RIPRESA ECONOMICA E BASILEA 3:
Strumenti e strategie
LE RELAZIONI TRA LE COOPERATIVE E LE BANCHE
VERSO UN NUOVO MODELLO DI PARTNERSHIP
Massimo Ferracci
20 Giugno 2011
Roma, 20 giugno 2011
PROF. MASSIMO
FERRACCI
Agenda
1. Lo scenario macro economico;
2. Approfondimento delle novità introdotte
dall’accordo interbancario “Basilea 2 e 3”:
come cambia il rapporto banca – impresa;
3. Profili qualitativi: il contesto in cui operano le
cooperative italiane;
4. Question time.
Roma, 20 giugno 2011
PROF. MASSIMO
FERRACCI
2
Agenda
1.
Lo scenario macro economico
Roma, 20 giugno 2011
PROF. MASSIMO
FERRACCI
3
Scenario
Sociale
Globalizzazione
Integrazioni etniche
Evoluzioni tecnologiche
Politico
Interazioni tra Sistemi
Privati
P.A.
Impresa
Intermediari finanziari
Normative
Equilibri internazionali
Economico
Roma, 20 giugno 2011
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Circuito economico e finanziario
Consumi
Lavoro
IMPRESE
Mercato
reale e
monetario
FAMIGLIE
Beni e Servizi
Retribuzioni
Roma, 20 giugno 2011
PROF. MASSIMO
FERRACCI
IMPRESE
Conseguono PROFITTI
Acquisiscono Fattori
produttivi
IL Margine d’Impresa è
FAMIGLIE
Conseguono REDDITI
Cedono Fattori produttivi
la differenza tra
Il RISPARMIO è la
differenza tra
RICAVI - COSTI
REDDITO - CONSUMI
Settore
normalmente
in deficit di finanza
Roma, 20 giugno 2011
Settore
occasionalmente
in deficit di finanza
PROF. MASSIMO
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Principali flussi monetari
Borsa
Imprese
Intermediari
Finanziari
BANCA
Sistema
P.A.
Privati
Roma, 20 giugno 2011
PROF. MASSIMO
FERRACCI
Agenda
2.
Approfondimento delle novità
Introdotte dall’accordo interbancario
“Basilea 2 e 3”: come cambia il
rapporto banca – impresa
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PROF. MASSIMO
FERRACCI
8
Obiettivi della regolamentazione
STABILITÀ
A LIVELLO
MACROECONOMICO:
STABILITÀ DEL
MERCATO NEL SUO
COMPLESSO
IL MERCATO È STABILE
OVE DISPONGA DI
MECCANISMI DI
PREVENZIONE DELLE
PATOLOGIE E SIA IN
GRADO DI ASSORBIRE
LA CRISI DI UNA
SINGOLA IMPRESA
ALLOCATIVA:
CAPACITÀ DEL
SISTEMA DI ALLOCARE
EFFICIENZA IN MODO OTTIMALE I
MEZZI FINANZIARI
FORNITI DAI
RISPARMIATORI
Roma, 20 giugno 2011
A LIVELLO
MICROECONOMICO:
EQUILIBRIO GESTIONALE
DEI SINGOLI
INTERMEDIARI
FAVORENDONE
PATRIMONIALIZZAZIONE,
DIVERSIFICAZIONE DEL
PORTAFOGLIO,
CONSAPEVOLE GESTIONE
RISCHI
TECNICO-OPERATIVA:
CAPACITÀ DEGLI
INTERMEDIARI DI OFFRIRE
I PROPRI PRODOTTI AL
MINOR COSTO POSSIBILE
PROF. MASSIMO
9
FERRACCI
Il Comitato di Basilea per la
vigilanza bancaria
Finalità:
• regolare cooperazione in materia di vigilanza bancaria
• migliorare e rafforzare le prassi di vigilanza e di gestione
del rischio a livello mondiale
Il Comitato è composto da rappresentanti di banche
centrali e autorità di vigilanza di Arabia Saudita, Argentina,
Australia, Belgio, Brasile, Canada, Cina, Corea, Francia,
Germania, Giappone, Hong Kong SAR, India, Indonesia,
Italia, Lussemburgo, Messico, Paesi Bassi, Regno Unito,
Russia, Singapore, Spagna, Stati Uniti, Sudafrica, Svezia,
Svizzera, Turchia.
