TITOLI DI CREDITO E MEZZI DI PAGAMENTO Dott.ssa M. Laura Pavone [P_1. Caratteristiche generali e funzione dei titoli di credito] Il titolo di credito costituisce uno strumento predisposto dal legislatore1 al fine di eliminare gli inconvenienti che possono ricorrere avuto riguardo alla cessione ordinaria dei crediti2, disciplinata dagli artt. 1262 e ss. del codice civile, e così agevolare e velocizzare la mobilizzazione della ricchezza. La funzione svolta dai titoli di credito nell’economia moderna è, dunque, di notevole rilievo. Chi acquista secondo le regole ordinarie un credito assume, normalmente, il rischio che il cedente non sia titolare del credito ceduto e che il debitore possa sottrarsi legittimamente al pagamento del debito per varie ragioni (perché, per esempio, il credito è prescritto o perché il debitore è a sua volta creditore di una somma uguale o superiore). Se invece il credito è “incorporato” in un titolo (documento) qualificabile come titolo di credito, questi rischi si riducono notevolmente: l’acquirente del documento in cui è incorporato il credito, infatti, se in buona fede, acquista, per effetto del possesso del documento, un diritto autonomo rispetto al precedente titolare, per cui non subirà alcun pregiudizio dalla mancanza di titolarità del cedente o dall’esistenza di diritti altrui a lui ignoti; inoltre al possessore del titolo, per ottenere la prestazione del debitore, basterà esibire a questi il documento, senza dover fornire altra prova dell’acquisto e senza altra formalità di notifica, mentre il debitore in base a un titolo di credito può legittimamente rifiutare il pagamento solo per ragioni che risultino dal titolo stesso. Il titolo di credito può pertanto definirsi come il documento formale che incorpora il diritto di credito nello stesso indicato3. Da quanto osservato emergono già delineati quelli che sono i principi fondamentali che regolano la disciplina dei titoli di credito. Per essere tale il titolo di credito deve essere caratterizzato dal principio della letteralità, come statuito dall’art. 1993 c.c, a norma del quale è il testo del titolo che, individuando, come sopra accennato, il contenuto del diritto di credito incorporato nel titolo stesso, limita le eccezioni opponibili dal debitore al soggetto che richiede l’adempimento. Da ciò si evince che il titolare del titolo non può pretendere una prestazione diversa o più ampia di quella risultante dal documento ed il debitore non può eseguire una prestazione diversa o più ristretta, né tanto meno disconoscere le obbligazioni inserite nel titolo. Si suole distinguere titoli di credito a letteralità diretta (ad es: la cambiale), nei quali l’indicazione del contenuto del diritto incorporato nel titolo deve desumersi integralmente ed esclusivamente dalla lettera del titolo stesso, e titoli di credito a letteralità indiretta (ad es: l’azione di società), nei quali i dati esposti nel titolo trovano completamento in altri documenti richiamati nel titolo stesso. 1 La disciplina dei titoli di credito è collocata nel codice civile alla fine del libro IV, “delle obbligazioni”, come titolo V. Sul punto cfr. LIBONATI, Titoli di credito e strumenti finanziari, Milano, 1999 “Il codice civile del 1942 ha profondamente mutato il contesto normativo che si occupa dei titoli di credito: prima, nè il codice civile del 1882, né le leggi speciali dettavano una disciplina generale dei titoli di credito, che doveva desumersi allora dalla disciplina speciale corrente della cambiale, tramite la elaborazione di un concetto e di una serie di regole che si assumevano comuni e caratterizzanti tutte le figure dei titoli di credito”. 2 Il meccanismo della cessione del credito prevede che la cessione sia produttiva di effetti nei confronti del debitore ceduto solo quando questi l’abbia accettata o gli sia stata notificata (art. 1264 c.c). 3 Il credito incorporato nel documento è detto credito cartolare. Sulla rilevanza dell’incorporazione nella teoria dei titoli di credito cfr. SPADA, Introduzione al diritto dei titoli di credito, Torino, 1992. Altro principio a cui abbiamo fatto riferimento è quello della autonomia, implicitamente fissato dall’art. 1994 c.c, secondo il quale colui che acquista in buona fede il possesso di un titolo di credito, in conformità alla sua legge di circolazione, acquista la proprietà del documento e la titolarità del credito in esso incorporato, a prescindere dalla posizione dell’alienante: la posizione dell’acquirente, dunque, risulta del tutto autonoma da quella di quest’ultimo. L’art. 1994 c.c statuisce, infatti, al secondo comma l’inopponibilità all’acquirente delle eccezioni personali opponibili all’alienante (ed ai suoi danti causa), salvo il caso di dolo di quest’ultimo4. L’acquisto del titolo, secondo la sua legge di circolazione, importa l’acquisto della c.d. legittimazione, sancita dall’art. 1992 c.c, secondo comma, che fa sì che l’acquirente possa chiedere il pagamento delle somme portate dal titolo senza dover fornire la prova di essere venuto legittimamente in possesso del titolo. Da osservare, infine, come il carattere della astrattezza, non costituisce, come vedremo meglio in seguito, un carattere proprio di tutti i titoli di credito, ma caratterizza soltanto alcuni di essi. [P_2. Le eccezioni opponibili dal debitore: eccezioni reali e personali] Il possessore del titolo di credito che, legittimato nelle forme prescritte dalla legge (art. 1991, primo comma), ha diritto alla prestazione in esso indicata verso presentazione del titolo, può comunque vedersi opporre dal debitore eccezioni relative alla validità del titolo (c.d. eccezioni reali, opponibili a qualunque portatore del titolo), nonché eccezioni a questi personali. Le eccezioni reali sono tassativamente indicate dal primo comma dell’art. 1993 c.c. nelle seguenti: a) difetto di forma, consistente nella mancata corrispondenza del titolo ai requisiti obbligatoriamente imposti dalle norme di legge che disciplinano i singoli titoli di credito; b) eccezioni fondate sul contesto letterale del titolo. Questa previsione che sancisce il principio di letteralità di cui sopra, si riferisce ai casi, peraltro rari, di difformità tra pretesa avanzata dal portatore del titolo e quanto indicato nel contesto letterale del titolo (es: il portatore di una cambiale che chiede al debitore il pagamento di una somma maggiore di quella indicata nel titolo). In dottrina si è estesa la previsione in oggetto ai casi di alterazione del titolo intervenuta successivamente all’emissione del titolo stesso. c) falsità della firma del debitore. In tale ipotesi vi è la totale mancanza di riferibilità della sottoscrizione del titolo di credito alla volontà del debitore. Rientrano in questa ipotesi anche i casi di firma apposta materialmente dal debitore, ma senza che vi fosse la volontà di quest’ultimo di sottoscrivere il titolo di credito. All’opposto non vi rientrano le fattispecie di sottoscrizione operate da terzi su autorizzazione del debitore, anche a mezzo di firma apposta meccanicamente, in quanto in questi casi la sottoscrizione è comunque riferibile alla volontà del debitore. d) difetto di capacità (legale) al momento dell’emissione del titolo5. e) difetto di rappresentanza al momento dell’emissione6. 4 Si pensi al classico caso della c.d girata di comodo, che ricorre, ad esempio, quando il possessore di una cambiale al fine di evitare che gli venga opposta una tra le possibili eccezioni personali, gira il titolo ad un amico compiacente che lo presenterà poi al debitore per l’incasso. 5 In merito al concetto di incapacità legale si rinvia ai principi di diritto comune che regolano tale fattispecie. f) mancanza delle condizioni necessarie per l’esercizio dell’azione7. Eccezioni personali sono, invece, quelle opponibili solo in ragione: a) dei rapporti personali esistenti tra debitore e portatore8 ; b) exceptio doli generalis, eccezione che ricorre qualora il titolo venga trasferito intenzionalmente a danno del debitore; c) difetto di titolarità. Si ritiene essere questa l’esclusiva ipotesi rientrante tra le c.d. “eccezioni personali in senso stretto”. Questa eccezione può essere sempre opposta dal debitore che sia in possesso della prova della mancanza di titolarità del portatore del titolo (es: nel caso di possesso del titolo acquistato in mala fede). [P_3. Classificazione dei titoli di credito e loro dematerializzazione] Quanto fin qui illustrato costituisce disciplina comune a tutti i titoli di credito; esistono, tuttavia, notevoli varianti di regime. Dal punto di vista contenutistico si suole distinguere quelli che sono i titoli di credito in senso stretto, nei quali il diritto incorporato è un diritto di credito (si pensi alla cambiale e all’assegno), dai c.d. titoli di partecipazione nei quali ad essere incorporata nel titolo è la complessa situazione ricollegata allo status di socio con i relativi diritti da essa derivanti (si pensi all’azione di società). Altre volte il titolo è collegato ad una merce. Si parla al riguardo di titoli rappresentativi di merci i quali attribuiscono al possessore il diritto alla consegna della merce in essa indicata, in quanto il possesso della merce si trasferisce con il possesso del titolo. Tali sono la fede di deposito, la nota di pegno, la polizza di carico, la lettera di vettura etc. Tali distinzioni rilevano anche sul piano delle eccezioni opponibili al possessore del titolo. Le eccezioni personali, come osservato, di regola non sono opponibili a portatori diversi da quello con cui è intercorso il rapporto che ha dato vita all’eccezione, salvo il caso in cui il terzo portatore abbia acquisito il titolo intenzionalmente a danno del debitore. Nel caso, però, di titoli di credito dai quali dalla sola lettera del titolo non sia desumibile il contenuto del rapporto fondamentale che ha determinato la creazione del titolo stesso (si parla in tal caso di titoli causali), come nel caso appunto di un’azione di società, è giocoforza che le regole organizzative del gruppo siano comunque opponibili a chi affermi di esserne entrato a farne parte9. All’opposto, in presenza di titoli astratti, come è ad esempio la cambiale, è solo nel contesto letterale del titolo che si ritrova integralmente il contenuto del diritto incorporato nel titolo stesso. 6 Non ricorre naturalmente tale ipotesi laddove il difetto originario sia stato successivamente sanato con la ratifica della sottoscrizione. 7 Tale formula sintetica comprende tutte le fattispecie in cui non si sono verificati i presupposti affinché il portatore del titolo possa pretendere la prestazione, ad esempio perché l’azione (cartolare) si è prescritta o perché il debito non è ancora scaduto o, nel caso di cambiali, perché l’azione di regresso non è preceduta dal protesto, salvo che risulti diversamente dal titolo, qualora esso contenga la clausola “senza protesto”. 8 Le ipotesi di eccezioni personali fondate su rapporti personali sono virtualmente illimitate. Così in caso di compensazione con altro credito vantato dal debitore nei confronti del possessore del titolo, ovvero in caso di remissione del debito da parte di costui; o ancora nel caso di inadempimento del rapporto fondamentale che ha dato origine a quello cartolare. 9 Oltre all’azione di società, sono titoli causali l’obbligazione di un ente pubblico, il duplicato della lettera di vettura, che richiama il contratto di trasporto, nonché la fede di deposito e la nota di pegno che richiamano il contratto di deposito. In relazione, poi, alla natura dell’emittente si suole distinguere in dottrina tra titoli privati (ad esempio cambiale e assegno) e titoli pubblici (ad esempio Buoni del Tesoro, C.C.T., obbligazioni di enti pubblici a ciò legittimati10). In relazione al modo in cui sono stati emessi, si distinguono titoli individuali (assegno, cambiale), creati di volta in volta in relazione ad ogni singola operazione, e titoli di massa (azioni, obbligazioni, titoli del debito pubblico), posti in circolazione in misura rilevante in base ad un’unica operazione. Sul piano della legittimazione è poi fondamentale distinguere tra titoli al portatore, titoli all’ordine e titoli nominativi, i quali circolano secondo regole diverse e peculiari. Non costituiscono invece titoli di credito i documenti di legittimazione e i titoli impropri. Come precisa l’art. 2002 c.c. i documenti di legittimazione servono “solo a identificare l’avente diritto alla prestazione” come nel caso della “carta di credito” o del libretto di risparmio che la banca rilascia a fronte di un deposito bancario, o ancora i biglietti della lotteria, i biglietti ferroviari, teatrali, cinematografici etc. Documenti di questo genere agevolano la prova della titolarità di un diritto, ma non lo incorporano. Così non sono titoli di credito i titoli impropri che, come precisa ancora l’art. 2002 c.c., consentono semplicemente il trasferimento di un diritto di credito senza “l’osservanza delle forme proprie della cessione”. Trattasi in sostanza di scritture (es: polizze di assicurazione) in cui, oltre ad essere enunciate le condizioni del contratto, è inserita la clausola all’ordine, in modo da consentire la cessione del contratto stesso con lo strumento della girata, ma con gli effetti propri della cessione. Di conseguenza, saranno opponibili al portatore, tutte le eccezioni, anche quelle basate sui rapporti con i precedenti possessori, attesa la inapplicabilità dell’art. 1993 c.c. La naturale destinazione alla circolazione di questi titoli comporta peraltro, la possibilità di avvalersi della procedura di ammortamento tipica dei titoli di credito (in caso di smarrimento, furto o distruzione), nonché l’applicabilità della regola di cui all’art. 1992 c.c., secondo comma, cosicchè il titolo svolge anche una funzione di legittimazione, in quanto il debitore (l’assicuratore, per rifarci all’esempio della polizza di assicurazione) è liberato se, senza dolo o colpa grave, adempie la prestazione nei confronti del giratario o del portatore del titolo (della polizza), anche se questi non ne è il titolare (l’assicurato). Per il resto, ad entrambe le categorie suddette non si applica la disciplina dei titoli di credito. Si consideri, infine, che pur esistendo un grande numero di titoli per così dire tipici, i titoli di credito non sono un numero chiuso. Sia pure entro determinati limiti l’art. 2004 c.c. stabilisce, infatti, un principio di libertà di emissione di titoli c.d atipici11 emergenti dalla pratica commerciale. Si deve poi osservare come in merito ai titoli di credito di massa sia in corso un vero e proprio processo di dematerializzazione del titolo, tramite il quale ai documenti si sostituiscono scritturazioni che mediante dispositivi telematici trasferiscono il titolo senza operazioni materiali di movimentazioni di carte. 