Indiocesi.it www.indiocesi.it Suppl. n° al n. /2008 di “Incontri Con…” Periodico di cultura religiosa dell’Ufficio scuola Irc/smi-sms della Diocesi di Pinerolo, Via Vescovado 1, Pinerolo: Direttore Antonio Denanni. Direttore responsabile: Davide Aimonetto Anno 4, n. 5 Novembre 2008 Intervista a Don Cesare Bissoli, esperto biblico al Sinodo dei vescovi Lamentele e pretese Esiste una diffusa tendenza a lamentarsi degli altri, perché pretendiamo che si comportino secondo le nostre aspettative. Cioè secondo il nostro modo di vedere le cose, i nostri modelli di pensiero, le nostre convinzioni sociali, politiche, religiose. In questo atteggiamento l’aspetto che merita particolare attenzione non è la lamentela, ma il nostro “pretendere”. A volte siamo esigenti nei confronti di noi stessi e con lo stesso metro esigiamo molto dagli altri. Oppure abbiamo una scarsa stima di noi stessi e facciamo pressione sugli altri perché siano e facciano quello che vorremmo essere e saper fare noi stessi. Le aspettative nei confronti di noi stessi, diventate così “pretese” nei confronti degli altri, sono motivo di stress, di incomprensioni e dissapori, a volte di veri conflitti. Dagli altri pretendiamo che siano come sogniamo di essere noi: più giusti, precisi, osservanti. Ma l’altro è precisamente “un altro”, è come è, come desidera o ha programmato di essere, o come cerca di essere. Ci aspettiamo più dagli altri che da noi stessi. La logica cristiana dell’attesa dagli altri è quella del dono d’amore, del dare. Diamo generosamente, seminiamo largamente, consapevoli che se seminiamo il bene presto germoglierà. La logica cristiana dell’attesa è anche quella del rispetto, ad imitazione di quello paziente di Dio, che aspetta anche quando la nostra libertà sceglie diversamente. L’etica della gratuità e del rispetto è un’etica incentrata sul dono, ma anche sulla libertà. Antonio Denanni C’è un analfabetismo enorme sul testo biblico «Bisogna che ogni cristiano, aiutato dalla comunità, riesca a leggere questa “lettera di Dio”» La Bibbia, secondo l’Alleanza biblica universale, è tradotta in 2455 lingue, mentre nel mondo ve ne sono 6700, di cui 3000 sono considerate principali. La Bibbia è il libro più tradotto e diffuso, ma purtroppo non è molto letto. Benedetto XVI ha molto a cuore il tema della riscoperta della parola di Dio e proprio su questo input il sinodo dei vescovi appena concluso aveva il compito di estendere e rafforzare l’incontro con la Parola, il proporre ai cristiani e a tutti modi agevoli per ascoltare la Parola. Su questo tema della Bibbia abbiamo intervistato don Cesare Bissoli, biblista e docente emerito di Bibbia e catechesi all’UPS, che ha partecipato al sinodo come esperto. Recenti eventi (Sinodo, lettura continuata in tv) segnalano che vi è un nuovo interesse per la Bib- bia. A che cosa è dovuto? Io credo che nel cuore dei credenti vi sia un desiderio di sorgente, di radici. Questo spinge la comunità credente alla ricerca dei fondamenti della propria fede che si trovano proprio nella Bibbia. L’interesse al di fuori della chiesa è legato al desiderio di sapere attraverso la Bibbia che cos’è questa religione cattolica, che cosa promette, che cosa dona. Il clima dell’insicurezza sociale ed economica può essere il motivo di fondo della ricerca di una parola solida, eterna? Penso di no. Se non vi è la disponibilità a porsi domande, alla ricerca di senso queste problemati- che sociali non aiutano molto. Che cosa vuol dire che la Bibbia è parola di Dio? La parola di Dio è l’entrata di Dio In questo numero On line per gli altri www.inafrica.it Portale dedicato all'Africa e ai popoli africani in Italia. Un tam tam ricco di colori che raccontano l'Africa e la sua gente. www.accademiageograficamondiale.com Sito dell’omonima Accademia che si occupa della divulgazione della conoscenza di tutte le nazioni del mondo. www.religionecattolica.rai.it Portale realizzato dalla Rai in collaborazione con la Cei, dove è possibile rivedere le rubriche religiose della Rai. L’abbazia di Santa Maria pag. 2 L’evoluzione e Dio pag. 3 L’economia del non fare pag. 4 I cristiani e la cultura Cristianesimo e mondo Cronaca bianca I 500 anni del Colletto pag. 5 pag. 6 pag. 8 pag. 10 60° anniversario della morte di Gandhi La nonviolenza da fatto personale a fatto collettivo “Per me ciascuna