Il Segretariato del Comitato ha sede presso la Banca dei
Regolamenti Internazionali a Basilea, Svizzera.
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FERRACCI
10
Gli accordi di Basilea
• BASILEA 1 - RISCHI DI CREDITO - 1988
• BASILEA 1 - RISCHI DI MERCATO - 1994
• BASILEA 2 - COMPREHENSIVE VERSION – 2004/GIUGNO 2006
• DIRETTIVE 2006/48/CE E 2006/49/CE DEL 14 GIUGNO 2006
• DL 297 DEL 27.12.2006
• CIRC. BI N.263 DIC.2006 NUOVE DISPOSIZIONI DI VIGILANZA
PRUDENZIALE
• BASILEA 3 - 2010
ALTRA “REGOLAMENTAZIONE” :
- PRINCIPI FONDAMENTALI PER UN’EFFICACE VIGILANZA BANCARIA - 2006
- PREVENZIONE DELL’UTILIZZO DEL SISTEMA BANCARIO PER IL
RICICLAGGIO DI FONDI DI PROVENIENZA ILLECITA – 1988
- RAFFORZAMENTO DEL GOVERNO SOCIETARIO NELLE ORGANIZZAZIONI
BANCARIE
- COMPLIANCE AND THE COMPLIANCE FUNCTION IN BANKS – 2005
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FERRACCI
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La logica degli Accordi di Basilea
L’armonizzazione internazionale delle regole
• Evitare una “competizione nel lassismo”
• Evitare distorsioni concorrenziali
Stabilità sistema finanziario internazionale
• microeconomica: assicurare solvibilità singole banche
• macroeconomica: ridurre le probabilità di crisi sistemiche
TUTELA DEL RISPARMIO E DEL SISTEMA PRODUTTIVO
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12
Gli Accordi di Basilea
IL RUOLO CENTRALE DEL CAPITALE
Il capitale proprio (Patrimonio di Vigilanza) è il primo presidio a
fronte dei rischi connessi con l’attività bancaria e il principale
parametro di riferimento dei requisiti prudenziali e per le
valutazioni delle AdV .
Il capitale assicura la solvibilità delle banche se è allineato al
complessivo profilo di rischio della banca, ovvero in grado di
assorbire le perdite che potrebbero verificarsi ed evitare la crisi
dell’azienda.

Il Comitato di Basilea fissa standard condivisi a livello
internazionale su dotazione patrimoniale minima (e aspetti
organizzativi) delle banche.
ma … il capitale costa (remunerazione azionisti):
le banche tendono a minimizzare il capitale impiegato
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PROF. MASSIMO
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I 3 “PILASTRI”
DI BASILEA 2
1° pilastro
requisiti
patrimoniali
minimi per
fronteggiare i rischi
tipici dell’attività
bancaria:
- di credito e di
controparte
- di mercato
- operativi
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2° pilastro
controllo
prudenziale
Banche: strategia e
processo di controllo
dell’adeguatezza
patrimoniale,
attuale e prospettica
(ICAAP). Le AdV
verificano affidabilità
e coerenza dei
relativi risultati
(SREP).
