LA BIBBIA NELLA VITA PERSONALE: IL NUTRIMENTO SPIRITUALE DI OGNI CRISTIANO BIBBIA E LECTIO DIVINA Perché e come leggere oggi la Bibbia per nutrire la vita spirituale? «Capisci quello che stai leggendo?»: così domanda Filippo ad un funzionario Etìope che stava leggendo la Bibbia. E questi gli risponde: «E come potrei capire, se nessuno mi guida?» (At 8,30-31). Anche noi, talvolta, abbiamo fatto la stessa esperienza di restare disorientati, quando abbiamo preso in mano la Sacra Scrittura. La stessa Bibbia ci parla di un altro “libro” difficile da leggere, quello del cuore umano. Spesso ciò che cerchiamo di ottenere con tanta fatica non appaga poi in profondità, facendoci sempre riscoprire che siamo mendicanti di felicità. Il profeta Geremia afferma a questo proposito: «Niente è più infido del cuore e difficilmente guarisce! Chi lo può conoscere?» (Ger 17,9). Quella che pone il profeta è una domanda essenziale, decisiva: come capire fra i tanti desideri che proviamo, spesso contraddittori fra di loro, quelli che nascono dal più profondo del cuore e che ci conducono al bene? L’autore dell’Apocalisse, con una straordinaria immagine, paragona la storia intera ad un libro perfettamente sigillato che gli uomini si affannano a cercare di comprendere, senza mai riuscirvi pienamente: «Vidi un libro, scritto sul lato interno e su quello esterno, sigillato con sette sigilli. Vidi un angelo forte che proclamava a gran voce: “Chi è degno di aprire il libro e scioglierne i sigilli?”. Ma nessuno né in cielo, né in terra, né sotto terra era in grado di aprire il libro e di leggerlo. Io piangevo molto perché non si trovava nessuno degno di aprire il libro e di leggerlo» (Ap 5,1-4). Quel libro è il significato della storia, sia della storia universale che della storia personale di ogni singolo. Il pianto dirotto di Giovanni dinanzi a quel libro difficile da leggere ricorda le lacrime e l’insoddisfazione di ogni uomo che scopre di non essere in grado da solo di trovare un senso a tutte le fatiche della vita, poiché non conosce una speranza che colmi tutte le attese. Ognuno, infatti, desidera capire qual è la propria vocazione, conoscere cosa è bene per le persone che ama, comprendere quale speranza è data ai propri figli. Ognuno vorrebbe poter offrire un significato al dolore dei poveri ed alla sconfitta dei giusti. Ognuno cerca luce per prendere decisioni giuste, che portino alla vera gioia senza che si rimanga poi ingannati. Ognuno coltiva una speranza di bene non solo per sé, ma anche per chi nascerà dopo di lui. Eppure, nonostante la forza di questi desideri, la nostra ricerca sembra incapace, da se stessa, di sciogliere gli interrogativi. Sperimentiamo di non riuscire ad amare e sperare in ogni circostanza, di non sapere sempre dove trovare una parola che indichi la via del bene. È il “mistero” della vita umana. L’Apocalisse – e con essa la fede cristiana - non si arresta, però, al pianto dirotto dinanzi a quel libro chiuso e sigillato. Prosegue annunciando che si presentò uno “degno di prendere il libro e di aprirne i sigilli” (Ap 5,9): quell’unico capace di aprire il libro della storia, di ogni storia, è Cristo, che Giovanni descrive come l’Agnello immolato e risorto. La Parola di Dio, nutrimento di un cuore che arde Lo stesso passaggio dalla tristezza alla festa avviene nell’esperienza dei due discepoli di Emmaus. Essi si accorgono che la presenza di Gesù risorto e la luce della sua Parola sono capaci di cacciare via l’ombra dei discorsi di morte che andavano facendo: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via?» (Lc 24,32). La Parola di Dio, manifestatasi in pienezza nel Cristo, permise loro di tornare a Gerusalemme, alla loro vita quotidiana, come creature nuove. Imparare a pregare con la Parola di Dio ha senso proprio in questa prospettiva: è nella luce del “mistero” di Cristo che trova luce il “mistero” della vita umana. Proprio per questo Dio ci ha donato la sua Parola, perché essa sia “lampada ai nostri passi e luce sul nostro cammino” (cfr. Sal 118,105). Abbiamo bisogno di conoscere la Parola di Dio, perché senza di essa il nostro cammino resta oscuro. E ne abbiamo bisogno non solo per noi stessi, ma anche per aiutare altri a trovare la via della vita. Dice infatti il Signore: «Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutt’e due in una buca?» (Lc 6,39). Ci è necessario imparare a leggere il “libro” della Sacra Scrittura, che svela il mistero di Cristo, per imparare a leggere il “libro” della vita. La Parola di Dio luce al mistero dell’uomo Se ritorniamo col pensiero ad alcuni snodi decisivi della nostra vita, ci accorgiamo che spesso è stata la parola di un amico, di un genitore, di un sacerdote, ad illuminare una scelta difficile che dovevamo prendere, una situazione che stavamo vivendo. È stata una parola pronunciata fuori di noi a farci capire qual era la strada da seguire. Dio non solo ha costellato la nostra vita di persone sagge per aiutarci a comprendere la vita, ma ha voluto parlarci Lui stesso, ha voluto rivelarci la sua Parola, la sua Vita, ha voluto donarci Se stesso. Un grande teologo del secolo scorso (Hans Urs von Balthasar, Solo l’amore è credibile, Borla, Roma, 1977, pp. 54-56) ha fatto riferimento a due straordinarie esperienze umane per mostrare come la Parola di Dio abbia il potere di condurci al di là di ciò che già conosciamo: queste due esperienze sono l’incontro con l’amore e l’incontro con la bellezza. L’amore