Confraternita del SS.mo Sacramento
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LA CONFRATERNITA DEL SS.MO SACRAMENTO
La confraternita del SS.mo Sacramento, detta anche del Corpo di Cristo o del SS.mo Corpo di
Cristo o del Corpus Domini, fu eretta ufficialmente sotto Paolo V nel 1610 e aggregata
all'arciconfraternita di S. Maria della Minerva a Roma il 12 agosto 1702. Per la ricostruzione
della storia della suddetta confraternita esiste una raccolta di verbali, conservati nell'archivio
della chiesa madre di Montefalcione, che vanno dal 19 gennaio 1575 fino all'anno 1835. Nella
prima pagina di questa raccolta di verbali s'annuncia che
«li
confrati del SS.mo Sacramento in la terra di Montefalcione vivono sotto certi capitoli e patti (...)
e che i mastri non possino spendere senza il consenso del procuratore in cose de importanza, o
dubbie Sahia il consenso de la compagnia, o maggior parte ch'essa raunata al sono de la
campana solita et che di detti parlamenti e resposte s'aia un libro dove se scriva il luogo, di,
mese, et ano, et guelli che sono intervenutì. Per guesto s'è ordinato il presente libro de carte
ducente, dove in guesto primo lato se scrivano detti consegli et voti ut supra. E nell'altro lato di
detto libro l'anniversarii perpetui che se celebrano in detta cappella per l 'anime di confratelli» .
Il primo verbale è datato 19 gennaio 1575: «i maestri radunati sono ventuno in la sacrestia seu
spoglìaturo de la cappella del SS.mo Sacramento e decidono di prelevare cinquanta ducati
perché s'è mandato in Napoli a fare la cona del Santissimo et per quella s'è dato bonissimo
caparra, et par che il maestro che la fa vuol dare principio per quella, et per ciò ha richiesto per
il quatrino promessoli altrimenti s'è protestato che per esso non resta, e la cappella se perderà il
caparro, dunque non essendone altro rimedio che bavere detti docati cinquanta».
Il 28 agosto 1575 si affronta la soluzione da ricercare per «una casa rifatta de essa cappella
sita dove se dice lo piano seu piazza dell'Ulmo (....) per toglier tanti dispendii di coprirla, et mo
fance una cosa, et no un'altra se paresse
(sostiene il maestro Fabio Chiuccarello,
a le carità vostre sarria detto maestro Fabio de parer venderla, lasciandose solo il solito reddito
de un tarì, et del quatrino farne altro beneficio per detta cappella come meglio a voi parerà. Si
conclude pari voto che se venda e se faccia guanto è stato proposto (...) pur che il reddito resti
in perpetuo a detta cappella».
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In questi verbali ciò che colpisce è la concretezza, l'essenzialità della dìscussione, quel
procedere in modo asciutto e lineare verso la conclusione. La seduta del 14 luglio 1577 segnala
un problema impellente:
«havendosí de refar 1a ecclesia di Santo Antonio sono stati richiesti de
alcuna elemosina da farsi per ditta cappella». la conclusione è unanime <<pari voto et si deano
de elemosina docati sei fandosi però ditta nova ecclesia>>.
Nell'assemblea del 1° dicembre 1577 tramite Guerriero Capone e maestro Vincenzo Paolucci «
se propone perché Meneca Saietta, per otto docati li mancano non può maritarse essendone in
nuovi capitoli che comandano che la cappella sia propitia ad questa opra pia tra l'altre esponete
se voleti che se deano se faccia ditta elemosina». E
si conclude che
«Meneca sia raccomandata alla cappella; et se la deano de elemosina ditti otto docati et se
faccino le debite cautele per li maestri della cappella secondo lo uso di Montefalcione et li nuovi
capitoli comandino».
Il 2 febbraio del 1578 si prende in esame il caso di un «povero et have figlie femine da maritare
per il che ve se raccomanda per le viescerie di Jesus alle carità
vostre».
Man mano nello scorrere le conclusioni di queste riunioni, assistiamo così a una dilatazione di
contenuti e a un accentuarsi della sensibilità cristiana verso chi vive ai margini della società.
Si legge il verbale del 1° giugno 1578 dove si afferma che <<se hanno da recogliere certi
quatrini de ditta cappella
di più
et diverse persuni et acciò se accresca lo dicoro de
ditta cappella et nelli bisogni possa suvvenire à miserabili
acciò se accrescano le entrate per tali offerte,et altre
occorrentie»
.
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Qui l'impegno caritativo della confraternita va al di là del suffragio per i fratelli defunti. Ogni
singolo membro di questa struttura associativa è responsabilizzato a soccorrere il fratello, in un
momento in cui la miseria si distingue dalla povertà e comincia a essere sentita anche come
problema sociale, in quanto fattore latente di instabilità.
L'11 gennaio 1579 i mastri si radunano e hanno diverse cose da stabilire. Ritorna di nuovo la
problematica assillante della miseria, avvertita, come dicevamo, non solo da un punto di vista
assistenziale o pietistico, ma percepita dai fratelli con intima e sofferta convinzione cristiana:
«Catherina Meolo vivea miserabile e con figlie femine trova ad accasarne una, ne ha supplicato
in visceribus Jesus Cristo si li facesse elemosina al meno de ducati sei il che tutto ne ha parso
farlo intendere alle carità vostre». I docati
vengono offerti alla donna ma «si
facciano le cautele da li maestri che allora si troveranno come uso e costumanza de
Montefalcione secondo li maestri capitoli».
In un'altra decisione si scorge il senso del rispetto non formale, ma sostanziale della legge. La
cautela e la conformità alle norme evangeliche si rivela sul provvedimento per la casa «exquta
in Atripalda»
occorre decidere
«per evitar le liti che in futurum ponno socceder».
Cautela e saggezza animano le altre deliberazioni:
«gli arbori de la cappella dove si dice la Proficuo sono persi et hando solo il nome di arbori, non
resta che si affittano per meglio comodità de la cappella et aumento delle robe». Con
quest'ultima frase si ribadisce vigorosamente il desiderio di vedere la confraternita in una
prospettiva sempre più ricca di lasciti, di donazioni in modo da concentrare nelle sue mani
patrimoni tali da far accrescere il ruolo e l'importanza dell'istituzione. La medesima essenzialità,
ispirata al senso dell'utile, riscontriamo in un altro provvedimento che delinea la psicologia dei
componenti del mondo confraternale:
«Come anco dicemo de la silva lassata a detta cappella de Lucrezia Pezzaro là dove non sono
altramente arbori de castagna ma solamente ne tiene il nome. La quale sta alle Selvetelle e
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Baldassarro di Baldaxaro si è offerto pagarne cinque carlini l'anno et cossì si aumenterà sì a voi
fare dispiacervi».
Si noti anche quel senso narrativo‑descrittivo che deve contribuire alla chiarezza per far
scaturire la decisione limpida e convinta. Leggiamo un altro provvedimento adottato nella
medesima assemblea: <et perché maestro Francesco Paulucci ha donati a ditta cappella docati
quindici pervenuti da certi libri vecchi legali de Don Antonello Casolo lasciati a Flavio Paulucci
suo figlio et li donati con patto in ditta cappella per la anima de esso Don Antonello, ogni anno li
fassino celebrar l'anniversario et ogni lunedì la messa cantata (...) et li docati quindici pervenuti
da li libri de Don Antonello si deano a Stefano Casolo». «E questi docati»,
si aggiunge,
«bisogna concederli al suddetto poiché tene tanto buono animo».
