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Suppl. n° al n. /2008 di “Incontri Con…”
Periodico di cultura religiosa
dell’Ufficio scuola Irc/smi-sms
della Diocesi di Pinerolo,
Via Vescovado 1, Pinerolo:
Direttore Antonio Denanni.
Direttore responsabile:
Davide Aimonetto
Anno 4, n. 5 Novembre 2008
Intervista a Don Cesare Bissoli, esperto biblico al Sinodo dei vescovi
Lamentele e pretese
Esiste una diffusa tendenza a lamentarsi
degli altri, perché pretendiamo che si comportino secondo le nostre aspettative.
Cioè secondo il nostro modo di vedere le
cose, i nostri modelli di pensiero, le nostre
convinzioni sociali, politiche, religiose.
In questo atteggiamento l’aspetto che
merita particolare attenzione non è la
lamentela, ma il nostro “pretendere”. A
volte siamo esigenti nei confronti di noi
stessi e con lo stesso metro esigiamo
molto dagli altri. Oppure abbiamo una
scarsa stima di noi stessi e facciamo
pressione sugli altri perché siano e facciano quello che vorremmo essere e saper fare noi stessi. Le aspettative nei confronti di noi stessi, diventate così
“pretese” nei confronti degli altri, sono
motivo di stress, di incomprensioni e dissapori, a volte di veri conflitti.
Dagli altri pretendiamo che siano come sogniamo di essere noi: più giusti,
precisi, osservanti. Ma l’altro è precisamente “un altro”, è come è, come desidera o ha programmato di essere, o come
cerca di essere. Ci aspettiamo più dagli
altri che da noi stessi.
La logica cristiana dell’attesa dagli
altri è quella del dono d’amore, del dare.
Diamo generosamente, seminiamo largamente, consapevoli che se seminiamo il
bene presto germoglierà. La logica cristiana dell’attesa è anche quella del rispetto, ad imitazione di quello paziente di
Dio, che aspetta anche quando la nostra
libertà sceglie diversamente. L’etica della gratuità e del rispetto è un’etica incentrata sul dono, ma anche sulla libertà.
Antonio Denanni
C’è un analfabetismo enorme sul testo biblico
«Bisogna che ogni cristiano, aiutato dalla comunità, riesca a leggere questa “lettera di Dio”»
La Bibbia, secondo l’Alleanza biblica universale, è
tradotta in 2455
lingue, mentre nel
mondo ve ne sono
6700, di cui 3000
sono considerate
principali. La Bibbia è il libro più
tradotto e diffuso, ma purtroppo
non è molto letto.
Benedetto XVI ha molto a cuore
il tema della riscoperta della parola
di Dio e proprio su questo input il
sinodo dei vescovi appena concluso
aveva il compito di estendere e rafforzare l’incontro con la Parola, il
proporre ai cristiani e a tutti
modi agevoli per ascoltare
la Parola.
Su questo tema
della Bibbia abbiamo intervistato don Cesare Bissoli,
biblista e
docente
emerito
di Bibbia e
catechesi all’UPS, che ha
partecipato al sinodo come esperto.
Recenti eventi (Sinodo, lettura
continuata in tv) segnalano che vi
è un nuovo interesse per la Bib-
bia. A che cosa è dovuto?
Io credo che nel cuore dei credenti vi sia un desiderio di sorgente, di
radici. Questo spinge la comunità
credente alla ricerca dei fondamenti
della propria fede che si trovano
proprio nella Bibbia. L’interesse al
di fuori della chiesa è legato al desiderio di sapere attraverso la Bibbia che cos’è questa religione cattolica, che cosa promette, che cosa
dona.
Il clima dell’insicurezza sociale
ed economica può essere il motivo
di fondo della ricerca di una parola solida, eterna?
Penso di no. Se non vi è la disponibilità a porsi domande, alla
ricerca di senso queste
problemati-
che sociali non aiutano molto.
Che cosa vuol dire che la Bibbia è
parola di Dio?
La parola di Dio è l’entrata di Dio
In questo numero
On line per gli altri
www.inafrica.it Portale dedicato all'Africa e ai popoli africani in Italia. Un tam tam
ricco di colori che raccontano l'Africa e la sua gente.
www.accademiageograficamondiale.com Sito dell’omonima Accademia che si
occupa della divulgazione della conoscenza di tutte le nazioni del mondo.
www.religionecattolica.rai.it Portale realizzato dalla Rai in collaborazione con la
Cei, dove è possibile rivedere le rubriche religiose della Rai.
L’abbazia di Santa Maria
pag. 2
L’evoluzione e Dio
pag. 3
L’economia del non fare
pag. 4
I cristiani e la cultura
Cristianesimo e mondo
Cronaca bianca
I 500 anni del Colletto
pag. 5
pag. 6
pag. 8
pag. 10
60° anniversario della morte di Gandhi
La nonviolenza da fatto personale a fatto collettivo
“Per me ciascuna attività, anche la più modesta, è guidata dalla mia religione”
Per Gandhi ogni problema che si pone, ogni questione che si deve affrontare, politica, sociale, economica, etica,
collettiva o personale, è una
sfida religiosa: “per me ciascuna attività, anche la più modesta, è guidata da quella che io
considero la mia religione…
La mia attività politica, come
tutte le altre mie attività, procede dalla religione… perciò
anche nella politica dobbiamo
stabilire il regno dei cieli”.
Tuttavia in Gandhi c’è posto
anche per una piena laicità. Ha
saputo essere, insieme, un grande religioso e un grande statista: “Credo ciecamente nella
mia religione. Voglio morire
per essa. Ma è una mia faccenda
personale. Lo Stato non c’entra. Lo Stato dovrebbe preoccuparsi del benessere temporale,
dell’igiene, delle comunicazioni, delle relazioni con l’estero,
della circolazione monetaria e
così via, ma non della vostra o
mia religione. Questa è affare
personale di ciascuno”.
Forse non è un caso che
Gandhi avesse una grande
ammirazione proprio per due
italiani, San Francesco
d’Assisi e Giuseppe Mazzini,
un religioso e un laico.
Oggi nel mondo intero Gandhi è considerato il profeta
della nonviolenza, ma il rischio è quello di farne un santo, un eroe, un simbolo, un
mito. Gandhi, invece, nel corso
di tutta la sua azione sociale e
politica si è sempre sforzato di
far capire che ciò che lui ha
fatto poteva farlo chiunque
altro, che “la verità e la nonviolenza sono antiche come le
montagne”. La novità emersa
con Gandhi consiste nell’aver
saputo trasformare la nonviolenza da fatto personale a fatto
collettivo, da scelta di coscienza a strumento politico: con
Gandhi la nonviolenza non è
più solo un mezzo per salvarsi
l’anima, ma diventa un modo
per salvare la società. La nonviolenza è sempre esistita,
presente in tutte le culture e in
tutte le religioni, in oriente e in
occidente, nei sacri testi della
Bibbia e del Corano, della
Bhagavad Gita e del Buddhismo. Ma è con Gandhi che la
nonviolenza diventa un’arma
di straordinaria potenza per
liberare le masse oppresse. Il
Mahatma ci ha fatto scoprire
che la nonviolenza è insieme
un fine ed un mezzo, che per
abbracciare e farsi abbracciare
dal satyagraha ci vuole fede,
pazienza, sacrificio, dedizione,
addestramento. […]
Gandhi è stato un grande innovatore, è stato l’uomo che ha
riscattato il ventesimo secolo
che altrimenti sarebbe stato
consegnato alla storia come un
secolo buio, per gli orrori delle
guerre mondiali e per l’olocausto nei campi di sterminio.
M.Valpiana, Azione non violenta
nella storia di un popolo per fare
storia con lui e presentare il suo
progetto. È la contaminazione che
Dio fa di se stesso nella storia di
questo popolo. È il racconto scritto
in linguaggio umano di questo incontro e percorso in comune.
La Bibbia è un libro difficile, a
volte ostico, anche per le persone
colte. È un libro per tutti?
È un libro per tutti, poiché Dio è
di tutti. Ma è un libro per tutti a patto di saperlo leggere.
L’incarnazione di Dio nella storia
ha fatto sì che lui assumesse i linguaggi, i sentimenti, i concetti di
quell’epoca storica. Noi oggi, a secoli di distanza, abbiamo difficoltà
a capire questo mondo semita. Con
l’aiuto della scienza biblica dobbiamo ricostruire il senso delle parole
originali.
Quali sono gli
“attrezzi” e le
“conoscenze”
indispensabili per accostarsi correttamente
alle
Scritture?
Come ha detto il
sinodo, bisogna dare una cultura
di base, un “alfabeto”: c’è un analfabetismo enorme sul testo biblico.
Quindi una conoscenza della storia
del popolo ebraico, di
Paradise Now
A lezione di antifondamentalismo
Corsi di educazione civica ai giovani
musulmani britannici, nel quadro
dell’insegnamento religioso dispensato
nelle moschee, con l’obiettivo dichiarato
di premunirli contro le influenze
dell’estremismo islamico. Da questo settembre il governo del Regno Unito ha lanciato l’iniziativa a Londra e in altri centri
urbani a forte presenza islamica. Il progetto si inserisce in un insieme di misure destinate a mostrare che non vi è alcun tipo
di conflitto fra britannici e musulmani.
Supplemento d‘anima
Aleksandr Kpzulin
Aleksandr Vladislavovič Kozulin, nato a Minsk il 25 novembre 1955, è sposato ed ha due
figlie, è il principale oppositore
al regime autoritario del presidente Aleksandr Lukashenko.
Dopo la laurea con lode in matematica è rimasto all'Università statale della Bielorussia
dove ha insegnato nella stessa facoltà.
La sua carriera politica è stata brillante: nel
1988, a soli 33 anni, è stato nominato Ministro dell'Istruzione. Successivamente, dal
1996 al 2003, è stato rettore dell'Università
statale bielorussa. Anche nel
segue a pag. 2
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Pag.2
In princivale a dire senza
Pennellate bibliche
pio Dio
inizio e senza
creò il ciefine?
Il
settimo
giorno
lo e la terE poi in cosa
ra. La terra era informe
consiste il concetto di riposo? Astenersi
e deserta e le tenebre ricoprivano
semplicemente dal lavoro e dalla fatica?
l`abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle Troppo banale, il lavoro non è cosa maleacque. Dio disse: "Sia la luce!". E la luce
detta: è l’attività stessa è svolta da Dio.
fu.(…) E Dio disse: "Facciamo l`uomo a
Non bisogna inoltre dimenticare che
nostra immagine, a nostra somiglianza,
ogni volta compare l’espressione E Dio
(…) Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, vide che era cosa buona.
era cosa molto buona. E fu sera e fu matProviamo allora, per capire, a farci guitina: sesto giorno.(…)
dare da un’altra pagina della Bibbia, queCosì furono portati a compimento il sta volta tratta dai vangeli: leggiamo in
cielo e la terra e tutte le loro schiere. Al- Luca “Mentre erano in cammino, entrò in
lora Dio, nel settimo giorno, portò a ter- un villaggio e una donna, di nome Marta,
mine il lavoro che aveva fatto e cessò nel lo accolse nella sua casa. Essa aveva una
settimo giorno da ogni suo lavoro. Dio sorella, di nome Maria, la quale, sedutasi
benedisse il settimo giorno e lo consacrò, ai piedi di Gesù, ascoltava la sua parola;
perché in esso aveva cessato da ogni lavo- Marta invece era tutta presa dai molti
ro che egli creando aveva fatto. Queste le servizi. Pertanto, fattasi avanti, disse:
origini del cielo e della terra, quando ven- "Signore, non ti curi che mia sorella mi
ha lasciata sola a servire? Dille dunque
nero creati. (Gen. 1, 1-5. 26.31. 2,1-4a.)
che mi aiuti". Ma Gesù le rispose: "MarQueste parole sono conosciutissime.
ta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per
Questa volta vogliamo però fissare la
molte cose, ma una sola è la cosa di cui
nostra attenzione su un particolare, così
piccolo che rischia di passare inosservato, c`è bisogno. Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta" (Lc. 10, 38-42)
si tratta infatti di qualcosa che non c’è:
E se il settimo giorno ci indicasse proavete notato, al termine del settimo giorprio in cosa consiste la parte migliore: il
no, quello caratterizzato dal riposo?
riposare in Dio, vivere cioè cullati in Dio,
Manca l’espressione che troviamo altre
la vita stessa di Dio?
sei volte: “E fu sera e fu mattina”.
Come mai? Vorrà dire qualcosa
Dunque sembra proprio che l’autore sacro
quest’assenza? Può forse voler far intenvoglia invitarci ad apprezzare senza tendere che, per tutti i momenti di attività di
tennamenti tutto il creato (tutto il 1° capiDio (e poi del mare e della terra e
tolo del genesi) ma poi ci avverta: non
dell’uomo) vi è una fine, mentre per il
dimenticare che il tuo cuore è inquieto
sabato, il momento del riposo, si tratta di
finché non riposa in Dio.
Carlo Gonella
un giorno (una condizione) senza tempo,
periodo dal 1998 al 2001
ha fatto parte della compagine di governo. In
questi anni però maturava
la sua contrarietà al regime autoritario di Lukashenko. Nel 2003 Luka-
shenko lo faceva dimettere dalla carica di rettore
per un sospetto caso di
furto d'oro ai danni dell'Università. Solo in un
secondo tempo emerse la
sua estraneità ai fatti.
L’abbazia benedettina di Santa Maria
di Pinerolo, fondata
in “Burgo Santi Verani” nel 1064 per volontà
della contessa Adelaide di
Savoia, è protagonista di
una storia che attraversa
sette secoli, fino a quando
l’autorità del suo abate fu
sostituita da quella della
diocesi di Pinerolo istituita
nel 1748.
Finora l’abbazia è stata
oggetto di pochi studi, concentrati nel secolo scorso e
finalizzati ad esplorare il
periodo medievale del monastero: si ricordino gli studi di C. Alliaudi, C. Cipolla,
F. Gabotto, e negli anni sessanta quelli di A. F. Parisi.
Molto resta da fare per sondare l’evo moderno, sul
quale la documentazione si
presenta sì abbondante, ma
anche molto dispersa.
Gli storici locali che hanno
pubblicato opere sulla storia
di Pinerolo (P. Caffaro, D.
Carutti, A. Pittavino) hanno
reso testimonianza del ruolo
degli abati e dell’abbazia di
Santa Maria non solo nelle
vicende della cittadina, ma
anche di tutto il territorio
Dedicatosi alla politica a
tempo pieno, nel 2005 si
è candidato alle elezioni,
vinte da Lukashenko. A
seguito di un giro di vite
contro gli oppositori è
incarcerato dal 2006. a.d.
C’è un analfabetismo…(segue da pag.1) di uomini quella di Dio è il valore
Gesù, delle prime comunità, della ultimo; la Bibbia in mano ad ogni
letteratura biblica che ha raccolto persona: bisogna che ogni cristiano,
questi eventi e da lì cogliere il mes- aiutato dalla comunità, riesca a leggesaggio. Per questa complessità è bene re questa “lettera di Dio” all’uomo.
accostare la Bibbia con una guida o Si parla di Bibbia nella scuola. È un
con un compagno di strada.
libro che può essere studiato nella
Questo tipo di approccio vale anche scuola di tutti?
