~ .. -.-\ FENICE CHE MAI
:EPPE AEDO l IDOLEGGIARE '
::;: . .; ''li .\forelli
• marzo del 1837 Honoré de Balzac
mra. a Venezia, dove è giunto la
sc~a prùna, un tal barone Galvagna,
::; ~rarrare con lui, per procura , ma
-; successo, di alcuni affari ereditari
-~· comi \'isconti-Guidoboni, marito
~ ..o<')ie. da tempo suoi amici , natura.=.ati parigini. Il barone firma di
n .,.rado quanto gli propone l'af. -cendato scrittore, in vesti di faccendiere. il quale si può concedere codal q al 20, sei giorni di disimpe. · diporti lagunari. Di quel che gli
, ade riferisce anche in una lettera
C!'ntessa Clarina Maffei (nel cui
-;: milanese ha incontrato giorni
;-;.a anche Alessandro Manzoni , un
he non gli piace).
•a _ri sei giorni Balzac va anche a
:~~o: precisamente al teatro Apollo,
.tk ., an Luca, badie Goldoni,
ll!'P.•:a dalla riva del Carbon pasper un tratto di calle coperta da
· che conduce dal canale, diret·e. alla porta laterale del teatro.
,., orridoio predisposto ad boe, a
. ·ezione dalla pioggia e ad uso del- • ·:t dei clienti del teatro La Feomentaneamente dislocati alo già che il teatro di campo San
è disastrosamente bruciato, da
.....;1. e che mancano ancora sei
:illa sua ricostruzione per cura
- ~emeri ;\leduna.
W';naca. Balzac assiste ad uno
-a> o singolarmente misto, mon=enerici fondali e quinte di do-- comprendente le due brevi
, ;~ene del primo atto della Pza
mer di Donizetti (nella secone due \'Ì tro,·erà anche, ma evi· =n;e non potrà riconoscerlo, il
........__,..,"·"·: !a cui melodia carpisce ed
es::-x Git.:.Seppe \ 'erdi per far intona• _
• ~.;l. quasi vent'anni dopo,
"1. il celeberrimo «Amami Alxancamente tutto il secon.:na senz<1 l'<<aria delle dona Pta e. infine, una
- e II». :orse dal econdo atto dei
..· cune \'arie e disarticolate
- :.e. dunque, inframmezzare
-~es~ del «Balletto anacreonPao o amengo (un passo a
""'-.:.., a cinque e un ballabile
;o \ èndetta d'amore, e
Fo .e i può congetturare
.:-... ~o. sulla w delle sezioni li~:-e .ùl'a;cenzione dello scrit· e, · una accademia canora
e parti dei oli illustri cancomp<~gnia: Ronconi,
:..u
=
In nessun modo lo spettacolo toccato
in sorte a Balzac era dotato di una
neppur minima chance di appeal
drammarico-drammaturgico. Ciononostante lo scrirrore reagisce poeticamente in maniera superba. Pur non
disponendo di un autentico vissuto. in
soggettiua, del già mitico spazio teatrale della Fenice (in cui non può metter
piede essendo il teatro del tutto svaniro nel nulla e non ancora "rinato'' ) egli
ambienta significativamente, comunque, <<alla Fenice», una gran parte dell'importante bre,·e romanzo. intirolato Massimilla Doni. che consegnerà all'editore Plon il 25 maggio dello stesso
r837 (romanzo breve poi sistemato definitivamente nelle 73 pagipe d'aperrura della seconda parte - Etudes pbilosopbiques - del quindicesimo volume
della Comédie bumaine nelle opere
complete edite da Fume, Dubochet
ed Hetzel ).