Sono sfumature, che evidenziano il tipo e il modello della religiosità locale nella seconda metà
del '500, che non è però esente da manchevolezze e imperfezioni.
Il 5 marzo 1581 «in loco solito della cappella», durante la riunione, il maestro Francesco
Paulucci, procuratore, si duole
«del poco fervore
che vi è tra confrati, con ciò sia che nelli capitoli habbiano promesso assai et di poi nulla o poco
se attende per il che non solo non se guadagnano le indulgenze ma se fa il periuro et pe questo
il peccato mortale tante volte quante quelli comandano li capitoli, dalli confrati non se osserva
onde per deviare tanto male, poiché siamo tanto fragili, et se non guadiagniamo vediamo tra noi
di non perdere. Hor poi che nella narratione et principio dei nuovi capitoli che si incomincia.
Perché la congregatione (...) finisce quale habbia ad vivere sotto certi capitoli da migliorarnose
per servitio et honor del subdetto Santissimo et eterno Iddio et salute delle anime. Per questo
poi si Habbiano la facultà de migliorare ditti nuovi capitoli et così (...) li vien comandato dal
secretario di Monsignor Rev. veschovo di Gaieta quando venne ad fare la visita in detta
cappella (...). Hoggi primo di che se intende la exposizione de ditti novi capitoli cossì, cioè che
quelli non adimplerando quando in ditti capitoli viencomandato,non per questo siano periuri o
incorrono in peccato mortale (…).Reservando però alli maestri presenti et futuri la loro autorità
imponere et togliere le solite pene ad quelli non obederando o sarrando in reverentia essi
maestri sul cultu divino come superiori, o poco curerando la osservantia de ditti capitoli».
L'analisi di questi nuovi capitoli dà un quadro abbastanza preciso della fisionomia della
confraternita. E' opportuna la trascrizione di queste norme e dei rilievi che i maestri evidenziano
sui comportamenti religiosi:
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«quando escie il SS.mo Sacramento perché non vi è nullo ordine né dicoro è di parere il ditto
procuratore se faccia ancho capitolo che li mastri quando vuole uscire il SS.mo Sacramento,
che quelli che portano li lanternoni et cossì ancho quelli che portano lí bastuni del palio vadano
vestiti con abiti bianchi, acciò non ogni uno se accosta con poca reverenza o scalzo o ignudo o
all'indecente mal composto ad pigliare ditti bastoni, et si non ne fussero presenti in questo
tempo, comprati, facciano vestire altri che (...) nesciuno recuserà ditta opra pia et appresso
vadino con la intorcia grande allumata, et che nisciuno né con abiti non frateschi né senza lo
confrate e non vada in avanti o da lato il palio, ma tutti appresso come si conviene. Del che ne
abbiano cura li subditti mastri nge narrando, et si no, quello nge sarrà, easortanto ogni una che
vada appresso con ogni debita reverenza, et quelli (...) ad questi, et non observeranno da forma
de ditto capitolo, vengono per qualsevoglia volta chi contravverrando da pagare ad ditta
cappella una libra di candele, et tale memoria se la faccia il procuratore o altro ad chi ditto
procuratore ordinnarrà»
«Cossi ancho quando escie il Crocifisso che nesciuno dei confrati ardisca pigliarlo se non ha
alcuno delli mastri non le sarrà dato, il quale mastro tenerà questo ordine. Che quelli tenerrando
li lanternuni allumati che uno se genocchia da un lato del Crucifisso, et l'altro da l'altro lato, et il
maestro in mezzo (...) e di poi se alza il maestro, et lasciato prima il bastone della croce lo dea
ad quello che lui vorrà il quale stea similmente inginocchiarsi, et lasciato prima il ditto bastone
della croce, poi lo pígliarrà. De più non se fa intendere chi [ha] dato ordine che in detta cappella
se celebra ogni primo giorno di qualsevoglia mese, et se non se potrà in ditto primo giorno, in
ogni altro che se potrà, purché nullo mese resta senza celebrare l'anniversario per le anime de
confrati morti, consore, benefattori et benefattrici della cappella et quelli in perpetuo sumptibus ditta rappella».
Dopo l'affermazione di questi contenuti ritorna in nodo insistente l'impegno che i maestri devono
manifestare nei riguardi dei capitoli, che devono essere intesi «.secondo la Santa et justa
ispirazione, affinché non se commetta peccato mortale ed attuati».
Inoltre «che li mastri siano riveriti et obediti da tutti come ad superiuri et possono punire et
levare le pene ad quelli confratri sarrando renitenti nel observare la forma di nuovi capitoli o
sarrando poco obedienti ad essi maestri in lo culto et cerimonie divine. Et ancho declarano se
metta in esecuzione lo capitolo de accompagnar il SS.mo Sacramento, et se observi quanto
ditto (...) intorno al ditto capitolo».
Poi, «del bono principio dato in far celebrare l'anniversario ogni primo giorno di mese per
l'anima di confrati morti, consore, benefattori et benefattrici della cappella che se observi et li
maestri nge steano diligenti; et cossì ancho in quella che particolarmente l'hanno lasciati ditti
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anniversari in perpetui».
Oltre questi inviti e considerazioni, si veda la
tempestività di azione che emerge da un provvedimento circa la vendita di una casa: «il denaro
pervenuto da quella non perda tempo et che se ne dea al predetto Don Gio Lonardo in fandose
le debite cautele» .
Una particolare importanza per la ricostruzione dello svolgimento storico di questa confraternita
riveste il verbale del 13 agosto del 1586: «nell'ottava della Santissima Resurrezione nella
cappella del SS.mo Sacramento sono congregati li soscritti Magnifici del goberno de la
università et fratelli de la congregazione (...) alla presenza del Magnifico Francesco Paulucci
procuratore».
Diamo un rapido sguardo alle proposte, che senz'altro lasciano comprendere la storia della
mentalità religiosa della «compagnia».
«Poiché in sino ad oggi la creazione degli officiali et maestri de la cappella del SS.mo
Sacramento et sua compagnia è stata più presto abuso che vera norma quale se dea in tutte le
cose et massimamente in quelle che spettano al decoro et servizio de Iddio et salute delle
anime. Essendone dunque per il passato gli officiali et maestri de la compagnia come di supra
creati a voce, però senza ordine poiché a ognuno era permesso il nominare ove il minor non
s'avea rispetto al
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maggior onde fatta la prima denominazione fusse pur da chi se voglia, tutto il
rimanente degli aggregati fratelli per non dar falsi dispregio agli nominati responde a bene,non
mirandose che ciò era secondo il mondo e non secondo Iddio. Dunque per toglier tanto abuso,
mal ordine et anco acciò niuno ci metta di coscienza se propone questi nuovi capitoli si per essa creatione, come anco per altre occorrenze necessarie. Poiché
informar novi capitoli, gionger o mancare si è data facoltà da Sua Santità come implorato nelle
bulle espedite da la Arciconfraternita del SS.mo Sacramento di Santa Maria sopra Minerva di
Roma, le contiene et nel capitolo de li capitoli da essa arciconfraternita se legge et nel capitolo
secondo de li nostri primi capitoli firmati Monsignore
illustrissimo Massimiliano Palombara arcivescovo di Benevento.