Proprio per le radici culturali di cui
per un non credente?
ho parlato prima merita un’attenzione
Sì. La Bibbia è nata per i credenti.
anche dal punto di vista scolastico. A
Però nessuno è così poco credente da
meno che non si voglia ridurre la relinon avere un briciolo di attenzione
gione alla sola ritualità. La presenza
per le grandi verità della vita che la
della Bibbia nella scuola come libro
Bibbia contiene, dalla creazione alla
conclusione finale, al senso della vita di cultura, anche se non esaurisce tutto il suo significato, per il non credene della morte.
te significa un arricchimento umano,
Si dice che la Bibbia è il codice delper il credente un ulteriore approffonla cultura occidentale. Che cosa
dimento.
vuol dire?
Per noi occidentali le radici cultura- Benedetto XVI ha molto a cuore il
li, per Goethe anche linguistiche, aftema della riscoperta della Parola
fondano nella Bibbia. Dagli inizi del
di Dio. La chiesa (presbiteri e laici)
cristianesimo fino a metà Ottocento la lo seguirà?
Nelle proposizioni del sinodo si dicultura ha fatto riferimento al testo
ce esplicitamente che la parola va afsacro. Addirittura era anche un libro
fidata ai laici. Il testo biblico è sopratdi scienza fino a Galileo. Ha ispirato
valori morali profondi (i 10 comanda- tutto per loro e sull’esempio di Gesù
vi deve essere una particolare attenziomenti hanno fondato le carte costituzionali). Così pure espressioni artisti- ne per le donne in quanto educatrici.
che enormi: la pittura (Giotto, Miche- Per concludere, il passo o l’episodio
langelo, ecc), la musica (Bach, Beebiblico a cui è più affezionato?
thoven…), la poesia (basti pensare
È la tempesta sedata da Gesù. È
alla Divina Commedia di Dante). È
l’episodio che ricordo sempre anche
per tutte queste ragioni che la Bibbia
ai miei fratelli quando si è nel tramè un grande codice dell’umanità.
busto. Quando sembra che tutto vada
a fondo risuonano le parole di Gesù:
Per un mese i vescovi di tutto il
“non aver paura, io sono qui, non
mondo hanno riflettuto sulla Bibbia. Quali sono gli input più signifi- vuoi mica che affondi anch’io?”.
Questo sentimento mi dà molta fiducativi?
Le proposizioni che sono state precia.
Antonio Denanni
sentate al Papa per un testo sono di
carattere pastorale. Però vi sono anche delle affermazioni teologiche. Ne
Onu e Diritti umani
cito tre: ogni credente quando apre la
Bibbia deve poter arrivare alla verità scontro islamici - occidentali
Il Consiglio dei Diritti Umani (Cdh), orpiena del testo sacro; il primato della
parola di Dio: in mezzo a tante parole gano sussidiario delle Nazioni Unite crea-
Pagine di storia religiosa del Pinerolese
Maria di Cavour,
Caramagna, Staffarda e Vezzolano) si
disegna una geografia del sacro in grado non
solo di offrire un panorama
delle devozioni locali, ma
anche di mostrare l’esistenza di centri di potere e
di influenza in quest'area.
La loro evoluzione, lungo
un arco cronologico ampio,
dimostra il graduale e difficoltoso processo di accentramento esercitato dall’amministrazione centrale in
opposizione al fenomeno
del decentramento dell’autorità avvenuto nell’epoca
medievale, in cui si colloca
la fondazione delle abbazie.
In età moderna la nascita
dello Stato rende necessari
il contenimento e l’eliminazione degli altri centri di
potere presenti sul territorio,
le cui autonomie vengono
progressivamente erose per
essere ricondotte ad un disegno di uniformità ed accentramento, premessa indispensabile alla realizzazione
di un soggetto politico capace di esercitare il proprio
controllo su tutto il territorio.
Chiara Povero
L’abbazia di Santa Maria di Pinerolo
circostante su cui gli abati
ebbero giurisdizione. Tuttavia, il loro lavoro deve essere aggiornato da un’attenta
verifica delle fonti, sebbene
rimanga un punto di partenza imprescindibile.
Più recentemente, saggi
monografici e convegni di
storia locale, anche se non
rivolti in modo specifico
alle vicende dell’abbazia,
hanno messo in luce la sua
importanza nelle vicende
della valle e dell’abitato di
Pinerolo. Come si è fatto
nel V centenario della consacrazione della Chiesa di
San Donato, nel seminario
di studi dal titolo “Il Cinquecento religioso nel Pinerolese”, in cui si é cercato di
mettere a fuoco un’epoca
cruciale nella vita religiosa
ed artistica dell'abbazia pinerolese, inserendola nella
storia di uno spazio di frontiera, com'é stato il Piemonte occidentale, lungo un arco cronologico che va oltre
il secolo XVI.
Studiare oggi la storia
Novembre 2008
dell’Abbazia di Santa Maria
consente di capire il peso
avuto da questa istituzione
nella storia religiosa, politica, economica e sociale non
solo di Pinerolo, ma anche
delle valli e dei centri abitati
dell’area subalpina. Se infatti è vero che la sua area
di influenza si è molto ridotta nei secoli, resta pur innegabile che gli abati abbiano
giocato un ruolo di tutto
rilievo in quest’area strategicamente importante, come
dimostra il passaggio continuo di truppe francesi e sabaude e come provano anche le frizioni intercorse tra
il potere secolare e quello
ecclesiastico per il controllo
della nomina dell’abate.
Inoltre, se si considera la
presenza sul territorio piemontese di altre istituzioni
religiose coeve all'abbazia
pinerolese (si pensi a Novalesa, a Sant'Antonio di Ranverso, a S. Michele della
Chiusa, a S. Giusto di Susa,
alle abbazie intitolate come
quella di Pinerolo a Santa
to nella primavera del 2006, è da alcuni
mesi al centro di uno scontro aperto tra il
mondo musulmano e l'Occidente, a tal
punto che alcuni rappresentanti occidentali hanno denunciato il progressivo «assassinio» della Dichiarazione universale dei
diritti umani. L'ultima scossa alcune settimane fa quando a nome dell'Organizzazione della Conferenza islamica (Oci), il Pakistan è riuscito a convincere la maggioranza degli Stati del Consiglio dei diritti
dell'uomo ad approvare un testo che limita
la libertà d'espressione nei confronti della
religione la quale, secondo gli islamici,
sarebbe spesso diffamata. Altra scossa
quando alcune delegazioni, tra cui l'Egitto,
hanno fatto sì che il Cdh qualificasse l'orientamento sessuale degli omosessuali
come «atto criminale» negando di fatto i
diritti umani a questa categoria di persone. In molti denunciano anche il fatto che
l’organizzazione riesca sempre ad ottenere
una maggioranza per condannare le violazioni dei diritti umani commesse da Israele e come invece sistematicamente vengano occultate le stesse violazioni commesse
dall'Iran, dall'Arabia Saudita, dalla Cina o
da Cuba. La Voce del Popolo, 27 aprile 2008
Cultura
Pag.3
Parla la teologa americana Ilia Delio
Novembre 2008
Dizionario interculturale
L’evoluzione non è lontana da Dio
«In una prospettiva di fede l’evoluzione offre un nuovo modo di vedere Dio come creatore»
Da un punto di vista
scientifico l'evoluzione è
la modalità fisica con cui
la vita emerge nell'universo.
Bonaventura, come Agostino, sosteneva l'idea
delle rationes seminales, ovvero che la
materia ha dentro di sé, dalla creazione,
le possibilità per ogni possibile forma di
vita. Come questi 'semi' divengano la
realtà, questo è il succo della scienza.
Potremmo dire che l'evoluzione è lo
svelarsi delle potenze interne alla materia
attraverso vari processi. L'idea di un
'disegno intelligente' come immissione di
informazioni dall'esterno non ha senso,
né scientificamente né teologicamente.
L'uso di tale termine da parte dei creazionisti riflette una teologia debole e non
segue una visione teologica trinitaria. Io
sostengo che l'evoluzione è compatibile
con il disegno intelligente perché uso tali
termini come teologa. Tutto si gioca sulla
Trinità: Bonaventura la descrive come
una comunione di persone che si amano e
che è basata sui concetti di bontà e amore
personale. Scoto sosteneva che, essendo
Dio amore, Dio ama l'altro più di Dio
stesso in vista della perfezione dell'amore. Cristo è il primo nell'intenzione di
amore di Dio. Per questo egli è l'impronta della creazione, cioè il 'disegno intelligente' di Dio, che non è basato sull'informazione logica ma sulla logica dell'amore perché Dio è amore. Una volta che si
entra nel mistero di Cristo in relazione
alla Trinità l'evoluzione acquista senso
come svelamento della vita nell'universo
attraverso una complessità e convergenza
sempre più grandi, come svelamento del
disegno di amore da parte di Dio. Come
scrisse Teilhard de Chardin, Cristo è il
centro personale di un universo personalizzato».
Lei sostiene che l'evoluzione biologica
è un «mistero di amore produttivo» a
differenza di Richard Dawkins e del
suo «gene egoista» ...
«Quando parliamo di amore in una pro-
spettiva teologica, non ci riferiamo ad un
sentimento; esso, come insegnano i medievali, è la più alta forma del bene. La
bontà e l'amore danno al mondo creato le
qualità di trascendenza, relazionalità,
fecondità, generatività che segnano anche
il processo fisico dell'evoluzione.
Quando usiamo insieme le parole
'evoluzione' e 'amore' diciamo che esiste
una natura trascendente, relazionale, feconda e generativa nel mondo fisico. Il
problema di Dawkins è che la sua scienza
evoluzionistica è miope e i suoi argomenti contro la religione sono banali.
Egli non ha 'gambe teologiche' che lo
facciano stare in piedi e così i suoi argo-
“Recuperando Teilhard de
Chardin è plausibile conciliare
il darwinismo con la creazione”
alla creatività generativa, ad essere orientati sull'altro, che è poi la realizzazione
della personalità. L'ateismo tende a nutrire individui egoisti che assorbono dal
mondo più bontà di quanta ne generino».
Lei definisce l'evoluzione «un dono
alla teologia»: perché?
«La teoria dell'evoluzione di Darwin
indica nel cambiamento il fondamento
per capire la vita. Alcuni dicono che essa
ha cancellato Dio come creatore perché
descrive i meccanismi di mutazione dentro la natura. In una prospettiva di fede
l'evoluzione offre un nuovo modo di vedere Dio come creatore: non uno che impone ordine nel mondo ma un Dio che
lavora dentro e attraverso l'ordine e il
disordine creato. Il cambiamento non è
lontano da Dio, piuttosto Dio lavora dentro e tramite questo cambiamento o, come ha detto John Polkinghorne, Dio non
si preoccupa della confusione della creazione. La teoria dell'evoluzione è un dono alla teologia perché ci permette di
vedere Dio al lavoro in un mondo che
cambia. Ciò è molto compatibile con il
pensiero cristiano radicato nell'Incarnazione, Dio che diventa uomo e l'umano
che diventa divino. Per il cristiano il
cambiamento è letteralmente il cuore
della materia. Come sosteneva Teilhard
de Chardin più di 50 anni fa, il cristianesimo è una religione d'evoluzione».
menti anti-religiosi non hanno valore.
Dawkins, come altri nuovi atei, sfrutta la
popolarità e ne approfitta per ridicolizzare Dio».
L'ateismo «biologico» ha conseguenze
sul piano culturale e sociale?
«Diffondere questo ateismo torna facile
al consumismo, in particolare nei paesi
benestanti dove la gente è occupatissima
ma annoiata. Fino a quando la gente vedrà soddisfatta le proprie voglie, Dio verrà considerato un'ipotesi non necessaria.
Sfortunatamente questo tipo di comporta- Sintesi da L.Fazzini, Avvenire, 23 agosto 2008
mento egoista fa
continuare i pro“Politici, fate qualcosa di cattolico”
blemi, in particolaA proposito di Pil e Dow Jones...
re l'infelicità diffu«Siamo chiari fin dall'inizio: educazione o della gioia dei loro
sa. Una teologia
dell'amore divino non troveremo né un fine per la giochi. E' indifferente alla denazione ne la nostra personale cenza delle nostre fabbriche e
è un invito all'amore disinteressa- soddisfazione nella mera conti- insieme alla sicurezza delle noto per partecipare nuazione del progresso economi- stre strade. Non comprende la
alla massimazione co, nell'ammassare senza fine bellezza della nostra poesia o la
del bene nell'uni- beni terreni. Non possiamo mi- solidità dei nostri matrimoni,
verso che è desti- surare lo spirito nazionale sulla l'intelligenza delle nostre discusbase dell'indice Dow Jones, ne i sioni o l'onestà dei nostri dipennato all'unione e
trasformazione in successi nazionali sulla base del denti pubblici. Non tiene conto
prodotto interno lordo. Perché il né della giustizia dei nostri tribuDio. È un invito
alla trascendenza e prodotto nazionale lordo com- nali, né della giustezza dei rapprende l'inquinamento dell'aria e porti tra noi. Non misura né la
la pubblicità delle sigarette, e le nostra arguzia, ne il nostro coragambulanze per sgombrare le no- gio, né la nostra saggezza, né le
Ritagli
stre autostrade dalle carneficine. nostre conoscenze, ne la nostra
Il tempo delle due lune
Mette nel conto le serrature spe- compassione, né la devozione al
ciali con cui chiudiamo le nostre nostro paese. Misura tutto, in
di Priscilla Cogan
porte, e le prigioni per coloro breve, eccetto ciò che rende la
La zona d’ombra tra il pas- Parte di noi si volge al do- che le scardinano. Il prodotto vita valevole di essere vissuta».
sato e il futuro è il precario mani con tutto il coraggio nazionale lordo si gonfia con gli […] È un discorso di Robert Kenequipaggiamenti che la polizia nedy (fratello del presidente John,
mondo di trasformazione
di cui è capace;
dentro la crisalide.
Parte di noi è eccitata dalle usa per sedare le rivolte nelle senatore, ammazzato nel mitico
Parte di noi si guarda indie- possibilità di cambiamento; nostre città. E se il prodotto na- Sessantotto, cattolico) del 1967.
tro, soffrendo per la magia
Parte di noi è immobile, e zionale lordo comprende tutto Lo leggano, per favore, i politici
che ha perduto;
non ha il coraggio di guar- questo, molte cose non sono sta- nostrani contemporanei. Sopratte calcolate. Non tiene conto tutto quelli cattolici. Poi provino
Parte di noi è felice di dire
dare da nessuna parte…
dello stato di salute delle nostre a fare qualcosa di cattolico.
addio al suo caotico passato;
Priscilla Cogan
famiglie, della qualità della loro Renzo Agasso, Il nostro tempo, 19/10/08
MIGRAZIONI
Migrazione è lo spostamento,
temporaneo o permanente, di
individui o di gruppi da un luogo a un altro, sia all’interno dello stesso paese, sia verso un
paese straniero. Migrante è anche il richiedente asilo, cioè
colui che per ragioni di sicurezza personale chiede asilo politico a un altro Stato, così come lo
sono i rifugiati o profughi, cioè
coloro che hanno dovuto abbandonare il proprio paese per timore di persecuzioni a causa
della loro razza, religione, credo politico. Il problema delle
migrazioni è strettamente connesso con quello del sottosviluppo, per cui l’80% degli immigrati in Occidente proviene da paesi in via di sviluppo, in maggioranza giovani.