Nel breve romanzo, Balzac si impersona alternando realtà e finzione nella
sensibilità dei protagonisti di una vicenda di educazione sentimentale di
due giovani: la fiorentina Doni e il nobiluomo veneziano Emilio Memmi
(fo rse, recte, un Memmo. mal trascritto) . Una vicenda dal plot tortuosamente tutto reclinato su una dilatatissima cronaca teatrale sviluppata dall'interno di un palco fenicèo e in più
serate, la cui stringata e incalzante peripezia amorosa intricatissima di gelosie di cantanti, di gondole. di lettere
cadute in acqua, di stanze da letto con
apparizioni, tutto è fuorché riassumibile. Ma anche una vicenda che, se
pur tirata per i piedi a trascinarsi in un
bagno di colore locale oleografico e
falsissimo, ampiamente dimostra di
essere il vero ritrovamento dell'occasione giusta, da tempo ricercata, di
dar forma letteraria persuasiva alle sue
(di Balzac) idee estetiche sulla musica
e la sua (della musica ) recezione "poetica": un ritrovamento che avviene,
per transitus, nell'espressione di una
sorta di diario ermeneutico del Mosè
di Rossini, a sua volta idealmente (più
"idealmente" di così non è certamente possibile) collocato, tale diario , in
uno spazio idealissimo: un palco di
pepiano di un teatro storicamente da
pochi mesi svanito tra le fiamme, e, ripeto, non ancora rinato, ed in quel
palco, insinuato nel cuore di una donna che viene investita da un turbine di
idee sull'arte. Idee apparentemente
desunte dal farsi, dall'andare, quasi in
tempo reale, di scene e scene liriche
ambigue: oratoriali e melodrammatiche, m·vero né oratoriali né melodrammatiche come sono quelle del
,\1osè che sta andando in scena in una
Fenice ove non è mai andato in scena,
men che mai nel marzo del 1837,
quando il teatro è in cenere.
A tanta mistificazione corrisponde
però, ripeto , un fort issimo coinvolgimento di verità.
Il ,\ fosè di cui è intrisa la narrazione
della novella non è infatti il rifacimento francese. alla moda dell'Opéra,
Jfoi'se et pf,araon. celebrato a Parigi.
ben noto a Balzac, del vecchio ,\fosè~·n
Egitto. italiano, napoletano del r8r8,
ma proprio piuttosto, si potrebbe dire
in modo più acconcio, il }.Josè napoletano che era andato in scena a Parigi,
al Théatre Italien, nel r832 , r833, r8J+.
1835. t837, e che Balzac 1·uole però ùnmaginare a Venezia alla Fenice. Immaginarlo lì per "idoleggiare" al meglio
le sue personali idee sulla musica . Idee
per le quali rivendica alle gens de !ettre. ossia ai tipi come lui, il diritto di
essere esercizio di libertà di giudizio e
di lettura dello spettatore ingenuo e
intellettuale. Libertà che competono
al mondo di chi la musica l'ascolta per
quel che deve essere: ossia tutto fuorché una cosa riservata agli "addetti ai
lavori ", melofili professionali ecc. (<~Te
pense que les artistes seraient bien
embarassés, s'il ne travaillaient que
pour eux, bien malheureux s'il n'étaient jugés par eux mèmes ... >>l. Una
attenta lettura del romanzo, confrontando i libretti e le traduzioni a fronte,
ci fa scoprire, però, che i riferimenti di
Balzac al testo dell 'opera rossiniana
ascendono a ben prima del r832-r8}7, a
dieci anni prima, al 1822 quando era
stata eseguita, sempre al Théatre Italien, in una serata accademica (w ottobre: in onore di Giuditta Pasta), ossia in semi-concerto, in forma d'oratorio (similmente a quel che accade nelle serate para-fenicèe all'Apollo nel
1837), con una cantante virtuosissima e
capricciosa, la Cinti Damoureau , a far
da "seconda" alla Pasta, che va peraltro ad ispirare sin troppo visibilmente
l'invenzione del personaggio detenninante del romanzo veneziano, il cui
nome è, diciamo, guardacaso, Tinti
(<<la Tinti>>).