Per questo se così parerà a le carità vostre s'ordina che nel lunedì d'Albis di gualsevoglia anno,
o vero per tutto il di del ottavo di pasca di resurretione da non preterirse dagli officiali et in per
tempo sarando se faccia intendere a tutti fratelli et sorelle nel tal di si ragunano nella chiesa o
quanti se ne potrando et così raunati nella cappella del SS.mo Sacramento se faccia celebrar la
messa del spirito Santo et quella finita se canti Veni Sancte Spiritus etc., ove anco
sia invitato il governo del università per la creatione del procuratore se vurrà intervenire come
nel capitolo vigesimo terzo di nostri primi capitoli se contiene, et si farà in guesto modo verbale.
Et cosi ragunati insieme tutti li fratelli et sorelle o guanti ce ne sarando presenti il procuratore et
maestri dicono a li signori del governo de la università che sarando intervenuti a guesto
consiglio. Hoggi è il dì che se creano gli officiali et maestri de 1a cappella et letto il capitolo
vigesimo terzo dicono: a le signorie vostre appartiene la creatione del procuratore già havete
inteso il capitolo che di ciò tratta, fate la vostra eletione, et quella fatta se lor parrà mutar o se
forse guello se ci trova non volesse esserci più notasse detta eletione in una lista come di sotto
apparerà. E poi preghiamo anco il medesimo sacerdote sarà celebrata la messa dicendola
signori guesta compagnia hoggi ve supplica ne faccia gratia intervenir a guesta devota eletione
acciò da parte di tutta la compagnia faccia esso la elettione sua a la guale et per la guale seti in
autorità, et come persona religiosa tutti li hando confidenza acciò non ce ne sia confusione tra
confrati in proporre et ognuno nominar il suo, e se forse non volesse intervenirce sia tale
potestà authorità del Sindico o d'altri che da parte del governo de la
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università sarà presente et faccia in guesto modo verbale: Se il già detto sacerdote, o in una
sua absenza in sindico o altri de la parte del Unità vi sta per la creatione del procuratore a voce,
eliga dui altri de la compagnia di guali sarrando (...) zeloso più conto del honor de Iddio che
d'altri il procuratore dui altri; il maestro esattor, et dui altri il maestro che ha cura de la
compagnia, cerimonie et officia da celebrarnose in la cappella del SS.mo Sacramento et duella
del Michaele Arcangelo. I quali otto casi nominati se scivano o signano in otto fave, a ogni uno il
suo, guale se mescolando con un altra guantità de fave non scritte, ne signate, et tutte insieme
se reponghino in un vaso, modo di bussola, sempre mescolando ut in capitolo di creatione
officiali, venuto da la archiconfraternita del SS.mo Sacramento di Santa Maria Supra Minerva
dell'Alma città di Roma, et il medesimo sacerdote, e se no un figliolo comincerà a cavar dette
fave cosi mescolate dalla bussola a una, ponendo sempre l'una sopra l'altra finché uscirà la
fava scritta o signata, fando un monticello et poi comincia l'altro fondo pur cosa finché uscirà
l'altra fava scritta o signata et come sono otto fave scritte o signate, se ne faccino otto monticelli
che a ogniuno sia la sua fava scritta o signata et finché sarando de uscire
tutte otto, et fattone otto partite o monticelli come s'è detto davanti l'uno da l'altro se cominciano
a numerare, et sia maestro esattor, et che sarà da dar conto de le intrate
robbe di essa cappella e l'altro monticello de li rimasti have più fave degli altri sia maestro de la
compagnia, cerimonie et divini offici, et poi l'altro monticello have più fave de l'altra che
similmente sono rimasti, sia maestro del hospitale se farsi faresse a la compagnia mutarlo a
guello che ci si trova farsi non volesse esserci, et che nesciuno di detta eletione sahia da far
strepito, ne negar detta sua sorte, anzi con ogni amore accettarla come nel capitolo de nove
primi capitoli se contiene et colui fusse renitente, o ne facesse strepito come membro inutile et
renitente al servitio de Iddio et opere de la carità sia scancellato, et notato come nel capitolo de
la creatione degli officiali se lege a li capitoli supra da Roma venuti. II modo di scriversi o
signarsi delli nomi et otto fave se farà cosi, cioè che a le due fave del sacerdote a una se faccia
uno punto con una aco o suglia, e se empitro de inchiostro con una
penna a
l'altro: un altro punto et una croce. Quella de procurator a una due punti e l'altra due punti e la
croce. Quella del mastro esattor a una tre punti e l'altra tre punti e la croce. Quella del maestro
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de la
compagnia, a una quattro punti e l'altra quattro punti e la croce et acció non sia da Dio tra quelli
a li quali uscirà Ia sorte, se faccia una lista similmente signata come signate le fave. Verbi gratia
come è fatto questo anno a li tredici aprile 1586 nel ottava di pasca» (...).
Dopo questa descrizione dettagliata, delle procedure per l'elezione dei maestri e per la
distribuzione delle cariche all'interno della confraternita, il verbale contiene altre norme e
considerazioni utili a trascrivere: «occorre che si tenghi la lista fatta cosi, come se tenerro le
fave, et come quello sarà nominato se scriva cominciando ordinatamente come qui se contiene.
L'uno dopo l'altro avvertendo che se in queste otto partite o monticelli uscissero partite o
monticelli che se affrontassero queste partite solamente se tornino a bussolare finché uscirando
dispari l'una da l'altra, et poi si comincia a numerarsi et observarsi ut supra. Similmente in la
ditta giornata sia lecito a li vecchi offìciali chiamar due de le sorelle, che più atte sarando, di
bona coscienza et esemplarità e lor di voi sorelle siate da noi con il fervor de Iddio create
maestre; et superiore del altre vostre sorelle, accettate il vostro ufficio con amor per ­far cosa
grata a Iddio, et a le anime vostre, et anco alle
sorelle, dicendoli guanto importa questo loro ufficio et che debbino ammonir l'altre a camminar
per la via del Signore et proporre la strada de la salute a guelle che sono ignoranti et avviarle.