Queste, di seguito, potrebbero
essere alcune piste di riflessione:
occorre favorire politiche globali o regionali che rimuovano
le cause dell’emarginazione; è
necessario rendere operativi gli
strumenti giuridici con leggi
organiche che abbiano come
obiettivo il pieno inserimento
sociale e politico dell’emigrato
(pieno godimento dei diritti civili e politici); alla libertà di
capitali, informazioni e imprese, proprie della globalizzazione economico-finanziaria, spesso corrispondono politiche troppo restrittive in fatto di immigrazione; non si deve ridurre il
problema al solo aspetto economico; occorre cioè tenere conto
anche di ammissione per asilo,
per protezioni internazionali,
ricongiungimento familiare e
per ragioni di studio; occorre
che tutte le agenzie educative
vigilino circa le affermazioni e
manifestazioni xenofobe.
La Bibbia narra di grandi migrazioni: Abramo, l’esodo, la
cattività babilonese, la diaspora.
Ma la Bibbia ha anche grandi
parole per lo straniero: “Maledetto chi lede il diritto del forestiero” (Dt 27,19). Infine ricordiamo una frase di Don Luigi
Di Liegro, già presidente della
Caritas italiana: “L’immigrazione è un problema solo quando non ci si prepara a convivere
con esso, altrimenti è una grande opportunità”.
Maria Luisa Demarchi
Progetto culturale
Pag. 4
Adriano Fabris, filosofo dell’Università di Pisa
Tre tendenze dell’attuale situazione culturale
Tre sono, a mio avviso,
le linee di tendenza generali che s’annunciano nel
presente […] Possiamo
indicare queste linee di
tendenza con le seguenti
formule: la progressiva spettacolarizzazione del mondo; le radicali trasformazioni del comunicare, in un’ottica
sempre più strumentale; il predominio
del consumo come forma di assimilazione e di annientamento della realtà.
1. La spettacolarizzazione del mondo
Nel mondo in cui viviamo, sempre più
chiaramente, tutto è ormai spettacolo e
occasione di spettacolo. Affermarlo
non significa semplicemente far riferimento all’enorme impatto che i mezzi
di comunicazione di massa hanno ormai nella realtà quotidiana. Significa
soprattutto mettere in luce una tendenza ben precisa nel modo in cui le cose
ci si presentano e in cui noi ci rapportiamo ad esse. Questa tendenza è, appunto, quella all’esibizione. Il che significa che, nella prospettiva
dell’esibizione, qualcosa vale nella
misura in cui ed entro i limiti in cui si
dà a vedere. Non in quanto tale, cioè,
non di per sé. Ne consegue una svalutazione di ciò che è irriducibile o refrattario a un tale esibirsi. […]
2. Le trasformazioni nel comunicare
La seconda tendenza all’opera nel presente, riguarda le radicali trasformazioni del comunicare alle quali assistiamo
da qualche tempo. “Comunicazione”,
originariamente, significa creazione di
uno spazio comune, condiviso, nel quale ognuno, purché capace di parlare,
può con piena legittimità aver parte. Da
questa concezione, che peraltro è centrale nella tradizione cristiana, derivano
conseguenze importanti, capaci di dare
orientamento nei rapporti interpersonali
e, più in generale, nella costruzione di
una comunità. Tuttavia non è questa la
concezione del comunicare che ormai,
oggi, si è imposta. Comunicare non è
affatto funzione di comunione. Comunicare, semplicemente, è trasmettere
messaggi o informazioni nella maniera
più efficace. Il che significa: colpendo
l’interlocutore in modo che gli effetti
permangano il più a lungo possibile. E
così accade, ad esempio, nell’ambito
della comunicazione pubblicitaria, che è
diventata il modello, in molti casi, anche della comunicazione pubblica e di
quella politica. L’interlocutore, quindi,
non è una persona con cui dialogare: è,
letteralmente, un target. Bersaglio, appunto, da raggiungere, da persuadere,
da controllare. […]
3. Il predominio del consumo
Il predominio del consumo è l’ultimo
elemento a cui in breve mi voglio richiamare per descrivere la situazione
del presente. È indubbio infatti che il
nostro rapporto con le cose e, più in
generale, con il mondo è da sempre
caratterizzato dagli atteggiamenti, fra
loro connessi, del desiderare,
dell’acquisire, del consumare. Oggi
però assistiamo alla radicalizzazione o,
addirittura, al pervertimento di alcuni
processi legati a queste attività. […] Il
consumo si presenta, nello specifico,
come una forma di assorbimento
dell’altro: come l’esercizio reiterato del
suo annientamento. Senza però che, in
questo annientamento, il soggetto consumatore trovi davvero il proprio appagamento. È qui che si radica la coazione a ripetere propria del consumatore e
la ragione del diffondersi sempre più
ampio di una mentalità orientata al consumo. Infatti se, come ho detto,
l’acquisizione di un bene non è in grado di appagare il desiderio, ciò avviene
perché essa non è occasione del perfezionamento di una persona, attraverso
il suo collegamento all’altro da sé. Di
conseguenza, l’inquietudine che nasce
da questo mancato appagamento spinge
a reiterare il consumo, senza limiti e
senza rispetto.
Adriano Fabris, Nel Cantiere del Progetto culturale, Roma, marzo 2004
Carlo Petrini, giornalista ed esperto di sociologia
L’economia del non fare e del prendersi cura
“La cultura del fare porta a fare male e a fare troppo”
Mi preoccupa quest’ incondizionata passione che i politici, senza distinzione di appartenenza, hanno dichiarato
nei confronti della crescita
del Pil. Il Pil cresce anche
producendo mine antiuomo,
o imballaggi inutili che dovranno essere smaltiti (e anche questo fa crescere il Pil) o che, se smaltiti malamente,
inquineranno acqua, aria, terra; e per
bonificare, ammesso che sia possibile,
si farà ancora crescere il Pil. Se invece
si mettesse in campo un pizzico di
saggezza, si potrebbe intraprendere la
strada dell’ economia del “non fare”.
Perché a volte è lì la chiave della ricchezza. Raffinerie, treni ad alta velocità e cementifici nelle vigne, sono
ferite aperte nel cuore di territori che,
in salute e bellezza, stanno producendo economia. Perché non lasciarli
continuare? Perché disturbare? Bisogna stare attenti, perché la cultura del
fare, se non ha filtri, diventa la cultura
del rifare, del disfare, del fare troppo
per poi sfasciare. È una cultura subdola, perché si spaccia per libertà, pro-
gresso, benessere. Pensate ai prodotti
dietetici che vengono pubblicizzati in
questi ultimi tempi. Pastiglie che impediscono all’ organismo di assorbire
calorie, mentre se ne ingurgitano a
volontà. Non è una follia? Non è immorale? Per non ingrassare bisogna
mangiare di meno e meglio e avere
uno stile di vita corretto; la soluzione
non può essere ingurgitare qualunque
quantità di cibo per poi rendere il nostro organismo impermeabile alle calorie. È come tenere le nostre case a
25 gradi d’ inverno per stare in salotto
in maniche corte; è come usare abbondantemente la preziosa acqua potabile
per lo sciacquone del water. Ecco dove ci ha portato la cultura del fare. A
fare male, a fare troppo. A fare cose
che ci costano tanti soldi, e per avere
quei soldi dobbiamo lavorare di più, e
per lavorare dobbiamo fare, fare, fare.
Se mangio meno e meglio spendo meno e non ingrasso. Risparmio sia sul
cibo che sulle pastiglie dimagranti.
Posso destinare quei soldi diversamente, oppure decidere che non ne ho
bisogno, quindi non ho necessità di
guadagnarli, quindi ho qualche ora
libera in più. Magari per curare un
piccolo orto, o per giocare con i figli o
per leggere il giornale, saltando le
pubblicità delle pastiglie dimagranti.
L’ economia del “non fare”, invece,
ha le sue radici nella cultura dell’ osservare. E del chiedersi: che bisogno
ce n’ è? L’ economia del “non fare”
ha uno sguardo lungo, non ragiona in
termini di ritorni immediati: ha i tempi della natura, non quelli della finanza. Investe a lunghissimo termine e ha
straordinari ritorni, perché è un’ economia che non si occupa solo di denaro. Si occupa di culture, di identità, di
territori, di origine, di storia e di storie; si occupa di paesaggio, di turismo,
di conoscenza, di salute e di bellezza;
si occupa di vigne, di imprenditoria,
di mercato, di relazioni, di comunità,
di coerenza. Siamo capaci di calcolare
queste spese? […] Troppo facile far
finta di non capire che quando parliamo di economia del non fare stiamo
parlando, semplicemente, di economia
della cura.
Carlo Petrini (estratto), La Repubblica, 21/5/2008
Novembre 2008
I nuovi preti
Per valutare
il candidato prete
anche la psicologia
Di Alessandro Plotti, vescovo
L'attenzione alla maturità umana dei
candidati ha sollecitato l'uso della
competenza psicologica. Con quali criteri la si consiglia ai seminaristi oggi?
«L'attenzione alla maturità umana dei
candidati è la principale preoccupazione dei formatori del seminario. La psicodiagnostica ritengo possa essere uno
strumento valido e, direi, indispensabile per avere un quadro più completo
della personalità del candidato. Non
assolutamente obbligatorio, se gli educatori hanno la possibilità di vagliare
con altri canali le caratteristiche psicologiche dei candidati. Nella nostra diocesi, per esempio, prima di accettare in
seminario un giovane gli facciamo frequentare, almeno per un anno, alcuni
finesettimana vocazionali, dove incontrano anche persone particolarmente
preparate nel campo psicologico. Il rettore, in collaborazione stretta con il
loro parroco, li incontra periodicamente per colloqui mirati, tenendo ben presente il contesto ecclesiale nel quale è
maturata la vocazione. Avendo pochi
seminaristi (purtroppo), sappiamo tutto
di loro, della famiglia, delle esperienze
fatte, del contesto culturale, della loro
capacità di rapporti umani ecc.
Altra questione è quando, lungo il percorso formativo, si rivelano problemi e
disturbi psicologici. Nel nostro studio
teologico interdiocesano abbiamo dato
vita a un servizio di accompagnamento
psicologico per coloro che, invitati dal
rettore, sentono la necessità di confrontarsi sui propri problemi personali. Il
tutto nella più totale discrezione e nel
rispetto della libera decisione del soggetto».
Da Il Regno - Attualità, n.2/2006
Tu non mi abbandoni
«È buio dentro di me,
ma presso di te c’è la luce;
sono solo,
ma tu non mi abbandoni;
sono impaurito,
ma presso di te c’è aiuto;
sono inquieto,
ma presso di te c’è pace;
in me c’è amarezza,
ma presso di te c’è pazienza;
non comprendo le tue vie,
ma tu conosci la mia via»
Dietrich Bonhoeffer
Focus
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Intervista a Mons Gianfranco Ravasi
Novembre 2008
Incontri con la Bibbia
I cristiani non devono temere il confronto con la cultura Manda il tuo pane sopra le acque...
«La Chiesa fatica a farsi comprendere. Abbiamo linguaggi troppo paludati e a volte curiali»
Monsignor
Ravasi, che
cosa non
bisogna
"temere"?
«Il confronto
diretto con la
scienza, tenendo conto anche delle posizioni
alternative alle nostre. E neppure
l’arte del nostro tempo che sembra
lontana dai temi religiosi».
A cosa si riferisce?
«La Cei nel nuovo Lezionario
della domenica ha proposto
un’esperienza suggestiva, inserendo immagini anche della transavanguardia artistica come Chia e
Palladino. Avevo suggerito io di
cercare strade nuove nelle illustrazioni oltre le solite miniature del
Trecento. Ci sono state polemiche,
ma l’esperienza è servita a dimostrare che la Chiesa non è lontana
dal linguaggio artistico corrente».
E sul rapporto tra scienza e fede?
«Dobbiamo discutere le teorie
dell’evoluzione e del rapporto tra
la conoscenza e la teologia. Non
possiamo far finta che non esistano. Al riguardo, stiamo organizzando un convegno non solo su
Charles Darwin, come hanno semplificato i giornali, ma sul complesso della filosofia dell’evoluzionismo. C’è un vasto orizzonte da
perlustrare. Qualcosa stiamo già
facendo con il progetto "Stoq",
acronimo inglese di Science, Theology and the Ontological Quest,
finanziato da una Fondazione americana, che ogni due anni riunisce a
Roma gli scienziati delle maggiori
istituzioni mondiali per discutere
di scienza e religione».
A che punto siamo?
«La Chiesa fatica a farsi comprendere. Abbiamo linguaggi troppo paludati e a volte curiali. Oltre
la siepe della comunità ecclesiale il
linguaggio ha toni diversi, usa
molte più risorse delle nostre, è più
diretto, tempestivo, più adeguato
agli stili della modernità. Ma vale
anche all’interno della Chiesa. I
preti sono spesso superficiali, i
dibattiti culturali sono considerati
secondari. Non si capisce invece
che oggi non si può fare catechesi
senza cultura».
La Chiesa teme la cultura?
«No, ma tende a ritirarsi, perché
spesso non vuole entrare in polemica con chi rappresenta oggi la
cultura laica. Mi spiego. Tra i non
credenti oggi va di moda il modello ironico-sarcastico alla Piergiorgio Odifreddi, che funziona in televisione. La scena mediatica tende
così a rappresentare il rapporto tra
scienza e fede come quello tra due
fondamentalismi. Dobbiamo uscire
da questa trappola e tornare a dialogare con intellettuali di alto profilo, abbandonando polemiche
spicciole e immediate, che fanno
ascolti in Tv».
Mi fa dei nomi?
«Habermas in Germania, Massimo Cacciari e Umberto Eco in Italia. Dobbiamo tornare al confronto
t r a l e me t a f i s i c h e , c o m e
nell’Ottocento, quando la competizione era tra sistema idealistico e
cristianesimo, tra marxismo e visione sociale della Chiesa».
Ma la filosofia occidentale non
basta più a spiegare il mondo…
«È vero. Ed è per questo che la
Chiesa deve ascoltare le culture
nazionali. Andremo in Nepal a fine
aprile, e a luglio in Africa. Dobbiamo aprire un confronto, ragionare
in termini globali e insieme locali.
La Chiesa deve essere meno condizionata dalla mentalità occidentale
e non temere il confronto con altre
filosofie».
Bisogna allargare la riflessione
anche all’economia?
«Sì, perché l’economia non è più
la scienza della tecnica monetaria.
È una scienza umanistica, è il regolamento della casa del mondo.
Pone interrogativi antropologici,
questioni etiche, come dimostrano
le riflessioni del premio Nobel Joseph Stiglitz, assai vicini agli interrogativi che pone una religiosità
autentica. Questo è un tema che
metteremo al centro della riflessione del Pontificio consiglio per la
cultura».
Qual è oggi la più grande sfida
culturale rivolta alla Chiesa?