10 Solo Regioni, Province e Comuni. Non sono pubblici, invece, se non in senso improprio, i titoli emessi da altri enti pubblici. 11 Con riferimento alle azioni di società di capitali, la riforma legislativa operata con $D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6$, Riforma organica della disciplina delle società di capitali e società cooperative, ha rimosso il principio del numero chiuso che per il passato caratterizzava la speciale disciplina di materia. Così per disposizione del nuovo art. 2348 c.c si possono mettere azioni del più vario genere, per disposizione dell’art. 2346 c.c le società azionarie possono mettere anche strumenti finanziari forniti di loro peculiari diritti patrimoniali o diritti amministrativi; l’art. 2483 c.c stabilisce inoltre la possibilità da parte di società a responsabilità limitata di emettere titoli di debito; l’art. 2526 prevede l’emissione di strumenti finanziari come spazio aperto alle società cooperative, in tal modo integrando significativamente il sistema delle loro fonti di finanziamento. Tale procedimento, avviato in un primo momento per i titoli di Stato, ha trovato un particolare impulso a seguito del Decreto Legislativo introduttivo dell’euro12, il quale nel disciplinare espressamente gli strumenti finanziari dematerializzati ha escluso che i medesimi possano essere incorporati in un documento materiale13. E’, infatti, opportuno rilevare che nella generica dizione “dematerializzazione” vengono compresi istituti differenti quanto a struttura ed effetti: si distingue così la semplice dematerializzazione della circolazione del titolo di credito dalla sua dematerializzazione integrale (o decartolarizzazione). Nel primo caso il documento ancora esiste e la dematerializzazione riguarda solo il profilo della circolazione dei diritti; nel secondo, invece, il documento non viene neppure ad esistenza. Nel sistema italiano le possibili forme con le quali si realizza la dematerilazzazione coesistono. Dato costante ed essenziale del fenomeno è l’immissione dei titoli di credito in un sistema c.d gestione accentrata, con il quale viene affidato ad un solo soggetto il compito di custodire, amministrare e sovrintendere alle operazioni di trasferimento ed esercizio dei diritti inerenti ai titoli di credito e agli strumenti finanziari dematerializzati14. [P_4. Titolarità, legittimazione e forme di circolazione dei titoli di credito] La semplice presentazione del titolo di credito, come già segnalato, dà diritto alla prestazione in esso indicata (art. 1992 c.c., primo comma). E’ la situazione fattuale “possesso” ad avere significato, sicchè questa deve essere estrinsecata al debitore. Poiché, secondo la regola generale (art.1147 c.c.), la buona fede si presume, si comprende come la norma attribuisca presuntivamente al possessore anche la titolarità del diritto incorporato, in applicazione del principio possesso vale titolo. Di regola, dunque, titolarità del diritto e legittimazione ad esercitarlo coincidono15. L’art.1992 c.c. attenua, però, la “drasticità” di questa soluzione. Innanzitutto, come già evidenziato, il secondo comma della norma de quo impone al debitore di non adempiere la prestazione quando è a conoscenza che il possessore non è il titolare del diritto; in secondo luogo l’art. 1992 c.c. avverte che tale legittimazione in tanto sussiste in quanto siano rispettate “le forme prescritte dalla legge”. Talvolta, infatti, per operare secondo le forme prescritte dalla legge basta il possesso del titolo, altre volte, invece, occorre un possesso conseguito in base ad una serie continua di girate, altre volte ancora occorrono intestazioni e registrazioni. Si deve perciò distinguere tra titoli al portatore (artt.2003-2007 c.c.), all’ordine (artt.2008-2020 c.c.) e nominativi (artt.2021- 2027 c.c.). 12 $D.Lgs. 24 giugno 1998, n. 213$, Disposizioni per l'introduzione dell'EURO nell'ordinamento nazionale, a norma dell'articolo 1, comma 1, della legge 17 dicembre1997, n. 433, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 157 dell'8 luglio 1998 - Supplemento Ordinario n. 116; v. anche artt. 84 e ss. del $D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58$. Testo Unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, emanato ai sensi degli artt. 8 e 21 della legge delega 6 febbraio 1996, n. 52. 13 Cfr. sul punto DI SABATO, Istituzioni di diritto commerciale, Milano, 2004, p. 427, il quale osserva che “nonostante l’esclusione del dato materiale costituito dal documento, la procedura di dematerializzazione è stata operata in modo tale da non escludere la qualifica di titolo di credito per tutti i titoli dematerializzati, permanendo i più rilevanti caratteri tipici, pur con gli adattamenti del caso, della fattispecie-titolo di credito”. 14 Per i primi interventi in tema di dematerializzazione di strumenti finanziari v. Trib. Milano, 26 marzo 2001 e 8 giugno 2001, in Banca, borsa e tit. cred., 2002, II, p. 160. 15 Nel corso della circolazione dei titoli di credito tra la qualità di proprietario-titolare e quella di possessore- legittimato si può, tuttavia, verificare una dissociazione. Tale dissociazione può verificarsi già in sede di emissione del titolo, quando questo entra in circolazione senza o contro la volontà di chi lo ha creato (si pensi al caso classico in cui un titolo di credito è stato rubato). Sono al portatore i titoli che recano la clausola “al portatore” anche se contrassegnati dall’indicazione nominativa del beneficiario. I titoli al portatore circolano mediante la semplice consegna del titolo. L’emissione di titoli di credito al portatore contenenti l’obbligo di pagare una somma di denaro è ammessa solo nei casi stabiliti dalla legge (art. 2004 c.c.), dato che la semplicità di circolazione li rende idonei a fungere da surrogato della moneta legale. Possono essere al portatore gli assegni bancari, i libretti di deposito, le azioni di risparmio, le obbligazioni di società, le azioni di società16, le quote di partecipazioni a fondi comuni di investimento, i titoli del debito pubblico. I titoli all’ordine (come cambiali e assegni) si qualificano per l’intestazione che contengono del nome del soggetto all’ordine del quale l’adempimento deve essere effettuato a cura del debitore. Il trasferimento del titolo all’ordine avviene per mezzo di una dichiarazione apposta normalmente a tergo del titolo, denominata “girata”. La forma della girata è indicata dall’art. 2009 c.c., ai sensi del quale essa deve contenere necessariamente la sottoscrizione del girante. La girata non può essere né condizionata, né parziale: ed infatti qualsiasi condizione apposta alla girata si ha per non scritta, mentre è nulla la girata parziale. La legge prevede poi ipotesi speciali di girata: potrà infatti darsi girata in bianco17 nella quale non è contenuto il nominativo del giratario; la girata per l’incasso o per procura, in virtù della quale al giratario viene conferita una mera procura ad incassare; la girata a titolo di pegno che si realizza quando alla girata è apposta una clausola (ad es “per garanzia”) che importa costituzione di pegno. L’art. 2011 c.c. avverte che la girata trasferisce tutti i diritti inerenti al titolo. Il giratario non può, però, girare ulteriormente il titolo, salvo che per procura. In caso di smarrimento, sottrazione, o distruzione del titolo opera la procedura di ammortamento prevista dall’art. 2016 c.c. E’ questo uno speciale procedimento diretto ad ottenere la dichiarazione giudiziale che il titolo originario non è più strumento di legittimazione. La procedura di ammortamento inizia con la denuncia al debitore della perdita del titolo e il contestuale ricorso dell’ex possessore al presidente del tribunale del luogo in cui il titolo è pagabile, il quale, dopo gli opportuni accertamenti, pronuncia con decreto l’ammortamento. Il decreto deve poi essere pubblicato nella Gazzetta Ufficiale e deve essere notificato dal ricorrente al debitore. Dal momento della notifica il titolo perde la sua funzione di legittimazione, anche se il debitore non è liberato se paga all’ammortante prima che siano decorsi trenta giorni dalla pubblicazione del decreto nella Gazzetta Ufficiale. Entro questo termine il detentore del titolo può proporre opposizione contro il decreto di ammortamento. Solo se l’opposizione viene respinta, o non viene proposta nei termini, il decreto di ammortamento diventa definitivo ed il titolo è consegnato al ricorrente. Titoli nominativi sono i titoli (di regola titoli di massa quali obbligazioni, quote di partecipazione a fondi comuni di investimento, titoli del debito pubblico e azioni di società) che esigono l’indicazione del nome del loro possessore e la stessa indicazione su di un registro tenuto dall’emittente del titolo. Il possessore di un titolo nominativo è, quindi, legittimato in base a questa duplice intestazione; così anche in caso di circolazione del titolo è in ogni caso necessaria la cooperazione dell’emittente dovendosi procedere all’intestazione non solo sul titolo, ma anche sul registro da questi tenuto. 16 Cfr. art. 2354 c.c. così come modificato ad opera del $D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6$. Il possessore può in tale ipotesi riempire la girata con il proprio nome o con quello di altra persona, trasferire il titolo ad altra persona apponendo altra girata in bianco o ancora, trasmettere il titolo ad un terzo senza apporre alcuna girata e senza riempire la girata in bianco fatta in suo favore, quindi semplicemente consegnando il titolo al terzo. 17 La doppia annotazione del nome dell’acquirente può avvenire secondo due diverse procedure: o tramite il cambiamento contestuale delle due intestazioni (o il rilascio di un nuovo titolo) a cura dell’emittente (cosiddetto transfert); oppure tramite girata autenticata (art. 2023 c.c), alla quale deve far seguito la presentazione del titolo all’emittente e l’annotazione da parte di costui del nome del giratario nell’apposito registro. La seconda forma di trasferimento prevista per i titoli nominativi è senz’altro la più snella e perciò la più diffusa. Da segnalare sono i diversi effetti che produce la girata dei titoli nominativi rispetto a quella dei titoli all’ordine: la prima attribuisce, infatti, al possessore solo la “legittimazione ad ottenere la legittimazione”, ad ottenere cioè l’annotazione del trasferimento nel registro dell’emittente. Ed è solo in seguito a quest’ultima annotazione che il giratario consegue la legittimazione all’esercizio dei diritti inerenti al titolo. All’ammortamento dei titoli nominativi in caso di smarrimento, sottrazione o sua distruzione si provvede secondo quanto stabilisce l’art. 2027 c.c., che richiama le norme relative ai titoli all’ordine. Per i titoli al portatore si prevede, invece, una procedura di piena reintegrazione cartolare solo per il caso di titolo di credito di cui sia provata la distruzione. In tal caso, infatti, l’ex possessore del titolo ha diritto di chiedere, a proprie spese all’emittente il rilascio di un duplicato o di un titolo equivalente. In ogni altro caso di perdita del titolo al portatore, salvo eccezioni tassativamente previste per titoli a circolazione ristretta (come libretti di deposito, assegni bancari al portatore), la procedura di ammortamento non è ammessa. Nel caso, quindi, di smarrimento, di sottrazione del titolo o di distruzione non provata, chi ha subito tali eventi e li abbia denunciati all’emittente, fornendone la relativa prova, ha diritto alla prestazione solo decorso il termine di prescrizione del titolo. Fino a quando tale termine non sarà integralmente decorso, dunque, il debitore che esegue la prestazione a favore del possessore del titolo è liberato, salvo che si provi che egli conosceva il vizio del possesso del presentatore. Al consolidato regime di circolazione dei titoli di credito nel corso degli anni recenti dirompenti variazioni hanno apportato i fenomeni di dematerializzazione che interessano il comparto dei titoli di massa, a seguito dei quali, come si è già avuto modo di evidenziare, alla circolazione cartacea si sostituiscono sistemi di registrazione elettronica dei trasferimenti. Vedasi in proposito [F_3]. [P_5. La cambiale: caratteristiche generali e funzione] La funzione tipica del titolo di credito all’ordine cambiale è quella di differire il pagamento di una somma di denaro attribuendo nel contempo al prenditore la possibilità di monetizzare agevolmente il credito riscosso con il trasferimento del titolo. La cambiale è, quindi, essenzialmente uno strumento di pagamento18. La cambiale, regolata dal $r.d. 14 dicembre 1933, n. 1669$ (noto come legge cambiaria), è il titolo di credito astratto per eccellenza ed infatti non risulta dal contesto letterale del titolo il motivo per il quale la cambiale è stata emessa. Proprio per questa 18 Sulla cambiale tra gli altri cfr. MARTORANO, I titoli di credito. Lineamenti generali. Cambiale. Assegno bancario e circolare, Napoli, 1970; MARTORANO, Titoli di credito (estratto da Enciclopedia del diritto, XLIV), Milano, 1997; PAVONE LA ROSA, La cambiale, in Trattato di diritto civile e commerciale diretto da Cicu e Messineo, Milano, 1982; PARTESOTTI., I titoli all’ordine, in Il codice civile. Commentario diretto da P. Schlesinger; PELLIZZI-PARTESOTTI, Commentario breve alla legislazione sulla cambiale e sugli assegni, Padova, 2004. sua caratteristica la cambiale può essere emessa anche se manca un preesistente debito del traente o dell’emittente nei confronti del prenditore19. La cambiale incorpora la promessa di un soggetto (emittente), ovvero l’ordine impartito da un soggetto (traente) ad un altro (trattario) di pagare una determinata somma di denaro ad un determinato soggetto (beneficiario o prenditore): nel primo caso si parlerà di cambiale pagherò o vaglia cambiario; nel secondo di cambiale tratta. Il vaglia cambiario ha la struttura di una promessa di pagamento ed in esso figurano solo due persone: l’emittente che promette il pagamento assumendo la veste di obbligato cambiario principale ed il prenditore che è il beneficiario della promessa di pagamento; la cambiale tratta ha la struttura di un ordine di pagamento ed in essa figurano tre persone: il traente che dà l’ordine e che garantisce per legge l’accettazione ed il pagamento del titolo, il trattario che in quanto destinatario dell’ordine diventa obbligato cambiario ed obbligato principale in seguito all’accettazione e il prenditore beneficiario dell’ordine di pagamento. L’emissione di una cambiale tratta si fonda perciò su due distinti rapporti causali: un preesistente rapporto di credito verso il trattario (c.d. rapporto di provvista) ed un preesistente rapporto di debito del traente verso il prenditore (c.d. rapporto di valuta). Con l’emissione della tratta il traente utilizza il credito verso il trattario per estinguere il suo debito verso il prenditore20. La cambiale (tratta e pagherò) è un titolo all’ordine che circola mediante girata; è un titolo rigorosamente formale che incorpora di regola una pluralità di obbligazioni autonome tra loro: quelle del traente, dell’accettante, dei giranti, dei loro avallanti nella cambiale tratta; quelle dell’emittente, dei giranti e dei loro avallanti, nel vaglia cambiario. Gli obbligati cambiari sono obbligati in solido tra loro verso il portatore del titolo, ma sono disposti per gradi e distinti in obbligati diretti ed in obbligati di regresso [F_5.7.]