ci insegna che colui che amiamo, colei per cui viviamo, non è opera delle nostre mani. Non l’abbiamo “fatta” noi, l’abbiamo incontrata e ricevuta in dono. Allo stesso modo dinanzi alla bellezza di un brano musicale, ad esempio una sinfonia di Mozart, ci accorgiamo che quella musica straordinaria non è stata scritta da noi, ma l’abbiamo ascoltata ed essa ci ha conquistato. Se questo è vero dell’amore umano e della bellezza artistica, ancor più vale per la rivelazione di Dio. Nessun uomo può scoprirla con le proprie forze, ma solo riceverla in dono ed accoglierla. La Parola di Dio, però, non solo ci supera, ma allo stesso tempo ci corrisponde pienamente. Ci accorgiamo della sua verità, perché ha il potere di toccare il nostro cuore. Dinanzi a quella parola noi scopriamo finalmente chi siamo e qual è il nostro vero desiderio. La rivelazione di Dio non proviene da noi, ma è più nostra di tutti i nostri sogni e progetti. Per questo, come raccontano gli Atti degli Apostoli, quando Pietro ebbe annunciato il vangelo, «tutti si sentirono trafiggere il cuore» (At 2,37): quella parola, per la prima volta, rivelava a tutti la bellezza della vita. L'allora cardinale Karol Wojtyła fu l’ispiratore di una famosa espressione del Concilio Vaticano II che condensa tutto questo: «Solo nel mistero del Verbo incarnato trova luce il mistero dell’uomo» (Gaudium et spes 22). Abbiamo bisogno di conoscere la Parola di Dio, perché essa ci fa conoscere il volto di Dio ed, insieme, perché solo essa rivela noi a noi stessi. La Chiesa è la “casa” della Sacra Scrittura La Bibbia non è mai sola: è il popolo di Dio, infatti, che, dopo averla scritta, continuamente ce la dona. La Chiesa, prima di scrivere i diversi libri del Nuovo Testamento, ha obbedito al comando di Cristo di predicare, di battezzare, di vivere il comandamento dell’amore, di insegnare tutto ciò che egli aveva proclamato. Il Signore stesso ha voluto che nella viva voce della Chiesa, prima ancora che nella Bibbia, sempre risuonasse in maniera viva la Parola di Dio. Così, dagli apostoli in poi, la Chiesa, «nella sua dottrina, nella sua vita e nel suo culto perpetua e trasmette a tutte le generazioni tutto ciò che essa è, tutto ciò che essa crede» (Dei Verbum, 8). La Sacra Scrittura trova il suo contesto nella vita della Chiesa, nella quale Dio stesso continua a parlare agli uomini, di modo che la Sacra Scrittura e la viva Tradizione della Chiesa non possono mai essere separate l’una dall’altra, poiché provengono entrambe dall’unica fonte della rivelazione divina. Secondo la bella immagine scelta dal Sinodo dei Vescovi sulla Parola di Dio, la Chiesa è la “casa” della Parola di Dio, il luogo dove essa abita per essere donata ad ogni uomo. Come incontrare questa Parola ? Poiché Dio vuole, nel suo amore, parlare agli uomini e solo la sua Parola è capace di far ardere il cuore umano illuminandolo sulla via del bene, la Chiesa ha sempre desiderato che tutti possano accostarsi a questa Parola per esserne nutriti. Da questa esigenza è nata, nella tradizione cristiana, la meditazione della Parola di Dio con la pratica della lectio divina. Che cos’è la lectio divina? È ascoltare Dio che ci parla attraverso la sua Parola. È dedicare un po’ di tempo alla lettura e mediante la lettura alla preghiera con la Parola di Dio. L’ascolto silenzioso e umile del Signore è il centro e lo scopo della lectio divina. Dio che ci parla nelle Sante Scritture è al primo posto. La lectio divina ci aiuta così a comprendere a poco a poco che non bastiamo a noi stessi: abbiamo bisogno di aprirci a Colui la cui «parola è lampada ai nostri passi e luce sul nostro cammino» (cfr. Sal 118,105). La lectio divina può essere proposta a tutti, perché la Parola di Dio non è «troppo alta per noi, né troppo lontana da noi» (cfr. Dt 30,11-14). Come si fa la lectio divina? Ordinariamente la lectio divina si sviluppa attraverso quattro momenti che sono stati così sintetizzati dal recente Sinodo sulla Parola di Dio: «Essa si apre con la lettura (lectio) del testo che provoca una domanda di conoscenza autentica del suo contenuto reale: che cosa dice il testo biblico in sé? Segue la meditazione (meditatio) nella quale l’interrogativo è: che cosa dice il testo biblico a noi? Si giunge, così, alla preghiera (oratio) che suppone quest’altra domanda: che cosa diciamo noi al Signore in risposta alla sua parola? E si conclude con la contemplazione (contemplatio) durante la quale noi assumiamo come dono di Dio lo stesso suo sguardo nel giudicare la realtà e ci domandiamo: quale conversione della mente, del cuore e della vita chiede a noi il Signore?». I quattro momenti non sono rigidi, sono successivi e possono intersecarsi l’uno con l’altro, sviluppando un dinamismo interiore che anima la lectio, dall’ascolto alla vita. Qualche parola per illustrare i quattro successivi momenti. 1/ La lettura del testo (lectio) Dopo qualche momento di silenzio e di raccoglimento per creare un clima favorevole alla preghiera, è bene invocare lo Spirito Santo con una preghiera o con un canto, perché sia Lui a parlare. Gli autori medioevali hanno chiamato questo primo momento lectio. Si comincia a leggere il testo scelto in modo pacato e tranquillo, ponendosi alla fine una domanda di conoscenza del suo contenuto reale: che cosa dice il testo biblico in sé? È l’atteggiamento dell’ascolto, proprio come avviene dinanzi ad una persona che parla: la si ascolta con attenzione, cercando di capire quello che vuole dirci. A questo fine, può aiutare il rimando ad altri brani biblici, secondo i riferimenti che troviamo sulla nostra Bibbia. La lectio divina utilizza qui un’antichissima regola dell’interpretazione biblica che afferma: la Bibbia si comprende con la Bibbia stessa, poiché ogni brano è illuminato dagli altri testi della Sacra Scrittura. 