C'è da aggiungere che esplicitamente
nella dedica della Massimi/la Doni,
ben quindici anni dopo il 1822, l'anno
di quelle prime impressioni d'ascolto,
Balzac rievoca, fra i ringraziamenti, un
vero addetto ai lavori, Jacques Strunz,
ilmusicologo che gli ha evidentemente orientato i pensieri musicali falsi-in genui, ovvero ingenu i-accomodati dJ
un "libero ascoltatore dilettante". olo e soltanto un autentico passaggio
per Venezia gli consente, però, sfrut·
tando il doppio sogno immaginati\·c
del teatro che aveva esalato gli ultim.
exploits creativi di Rossini, di operare
la transustanziazione "letteraria " de:.
suo senso (personale, privato) de!'
musica. Senza Fenice, niente romanzo
e, senza romanzo , niente mélo .
Cambio di rullo.
La stessa Fenice accoglie ancora far;tasmaticamente, nelle prime intenn::r
ni del suo autore, la conclusione in;'èlice di un mélo melodrammatico in c~
si narra, siamo nel 19!2, un "rom=
di formazione " che fa incrociare ~­
problematiche di una creazione a:stica inattingibile con le ripercu sr
sentimentali-sessuali nella biogratÌ;:;
un artista. L'opera, si tratta questa,.
ta di un 'ope ra in tre atti di grand1 ~­
mensioni e dalla partitura ùnpegn.:;vissima, laboriosamente covata perquindicennio da Franz Schreker
autore massimo di quel secessiollli
viennese che elabora per ogni 1·e _
per dritto, ma soprattutto per tr
so, la tematica della introvabilità
l'opera e della ispirazione e la c
rienza abissale delle zaffate dell·.
no dell'Unbewusste), porta il ci·
emblematico di Der /erne Klang.
Il mano lontano. Il suono di un_
sica essenzialmente <<lontana dal
do>> che un compositore, Frirz
cercando nella immaginazione ..:.
pe lontanissime toccate dalle
spettrali del vento cosmico>>. Per
dare alla ricerca di quella ideah-.;,
tana Fritz abbandona la sua ac
Grete, la quale per inseguirlo .
moratissima com 'è, fugge da ca>
nisce per cadere vittima, raggi un;..
nezia, nel suo cammino d',-\.:
fuggiasca, di una orrenda ten u~
una casa di piacere, orrido br-:
muranese, ove è ritrovata dal . :
Fritz che ancora vaga alla ricedel suo mitico suono lontano c _
se di una agognata sifilide isprr
Ripudiata, oltraggiata, dall'imr cliente, Grete assiste in incogn
prima dell'opera di Fritz in
L'arpa), poi travolta dall'eli!
fugge da quel teatro (una Fen.:.'"
"allusa ") dove via via dopo _
momenti di consenso la rapp:
zione si avvia a subire un re~·
sco. Fritz disperato inseguè
Grete, intravista in un palco, riesce infin ea a reincontrarla, grazie ad un
am ico, ritrova in un momento di tenero abbandono il suo amore e fra le lacrime del perdono reciproco comincia
a sentire finalmente il «suono lontano» che sta ricercando inutilmente da
sempre: il suono che dovrebbe generare finalmente la sua opera. Vanamente, perché la morte lo coglie fra le
braccia dell' amante nel momento stesso in cui la sua intuizione poetica semivuota comincia a prende re form a di
coscrenza.
Altro cambio di rullo.
n genio spettrale del mélo evocato
d alla pura idea della Fenice ritorna in
grande nella messa in musica (in 4 Acten, 6 Bildem) della balzachian a Massimilla Doni real izzata con fermissimo
im pegno, dopo un decennale u·avaglio creativo, dal compositore svizzero
Othmar Schoeck. Potrebbe far rab b ri vidire il letto re sensibile alla misti ca dei segni del destino sapere che la
Massimilla Doni di Schoeck andò in
scena cento cronometrici anni esatti
dopo la soirée pseudo- fe ni cèa di Balzac, proprio ilr4 marzo 1937, a Zurigo.