Sotto il stendardo del SS.mo Sacramento, et che maggior guadagno non si può far che drizzar
l'anime a saglir in cielo, ricordando anco l'altre sorelle a essere a guelle come lor superiori
obedienti, che cosi se farà guando toccarà loro detto ufficio, perchè così se camina per la
strada del Signore gual sommamente ama la humiltà e discaccia la superbia, legendo lo anco il
capitolo sesto et settimo de li nuovi primi capitoli, che di ciò parlano. Circa del sesto si osservi
guanto ne li nuovi primi capitoli se contiene et perciò gli già eretti maestri et officiali a li otto di
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maggio prima cominciarando il loro magistrato farandose dar le chiavi da li loro predecessori et
inventario di guanto hando maniggiato et da di loro predecessori fu consignato non fandono
preterír li quindici del già detto mese, che li novi predecessori habino integralmente allestiti et
dar loro conti et adempito guando ne li nuovi primi capitoli se comanda et vuole et precisa del
capitolo 22 insino a li 28 usando cosi quelli se forse riniterli sarando ogni riguardo conforme
anco il capitolo venuto da la archiconfraternita et supra di Roma,
senza accettioni di persona ma solamente attendose al servizio de Iddio e non per gratificarsi a
li vostri. De più se fa capitolo che le elemosine se fando gli di festivi per la ecclesia che il mastro
esattor ne altro ne tocchi ne imburza, ma se riponghino a le cascette de la balaustrata del
SS.mo Sacramento e se ne tenghi una chiave il procurator e l'altra il maestro esattor et non so
tocchino mentre dura l'annata acciò a la fine se veda colui che é stato più sollecito a la carità. Vi
è anco il capitolo sesto et settimo de li nuovi primi capitoli et anco il de li venuto da Roma
ch'ogni uno de Ii fratelli sia obediente et riverente a li lor maestri come superiori pertanto niuno
di essi fratelli presuma né ardisca far cosa senza la volontà di lor superiori, anzi con ogni
humiltà obedirli et fare quel tanto che loro et a ciascheduno di loro da quelli viene comandato, et
perciò niuno ardisca senza licenza espressa del maestro delle cerimonie se vi sarà e se no del
maestro esattor, o altro che farsi da lor parte sarà, pigliar il crucefisso, confalone, lanternuni. o
altro et colui che farà il contrario come pervertitor dell'ordine, et bono regimento anzi come
disobediente a lor sospriori, sia rìputato superbo, et malcreato, et perciò lasso da ogni voce ne
hahia (…) ne forza in detta società, anzi scrivase sotto
il suo nome quanto sarà pervertito come in detto capitolo settimo de li venuti da Roma se
contiene, et quando li maestri voglion pigliar il crocefisso, e darlo a colui vorrà, se osservi
quanto di sopra di ciò se contiene et così anco nel accompagnar del SS.mo Sacramento con le
vesti bianche vide supra scripto et perciò ogni uno sia sollecito in eseguir dette cerimonie, et
altre non far andar né avanti né al lato del palio salvo che li vestiti et quelli che portano le
intorce similmente che vadino appresso, che preghino li maestri [che] accompagnerando un
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tanto Signore che vadano col capo discoperto et in lungo di ragionamenti che fandono orationi e
nò conti; e se appresso di signori temporali et mortali se osserva (...) et modestia, tanto più si
deve con il Signore dei Signori et fattor del tutto, et il maestro esattor non sia parco ma
liberalissimo in comprar torce per onoratamente accompagnar il SS.mo Sacramento et ancho in
comprar candele anzi candelotti bianchi per servizio de la cappella del SS.mo Sacramento et di
quella di S. Arcangelo Michaele, et che s`heano solleciti in far celebrar le messe et altri divini
officii in dette cappelle. Che il sabato della terza domenica il maestro de le cerimonie acconcia
guanto meglio può la cappella del SS.mo Sacramento per haverse la matina in quella da
celebrar la messa, et portarse il SS.mo Sacramento per la chiesa in processione (...)».
Questa lunga trascrizione del verbale permette di individuare alcune caratteristiche peculiari,
delle confraternite della controriforma, l'ispirazione della devozione, l'importanza della forma
che diventa sostanza, il rilievo dato all'obbedienza, all'autorità, all'ordine, al decoro, all'onore e
al servizio. Tutto un patrimonio ideale è riflesso in queste norme su elencate ed elaborate
all'interno dell'ambiente religioso e culturale.
Un'attenzione particolare va posta alla riforma dello statuto che rispecchia un rinnovato
impegno di carattere assistenziale e nello stesso tempo un modo diverso più aderente al
vangelo del mondo confraternale. Le gestioni patrimoniali, i meccanismi di governo, il
riferimento costante ai capitoli, la struttura genarchizzata sono tutte componenti essenziali di
questo sodalizio. Nell'articolazione dei fratelli, dei loro rapporti entra con autorità e conferendo
prestigio alla confraternita la figura del marchese. Se leggiamo il verbale del 19 aprile 1588
notiamo in prima linea «l'illustrissimo Signore Marchese PauloPoderico, lo
illustrissimo signore fra Giò Luisi Pudirico e li magnifici sindico e eletti» . «E' stato supplicato
l'illustrissimo Signore Ottavio Puderico
come vero cristiano che volesse per beneficio di questa venerabile cappella acceptare questo
peso per amore di dio de essere [procuratore] de detta cappella del quale con bonissimo animo
zeloso dell'amore di idío l'have acceptato e per che si ritrova male disposto nel letto ne ha
possuto corporalmente intervenirge ha dato parola all'illustrissimo signor marchese che sua
signoria da parte sua dea parola». Anche nella riunione del 3 aprile 1589 i mastri confidan
o nella
«
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bontà del signor Ottavio Poderico come bon cristiano et che mai sparagnò fatica per servitio
de Iddio benedetto umilmente parlandono lo con firmano procurator» .
Questa nobile e antica famiglia Poderico conferisce alla confraternita prestigio e sostentamento
economico. Sotto quest'ultimo profilo il sodalizio in questione si avvale di donazioni, di lasciti
testamentari. Ovviamente gran parte di questo patrimonio viene distribuito ai bisognosi. Inoltre
la presenza della suddetta famiglia si spiega col fatto che la struttura associativa confraternale
aveva bisogno per
mantenersi in vita di persone dotate di capacità amministrativa e di specchíata onestà.
Il giorno del Corpus Domini nella cappella del SS.mo Sacramento della chiesa maggiore di
Montefalcione alla presenza del
«Sindico et eletti et conratrii e
clero»
dopo le cerimonie religiose
si effettuava la
busciolata: fr
a dieci nominativi di zitelle povere del paese presentate, si estraevano tramite cartelle, a sorte
due bisognose che venivano beneficiate della dote messa a disposizione dalla confraternita. Al
riguardo é opportuno trascrivere il verbale che vede la sorte cadere su due miserabili: 15
maggio 1530 «si
sono notate dieci zitelle in dieci cartelle e quelle posteriori dentro una berretta copegna e dieci
altre cartelle, cioè otto bianche e due dove era scritto beneficiata.
si
pongono dentro un'altra berretta seu coppola copegna, quelle bene immischiate e dopo pigliate
ad una ad una per mano d'uno figliolo piccolo, figlio di Minico di Gratiano (…) e
chiamato é uscita la sorte e cartella beneficiata una a Giannella di Mastro Iorio e l'altra sorte e
cartella beneficiata a (...) Scancamarro» .
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C'è da vedere adesso quanto la stabilità di questa struttura confraternale è durata e quanti
traumi notevoli ha sopportato di fronte alle mutazioni di mentalità, di strutture economiche e di
potere. La sequenza dei verbali fino al 1835, tranne alcune interruzioni come quella dal 1694 al
1727, testimonia la vitalità di questa forma associativa, che individua nella
busciolata
un sistema di soccorso in favore di chi vive una situazione di marginalità sociale ed economica.