2/ Meditazione del testo (meditatio) Questo secondo momento ha lo scopo di avvicinare la Parola di Dio alla nostra vita. Così la domanda che dobbiamo porci è questa: che cosa dice il testo biblico a noi, a me? Non si legge il testo semplicemente per conoscerlo, ma perché esso sia luce per la nostra vita. Sostare dinanzi alla Parola di Dio, apre la mente a tanti pensieri. Non sarà difficile capire che la Parola ascoltata è rivolta a me, ha qualcosa da dire alla mia vita, almeno in qualche sua parte. La voce di Dio è inconfondibile. Chiama alla conversione, vuole condurci ad una maggiore conformità con Cristo. È molto opportuno assecondare questo filo di pensieri, sostando in essi e meditandoli. Gli autori medioevali hanno chiamato questo secondo momento della lectio divina con il nome di meditatio. 3/ Il tempo della preghiera (oratio) Si giunge così alla preghiera (oratio) che suppone quest’altra domanda: che cosa diciamo noi al Signore in risposta alla sua parola? La lettura della Parola di Dio farà nascere la necessità di parlare a Lui. È questo il momento nel quale, dopo aver ascoltato, l’uomo risponde a Dio e gli parla. Gli dice il proprio assenso e insieme chiede l’aiuto della grazia per realizzare la Sua volontà. Nella parola rivolta a Dio è compresa anche l’intercessione per altri, perché Dio li illumini nel cammino. È opportuno dedicare a questo momento un congruo tempo. A partire dal Medioevo questo terza tappa della lectio divina è stata chiamata oratio. 4/ La gioia della contemplazione (contemplatio) In questo ultimo momento della lectio divina assumiamo come dono di Dio lo stesso suo sguardo nel giudicare la realtà e ci domandiamo: quale conversione della mente, del cuore e della vita chiede a noi il Signore? Man mano che maturerà l’esperienza della preghiera ci si accorgerà che diventa meno importante comprendere ogni volta qualcosa di nuovo. Crescerà invece il desiderio di contemplare l’opera già compiuta da Dio. Sarà come quando due innamorati non si preoccupano più di dirsi cose nuove, ma stanno in silenzio sapendo di amarsi profondamente. Questa semplificazione della preghiera è un dono del Signore, secondo i tempi che non possono essere stabiliti in anticipo. Gli antichi autori chiamavano questo momento contemplatio. Proprio perché la Parola del Signore ha posto radici nel nostro cuore, produrrà frutto nella vita quotidiana. Scopo della lectio, infatti, è la trasformazione dell’essere e dell’agire, resi nuovi dallo Spirito Santo. Quali strumenti utilizzare per la lectio divina? Innanzitutto è bene utilizzare una buona edizione della Bibbia ed un Messale tascabile con le letture bibliche della liturgia domenicale. Due criteri vanno tenuti presenti per scegliere una edizione della Bibbia fra le tante disponibili. Il primo criterio: sarebbe bene che la traduzione sia quella del 2008 della CEI (=Conferenza Episcopale Italiana). Questo permette, innanzitutto, di avere una traduzione molto aggiornata ed approvata dai Vescovi italiani. Inoltre, questa traduzione è quella che si proclama durante la liturgia e questo permette di utilizzare lo stesso testo per la preghiera comunitaria e per quella personale. Il secondo criterio: che le note ed i rimandi da un brano all’altro siano di qualità. Questo permette di poter meglio comprendere i passi più difficili e di poter illuminare un determinato testo a partire da altri brani biblici che gli sono paralleli o che affrontano lo stesso tema. Tutti questi riferimenti, che provengono ovviamente dall’opera degli studiosi, aiutano a rispettare il testo nel suo vero significato e a non fraintenderlo a partire da prospettive unilaterali. È molto utile, inoltre, munirsi di un quaderno da riservare allo studio della Bibbia. Su di esso si possono trascrivere tutti i versetti che si rivelano particolarmente belli e significativi ed, insieme, annotare tutte le domande alle quali non riusciamo a rispondere e che sarà opportuno rivolgere ogni tanto a qualche sacerdote che sappiamo ben preparato. Questo lavoro è molto prezioso soprattutto quando siamo principianti; è molto importante, allora, confrontare le nostre riflessioni con qualche maestro sapiente. Nel tempo, tutto questo può aprire la strada anche ad una vera e propria direzione spirituale che ci accompagnerà negli anni, man mano che la chiamata del Signore si farà più impegnativa. Il Messale tascabile contiene, invece, le letture bibliche che vengono proclamate nella liturgia. È prezioso per prepararsi alla liturgia domenicale e per poter tornare a meditare sui brani biblici proposti dalla liturgia, una volta terminata la celebrazione. Non si deve mai dimenticare che la Liturgia della Parola all’interno della celebrazione eucaristica è la forma più alta di lectio divina. In ogni eucarestia alla proclamazione della Parola segue l’omelia che proclama l’attualità della Parola di Dio nell’oggi della storia per la comunità riunita. Viene poi la preghiera dei fedeli con la quale la Parola diviene preghiera per il mondo intero. Infine Cristo stesso si offre sull’altare ed i fedeli hanno piena comunione