L'ispirazione del compositore è terri bilmente condi zionata dalla fatalità
generata dalla opportunità di far tran sitare alla dimensione meta-teatrale la
rap presentazione di un a "Fenice rappresentata in opera". Nella Massimilla
schoeckiana, oso dire "ovviamente" , il
compositore operista non può assu mere la vera " ragione poetica" del suo
modello letterario (che era una nascosta e trepid a volontà di dire la musica
qu al è come la si sente), ed accoglie
p ertanto come struttura portante il
p retes tuoso intr igo ro manzesco di
Balzac. Ma, ad evitare miracolosamente il tracollo di un 'operazione inutile, interviene La Fenice, ossia il teatro veneziano, che fa vorticare ispirativamente la evolu zione metateatrale
della sua apparizione in scena. Il teatro è visto dall' ol/stage, dalle quinte, e
quel che va in scena non è una rappresentazione, ma una prova, di giorno! , e non è nep pure un a prova del
Mosè, quan to qu ella di una allegoria
neo-classica, anacronistica, demodée,
che conce rn e (<<" Im Teatro Fenice" . ..
sulla scena a des tra e a sinistra da uno
a d ue palchi, in mezzo lo spazio scenico aperto . . . alcuni macchinisti spin gono degli elementi scenici - un paesaggio greco - ed i coristi aspettano in
gru ppi>> ) una favola del ratto d 'E uropa (che forse allude a un ulteriore
sprofondamento allusivo alla citazione dello spettacolo inaugurale non
della Fenice ma della Scala). A chi vi
si volesse applicare (e lo merita , l' opera di Schoeck non merita l'oblio cui si
è in1mediatamente destinata), risulterebbe chiaro che la assunzione dello
scenario immaginario della Venezia
romantica trattata roman zescamente
serve al musicista per trarre l'energia
specifica di un esp erim ento di
"espress ionismo svizzero" (ovvero di
un a sensibilizzata presenti ficazio ne
identitar ia del novecentismo targato
CH , la quale nutre la sua collocazione
d 'area espressionista con la ra ppresentazione poeti ca di insistiti conflitti
stilistici irrisolti: così come nella
Penthesilea kl eisti ana dello stesso
Schoeck , l'urto eli un a narrati va classica con le sonorità e le ritmiche più
barbare inventate da un euro peo, qui ,
nella Massimilla la rievocazione convenzionale del rom anzesco lagunare
infasti dita dalle app arenze di un o scenario classico a sua volta intruso in
una mon umentale dimensione d 'anacronismi rococò qual è quella Fenice
nuova ideata dai Meduna che Schoeck
ben conosce e rimemora negli scatti
immagin ativi del suo testo ).
Ultim o cambio di rullo.
Non meno geniale, nel senso della voracità ispirativa della idea-Fenice, clelIa icona-Fenice, q uale Circe maga seduttrice e levatrice, balia, nurse di
espress ioni artistiche latenti, dalla fioritura stoppata, vuoi nel senso della
vera espressione, vuoi in quello della
risicata confezio ne di un prodo tto
d'arte, è fors e la combina zione embriologica eli un film , un film la cui natura mélo s'innalza spo ntaneamente al
quad rato proprio nella misura in cui
va acl annidare la sua ragion d'essere,
la ragion d'esserci come film , in una
rappresentazione immaginari a ma reale, vera e fal sa nel suo essere tu tta "girata" lì, della Fenice. Un film tanto
poco no to ed amato in Italia, quanto
beniamino e best-seller nelle vas te lande del Regno Unito (ove non si dà cittadin o maschio o femmina dai cinquant'anni in su che, al solo accenno
della canzone del film, non sobbalzi e
subito sopra ci canticchi appassionatamente) . n film di cui sto di cendo è
del1948, si intitola The [Legend o/the]
Glass Mountain, il regista è un qu asi
anonim o H enry Cass, vi reci tano Valemin a Cortese, Michael D enison, Tito Gobbi, Elena Rizzieri, dirige la musica di Nino Rota, Franco Ferrara.
