagnàt come ü pülsì, Col sciòpp a spala, alégher de nó dì, Sensa gna ü passeròtt in del carbér. L’incontra in piassa ‘l Piero Galbusér, Che l’ ghe domanda: “El vira che i sdurdi I passa a ròss, coi sgnèpe e coi sgnepì? A l’ n’à ciapàt ü sento, ól Pì fornér !” “ A l’n’à ciapàt apena ü sentenér ? Ma diga che nó l’ cönte di balòte : L’ è egnìt föra con mé, chèll impostùr, Tat lönedé d’ matina come iér. Mé gh’ó ciapàt quaranta balaròte, Lü l’ gh’à ciapàt apena ü gran fregiùr ! ” Sereno Locatelli Milesi, 1941