3° pilastro
disciplica di
mercato
obblighi di
informativa
al pubblico
riguardanti
adeguatezza
patrimoniale,
esposizione ai rischi
e caratteristiche
generali dei relativi
sistemi di gestione e
controllo
PROF. MASSIMO
FERRACCI
14
1° Pilastro: rischio di credito
Requisito:
8% attività suddivise in portafogli omogenei (retail, corporate,
settore pubblico, banche, mutui, ecc.) ciascuno ponderate
per il proprio rischio
Diversi metodi di ponderazione
Approccio Standard:
Coefficienti
ponderazione
predefiniti (basati
anche su eventuali
rating esterni)
Approccio IRB:
Coefficienti ponderazione definiti
mediante rating interni basati su fattori
di rischio
In parte stabiliti da
OdV
Foundation
Totalmente stimati
dalla banca
Advanced
Complessità crescente  più requisiti organizzativi da soddisfare
per conseguire benefici in termini di requisiti patrimoniali
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IL 2° PILASTRO DI BASILEA II
ICAAP - Internal Capital Adequacy Assessment Process
processo per determinare il livello di capitale adeguato a
fronteggiare tutti i rischi, anche diversi da quelli presidiati dai
requisiti patrimoniali di 1°pilastro, nell’ambito di una valutazione
dell’esposizione, attuale e prospettica, che tenga conto delle
strategie, dell’evoluzione del contesto di riferimento, nonché di
eventuali situazioni congiunturali avverse (stress test)
SREP Supervisory Review and Evaluation Process
attività dell’AdV volta a verificare l’affidabilità e la coerenza dei
relativi risultati e adottare eventualmente le opportune misure
correttive.
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PROF. MASSIMO
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16
2° PILASTRO:
I rischi considerati nell’ICAAP
tutti i risk considerati
nel Pillar 1
credito
mercato
tutti i risk non
considerati dal Pillar 1
rischio
reputazionale
rischio
strategico
altri
risk
rischio di
concentrazione
rischio tasso
rischio liquidità
operativi
rischio
residuale
(da garanzie)
Roma, 20 giugno 2011
rischi legati a
cartolarizzazione
PROF. MASSIMO
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17
Origini della crisi
La crisi ha avuto origine negli Stati Uniti dal
segmento dei mutui “subprime” e dei
prodotti strutturati
è nata in comparti del sistema finanziario che
non erano regolamentati.
Le sue conseguenze sono risultate amplificate
dall’azione di soggetti che non erano sottoposti
a una vigilanza adeguata alla loro operatività e
al loro potenziale impatto sulla stabilità del
sistema nel suo complesso.
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Crisi finanziaria: le cause e i
“fallimenti” della regolamentazione
Squilibri macroeconomici e politiche monetarie accomodanti.
Deregulation e crescenti pressioni concorrenziali.
Ricerca di alti rendimenti da parte delle banche.
Innovazione finanziaria.
 Generale sottovalutazione del rischio:
– gravi limitazioni nelle tecniche di gestione dei rischi
– forti distorsioni nel sistema di incentivi alla base del
modello “originate to distribute”
– eccessiva fiducia nella possibilità che i mercati potessero
trasformare i prestiti bancari in strumenti negoziabili
– illusione della diversificazione del rischio, attraverso la
creazione di prodotti strutturati complessi
Roma, 20 giugno 2011
PROF. MASSIMO
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Le banche italiane e la crisi (I)
nel complesso il sistema bancario italiano ha mostrato una buona
capacità di tenuta. Le banche italiane hanno resistito alle prime fasi
della crisi meglio di altre, a motivo
dell’ampia quota
di raccolta da
clientela al dettaglio
di un modello di
intermediazione
più tradizionale
di una supervisione
prudente
Roma, 20 giugno 2011
PROF. MASSIMO
FERRACCI
20
Le banche italiane e la crisi (II)
Nelle prime fasi della crisi l’impatto è provenuto, soprattutto per gli
intermediari più grandi, dal brusco calo della disponibilità di fondi sui
mercati internazionali della provvista; l’accresciuta percezione del
rischio di controparte rendeva più difficile anche per le banche
italiane l’accesso ai mercati internazionali
Nel 2008 i depositi e le obbligazioni detenuti
Da intermediari non residenti si sono ridotti di
48 miliardi di euro, un calo concentrato quasi
interamente nei primi cinque gruppi bancari.
Per far fronte all’inaridimento delle fonti di provvista estera, le
banche hanno accresciuto la raccolta presso le famiglie, soprattutto
con un maggior ricorso alle obbligazioni, relativamente onerose.