Altra spia essenziale per ricostruire il percorso plurisecolare di queste strutture religiose sono le
visite pastorali dove gli arcivescovi di turno esaminano lo stato delle confraternite registrando
l'evoluzione, l'involuzione, l'incremento, il decremento annuale dei confrati. C'è anche tra gli
arcivescovi chi non si ferma al solo fatto numerico e coglie come l'Orsini nel 1716 che non
corrisponde al numero materiale lo spirituale profitto dei medesimi. Lo sguardo delle suddette
autorità inoltre ispeziona anche le
robbe
le suppellettili e
lo status
economico. Oltre i contenuti delle diverse assemblee già menzionate, per una ricostruzione
della
storia di questa confraternita sono utili anche i dati fornitaci dal «Libro della venerabile cappella
seu confraternita del SS.mo Corpo di Cristo»
dove vi sono le
«entrate e rendite (...) con li conti dell'amministrazione degli econimi incominciata dall 'anno
1689 a1 171 7» .
Questo libro che è conservato nell'archivio della locale chiesa madre, è utile per verificare
l'impegno del mondo confraternale e l'azione restaurativa dell'Orsini. Esso registra. dal 1689 al
1717
beni stabili, censi di maritaggi, di territori e spese varie. Minuziosa è la trascrizione dei conti. C'è
il denaro impiegato per celebrazione di messe, per
«il sagrestano, per la lampada del Santissimo, per l'economo per essere andato alla Tripalda
per comperare la cera, per compera della cassetta seu sepolcrino per lo giovedì santo, per
carta, oglio, chiodi, Iumi di creta ed altro per lo sepolcro».
Tra le altre cose, questo libro, consente di cogliere l'importanza attribuita al dipinto come
strumento di diffusione del religioso in una realtà di analfabetismo diffuso e generalizzato: la
Bibbia dei poveri.
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L'11 marzo 1692 è annotato il denaro «alli sfossamorti per annettare due sepolture e la paga ai
fabbricatori per rifabbricare due fosse» .
Il 13 marzo 1692 risulta la spesa per «tela e
pezzillo, filo e cositura d'una tovaglia nova fatta all'altare dell'Angelo» . L'esito del 28 maggio
1694 segnala il denaro impiegato «per carità secreta» .
Il 10 ottobre 1696 riporta l'offerta a «diversi mendichi per bollettini del S. Arciprete» .
L'11 ottobre 1696 si riporta la spesa per la «pittura del gradino dell'altare e indoratura della
custodia» .
Del 5 luglio 1698 è la trascrizione delle lire per «rata della sottana fatta per limosina al signor
Don Carlo dei Guercio con ordine dell'Em. Arcivescovo» .
Il 18 agosto 1700 si segna quanto è occorso per «pittura del quadro grande alla crociera» e
cioè «per tela, cucitura e filo, telari, macinatura di creta, piatti, colori, olio di lino, di noce,
condottura di dette robbe da Napoli; centrelle (...) tre banchetti allo pittore, il grano al pittore,
l'affitto di letto al maestro per mesi tre; la legna e il vino, barili due al detto e poi contanti al
medesimo; e infìne componitura di detto quadro nella suffitta». Nell'esìto dell'8 luglio 1702
risulta pagato un «maestro stuccatore» .
Nel conto del 18 luglio 1702 è trascritta la «compera di un libro bianco per annotarvi i fratelli e la
spesa per una mascatura per la cassa delle vesti dei fratelli».
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Sempre del 18 luglio 1702 è la
«Iimosina allo spedale in detta terra per l'anno santo»
.
Nell'esito del 20 agosto 1703 il denaro «alla Iavandare per lavata de sacchi della confraternita
e sapone».
Tra i conti del 4 aprile 1704 è annotata la «compera di carta per lo libro delle mancanze de
fratelli».
In questo conto è riportato anche l'aspetto
assistenziale del mondo confraternale che è evidenziato nella
«carità fatta ad ebrei venuti alla santa fede»
.
Il 10 aprile 1705 è annotata la spesa al pittore D'Angelis «per imbrunìtura dell'altare maggiore e
accomodo del frego della soffitta
.
Il 27 giugno 1706 è retribuito Gio Andrea Bosco «per la pittura fatta nell'armadio de piviale (...)
e del palliotto e nicchio del Rosario, così anche Domenico Celentano ha pitturato tutto l'altare
maggiore e Jacopo D'Angelis per gli altari e ritoccatura del fregio del suffitto ed imbrunitura
delle mazze de lanternuni e baldacchino». Sempre del 27 giugno
1706 è la spesa a «un economo per annettare attorno alla chiesa» Da uomo pratico l'Orsini
sapeva che la
«copritura» la
soffitta erano momenti essenziali della ricostruzione e della conservazione degli edifici sacri.
Ecco perché il
«maestro d'ascia»
deve spianare le tavole del soffitto della cappella, un
«corriero»
è mandato nella cava a chiamare i muratori; occorre
«risarcire», «biancheggiare».
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A Gregorio Ciampi spetta curare «li pertuggi» e «gli anditi». Non manca chi si dedica «alla
tagliatura di
travicella seu viscigli».
Per l'Orsini la pulizia era essenziale. Sempre il 27 giugno del 1706 alcune donne vengono
pagate
«per giornate sedici perché hanno condotto acqua,
calce, pietre per la fabbrica della cappella dell'Angelo,
mentre lo scalpellino per spianatura ed arrotatura dell'altare
maggiore e tasselli. Maestro Domenico Ardolino scarpellino del
1706 ha
il compenso per il gradino dell'altare del nome di Dio
e posto dal medesimo dalla Torre in Montefalcione» .
Nei conti del 19 maggio 1708 si registra di nuovo il denaro dato al pittore Bosco per «accomodo
del fregio della soffitta».
Maestro Berardino Galasso è dedito invece alla
«allustratura della balaustrata dell'altare Maggiore».
Dal conto del 17 giugno 1709 c'è «la compera di chinchi n. 62 e condotta di essi dalla Torre
delle Nocelle e un accomodo del grado nel mezzo della chiesa>>
E' un fervore di opere, si fittano letti a muratori, falegnami, scalpellini, pittori. Vengono pagati i
«secatori che tagliarono li castagni per il tetto della chiesa, cioè per rinnovazione di detto tetto».
Inoltre Orsini circa la pittura si rifà ai decreti del Concilio Tridentino e sprona ad eseguire buoni
lavori e mette in guardia i parroci, gli amministratori delle confraternite da chi è inesperto
dall'arte del dipingere, altrimenti pagheranno di proprio ciò che tanto male hanno speso. L'esito
del 23 maggio 1711 riporta una «Iimosina segreta fatta per ordine dell'Em. Arcivescovo ai padri
di S. Giorgio e a padri delle scuole pie di Benevento» .Il 14
mar
zo 1714 un'altra offerta ai padri cappuccini e alle monache di Celenza.
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Il 14 giugno 1712 il denaro «per lo riscatto di uno schiavo per ordine dell'Em. Arcivescovo».
L'esito del 25 gennaio 1717 segnala un «accomodo del quadro del paradiso terrestre», e riporta
una spesa che manifesta accortezza nei riguardi del sacro
«è pagato un uomo
che guardó intorno la chiesa quando fu scolpita la ferrata della fenestra della sagrestia>>. Altre
quantità di denaro sono utilizzate per la confraternita. Si comprano << quattro lanternini con
bastoni torniti ed imbruniti per associare il viatico agli infermi>>.