con lui, celebrando, ricevendo e contemplando ciò che la Parola ha annunziato. In questo modo, nell’eucarestia abbiamo come un modello di ciò che è la lectio divina personale. Da quali brani biblici partire per pregare con la Parola di Dio? Nello scegliere i brani su cui pregare è bene partire innanzitutto dai testi proclamati nella liturgia domenicale, perché sono i brani che la Chiesa ha scelto nella sua sapienza millenaria per accompagnare il cammino dei fedeli. La qualità della partecipazione alla messa sarà enormemente arricchita se ogni cristiano potrà leggerli prima di ascoltarli nella proclamazione liturgica e vi tornerà sopra per pregarvi ancora nei giorni che seguono la domenica. Si può poi pregare con la Bibbia leggendo consecutivamente un intero libro biblico – è la cosiddetta lectio cursiva, cioè la lettura di un libro capitolo per capitolo. In questo caso, la cosa migliore è cominciare dalla lettura dei vangeli che sono il cuore della Scrittura. Si può iniziare, ad esempio, da quello di Luca che si propone come scopo di rendere salda la fede di chi lo legge. Si può anche chiedere consiglio al proprio confessore o al proprio padre spirituale, perché ci indichi la lettura di un libro biblico particolarmente adatto alla situazione che stiamo vivendo. I gruppi di ascolto del vangelo, strumento prezioso per la lectio divina comunitaria. Un’occasione preziosa per imparare a pregare con la Bibbia è quella della partecipazione ai gruppi o centri di ascolto del Vangelo. Sono strumenti preziosi per l'azione missionaria della Chiesa. Infatti, la presenza di piccoli gruppi nei condomini o negli ambienti di lavoro, facilita la partecipazione di persone che non frequentano assiduamente la vita delle comunità cristiane. Questi gruppi debbono caratterizzarsi per una capacità di accoglienza, rispettosa della libertà e dei tempi di maturazione delle persone che vi partecipano. È bene che il moderatore del gruppo, che potrebbe essere affiancato da un segretario, tenga i rapporti con il parroco o con i coordinatori della pastorale d’ambiente, in maniera da rendere evidente a tutti i partecipanti del gruppo che l’esperienza che si propone è profondamente ecclesiale. Il moderatore deve far sì che ogni persona possa esprimersi, senza esagerare i tempi del proprio intervento, pena l’affaticamento del cammino di tutti gli altri. L’incontro si aprirà sempre con l’invocazione dello Spirito Santo e la lettura del brano biblico. Dopo un momento di preghiera silenziosa, i partecipanti possono essere invitati a tre giri successivi di interventi: in una prima tornata, i partecipanti potrebbero rileggere ad alta voce un singolo versetto del testo appena proclamato, in un secondo giro potrebbero esprimere le motivazioni della scelta di quel determinato testo indicando quale aspetto li ha maggiormente toccati, in una terza tornata ognuno potrebbe esprimere una preghiera a partire dal brano letto. È importante che il gruppo si mantenga sempre aperto e che vi siano accolte anche persone che partecipano solo saltuariamente, senza pretendere niente da nessuno. Questo permetterà che il gruppo mantenga una fisionomia missionaria e che non si rinchiuda in se stesso. LA LECTIO DIVINA SPIEGATA DA C. M. MARTINI "Il metodo patristico della lectio divina è semplicissimo e lo raccomando sempre ai giovani per entrare nella preghiera. Fondamentalmente prevede tre grandi gradini o momenti successivi: la lectio, la meditatio, la contemplatio. La lectio consiste nel leggere e rileggere la pagina della Scrittura, mettendo in rilievo gli elementi portanti. Per questo consiglio di leggere con la penna in mano, sottolineando le parole che colpiscono, oppure richiamando con segni grafici i verbi, le azioni, i soggetti, i sentimenti espressi o la parola-chiave. In tal modo la nostra attenzione viene stimolata, l'intelligenza, la fantasia e la sensibilità si muovono facendo sì che un brano, considerato magari arcinoto, appaia nuovo. A me che da tanti anni leggo il vangelo succede, ad esempio, che riprendendolo in mano scopro ogni volta delle cose nuove proprio attraverso il metodo della lectio. Questo primo lavoro può occupare parecchio tempo, se siamo aperti allo Spirito: si colloca il racconto letto nel contesto più vasto, sia dei brani vicini, sia dell'insieme di un libro, sia dell'intera Bibbia, per capire che cosa vuol dire. La meditatio è la riflessione sui valori perenni del testo. Mentre nella lectio assumo le coordinate storiche, geografiche, culturali anche, del brano, qui si pone la domanda: Che cosa dice a me? Quale messaggio in riferimento all'oggi viene proposto autorevolmente dal brano come parola del Dio vivente? Come vengo provocato dai valori permanenti che stanno dietro alle azioni, alle parole, ai soggetti? La contemplatio è difficilmente esprimibile e spiegabile. Si tratta di dimorare con amore nel testo, anzi di passare dal testo e dal messaggio alla contemplazione di colui che parla attraverso ogni pagina della Bibbia: Gesù, Figlio del Padre, effusore dello Spirito. Contemplatio è adorazione, lode, silenzio davanti a colui che è l'oggetto ultimo della mia preghiera, il Cristo Signore vincitore della morte, rivelatore del Padre, mediatore assoluto della salvezza, donatore della gioia del Vangelo. Nella pratica i tre momenti non sono rigorosamente distinti, però la suddivisione è utile per chi ha bisogno di incominciare o di riprendere questo esercizio. Il nostro