. [P_5.1 Requisiti formali] [CP_5.1.] La cambiale si definisce titolo formale in quanto, ai sensi dell’art. 2 della legge cambiaria, tale titolo privo di taluno dei requisiti indicati nell’art. 1 della medesima legge21, salvo eccezioni, “non vale come cambiale”. Sono requisiti della cambiale: • La denominazione di cambiale (per la tratta) o di vaglia cambiario o pagherò; • L’ordine (per la tratta) o la promessa (per il vaglia) incondizionati di pagare una somma determinata di denaro; • L’indicazione del trattario (nella tratta) o dell’emittente (nel vaglia), completa di dati anagrafici o del codice fiscale22; • L’indicazione della scadenza, del luogo di pagamento, del soggetto all’ordine del quale deve farsi il pagamento, della data e del luogo di emissione. In ordine alla data di scadenza va precisato che essa può esser posta a vista (quando il pagamento della 19 E’ questo il caso della c.d “cambiale di favore” in cui l’emittente (favorente) risulta obbligato cambiariamente nei confronti del prenditore (favorito), mentre in realtà nulla gli deve. Essa viene rilasciata solo al fine di consentire al prenditore di procurarsi temporaneamente disponibilità di denaro mediante lo sconto della cambiale, pur in mancanza di un rapporto fondamentale. Tale circostanza, tuttavia, resterà comunque inopponibile nei confronti dei portatori del titolo che non abbiano agito scientemente a danno del debitore, trattandosi di eccezione personale. 20 Cfr. CAMPOBASSO, Diritto Commerciale, Vol. 3, Torino, 2003, pp. 270 e ss. 21 Così come modificato dall’art. 45 della $L. 12 dicembre 2002, n. 273$, Misure per favorire l’iniziativa privata e lo sviluppo della concorrenza. 22 Cosi’ dopo l’entrata in vigore della $L.12 dicembre 2002, n. 273$, Misure per favorire l’iniziativa privata e lo sviluppo della concorrenza. cambiale può essere richiesto immediatamente), a certo tempo vista (e cioè dopo un determinato periodo dalla sua accettazione o dal protesto), a certo tempo data o a giorno fisso (quando la scadenza è indicata esplicitamente nella cambiale); • La sottoscrizione del traente o dell’emittente23. Dei requisiti sopra indicati sono previsti a pena di nullità (e perciò sono reputati requisiti essenziali) solo la denominazione di cambiale, l’ordine o la promessa di pagamento, il nome del trattario (che può essere lo stesso traente) e del primo prenditore (che può essere anche il traente o l’emittente), la data di emissione e la sottoscrizione. Gli altri sono requisiti c.d. formali naturali, che possono anche mancare in quanto, se nulla risulta dal titolo, la lacuna è colmata dalla legge con norme suppletive: a) quanto alla scadenza si intende che la cambiale è pagabile a vista; b) quanto al luogo di emissione si intende quello indicato accanto al traente o all’emittente; c) quanto al luogo di pagamento si intende quello indicato a fianco del trattario oppure, nel vaglia, il luogo di emissione del titolo. L’incompletezza del titolo relativamente al requisito fiscale (bollo) non incide sulla validità di esso, ma priva la cambiale della qualità di titolo esecutivo. Non è necessario che tutti i requisiti necessari ai fini della validità della cambiale siano presenti all’atto di emissione del titolo, è sufficiente che essi ricorrano al momento della presentazione del titolo per il pagamento. La cambiale che circola sprovvista di uno o più requisiti essenziali si chiama cambiale in bianco. Ad essa si ricorre quando alcuni dati cambiari (relativi ad esempio alla scadenza o all’importo) non sono attualmente determinabili, ma lo saranno in futuro in relazione allo svolgimento di un determinato rapporto tra le parti. Di regola l’emissione di una cambiale in bianco è accompagnata da un accordo c.d. di riempimento fra emittente e primo prenditore, con il quale si fissano le modalità del successivo completamento del titolo. Affinché si possa comunque qualificare il titolo come cambiale sia pur in bianco, dovranno comunque essere presenti quanto meno la sottoscrizione dell’emittente e l’espressione della volontà di obbligarsi cambiariamente (e quindi che l’usuale modulo bollato o anche un semplice foglio porti la denominazione “cambiale”). Il completamento della cambiale dovrà avere luogo entro tre anni dal giorno della emissione del titolo; in caso contrario il portatore decadrà dal diritto di riempire la cambiale. Rilasciare una cambiale in bianco comporta il rischio che la stessa venga riempita dal prenditore in modo difforme da quanto pattuito nell’accordo di riempimento. In questa ipotesi il debitore potrà opporre al prenditore la relativa eccezione (l’eccezione di abusivo riempimento è un’eccezione personale), eccezione che potrà opporre anche al terzo portatore del titolo, a condizione che questi abbia acquistato la cambiale in mala fede, ovvero incorrendo in colpa grave.(art. 14 , 1° comma Legge Cambiaria). In difetto di tale prova il debitore dovrà pagare la cambiale e potrà solo chiedere il risarcimento dei danni all’autore dell’abusivo riempimento. Diversa è la situazione quando, mancando del tutto un accordo di riempimento tra emittente e primo prenditore, la cambiale sia entrata in circolazione senza o contro la volontà del sottoscrittore24. Si parla in tal caso di cambiale incompleta. 23 Cfr. CAMPOBASSO, Diritto Commerciale, Vol. 3, Torino, 2003, secondo il quale “ a differenza di tutti gli altri requisiti, la sottoscrizione deve essere autografa” e in tal senso anche dottrina maggioritaria. Tra gli altri ASQUINI, Titoli di credito, Padova, 1966, pag. 191; MARTORANO, Titoli di credito, Milano, 1997; PAVONE LA ROSA, La cambiale, in Trattato di diritto civile e commerciale diretto da Cicu e Messineo, Milano, 1982, pagg. 85 e ss; RESCIGNO, in Banca, borsa e tit. cred., 1989, II, pag. 315 in nota a Cass. 87/5374 e Cass. 88/4367. Contra : CHIOMENTI, Firme autografe e firme meccaniche sui titoli di credito…e ora firme elettroniche, in Riv. dir. comm., I, pagg. 725 e ss. Si ritiene pacificamente, però, che anche alla cambiale incompleta si applichi la medesima disciplina della cambiale in bianco, nel senso che, in caso di abusivo riempimento della cambiale, il debitore potrà opporre la relativa eccezione solo al prenditore in mala fede o in colpa grave (essendo eccezione personale) e non anche al portatore di buona fede25. [P_5.2. La circolazione della cambiale] Quale titolo di credito all’ordine, la cambiale “è trasferibile a mezzo di girata”, che si scrive normalmente a tergo della cambiale ed assume la forma di un ordine che il girante rivolge al trattario o all’emittente di pagare la somma cambiaria al giratario. La disciplina della circolazione della cambiale in larga parte coincide con quella dettata in via generale per i titoli di credito all’ordine [F_4], anche se presenta alcune peculiarità. Anche nella cambiale la girata trasferisce la legittimazione all’esercizio dei diritti cartolari; anche nella cambiale il possessore in buona fede del titolo, che si legittima in base ad una serie continua di girate, diventa proprietario del titolo e titolare del diritto, prevalendo sul proprietario spossessato; anche la girata della cambiale può essere fatta in pieno o in bianco, e quest’ultima per essere valida deve essere scritta esclusivamente a tergo della cambiale e sull’allungamento (art. 17, 2° comma Legge cambiaria); anche nella cambiale la girata deve essere incondizionata e qualsiasi condizione si ha per non apposta; anche nella cambiale, infine, la girata deve essere integrale: la girata parziale è, infatti, per espressa previsione di legge, nulla. Diversa, invece, rispetto alla disciplina generale è la funzione di garanzia della girata della cambiale. Accanto alla funzione essenziale di trasferimento della legittimazione, infatti, propria della girata, la girata della cambiale ha un’ulteriore funzione di garanzia: girando la cambiale il girante diviene obbligato cambiario di regresso [F_5.7.] ed è solidamente responsabile per l’accettazione e per il pagamento della cambiale (art. 19, 1° comma, Legge cambiaria, che deroga al principio generale in materia di titoli all’ordine, enunciato nell’art. 2012 c.c.)26. La girata inoltre ha quale effetto quello di trasferire al giratario in via autonoma tutti i diritti incorporati nel titolo e può essere fatta anche a favore del traente, dell’emittente o di altro precedente obbligato cambiario (c.d girata “di ritorno”), i quali a loro volta possono ulteriormente girare la cambiale. La girata deve essere fatta prima della constatazione del mancato pagamento (protesto) o prima dello spirare del termine per levare il protesto; se fatta dopo tale termine produce solo gli effetti di una cessione ordinaria. La legge cambiaria prevede la possibilità che il girante apponga specifiche clausole alla girata al fine di limitarne gli ordinari effetti: la clausola “non all’ordine”, che se apposta dall’emittente o dal traente impedisce che il titolo possa essere ulteriormente trasferito tramite girata; la clausola “ per incasso” o “per procura” o quella “in garanzia”, la cui disciplina coincide puntualmente con quella dettata in via generale per i titoli all’ordine [F_4.]. 24 Ad esempio un modulo cambiario firmato viene rubato ancora incompleto ed il ladro dopo averlo riempito lo gira ad un terzo di buona fede. 25 In senso contrario comunque OPPO, in Riv. dir. comm., 1951, I, pagg. 12 e ss. ed in altri suoi scritti successivi. 26 E’ questo però solo un effetto naturale della girata: con apposita clausola “senza garanzia” il girante può esonerarsi da ogni responsabilità cambiaria per l’accettazione e il pagamento. La legge cambiaria, infine, prevede espressamente, al pari di ogni altro titolo di credito, che la cambiale sia ceduta mediante atto separato, anziché mediante girata ed in tal caso si avrà una circolazione impropria della cambiale, disciplinata secondo le norme relative alla cessione ordinaria dei crediti. [P_5.3. L’accettazione] Con l’accettazione, apposta sulla cambiale con la parola “visto”, “accettato” o equivalente, ovvero con la mera sottoscrizione del trattario sulla faccia anteriore del titolo, il trattario si obbliga al pagamento della cambiale diventando obbligato in via diretta. L’accettazione deve essere accompagnata dalla menzione sul titolo dei dati anagrafici del trattario o del suo codice fiscale. Il portatore della cambiale può- ma non deve- presentare la cambiale al trattario per l’accettazione sino al momento della scadenza della cambiale. Il traente può peraltro vietare la presentazione del titolo per l’accettazione. Si parla in tal caso di cambiale non accettabile. L’accettazione deve essere incondizionata, ma può essere parziale: il trattario può limitare l’accettazione ad una parte della somma. Il rifiuto del trattario di provvedere all’accettazione deve essere accertato mediante protesto e la mancata accettazione dà luogo all’azione di regresso nei confronti dei giranti e del traente. [F_5.7.]. [P_5.4. L’avallo] Il pagamento di una cambiale può essere garantito con avallo per tutta o parte della somma, mediante la formula “per avallo”, “per garanzia” o altra equivalente sottoscritta dall’avallante sulla cambiale. L’avallo può essere dato in favore di uno qualsiasi degli obbligati cambiari, ma se nulla al riguardo è specificato si considera in favore del traente o emittente. L’avallo, quale obbligazione cambiaria, integra una fattispecie di garanzia autonoma27: l’obbligazione dell’avallante è valida ancorchè l’obbligazione garantita sia nulla per qualsiasi causa che non sia un vizio di forma. E’ netta, dunque, la diversità della disciplina dell’avallo rispetto a quella della fideiussione (art. 1939 c.c), che è obbligazione accessoria a quella principale. L’avallante è tenuto in solido con l’avallato al pagamento ed assume nella esecuzione delle obbligazioni cambiarie la stessa posizione dell’avallato: è obbligato in via principale se, ad esempio, ha garantito l’emittente ovvero in via di regresso se la garanzia è stata data nei confronti di un girante. L’avallante che paga la cambiale acquista i diritti ad essa inerenti contro l’avallato e contro coloro che sono obbligati cambiariamente verso quest’ultimo. E’ammessa una “pluralità” di avalli. Più persone, perciò, possono prestare avallo a favore del medesimo obbligato, o più persone possono prestare avallo per diversi obbligati. Nel primo caso si avranno “coavallanti”, obbligati in solido fra loro, ognuno dei quali potrà agire contro l’avallato e contro eventuali obbligati cambiari precedenti, ma in quanto di pari grado essi non sono legittimati ad esercitare azione cambiaria l’uno 27 La accessorietà dell’avallo, in quanto obbligazione di garanzia, tuttavia, conserva un seppur ridotto significato: l’avallante può opporre, infatti, al creditore che questi è stato già soddisfatto dall’avallato, o che vi sia stata compensazione, o che all’avallato sia stato rimesso il debito cambiario, o che vi sia stata confusione (nel senso che per vicende relative alla circolazione del titolo, l’avallato è divenuto portatore della cambiale) contro l’altro; nel secondo caso l’avallante potrà agire (oltre che contro l’avallato e gli obbligati precedente) anche contro gli avallanti degli obbligati precedenti. Nel caso di invalidità dell’avallo, il possessore del titolo non godrà di alcun diritto verso colui che ha sottoscritto l’avallo poi risultato invalido: non c’è spazio, dunque, per una presunzione di fideiussione o per una promessa di garanzia in luogo della dichiarazione cambiaria28. [P_5.5. Il pagamento della cambiale] La disciplina del pagamento della cambiale ricalca le norme in tema di legittimazione dettate in via generale dal codice per i titoli di credito all’ordine F_4.]