C'è poi anche il libro dei conti dell'annue entrate e rendite della Venerabile Cappella e
Confraternita del SS.mo Corpo di Cristo esistente nell'archivio della chiesa madre di
Montefalcione dal 1717 al 1743 che getta una nuova luce sull'azione del mondo confraternale
per la varietà degli interventi sul tessuto comunitario. Infatti questo mondo confraternale a
Montefalcione ebbe notevoli effetti sul tessuto sociale, svolse un'azione assistenziale
concorrenziale nei confronti delle istituzioni pubbliche ed ecclesiastiche su cui tradizionalmente
ricadeva l'impegno di tutelare e assistere i poveri e i sofferenti; la gamma d'interventi, talora
notevolmente specializzati che le confraternite seppero esplicare nel campo della carità e
dell'assistenza, dalla distribuzione del denaro ai poveri, alle sovvenzioni allo
hospitale,
dal monte di pietà al monte frumentario alla dotazione per zitelle all'ospitalità ai pellegrini. Non
marginale fu l'apporto offerto dalle confraternite alle ricostruzioni post‑sismiche e alla
manutenzione. delle chiese.
Tra le spese è opportuno sottolineare l'importanza che anche la confraternita in questione
attribuiva all'offerta votiva in cera, che si legava a motivazioni pratiche come l'illuminazione del
luogo ma anche a simbolismi liturgico­religiosi. Nel suddetto libro infatti si legge che «Carlo
Inatosca legò a beneficio della cappella del Corpus Xristi una libra di cera in ogni anno da
pagarsi dall'eredi che sono Giuseppe e Carmine Baldassarre e Giuseppe Migliolo. Il quondam
Antonio Girone legò a beneficio della suddetta cappella un'altra libra di cera da accendersi
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sull'altare nel giorno del Corpus Domini, da pagarsi dall'eredi e che è inclusa nelli carlini otto
che pagano ogni anno» .
Come già abbiamo detto dalla lettura dei libro si evince l'impegno concreto di questa
confraternita per le ricostruzioni delle chiese. Il 2 febbraio 1718 viene pagato il «mastro
muratore per fare l'anitro per lisciare il quadro sopra l'altare maggiore, si compera un cuofano
per cavar l'arena, si accomoda un sicchione, 230 mattoni sono posti avanti l'altare maggiore e si
paga la condottura delle medesime da Santo Marco».
Tra gli addetti ai lavori anche la presenza femminile «si
paga la donna che scopa la chiesa».
Mastro Berardino Vecchione è retribuito <<per aver rifatta la
romanella
>>.
Il conto del 12 marzo 1719 registra la somma di denaro dato al «muratore con due discepoli in
accomodare la romanella sconquassata dal vento e coprire il tetto sopra la cappella».
Si pagano
«tre femine per conduttura d'acqua ed arena», ci
sono anche le spese
«per porto n. 200 canaloni»; «al falegname per tintura de cancelli, pradella ed altro». «Al
muratore Giò Ciarfera e discepolo per sue diete vacate, imporre in calce coppi sopra il tetto del
coro».
Altre spese
«per compera di 25 imbrici, per calce, arena, acqua per lavatura de cancelli dell'altare
maggiore, per lo spurgo dietro la chiesa; per la scomponitura e componitura dell'intero tetto
delle due navi laterali della chiesa (...) e delle sei cappelle sfondate, delle due cappelloni e delle
quattro sagrestie. Da S. Marco vengono trasportati 600 coppi» .
Il 5 marzo 1720 si paga anche lo «stuccatore per risarcimento di fissure ed altro nel coro dì
detta chiesa».
Sempre in questa data si registrano la «comper
a di tela, di sacchi cò loro cappucci, cioè tela, cordoni seu cingoli n. 24, filo e cucitura de
medesimi». Si
segnala anche del denaro dato
«per la redenzione del cattivo Giuseppe Iosandi da Montesarchio» .
Del 6 aprile 1721 è il costoso «appalto delli tetti al muratore, la riparazione del tetto sovra il
coro detto il paradiso».
Viene trascritto nel medesimo
annotamento anche il denaro consegnato al
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«muratore Giuseppe Giovino per appalto,al pittore per restaurazione
alla pittura del soffitto, al falegname berardino Galasso per la nicchia del S. Rosario seu
armario di legname, e al pittore per la dipintura di detto armario».
Vien
e anche pagato il falegname Stefano Rapa per
<<accomodo dello armario e il signor Domenico Ardolino per la Fonte dell'acqua lustrale di
pietra mischia della torre, con rata del porto della medesima dalla Torre».
Retribuíte le spese delle
«pietre lavorate per lo pavimento de cancelli del presbiterio».
Pagata anche la
«rata del pavimento di lastrico fatto avanti la sagrestia seconda, dalla porta di detta sagrestia
fino allo primo arco».
Risulta remunerato inoltre il.
«muratore per dar di bianco alla chiesa dell'Angelo».
Sempre nella stessa data è riportato il conto per la
«compera di 28 mozzette co suoi finimenti di seta»;
inoltre si segnala la
«compera dello stendardo di damasco bianco co suoi finimenti di seta rossa, asta, croce e
tenuta di ferro e veste».
Ancora nel medesimo conto la spesa per
«Io pannetto retano per lo croceflsso professionale di BoccasoIe bianco co suoi finimenti di
seta>>. Registrato anche il denaro impiegato per <<passi a roana per dette robbe e per ii porto
di tutte le suddette robbe da Napoli>> e quello per <<accomodo di lanternini con 28 vetri>>.
Tra i conti del 15 marzo 1722 è il denaro speso Pier «sconporre, ricomporre ed alzare il tetto
gobato sovra il paradiso dell'altare maggiore, fattura dell'intavolata e polverino al muratore
Giuseppe Ippolito per appalto fuora de materiali».
Nella stessa data risulta pagata la
«rattoppattura de sacchi della confraternita, tela e filo bianco». In questo notamento c'è anche
una «rata del libro titolo Sermoni del P. Maestro Barleta»
.
Non possiamo tralasciare la segnalazione del denaro consumato in modo specifico per la
confraternita; tali spese evidenziano la cura che i fratelli avevano e il valore che essi affidavano
a queste materialità come segni di simbolismi religiosi e sociali.
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Il 6 maggio 1723 riporta le spese «per una vitriata nuova» al «pintore per le sue fatiche in
rinfrescar le pitture, al murator per assistere a detto pintore e stuccatore».
Inoltre abbiamo le spese per
«compra di cana 11/3 di tavole per accomodare l'organo»;
si annota anche
<<una limosina per riscatto di uno schiavo>>.
Il 2 aprile 1726 abbiamo i conti «per la indoratura della Pisside et compera di 3 lanternoni>. Si r
iporta anche il denaro offerto dalla confraternita per
«conduttura del grano del Monte Frumentario venuto da Benevento» .
Dietro queste notazioni si legge anche la. precaria situazione economica in cui versa la maggior
parte della popolazione montefalcionese; e in questo contesto economico­sociale il mondo
confraternale svolge un suo ruolo. Del 22 aprile 1728 è la spesa per «accomodo della croce
d'argento, fattovi un pezzo d'argento nuovo e ferro nuovo per accomodo della vetriata. Si
accomodano 4 lanternoni, si compera una cintola per portare lo stendardo e si provvede
nello
aggiustamento della vita d'ottone nella croce dello stendardo.