pregare è come un filo rosso che collega un po' le giornate l'una all'altra e può succedere che sullo stesso testo della Scrittura ci soffermiamo un giorno soprattutto con la meditatio mentre un altro giorno passiamo rapidamente alla contemplatio." "La triplice distinzione, tuttavia, esprime in maniera appena embrionale il dinamismo della lectio divina, che in qualche mio libro ho spiegato in tutta la sua ampiezza. Tale ampiezza, infatti, prevede otto progressivi gradini: lectio, meditatio, oratio, contemplatio, consolatio, discretio, deliberatio, actio. Mi sembra opportuno accennarli brevemente. L'oratio è la prima preghiera che nasce dalla meditazione: Signore, fammi comprendere i valori permanenti del testo, che mi mancano, donami di capire qual è il tuo messaggio per la mia vita. E a un certo punto, questa preghiera si concentra nell'adorazione e nella contemplazione del mistero di Gesù, del volto di Dio. L'oratio si può esprimere anche in richiesta di perdono e di luce o in offerta. La consolatio è molto importante per il nostro cammino di preghiera e sant'Ignazio di Lojola ne parla più volte nel suo libretto de Gli Esercizi spirituali. Senza questa componente, la preghiera perde di sale, di gusto. La consolatio è la gioia del pregare, è il sentire intimamente il gusto di Dio, delle cose di Cristo. E’ un dono che ordinariamente si produce nell'ambito della lectio divina, anche se evidentemente lo Spirito santo è libero di effonderlo quando vuole. Solo dalla consolatio nascono le scelte coraggiose di povertà, castità, obbedienza, fedeltà, perdono, perché è il luogo, l'atmosfera propria delle grandi opzioni interiori. Ciò che non viene da questo dono dello Spirito dura poco ed è facilmente frutto di moralismo che imponiamo a noi stessi. La discretio esprime ancora più chiaramente la vitalità della consolatio. Infatti, mediante il gusto del Vangelo, mediante una sorta di fiuto spirituale per le cose di Cristo, diventiamo sensibili a tutto quello che è evangelico e a ciò che non lo è. Si tratta quindi di un discernimento importante perché noi non siamo chiamati solo a osservare i comandamenti all'ingrosso, ma a seguire Cristo Gesù. E la sequela non ha un'evidenza immediata nelle scelte quotidiane se non siamo per così dire entrati nella mente di Gesù, se non abbiamo gustato la sua povertà, la sua croce, l'umiltà del suo presepio, il suo perdono. Questa capacità di discernere, nelle ordinarie emozioni e nei movimenti del cuore, il marchio evangelico è un dono così grande che san Paolo lo chiedeva per tutti i fedeli: "Vi sia data abbondanza di sensibilità - páse aistései, nel testo greco - perché possiate discernere sempre il meglio, ciò che piace a Dio e ciò che è perfetto" (cf Fil 1, 9-10, Rm 12, 2). Oggi la Chiesa ha estremamente bisogno della discretio perché le scelte decisive non sono tanto sul bene e sul male (non ammazzare, non rubare), ma su ciò che è meglio per il cammino della Chiesa, per il mondo, per il bene della gente, per i giovani, per i ragazzi. La deliberatio è un successivo passo. Dalla esperienza interiore della consolazione o della desolazione, impariamo a discernere e, quindi, a decidere secondo Dio. Se analizziamo attentamente le scelte vocazionali, ci accorgiamo che hanno, magari inconsapevolmente, questo andamento. La vocazione, infatti, è una decisione presa a partire da ciò che Dio ha fatto sentire e dall'esperienza che se ne è fatta secondo i canoni evangelici. Anche la deliberatio, come la discretio, viene coltivata in particolare mediante il dinamismo della leccio divina. L'actio, infine, è il frutto maturo di tutto il cammino. La leccio e l'actio, perciò, la lezione biblica e l'agire, non sono affatto due binari paralleli. Non leggiamo la Scrittura per avere la forza di compiere quello che abbiamo deciso! Invece, leggiamo e meditiamo affinché nascano le giuste decisioni e la forza consolatrice dello Spirito ci aiuti a metterle in pratica. Non si tratta, come spesso pensiamo, di pregare di più per agire meglio; ma di pregare di più per capire ciò che devo fare e per poterlo fare a partire dalla scelta interiore." (da Card. Carlo Maria Martini, "La gioia del Vangelo", 1988) Dove porta questa esperienza? "(…) che un giovane si senta interpellato direttamente da Dio, che impari cioè ad ascoltarlo. Non semplicemente che conosca la Scrittura o ascolti un bravo biblista, ma che si senta personalmente interpellato dalla Parola. Quando questo accade, facciamo un’esperienza indimenticabile; basta farla una volta perché si radica nella vita e continua ad attrarci verso la Scrittura. (…) Allora non abbiamo più bisogno di altre raccomandazioni, di sussidi esterni perché la Parola ha colpito dentro. Allora la risposta di chi si sente interpellato diventa anche risposta vocazionale: Signore, che cosa vuoi da me? Dunque, il nostro desiderio è di aiutare tutti i giovani a lasciarsi interpellare da Dio, a imparare ad ascoltarlo anche (non solo) a partire dalle pagine bibliche dove Dio parla oggi all’uomo nello Spirito, così da rispondergli. E allorché un giovane capisce che le Scritture parlano di lui e a lui, si inizia quel dialogo che non si fermerà più, di cui si sentirà sempre nel profondo del cuore una grande nostalgia. La conoscenza di Gesù e del cristianesimo sarà solida, integrata, non appiccicata, e la persona diverrà essa stessa, in qualche modo, Parola di Dio per gli altri". (Carlo Maria Card. Martini, Arcivescovo di