. Il portatore della cambiale, che si giustifica con una serie continua di girate, è legittimato a pretendere il pagamento della cambiale in proprio favore, così come dal suo canto il debitore deve solo verificare, oltre all’identità del portatore ed alla regolarità formale del titolo, la regolare continuità delle girate, ma non l’autenticità della sottoscrizione. Il portatore dovrà presentare la cambiale (al trattario nella cambiale tratta e all’emittente nel vaglia cambiario) per il pagamento nel giorno della scadenza o in uno dei due giorni feriali successivi nel luogo indicato nella cambiale o, in mancanza, presso il domicilio del debitore. La cambiale a vista deve invece essere presentata per il pagamento entro un anno dalla data di emissione. L’omessa presentazione nei termini comporta la perdita dell’azione cambiaria nei confronti degli obbligati di regresso. Il portatore della cambiale non è tenuto a ricevere il pagamento prima della scadenza e l’obbligato cambiario che paga prima della scadenza lo fa a suo rischio (art. 46 legge cambiaria). E’ invece ammessa dal legislatore la possibilità per il debitore di provvedere ad un pagamento parziale ed in tal caso il portatore della cambiale non può rifiutarlo. In tal caso il debitore può esigere che del pagamento parziale sia fatta menzione sulla cambiale e gliene sia data quietanza. [P_5.6. L’intervento] L’accettazione della cambiale, così come il pagamento, possono essere effettuati per intervento (artt. 78-82 legge cambiaria). Colui che paga per intervento può essere un terzo o una persona già obbligata cambiariamente (tranne l’accettante) e la sua indicazione può essere già contenuta nel titolo (o indicato al bisogno) oppure può trattarsi di un terzo che interviene spontaneamente. L’intervento può essere prestato a favore di uno qualsiasi degli obbligati in regresso. Se più persone si offrono di intervenire si ritiene essere preferito chi liberi più obbligati. L’interveniente deve (nei due giorni feriali successivi al suo intervento) darne avviso a colui per il quale è intervenuto. Il pagamento per intervento libera gli obbligati di grado successivo a quello per il quale il pagamento è stato effettuato. Esso deve riferirsi all’intera somma dovuta dall’onorato e deve avvenire al più tardi il giorno successivo all’ultimo giorno consentito per elevare il protesto per mancato pagamento. 28 In tal senso LIBONATI, Titoli di credito e strumenti finanziari, Milano, 1999, pag. 251. L’interveniente ha diritto a vedersi consegnata la cambiale dal portatore e acquista, ope legis, il credito cambiario che può far valere, ai sensi degli artt. 1992 e ss c.c., nei confronti dell’onorato e di coloro che risultano obbligati cambiariamente verso di lui. Il pagamento per intervento può essere rifiutato dal portatore, ma in tal caso questi perde il regresso contro coloro che sarebbero stati liberati. [P_5.7. Le azioni cambiarie (dirette e di regresso) e le azioni extracambiarie] In caso di rifiuto del pagamento, e anche in caso di rifiuto di accettazione nella cambiale tratta, il portatore del titolo può agire per ottenere il pagamento contro tutti gli obbligati cambiari, individualmente o congiuntamente. La relativa azione è, però, regolata diversamente a seconda che si tratti di obbligati diretti o di regresso. In particolare il portatore della cambiale ha azione diretta nei confronti degli obbligati principali che nella tratta accettata sono l’accettante e i suoi avallanti [F_5.4.] e nel pagherò cambiario l’emittente e i suoi avallanti; per converso ha azione di regresso contro gli altri obbligati cambiari: traente, giranti e loro avallanti. Rilevanti le differenze tra le due azioni: mentre l’azione diretta non è soggetta a particolari formalità e ad alcun termine di decadenza, l’azione di regresso può essere esercitata dal portatore del titolo soltanto dopo aver fatto constatare il rifiuto dell’accettazione o del pagamento mediante un particolare atto autentico denominato protesto29, da levarsi nei termini analiticamente indicati nell’art. 51 $ Legge cambiaria $, a pena di decadenza. Inoltre l’azione di regresso può essere esercitata alla scadenza, se il pagamento non ha avuto luogo oppure anche prima della scadenza: • se l’accettazione è stata rifiutata in tutto o in parte; • in caso di fallimento del trattario (che abbia o non abbia accettato) o dell’emittente nel pagherò cambiario; in caso di cessazione dei pagamenti da parte degli stessi; o di esecuzione infruttuosa sui loro beni; • in caso di fallimento del traente di una cambiale non accettabile.30 La necessità del protesto per l’esercizio dell’azione di regresso può essere esclusa con l’apposizione della clausola senza spese o senza protesto. L’azione di regresso è soggetta al termine di prescrizione breve di un anno, che decorre dalla data del protesto levato in tempo utile o alla scadenza, nel caso vi sia la clausola “senza spese”. La responsabilità di regresso è solidale e il portatore è libero di scegliere, come anticipato, se esercitare tale azione in via congiunta o disgiunta. L’obbligato di regresso che paghi la cambiale ha diritto di ottenere il titolo e di agire, nel termine di prescrizione di sei mesi dal pagamento, nei confronti degli obbligati in via di regresso di grado anteriore al suo e può chiedere a ciascuno di essi il rimborso integrale di quanto pagato, oltre gli interessi e le spese. L’obbligato che ha pagato non ha, invece, azione cambiaria nei confronti dei coobbligati di pari grado (per es: avallanti), contro i quali potrà agire solo in via extracambiaria. L’emissione o il trasferimento della cambiale non comporta novazione del rapporto fondamentale che vi ha dato luogo, dunque il portatore del titolo per realizzare il proprio credito può esercitare oltre alle azioni cambiarie (diretta e di regresso), anche l’azione causale nei confronti del debitore che è stato parte del relativo rapporto. L’esercizio di 29 La $L. 18 agosto 2000, n. 235$, ha introdotto nuove norme in materia di cancellazione dagli elenchi dei protesti cambiari: l’art. 2 di questa legge, tra l’altro, prevede appunto la cancellazione dall’elenco dei protesti del nome del debitore protestato che esegue il pagamento della cambiale entro l’anno dalla levata del protesto. 30 In caso di fallimento per esercitare il regresso basta produrre la relativa sentenza dichiarativa. tale azione è però subordinata ad una serie di cautele per evitare che il debitore sia esposto al rischio di un doppio pagamento. E’ infatti necessario che: • siano accertati col protesto la mancata accettazione o il mancato pagamento della cambiale; • il portatore offra al debitore la restituzione della cambiale, depositandola presso la cancelleria del giudice competente; • il portatore del titolo abbia adempiute tutte le formalità necessarie per conservare al debitore le azioni di regresso che possono competergli 31. Infine, nel caso in cui il portatore della cambiale abbia perduto, per decadenza o prescrizione, tutte le azioni cambiarie contro tutti gli obbligati e non abbia contro i medesimi alcuna azione causale da esercitare, può agire contro il traente o l’accettante o il girante a titolo di indebito arricchimento (art. 67 legge cambiaria). [P_5.8. L’ammortamento della cambiale] La disciplina dell’ammortamento della cambiale sostanzialmente coincide con quella dettata in via generale dal codice civile per i titoli di credito all’ordine [F_4.]. Occorre peraltro aggiungere che l’art. 90 legge cambiaria, a differenza di quanto prescritto dall’art. 2017, secondo comma, c.c., non richiede che l’opponente al decreto di ammortamento depositi il titolo. Costituiscono, invece, ormai istituti desueti la creazione di duplicati e di copie della cambiale. I duplicati, ammessi solo per la cambiale tratta e non per il pagherò cambiario, sono riproduzioni della cambiale, numerati nel contesto di ciascun titolo, rilasciate al portatore dal suo girante, che contengono la ripetizione autografa di tutte le sottoscrizioni esistenti sull’originale. Le copie sono, invece, riproduzioni del titolo originario effettuate dallo stesso portatore. [P_5.9. La cambiale finanziaria] Le cambiali finanziarie costituiscono un nuovo strumento di finanziamento delle imprese introdotto con la legge 13 gennaio 1994, n. 43 e regolato dalla normativa secondaria del CICR (Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio), del Ministero del Tesoro e della Banca d’Italia32. Sono titoli di credito all’ordine emessi in serie da società, enti o imprese ed aventi scadenza non inferiore a tre mesi e non superiore a dodici mesi dalla data di emissione. Le cambiali finanziarie segnano il significativo passaggio del titolo cambiario da una dimensione individuale a quella di titolo suscettibile di emissione in serie e di circolazione di massa tra il pubblico. La loro struttura è quella del pagherò cambiario: contengono, infatti, una promessa incondizionata di pagamento da parte dell’emittente. Le cambiali finanziarie sono equiparate per ogni effetto di legge alle cambiali ordinarie, presentano, tuttavia, alcune caratteristiche peculiari connesse alla loro funzione tipica di strumento di finanziamento a breve termine destinato ad essere collocato fra il pubblico dei risparmiatori. Al di là dei profili riguardanti la sollecitazione all’investimento e la trasparenza delle operazioni bancarie e finanziarie, nonché i limiti patrimoniali previsti, per ragioni di 31 Ad esempio levata tempestiva del protesto; atti interrottivi della prescrizione etc. Cfr. Delibera Cicr del 3 marzo 1994 (pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale 11 marzo 1994), n. 58.; D.M. Tesoro del 7 ottobre 1994 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 242 del 15 ottobre); e Istruzione della Banca d’Italia del 12 dicembre 1994. 32 tutela degli investitori, alla loro emissione33, la disciplina speciale della cambiale si delinea nella necessità di indicare, a pena di nullità, il nome di cambiale finanziaria nel titolo; nell’indicazione dei proventi a favore del prenditore in qualunque forma pattuiti e nell’obbligatorietà della clausola “senza garanzia”in sede di circolazione del titolo. [P_ 6. I mezzi di pagamento] [CP_6] Se si attribuisse al termine “pagamento” il significato tecnico-giuridico di traditio delle specie monetarie fatta dal debitore al creditore, il tema ne riuscirebbe assai mortificato. Bisogna, dunque, ampliare il campo di osservazione, abbandonando la nozione rigorosamente tecnico-civilistica di pagamento e adottando una nozione assai più vasta, in grado di abbracciare tutte le numerose e variegate figure di pagamento oggi esistenti. Attualmente tali “mezzi di pagamento” sono già alquanto numerosi, poiché la prassi commerciale sta soppiantando il contante con gli assegni [F_6.1.], con i bonifici [F_6.8.], e con gli strumenti di pagamento posti al servizio degli operatori economici dalle nuove tecnologie, tra i quali ricordiamo la moneta elettronica [F_6.10.], le carte di credito [F_6.7.], le carte di debito come il Bancomat o Pagobancomat [F_6.9.], il mandato elettronico di pagamento [F_6.11.], che ha soppiantato nel nuovo sistema di pagamento delle pubbliche amministrazioni l’ordinativo “diretto” di natura cartacea. [P_6.1. L’assegno bancario: nozione, funzione e caratteri essenziali] [CP_6.1] L’assegno è uno dei principali strumenti di pagamento, la cui disciplina, dettata dal R.D. 21 dicembre 1933, n. 1736 (c.d. legge sugli assegni), è per molti versi analoga a quella della cambiale[F_5.]. Attraverso l’assegno, infatti, un soggetto può utilizzare somme di cui dispone presso una banca al fine di effettuare un pagamento, in alternativa all’uso della moneta avente corso legale. Sotto il profilo strutturale possono distinguersi due forme principali di assegno: l’assegno bancario e l’assegno circolare. In entrambe le ipotesi parte del rapporto è necessariamente una banca c.d. trattaria in caso di assegno o c.d. emittente in caso di assegno circolare [F_6.6.]. Con l’assegno bancario il traente (cliente della banca) dà al trattario (banca) l’ordine incondizionato di pagare a vista una certa somma all’ordine del soggetto indicato nel titolo ovvero al portatore. La banca non assume alcun obbligo di pagamento verso il soggetto che presenta l’assegno: le conseguenze del rifiuto ingiustificato di pagamento rilevano solo nel rapporto fra la banca e il cliente. Come la cambiale, anche l’assegno bancario è un titolo di credito astratto, formale ed esecutivo; anche l’assegno bancario di regola incorpora una pluralità di obbligazioni (quelle del traente, dei giranti e dei loro avallanti) reciprocamente indipendenti, solidali e disposte per gradi [F_5.4.]. 