attività, anche la più modesta, è guidata dalla mia religione” Per Gandhi ogni problema che si pone, ogni questione che si deve affrontare, politica, sociale, economica, etica, collettiva o personale, è una sfida religiosa: “per me ciascuna attività, anche la più modesta, è guidata da quella che io considero la mia religione… La mia attività politica, come tutte le altre mie attività, procede dalla religione… perciò anche nella politica dobbiamo stabilire il regno dei cieli”. Tuttavia in Gandhi c’è posto anche per una piena laicità. Ha saputo essere, insieme, un grande religioso e un grande statista: “Credo ciecamente nella mia religione. Voglio morire per essa. Ma è una mia faccenda personale. Lo Stato non c’entra. Lo Stato dovrebbe preoccuparsi del benessere temporale, dell’igiene, delle comunicazioni, delle relazioni con l’estero, della circolazione monetaria e così via, ma non della vostra o mia religione. Questa è affare personale di ciascuno”. Forse non è un caso che Gandhi avesse una grande ammirazione proprio per due italiani, San Francesco d’Assisi e Giuseppe Mazzini, un religioso e un laico. Oggi nel mondo intero Gandhi è considerato il profeta della nonviolenza, ma il rischio è quello di farne un santo, un eroe, un simbolo, un mito. Gandhi, invece, nel corso di tutta la sua azione sociale e politica si è sempre sforzato di far capire che ciò che lui ha fatto poteva farlo chiunque altro, che “la verità e la nonviolenza sono antiche come le montagne”. La novità emersa con Gandhi consiste nell’aver saputo trasformare la nonviolenza da fatto personale a fatto collettivo, da scelta di coscienza a strumento politico: con Gandhi la nonviolenza non è più solo un mezzo per salvarsi l’anima, ma diventa un modo per salvare la società. La nonviolenza è sempre esistita, presente in tutte le culture e in tutte le religioni, in oriente e in occidente, nei sacri testi della Bibbia e del Corano, della Bhagavad Gita e del Buddhismo. Ma è con Gandhi che la nonviolenza diventa un’arma di straordinaria potenza per liberare le masse oppresse. Il Mahatma ci ha fatto scoprire che la nonviolenza è insieme un fine ed un mezzo, che per abbracciare e farsi abbracciare dal satyagraha ci vuole fede, pazienza, sacrificio, dedizione, addestramento. […] Gandhi è stato un grande innovatore, è stato l’uomo che ha riscattato il ventesimo secolo che altrimenti sarebbe stato consegnato alla storia come un secolo buio, per gli orrori delle guerre mondiali e per l’olocausto nei campi di sterminio. M.Valpiana, Azione non violenta nella storia di un popolo per fare storia con lui e presentare il suo progetto. È la contaminazione che Dio fa di se stesso nella storia di questo popolo. È il racconto scritto in linguaggio umano di questo incontro e percorso in comune. La Bibbia è un libro difficile, a volte ostico, anche per le persone colte. È un libro per tutti? È un libro per tutti, poiché Dio è di tutti. Ma è un libro per tutti a patto di saperlo leggere. L’incarnazione di Dio nella storia ha fatto sì che lui assumesse i linguaggi, i sentimenti, i concetti di quell’epoca storica. Noi oggi, a secoli di distanza, abbiamo difficoltà a capire questo mondo semita. Con l’aiuto della scienza biblica dobbiamo ricostruire il senso delle parole originali. Quali sono gli “attrezzi” e le “conoscenze” indispensabili per accostarsi correttamente alle Scritture? Come ha detto il sinodo, bisogna dare una cultura di base, un “alfabeto”: c’è un analfabetismo enorme sul testo biblico. Quindi una conoscenza della storia del popolo ebraico, di Paradise Now A lezione di antifondamentalismo Corsi di educazione civica ai giovani musulmani britannici, nel quadro dell’insegnamento religioso dispensato nelle moschee, con l’obiettivo dichiarato di premunirli contro le influenze dell’estremismo islamico. Da questo settembre il governo del Regno Unito ha lanciato l’iniziativa a Londra e in altri centri urbani a forte presenza islamica. Il progetto si inserisce in un insieme di misure destinate a mostrare che non vi è alcun tipo di conflitto fra britannici e musulmani. Supplemento d‘anima Aleksandr Kpzulin Aleksandr Vladislavovič Kozulin, nato a Minsk il 25 novembre 1955, è sposato ed ha due figlie, è il principale oppositore al regime autoritario del presidente Aleksandr Lukashenko. Dopo la laurea con