Milano) Di seguito, un intervento sui centri di ascolto del vangelo del direttore dell’UCN. I centri di ascolto del Vangelo. Guido Benzi Direttore dell’Ufficio Catechistico Nazionale Le seguenti note sono solo un invito a "contestualizzare" il lavoro nei Centri di ascolto. Esse non vogliono indicare un modo "obbligato", ma vogliono aiutare gli Animatori od i partecipanti più coinvolti a viverli come vera esperienza di incontro ecclesiale con la Parola di Dio, nella Comunità cristiana, con la fiducia di proporre un cammino di Chiesa a tutti i battezzati che vivono in un dato territorio. Per questo il Centro di Ascolto (CdA), come diremo più sotto, è esso stesso espressione di una Comunità Parrocchiale che, fedele al suo mandato ed in ascolto dello Spirito, pensa la sua azione pastorale in vista di coloro che sono chiamati all'ascolto del Signore, poiché "Egli è il Signore di tutti" (At 10,36). Una scelta di Chiesa Innanzitutto dobbiamo dirci in modo molto chiaro che l'esperienza dei CdA, che da ormai due anni la nostra Chiesa diocesana propone nelle singole Parrocchie, obbedisce ad un cammino di Chiesa più ampio scaturito dal Concilio Vaticano II e dalle seguenti indicazioni della Chiesa. Dobbiamo fare questo per fugare ogni dubbio sul fatto che si tratti di una proposta di carattere solamente "sociologico". Il CdA infatti nelle sue varie forme, non è primariamente un "modo" per coinvolgere "più persone", e nemmeno una forma autonoma di vivere la realtà della Chiesa. Esso obbedisce al comando del Concilio espresso nella Costituzione Dei Verbum che al n. 25 dopo aver ricordato le parole di San Girolamo: "L'ignoranza delle Scritture è ignoranza di Cristo - aggiunge - Tutti i fedeli... si accostino dunque volentieri al Sacro testo, sia per mezzo della Liturgia ricca di parole divine, sia mediante la pia lettura, sia per mezzo delle iniziative adatte a tale scopo e di altri sussidi, che con l'approvazione e a cura dei pastori della chiesa lodevolmente si diffondono ovunque. Si ricordino però che la lettura della Sacra Scrittura dev'essere accompagnata dalla preghiera, affinché possa svolgersi il colloquio tra Dio e l'uomo ...". Il Concilio richiama alcuni punti che non possiamo qui trascurare: l. Innanzitutto la Liturgia. Essa che è fonte e culmine della vita della Chiesa deve essere sempre il punto di partenza ed il punto di arrivo della nostra lettura della Bibbia nei CdA. In particolare la Liturgia Domenicale. È in vista di essa che noi aiutiamo le Persone ad aprire le Scritture. E perché le persone possano parteciparvi con un maggiore spirito di preghiera e contemplazione che noi le chiamiamo a confrontarsi con il Vangelo. Si tratta dunque di una lettura della Bibbia che deve sempre tenere bene sullo sfondo l'Eucarestia della Domenica e con essa tutte le altre forme liturgiche come la recita della liturgia delle Ore e la celebrazione dei Sacramenti. 2. In secondo luogo la vita pastorale intesa come Catechesi e Testimonianza della Carità. Leggere la Scrittura significa imparare dalle parole di Dio il Cuore di Dio (S. Gregorio Magno) e significa svolgere ogni opera di Carità (educativa, verso i poveri, verso gli ammalati,..) non solo come una forma di "solidarietà sociale", ma come un preciso mandato che scaturisce dal Vangelo. 3. In terzo luogo la preghiera come intimo colloquio con il Signore. L'immagine biblica dei discepoli di Emmaus (Lc 24) i quali sentono "bruciare il cuore" quando Gesù spiega loro le scritture, prima di riconoscerlo vivo e Risorto nello "spezzare il pane", deve sempre accompagnarci. La Conferenza Episcopale Italiana ha elaborato una Nota Pastorale nel 1995 dal titolo "La Bibbia nella vita della Chiesa", nella quale si ribadisce quanto disposto dal Concilio e lo si rende operativo istituendo il Settore di Apostolato Biblico negli Uffici Catechistici. In particolare al n. 32-33 si parla di "gruppi biblici" e di "settimane bibliche" e della presenza della Bibbia "nelle famiglie"; mentre al n° 36 si parla esplicitamente della formazione degli "operatori". Il metodo del CdA Il metodo del CdA deve tener conto di due "protagonisti": la Comunità e la Parola di Dio. 1. Partiamo dal Gruppo di persone che vi partecipa, ognuna con le sue caratteristiche e con il proprio cammino di fede. Esse sono accomunate dalla ricerca della Volontà di Dio, che può essere ancora embrionale, oppure matura. È importante sottolineare che tutti siamo però sulla medesima strada nell'incontro con Gesù Cristo Risorto. Se ci pensiamo bene il CdA deve essere un gruppo dinamicamente aperto alla comunità ecclesiale, sia nel senso che deve essere disponibile ad accogliere quanti desiderano (magari anche con le idee poco chiare, o dubbi, o situazioni personali assai distanti dalla pratica religiosa), ma anche nel senso che esso si sente parte della Chiesa (in concreto della Comunità Diocesana e Parrocchiale): ad essa fa riferimento e da essa riceve il mandato e gli strumenti operativi per la formazione e per la riflessione. In tal modo si deve sempre pensare che "dietro" un CdA c'è sempre una Comunità molto più ampia del numero delle persone presenti. Il dialogo, che è lo strumento principale del CdA, è pertanto apertura a trecento sessanta gradi alla dimensione ecclesiale, costante desiderio di confronto, E non sarebbe male pensare, anche nel momento di preghiera in apertura o in chiusura a questa realtà, ricordando, nella preghiera i Pastori, i Catechisti, gli evangelizzatori, tutto il Popolo di Dio, da Maria fino all'ultimo dei battezzati. 