Roma, 20 giugno 2011
PROF. MASSIMO
FERRACCI
21
Le banche italiane e la crisi (III)
conseguentemente….…
aumento del costo
medio della raccolta
arretramento dei
profitti
utili si sono ridotti
di oltre il 40%
Il livello di patrimonializzazione del sistema
bancario italiano si è mantenuto al di sopra dei
minimi regolamentari.
Roma, 20 giugno 2011
PROF. MASSIMO
FERRACCI
22
Le banche italiane e la crisi (IV)
Le banche italiane, come quelle di altri
paesi, devono ora fronteggiare gli effetti del
peggioramento dell’economia reale.
L’esperienza passata indica che l’emersione
delle sofferenze segue con ritardo il
peggioramento della congiuntura.
Roma, 20 giugno 2011
PROF. MASSIMO
FERRACCI
23
Le lezioni della crisi
La crisi ha posto in evidenza la necessità di rafforzare la
regolamentazione finanziaria e l’azione di supervisione. La
stabilità finanziaria è condizione necessaria per assicurare
lo sviluppo dell’economia.
Roma, 20 giugno 2011
PROF. MASSIMO
FERRACCI
24
Le lezioni della crisi
Squilibri nei bilanci degli intermediari possono esercitare un
forte impatto sulle prospettive di crescita del settore reale.
Un’attenta gestione della liquidità, la disponibilità di
adeguate riserve patrimoniali e, più in generale, una
corretta misurazione dei rischi sono fattori chiave per
evitare che si inneschino circoli viziosi tra fragilità
finanziaria, capacità delle banche di finanziare l’economia e
crescita.
Roma, 20 giugno 2011
PROF. MASSIMO
FERRACCI
25
che fare?
Riparare e rifondare il sistema
finanziario mondiale
Con la riflessione stimolata dalla crisi è stato delineato a livello
internazionale un intenso programma di riforme della
regolamentazione finanziaria e del sistema dei controlli di vigilanza.
Alla luce delle strette interconnessioni tra paesi e mercati, l’efficacia
di tali interventi dipende dall’intensità del coordinamento
internazionale che ha richiesto, e sta richiedendo, uno sforzo senza
precedenti.
alla crisi globale occorre dare risposte
coordinate a livello internazionale
Il coordinamento deve riguardare sia le politiche monetarie che quelle
di vigilanza, a beneficio della stabilità del sistema finanziario
Roma, 20 giugno 2011
PROF. MASSIMO
FERRACCI
26
La revisione della regolamentazione
finanziaria
I paesi del G20 hanno dato
mandato al Financial
Stability Board di formulare
specifiche raccomandazioni,
chiedendo ai comitati tecnici
di settore di tradurle in
interventi concreti
Roma, 20 giugno 2011
Il Comitato di Basilea
Ha formulato una serie di proposte
volte a superare le criticità
evidenziate dalla crisi finanziaria
L’Unione Europea
Ha emanato un primo gruppo di
modifiche alla disciplina
prudenziale degli intermediari che
anticipano una parte delle proposte
di Basilea 3
PROF. MASSIMO
FERRACCI
27
La risposta del comitato di
Basilea alla crisi (Basilea III)
1. Miglioramento della qualità del capitale base per una
migliore capacità di assorbimento delle perdite
2. Aumento del livello del capitale, con incremento del
common equity, e la previsione di 2 buffer patrimoniali
(capital conservation buffer e buffer “anticiclico”)
3. Aumento dei requisiti di capitale per le cartolarizzazioni
complesse, per le esposizioni nel trading book, per il rischio di
controparte
4. Imposizione di un leverage ratio che non contempli la
ponderazione per il rischio ma che comprenda le poste sotto
la linea
5. Introduzione di due standard minimi di liquidità per il
breve (LCR) e per medio termine (NSFR)
6. Innalzamento degli standard per il processo di controllo
prudenziale (2° pilastro)
7. Miglioramento dell’informativa al pubblico (3° pilastro)
Roma, 20 giugno 2011
PROF. MASSIMO
FERRACCI
28
AUMENTO DEL LIVELLO
DI CAPITALE DI QUALITA’ ELEVATA
CALIBRAZIONE SCHEMA PATRIMONIALE
REQUISITI PATRIMONIALI E BUFFER (IN PERCENTUALE ATTIVITA' DI RISCHIO)
COMMON EQUITY (al
netto delle deduzioni)
PATRIMONIO DI
BASE
(TIER 1)
PATRIMONIO
TOTALE
MINIMO
4,5
6
8
CAPITAL
CONSERVATION
BUFFER
2,5
MINIMO + CAPITAL
CONSERVATION BUFFER
7
8,5
10,5
BUFFER ANTICICLICO
0-2,5
Roma, 20 giugno 2011
PROF. MASSIMO
FERRACCI
29
Regime Transitorio
Le grandi banche necessitano, a livello aggregato, di un
ingente apporto di patrimonio addizionale per poter soddisfare
i nuovi requisiti.