lode in matematica è rimasto all'Università statale della Bielorussia dove ha insegnato nella stessa facoltà. La sua carriera politica è stata brillante: nel 1988, a soli 33 anni, è stato nominato Ministro dell'Istruzione. Successivamente, dal 1996 al 2003, è stato rettore dell'Università statale bielorussa. Anche nel segue a pag. 2 Indiocesi.it Pag.2 In princivale a dire senza Pennellate bibliche pio Dio inizio e senza creò il ciefine? Il settimo giorno lo e la terE poi in cosa ra. La terra era informe consiste il concetto di riposo? Astenersi e deserta e le tenebre ricoprivano semplicemente dal lavoro e dalla fatica? l`abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle Troppo banale, il lavoro non è cosa maleacque. Dio disse: "Sia la luce!". E la luce detta: è l’attività stessa è svolta da Dio. fu.(…) E Dio disse: "Facciamo l`uomo a Non bisogna inoltre dimenticare che nostra immagine, a nostra somiglianza, ogni volta compare l’espressione E Dio (…) Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, vide che era cosa buona. era cosa molto buona. E fu sera e fu matProviamo allora, per capire, a farci guitina: sesto giorno.(…) dare da un’altra pagina della Bibbia, queCosì furono portati a compimento il sta volta tratta dai vangeli: leggiamo in cielo e la terra e tutte le loro schiere. Al- Luca “Mentre erano in cammino, entrò in lora Dio, nel settimo giorno, portò a ter- un villaggio e una donna, di nome Marta, mine il lavoro che aveva fatto e cessò nel lo accolse nella sua casa. Essa aveva una settimo giorno da ogni suo lavoro. Dio sorella, di nome Maria, la quale, sedutasi benedisse il settimo giorno e lo consacrò, ai piedi di Gesù, ascoltava la sua parola; perché in esso aveva cessato da ogni lavo- Marta invece era tutta presa dai molti ro che egli creando aveva fatto. Queste le servizi. Pertanto, fattasi avanti, disse: origini del cielo e della terra, quando ven- "Signore, non ti curi che mia sorella mi ha lasciata sola a servire? Dille dunque nero creati. (Gen. 1, 1-5. 26.31. 2,1-4a.) che mi aiuti". Ma Gesù le rispose: "MarQueste parole sono conosciutissime. ta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per Questa volta vogliamo però fissare la molte cose, ma una sola è la cosa di cui nostra attenzione su un particolare, così piccolo che rischia di passare inosservato, c`è bisogno. Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta" (Lc. 10, 38-42) si tratta infatti di qualcosa che non c’è: E se il settimo giorno ci indicasse proavete notato, al termine del settimo giorprio in cosa consiste la parte migliore: il no, quello caratterizzato dal riposo? riposare in Dio, vivere cioè cullati in Dio, Manca l’espressione che troviamo altre la vita stessa di Dio? sei volte: “E fu sera e fu mattina”. Come mai? Vorrà dire qualcosa Dunque sembra proprio che l’autore sacro quest’assenza? Può forse voler far intenvoglia invitarci ad apprezzare senza tendere che, per tutti i momenti di attività di tennamenti tutto il creato (tutto il 1° capiDio (e poi del mare e della terra e tolo del genesi) ma poi ci avverta: non dell’uomo) vi è una fine, mentre per il dimenticare che il tuo cuore è inquieto sabato, il momento del riposo, si tratta di finché non riposa in Dio. Carlo Gonella un giorno (una condizione) senza tempo, periodo dal 1998 al 2001 ha fatto parte della compagine di governo. In questi anni però maturava la sua contrarietà al regime autoritario di Lukashenko. Nel 2003 Luka- shenko lo faceva dimettere dalla carica di rettore per un sospetto caso di furto d'oro ai danni dell'Università. Solo in un secondo tempo emerse la sua estraneità ai fatti. L’abbazia benedettina di Santa Maria di Pinerolo, fondata in “Burgo Santi Verani” nel 1064 per volontà della contessa Adelaide di Savoia, è protagonista di una storia che attraversa sette secoli, fino a quando l’autorità del suo abate fu sostituita da quella della diocesi di Pinerolo istituita nel 1748. Finora l’abbazia è stata oggetto di pochi studi, concentrati nel secolo scorso e finalizzati ad esplorare il periodo medievale del monastero: si ricordino gli studi di C. Alliaudi, C. Cipolla, F. Gabotto, e negli anni sessanta quelli di A. F. Parisi. Molto resta da fare per sondare l’evo moderno, sul quale la documentazione si presenta sì abbondante, ma anche molto dispersa. Gli storici