2. Anche la Parola di Dio che apriamo testimonia una pluralità di persone; essa ci fa sempre ascoltare la voce di Dio e del Figlio suo Gesù Cristo mediata attraverso una serie di voci umane, ispirate dallo Spirito Santo. La Bibbia stessa testimonia, con i suoi tanti autori, scrittori, commentatori, quella realtà ampia ed estesa nei tempi che ha accolto e trasmesso la Parola di Dio. L'utilizzo poi di commenti e sussidi ci testimonia un "lavoro" che è iniziato prima di noi e che con noi prosegue. Da questo si vede come un vero atto di lettura della Parola di Dio non può non essere "ecclesiale". Ogni lettura della Bibbia al di fuori della Chiesa o in contrasto con essa snatura la stessa Parola del Signore. Questo comporta che prima di tutto il CdA deve tener conto della lettura della Parola. È importante allora un atteggiamento orante, aprendo l'incontro con una invocazione allo Spirito Santo, con anche qualche minuto di silenzio prima e dopo la lettura. Siamo tutti interpellati dalla medesima Parola. Chi è coinvolto nel CdA Proviamo così ad individuare i vari "attori" del CdA. 1. Il Responsabile o Animatore del CdA. Si tratta normalmente della persona incaricata dal Parroco e dalla comunità ad invitare i partecipanti al CdA, e normalmente ad animare il CdA stesso. Qualche volta (e questo è bene) le due figure non sono la stessa persona, infatti in alcune Comunità si sono istituiti dei Messaggeri (di strada o di caseggiato) che portano l'invito. Questo eviterebbe l'idea (anche un po' ... antipatica) che le persone vengano invitate ad una "conferenza" della tale persona. Il Responsabile ha anche cura di mantenere i contatti con le persone dopo il CdA stesso, magari raccogliendo con pazienza critiche o suggerimenti che talvolta non vengono espressi nel Gruppo o per opportunità o per timidezza. Il Responsabile deve anche (con sobrietà e discrezione) tenere informato il Parroco di quanto accade nel CdA, del cammino svolto, delle difficoltà incontrate. È bene che l'invito sia rivolto a tutti, con discrezione (senza proselitismo o giudizi... impropri), con premura, ma anche senza insistenza o invadenza. Con persone "nuove" della via o del caseggiato sarebbe bene prima un contatto personale e semplice, e poi si può procedere alla proposta. Come Animatore del CdA egli è colui che "guida" l'incontro. Certamente non deve essere un teologo o un biblista e nemmeno una specie di "professorino" che impartisce la sua lezione. Certamente deve essere una persona che sta facendo un cammino di fede impegnato e disponibile all'approfondimento della Dottrina e della Scrittura. Ma la sua attenzione più grande deve essere rivolta a far "dialogare" i partecipanti a partire dal testo biblico e dalla scheda proposta. Questo comporta che egli è un Servitore della Parola. È bene che ci siano una o due persone che lo aiutino in questo compito, magari anche per delle momentanee supplenze, ed anche perché egli non si senta solo. Dà avvio alla preghiera, introduce il brano offrendo alcune chiavi di lettura e avvia il dialogo. Deve essere disponibile a parlare di sé e a dare la sua Testimonianza di vita, anche delle sue difficoltà se necessario. Aiuta il gruppo a fare una sintesi finale del cammino fatto in ogni incontro. Deve intervenire in modo misurato e opportuno e richiama con delicatezza tutti a questo stile, non permette che si formulino giudizi sulle persone, particolarmente sugli assenti (il CdA non è un tribunale o un luogo di... chiacchiere). Espone il giudizio della Chiesa sui problemi etici, riservandosi con umiltà di rimandare all'incontro successivo qualora avesse il dubbio di non essere sufficientemente preparato e così invita a fare a tutti i partecipanti. Si tenga presente che il Catechismo della Chiesa Cattolica e il catechismo degli adulti della CEI (con i loro Indici) possono essere ottimi strumenti per conoscere la Dottrina della Chiesa e approfondirla. L'Animatore deve anche essere capace di accogliere le eventuali critiche non come rivolte a sé, ma deve saperle volgere per l'utilità comune, valorizzando ogni intervento nel CdA. Deve anche essere all'occorrenza autorevole, cercando di aiutare il... silenzio di chi interviene troppo spesso o fuori della tematica proposta dall'incontro. Certamente si deve preparare, con la preghiera, con lo studio, con la pazienza tipica dell'evangelizzatore. Sarebbe bene che nella Parrocchia ci fossero periodici incontri degli animatori con il Parroco per scambiarsi l'esperienza fatta e per preparasi agli incontri successivi. 2. La famiglia ospitante. Non sempre e non per forza è la famiglia dell'Animatore. Non c'è bisogno che si disponga di ampi locali, anzi più l'ambiente è "famigliare" meglio è, in modo che nessuno si senta intimidito. L'esempio deve essere quello della Famiglia di Betania (Lazzaro, Marta e Maria), la Casa dell'amicizia dove Gesù si ritirava volentieri. L'accoglienza deve essere al primo posto. È bene che si preparino già i posti a sedere, possibilmente "in cerchio". Una immagine sacra con una candela ed una Bibbia aperta possono essere buona cosa, ma si eviti di addobbare "altarini" varii. Le usanze "romagnole" di offrire dolci e un bicchiere sono una cosa bella, ma sempre dopo (cioè mai prima o durante) il CdA, in un momento di scambio e amicizia finale, e magari è anche necessario che non si creino "obblighi" per cui tutti devono portare qualcosa. Nei tempi "forti" (Avvento e Quaresima) è poi bene rispettare lo stile del digiuno. È anche bene che sia presente possibilmente tutta la famiglia di quella casa, chiaramente tenuto conto della libertà di ciascuno e delle esigenze di piccoli e anziani. 