33 In particolare, l’ammontare della raccolta fra il pubblico effettuata mediante cambiali finanziarie (e certificati di investimento) non può eccedere, unitamente alla raccolta mediante obbligazioni, il limite del capitale versato e delle riserve risultanti dall’ultimo bilancio approvato. Inoltre le cambiali finanziarie sono espressamente qualificate dalla legge come valori mobiliari con conseguente applicabilità di tutta la disciplina per questi ultimi dettata. In particolare per la loro emissione dovrà essere osservata la disciplina della sollecitazione all’investimento in strumenti finanziari contenuta nel Testo Unico della Finanza (D.Lgs.58/98). Sono infine applicabili le norme in tema di trasparenza delle condizioni contrattuali nelle operazioni bancarie e finanziarie. I requisiti formali di validità dell’assegno bancario sono fissati dall’art. 1 legge assegni e sono: • la denominazione di assegno bancario; • l’ordine incondizionato di pagare una somma determinata espressa in lettere e in cifre; • l’indicazione del trattario che deve essere necessariamente una banca; • l’indicazione del luogo di pagamento, ma in mancanza vale come luogo di pagamento quello indicato accanto al nome del trattario, oppure, qualora manchi anche quest’ultimo, si fa riferimento al luogo di emissione o al luogo dove ha sede lo stabilimento principale della banca; • la data ed il luogo di emissione dell’assegno; • la sottoscrizione del traente, per la quale valgono le regole fissate all’art. 11 legge assegni. L’indicazione del soggetto al quale l’assegno può essere pagato non è essenziale, infatti, può essere una persona determinata, o può essere lo stesso traente. Inoltre l’assegno può anche essere pagabile al portatore ed è considerato tale tutte le volte che manchi una menzione espressa. Costituiscono invece semplici requisiti di regolarità dell’assegno, la cui mancanza espone a sanzioni amministrative ma non comporta l’invalidità del titolo, quelli fissati dall’art. 3 legge assegni e cioè: • l’esistenza presso la banca trattaria di fondi disponibili, per somma almeno pari all’importo dell’assegno emesso; • l’esistenza di una convenzione di assegno, espressa o tacita, che attribuisce al traente il diritto di disporre mediante assegni bancari dei fondi disponibili. Normalmente la convenzione di assegno è una clausola apposta nel contratto di conto corrente bancario. L’emissione di assegni bancari senza l’osservanza delle condizioni in esame, cc.dd assegno non autorizzato e assegno a vuoto, configura un illecito, oggi depenalizzato e colpito da sanzioni pecuniarie34. Gli assegni di importo superiore a 12.500 euro devono necessariamente indicare il nome del prenditore ed avere la clausola “non trasferibile”35. La legge assegni non detta una specifica disciplina per il c.d. assegno in bianco, cioè mancante di alcuni elementi essenziali per la validità (es: indicazione della somma da pagare e/o della data e del luogo di emissione) e ciò ha fatto discutere se lo stesso sia comunque valido allorquando tali elementi formali mancanti al momento dell’emissione siano presenti al momento della presentazione del titolo. La tesi più rigorosa che propende per l’invalidità si basa sull’esigenza di evitare che l’assegno in bianco si tramuti in uno strumento di credito, al pari di una cambiale (come avviene anche col fenomeno degli assegni c.d. postdatati). Per converso la tesi che 34 Cfr. artt. 1-3 $L. 15 dicembre 1990, n. 386$, Nuova disciplina sanzionatoria degli assegni bancari, nel testo introdotto dal D.Lgs. 30 dicembre 1999, n. 507. V. anche $D.P.R. 14 marzo 2001, n. 144$Regolamento recante norme sui servizi di bancoposta (pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 94 del 23 aprile 2001). 35 Cfr.$D.L. 3 maggio 1991, n. 143$ convertito, con modificazioni, nella L. 5 luglio 1991, n. 197, Provvedimenti urgenti per limitare l’uso del contante e dei titoli al portatore nelle transazioni e prevenire l’utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio. (Pubblicata su Gazzetta Ufficiale n. 157 del 6 luglio 1991). Sulla normativa antiriclicalggio v. anche $D.Lgs. 25 settembre 1999, n. 374$ Estensione delle disposizioni in materia di riciclaggio dei capitali di provenienza illecita ad attività finanziarie particolarmente suscettibili di utilizzazione a fini di riciclaggio, a norma dell’art. 15 della legge 6 febbraio 1996, n. 52 (pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 253 del 27 ottobre 1999); e $D.Lgs. 20 febbraio 2004, n. 56$, Attuazione della direttiva 2001/97/CE in materia di prevenzione dell’uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi da attività illecite (pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 49 del 28 febbraio 2004). ammette la validità dell’assegno in bianco e del correlato accordo di riempimento trova conforto nella recente depenalizzazione dell’emissione di assegni incompleti o postdatati36 e si risolve in una sostanziale applicazione analogica della disciplina dettata in materia di cambiale [F_5.]. Da precisare che anche accogliendo la prima tesi, l’eventuale nullità dell’assegno emesso in bianco sarebbe inopponibile al terzo portatore a cui il titolo sia pervenuto già completo. [P_6.2. La circolazione dell’assegno bancario] L’assegno bancario è normalmente un titolo all’ordine e si trasferisce tramite girata [F_4.], ma può essere emesso anche al portatore. L’assegno rilasciato senza indicazione del prenditore vale come assegno al portatore ed in tal caso circola con la semplice consegna del documento. E’ possibile, tuttavia, emettere un assegno pagabile a persona determinata con la clausola non all’ordine, nel qual caso il trasferimento può avvenire solo con le forme e con gli effetti della cessione ordinaria. [P_6.3. Il pagamento dell’assegno bancario e azioni in caso di mancato pagamento] [CP_6.3] L’assegno bancario non solo è pagabile a vista, ma deve essere presentato per il pagamento, presso lo sportello della banca trattaria indicato nel titolo, entro i termini fissati dall’art. 32 legge assegni. Tale termine per gli assegni emessi e pagabili in Italia è di otto giorni dalla data di emissione, se l’assegno è pagabile nello stesso comune in cui fu emesso; di quindici giorni, se pagabile in altro comune. L’omessa presentazione dell’assegno nei termini comporta la perdita dell’azione di regresso [F_5.7.] contro i giranti ed i loro avallanti, non però verso il traente. Nell’assegno all’ordine la banca che paga è tenuta ad accertare, con la diligenza professionale dell’accorto banchiere, la regolare continuità delle girate, ad identificare colui che incassa ed a verificare che la firma del traente corrisponda a quella dallo stesso depositata al momento dell’apertura del conto corrente (c.d specimen). Effettuati questi controlli la banca si esonera dalla responsabilità nei confronti del traente. La banca non ha invece alcun obbligo nei confronti del portatore del titolo, tanto è vero che obbligati al pagamento dell’assegno bancario sono soltanto il traente e, ove ne ricorrano i presupposti, i giranti e gli avallanti37. Alla banca trattaria è anche vietata l’accettazione ed è nulla la girata del trattario (art. 18 legge assegni). Nell’ipotesi di rifiuto del pagamento della banca trattaria il portatore del titolo ha azione di regresso contro il traente, nonché come accennato, contro i giranti e gli altri obbligati (art. 45 legge ass.); la loro responsabilità è solidale e il portatore può agire contro ciascuno senza dover seguire un ordine particolare. L’azione contro i giranti e gli altri obbligati di regresso è tuttavia subordinata all’assolvimento di due condizioni: • che l’assegno sia stato presentato per il pagamento nei termini; 36 $L. 15 dicembre 1990, n. 386$, Nuova disciplina sanzionatoria degli assegni bancari. (Pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 226 del 20 dicembre 1990). 37 La banca che non paghi l’assegno bancario a fronte di un titolo regolare non può essere citata in giudizio dal portatore del titolo per sentirla condannare al pagamento, ma solo dal proprio cliente per ottenere il risarcimento del danno da inadempimento contrattuale. • che il mancato pagamento sia constatato con il c.d protesto [….] ovvero con dichiarazione del trattario, che attesti la tempestività della presentazione e il mancato pagamento (salvo clausola senza protesto […]). L’azione di regresso del portatore del titolo contro il traente e gli altri obbligati si prescrive in sei mesi dal termine di presentazione, mentre l’azione di ulteriore regresso dell’obbligato che ha pagato l’assegno contro gli obbligati di grado anteriore si prescrive invece in sei mesi dal giorno del pagamento. In caso di mancato pagamento dell’assegno è possibile esperire l’azione causale, cioè l’azione derivante dal rapporto obbligatorio che ha dato causa all’emissione o alla trasmissione dell’assegno (c.d. rapporto fondamentale). L’esercizio dell’azione causale è subordinata a due condizioni: che il portatore offra in restituzione l’assegno o lo depositi presso la cancelleria del giudice competente; e che il portatore abbia levato il protesto. In ultima istanza, il portatore dell’assegno può esercitare l’azione di arricchimento contro il traente o il girante, purchè il portatore abbia perduto l’azione cambiaria nei confronti di tutti gli obbligati per prescrizione o per decadenza, che il portatore non abbia azione causale nei confronti degli stessi (ad es: perché il rapporto fondamentale era invalido) e che il portatore abbia subito un danno patrimoniale cui corrisponde un ingiustificato arricchimento del traente Da ricordare, infine, che l’assegno in regola con la legge sul bollo è titolo esecutivo che, in caso di mancato pagamento, autorizza il portatore ad agire direttamente in via di esecuzione forzata contro gli obbligati senza doversi procurare un titolo giudiziale. [P_6.4. Clausole particolari apposte sugli assegni] [CP_6.4] Tipiche dell’assegno bancario sono alcune clausole, apposte dal traente o dal prenditore, al fine di ovviare ai rischi connessi alla possibilità di furti o smarrimenti del titolo. La clausola più rilevante in tal senso è quella di non trasferibilità, ai sensi della quale il titolo non può essere pagato se non al prenditore o, a richiesta di costui, accreditato nel suo conto corrente. Il prenditore, in tal caso, non può girare l’assegno se non ad un banchiere per l’incasso, il quale non può ulteriormente girarlo. La banca che paga un assegno non trasferibile a persona diversa dall’originario prenditore o dal banchiere giratario per l’incasso risponde del pagamento (art. 43, secondo comma, Legge assegni)38. Altra fattispecie rilevante, che offre una limitata tutela contro i rischi di furto o smarrimento, è quella dell’assegno sbarrato a cui vengono apposte due rette parallele sulla faccia anteriore. Nel caso di sbarramento generale l’assegno non può essere pagato che ad un banchiere o ad un cliente del trattario. L’assegno con sbarratura speciale può essere pagato solo al banchiere designato fra le sbarre, o se questi è il trattario, ad un suo cliente. 38 Controverso è se la banca girataria sia sempre e comunque responsabile, ovvero se possa liberarsi provando di essere immune da colpa, in quanto ha adottato tutte le cautele necessarie nell’identificazione del prenditore dell’assegno. Quest’ultima soluzione è largamente prevalente in dottrina (Cfr. tra gli altri MARTORANO, Pagamento di assegno non trasferibile, in I titoli di credito, a cura di PELLIZZI, Milano, 1980, pag. 362; OPPO, Diritto cambiario, diritto cartolare, diritto comune: una discussione sul titolo di credito, in Scritti giuridici, IV, Padova, 1992; Nello stesso senso è orientata la prevalente giurisprudenza a partire da Cass. 18 agosto 1997, n. 7658, 17 settembre 1997, 9249 e 11 ottobre 1997, 9888, in Banca, borsa e tit. cred., 1999, II, pag. 305. la soluzione opposta, che addossa alla banca il rischio del pagamento dell’assegno non trasferibile è sostenuta da SANTONI, Gli assegni non trasferibili, Napoli, 1988, pagg. 97 e ss, e nello stesso senso Cass. civ. 9 febbraio 1999, n. 1098, in Foro it., 1999, I, pag. 799. Altra clausola rilevante è quella “da accreditare”, con cui il traente o il portatore vietano che l’assegno sia pagato in contanti. Esso deve essere regolato dalla banca trattaria solo mediante scritturazione contabile (accreditamento in conto, compensazione, giroconto) [P_6.5. L’ammortamento dell’assegno] Rispetto alla disciplina dell’ammortamento della cambiale alla quale si rimanda [F_5.8.], in caso di assegno occorre tenere presente soltanto che l’art. 69 della legge assegni non distingue tra assegno all’ordine e assegno al portatore e perciò la procedura di ammortamento è eccezionalmente ammessa anche per quest’ultimo. Inoltre la procedura di ammortamento è esclusa per l’assegno bancario non trasferibile. Nel caso, quindi, di smarrimento, distruzione o sottrazione di assegno non trasferibile, il prenditore, dopo averne fatto denuncia, ha diritto ad ottenerne un duplicato, a proprie spese (art. 73 legge assegni). La giurisprudenza ha, dal canto suo, adottato una lettura rigorosa di quest’ultima disposizione, sancendo infatti “che il diritto di ottenere il duplicato dell’assegno bancario circolare non trasferibile smarrito, sottratto o distrutto, sorge soltanto allorquando lo smarrimento, la sottrazione o la distruzione venga denunciata sia al trattario, sia al traente e non anche allorquando la denuncia sia indirizzata ad alcuno soltanto dei due39”. Tale orientamento giurisprudenziale merita comunque adesione, stante l’autonomia del rapporto di provvista rispetto a quello di valuta. Diverso è il caso di assegno circolare non trasferibile [F_6.6.]. Il prenditore di assegno circolare non trasferibile, infatti, ha diritto di ottenere un duplicato del titolo smarrito, sottratto o distrutto dopo venti giorni dalla denuncia, a cura della filiale dell’istituto emettente presso la quale il furto, lo smarrimento o la distruzione sono stati denunciati. [P_6.6. L’assegno circolare] [CP_6.6] L’assegno circolare è un titolo di credito all’ordine emesso da una banca, a ciò autorizzata dall’autorità competente40, per somme che siano presso di essa disponibili al momento dell’emissione e pagabile a vista presso tutti i recapiti (filiali, agenzia etc..) indicati dall’emittente. L’assegno circolare ha dunque la struttura di una cambiale pagherò [F_5.] poiché contiene la promessa incondizionata della banca emittente di pagare a vista una determinata somma, anche se si differenzia da questa per la sua funzione di pagamento. L’art. 83 legge assegni indica i requisiti di forma, in mancanza dei quali l’assegno circolare è invalido: • la denominazione “assegni circolare” inserita nel contesto del titolo; • la promessa incondizionata di pagare a vista una somma determinata; • l’indicazione del prenditore del titolo; • l’indicazione della data e del luogo di emissione; • la sottoscrizione dell’istituto emittente. Per evitare che l’assegno circolare possa fare concorrenza alla moneta legale, lo stesso non può mai essere emesso al portatore, diversamente dall’assegno bancario. La banca autorizzata ad emettere assegni circolari in titoli a garanzia dei medesimi deve costituire presso la Banca d’Italia una cauzione in titoli a garanzia dei medesimi. 39 In tal senso App. Bologna, 26 ottobre, 1984, in Banca, borsa e tit. cred., 1986, II, pag. 64. L’emissione degli assegni circolari è consentita alle banche cui la Banca d’Italia ha concesso l’autorizzazione a norma dell’art. 49 Testo Unico Bancario. 