CRONACA P A G I N A 19 ComoNatura IL SETTIMANALE DELLA DIOCESI DI COMO - 23 OTTOBRE 2010 ECCO DOVE RACCOGLIERNE I FRUTTI Castagno, l’albero del “pane” P er gli amanti di questo gustoso frutto, assai diffuso anche sulle nostre montagne, il momento è quello giusto. Lasciata ormai l’estate dietro le spalle l’autunno porta con sé la magia e il mistero di questo bene, per secoli compagno inseparabile delle nostre tavole in virtù dell’elevato valore nutritivo e della sua lunga conservabilità. Diffuso a grappolo tra le nostre montagne il castagno ha “scelto” nel tempo alcuni luoghi in cui diffondersi e mettere radici, agevolato dalle particolari condizioni climatiche e dalle caratteristiche del terreno. Tra le aree comasche in cui questa specie appare più diffusa spicca la zona del Triangolo Lariano, quell’ampio territorio verde idealmente racchiuso tra i territori di Como, Torno, Nesso, Bellagio, Canzo ed Erba e sotto la tutela e valorizzazione della Comunità Montana Triangolo Lariano. Un agevole ausilio per conoscere da vicino questi luoghi e la ricchezza di cui sono portatori e la maestosità di alcuni castagni è il libretto curato da Stefano D’Adda lo scorso anno “Luoghi e castagni nel Triangolo La- L’autunno porta con sé la magia e il mistero di questa risorsa il cui prodotto è stato, per secoli, compagno inseparabile delle nostre tavole sintesi a cura di MARCO GATTI riano”. Un territorio assai ricco di boschi quello di cui stiamo parlando: 15.766 ettari, pari a circa il 60% dell’intera superficie comunitaria. Boschi in larga parte costituiti proprio da castagneti. Più nello specifico da formazioni in cui il Castagno europeo appare la specie esclusiva o nettamente dominante. Il Triangolo Lariano non si distingue soltanto per l’ampia diffusione di questa specie, ma anche per la presenza di alcuni “giganti”. Su questi spicca il “Castanun de Buncava”, un castagno di dimensioni maestose la cui imponente figura si erge lungo il fianco settentrionale del Monte Colla, a circa 900 metri di quota, in alta Vallassina, territorio comunale di Barni. Alto 32 metri, un tronco dalla circonferenza che supera i 7 metri, ha un’età stimata di circa 250 anni. Il “Castanun de Buncava” è un castagno da primato, ma non l’unico, di ragguardevoli dimensioni, presente nel territorio della Valassina, a pieno titolo considerato il regno dei “castagnoni”. Dentro i suoi confini sorgono, infatti, quasi tutti gli alberi monumentali censiti all’interno della penisola lariana. Delle 20 segnalazioni castanili raccolte in tutta la provincia di Como, per un totale di 47 alberi monumentali, 10 siti ricadono all’interno del perimetro della Comunità Montana del Triangolo Lariano e di questi ben 9 in Valassina. Nell’ambito di quest’ultima, il comune più ricco di castagni monumentali è Valbrona, che in 5 siti delle località di Madonna delle Febbre, Monte e Valcerrina, detiene il primato di ben 15 “castagnoni”. Secondo il censimento degli alberi monumentali delle provincia di Como, effettuato nel 2008, i castagni di ragguardevoli dimensioni individuati all’interno del Triangolo Lariano sono 31. Ben 28 di questi 31 esemplari sorgono sopra i 750 metri di quota. Il castagno europeo è Ul castanun de Buncava una specie amante del sole e dei climi miti. Nel Triangolo Lariano è in genere presente dai circa 300 metri di quota delle riviere lacustri ai 900 dei rilievi più interni. L’attuale grande diffusione della specie è, per lo più, imputabile alla mano dell’uomo, che, proprio in virtù della bontà e dell’abbondanza delle sue produzioni legnose e frutticole, l’ha portata non soltanto nei luoghi e negli ambienti ad essa congeniali, ma anche in quel- li più