«Il confronto con un nuovo tipo
di secolarizzazione, che non sfratta
Dio dall’orizzonte, ma gli chiede i
documenti e poi lo fa diventare
irrilevante. Via i crocefissi, oppure
appendere tutti i simboli religiosi,
così si stinge qualsiasi tipo di esperienza religiosa. Ed è una sfida
molto pericolosa per la Chiesa.
Non nega il valore del culto, ma
espelle dall’orizzonte la questione
delle verità. Così della religione si
prende solo ciò che piace. […]
La Chiesa cosa deve fare?
«Impegnarsi di più nella presentazione della potenza del Vangelo,
leggere la parola di Dio con strumenti culturali evitando forme di
fondamentalismo e di sincretismo.
Limitandosi alla solidarietà si fa
"fitness dell’anima" e la Chiesa
diventa un’agenzia filantropica».
Sintesi da Alberto Bobbio, Famiglia
Cristiana, n.30, 2008
Pensieri in pagina
I segni del ritorno della religione
di Franco Garelli
Il
ritorno
della religione
sulla
scena
pubblica
è
certamente
uno dei fenomeni più rilevanti della modernità avanzata,
che risalta in un'epoca che si
pensava orientata alla «morte di
Dio» e all’eclisse del sacro. Il
dinamismo religioso è diffuso
in molte aree del mondo e contagia i credi e le confessioni più
diverse. La fede religiosa non è
soltanto una qualità dell'animo,
non si esprime solo nel foro della coscienza individuale; ma
prorompe nella vita pubblica di
molte nazioni e continenti, con
la pretesa di partecipare alla costruzione del mondo.
I segni di questo
potente ritorno della
religione rimbalzano ogni giorno sotto
i nostri occhi: dal
potere della destra
religiosa nel condi-
zionare le elezioni presidenziali
Usa alla grande diffusione dei
movimenti pentecostali in America latina; dall’orgoglio
dell’Islam che reagisce contro
l'Occidente alla mobilitazione
dei monaci buddisti nei Paesi
asiatici ancor chiusi alla democrazia.
Ciò che accade a questo livello nel nostro Paese non è una
eccezione, quanto un'eco delle
dinamiche mondiali. Le battaglie della chiesa cattolica sui
temi dell'aborto, della bioetica,
dell'educazione, creano certamente sconcerto e divisioni
nell’opinione pubblica, ma sono
anche fonte di passione morale
e di coinvolgimento. Nello
«scontro sui valori» la religione
intende dare il suo apporto a
definire la situazione.
Questi nuovi scenari obbligano gli studiosi della religione a
rivedere la loro cassetta di attrezzi e di interpretazioni. […]
Franco Garelli, Religioni da leggere, La Stampa 24.5.2008 estratto)
di Erri De Luca
C’è un verso delle Scritture che ha messo in movimento la tua vita…
Sì , è un verso di Qohèlet (11,1) “Manda il tuo
pane sopra i volti delle acque”. Che razza di offerta
va proponendo con quest’ordine: “Manda il tuo pane” cioè l’indispensabile, la cosa più preziosa, il
cibo quotidiano, “sopra i volti delle acque”. Nemmeno lo consegni a qualche bisognoso, non a qualcuno che te lo chiede, ma te ne privi senza sapere
per chi, semplicemente affidandolo ad una corrente.
Questo mi sembra un atto di generosità mostruosa,
gigantesca, impraticabile.
Ogni mattina, di solito, riesco a leggere un capitolo della Bibbia. E invece quella mattina ero rimasto
piantato su quel verso e non riuscivo ad andare a
leggere quelli successivi. E là sono rimasto. Questo
è anche simpatico perché vuol dire che mi tengo un
versetto in bocca che mi tiene compagnia durante la
giornata. Però, quel verso così grandioso “Manda il
tuo pane sopra i volti delle acque” era seguito da
una seconda parte che andavo a controllare in una
traduzione francese che avevo con me, che diceva
“perché dopo molti giorni lo ritroverai”.
La seconda metà del verso non mi piaceva affatto
in confronto a questo grandioso liberarsi
dell’indispensabile per offrirlo alla corrente senza
neanche sapere a chi: “Dopo molti giorni lo ritroverai”: metti in giro un’offerta e ritorna illesa fra le
mani tale e quale? Mi sembrava una partita di giro
che non funzionava.
Comunque non riuscivo a risolvere la questione e
me ne sono andato al lavoro. E mentre pensavo al
lavoro e a questa cosa e battevo di scalpello e di
martello mi sono dato una bella martellata... Scuotendo la mano insanguinata, mentre il sangue sgorgava mi è venuto in mente il verso del mattino:
“manda il tuo pane sul volto delle acque” e io stavo
mandando il mio sangue sopra i calcinacci. E questo
mi ha aiutato a farmi passare il nervoso per il colpo.
E poi, tornando a casa dal lavoro, nel pomeriggio,
sentivo questa mano che faceva male, e dicevo: “e
dopo molti giorni lo ritroverai”... E mentre pensavo
questo mi sono detto: “Fammi andare a vedere cosa
c’è scritto in ebraico”. In ebraico c’è scritto non
“dopo molti giorni lo ritroverai”, ma “in molti giorni lo ritroverai”, cioè quella singola offerta ti ritornerà in molti giorni, molte volte in molti giorni.
Quella singola offerta spontanea, a fondo perduto,
senza nemmeno sapere a chi, ti verrà infinitamente
restituita, ma in misura senza proporzione rispetto
alla tua piccola quantità, in molti giorni. Così ho
risolto quella notizia e ho chiuso quel verso di Qohèlet, la cui seconda metà era ancora più bella della
prima, correggendo quel pigrissimo “dopo molti
giorni” che diventava una specie di boomerang
dell’offerta, gli faceva fare un giro per aria, rientrava
nella mano del lanciatore. Invece era un gesto a fondo completamente perduto che ti verrà infinitamente
restituito da tante altre parti.
E questo mi permette anche di immaginare che il
rapporto di generosità tra le persone è un rapporto
che non funziona tra due. Se io faccio una cosa per
te, tu non me la devi restituire, tu la devi fare ad un
altro, e magari, già che ci sei, la fai a due, anche a tre
se ti è piaciuto. Non la devi restituire a me. Se rimane restituita a me, rimane una cosa chiusa, tra noi, è
povera, non si sparge... Invece, se io ti offro una cena, tu invece di restituirla a me la offri a qualcun altro che ne ha bisogno, e anche a qualcun altro che
non ne ha bisogno, e fai questa mossa esterna a noi
due, moltiplichi questa mossa. La fai produrre in giro.
Da Massimo Orlandi, In molti giorni lo ritroverai, Ed. Romena
Documenti
Pag. 6
Novembre 2008
Intervento del Card. Carlo Maria Martini
Quale cristianesimo nel mondo Postmoderno
«Non aver paura di ciò che è diverso o nuovo, ma consideralo un dono di Dio»
[…] Per cercare un dialogo
proficuo tra la gente di questo
mondo ed il Vangelo e per
rinnovare la nostra pedagogia
alla luce dell’esempio di Gesù, è importante osservare
attentamente il cosiddetto
mondo postmoderno, che costituisce il contesto di fondo di molti di questi problemi e ne condiziona le soluzioni.
Una mentalità postmoderna potrebbe essere definita in termini di opposizioni: un’atmosfera e un
movimento di pensiero che si oppone al mondo
così come lo abbiamo finora conosciuto. È una
mentalità che si distacca spontaneamente dalla metafisica, dall’aristotelismo, dalla tradizione agostiniana e da Roma, considerata come la sede della
Chiesa, e da molte altre cose.
Il pensare postmoderno è lontano dal precedente
mondo cristiano platonico in cui erano dati per
scontati la supremazia della verità e dei valori sui
sentimenti, dell’intelligenza sulla volontà, dello
spirito sulla carne, dell’unità sul pluralismo,
dell’ascetismo sulla vitalità, dell’eternità sulla temporalità. Nel nostro mondo di oggi vi è infatti una
istintiva preferenza per i sentimenti sulla volontà,
per le impressioni sull’intelligenza, per una logica
arbitraria e la ricerca del piacere su una moralità
ascetica e coercitiva. Questo è un mondo in cui sono prioritari la sensibilità, l’emozione e l’attimo
presente. L’esistenza umana diventa quindi un luogo in cui vi è libertà senza freni, in cui una persona
esercita, o crede di poter esercitare, il suo personale
arbitrio e la propria creatività.
Questo tempo è anche di reazione contro una
mentalità eccessivamente razionale. La letteratura,
l’arte, la musica e le nuove scienze umane (in particolare la psicoanalisi) rivelano come molte persone
non credono più di vivere in un mondo guidato da
leggi razionali, dove la civiltà occidentale è un modello da imitare nel mondo. Viene invece accettato
che tutte le civiltà siano uguali, mentre prima si
insisteva sulla cosiddetta tradizione classica. Oggi
un po’ tutto viene posto sullo stesso piano, perché
non esistono più criteri con cui verificare che cosa
sia una civiltà vera e autentica.
Vi è opposizione alla razionalità vista anche come fonte di violenza perché le persone ritengono
che la razionalità può essere imposta in quanto vera.
Si preferisce ogni forma di dialogo e di scambio
per il desiderio di essere sempre aperti agli altri e a
ciò che è diverso, si è dubbiosi anche verso se stessi e non ci si fida di chi vuole affermare la propria
identità con la forza. Questo è il motivo per cui il
cristianesimo non viene accolto facilmente quando
si presenta come la ‘vera’ religione. Ricordo un
giovane che recentemente mi diceva: «Soprattutto,
non mi dica che il cristianesimo è verità. Questo mi
dà fastidio, mi blocca. È diverso che dire che il cristianesimo è bello…». La bellezza è preferibile alla
verità.
In questo clima, la tecnologia non è più considerata uno strumento al servizio dell’umanità, ma un
ambiente in cui si danno le nuove regole per inter-
pretare il mondo: non esiste più l’essenza delle cose, ma solo l’utilizzo di esse per un certo fine determinato dalla volontà e dal desiderio di ciascuno.
In questo clima, è conseguente il rifiuto del senso
del peccato e della redenzione. Si dice: «Tutti sono
uguali, ma ogni persona è unica».
Esiste il diritto assoluto di essere unici e di affermare se stessi. Ogni regola morale è obsoleta. Non
esiste più il peccato, né il perdono, né la redenzione
e tanto meno il «rinnegare se stessi». La vita non
può più essere vista come un sacrificio o una sofferenza.
Un’ultima caratteristica della postmodernità è il
rifiuto di accettare qualunque cosa che sa di centralismo o di volontà di dirigere le cose dall’alto.
In questo modo di pensare vi è un «complesso antiromano». […]
Non voglio ora esprimere giudizi. […] Ciò che
mi preme sottolineare è che questa mentalità è ormai dappertutto, soprattutto presso i giovani, e bisogna tenerne conto.
Ma voglio aggiungere una cosa. Forse questa situazione è migliore di quella che esisteva prima.
Perché il cristianesimo ha la possibilità di mostrare
meglio il suo carattere di sfida, di oggettività, di
realismo, di esercizio della vera libertà, di religione
legata alla vita del corpo e non solo della mente. In
un mondo come quello in cui viviamo oggi, il mistero di un Dio non disponibile e sempre sorprendente acquista maggiore bellezza; la fede compresa
come un rischio diventa più attraente. Il cristianesimo
appare più bello, più vicino alla gente, più vero. […]
Insegnare la fede in questo mondo rappresenta
nondimeno una sfida. Per essere preparati, bisogna
fare proprie queste attitudini: Non essere sorpreso
dalla diversità. Non avere paura di ciò che è diverso o nuovo, ma consideralo come un dono di Dio.
Prova ad essere capace di ascoltare cose molto diverse da quelle che normalmente pensi, ma senza
giudicare immediatamente chi parla. Cerca di capire che cosa ti viene detto e gli argomenti fondamentali presentati. I giovani sono molto sensibili ad
un atteggiamento di ascolto senza giudizi. Questa
attitudine dà loro il coraggio di parlare di ciò che
realmente sentono e di iniziare a distinguere che
cosa è veramente vero da ciò che lo è soltanto in
apparenza. […]
Sii amico dei poveri. Metti i poveri al centro della
tua vita perché essi sono gli amici di Gesù che ha
fatto di se stesso uno di loro.
Alimentati con il Vangelo. Come Gesù ci dice nel
suo discorso sul pane della vita: «Perché il pane di
Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al
mondo» (Gv. 6,33).
Per aiutare a sviluppare queste attitudini, propongo quattro esercizi:
1. Lectio divina. È una raccomandazione di Giovanni Paolo II: «In particolare è necessario che
l’ascolto della Parola diventi un incontro vitale,
nell’antica e sempre valida tradizione della lectio
divina che fa cogliere nel testo biblico la parola
viva che interpella, orienta, plasma l’esistenza»
( Novo Millennio Ineunte, N. 39). […]
2. Autocontrollo. Dobbiamo imparare di nuovo che
sapere opporsi alle proprie voglie è qualcosa di più
gioioso delle concessioni continue che appaiono
desiderabili ma che finiscono per generare noia e
sazietà.
3. Silenzio. Dobbiamo allontanarci dalla insana
schiavitù del rumore e delle chiacchiere senza fine,
e trovare ogni giorno almeno mezz’ora di silenzio e
mezza giornata ogni settimana per pensare a noi
stessi, per riflettere e pregare.
Questo potrebbe sembrare difficile, ma quando si
riesce a dare un esempio di pace interiore e tranquillità che nasce da tale esercizio, anche i giovani
prendono coraggio e trovano in ciò una fonte di
vita e di gioia mai provata prima.
4. Umiltà. Non credere che spetti a noi risolvere i
grandi problemi dei nostri tempi. Lascia spazio allo
Spirito Santo che lavora meglio di noi e più profondamente. Non cercare di soffocare lo Spirito negli
altri, è lo Spirito che soffia. Piuttosto, sii pronto a
cogliere le sue manifestazioni più sottili. Per questo
hai bisogno di silenzio.
Carlo Maria Martini - Avvenire, 27 luglio 2008
Hanno detto
Alfabetizzazione biblica: a quando?
E’ mia sensazione che l’amore per la Bibbia che si
sentiva in Italia negli anni postconciliari sia passato.
La Bibbia ora è presente in quasi tutte le case, ma è
veramente letta? La cultura italiana laica l’ha accettata, ma nella scuola la Bibbia non è ancora entrata ufficialmente nonostante gli sforzi della associazione laica
‘Biblia’. Vorrei che l’accanimento che si mostra per il
mantenimento del Crocefisso, si trasformasse in interesse perché la Bibbia possa avere un suo posto nella
formazione della cultura degli studenti italiani. La
vera alfabetizzazione biblica avverrà quando affronteremo laicamente e scientificamente i nodi culturali che
la Bibbia ancora mantiene per noi, quando la leggeremo in dialogo con i testi delle altre religioni universali, quando saremo in grado di farne il collante del nostro modo di pensare, come fece, in altri tempi, e con
ben altri risultati, l’Alighieri.