Ce rcherò ora di restringere oltremodo
la trama del racconto veramente singo lare che sostiene un 'azione olt remodo melodramm atica. U n musicis ta
aviatore militare estremamente inglese
cade negli ultimi giorni dell a seconda
guerra mon diale con il suo aereo sul
monte Cristallo, vicino a Corrina , soccorso, viene accudito dalla figlia del
dottore di Cortina, e nell'andare della
convalescen za, sullo sfond o eli un racconto eli una leggenda di amanti persi
e che si rit rovano solo da fantasmi,
morti precipitati dal monte Cristallo,
musicista e infermierina si innamorano, anch e se la figlia del dottore sta ri congiungendosi con un partigiano rito rn ato a casa e il compositore sta per
ritornare a casa a convive re con la moglie inglese e a scrivere un 'opera lirica
sul soggetto dell a leggenda degli
amanti del monte C ristallo. Il compositore per finire bene, "dal vero " la
sua opera , ritorn a a Cortina a chiudere così la sua creazione fra le nevi leggend arie. Qui si riaccende la passione
per la figlia del dottore ed an che si
perfeziona il contatto con la sovrintendenza della Fenice per rappresentare l'opera a Venezia durante un festival di mu sica contem poranea. In effe tti il com positore ama la sua opera
più che l'ispiratrice del li bretto della
stessa, ma non è facile distin guere le
due passioni in crociatesi nel fa rsi dell'opera la quale viene effettivam ente
portata in scena alla Fenice. Fenice,
sul cui palcoscenico si svolge il tragico
racconto alpinistico -sentimentale inton ato con grandi effetti sinfonici e
sperti cato dispiegam ento di canto lirico verista. Nel corso della recita però
si fa vedere più volte un a poltrona della platea della Fenice, vuota. Vuota
perché attende infatti, invano, l'arrivo
in aereo speciale, un biposto, da Lond ra , della moglie del composito re, la
quale invece è precip itata sul monte
Cristallo proprio mentre l'o pera sta
anel and o in scena. Il trionfale successo
fi nale è fun estato dalla notizia dell'in cidente aereo, l'am ante montan ara
dell 'inglese Lbera il compositore da
ogni promessa d'amore e il giovan e artista può raggiungere le squadre di
soccorso che hanno ritrovato la moglie inglese ancora viva, con la quale si
ri congiunge con comm osso trasporto.
Ben trent acinque minuti del film riprendono l'ope ra, la sala, gli uffici, i
camerini e gli altri annessi del vero
teatro La Fenice e progressivamente si
avverte che solo e soltanto graz ie a
;:;re e
razione storica di cui ecservazione. di quel m
è, qual era, dO\.-è. dO\_-e;-a..
Ma è anche vero che n
tratta già che il Ga::omondo del cinema nel I ·
ne Titanu s, mentre La m
I tallo in vece già era \-em:mondo nel 1948, produn
glese, distribuzione. sc:m;
!era Film .
Non p lagio quindi ma p;-ema::;;=:oe
una premonizione che n
go dei soliti quindicr annr ~i:u±:=
cova il tentativo di una rni:
trovabile rappresentazione
bio di sentimento della insentimento della Storia. n ~
Fenice (per 35 lunghi minu
vidamento ).
' Da Diamantina. rrematreesuno
dal Diario del '72 (nella einaudia.Comini t98o, pp. 499) <<Poiche l
un 'arcana l deità posra a guardia
l dei sommi Mercuri ali non si a
Adelheit. appare come può tra
verna baluginare l una Fenice che
aedo l idoleggiare, l così com-iene.
' In efferri Nino Rora aveva gia r
nel 1946 gli abbozzi d i una sinforna 1
ti. remi , sviluppi entrano di peso n
n a della Montagna di cristallo. e po1
ancor più pesantemente nella
Gal!opardo, per poi sfociare in una
niti\·a sinfonia tutta d 'autore intito
nia per una canzone d'amore (altri
nidopol.
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Una Fenice che non seppe mai aedo / idoleggiare