Tra il denaro consumato nel notamento del 26 marzo 1729 c'è quello per «risarcimenti de
camisi de confrati, per
bastuni,
nel medesimo n. 6 sovradorati con lor pometti (...) per compera di un velo umoraIe e velo da
calice di lana d'oro (...) per trine d'argento, per cucitura de medesimi (...) per spesa e porto delle
suddette robbe da Napoli».
Inoltre si registra il denaro
«per compera di
scatola,
carte, fune ed
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altro servite per conservare dette robbe>>.
Il 9 giugno del 1729 di nuovo si paga un «accomodo di altri lanternoni vecchi in due volte con
compera de due lanternoni» .
Non ci stancheremo mai di insistere sull'aspetto assistenziale, per i maritaggi pagati come
risulta dal conto del 17 marzo 1730 alla vergine Mafalda di Giovanni, ad Anna Rapa, Anna
Ciarfera, Caterina Vita. Sempre nella stessa data si segnala la
«compera di una cana e mezza di tela per quattro cappucci (...) per cucitura dei medesimi; un
nuovo campanello per Dottrina e la rata della nuova campana della chiesa arcipretale» .
Il 23 settembre 1732 sono riportati anche i soldi per maritaggio alla «Vergine Brigida Ciampo» .
Nell'esito del 17 gennaio 1733 si registra una <<limosina a quelli di S. Giorgo de Dio e
all'orfane del S. Annunziata di Benevento» .
Scorrendo la nota del17 maggío 1733 si legge la spesa per «filo ed accomodo fatte a sacche
de confrati, per compera di 72 ciappe di ottone servite per i sacchi de confrati>>.
Tra le spese del 1 gennaio 1736 risulta un contributo
«per la fabrica del nuovo spedale della Misericordia di Napoli» .
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Del 26 settembre 1739 segnaliamo «la limosina ad un cieco, ad un cavaliere e ad un povero
pellegrino» .
Il 7 giugno 1741 si trascrivano le spese al «giurato della corte per costringere i debitori di essa
cappella». Ancora viene annotata la «compera de venti mortaretti per fare lo sparo nelle
festività solenni d'ogni cappella e il denaro consumato per accomodo della serratura del stipo
per conservarvi li mortaretti». C'è
anche l'impiego di una
somma
«per compera di
libre trent'una di cera e mezza per dette messe, ed anniversari a riguardo della gran infermità fu
indetta terra, per qual causa spesse volte usciva il Venerabile».
Come possiamo vedere non è trascurato l'aspetto caritativo di questa struttura assocíativa; c'è
l'offerta
«ad
un
monaco greco, a diversi pellegrini, al padre di Gierusalemme».
Una somma
per carità
«ad un pellegrino venuto alla Santa Fede; allo spedale di S. Diodato di Benevento e alle scuole
Pie di Benevento».
Ancora c'è la spesa per il «Rev. D. Ciriaco Meoli organista per accomodare l'organo. II denaro
impiegato per l 'istruzione al maestro di scuola Sígnor archivista
Metropolitano per llgatura de torni delle scritture di questa cappella indici rinnovati in essi e allo
scribba del libretto di questi conti» .
Nel conto del 1 gennaio 1743 leggiamo «bonificato allo economo per la selva di Giuseppe
Rapa, il quale se n'è fuggito per debiti» .
Tutta questa operosità del mondo confraternale incomincia a declinare verso la metà del XVIII
secolo, prima del turbine napoleonico è già boccheggiante. Uno statuto del 20 febbraio 1793
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della congregazione del SS.mo Corpo di Cristo e Monte dei Morti (quest'ultíma eretta sotto gli
auspici di S. Antonio, della Vergine Immacolata e del SS.mo Corpo di Cristo) unite insieme
evidenzia i mutamenti avvenuti rispetto alla normativa precedente e il controllo del potere
borbonico sul mondo confraternale per cui le associazioni dovranno ottenere il cosiddetto «reale
assenso». Ecco in sintesi ciò che il priore e fratelli della congregazione del SS.mo Corpo di
Cristo e Monte dei Morti unite insieme il 20 febbraio 1793 nella terra di Montefalcíone
espongono al re:
«come per il buon
governo e regolamento della medesima hanno formato alcuni capitoli di regole e affinché guelli
habbiano l'intera loro esecuzione ne ricorrono dalla
M. V.
e l’implorano comandare
che s'interponga il Vostro Reale Assenso, tanto su li suddetti capitoli regole, quanto sulla
fondazione della medesima congregazione» .
Nei primi due capitoli si segnala che la congregazione deve «avere un Padre Spirituale da
eligersi dalli fratelli con maggioranza di voti segreti e che sia approvato dall'ordinario. II
medesimo far debba tutto ciò che riguarda la nuda e semplice Spiritualità della congregazione
senza punto ingerirsi nella temporalità della medesima, e sia ad nutum de' fratelli ammovibile» .
Nel terzo capitolo si afferma che: «la congregazione deve essere governata da un Priore e due
assistenti che avranno cura degli interessi della medesima, ed invigileranno sull'osservanza
delle presenti Regole; «e questi si eligeranno la prima domenica di novembre in ogni anno per
voti segreti di tutti i confratelli congregati, i quali siccome dovranno essere i più abili e capaci
per tale disimpegno, così vengono esclusi affatto i contumaci, e fossero tali per ragion di paga,
o per ragion di assistenza, perché privi di voce attiva e passiva».
Qundi l'elezione del priore deve farsi nella seguente maniera:
«Primieramente si farà dal segretario il notamento dei fratelli tutti congregati che dar possono il
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voto; indi la Banca nominerà 3 fratelli capaci a sostenere la carica di priore, e dopo che saranno
pigliati i voti segreti, quello de' nominati che avrà la maggioranza de' voti, (intendendosi per
maggioranza uno più della metà) resterà eletto priore. E della stessa maniera si farà l'elezione
del 1° e del 2° Assistente; e questo istesso si osserverà per il Padre Spirituale e Procuratore. I
nuovi priori ed assistenti eligeranno immediatamente il Maestro dei Novizi, due segretari e due
portinai, e niuno potrà ricusare l'impiego a cui sarà destinato, altrimenti pagarà libre due di cera
a beneficio della Congregazione (. . . )» .
Il capitolo IV recita che la congregazione deve avere una cassa con tre distinte e diverse chiavi
ove si dovranno deporre «li denari e scritture attinenti a ditta Congregazione, e le ditte chiavi
debbono stare nella mano dei Priore una, l'altra in mano del 1° assistente, e la terza in mano
del procuratore, ossia del Tesoriere con dover dar conto in fine dell'anno di loro
amministrazione» .
Capitolo V: il «Segretario abbia due libri, uno per notarsi i fratelli della Congregazione, e l 'altro
per registrarsi le determìnazioni che si faranno nella medesima» .
Capitolo VI: «I portinari nell’ora della recita del SS.mo Rosario debbano assistere alla porta
dell'oratorio; e non far entrare in Congregazione veruna persona esterna senza licenza del
priore ma solamente i fratelli» .