Domenico Maselli, presidente della Fed. delle Chiese Evangeliche in Italia, in Biblia, notiziario, giugno 2008
Nessun dialogo interreligioso senza conoscenza
Lo scopo del dialogo interreligioso è almeno triplice:
1. è cercare di capire meglio il contenuto della fede
dell’altro; non si tratta solamente di amicizia, ma anche di imparare a leggere i testi sacri dell’altro, a leggere i libri di teologia che spiegano la fede dell’altro;
dunque c’è anzitutto questo desiderio di imparare in
profondità. 2. è incoraggiare lo studio delle religioni
in maniera obiettiva vuol dire cercare di presentare in
maniera scientifica il fatto religioso, che si manifesta
attraverso una pluralità di religioni; perché c’è un fatto
religioso che è innegabile e il credente vive la sua fede
sempre in comunità. Queste hanno i loro riti, le loro
lingue, le loro usanze, ed è molto importante imparare
ad apprezzarle. 3. è formare le persone al dialogo
interreligioso, nei seminari, nei noviziati, nelle scuole
e università cattoliche; abbiamo bisogno di insegnanti
di religione che devono essere stati formati a questo
dialogo interreligioso, che non si improvvisa. E’ molto
importante la cultura. La cultura è un modo molto significativo per far passare queste idee.
Jean-Louis Tauran, card. presidente del Consiglio vaticano
per il Dialogo interreligioso, OR 23.07.2008.
NOVA
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Orizzonti aperti
Pag. 7
Bianco/Nero
NOTE DI LETTURA
La spiritualità degli atei
Vattimo al contrario?
di Enzo Bianchi
«Agnostici e atei non credono in Dio,
non si sentono coinvolti da questa presenza perché non la sentono reale, ma
sono consapevoli che invece le religioni
che professano Dio fanno parte della storia umana, della società, del mondo. Come essi non trovano ragioni per credere,
altri invece le trovano e sono felici: gli
uni pensano che il mondo basti loro, gli
altri sono soddisfatti di avere la fede. Ma
proprio questo fa dire che l’umanità è
una, che di essa fanno parte religione e
irreligione e che, comunque, in essa è
possibile, per credenti e non credenti, la
via della spiritualità. Spiritualità intesa
non in senso stretto religioso, ma come
vita interiore profonda, come fedeltàimpegno nelle vicende umane, come ricerca di un vero servizio agli altri attenta
alla dimensione estetica e alla creazione
di bellezza nei rapporti umani. Spiritualità soprattutto come antidoto al nichilismo
che è lo scivolo verso la barbarie: nichilismo che credenti e non credenti dovrebbero temere maggiormente nella sua forza di negazione di ogni progetto, di ogni
principio etico, di ogni ideologia».
di Andrea Balbo
Gianni Vattimo, che ha nei giorni
scorsi concluso la sua esperienza di
insegnamento universitario sulla
cattedra di Filosofia teoretica presso
l’Università di Torino, ha senz’altro
lasciato una traccia non secondaria
nel pensiero italiano dell’ultima parte
del Novecento e della prima parte del
XXI secolo. Le sue prese di
posizione, la sua indubbia vivacità e
la forza polemica delle sue
espressioni lo hanno più volte
portato alla ribalta dei media con
posizioni anche molto ostili nei
confronti del mondo cattolico.
Nel libretto di cui ci occupiamo
oggi (Ragione filosofica e fede
religiosa nell’era postmoderna,
Rubbettino 2008, 66 pp., 7 euro), lo
stesso Vattimo e Dario Antiseri,
filosofo della scienza, affrontano
alcuni punti nodali della
problematica metafisica postmoderna, ovvero la possibilità di
individuare un possibile fondamento
al pensiero filosofico e, di
conseguenza, la possibilità di fornire
risposte valide e razionali ai
problemi come la bioetica e il
rispetto della vita umana, che a tale
fondamento sono intimamente legati.
L’articolo di Vattimo, dedicato a
Una bioetica post-metafisica,
contiene una lucida sintesi delle sue
posizioni contrarie ai dogmatismi e
favorevoli al primato della persona
singola e dell’evento rispetto alle
prospettive generali, che egli sente
come coercitive e liberticide. Molto
più ampio è il saggio di Dario
Antiseri, intitolato Pensiero debole,
ragione filosofica e spazio della fede,
che in modo piuttosto sorprendente
ma del tutto convincente (a parere di
chi scrive) utilizza alcuni principi
essenziali del pensiero di Vattimo
come il debolismo (l’impossibilità di
definire dei fondamenti certi del
sapere e dei valori) per
“capovolgerli” e sfruttarli come
chiavi interpretative per dimostrare
che il pensiero debole, lucidamente,
ha messo in crisi le pretese
assolutistiche dei grandi sistemi
filosofici dall’idealismo in avanti, ma
non ha tolto forza e significato alla
“domanda irreprimibile” di senso che
l’uomo pone a se stesso. Il “pensiero
debole” viene allora interpretato, per
citare lo stesso Antiseri, come una
“riconquista razionale della
contingenza umana”, che apre- anzi
spalanca - lo spazio per l’atto del
credere e fonda realmente la fede.
In un mondo post-moderno privo
di certezze, il contributo vattimiano
alla decostruzione ideologica può
essere considerato – anche al di là
delle intenzioni dello stesso
filosofo – una nuova occasione di
definizione di un pensiero religioso
non lontano dalla ragione.
Andrea Balbo
Al cuore della fede - 5
Secondo la Spe salvi di Benedetto XVI
La fede è la sostanza delle cose
La fede è la «sostanza» delle cose
che si sperano; la prova delle cose
che non si vedono. Tommaso
d’Aquino, utilizzando la terminologia della tradizione filosofica
nella quale si trova, spiega questo
così: la fede è un «habitus», cioè
una costante disposizione dell’animo, grazie a cui la vita eterna prende inizio in noi e la ragione è portata a consentire a ciò che essa non
vede. Il concetto di «sostan-za» è
quindi modificato nel senso che
per la fede, in modo iniziale, po-
tremmo dire«in germe» – quindi
secondo la «sostanza» – sono già
presenti in noi le cose che si sperano: il tutto, la vita vera. E proprio
perché la cosa stessa è già presente, questa presenza di ciò che verrà
crea anche certezza: questa «cosa»
che deve venire non è ancora visibile nel mondo esterno (non «appare »), ma a causa del fatto che,
come realtà iniziale e dinamica, la
portiamo dentro di noi, nasce già
ora una qualche percezione di essa.
Benedetto XVI, Spe salvi, n.7
La Bibbia a scuola
Dai risultati di un’indagine Eurisko
(fine aprile) sulla diffusione della
Scrittura in alcuni tra i maggiori paesi del mondo (in Europa: D, E, F, I,
NL, PL, UK, Russia, e negli USA)
Alla domanda “Nelle scuole si dovrebbe studiare la Bibbia?”, la
media delle risposte positive supera
ovunque il 50%, eccetto in Francia
(39%), con punte che superano l’80%
nel Regno Unito, in Russia e in Germania. “Siamo all’assurdo di aver
escluso la Bibbia dalle scuole in Italia. Ne resta traccia solo nell’insegnamento concordatario, che però è
facoltativo e dottrinale” (Gad Lerner). “Il dialogo tra filosofi e teologi
sulla Bibbia è uno degli esercizi più
interessanti dal punto di vista intellettuale. Alla facoltà di filosofia San
Raffaele, a Milano, sono obbligatori
l’insegnamento di esegesi dell’AT e
del NT, oltre che di filosofia ebraica
e islamica” (Massimo Cacciari).
Enzo Bianchi, La spiritualità degli atei
Turismo, estetica e spiritualità
Il duomo di Sovana in Maremma
Nei secoli centrali del Medioevo i
cristiani parvero “rivaleggiare tra loro per edificare chiese che fossero le
une più belle delle altre. Era come se
il mondo, scrollandosi, volesse spogliarsi della sua vecchiezza per vestirsi della veste bianca delle cattedrali”.
Una di queste, nell’entroterra maremmano, è il duomo di Sovana, la
cui mole possente, custode di storia
e di silenzio, corona la modesta altura, antica acropoli, che chiude a occidente l’ormai piccolo borgo, già
città illustre e patria di Ildebrando,
papa col nome di Gregorio VII. Capolavoro dell’arte romanica, le sue
mura sono decorate esternamente da
figure fantastiche e mostruose: la sirena bicaudata, come nelle necropoli
etrusche della zona, a ricordare forse
la terra madre nella posizione della
partoriente e il legame dell’elemento
acqueo con la vita; il toro, simbolo
di forza generatrice per il bestiame
compagno dell’uomo nel duro lavoro dei campi; un arcaico cavaliere
col braccio alzato a brandire la spada; i due pavoni, uccelli paradisiaci,
che si fronteggiano all’albero della
vita; e poi ancora linee variamente
ondulate e intrecciate, quasi vibrazione creatrice che pervade l’universo; motivi floreali; palmette; un serpente; un cane che si morde la coda – traccia di un’antica concezione
ciclica del tempo? – e volti umani
dallo sguardo perso nell’infinito. Teste leonine sul portale difendono
l’ingresso, soglia tra profano e sacro,
punto di confine e di passaggio fra
Novembre 2008
Vandali, venne a predicare il Vangecontingente ed eterno.
L’interno a tre navate, semplice, lo a Sovana, di cui è patrono. Sepolarmonioso, raccolto e solenne ad un to nell’isola del Giglio, i suoi resti
tempo, è intriso di una luce soffusa vennero traslati a Sovana in età lonche si espande
sotto le alte volte,
evidenzia le crociere, fascia le
colonne
bicrome – quasi scale
che uniscono la
terra al cielo -, dà
vita ai capitelli
istoriati con figure bibliche: Adamo ed Eva, Abramo con Sara e AFacciata esterna della cattedrale romanica di Sovana
gar, il sacrificio di Isacco
interrotto dall’angelo, Mosè che se- gobarda o carolingia e sono oggi vepara le acque, Daniele nella fossa nerati nella cripta sotto il presbiterio
dei leoni, e ancora i due uccelli che del duomo. Se la luce naturale risi abbeverano allo stesso calice – vi- manda a Dio, tanto più i credenti deta attiva e vita contemplativa alla vono riflettere e far brillare la luce di
stessa fonte -, l’aquila, teste di vitel- Cristo davanti a tutti gli uomini (cfr
lo, simboli arborei, palmette, rosette, LG 1).
Franco Betteto
spirali.
“Dio è luce e in Lui non vi sono tenebre” (I Gv 1,5): l’enigma del mondo con gli elementi naturali e della
condizione umana si apre nell’incontro con Dio; il “mistero taciuto per
secoli eterni” (Rom 16,25) è svelato
nel Cristo luce del mondo (cfr Gv
8,12), Colui per mezzo del quale e in
vista del quale tutto è stato creato
(cfr Col 1,16) e nella cui luce siamo
chiamati a realizzare la nostra vita.
E certo nella luce di Cristo visse S.
Mamiliano: rifugiatosi nell’isola di
Via Bignone 83 Montecristo verso la fine del V secoPinerolo (TO)
lo per sfuggire alla persecuzione dei
Tel. 0121.74521
Cronaca bianca
Pag.8
Africa
Cose dell’altro mondo
Suor Ignazia Pia
Le “avventure” qui in Africa
non mancano mai, capitano anche
senza andarsele a cercare.
L’altro giorno, mentre tornavo
dalla messa mattutina nel convento delle suore Elisabettine con il
viceparroco, un uomo ci chiede un
passaggio per sua moglie che sta
per partorire. Li portiamo al vicino health-centre o dispensario.
Lei si lamentava, ma con molto
garbo e dignità. Arrivati lì, non
vediamo anima viva. Padre Evaristo va a cercare le infermiere, io
rimango con lei e il marito. Appena scesa dalla macchina, si accovaccia sul canale di scolo. Io le
rimango vicino, pregando che le
infermiere arrivino presto. Poi mi
accorgo che la mamma sta già
partorendo, la testa del bimbo è
già fuori. Allora dico al padre:
“Sta uscendo!”. Lui si accovaccia
dietro alla moglie pronto per ricevere il bambino che nasce. In pochi minuti, così, nel modo più
semplice, una nuova vita è arrivata. Le infermiere arrivano quando
il bimbo è già fuori e piange. Armate di forbici, garze e guanti,
tagliano il cordone ombelicale e
fanno uscire la placenta. Poi portano la madre dentro il dispensario. Prima di ritornare a casa, faccio una corsa in reparto per vedere
se è maschio o femmina. E’ femmina, grande e sana, il terzo figlio
di una giovane mamma, che sa
bene il “mestiere” di partorire. È
successo così in fretta e semplicemente che mi sembra ancora un
sogno. Pochi minuti di ritardo e ci
partoriva in macchina!
Oggi invece, su richiesta, sono
andata con il parroco a portare la
comunione ad una malata terminale di AIDS. La persona che aveva richiesto il parroco ci aveva
assicurato che era battezzata e
cresimata, ma che si era perso il
certificato; aveva però bisogno di
confessarsi. Sennonché, quando il
padre le chiede se vuole confessarsi, lei dice: “Che vuol dire?”.
Così, dopo altre due o tre domande, lui capisce che non è battezzata né tanto meno cresimata! Però
ha espresso il desiderio del Battesimo. Allora abbiamo pregato insieme e promesso che torneremo
(io o qualcun altro) settimanalmente per la catechesi “casalinga”.
Claudia, missionaria della
Consolata, Nairobi (Kenya)
Suor
Il concerto 46664
Per i 90 anni di Mandela
Una grande festa rock davanti a 500
mila persone, con la partecipazione di
star della musica mondiale, ha celebrato a Londra i 90 anni di Nelson Mandela, premio Nobel per la pace, leader della lotta all'apartheid, simbolo vivente della difesa dei diritti umani.
Al “Concerto 46664” (il numero del carcerato
Nelson Mandela) il leader ha pronunciato il seguente discorso.
"Amici, grazie per essere qui questa sera e per
l'aiuto che date alla nostra causa. E' un grande
privilegio essere stato in grado di viaggiare qui
per il mio 90° compleanno ed essere qui con tanti
buoni amici.
Grazie per il sostegno che date alla lotta contro
il terribile flagello del HIV e dell'AIDS.
Il mondo rimane devastato dalla sofferenza umana, dalla povertà e dall'indigenza. Sta a voi fare di
questa terra un posto migliore per tutti, specialmente per i poveri, per chi è vulnerabile e per gli
emarginati.
Se guardiamo al passato vediamo tutti i progressi
dell'umanità, ma vediamo anche tanti sbagli
Nel nostro tempo parliamo della situazione in
Palestina e in Israele, e quel conflitto continua
ineasauribile. Ci eravamo mossi contro l'invasione
dell'Iraq e avevamo osservato le terribili sofferenze di quel paese. Guardiamo con sofferenza la tragedia che si sta consumando in Darfur e al tragico
fallimento della leadership del vicino Zimbabwe.
E' in questo contesto che dobbiamo vedere la
situazione di coloro che sono malati di HIV e
AIDS.
Ora tocca alle vostre generazioni liberare il
Luglio 2008
mondo da queste sofferenze”.