La maggior parte delle banche di dimensioni minori,
particolarmente importanti per il finanziamento delle piccole e
medie imprese, soddisfa già tali standard più elevati.
applicazione graduale dei nuovi standard
Ciò contribuirà ad assicurare che il settore
bancario sia in grado di rispettare coefficienti
patrimoniali più elevati attraverso ragionevoli
politiche di accantonamento degli utili e di aumenti
di capitale, sostenendo in pari tempo il credito
all’economia
Roma, 20 giugno 2011
PROF. MASSIMO
FERRACCI
30
Regime Transitorio – I tempi
Coefficienti patrimoniali:
dal 1° gen. 2013 aumenteranno ogni anno,
fino a raggiungere il livello definitivo alla fine del 2018:
dal 1° gen. 2013 il requisito minimo per il common equity sarà
innalzato
dal 2% al 3,5%; il requisito minimo per il patrimonio di base (tier 1) dal
4 al 4,5%.
Il 1° gen. 2014 le banche dovranno soddisfare un requisito del 4% per
il
common equity e del 5,5% per il tier 1. Il 1° gen. 2015 i requisiti
minimi
saranno elevati al 4,5% per il common equity e al 6% per il tier 1
Gli strumenti di capitale che non soddisfano i criteri per la computabilità
nel common-equity tier 1 saranno esclusi a partire dal 1° gen. 2013
gli aggiustamenti prudenziali saranno dedotti dal common equity per il
20% del loro valore dal 1° gen. 2014, per il 40% dal 1° gen. 2015,
per il
60% dal 1° gen. 2016, per l’80% dal 1° gen. 2017 e Pper
il 100% dal
ROF. MASSIMO
31
Roma, 1°
20 giugno 2011
FERRACCI
Regime Transitorio – I tempi
Indice di leva finanziaria:
monitoraggio dal 1° gen. 2011; sperimentazione dal 1° gen. 2013 al
1° gen. 2017; informativa al pubblico dal 1° gen. 2015 requisito
minimo di primo pilastro dal 1° gen. 2018.
Nuovo standard globale di liquidità:
LCR dal 1° gen. 2015 (breve termine);
NSFR dal 1° gen. 2018 (medio e lungo termine)-
Roma, 20 giugno 2011
PROF. MASSIMO
FERRACCI
32
Roma, 20 giugno 2011
PROF. MASSIMO
FERRACCI
33
L’impatto sulle banche
Il capitale dovrà crescere e strumenti di qualità inferiore dovranno essere
sostituiti con strumenti patrimoniali più robusti e, dunque, più costosi.
Le banche italiane mostrano livelli medi di patrimonializzazione che sono
meno elevati nel confronto internazionale.
Secondo calcoli preliminari, che tengono conto anche di stime della futura
capacità di reddito, le banche italiane saranno in grado di muovere verso
livelli di patrimonio più elevati con gradualità, continuando ad assicurare
il necessario sostegno alle imprese.
È necessario continuare a rafforzare le scorte di attività prontamente
liquidabili. La gestione della liquidità risentirà anche della necessità di
rifinanziamento delle passività in scadenza, in una fase in cui sarà
rilevante il ricorso al mercato da parte di emittenti
Roma, 20 giugno 2011
sovrani e privati.