Il capitolo VII evidenzía i requisiti essenziali per chi voglia entrare a far parte di questa
associazione «volendo alcuno essere aggregato a questa congregazione faccia della richiesta
al Priore, il quale conoscendolo idoneo, e dell'età non meno di dieci anni, e di buoni costumi
colla maggioranza de voti, se si debba accettare o ricusare, ed
ammesso si metterà sotto la direzione del maestro de Novizi per essere istruito nella dottrina
cristiana, e negli altri esercizi di pietà, e dopo mesi sei purchè dal Maestro de Novizii se ne
abbia buona relazione e vi concorra la maggioranza de' voti dei fratelli godenti, si ammetterà
colle debite cerimonie al numero de' fratelli, con corrispondere una libra di cera e carlini dieci
per l'entratura» .
Il capitolo VIII prescrive che in «tutte le domeniche e festività dell'anno solenni, i congregati
debbono intervenire la mattina al segno di campana nell'oratorio per recitare il SS.mo Rosario;
precedenti le dovute licenze dovrà darsi in detta congregazione l'esposizione del SS.mo
Sacramento chiamate le quarantore che si farà colla maggiore pietà e divozione che conviene.
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Debbono parimenti i fratelli della congregazione assistere specialmente nella festa della
Concezione di Maria Vergine con vero spirito e divozione, confessarsi e comunicarsi. Debbono
accompagnare il cadavere di ogni fratello morto della Congregazione nella rispettiva sepoltura
dove avrà disposto che fusse il suo cadavere portato, e da quei. fratelli che anderanno
all'accompagnamento del medesimo si reciterà un Rosario di 15 poste, e nella prima domenica
dopo seguita la morte di ciaschedun fratello, debbasi recitare nell’oratorio il detto Rosario di 15
poste in suffragio del defunto fratello>>.
Capitolo IX: <<che il procuratore ossia tesoriere debba introitare tutte le rendite della
congregazione; ma occorrendo spesa, non debba farla senza l'intelligenza del Priore ed
Assistenti, qualora sarà di carlini trenta, e oltrepassando tale somma se ne dovrà fare
determinazione verbale dalla congregazione; e degli amministratori si debba in fine dell'anno
dare conti a due razionali eletti con maggioranza de' voti>> .
Capitolo X: «quando si eligeranno i nuovi segretari, dal fratello segretario si farà l’inventario
delle robbe che loro si consegneranno coll’obbligo di restituirli in ogni mancanza>>.
Il capitolo XI aggiunge: «nell'oratorlo vi sia perfetto silenzio, e nel proporsi cosa necessaria sia
lecito solo al priore ed in assenza, alli assistenti con essere il primo preferito al secondo» .
Nel capitolo XII si dice: «deve ogni fratello frequentare spesso SS.mi Sacramenti; debbansi
l'uno con l'altro amare nel Signore, fuggire questioni e sgandali, le bestemmie, i giuochi illeciti e
di vino; difettando qualche fratello e giungendo all'orecchio del Priore, questi sigretamente li
corrigga, ed ammonisca, affinché in avvenire si astenga da detti difetti, e non emendandosi, si
dia in congregazione una discreta mortificazione; ed essendo ostinato possa essere cancellato
dall'albo degli altri fratelli» .
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Ancora il capitolo XIII: «in ogni anno, dopo la commemorazione de' morti nel primo giorno
festivo, debbasi nella congregazione celebrare l'anniversario in suffragio di tutti i fratelli defunti»
.
Il capitolo XIV: «debbasi da due fratelli i più probi eletti dal priore ed assistenti aver cura di
andar visitando i fratelli infermi, e ritrovando taluni di essi in miseria e povertà,
riferirlo in piena congregazione per somministrargli qualche sollievo. Debbono parimenti detti
due fratelli aver cura di accordare le differenze che forse potranno tra i fratelli insorgere per
evitare i litigi ed odii, e per conseguenza i disordini che potrebbero nascere».
Capitolo XV: «E per ultimo ogni 1^ domenica di mese in pubblica congregazione debba
leggersi il libro de' fratelli congregati, per sapersi il numero de' fratelli presenti e quali siano i
contumaci; e sarà bene ogni giorno di domenica si legga un capitolo delle presenti regole le
quali son dirette al buon governo e regolamento della suddetta congregazione». L
a lettura di questi capitoli conserva intatta la struttura
mentale religiosa che ha animato il mondo confraternale tradizionale; soltanto i nuovi
eventi storici, con le mutazioni degli equilibri di potere modificheranno e ostacoleranno
l'associazionismo cristiano. Per l'Italia gli anni 1860‑61 sono una data fondamentale nella
politica ecclesiastica, segnano la fine della collaborazione tra Stato e Chiesa; per lo stato
liberale i nemici non sono più i borboni, ma la chiesa di cui si temono le rivendicazioni. Questo
spiega il clima di sospetto, di diffidenza nei riguardi dei cattolici e il controllo delle attività
clericali. E’ pur vero che l’applicazione delle norme relative ai beni ecclesiastici registra
incertezze e ritardi.
In data 10 aprile 1891 il consiglio comunale di Montefalcione cosi delibera: «Ritenuto che non
ha quasi i beni di cui godevano i sacerdoti di questo comune che sono passati al demanio dello
stato a norma delle leggi 7 luglio 1866 e 19 agosto 1867 relative alla soppressione delle
corporazioni religiose e liquidazione dell'asse ecclesiastico, considerato che a termine di dette
leggi i beni medesimi debbono attribuirsi a Municipi dove gli enti morali percepiti hanno il
domicilio e dove adempiono le loro funzioni. Ritenuto altresì che se è vero che le istanze da
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parte dei Municipi devono essere fatte entro 5 anni dalla pubblicazione delle leggi suddette, da
altra parte non può quest'amministrazione ritenersi carente di (...), specialmente quando
considera che la presa di possesso dei beni si è verificata solo in parte pochi mesi addietro,
beni di cui si ignorava se fossero soppremibili. Considerato che se la legge dispone che i
Municipi entrano in possesso dei beni soltanto dopo il decorso di tutti i singoli percepienti la
pensione relativa, è pur vero che tale disposizione è soltanto applicabile quando i già
goduti dei beni suddetti costituiscono un Ente Morale riconosciuto dalla legge, qualità a
esistenza giuridica che manca ai sacerdoti di questo comune non essendo mai stati riconosciuti
né dal potere civile, né dal potere ecclesiastico avendo gli stessi goduti di beni passati al demanio abusivamente e senza titolo.
Delibera ad unanimità di far voti al Ministero competente perché i beni come innanzi passati al
demanio dello stato a norma delle disposizioni contenute nelle leggi 7 luglio 1866 e 19 agosto
1867, vengono attribuite a guesta amministrazione» .
Questo documento evidenzia in piccolo il rapporto Stato‑Chiesa individualizzato in una realtà
locale come quella montefalcionese, che risente dei cambiamenti complessivi nazionali. Le
strutture associative cristiane nel secondo 800 respirano questa mutata situazione permeata da
uno spiccato anticlericalismo. Ma il_. mondo confraternale ormai radicato nella tradizione
secolare, anche se boccheggiante riesce ad emergere. Nel 1873 per cura del priore Giuseppe
Pagliuca fu Antonio, furono stampate conforme all'originale esistente in archivio le «Regole
della. congregazione laicale del Monte dei "Morti della terra di Montefalcione, eretta sotto gli
auspici di S. Antonio, della Vergine Immacolata e del SS. Mo Corpo di Cristo>>.
Lo sviluppo della devozione per le anime del purgatorio avvenuta nei secoli XVII‑XVIII come si nota ha lasciato profonde tracce.
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