Novembre 2008
Il Bauman pensiero
Il mondo drogato della vita a credito
C'era un vecchio aneddoto su due
agenti di commercio che giravano l'Africa per conto dei rispettivi calzaturifici. Il primo inviò in ditta questo messaggio: inutile spedire scarpe, qui tutti
vanno scalzi. Il secondo scrisse: richiedo spedizione immediata di due milioni di paia di scarpe, tutti qui vanno
scalzi. La storiella mirava ad esaltare
l'intuito imprenditoriale aggressivo,
criticando la filosofia prevalente all'epoca secondo cui il commercio rispondeva ai bisogni esistenti e l'offerta seguiva l'andamento della domanda. Nel
giro di qualche decennio la filosofia
imprenditoriale si è completamente
capovolta. Gli agenti di commercio
che la pensano come il primo rappresentante sono rarissimi, se ancora esistono. La filosofia imprenditoriale
vigente ribadisce che il commercio ha
l'obiettivo di impedire che si soddisfino i bisogni, deve creare altri bisogni
che esigano di essere soddisfatti e identifica il compito dell'offerta col
creare domanda. Questa tesi si applica
a qualsiasi prodotto, venga esso dalle
fabbriche o dalle società finanziarie.
La suddetta filosofia imprenditoriale si
applica anche ai prestiti: l'offerta di un
prestito deve creare e ingigantire il
bisogno di indebitarsi.
L'introduzione delle carte di credito è
stata un segno premonitore. Le carte di
credito erano state lanciate sul mercato
con uno slogan rivelatore e straordina-
riamente seducente: "Perché
aspettare per avere quello che
vuoi?". Desideri una cosa ma
non hai guadagnato abbastanza per pagarla? Beh, ai vecchi
tempi, ora fortunatamente
andati, si doveva procrastinare l'appagamento dei propri desideri: stringere
la cinghia, negarsi altri diletti, essere
prudenti e parchi nelle spese e depositare il denaro così racimolato su un
libretto di risparmio nella speranza di
riuscire, con la cura e la pazienza necessarie, ad accumularne abbastanza
per poter realizzare i propri sogni. Grazie a Dio e al buon cuore delle banche
non è più così! Con la carta di credito
si può invertire l'ordine: prendi subito,
paghi dopo. La carta di credito rende
liberi di appagare i desideri a propria
discrezione: avere le cose nel momento in cui le vuoi, non quando te le sei
guadagnate e te le puoi permettere.
Questa era la promessa, ma sotto
c'era anche una nota in caratteri minuscoli, difficile da decifrare anche se
facile da intuire in un momento di riflessione: quel perenne "dopo" ad un
certo punto si trasformerà in "subito" e
bisognerà ripagare il prestito. Il pagamento dei prestiti contratti per non
aspettare e soddisfare subito i vecchi
desideri, renderà difficilissimo soddisfarne di nuovi...
Zygmunt Bauman, La Repubblica, 8
ottobre 2008
Fabrizio Mori
Da professore di lingue morte a maestro di vita
Fabrizio Mori venticinque anni fa trentacinque anni, lavora in una ditta tutti uguali. In
perde l’unico figlio di dodici anni. Per di elettrotecnica, ma vive ancora al venticinque anni
onorare la memoria del figlio e per podere perché non ha nessuno. Le Fabrizio ha fatto
salvare se stesso, nel podere Gugliano regole del podere Gugliano sono sem- da padre a un cendi sua proprietà sulle colline senesi, plici: non aggredire, non dire parolac- tinaio di figli afonda il Centro Lorenzo Mori dove ce, essere solidali, dare fiducia. Tutti dottivi. Oggi ha in
accoglie in affido i bambini senza fa- fanno tutto. La televisione si spegne affido nove ragazmiglia. Sono ragazzi difficili mandati alle 21,30. Gugliano è una grande fa- zi dai sei ai diciotto anni.
dal tribunale dei minori. Il primo ra- miglia dove i figli sono tutti diversi e
Simona Bruera
gazzo a cui FabriFinestra per il Medio Oriente
zio fa da padre si
chiama Luigino.
Sempre vissuto in
Le lettere di Don Andrea Santoro - 9
manicomio, epilettico e autistico,
Carissimi, lunedì 10 settembre, dopo nella terra degli apostoli e della Chiesa. Abbiamo
Luigino aveva dei
una breve pausa di vacanza, sono par- "pellegrinato" quindici giorni tra gli incantevoli
momenti in cui etito di nuovo per Urfa-Harran. Ieri sera spettacoli naturali di questa terra, tra le memorie
splodeva in una
con i giovani al vespro pregavamo: ricchissime degli apostoli e della Chiesa antica,
furia incontrollabi- Don Andrea «Dona alle stanche membra la gioia tra la realtà dura ma ugualmente ricca della Chiele, picchiava e tiradel riposo / e nel sonno rimargina le sa di oggi, tra il presente e il passato del popolo
va calci. Per cal- ferite dell'anima. / Se le tenebre scendono sulla turco con le sue luci vive, i suoi problemi, i suoi
marlo Fabrizio lo città degli uomini / non si spenga la fede nel cuo- travagli, le sue potenzialità, le sue ferite, le sue
abbracciava,
gli re dei credenti». Leggevamo anche, nell'antifona ombre. Abbiamo toccato e respirato la sua fede
sussurrava parole di compieta: «Tu sei la mia difesa e il mio rifugio semplice e convinta che permea ogni aspetto della
dolci, lo riempiva Signore», e in un versetto del salmo 61: «Solo in vita, ma che è esposta, come da noi, ai pericoli
di baci e carezze. Dio riposa l'anima mia, da Lui la mia salvezza». dell'esteriorità, del benessere materiale, di un senOra Luigino ha San Pietro infine nella lettura breve diceva: so di superiorità che porta più al giudizio sugli
Perché vado in Turchia
«Gettate in Dio ogni vostra preoccupazione, perché egli ha cura di voi». Con questi sentimenti
anche io affronto il normale scorrere dell'anno
che si prepara dopo l'estate. Un anno che verrà
come Dio me lo donerà. Auguro anche a voi (e
per questo prego) che lo prendiate come Dio ve lo
darà e che diate tutti voi stessi in ciò che vi chiederà, superando la sensazione di debolezza con la
certezza che chi semina col Signore, col Signore a
suo tempo raccoglierà.
Cosa è accaduto nell'estate. Anzitutto la venuta
di sette giovani in pellegrinaggio qui in Turchia,
altri che al dialogo. Con noi si è fermata quattro
giorni una ragazza turca da appena qualche anno
cristiana. Noi abbiamo potuto vedere più da vicino cosa opera la grazia di Dio quando produce in
un'anima la conoscenza di Gesù Cristo Figlio di
Dio Salvatore e la conoscenza di sé come Figlio
di Dio. Lei ha potuto vedere più da vicino dei
cristiani di vecchia data: come pregano, come
mettono tutto in comune, come scherzano, come
cercano di coniugare vita e fede, come si interrogano, come lei, sulla chiamata di Dio.
Da Lettere dalla Turchia, Città Nuova, 2006 (Estratto)
Religione&Scuola
Pag.9
CINEFORUM
Film per la catechesi e l’irc
Juno
Regia di Jason Reitman (2008)
Novembre 2008
Dal giornale degli studenti del Liceo “Porporato” di Pinerolo
Le tre grandi sfide ambientali del XXI secolo
Il cambiamento climatico, la fine del petrolio, la gestione dei rifiuti
Secondo gli esperti dell’ambiente
Un'adolescente incinta va alla ripare
che siano 3 le grandi sfide amcerca di possibili genitori per suo
bientali:
il cambiamento climatico; il
figlio.
Peak
oil,
il punto massimo nella proJuno, sicura
duzione e consumo del petrolio; la
di sé e dalla
gestione dei rifiuti.
lingua affiIl cambiamento climatico
lata, riesce
L’effetto serra è un fenomeno naad avere il
turale
che permette la vita sulla terra.
controllo
Diversi
gas formano una “barriera”
della situaattorno
alla
terra che permette di tratzione una
tenere il calore del sole. Questo pervolta che
mette di avere sulla terra una tempescopre di
ratura media di +15° C. Senza si aessere rimasta incinta di un suo
vrebbe
-18° C e la vita sarebbe
coetaneo. Tutte le questioni trattate
impossibile.
(l'amore, il matrimonio, la libertà)
Il nostro modo di vita produce più
sono sollevate e mai giudicate. Sogas
di quelli che la terra può riciclaspesa tra le ingenuità dell'adolere: di qui il riscaldamento
scenza e le responsabilità dell'esse“addizionale “ della terra.
re adulti, Juno trova una via per
I gas a effetto serra (GES) sono:
uscire da una situazione davvero
CO2 = gaz carbonique: combustione
complicata. La sceneggiatura si
energie fossili (carbone, petrolio,
caratterizza per un linguaggio molgas) e industria (fabbricazione del
to vicino a quello che usano i racemento)
gazzi di oggi.
CH4 = metano: allevamento dei ruAlla notizia della dolce attesa, i
minanti, coltura del riso, discariche
genitori di Juno sfidano le convenzioni e gli stereotipi cinematografici assumendo un atteggiaMistero
mento ironico e compito. Predi Enrico Ruggeri
senti, ma non troppo, accomCon
gli
occhi
bene aperti chiepagnano la ragazza nel tempo
diamo un po' d'amore
della gravidanza.. Allo stesso
alla persona che vorremmo fare
modo, la coppia, a cui la teen- rimanere
ager vorrebbe affidare il bam- e ci facciamo male se la pressione sale
bino, rivela di possedere molte poche parole ci precipita il morale giu'
più crepe di quelle che il loro Cos’e' che ci trascina fuori dalla macchina
status alto borghese impliche- cos'e' che ci fa stare sotto ad un portone.
rebbe; particolarmente interes- Cosa ci prende cosa si fa quando si muore
MISTERO
sante la parte del marito di lei, davvero
che invece di “diventare pa- Il gioco si fa duro e non si puo' dormire
dre” pensa a rimanere sempre e non sappiamo piu' decidere se ripartire
adolescente. Si apre una rifles- e batte forte il cuore anche per lo stupore
sione sulla confusione genera- di non capire l'orizzonte che colore ha
zionale che c’è nel mondo Cos'e' che ci cattura e tutto ci moltiplica
cos'e' che nella notte fa telefonare
d’oggi (padri bambini, adolequando si chiede quanto si da'
scenti madri..).
quando si ama davvero
MISTERO
La pellicola trova il proprio Abbiamo gia' rubato abbiamo gia' pagato
equilibrio grazie anche a una ma non sappiamo dire quello che sarebbe stato
serie di
ma pace non ne abbiamo
e l e nemmeno lo vogliamo
La gente ama...
menti
nemmeno il tempo di capire
di con- «La gente ama ciò che essa crede che ci siamo gia'
t o r n o . l’aiuti a continuare la propria esi- Cos'e' che ancora ci fa vivere
Il look stenza e a diventare più pienamen- le favole
chi sono quelli della foto da
di Ju- te se stessa»
Spinoza
tenere.
no,
Cosa
si
cerca
quando
si da' quando si ama
le candide musiche di sotdavvero
MISTERO
tofondo e le ambientazioni
Sarai sincera dimmelo, dimmelo?
cariche di colori e di
Sarai sincero?
vita contribuiscono a Il breve mestiere di vivere e' il solo mistero
raggiungere una buona che c'e'
coerenza; lo stile dipende solo da te prendere la mano è facile
“leggero” con cui si af- la verita' che la vita ti da'
frontano le situazioni non e' una fredda carezza nel silenzio che c'e'
facili della storia, non Cos'e' che ci trascina fuori dalla macchina
impediscono una seria cos'e' che ci fa stare sotto ad un portone
ripresa nella discussione cosa ci prende cosa si fa quando si muore davvero
MISTERO
in classe con i ragazzi.
Walter Gambarotto Quando si chiede quanto si da' / quando si
ama davvero
MISTERO, MISTERO
di rifiuti, sfruttamento petrolifero e
del gas
N20 = protossido d’azoto. Concimi
azotati e processi chimici
SF6 = esafluoruro di zolfo: utilizzato
nell’isolamento elettrico
HFC = hydrofluorocarburi: gas delle
bombole aereosol, gas refrigeranti,
componenti di computer
PFC = idrocarburi perfluorati:
emessi nella fabbricazione
dell’alluminio
Il Peak oil – la punta massima nella
produzione e consumo di petrolio
La punta massima nella produzione
mondiale di petrolio presenta per il
mondo un rischio di governabilità
senza precedenti. Man mano che
questa punta si avvicina, il prezzo
della benzina e del petrolio potrà ingenerare dei costi economici, sociali
e politici insostenibili.
La gestione dei rifiuti
Ogni anno negli Stati della CEE
vengono prodotti circa due miliardi
di tonnellate di rifiuti, anche particolarmente pericolosi , e questa cifra è
i n
c o nt i n u o
aumento. Lo stoccaggio di questi
rifiuti non è una soluzione sostenibile
e la loro distruzione non è soddisfacente a causa delle emissioni prodotte e dei residui altamente inquinanti.
La migliore soluzione rimane quella
di evitare di produrre rifiuti e, quando esistono soluzioni ecologicamente
ed economicamente sostenibili in tal
senso, procedere al riciclaggio delle
varie componenti dei prodotti.
(documento UE)
Gloria 5 A Ginn
Onda d’urto, ottobre 2008
MTV Switch - Heaven
Salvate voi stessi e la terra: ve lo dice Gesù!
Anche MTV, la tv dei giovani, si è
mobilitata con una serie di spot per
difendere l’ambiente. Con una campagna provocatoria per uno dei temi
più caldi del momento, il riscaldamento globale. MTV Switch è arrivata a reclutare addirittura la Heaven
Divine Corporation (Il Paradiso,
l’Azienda Divina) e il suo
principale testimonial, Gesù,
per sensibilizzare l’opinione
pubblica con alcuni semplici
consigli
per salvare se
stessi e il pianeta dal riscaldamento globale e
conquistarsi magari un piccolo
spazio nei suoi
“verdi pascoli”.
Ecco la scheda della campagna pubblicitaria
Titolo: MTV Switch - Heaven
Soggetto: Paradise
Rete TV: MTV Messico
Anno: 2007
Ambito tematico: ambiente
Tema: riscaldamento globale
Obiettivi: sensibilizzare l’opinione
pubblica, dare alcuni semplici consigli per combattere il
riscaldamento globale.
Descrizione della campagna: provocatoria campagna sul tema del
riscaldamento globale
Gesù è il testimonial d’eccezione
di un’azienda molto particolare: la
Heaven Divine Corporation, impegnata nella promozione di uno stile
di vita più attento alle problematiche
ecologiche e ambientali con l’iniziativa “A Campaign from Heaven for
the Salvation of Earth”. Lo spot
“Paradise”, con il tono ironico e dissacrante che contraddistingue questa
campagna, suggerisce che le
bellezze naturali fanno della
Terra un vero paradiso e per
questo vanno preservate.
Video:
www.
mtvswitch.org/?
id_video=84
Note: gli altri
soggetti
della
campagna sono
“Walking Over
the Sea”, in cui
Gesù illustra gli
effetti dell’innalzamento degli oceani; “Task”, in cui
mostra come ridurre il consumo di
energia domestico con piccoli accorgimenti e come contribuire alla pulizia del pianeta con la raccolta differenziata; “Earth’s Face”, in cui mostra come ridurre l’inquinamento
utilizzando i mezzi pubblici, condividendo i tragitti in auto con i colleghi e scegliendo automobili meno
inquinanti; “Save Yourselves”, in
cui spiega come ridurre il consumo
di elettricità in casa.