40 Le banche autorizzate ad emettere assegni circolari possono affidarne l’emissione ad una o più banche corrispondenti. In tal caso l’assegno circolare è redatto sui moduli forniti dall’istituto autorizzato ed è munito del visto dello stesso. La disciplina del vaglia cambiario è applicabile all’assegno circolare in quanto compatibile, tuttavia, data la funzione di questo di mezzo di pagamento: 1. la girata a favore dell’emittente estingue il titolo; 2. il possessore deve presentare l’assegno per il pagamento entro trenta giorni dall’emissione, pena la decadenza dalle azioni di regresso; 3. la prescrizione triennale dell’azione diretta contro la banca emittente decorre dalla data di emissione anziché dalla presentazione. L’assegno circolare è sicuramente un mezzo di pagamento più sicuro dell’assegno bancario: il prenditore del titolo può infatti fare affidamento sulla solvibilità della banca emittente e può agevolmente negoziarlo o riscuoterlo presso tutti i recapiti della banca che lo ha emesso. Le caratteristiche suddette degli assegni circolari li rendono, infine, particolarmente indicati per i pagamenti a favore delle pubbliche amministrazioni. Si è in proposito osservato che “sebbene la versione aggiornata della norma relativa a tali pagamenti mediante titoli di credito non richiami espressamente gli stessi assegni circolari, a differenza della sua precedente stesura, l’interpretazione sistematica delle vigenti disposizioni sulla contabilità pubblica, indice comunque a ritenere tuttora utilizzabili tali assegni”41. [P_6.7. Le carte di credito e la carta assegni] [CP_6.7] Efficace, sicuro, nonché agile mezzo di pagamento, la carta di credito42 consiste in un documento che legittima il possessore (titolare) ad effettuare acquisti presso selezionati esercenti commerciali evitando, attraverso la presentazione della carta, il versamento immediato del prezzo. Circa la funzione economica della carta di credito, quella parte della dottrina che individua la peculiarità della carta di credito nella sua duplice funzione di strumento di credito e di pagamento, è stata oggetto di alcune obiezioni da parte di chi riconosce nel documento la funzione principale di pagamento, a cui quella di credito può considerarsi solo accessoria, in quanto non appare necessario che ad essa si accompagni sempre una concessione di credito43. 41 In tal senso TENCATI, Il pagamento attraverso assegni e carte di credito, Padova, 2003, pag. 496. Cfr. anche BONTEMPI, La negoziazione di assegni circolari destinati al pagamento di debiti nei confronti dello Stato, in Nuova giur. civ. comm., I, 1997, pagg. 624-629. Si veda, inoltre, art. 230 del r.d. 23 maggio 1924, n. 827, Regolamento per l’amministrazione del patrimonio e la contabilità generale dello Stato, in Gazzetta Ufficiale 3 giugno 1924, n. 130. 42 Sull’argomento fra gli altri cfr. DOLMETTA., La carta di credito, Milano, 1982; DE MARCHI., Carte di credito e carte assegni, in I Titoli di credito, a cura di Pellizzi, Milano, 1980; TENCATI, Il pagamento attraverso assegni e carte di credito, Padova, 2003; ALPA-BESSONE, Disciplina giuridica delle carte di credito e problemi di controllo del credito al consumo, in Giur. it., 1976, IV; RESTUCCIA., La carta di credito nell’ordinamento giuridico italiano e comunitario, Milano, 1999; SPADA, Carte di credito: “Terza generazione” dei mezzi di pagamento, in Le operazioni bancarie, a cura di G. Portale, II, Milano, 1978; MACCARONE, Le carte di credito nell’ordinamento giuridico italiano, in Bancaria, n. 1, 1991, pagg. 6 ess; BORRUSO, Gli aspetti legali della sicurezza nell’uso delle carte di credito e di pagamento, in Giust. it, 1992, II, pagg. 218 e ss; RIZZIERI, Carte di credito, in Riv. dir .civ., 1995, II, 223; 43 Sulla configurabilità della carta di credito come strumento di pagamento e di credito cfr. tra gli altri DE MARCHI, Carte di credito e carte assegni, in I Titoli di credito, a cura di PELLIZZI, Milano, 1980, pag. 416; SPADA, Carte di credito: “Terza generazione” dei mezzi di pagamento, in Le operazioni bancarie, a cura di PORTALE, Milano, 1978, pag. 903; MOLLE, I titoli di credito bancari, Milano, 1972, pag. Il differimento nel pagamento del prezzo costituisce l’elemento centrale e caratterizzante della carta di credito che la differenzia dalle figure economiche e giuridiche affini (v. la carta c.d. bancomat) nelle quali l’addebito per il titolare è sempre immediato, realizzando un trasferimento elettronico di fondi. Il differimento nel pagamento del prezzo può essere concesso direttamente dall’esercente commerciale e si parla in tal caso di carte c.d bilaterali, oppure da un terzo soggetto, e si usa allora il termine carte trilaterali 44. Le carte bilaterali si caratterizzano, dunque, per la mancanza di un collegamento con una banca che si pone come intermediario essendo finalizzate, essenzialmente, alla incentivazione delle vendite ed all’allargamento della clientela. Sono emesse, infatti, generalmente da grandi imprese dotate di una vasta gamma di distribuzione dei loro prodotti e vengono offerte ai consumatori che possono utilizzarle come strumento di pagamento presso i vari punti vendita della rete. Nelle carte trilaterali, viceversa, si assiste ad un’ipotesi di intermediazione nel pagamento. La carta trilaterale si basa, infatti, su di un duplice accordo. Il primo accordo si instaura tra l’emittente-intermediario ed una serie di esercenti commerciali che si impegnano a consentire l’acquisto mediante la presentazione di una carta di credito e sottoscrizione da parte del consumatore (titolare della carta), senza pretendere il contestuale pagamento in denaro. L’intermediario si impegna a sua volta a corrispondere, previo compenso, il prezzo dovuto dal titolare della carta, riservandosi di ottenerne successivamente il rimborso45. 396; COTTINO, Diritto commerciale, II, Padova, 1978, pag. 339; FABRIZI, Il credito al consumo, Napoli, 1976, pag. 86; RESTUCCIA, La carta di credito nell’ordinamento giuridico italiano e comunitario, Milano, 1999, il quale comunque conviene che “ il ruolo svolto dalla carta di credito, quale mezzo di pagamento, è così determinante da oscurare quello della concessione di credito, configurabile solo come uno strumento, anche se necessario, per l’attuazione del servizio di pagamento”. Nega, invece, totalmente il ruolo secondario svolto dal credito nella figura esaminata DOLMETTA, La carta di credito, Milano, 1982. 44 Le carte di credito trilaterali sono oggetto di un dibattito dottrinale che dura da oltre vent’anni e sebbene in questa sede non sembra opportuno ripercorrerne le tappe, segnaliamo che in merito all’applicabilità o meno alle carte di credito (trilaterali) della disciplina del credito al consumo, hanno negato tale applicabilità, escludendo ogni funzione creditizia alle carte di credito tra gli altri MACCARONE, Le carte di credito nell’ordinamento giuridico italiano, in Bancaria, n. 1, 1991, pagg. 6 ess; BORRUSO, Gli aspetti legali della sicurezza nell’uso delle carte di credito e di pagamento, in Giust. it, 1992, Ii, pagg. 218 e ss; RIZZIERI, Carte di credito, in Riv. dir civ., 1995, II, 223 e TROIANO, I servizi elettronici di pagamento, Milano, 1996, che preferisce individuare la prevalente funzione delle carte di credito nel “pagamento di transazioni di consumo”, con una dilazione del rimborso, dovuto all’emittente, risultante dal titolo, del tutto gratuito. Contra RESTUCCIA, La carta di credito nell’ordinamento giuridico italiano e comunitario, Milano, 1999. 45 Circa la disciplina applicabile al contratto tra l’operatore economico affiliato al circuito della carta e l’emittente della stessa, si veda le varie tesi prospettate in dottrina: la tesi della configurabilità di un contratto a favore di terzo, non priva di inconvenienti (Cfr. DE MARCHI, Carte di credito e carte assegni, in I Titoli di credito, a cura di PELLIZZI, Milano, 1980, pag. 418); la tesi per cui il rapporto emittente /operatore economico configura un contratto normativo (RESTUCCIA, La carta di credito nell’ordinamento giuridico italiano e comunitario, Milano, 1999, il quale osserva come “la predeterminazione del vincolo giuridico a carico del fornitore [che deriva da apposita clausola inserita nel contratto di regolamento del corrispettivo mediante carta di credito], autorizza a ritenere che il contratto da esso concluso con l’emittente, laddove si stabilisce la regolamentazione dei futuri rapporti contrattuali, abbia natura normativa.); la tesi di chi (cfr. TENCATI, Il pagamento attraverso assegni e carte di credito, Padova, 2003, pag. 958) ritiene che “la qualificazione come contratto normativo del rapporto emittente/fornitore convenzionato rapprenent(i) quella che risolve adeguatamente i problemi giuridici posti da tale rapporto” seppur continui a sussistere “l’esigenza di dettare un’appagante regolamentazione” e per questo richiama la disciplina della “prestazione in luogo dell’adempimento”, o istituti come la delegazione o come l’accollo. Autorevole dottrina si è schierata per entrambe queste ultime soluzioni (cfr. SPADA, Carte di credito:“Terza generazione” dei mezzi di pagamento, in Le operazioni bancarie, a cura di Portale, II, Milano, 1978, pag. 495; DI NANNI, Pagamento e sostituzione nelle carte di credito, Il secondo accordo intercorre tra l’emittente-intermediario e il consumatore- titolare (contratto di rilascio). In virtù di tale accordo l’emittente, previo compenso (commissione annua generalmente di modico valore), rilascia al consumatore una carta di credito, assegnandone solo il possesso e rimanendo la proprietà in capo all’emittente stesso, a mezzo della quale egli (consumatore) è legittimato ad effettuare acquisti presso gli esercenti convenzionati senza pagamento immediato del prezzo. Il titolare della carta si impegna di contro a corrispondere all’emittente alle scadenze pattuite il prezzo dei beni e dei servizi acquistati presso gli esercenti convenzionati46. Nella convenzione di rilascio tra emittente e titolare della carta di credito è regolarmente presente una clausola in forza della quale si preclude preventivamente al titolare della carta di opporre all’emittente qualsiasi eccezione relativa al rapporto con il venditore con riferimento al contratto di scambio concluso47. La carta assegni ( detta anche “carta bancaria”) è un documento rilasciato dalla banca a clienti correntisti con il quale la banca stessa garantisce ai beneficiari il pagamento degli assegni che il traente emetterà nei limiti di importo e in base alle modalità espressamente stabilite. Carta di credito e carta assegni costituiscono due entità distinte anche sotto il profilo delle funzioni che sono chiamate ad assolvere: la prima è un documento di legittimazione utilizzabile come mezzo di pagamento e di credito, la seconda non costituisce mezzo di pagamento ed è finalizzata soltanto a garantire il pagamento stesso. Diversa ancora la logica della carta di credito prepagata, che è una carta di pagamento ricaricabile che offre alti livelli di sicurezza, controllo via internet, comodità e convenienza. La carta prepagata rappresenta uno strumento perfetto per effettuare acquisti su internet, in particolare per quelli di piccolo importo. Offre un alto livello di tranquillità nell’utilizzo online in quanto la disponibilità limitata di fondi sulla carta ridimensiona i rischi di frode. La peculiarità della carta prepagata ricaricabile è che non richiede l’esistenza di un conto corrente bancario ed è prodotta in versione anonima. Questa tipologia di carta garantisce lo stesso status delle carte di credito internazionali ma con costi di gestione inferiori (non è di norma soggetta ad una quota di rinnovo annuale e le spese sono minime). La carta prepagata per essere usata deve essere prima caricata, quindi può essere usata per gli acquisti presso tutti i negozi che aderiscono al circuito scelto. [P_6.8. I bonifici] Napoli, 1984, pag. 357; PETTITI, In tema di carte di credito: profilo giuridico del pagamento sostitutivo, in Riv. dir. civ., I, 1988, pag. 601) 46 Cfr. Sul punto ONZA, “Il pagamento a mezzo di carta di credito: tra cessione e delegazione”, in, www.magistra.it, 3 marzo 2003. Cfr. sul punto la posizione di RESTUCCIA, La carta di credito nell’ordinamento giuridico italiano e comunitario, Milano, 1999, il quale constata come il fatto che l’emittente “vers(i) al fornitore e non al titolare, l’importo corrispondente al debito ex pretio, non può configurarsi come un pagamento delegatorio”. Tale posizione appare condivisa da quella dottrina che configura la carta di credito come un’operazione di credito al consumo. Così ALPA-BESSONE, Disciplina giuridica delle carte di credito e problemi di controllo del credito al consumo, in Giur. it., 1976, IV, pag. 111. 47 Circa la nullità di tale clausola contrattuale cfr. RESTUCCIA, La carta di credito nell’ordinamento giuridico italiano e comunitario, Milano, 1999, pag. 97, il quale osserva come “ il risultato unitario degli obblighi, nascenti dalla spendita della carta di credito, comportando la partecipazione dell’emittente, che assume un ruolo fondamentale in tutta la vicenda, inducono a ritenere nulle le clausole contrattuali di inopponibilità”; e BORRUSO, Gli aspetti legali della sicurezza nell’uso delle carte di credito e di pagamento, in Giust. it, 1992, II, pag. 221, che pur ritenendo, sulla base delle clausole contrattuali, esente da responsabilità l’emittente, per la bontà delle singole prestazioni fornite dagli esercenti convenzionati al titolare, ammette, tuttavia, la responsabilità per culpa in eligendo dello stesso emittente, in caso di mancata correttezza e di serietà professionale del fornitore, che dovrebbe essere scelto, per la stipula del relativo contratto di associazione con una particolare cura. Il bonifico bancario è uno strumento di pagamento alternativo alla moneta legale ampiamente utilizzato nella prassi, sebbene non disponga ancora di una disciplina legale o convenzionale propria48. L’uso del temine “bonifico”, già da tempo attestato dalla prassi49, indica l’operazione di trasferimento di fondi da una banca ad un’altra50. L’indeterminatezza della disciplina ad esso applicabile ha inciso in maniera negativa anche sull’inquadramento dell’istituto: spesso ricondotto nell’ambito del contratto di conto corrente bancario51, oppure attingendo all’istituto della delegazione e ravvisando in essa il meccanismo solutorio alla base del bonifico. Le novità legislative recentemente introdotte in materia di bonifici trasfrontalieri con il D.Lgs. 28 luglio 2000, n. 253 sono state allora dotate, da attenta dottrina52, di un rilievo sistematico e di una valenza applicativa in grado di incidere sulla disciplina del servizio di pagamento in esame. Nell’analizzare le diverse fasi in cui si articola la prestazione di questo servizio di pagamento al fine di delinearne le caratteristiche, dobbiamo prendere le mosse dall’accettazione da parte dell’intermediario dell’incarico di eseguire il bonifico conferitogli dall’ordinante, che rappresenta l’atto con il quale si avvia l’intera procedura. Con l’accettazione l’intermediario assume l’impegno nei confronti del cliente ad accreditare la somma indicata sul conto dell’ente del beneficiario entro il termine convenzionalmente pattuito. L’accettazione, non essendo soggetta ad alcun vincolo di forma, può essere manifestata anche per fatti concludenti, quali l’inoltro dell’ordine all’ente del beneficiario o l’addebito del relativo importo nel conto dell’ordinante. A tal fine, nella prassi seguita degli intermediari, rappresenta condizione necessaria (anche se non sufficiente) per accettare l’incarico, l’esistenza di una provvista e quindi di una copertura finanziaria sufficiente. L’ente incaricato di eseguire il bonifico, infatti, di norma non effettua il trasferimento delle somme indicate nell’ordine di bonifico utilizzando fondi propri, ma impiega la provvista messagli a disposizione dall’ordinante. Questo spiega anche perché l’intermediario accettante sia solito, già al momento dell’accettazione, addebitare il pagamento sul conto del disponente. Tale addebito, tuttavia, dovrà essere stornato dal conto dell’ordinante nel caso in cui l’importo del bonifico non venga accreditato sul conto dell’ente del beneficiario per fatto imputabile all’intermediario. 