PROF. MASSIMO
FERRACCI
34
L’impatto sulle imprese
Le imprese che fanno maggiore affidamento sul credito
bancario potrebbero subire maggiormente le conseguenze
di un irrigidimento delle politiche di offerta ed in
particolare le imprese di minore dimensione,
potenzialmente più esposte a eventuali
inasprimenti nelle condizioni di offerta del credito in
quanto, per la sostanziale assenza di canali di
finanziamento alternativi al credito, dipendono dal credito
bancario.
Roma, 20 giugno 2011
PROF. MASSIMO
FERRACCI
35
Agenda
3.
Profili qualitativi: il contesto in
cui operano le cooperative italiane.
Roma, 20 giugno 2011
PROF. MASSIMO
FERRACCI
36
PRINCIPALI CARATTERISTICHE
DELLE COOPERATIVE ITALIANE
 Coincidenza tra soggetto economico e management
 Quota di mercato ridotta
 Indipendente
 Scarsa specializzazione del management
 Contatti personali tra la direzione e la manodopera
 Difficoltà all’accesso al credito, specie a m/l termine
 Scarso potere contrattuale verso i terzi in genere
Roma, 20 giugno 2011
PROF. MASSIMO
FERRACCI
37
PERCHE’ LA COOPERATIVA E’
UN AMMORTIZZATORE?
Con il decentramento le grandi imprese hanno
trasferito sulle piccole l’onere di effettuare gli
investimenti necessari per realizzare le
lavorazioni decentrate (trasformazioni di costi
fissi in costi variabili).
Ammortizzatore del fabbisogno
della grande impresa.
Roma, 20 giugno 2011
finanziario
PROF. MASSIMO
FERRACCI
38
LA GESTIONE FINANZIARIA NELLA
COOPERATIVA
• Scarsa pianificazione delle fonti di finanziamento;
• Scarsa considerazione del rapporto fonti-impieghi;
• Eccessivo utilizzo dell’indebitamento (e, quindi, carenza di
mezzi propri), soprattutto di breve periodo;
• A causa delle elevata rischiosità, il sistema bancario tende
ad applicare alle stesse condizioni meno favorevoli
rispetto a quelle di maggiori dimensioni. Ciò anche perché
le COOPERATIVE hanno minori conoscenze e competenze
in campo finanziario, che le porta a privilegiare (o
addirittura a considerare soltanto) i finanziamenti bancari.
Roma, 20 giugno 2011
PROF. MASSIMO
FERRACCI
39
IL CAPITALE DI RISCHIO
Lo sviluppo delle COOPERATIVE sembra dipendere dalla
possibilità di aumentare il peso del capitale proprio
all’interno della struttura finanziaria delle stesse.
Negli ultimi tempi, si nota, tra l’altro, un cambiamento
nell’ambito delle PMI, più disposte, rispetto al passato, a
fare entrare nel capitale proprio terzi finanziatori, sia pure
con una quota minoritaria).
Roma, 20 giugno 2011
PROF. MASSIMO
FERRACCI
40
CICLO DI VITA DELLA COOPERATIVA E
FONTI DI FINANZIAMENTO
STADIO
FONTI DI FINANZIAMENTO
A) RISORSE DELL’IMPRENDITORE
A) NASCITA (SEED FINANCING)
B) A + UTILI NON DISTRIBUITI
B) CRESCITA1
(START UP FINANCING)
C) B+CREDITO BANCARIO A
BREVE, LEASING,
FINANZIAMENTI A M/L,
SCONTO EFFETTI
C) CRESCITA2
(FIRST STAGE FINANCING)
D) SVILUPPO
D) C+MERCATO DELLE NUOVE
EMISSIONI
E) MATURITÀ
E) TUTTE LE FONTI DISPONIBILI
F) DECLINO
F) LIQUIDAZIONE, FUSIONE O
CESSIONE DELL’IMPRESA.
Roma, 20 giugno 2011
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FERRACCI
41
Collegamento tra Basilea 3
e le cooperative italiane
I requisiti patrimoniali delle banche sono
quantificati in funzione del rischio di credito
associato alle singole operazioni creditizie.