Tutti i video oltre che su mtvswitch.
org sono reperibili su youtube
Silvia G.C. 4AL
Onda d’urto, ottobre 2008
In diocesi
Pag.10
Novembre 2008
Convegno di studi per il cinquecentenario di fondazione, di arte e devozione popolare
I 500 anni di storia del monastero del Colletto di Pinerolo
Costruito dai carmelitani alla fine del XV secolo, vi risiedettero fino al 1797. È stato meta di pellegrinaggio
Sabato 27 settembre, presso la
chiesa del Colletto, in occasione dei
500 anni della fondazione del santuario, si è tenuto un interessante
convegno di studi. La manifestazione si è svolta alla presenza delle autorità: il Presidente della Comunità Montana Pinerolese Pedemontano M. Mauro, il vescovo di
Pinerolo P. Debernardi, il Sindaco di Pinerolo P. Covato, il Sindaco di Roletto M. Tiranti e
dell’Assessore alla Cultura della
Regione Piemonte G. Oliva.
I lavori sono stati introdotti dal
rettore del Colletto don L. Rivoiro e presieduti dal prof. Grado
Merlo (Università di Milano), e
hanno visto interventi di alto livello: P. Merlin dell’Università di
Cagliari ha illustrato il ruolo di Pinerolo e del Piemonte nell’equilibrio
europeo fra cinque e settecento, G.
Comino della Società storica per gli
Studi storici, artistici e archeologici
della Provincia di Cuneo ha approfondito la storia della presenza carmelitana nel basso Piemonte, mentre
F. Meyer dell’Université de Chambéry ha parlato della presenza car-
panorama religioso del Pinerolese,
mettendo in luce i suoi rapporti con
le autorità ecclesiastiche ed il clero
locale (C. Povero – Liceo “G. F. Porporato”). Nell’ultima parte del convegno le relazioni hanno preso in
considerazione il ricco patrimonio artistico del santuario (B.
Cilento – Soprintendenza dei
beni artistici e demoantropologici del Piemonte), con particolare attenzione agli affreschi del
Quattro e Cinquecento (M.Fratini – Società di Studi Valdesi di
Torre Pellice) ed al dittico del
pittore Bartolomeo Caravoglia
(D. Comino – storico dell’arte).
I carmelitani calzati ottennero
il permesso di costruire il loro
convento nel 1493 dal vescovo di
Torino Domenico Della Rovere, che
acconsentì alla richiesta del padre De
Reclusiis, provinciale della Lombardia e cittadino di Asti e del conte
Francesco di Savoia Racconigi, feudatario di Frossasco. La chiesa era
nota per la devozione alla Beata Vergine del Carmelo, venerata nel corso
dei secoli da un gran numero di pellegrini. A partire dalla fine del XV
secolo essa fu residenza dei carmelitani fino al 1797, quando avvenne la
soppressione.
Negli ultimi anni il Colletto è diventato un fecondo “cantiere di ricerca e sperimentazione” per l’arte,
la musica e la storia. La sua ricchezza attende oggi di essere comunicata
al pubblico attraverso pubblicazioni
scientifiche e grazie ai restauri che
saranno in grado di valorizzare i suoi
tesori.
Chiara Povero
melitana in Savoia. Dopo queste prime relazioni, che sono servite ad inquadrare il panorama storico di riferimento, le relazioni si sono occupate
di definire il ruolo del Santuario del
Colletto e dei frati carmelitani in
uno spazio di frontiera come
Musica e spiritualità
quello Pinerolese (A. Raviola Marco Frisina: la musica Università di Torino), defineni caratteri di “santuario
e i richiami alla sacralità done
dinastico mancato e di santuario
di Joram Gabbio
civico contrastato” (Paolo CozIn occasione della festa di santa Cecilia zo - Università di Torino). Inteci soffermiamo su una figura di musicista ressanti spunti sono venuti dallo
dal carisma indiscusso e dalla fama sempre studio delle relazioni tra la nopiù ampia, non solo nell’ambito religioso.
biltà piemontese ed i frati carMarco Frisina, sacerdote dal 1982 e di- melitani del Colletto (A. Merlotplomato in composizione al Conservatorio ti – Reggia di Venaria) e di
romano di Santa Cecilia, appunto, a partire quelle fra il santuario ed i milidal 1984 ha costruito un coro ormai affer- tari che trovarono rifugio tra le
mato e quotato grazie alla prestigiosa espe- sue mura (P. Bianchi - Universirienza ventennale. Il coro fondato da Frisi- tà della Valle d’Aosta). Inoltre il
na divenne in seguito coro della diocesi di
santuario è stato collocato nel
Roma, e con i suoi 250 elementi è presente
alle più importanti celebrazioni diocesane e
non. Divenuto Maestro Direttore della
La lettera del vescovo Debernardi
Pontificia Cappella Musicale Lateranense e
Rettore della Basilica di S. Maria in MonLa Giornata per la salvaguardia del Creato
tesanto, ogni settimana presiede la Messa
Sta ormai entrando nei calenda- Tuttavia sono unito a voi nella
degli artisti: Dio che ha pensato e creato la
bellezza gioisce per ogni manifestazione ri pastorali delle diocesi italiane
preghiera e nel sostenere ogni
artistica e se ne incanta.
sforzo che tende a coscientizzare
la "Giornata per la salvaguardia
Oltre alle innumerevoli partiture di caratle nostre comunità perché realizdel creato".
tere liturgico e religioso, Frisina da anni
zino condizioni sostenibili di vita
Davanti a Dio Creatore che ha
scrive partiture per sceneggiati televisivi,
per l'intero creato, evitando una
fatto buone e belle tutte le realtà
non solo di carattere religioso: “Tristano e
produzione di rifiuti che superano
esistenti,
noi
dobbiamo
restare
in
Isotta”, “Michele Strogoff”, “Papa Giovanatteggiamento di stupore. Tutto ci di gran lunga le capacità di rinnoni”, “Giovanni Paolo II”, “Edda Ciano”,
è stato affidato come dono. Il cre- vamento della Terra.
“Callas e Onassis”, “Pompei”, “Chiara e
Sono convinto che attraverso i
ato è come un libro aperto: "I cieFrancesco” e “Puccini” portano tutti la sua
li narrano la gloria di Dio, e l'ope- messaggi che riusciremo ad offrifirma. A testimonianza di una poliedricità
straordinaria, e di una cultura poderosa
re crescerà una cultura, un impera delle sue mani annunzia il fir(proviene dall’università “La Sapienza”,
gno etico, nuovi stili di vita permamento. Il giorno al giorno ne
facoltà di lettere) nello scorso anno, monsiaffida il messaggio e la notte alla sonale e comunitaria per la salvagnor Frisina s’è cimentato con un’opera
notte ne trasmette notizia" (Salmo 18) guardia del creato, espressione
unica e pionieristica nel suo genere: la ridell'amore divino.
Il libro della Sapienza ci invita
scrittura in chiave musicale della Commea
"conoscere
dalla
grandezza
e
Pier Giorgio Debernardi
dia dantesca.
Pinerolo, 11.10.2008
bellezza
delle
creature
per
analoOrmai è un marchio di fabbrica la musigia
l'Autore"
(Sap.
13,5;
cf.
calità ariosa, ampia ed imponente che conRom 1/20).
traddistingue le composizioni del maestro
Sono contento che anche
romano, riconoscibili per l’incedere maenella nostra diocesi si prostoso e solenne, e capaci di comunicare
anche ad orecchi profani il senso del sacro;
muova questa Giornata, che
l’impegno in composizioni non strettamenha come valore aggiunto di
te liturgiche, ma destinate a generi vari, essere celebrata in forma
rende la personalità di Frisina di massimo
ecumenica. Non posso essespicco ed interesse per credenti e non. JG
re presente all'incontro.
.
Passinpiazza
Gandhi ha predicato invano?
1555: la pace di Augusta concede in
Germania la libertà di professare la propria religione, purchè sia quella della regione in cui si abita. 1598: Enrico IV riconosce con l’editto di Nantes agli Ugonotti libertà di coscienza e di culto e piena
parità di diritti civili (salvo a Parigi e dintorni).
Tappe importanti sul cammino della
libertà religiosa in momenti in cui la sua
affermazione pareva poter porre termine a
fenomeni di violenza insostenibile. Ma il
concetto di libertà religiosa viene messo
costantemente in discussione e asservito
ai più biechi interessi economico-politici.
Chiese incendiate, villaggi distrutti,
gente terrorizzata in fuga o rifugiata in
campi profughi, sono immagini che riempiono non solo i libri di storia, ma le pagine dei nostri giornali e i notiziari televisivi. I cristiani dell’Orissa e di altri cinque
stati dell’India sono ormai da mesi vittime dei fondamentalismi indù; anche se
”parlare di fondamentalismi indù è una
contraddizione in termini”, nota lo scrittore Shashi Tharoor.
Si sa, il fondamentalismo si nutre del
disagio sociale (come sostengono Enzo
Bianchi e Gilles Kapel nel vol.”Dentro il
fondamentalismo”), abita nel degrado
della vita politica, che fa di esso uno strumento per spregevoli progetti, che riesce
ad introdurre l’odio anche in una religione aperta e tollerante come l’Induismo,
per di più in un paese retto da una democrazia parlamentare che ha grandi speranze di affermazione nello scenario internazionale.
Ma la chiesa cattolica predica l’uguaglianza, che in India significa abolizione
delle caste, parità tra uomo e donna, uguali opportunità per le nuove generazioni, e per questo si presenta come forza
destabilizzante per l’ordine sociale e di
potere.
Il 5 settembre in tutta Italia si è pregato
e digiunato in segno di solidarietà per i
cristiani dell’India: proprio il giorno in
cui si ricorda l’undicesimo anniversario
della morte di Madre Teresa di Calcutta.
Episodio abbastanza isolato. È stata infatti sottolineata da più parti una certa indifferenza almeno iniziale nei confronti di
questi atti di violenza che lasciano impuniti i colpevoli e quasi semplice spettatrice la comunità internazionale.
Il 2 ottobre, nella cittadella della Pace
della Rondine, sui colli di Arezzo, in una
conferenza in esclusiva per l’Italia Arun
Gandhi, nipote e studioso dell’opera del
grande nonno, di cui si festeggia proprio
in questo giorno il compleanno e la Giornata mondiale della non violenza, ha affermato: “…la violenza non è solo assenza di guerra…l’albero genealogico della
violenza ha un ramo della violenza attiva
e uno di quella passiva. Al primo appartiene l’uso della forza… al secondo discriminazione, spreco di risorse, disinteresse verso il prossimo, l’avidità… Per
prevenire la violenza fisica bisogna tagliare il ramo della violenza passiva…”
Maria Teresa Maloberti
In diocesi
Pag.11
Il quindicesimo verale “Unità e
Profili
scovo di Pinerolo, ed
diversità nella
I vescovi di Pinerolo - 15
unico originario della
C h i e sa -c o m u diocesi, è mons. Massinione” del 1975:
la comunione
mo Giustetti, nato a
Riva di Pinerolo il 28/02/1926, prete nel 195- esige la virtù dell’amore reciproco, da cui
dipendono la forza e l’unità della Chiesa e
0, laureato in Teologia, fecondo autore di
spiritualità ancorata alla Parola di Dio. Cano- che pertanto va salvaguardata in ogni circostanza; la comunione esige incontro e dialonico teologo della Cattedrale di S. Donato,
go, capacità di ascoltare prima di parlare; la
ricopre incarichi nell’Azione Cattolica a livello diocesano e nazionale; nel 1966 è dele- comunione deve aprirsi ai problemi degli
uomini, evitando sia lo spiritualismo disingato vescovile per la formazione del clero,
carnato sia l’orizzontalismo
nel 1968 provicario generale e
temporalistico. Fatte salve le
vicedirettore dell’Istituto Pieesigenze dell’unità dottrinamontese di Teologia Pastorale.
le – per cui ad esempio la geNel 1971 è vicario episcopale
rarchia delle verità non legittiper l’ecumenismo, il 20/05/1972
ma la rinuncia ad alcuna di
vicario capitolare di Pinerolo
esse – e pastorale – vi sono
per il trasferimento di mons.
direttive da ritenere vincolanQuadri a Terni. Consacrato veti -, la diversità non ostacola
scovo in S. Donato dal card.
l’unità, ma in questa, che è per
Pellegrino il 27/08/1972, regge
la Chiesa dono costitutivo, è
la diocesi fino al 21/03/1974.
L’episcopato di mons. Giustetti Mons. Massimo Giustetti chiamata a riconciliarsi:
è segnato dalla preoccupazione per la forma- “Siamo eredi di una teologia e di una prassi
unitarie che rendono oggi difficile
zione del clero e del laicato, da molte visite
l’accettazione di diversità e tensioni legittialle parrocchie – pur senza indire una visita
pastorale canonica -, dalla convocazione del- me…L’unità non si cerca prescindendo dalle
le assemblee previste dallo statuto del Consi- divergenze…Bisogna che sappiamo vivere
nei contrasti. Ma bisogna anche chiaramente
glio Pastorale allora vigente, dall’attenzione
ai problemi del lavoro e dell’ecumenismo, in dire che occorre fare ogni sforzo per superare
i conflitti…Condizione normale, normativa e
continuità con l’impostazione pastorale di
finale della vita della Chiesa è l’unità, non la
mons. Quadri, nel travaglio culturale ed ecdivisione”. L’episcopato pinerolese di mons.
clesiale di anni non privi di tensioni tra le
componenti innovatrici e tradizionaliste della Giustetti si caratterizza anche per la brevità:
diocesi, a livello sia di preti sia di laici, che si il 6/10/1975 è trasferito a Mondovì. Dal 1986
traducono anche in contrapposizione politica. è vescovo di Biella. Nel 2001 rassegna
La sollecitudine del Vescovo per la chiesa l’incarico per raggiunti limiti di età. Vive
pinerolese in relazione ai problemi del mo- attualmente a Muzzano, ancora nella diocesi
mento è ben testimoniata dalla Lettera Pasto- di Biella.
Franco Betteto
Mons. Massimo Giustetti
Aneddoti e leggende del Pinerolese
Tutti i saraceni delle nostre valli
Tra i cosiddetti extracomunitari che compaiono sempre più numerosi nel nostro
territorio troviamo, come una delle presenze più significative, immigrati di stirpe araba e religione islamica. Si tratta perlopiù di
povera gente, priva di qualsiasi intento aggressivo e solamente alla ricerca di una
vita meno grama, che non manca, però, di
evocare in tante contrade della penisola i
fantasmi di loro antichi conterranei e correligionari decisi, con le buone o con le cattive, ad impossessarsi delle nostre terre e dei
nostri beni.
Per quanto riguarda le Alpi Cozie, occorre riandare, con la memoria di antiche cronache, agli inizi del X secolo. E ripercorrere con la mente quegli itinerari delle nostre
valli, che documenti, leggende e toponomastica raccontano essere stati frequentati
dai feroci saraceni.