48 Il quadro normativo di riferimento appare tuttavia destinato a mutare con l’entrata in vigore del $ D.Lgs. 28 luglio 2000, n. 253$, pubblicato in Gazzetta Ufficiale 3 gennaio 2002, pag. 7, relativo ai bonifici transfrontalieri. 49 Cfr. Banca d’Italia, Libro bianco sul sistema dei pagamenti in Italia, Roma, 1987. 50 In dottrina l’operazione viene anche indicata come “bancogiro”. In tal senso SANTINI, Il bancogiro, Bologna, 1948; CAMPOBASSO, Bancogiro e moneta scritturale, Bari, 1979; SANTORO, Il conto corrente bancario, ne Il codice civile. Commentario diretto da P. Sclesinger, Milano, 1992, pag. 60; FARENGA, La moneta bancaria, Torino, 1998, pag. 171. Altri usano la locuzione “trasferimento bancario di fondi”, come SCIARRONE ALIBRANDI, L’interposizione della banca nell’adempimento delle obbligazioni pecuniarie, Milano, 1997, pag. 15. Sull’argomento si segnalano anche SCIARRONE ALIBRANDI, I bonifici transfrontalieri dalla direttiva 97/5/CE al D.Lgs. 28 luglio 2000, n. 253, in Banca, borsa, tit. cred., 2001, I, pag. 736; COSTA, Bancogiro “internazionale” e diritto italiano, in Banca, borsa, tit. cred., 1992, I, pag. 346. 51 Critico sul punto OLIVIERI, Compensazione e circolazione della moneta nei sistemi di pagamento, Milano, 2002, il quale osserva che “se tale impostazione poteva giustificarsi per uno strumento come l’assegno, che già trovava aliunde una propria compiuta disciplina; non altrettanto era a dirsi per il bonifico, la cui regolamentazione è stata per lungo tempo affidata alle scarne regole ricavabili dagli artt. 1856 e 1857 c.c.”. 52 Cfr. OLIVIERI, Compensazione e circolazione della moneta nei sistemi di pagamento, Milano, 2002; OLIVIERI, Prime riflessioni in margine alla direttiva (97/5/CE), sui bonifici transfrontalieri, in Diritto dell’Unione Europea, 1997, pag. 145. Si ritiene, inoltre, che costituisce fonte di responsabilità per l’ente che ha accettato l’incarico anche, il ritardo nell’adempimento di tale obbligo (di accreditamento), laddove sia stato stabilito dalle parti uno specifico termine entro il quale il bonifico doveva essere accreditato sul conto dell’ente del beneficiario. Altro profilo da esaminare è quello della revocabilità dell’ordine di bonifico da parte del disponente. Il cliente ha, infatti, facoltà di revocare l’incarico conferito alla banca, ai sensi dell’art. 1373 c.c., fino a che l’incarico stesso non abbia avuto un principio di esecuzione53. E’ quindi necessario ravvisare il momento iniziale dell’esecuzione dell’ordine di bonifico da parte dell’ente che ha accettato l’incarico. Se esso si ravvisa nell’addebito del relativo importo sul conto del disponente, in pratica si annullerebbe, o comunque si renderebbe eccessivamente gravoso, l’esercizio del diritto di recesso da parte del correntista; inoltre tale addebito rappresenta soltanto un atto propedeutico all’esecuzione dell’ordine di bonifico, che non rientra nel comportamento dedotto in obbligazione. Sembra pertanto più congruo ravvisare il momento iniziale dell’esecuzione del bonifico nell’invio delle somme all’ente del beneficiario, in quanto è questo il comportamento dedotto in obbligazioni fra le parti. Pertanto, fintanto che ciò non avvenga, rimane sempre per l’ordinante la possibilità di revocare l’incarico. Merita, infine, fare un accenno alle procedure che gli intermediari utilizzano per regolare tra loro l’esecuzione degli ordini di bonifico. Tralasciando di delineare nel dettaglio quelle che sono le caratteristiche essenziali delle diverse procedure di bonifico, in considerazione del fatto che gli accordi interbancari che regolano questo servizio di pagamento sono esposti a continui e repentini cambiamenti, possiamo comunque, almeno segnalare che i criteri in base ai quali tali procedure si articolano, sono sostanzialmente riconducibili all’ammontare dell’importo da trasferire e al carattere nazionale o estero dell’operazione. Le procedure che attualmente gestiscono i pagamenti sono, infatti, già diversificate in Italia e all’estero, in ragione degli importi trattati, anche se la soglia di volta in volta fissata per stabilire la rilevanza o meno dell’importo, da assoggettare ad una speciale procedura, varia a seconda dei casi54. [P_6.9. Il servizio bancomat] I processi informatici, applicati alle operazioni e ai servizi bancari, rendono oggi più veloce e meno dispendiosa la intermediazione nei pagamenti, e consentono di ridurre e addirittura eliminare lo scambio e la circolazione di contante. Tra i nuovi servizi bancari, che operano per mezzo di processi informatici, c’è il servizio Bancomat, che è operativo in Italia dal 1983. Questo servizio consente al titolare di un conto corrente bancario di prelevare contanti, entro determinati massimali giornalieri e mensili, presso la banca con la quale intrattiene il rapporto oltre che presso qualunque sportello automatico contraddistinto dal marchio Bancomat. Il servizio consente anche di eseguire pagamenti tramite terminale55 a favore di soggetti convenzionati titolari di esercizi commerciali, con addebito delle operazioni sul conto. L’operazione, infatti, presupponendo la qualità di correntista dell’utente, produce effetti direttamente sul conto corrente di quest’ultimo. 53 Cfr. art. 3, comma 4, delle Condizioni generali relative ai rapporti banca-cliente, pubblicate dall’ABI. Per un’illustrazione analitica di tali procedure cfr. OLIVIERI, Compensazione e circolazione della moneta nei sistemi di pagamento, Milano, 2002, pagg. 220 e ss. 55 Terminale contrassegnato dal marchio PagoBancomat. 54 Oltre al semplice prelievo di contante, inoltre, l’evoluzione tecnologica ha fatto sì che il distributore automatico di banconote (detto cash dispenser) sia in grado di dare all’utente informazioni riguardanti il suo rapporto di conto corrente e di eseguire altre operazioni (es: richiesta di estratti conto, ricarica di telefoni cellulari ecc.), tanto da assimilarlo ad un cassiere tradizionale56. Non è più prescritta la autorizzazione della Banca d’Italia alla apertura di sportelli automatici, già liberalizzata dal CICR con delibera risalente al 1986. Così come non è sottoposta a vincoli neppure l’apertura di ATM (automatic teller machine- Distributori automatici di banconote) che deve, comunque, essere realizzata nel rispetto delle tecniche prescritte. Il servizio bancomat è gestito dalla SIA (società interbancaria per l’automazione), alla quale spetta l’effettiva regolamentazione e gestione operativa del sistema, nonchè l’assistenza tecnica alle banche, la certificazione e la omologazione degli ATM. L’ABI (Associazione Bancaria Italiana) rappresenta, invece, l’ente “giuda” del sistema, soprattutto per quel che concerne la regolamentazione pattizia ad esso applicabile. L’accesso ai servizi Bancomat, nella duplice funzione di cash dispenser e di pagamento elettronico, presuppone il possesso di una carta magnetica57, da inserire nell’ATM o nel POS (Point of Sales- Punto di vendita). Per accedere al servizio, inoltre è necessario digitare il codice segreto di identificazione (PIN). Il servizio Bancomat ATM è assicurato tutti i giorni, 24 ore su 24, fatta eccezione per gli impianti situati all’interno degli sportelli bancari in cui vi sia un orario di apertura al pubblico. Il servizio PagoBancomat funziona, invece, negli orari di apertura al pubblico degli esercenti convenzionati. L’accessorietà del Bancomat al rapporto di conto corrente implica che i prelievi e i pagamenti siano consentiti nei limiti del saldo disponibile sul conto. Tuttavia, i terminali ATM e POS non dispongono del saldo del conto in tempo reale (il sistema non opera ancora on line), potrebbero allora essere eseguiti prelievi o pagamenti in eccedenza rispetto alla provvista. In questi casi la banca che ha rilasciato la carta rischia l’insolvenza dell’utilizzatore del servizio. Stesso rischio non corre, invece, la banca che tramite ATM ha messo a disposizione il contante, o l’esercente che ha incassato il pagamento tramite POS, che verranno sempre rimborsati dalla banca emittente la carta. L’accollo del rischio in capo alla banca che eroga il contante (o all’esercente che accetta il pagamento scritturale), infatti, vanificherebbe la credibilità e la funzionalità del servizio58. La documentazione del prelievo è affidata alle risultanze del c.d. giornale di fondo e dello scontrino rilasciato dagli ATM o dai POS. Attualmente le norme bancarie uniformi (NUB) prevedono, infatti, che “nei confronti del correntista fa prova anche la comunicazione scritta rilasciata dagli sportelli ATM e POS all’atto dell’operazione. E’, comunque, accadimento posto a carico del cliente l’eventuale mancata coincidenza tra il titolare della carta e l’autore effettivo del prelievo, mentre la banca è responsabile soltanto quando non abbia provveduto celermente al blocco della carta, allorquando il 56 Cfr. SILVETTI, voce Bancomat, in Trattato di diritto commerciale diretto da G. Cottino, Vol. VI, , Padova, 2001, pag. 650. 57 Sulla natura di documento di legittimazione della tessera Bancomat, Cfr. MACCARONE, I trasferimenti elettronici di fondi nel diritto italiano, in Bancaria, 1991, pag. 791. Contra DE POLI, Banca e automazione: il servizio Bancomat, in Riv. dir. civ., 1991, II, pag. 125. 58 Sui rapporti tra la banca emittente la carta e la banca pagatrice cfr. MAIMERI, Cassa continua e bancomat, in Enciclopedia del diritto, Aggiornamento, I, Milano, 1997, pag. 290; MAIMERI, Bancomat, in Digesto, IV, Sez. comm, II, Torino, 1987, pagg. 196 e ss; DE POLI, Banca e automazione: il servizio Bancomat, in Riv. dir. civ., 1991, II, pag. 12; DONADI, Bancomat, in Contr. e impr., 1988, pagg. 635 e ss. cliente dimostri di aver tempestivamente denunciato lo smarrimento o il furto della carta stessa. [P_6.10 La moneta elettronica] La moneta elettronica rappresenta un “recente” e sempre più diffuso mezzo di pagamento alternativo alla moneta legale: essa è basata sulla creazione presso banche o appositi istituti diversi dalle banche, denominati IMEL (Istituti di moneta elettronica) di una disponibilità monetaria a fronte della quale l’IMEL rilascia uno strumento elettronico (del genere carta prepagata [F_6.7.]) utilizzabile come mezzo di pagamento presso soggetti diversi dall’emittente. In data 27 ottobre 2000 è, infatti, entrata in vigore una direttiva europea (direttiva 2000/46/CE )59 sul sistema di pagamento telematico a cui l’Italia si è uniformata con la $Legge 1 marzo 2002, n. 39$, recante Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee 60, la quale ha introdotto nel nostro ordinamento una compiuta disciplina in materia di istituti di moneta elettronica (IMEL appunto), disciplina da ultimo integrata dalla deliberazione del C.I.C.R del 4 marzo 200361. Caratteristica distintiva delle operazioni effettuate tramite moneta elettronica, che la distingue dagli altri sistemi di trasferimento elettronico, quali ad esempio le carte di credito [F_6.7.], di debito etc [F_6.9.], dove i pagamenti sono regolati tramite trasferimenti tra conti bancari, consiste nel fatto che esse non implicano necessariamente la presenza di un conto bancario62. Le carte di debito o di credito, inoltre, rappresentano diverse tipologie di accordo bilaterale tra creditore e debitore, o tra commerciante e consumatore, mentre “la possibilità di qualificare un mezzo di pagamento come “moneta” presuppone che esso sia accettato come strumento di scambio da parte di una collettività più o meno ampia di soggetti”63. La moneta elettronica viene, in altri termini, distinta dagli strumenti elettronici di pagamento, intendendosi con tale termine riferirci all’applicazione delle più recenti tecnologie informatiche a strumenti di pagamento tradizionali o comunque dotati di autonome ed ormai ben delineate caratteristiche, come l’assegno [F_6.1.], il bonifico [F_6.8.]o le carte di debito [F_6.9.], i quali rappresentano delle modalità di circolazione della moneta bancaria che può essere realizzata (in tutto o in parte) anche per mezzo dell’ausilio di procedure telematiche64. 59 Direttiva del 18 settembre 2000, che all’art. 10 vincolava gli Stati membri a conformarsi alla disciplina comunitaria entro il termine del 27 aprile 2002. La carta prepagata è usata nelle transazioni face to face di importo limitato in sostituzione dei mezzi tradizionali (contanti e assegni); la moneta virtuale è stata invece sviluppata in vista di pagamenti a distanza senza limiti d'importo. A rigore, soltanto la seconda rientra nella logica dei servizi finanziari on line e dell'internet banking. 60 Legge pubblicata in Gazzetta Ufficiale del 26 marzo 2002, n. 72. 61 Cfr. anche Circolare n. 253 del 26 marzo 2004 (Fascicolo “Istruzioni di vigilanza per gli istituti di moneta elettronica (IMEL)”, in Bollettino di Vigilanza della Banca d’Italia, n. 3, marzo 2004, pubblicato sul sito della Banca d’Italia www.bancaditalia.it; nonché Decreto del 5 agosto 2004, n. 1419 del Ministro dell’economia e delle finanze sulla Organizzazione e governo societario delle banche, degli intermediari finanziari iscritti nell’elenco speciale di cui all’art. 107 TUB e degli IMEL, in G.U. del 26 agosto 2004, n. 200. 62 Sul punto cfr. TROIANO, I servizi elettronici di pagamento, Milano, 1996. 