Le nuove regole hanno pertanto riflesso sul
processo di selezione, monitoraggio e di
definizione del pricing del credito.
Roma, 20 giugno 2011
PROF. MASSIMO
FERRACCI
42
Approccio qualitativo
analisi dell’ambiente e delle
caratteristiche interne dell’impresa
(analisi SWOT).
Attraverso l’analisi qualitativa si cerca di valutare
il livello di variabilità dei risultati operativi
prospettici e la capacità di questi ultimi di
permettere un puntale rimborso dei debiti
contratti (quota capitale + interessi). Spesso si
procede utilizzando una griglia di valutazione,
assegnando un punteggio da 1 a 5 ai vari fattori
presi in considerazione.
Alla fine si formula un giudizio di sintesi, tenendo
conto anche dell’importanza relativa dei fattori
suddetti.
Roma, 20 giugno 2011
PROF. MASSIMO
FERRACCI
43
LE NUOVE REGOLE IMPOSTE DA
BASILEA 3 ALLE IMPRESE
L’Internal rating dovrà servire:
 Nelle delibere di fido, nella fissazione dei limiti operativi
e a supporto delle politiche di pricing dei crediti;
 Per l’analisi dell’adeguatezza patrimoniale, della
redditività e degli accantonamenti;
 Per la reportistica agli amministratori e all’alta direzione
a sostegno delle decisioni strategiche sull’attività
operativa della banca.
Roma, 20 giugno 2011
PROF. MASSIMO
FERRACCI
44
COSA SIGNIFICA BASILEA 3 PER LE
IMPRESE COOPERATIVE
• UNA MAGGIORE CAPITALIZZAZIONE
• UNA MIGLIORE TRASPARENZA ED
AFFIDABILITA’ DEI BILANCI
• UNA MAGGIORE APERTURA AL MERCATO DEI
CAPITALI
• UNA CRESCITA DIMENSIONALE
Roma, 20 giugno 2011
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FERRACCI
45
UNA MAGGIORE
CAPITALIZZAZIONE
Le procedure di rating evidenzieranno l’equilibrio patrimoniale
dell’impresa
e
la
storica
sottocapitalizzazione
delle
COOPERATIVE che, rappresenta un grave punto di debolezza
del nostro sistema produttivo che viene penalizzato a causa di
un leverage eccessivo
Debiti finanziari/Mezzi propri
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46
UNA MIGLIORE TRASPARENZA ED
AFFIDABILITA’ DEI BILANCI
L’adozione di metodologie “oggettive” di valutazione del
credito determinerà un cambiamento delle relazioni bancaimpresa in quanto, l’accesso al credito sarà regolato da precisi
parametri di valutazione del bilancio aziendale, favorendo il
passaggio da rapporti fiduciari tra imprenditore e istituto
bancario, a rapporti banca impresa dove, la valutazione del
merito
di
credito
si
baserà
sull’impiego
automatico
di
informazioni standardizzate e di indici oggettivi.
Roma, 20 giugno 2011
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47
LA BANCA VALUTERA’ SOLO DATI CERTI
PROVENIENTI DA BILANCI APPROVATI
I bilanci di periodo, che riflettono situazioni contabili
relative ad un intervallo temporale di pochi mesi
non saranno oggetto di valutazione.
Roma, 20 giugno 2011
PROF. MASSIMO
FERRACCI
UNA MAGGIORE APERTURA AL MERCATO DEI CAPITALI
Le difficoltà che le PMI italiane incontreranno sul mercato del
credito, dovrà compensarsi con una maggiore facilità di
accesso al mercato dei capitali.
Occorre sviluppare e diffondere strumenti finanziari innovativi
adeguati
alle
esigenze
finanziarie
delle
PMI
(prestiti
partecipativi, cambiali finanziarie, ecc…)
Roma, 20 giugno 2011
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49
UNA CRESCITA DIMENSIONALE
La nuova regolamentazione bancaria è stata elaborata
come modello di riferimento al sistema finanziario e
imprenditoriale anglosassone dove, la dimensione
media delle imprese è sensibilmente più elevata del
nostro Paese.