Provenienti dalla vicina Provenza, dove
si erano insediati in buon gruppo presso
Saint Tro- pez, nel cosiddetto Frassineto
(espressione araba indicante
“luogo
fortifi-
cato”), avevano successivamente fatto ripetute incursioni in Piemonte, impadronendosi dei principali passi alpini, tanto da assalire e depredare, nel 921, dei pellegrini inglesi in transito per il Moncenisio e farne
strage di altri, nello stesso luogo, due anni
dopo. Nel frattempo, si erano impadroniti
dell’abbazia della Novalesa, mettendone in
fuga i monaci e distruggendola.
Di lì penetrarono in val Chisone. Se ne trovano significative tracce nella toponomastica locale: il monte del Beth, in val Troncea, osservando che la voce Bet, in arabo,
significa rifugio o casa; el Rif, borgata di
Pragelato, con evidente richiamo al Rif
marocchino e, a quanto pare, col significato arabo di campagna; Fraisse d’Usseaux,
il “frassineto” della val Chisone; Porta Sarasina (m. 2200), sopra Perosa; Rocca Morel, all’inverso di Meano; la Rocca del Moro, sopra S. Germano, di fronte a Pramollo.
In quel di Pragelato, graziose canzoni
popolari d’un tempo accennavano ripetutamente alla figura del vecchio “sarasin”.
Non mancano, poi, le leggende saracene.
Si racconta che l’antica chiesa di S.Nicolao
di Pomaretto sia stata distrutta proprio nel
corso di una scorreria saracena, con uccisione di tutti i monaci dell’annesso cenobio. E c’è chi è pronto a giurare di aver
sentito, la notte di S. Nicola, un vago rumor di campane provenire da sottoterra e
di aver intravisto ombre di frati circolar
salmodianti attorno al terreno sacro
dell’antica chiesa.
Ma il più forte richiamo alla presenza saracena in val Chisone è dato dalla leggenda
delle origini di Bourcet,
(segue a pag.12)
Novembre 2008
La cattedrale segno della comunità
Ricorre quest’anno il quinto centenario della dedicazione,
avvenuta il 24 agosto 1508, della chiesa di San Donato,
divenuta nel 1748 la nostra Cattedrale.
È una data importante e significativa, perché la Cattedrale
è la “chiesa madre” di tutta la Diocesi e ha una valenza
simbolica, piena di bellezza. Infatti, è segno della comunità
dei credenti che in essa si raduna e ciò deve suscitare in noi
la fierezza di appartenere a questa nostra Chiesa locale
“nella quale è presente e opera la Chiesa di Cristo, una,
santa, cattolica e apostolica”; alla fierezza si unisce
l’apertura del nostro cuore all’affetto e alla riconoscenza
per la Chiesa, nella quale abbiamo ricevuto nel battesimo il
dono della fede in compagnia di tanti fratelli e sorelle.
Fin dall’inizio di questa lettera, mi piace ricordare la figura di santa Teresa di Lisieux, giovanissima monaca carmelitana e dottore della Chiesa, che andava fiera di chiamarsi
e di essere “figlia della Chiesa” e s’interrogava su quale
posto e quale servizio doveva svolgere in essa. […] Penso
anche alle parole di san Francesco di Sales scritte nella prefazione del suo capolavoro, il Trattato dell’amore di Dio:
“Nella santa Chiesa tutto appartiene all’amore, vive
nell’amore, si fa per amore e viene dall’amore”. Se l’amore è la vita della Chiesa, comprendiamo come in essa nessuno è un’isola, ma tutti siamo legati gli uni agli altri da
vincoli profondi – invisibili, ma reali – generati dalla medesima fede, speranza e carità: siamo comunione di santi, in
cammino verso l’eternità. Dobbiamo dunque coltivare il
senso di appartenenza e di responsabilità.
L’appartenenza ci fa sentire radicati nella comunità; la responsabilità ci impegna ad assumere compiti, servizi e ministeri, secondo le capacità e i doni che il Signore ci ha concesso.
Pier Giorgio Debernardi, vescovo
Dalla lettera pastorale 2008 “Voi siete tempio di Dio. Voi siete corpo di Cristo”
Spiritualità claustrale
Voi siete dèi
Rileggendo quel capolavoro di
parabola: “Il figlio prodigo”, pronunciata dalle labbra di Gesù:
dopo aver ammirato la grandezza
d’animo di quel padre che rispetta la libertà del figlio, l’amore
con cui lo segue, l’attesa di un
eventuale ritorno, la premura con
la quale lo accoglie e riabilita…
trovo stupende le parole rivolte
al figlio maggiore:
“ Figlio, tu sei
sempre con me e
quello che è mio è
tuo”.
Parole che ci toccano da vicino.
Quel che Dio è in
se stesso, cioè Bene infinito, Egli
vuole condividerlo
con noi, infatti, da
semplici creature quali siamo, ci
ha resi suoi figli. Consolante è
pensare che un figlio porti in sé
qualche somiglianza del padre:
tali siamo noi. Sì, figli, membri
di una stessa famiglia come ci
dice S. Paolo nella lettera agli
Efesini: “ Voi siete concittadini
dei santi e famigliari di Dio”.
Riflettere su questa realtà consola ed entusiasma. La parola ispi-
rata “Io ho detto: voi siete dèi,
siete tutti figli dell’Altissimo” (Sl 81) dichiara, appunto, la
nostra partecipazione alla vita di
Dio ricevuta per “puro dono” del
nostro Padre celeste.
Gesù, in disputa con i Giudei,
riprende questa affermazione e
aggiunge: ”E la Scrittura non può
essere annullata” (Gv 10,35).
Affermazione ben
diversa da quella
insinuata dal nemico
“Sarete come Dio”,
opponendovi al suo
comando. Illusione,
dunque, il volerci
elevare da noi stessi,
usurpando ciò che
appartiene a Lui.
Noi siamo simili a
Lui solo aprendoci
al suo dono. Accogliere e custodire questo immenso dono è
quanto ci è chiesto. E quand’anche non avessimo nessun altro
bene, non dovremmo sentirci
comunque realizzati e felici in
attesa della gioia piena quando lo
vedremo “faccia a faccia”?.
Suore Visitandine
Monastero della Visitazione, Pinerolo
[email protected]
Ogni 18 dicembre si celebra 18 dicembre e le libertà dei migranti. È
la giornata internazionale
un’opportunità per riconoper i migranti istituita dall’ONU.
scere anche il contributo che milioni
Per celebrare questa giornata le Na- di immigrati danno alle economie e
zioni Unite invitano gli Stati e le al benessere dei paesi sia ospiti che
organizzazioni governative a diffon- di origine e di promuovere il rispetto
dere le informazioni sui diritti umani dei loro diritti umani fondamentali.
Parrocchie
Pag.12
Un’antica iscrizione presso la chiesa di Roletto
Giovanni Battista Meyranesio, parroco di Roletto
.Nella chiesa parrocchiale di Roletto c'è un’iscrizione sulla parete della
navata laterale sinistra, ormai quasi
illeggibile, che ricorda un parroco
del ‘700, Giovanni Battista Meyranesio. Il testo in latino suona così:
Adm. Rev. D. Joannem Baptistam
Meyranesium a Petra Portio fidelem servum et prudentem super
Roletti familiam a Domino XLII
annis: constitutum e vivis die XXIX
novembris MDCCLXIII ereptum
eiusdem loci communitas amare
deflebat (in italiano: La Comunità
di Roletto piangeva a calde lacrime il M. Rev. Don Giovanni Battista Meyranesio, servo fedele e prudente posto dal Signore per 42 anni a guida di questa famiglia.
Strappato da questa terra il 29 novembre 1763).
Chi era questo prevosto che ha
retto la parrocchia dì Roletto dal
1722 al 1763?
Giovanni Battista Meyranesìo era
Poesie
Non c’è segreto
di Pasqualino Ricossa
Come sigillo a custodir
inutili segreti, il
tuo ermetico silenzio.
Quale fragore d’onde che
si infrangon sulla scogliera,
incalzano a frotte pensieri
di interiorità a rivelare
impudico ogni tuo segreto.
Inutile fare argine.
Dopo l’uragano, relitti
sparsi sull’umida sabbia.
Sgretolato il castello
dei tuoi fantasmi,
rimani spoglio a
vergognarti della tua nudità.
Pasqualino Ricossa
nato a Pietraporzio nella valle della
Stura di Demonte nelle montagne
cuneesi. Non ci stupisce il fatto che
un cuneese fosse parroco a Roletto.
Parrocchia di Roletto
Negli stessi anni anche il pievano dì
Frossasco don Stefano Belmondo
proveniva da Pietraporzio. In quel
tempo le valli di Cuneo appartenevano all’arcidiocesi dì Torino come
pure la parrocchia di Roletto. Solo
nel 1817 fu eretta la diocesi di Cuneo e nello stesso anno Roletto con
Frossasco e Cantalupa passarono ad
ingrandire la diocesi di Pinerolo.
Nel 1722 don Meyranesio diventò
prevosto di Roletto superando nel
concorso canonico ben 17 concorrenti a questa parrocchia. Aveva appena 30 anni di età e si dedicò con
slancio giovanile al ministero parrocchiale che esercitò per quasi 42
anni. Nel 1729 compilò lo "Stato
d'anime" dei parrocchiani di Roletto, il più antico conservato nell'archivio parrocchiale. Iniziò nel 1731
Questo giornale è inviato gratuitamente. Chi vuole contribuire
alle spese di stampa può utilizzare il bollettino allegato, indicato in ultima pagina.
Grazie!!
il Libro dei conti della Cappella di
Roncaglia e nel 1740 il Libro dei
conti della cappella di San Lazzaro.
Per difendere i diritti della Parrocchia circa il pagamento delle decime intraprese due cause; una contro la famiglia Rivetti Bertea che
si rìsolse in due anni (1724-1725);
l'altra contro i Carmelitani del
Colletto che si protrasse per venti
anni (1724-1744). Nel 1731 la parrocchia di Roletto ebbe la vìsita
pastorale dell'arcivescovo di Torino card. Rotario che risolse i problemi insorti intorno alla sepolture. Lo stesso cardinale nel 1746
autorizzava il parroco a benedire
due nuove campane.
Ma i parrocchiani alla sua morte,
avvenuta il 29 novembre 1763,
ricordavano soprattutto con rimpianto il suo lungo servizio pastorale, compiuto con fedeltà e prudenza, come un dono del Signore
alla parrocchia di Roletto e lo vollero seppellire in chiesa davanti all'altare della Madonna.
Uomo di cultura, scriveva in perfetto latino e fu scelto come esaminatore sinodale. Oratore ricercato,
predicò il 13 febbraio nella chiesa
della Visitazione di Pinerolo, dove è
ricordato nelle memorie del convento
come "ecclesiastico molto
eloquente e molto virtuoso che incantò il numeroso uditorio."
Don Giuseppe Trombotto
Tutti i saraceni…(segue da pag.11)
che narra di tre briganti saraceni
(c’è chi dice provenienti da Avignone) che, dopo la sconfitta subita
dalle loro orde ad opera di re Arduino, stanco delle loro sanguinose
incursioni, cercarono rifugio su per
la montagna, risalendo un vallone
inaccessibile e pericoloso, popolato
com’era da lupi e da orsi, tanto che
i soldati che li inseguivano dovettero fermarsi e rinunciare alla loro
cattura.
E lì i tre rimasero: per prudenza,
dapprima; poi, per affezione al luogo, fatto di spaventosi dirupi e precipizi, ma anche di verdi e soleggiate praterie. Decisero, dunque, di
trattenersi e di metter su famiglia.
Anche se si rendeva necessaria, a
questo punto, un’ultima scorreria.
E, mentre scendevano a valle alla
ricerca di tre belle ragazze, già fantasticavano scene di vita pacifica e
agreste, una confortevole dimora e
deschi attorniati da tanti piccoli
rampolli, che (e gli occhi dei tre
luccicavano per l’orgoglio) avrebbero portato i loro nomi: a noi pervenuti nella forma di Charrier,
Faure e Talmon, ma originariamente preceduti, immaginiamo, da
un immancabile “al”.
Conclusione: se ogni leggenda ha
un fondo di verità, considerata la
diffusione nel pinerolese dei tre
citati cognomi, gli arabi dalle nostre parti sono assai più numerosi
di quanto ci facciano dire le recenti
immigrazioni.
Elena Furlan
Novembre 2008
COSÌ SIA,
COSÌ NON SIA
Elogio dei ragazzi
Frettolosi, superficiali, distratti, egoisti, disimpegnati, immaturi...
Molto spesso i ragazzi si sentono
rivolgere questi giudizi da genitori,
insegnanti, sociologi, preti...
Poi i ragazzi, tutti i ragazzi, diventano adulti e, di colpo, diventano
calmi, profondi, attenti, altruisti, impegnati, maturi.
Se qualche volta, da adulti, hanno
fretta è perché hanno molte cose da
fare; se qualche volta sono superficiali è perché non possono approfondire tutto; se qualche volta sono distratti è perché stanno pensando a
problemi più seri; se qualche volta
sono egoisti è perché hanno pur il
diritto di dedicarsi ogni tanto a se
stessi; se qualche volta sono disimpegnati è solo per una pausa di riflessione; se qualche volta sono immaturi è solo per un romantico ritorno
all'infanzia.
C'è qualcosa che non quadra: la
fretta, la superficialità, la distrazione,
l'egoismo, il disimpegno, l'immaturità da ragazzi sono una colpa, da adulti un diritto?
E se invece fosse il contrario? Se
invece la fretta e tutto il resto fossero
un diritto dei ragazzi? Non come
giustificazione dei loro atteggiamenti, ma come sfida lanciata agli adulti,
come richiesta di confronto.
La fretta può essere, così, ricerca
dell’essenziale. La superficialità capacità di discernimento. La distrazione esigenza di chiarezza. L’egoismo scoperta della coscienza. Il disimpegno rifiuto del formalismo.
L’immaturità invito alla purezza e
alla semplicità.
Genitori, educatori, sociologi, preti... adulti, insomma: è opportuna una
domanda. Come vogliamo questi ragazzi? Perfetti, ossequienti, da manuale? Puntuali e attenti nei luoghi
che abbiamo costruito per loro?
Per scoprire poi che "loro" hanno
capito che scuole, oratori, camerette... sono ad uso della nostra tranquillità e vanno a sfogarsi altrove.
O ci decidiamo a confrontare le nostre "evangeliche" virtù con la loro
fretta e tutto il resto, oppure aspettiamo che diventino "adulti". Saranno,
in fondo, semplicemente come noi.
Da Così sia, così non sia, n.7, 2008,
Parrocchia San Martino Torre Pellice
Indiocesi.it, Periodico di Cultura religiosa dell’Ufficio Scuola Insegnanti di religione SMI/SMS della Diocesi di Pinerolo, Direttore responsabile Davide Aimonetto, Autorizzazione n. 1 del 10.01.2005 del Tribunale di Pinerolo. Redazione c/o Antonio Denanni, Via Goito 20, 10064 Pinerolo, 0121397226. [email protected] Editore “Alzani”, Via
Grandi 5, Pinerolo. Abbonamento o sostegno: c/c postale n. 17814104, Tipografia Alzani, Via Grandi 5, 10064 Pinerolo (causale: Indiocesi)
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