63 In tal senso OLIVIERI, Compensazione e circolazione della moneta nei sistemi di pagamento, Milano, 2002 64 Per una compiuta disamina delle nozioni di moneta bancaria (o scritturale), moneta elettronica e moneta legale cfr. OLIVIERI, Compensazione e circolazione della moneta nei sistemi di pagamento, Milano, 2002. Contra FARENGA, La moneta bancaria, Torino, 1998, il quale identifica la “moneta Alla stregua dell'art. 1, comma 3 lett. b) della direttiva 2000/46 relativa all'avvio, l'esercizio e la vigilanza degli istituti di moneta elettronica, per moneta elettronica si intende un valore monetario rappresentato da un credito nei confronti dell'emittente che sia: a) memorizzato su un dispositivo elettronico; b) emesso dietro ricezione di fondi il cui valore non sia inferiore al valore monetario emesso; c) accettato come mezzo di pagamento da imprese diverse dall'emittente. Cadono sotto questa definizione due strumenti: il borsellino elettronico (o smart card), che prende la forma di una carta prepagata munita di un microprocessore, suscettibile di impiego presso una pluralità di esercizi convenzionati e perciò detta multiuso e la moneta virtuale costituita da valori monetari registrati nella memoria di un elaboratore. Il primo schema di moneta elettronica può essere “caricata” attraverso i normali sportelli ATM/Bancomat, ovvero per telefono, dietro pagamento del corrispettivo in contanti o mediante addebito in conto corrente. All’atto del suo utilizzo presso uno degli esercenti convenzionati, il commerciante, attraverso il POS od altra apparecchiatura analoga, scala dalla carta un ammontare pari al corrispettivo dovuto per l’acquisto del bene o del servizio; quindi provvede ad inviare la moneta elettronica alla propria banca affinché richieda all’emittente la sua conversione in moneta legale o scritturale. Per i consumatori questo strumento consente di ridurre la quantità di contante necessaria ad effettuare pagamenti di modesto ammontare e i rischi derivanti dallo smarrimento o dal furto della tessera, in quanto generalmente essa è accompagnata dall’uso di un codice di identificazione personale. Gli esercenti, dall’altra parte, vedono ridurre i rischi di mancato pagamento da parte del cliente. Gli emittenti, infine, guadagnano interessi sulle somme incassate al momento dell’emissione della carta. La seconda e più recente tipologia di moneta elettronica è, invece, rappresentata da quei servizi che consentono al titolare di effettuare pagamenti attraverso reti telematiche, come ad esempio internet, utilizzando un apposito programma istallato sul proprio computer. Taluni sistemi presentano inoltre la possibilità di garantire l’autenticità della moneta elettronica attraverso procedure di verifica da parte dell’emittente65. La più rilevante differenza tra lo schema utilizzato per spendere la moneta elettronica sulle reti telematiche e quello adottato per le carte multiuso è la possibilità che presenta il primo di effettuare pagamenti a distanza tra soggetti lontani, che raramente si conoscono e che talvolta sono sottoposti ad ordinamenti giuridici diversi; anche per questo alcuni sistemi sono in grado di assicurare l’anonimato della transazione. Tra le caratteristiche della moneta elettronica si evidenzia, la sua rimborsabilità. L’art. 114-bis, terzo comma, del Testo Unico Bancario stabilisce che il detentore di moneta elettronica ha diritto di richiedere all’emittente il rimborso al valore nominale della moneta elettronica in moneta legale ovvero mediante versamento su di un conto corrente, corrispondendo all’emittente le spese strettamente necessarie per l’esecuzione elettronica” con i trasferimenti elettronici di fondi e ricomprende in essa le carte di debito POS, il Bancomat ed i servizi di Home Banking. 65 Cfr. OLIVIERI, Compensazione e circolazione della moneta nei sistemi di pagamento, Milano, 2002, il quale rileva sul punto che “la moneta digitale viene dapprima emessa sotto forma di sequenza randomica di numeri alla quale viene associato un determinato valore monetario e quindi caricata nella memoria del computer del titolare. Quest’ultimo, nel momento in cui decide di effettuare un pagamento con moneta digitale, la trasferisce via rete al venditore. Tuttavia, per verificare che non si tratti di moneta già utilizzata o contraffatta, il sistema trasmette la sequenza di numeri alla banca emittente, la quale la convalida attraverso un sistema di crittografia analogo a quello usato per autenticare la firma digitale e la invia nuovamente al commerciante” dell’operazione66. Il contratto tra istituto emittente e detentore, che si realizza atraverso uno scambio (o conversione) fra un determinato ammontare di moneta (legale o scritturale) ed un credito di valore non superiore ad essa, deve contenere, a tal fine, indicazioni chiare sulle condizioni del rimborso e può prevedere un limite minimo67. La nuova disciplina introdotta nell’art. 114-bis Testo Unico Bancario, in attuazione dell’art. 55 della legge 1 marzo 2002, n. 39, prima richiamata, prevede che gli istituti di moneta elettronica, diversamente dalle banche, possano “svolgere esclusivamente l’attività di emissione di moneta elettronica mediante trasformazione immediata dei fondi ricevuti”. Inoltre, “nei limiti stabiliti dalla Banca d’Italia, gli istituti possono svolgere altresì attività connesse e strumentali, nonché prestare servizi di pagamento”, mentre è loro preclusa “la concessione di crediti in qualunque forma”. Alla moneta elettronica la dottrina riconosce, recentemente, la natura giuridica di titolo di credito (sia pur dematerializzato) al portatore68. A sostegno di questa tesi depone il tenore letterale della definizione normativa che descrive in termini di “diritto di credito” il contenuto della situazione giuridica spettante all’acquirente di uno strumento di moneta elettronica, nonché la sua incorporazione su un supporto informatico69. Dovendosi qualificare la struttura del rapporto obbligatorio che si stabilisce tra soggetto emittente e utente del nuovo mezzo di pagamento possiamo, in prima approssimazione, osservare che la fattispecie moneta elettronica corrisponde ad una delegazione di pagamento, in cui vi è un soggetto (delegante) che ha la legittimazione ad ordinare ad un altro soggetto (delegato) di pagare ad un terzo (delegatario) un certo importo. Nel caso della moneta elettronica si ha, infatti, un contratto che nei limiti della provvista impegna appunto l’emittente delegato a provvedere ai pagamenti richiesti dall’utente delegante70. [P_6.11. Il mandato informatico di pagamento] A decorrere dal 18 gennaio 1999, in applicazione del $D.P.R.20 aprile 1994, n. 367$ concernente il “Regolamento recante semplificazione e accelerazione delle procedure di spesa contabili”71, è stato avviato il nuovo sistema di pagamento denominato “mandato 66 Conformemente all’art. 3 della direttiva 2000/46/CE applicabile anche agli enti creditizi ai sensi dell’art. 1 par. 1 punto 2, direttiva 2000/28/CE. 67 Nella Circolare n. 253 del 26 marzo 2004 (Fascicolo “Istruzioni di vigilanza per gli istituti di moneta elettronica (IMEL)”, in Bollettino di Vigilanza della Banca d’Italia, n. 3, marzo 2004, pubblicato sul sito della Banca d’Italia www.bancaditalia.it, si legge in particolare che il contratto può prevedere, coerentemente con la disciplina comunitaria, che siano esclusi rimborsi per importi inferiori a 5 euro. 68 In tal senso Cfr. GUARRACINO, Titolo di credito elettronico e documento informatico, in Banca, borsa, tit. cred., 2001, I, p. 514. 69 Cfr. sul punto DEVESCOVI, Titoli di credito e informatica, Padova, 1991. Alcuni rilievi critici a questa tesi vengono, invece, espressi da OLIVIERI, Compensazione e circolazione della moneta nei sistemi di pagamento, Milano, 2002, il quale osserva come “ la qualificazione di tale strumento come titolo di credito appaia di dubbia utilità, attesa la difficoltà di applicare alla fattispecie in esame le norme dettate per i titoli di credito della medesima specie del nostro codice civile (artt. 2003 ss., c.c)” e ancora “ciò che osta in sommo grado al suo accoglimento è la difficoltà di ravvisare nella specie una circolazione del (diritto di ) credito con le caratteristiche di astrattezza, letteralità ed autonomia che caratterizzano i titoli di credito della medesima specie”. 70 In tal senso BESSONE, I documenti “titoli di credito”, in AA.VV., Lineamenti di diritto privato, Torino, 2003. Sulla moneta elettronica Cfr. TROIANO, Gli istituti di moneta elettronica, in Quaderni di ricerca giuridica della Consulenza legale, a cura della Banca d’Italia, n. 53, Roma, luglio 2001, pagg. 12 e ss.; DI FONZO, La moneta elettronica: confronto tra la normativa comunitaria e la legge italiana, in Archivio Ceradi, L.U.I.S.S., Luglio 2001, Roma, pagg. 5 e ss.; FARENGA, La moneta bancaria, Torino, 1998. 71 L’art. 1 del D.P.R. n. 367 del 1994 stabilisce che i pagamenti dello Stato, ma anche degli enti pubblici, per effetto dell’estensione dei principi in esso contenuti prevista nell’art. 22, sono effettuati, di regola, con informatico”, grazie al quale gli ordinativi diretti emessi dalle amministrazioni statali, una volta inseriti - a cura degli Uffici Centrali di Bilancio - nel Sistema Informativo della Ragioneria Generale, vengono dematerializzati [F_3.] e per via telematica sono inviati alla Banca d’Italia ai fini del successivo accredito sul conto corrente bancario o postale del beneficiario72. Il mandato informatico è, dunque, un’evidenza elettronica, dotata di validità amministrativa e contabile, che sostituisce, a tutti gli effetti, il mandato di pagamento cartaceo prodotto dall’ente. Il conferimento della validità giuridica è attribuito dalla firma digitale, che permette di identificare il sottoscrittore e di garantire l’integrità del documento. I mandati sono sottoscritti dal dirigente generale del dipartimento affari finanziari e programmazione o da altri funzionari abilitati ad operare in sua sostituzione. Sono sottoposti a firma anche i documenti relativi a rettifiche, riduzioni, annullamenti, notifiche di annullamento e richieste di blocco. I vantaggi dell’adozione del mandato informatico per gli enti della pubblica amministrazione sono molteplici: dall’eliminazione dei flussi di carta senza più necessità di conservare i documenti cartacei (dematerializzazione dei titoli di spesa), all’ottimizzazione degli spazi (riduzione degli spazi di archiviazione), dall’accelerazione dei tempi e dei processi di pagamento, al controllo tempestivo degli esiti dei flussi informativi trasmessi al Tesoriere. Una soluzione progettata a misura delle esigenze specifiche di Pubbliche Amministrazioni e delle banche che potrà apportare innovazione tecnologica garantendo il rispetto di due principi fondamentali: sicurezza e flessibilità. [P_7. I certificati di deposito] I certificati di deposito sono titoli negoziabili, assimilabili ai titoli di credito, rappresentativi di depositi a scadenza vincolata, che vengono emessi dalle banche. In altri termini, il risparmiatore (depositante) presta alla banca una somma di denaro con vincolo di scadenza (non potendo richiederne il rimborso anticipato), ricevendo in cambio un titolo rappresentativo del prestito effettuato. Vengono emessi certificati di deposito con scadenze che possono variare da 3 a 18 mesi che sono detti certificati a breve; esistono però anche certificati con scadenze comprese tra i 18 ed i 60 mesi, per questo detti certificati a medio-lungo termine. titoli informatici, e che l’estinzione dei titoli di spesa si effettua in via ordinaria mediante accreditamento sui conti correnti bancari o postali dei creditori, ovvero mediante gli altri mezzi di pagamento disponibili sui circuiti bancario e postale, secondo la scelta operata dal creditore. La documentazione dei titoli, a partire dall’impegno, può essere sostituita a tutti gli effetti, anche ai fini della resa dei conti amministrativi o giudiziali, da evidenze informatiche, compresi i supporti ottici. L’art. 6 del D.P.R. n. 367 individua il mandato il mandato informatico come strumento ordinario praticamente per tutti i tipi di pagamento di spese pubbliche , in luogo degli ordinativi cartacei. 72 Si veda sul mandato informatico anche art. 15 del $Decreto Legislativo 7 agosto 1997, n. 279$, Individuazione delle unità previsionali di base del bilancio dello Stato, riordino del sistema di tesoreria unica e ristrutturazione del rendiconto generale dello Stato (in G. U. n. 195 del 22 agosto 1997); Circolare del Ministero del Tesoro 26 maggio 1998, n. 48; Circ. Tesoro 6 novembre 1998, n. 75 e Circ. Tesoro 14 dicembre 1998, n. 81; Circ. Tesoro del 27 luglio 1999, n. 41; Circ. Tesoro del 20 dicembre 2000, n. 40, sul sito della Ragioneria Generale dello Stato - Ministero dell’Economia e delle Finanze: http://www.rgs.mef.gov/CIRCOLARI. Cfr. anche $D.P.R. 445 del 28 dicembre 2000$ recante Disposizioni legislative in materia di documentazione amministrativa (pubblicato nella G. U. n. 42 del 20 febbraio 2001), che ha richiesto alle Pubbliche Amministrazioni di predisporre sistemi tecnologici per la gestione informatizzata dei procedimenti amministrativi entro il 1° gennaio 2004 (cfr. in particolare art. 50, comma 3). Non è prevista una specifica forma cartolare per i certificati di deposito, per i quali, pertanto, esiste, in forza del principio generale della libertà di creazione dei titoli di credito (art. 2004 c.c.) un'ampia diversificazione. Il certificato di deposito è, dunque, un certificato, emesso al portatore, rilasciato dalla banca dietro versamento di una somma di denaro, che conferisce al possessore legittimo il diritto di riscuotere, alla scadenza, la somma più gli interessi in essa maturati. Tali certificati rappresentano una delle forme di deposito a risparmio vincolato a tempo, regolate a tasso fisso. I principali rischi tipici, generici e specifici, insiti in tale titoli di credito sono: • l’impossibilità di beneficiare di eventuali fluttuazioni dei tassi al rialzo; • l’utilizzo fraudolento da parte di terzi del certificato di deposito al portatore, nel caso di smarrimento o sottrazione, con conseguente possibilità di prelievo del saldo da persona che appare legittimo titolare del certificato; va osservata, pertanto, la massima attenzione nella custodia del titolo; • Esclusione dalla garanzia del Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi. A differenza delle obbligazioni (altro strumento di raccolta delle banche), i certificati di deposito sono titoli di credito che hanno carattere individuale, poiché ogni titolo rappresenta una specifica operazione di prestito.