estremi, dove mai sarebbe potuta crescere spontaneamente. Tutto ciò è stato possibile grazie all’elevata plasticità ecologica della pianta, che le consente di adattarsi ad un vasto ventaglio di condizioni ambientali. ITINERARI D’AUTUNNO Nel Triangolo Lariano tanti luoghi da visitare T ra i siti più interessanti da visitare, in questo periodo autunnale, all’interno del Triangolo Lariano, spicca la selva di Caglio, ai piedi del Monte Falò. È prevalentemente costituita da castagni selvatici, dunque non innestati. Oggi una comoda strada agrosilvopastorale la attraversa per intero risalendo le falde solive del Monte Falò e attestandosi tra i panoramici pascoli della Colma di Caglio. La visita alla Selva di Caglio si sviluppa lungo un percorso ad anello che attraversa diversi paesaggi vegetali e culmina tra i pascoli delle dolci selle di Caglio e Sormano, lungo il panoramico sparti acque che divide il bacino del Fiume Lambro da quello del Torrente Noseè. Un altro “castagnone” dall’indubbio fascino si staglia lungo l’antica mulattiera che unisce la Valbrona alle rive del Lario. Sorge accanto al santuario della Madonna delle Febbre, dal quale il grande castagno, formato da tre grossi fusti, prende il nome. Dei tre fusti il maggiore ha una circonferenza di oltre 3 metri e mezzo, il più piccolo poco meno di tre. Tra i siti assolutamente da visitare dagli amanti del castagno c’è anche la selva di Rezzago, distesa sul dolce terrazzo morenico di Enco, lungo le falde settentrionali della dorsale montuosa compresa tra il Dosso della Fornace e la Croce di Pizzallo. Il castagneto di Enco è in realtà chiamato dagli abitanti di Rezzago Pian di costàn, ovvero “Piano delle castagne”. La visita alla selva di Rezzago si sviluppa lungo il “Sentiero del Castagno”, un percorso tematico attraverso il quale è possibile cogliere gli aspetti salienti di questo notevole paesaggio. L’itinerario si avvia da piazza Felice De Mattia (m 633), posta accanto al Municipio da dove è già possibile ammirare, verso sud, il terrazzo morenico di Enco. Il particolare tra il borgo di Rezzago e le selve castanili è suggellato anche nello stemma comunale, che unitamente al simbolo del castello medioevale, di cui si conservano alcune vestigia, riporta anche la stilizzazione di un albero di castagno. UN FRUTTO NUTRIENTE Per secoli e sino alla metà del Novecento una larga parte della popolazione rurale, della montagna in particolare, ha avuto nella castagna un fondamentale alimento per quattro-sei mesi l’anno. Nel medioevo una famiglia di quattro persone riusciva a sopravvivere addirittura per un anno alimentandosi principalmente dei frutti forniti da una piccola selva di una cinquantina d’alberi. Dotata di una capacità calorica per ettaro 2-3 volte superiore a quella dei cereali tradizionali, con quantitativi d’amido e proteine simili a quelli della patata e del frumento e una sostanziale povertà di lipidi, cioè di grassi, la castagna ha sempre rappresentato un alimento prezioso, cucinato nei modi più diversi: arrostita, lessata, pelata, al latte. Per non parlare di ricette che prevedevano minestra di castagne, riso e latte, zuppa di castagne e porri, gnocchi di castagne e polenta di castatne. Per generazioni di contadini il castagno è stato “l’albero del pane”, proprio in virtù del valore ad esso attribuito nella tavola. Un bene prezioso che ha attraversato i secoli e del quale, pur sotto diverse forme, oggi abbiamo ancora la fortuna di godere a pieno. Alla castagna, oggi, non si chiede più di sfamare la gente, ma di essere un cibo sano e genuino capace di evocare l’ambiente e la cultura dai cui nasce. Uno scrigno di memoria dei sapori e della cultura montana.