3. I partecipanti Sono tutti coloro che sono stati invitati. Senza distinzioni di censo, età, cultura. Coloro che sono più vicini al cammino della Parrocchia aiutino l'Animatore e la Famiglia ospitante. Chi ha un ministero ecclesiale (Catechista, Animatore, Operatore Pastorale, Accolito, Lettore,...) dia la sua testimonianza senza far pesare l'eventuale incarico. Ognuno ascolti il parere altrui e proponga il proprio. Siamo tutti in cammino verso la Verità che è Gesù ed il suo Vangelo. Non si interrompa mai chi parla; questo è bene che sia fatto dall'Animatore. Se, giustamente e lodevolmente interviene qualche volta il Parroco è comunque bene che i ruoli siano rispettati e cioè che Animatore svolga ugualmente il suo compito, naturalmente valorizzando questa presenza così preziosa ed importante. 4. La lectio divina popolare Nel documento della Pontificia Commissione Biblica dal titolo: "L'interpretazione della Bibbia nella vita della Chiesa" si legge al n° IV,C,3: “È motivo di gioia vedere la Bibbia presa in mano da gente umile e povera, che può fornire alla sua interpretazione e alla sua attualizzazione una luce più penetrante, dal punto di vista più spirituale ed esistenziale, di quella che viene da una scienza sicura di se stessa”. È ovvio comunque che per una lectio fruttuosa non si può "improvvisare": una buona Bibbia (come la Bibbia di Gerusalemme o la Bibbia TOB) con buone note possono aiutare. Come si fa la lectio divina? La lettura della Parola di Dio in colloquio con Dio, si attua non solo perché i testi che leggiamo contengono ciò che Dio ci dice, ma anche perché é una lettura che si fa in due: chi legge e lo Spirito del Risorto. Lo Spirito ci fa scoprire nel testo della scrittura la persona viva di Gesù perché lo possiamo incontrare e sperimentare come persona viva nella nostra vita. - La LETTURA del testo, mette l'accento sul testo, lo comprende e lo studia. Si legge e si rilegge il testo, "lavorandoci", vale a dire sottolineandolo, per far risaltare le cose importanti. Occorre far risaltare bene le azioni descritte, chi è il soggetto, come è l'ambiente, quali i personaggi, chi parla, chi tace... Questo ha il merito di farci scoprire elementi che ad una prima lettura non avevamo visto. Dopo di questo possiamo prolungare la lettura cercando di rammentare brani simili della Bibbia, aiutandoci magari con gli apparati di note della Bibbia. - La MEDITAZIONE è la riflessione su ciò che il testo ci vuole dire, sui sentimenti e sui valori permanenti del testo. Quali proposte di valore sono implicite od esplicite nei testi? Questo lo si trova ponendosi delle domande molto semplici sui comportamenti dei personaggi che interagiscono nel brano. Così cominciano ad emergere i sentimenti ed i valori perenni e centrali: la paura, la gioia, la speranza, la fiducia, il dubbio... Emergono anche gli atteggiamenti di Dio e di Gesù verso di noi: la bontà, il perdono, la misericordia... La riflessione sui sentimenti e sui valori diviene fonte di confronto con la situazione ed esperienza personale di chi legge: in quale personaggio mi ritrovo? Con quali sentimenti la mia vita si trova in consonanza? Ciò che Gesù dice, mi fa paura, mi scomoda? Questa è la meditazione. Ma essa non è fine a se stessa, il suo fine é di farmi entrare in dialogo con Gesù, per diventare preghiera. - La PREGHIERA, è il rivelarsi graduale, dietro il testo, del Signore e della sua presenza. Quelle parole sono un invito personale fatto a me. Deve essere una esperienza che mi coinvolge e mi fa entrare nei sentimenti religiosi che il testo evoca e suscita: lode, ringraziamento, oppure compunzione, richiesta di perdono. Esprimo fede, speranza, amore; domando di poter essere trovato coerente con le azioni espresse da Gesù. La preghiera poi cresce e si estende, diventando preghiera per i propri amici, per la Chiesa, per tutta l'umanità. Ad un certo punto nella preghiera nasce la contemplazione. - La CONTEMPLAZIONE, è qualcosa di molto semplice. Quando si prega e si ama molto, le parole vengono quasi a mancare e non si pensa più tanto ai singoli elementi del brano letto e a ciò che abbiamo compreso di noi. Si avverte il bisogno di guardare solamente a Gesù, di lasciarci raggiungere dal suo mistero, di riposare in Lui, di amarlo come il più grande amico del mondo, di accogliere il suo amore per noi. È una esperienza meravigliosa, ma che tutti possono fare perché fa parte della vita del battezzato, della vita di fede. È l'intuizione, profonda ed inspiegabile, che al di là delle parole, dei segni, del fatto raccontato, delle cose capitate, dei valori emersi, c'é qualcosa di più grande, c'è un orizzonte immenso. È l'intuizione del Regno di Dio dentro di me, la certezza di avere toccato Gesù. Allora la lettura divina dei Vangeli, con i suoi quattro momenti, non é più solo scuola di preghiera, ma scuola di vita; perché l'aver sperimentato personalmente Gesù come il Salvatore e il liberatore cambia inevitabilmente la mia vita, i miei giudizi, i miei criteri, e diventa la confessione pratica, vissuta nelle mie scelte quotidiane, che lui è il Signore della mia storia e della storia di tutti gli uomini, che è il Signore del mondo.