Roma, 20 giugno 2011
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50
La valutazione della banca non si limiterà ai soli
requisiti oggettivi (rating quantitativo), ma si
estenderà anche al rating qualitativo.
Roma, 20 giugno 2011
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FERRACCI
51
RATING QUALITATIVO
Mix di informazioni qualitative, andamenti congiunturali e
previsioni di mercato per una valutazione d’impresa orientata al
al futuro.
La valutazione qualitativa si baserà sui seguenti elementi:
1. Tipologia della clientela
2. Grado di dipendenza da fornitori o clienti
3. Percentuale di crescita del fatturato
4. Precedente esperienza dell’imprenditore
5. Immagine aziendale
6. Efficacia della localizzazione
7. Titolo di proprietà dei locali dell’impresa
8. Evoluzione dell’impresa rispetto al passato
9. Potenzialità finanziaria della proprietà
10. Giudizio del gestore sul rapporto fiduciario
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52
Nuova visione del rischio di credito
Con l’introduzione di Basilea 3, le imprese dovranno
impegnarsi per ridurre il rischio di impresa ossia
dovranno cercare di migliorare il proprio rating, al fine
di ridurre, nell’ottica della banca, la probabilità di
insolvenza (PD);
Le garanzie reali e personali non consentono infatti di
ridurre la probabilità di insolvenza ma permettono di
ridurre il valore delle perdite in caso di insolvenza.
Roma, 20 giugno 2011
PROF. MASSIMO
FERRACCI
53
Nuovo rapporto banca-impresa
Le imprese devono operare per
minimizzare il costo del rischio
(migliorare il rating) al fine di utilizzare
dei coeff.di ponderazione più bassi;
Le imprese sono invitate ad abbandonare
la prassi del pluriaffidamento ma a
privilegiare il rapporto con una o poche
banche selezionate.
Roma, 20 giugno 2011
PROF. MASSIMO
FERRACCI
54
Annullare le asimmetrie informative
Affinchè il rischio percepito dalla banca sia allineato al
rischio effettivo d’impresa occorre che quest’ultima
indirizzi verso la banca un complesso di informazioni
aggiornate e veritiere circa la propria situazione
economico-finanziaria e circa la capacità dell’impresa di
rimanere competitiva nel proprio settore di attività.
Le analisi finanziarie vengono pertanto a svolgere un ruolo
strategico anche per quanto concerne questo aspetto,
sottolineando la necessità, da parte delle imprese, di
investire risorse e tempo su tali attività di analisi.
Roma, 20 giugno 2011
PROF. MASSIMO
FERRACCI
55
L’importanza dell’equilibrio finanziario
Affinchè una impresa possa essere considerata in equilibrio
finanziario occorre che siano soddisfatte tutte o alcune delle
seguenti caratteristiche:
1.Buon controllo delle entrate e uscite monetarie
2.Struttura finanziaria coerente alla strategia seguita
3.Buona dinamica del Capitale circolante
4.Corretta relazione tra rendimento del capitale investito e costo
del capitale
5.Buon rapporto tra Reddito operativo e Oneri finanziari
6. Rapporto corretto tra valore economico dell’attivo e valore
delle passività
7.Buona relazione tra flusso di cassa complessivo e sviluppo
aziendale
8.Presenza di una struttura finanziaria che permette di
massimizzare il valore dell’impresa.
Roma, 20 giugno 2011
PROF. MASSIMO
FERRACCI
56
Agenda
4.
Question time
Roma, 20 giugno 2011
PROF. MASSIMO
FERRACCI
57
Il paradigma delle nuove relazioni banca-impresa
cooperativa:
coniugare la grande tradizione delle aziende, il Made in/by
Italy e l’inventiva dei nostri imprenditori con lo sviluppo dei
nuovi processi integrativi attraverso la
STRATEGIA D’IMPRESA
Insiem
e
nel
mondo
Grazie per l ’attenzione
Prof. Massimo Ferracci
Roma, 20 giugno 2011
PROF. MASSIMO
FERRACCI
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