locali che hanno pubblicato opere sulla storia di Pinerolo (P. Caffaro, D. Carutti, A. Pittavino) hanno reso testimonianza del ruolo degli abati e dell’abbazia di Santa Maria non solo nelle vicende della cittadina, ma anche di tutto il territorio Dedicatosi alla politica a tempo pieno, nel 2005 si è candidato alle elezioni, vinte da Lukashenko. A seguito di un giro di vite contro gli oppositori è incarcerato dal 2006. a.d. C’è un analfabetismo…(segue da pag.1) di uomini quella di Dio è il valore Gesù, delle prime comunità, della ultimo; la Bibbia in mano ad ogni letteratura biblica che ha raccolto persona: bisogna che ogni cristiano, questi eventi e da lì cogliere il mes- aiutato dalla comunità, riesca a leggesaggio. Per questa complessità è bene re questa “lettera di Dio” all’uomo. accostare la Bibbia con una guida o Si parla di Bibbia nella scuola. È un con un compagno di strada. libro che può essere studiato nella Questo tipo di approccio vale anche scuola di tutti? Proprio per le radici culturali di cui per un non credente? ho parlato prima merita un’attenzione Sì. La Bibbia è nata per i credenti. anche dal punto di vista scolastico. A Però nessuno è così poco credente da meno che non si voglia ridurre la relinon avere un briciolo di attenzione gione alla sola ritualità. La presenza per le grandi verità della vita che la della Bibbia nella scuola come libro Bibbia contiene, dalla creazione alla conclusione finale, al senso della vita di cultura, anche se non esaurisce tutto il suo significato, per il non credene della morte. te significa un arricchimento umano, Si dice che la Bibbia è il codice delper il credente un ulteriore approffonla cultura occidentale. Che cosa dimento. vuol dire? Per noi occidentali le radici cultura- Benedetto XVI ha molto a cuore il li, per Goethe anche linguistiche, aftema della riscoperta della Parola fondano nella Bibbia. Dagli inizi del di Dio. La chiesa (presbiteri e laici) cristianesimo fino a metà Ottocento la lo seguirà? Nelle proposizioni del sinodo si dicultura ha fatto riferimento al testo ce esplicitamente che la parola va afsacro. Addirittura era anche un libro fidata ai laici. Il testo biblico è sopratdi scienza fino a Galileo. Ha ispirato valori morali profondi (i 10 comanda- tutto per loro e sull’esempio di Gesù vi deve essere una particolare attenziomenti hanno fondato le carte costituzionali). Così pure espressioni artisti- ne per le donne in quanto educatrici. che enormi: la pittura (Giotto, Miche- Per concludere, il passo o l’episodio langelo, ecc), la musica (Bach, Beebiblico a cui è più affezionato? thoven…), la poesia (basti pensare È la tempesta sedata da Gesù. È alla Divina Commedia di Dante). È l’episodio che ricordo sempre anche per tutte queste ragioni che la Bibbia ai miei fratelli quando si è nel tramè un grande codice dell’umanità. busto. Quando sembra che tutto vada a fondo risuonano le parole di Gesù: Per un mese i vescovi di tutto il “non aver paura, io sono qui, non mondo hanno riflettuto sulla Bibbia. Quali sono gli input più signifi- vuoi mica che affondi anch’io?”. Questo sentimento mi dà molta fiducativi? Le proposizioni che sono state precia. Antonio Denanni sentate al Papa per un testo sono di carattere pastorale. Però vi sono anche delle affermazioni teologiche. Ne Onu e Diritti umani cito tre: ogni credente quando apre la Bibbia deve poter arrivare alla verità scontro islamici - occidentali Il Consiglio dei Diritti Umani (Cdh), orpiena del testo sacro; il primato della parola di Dio: in mezzo a tante parole gano sussidiario delle Nazioni Unite crea- Pagine di storia religiosa del Pinerolese Maria di Cavour, Caramagna, Staffarda e Vezzolano) si disegna una geografia del sacro in grado non solo di offrire un panorama delle devozioni locali, ma anche di mostrare l’esistenza di centri di potere e di influenza in quest'area. La loro evoluzione, lungo un arco cronologico ampio, dimostra il graduale e difficoltoso processo di accentramento esercitato dall’amministrazione centrale in opposizione al fenomeno del decentramento dell’autorità avvenuto nell’epoca medievale, in cui si colloca la fondazione delle abbazie. In età moderna la nascita dello Stato rende necessari il contenimento e l’eliminazione degli altri centri di potere presenti sul territorio, le cui autonomie vengono progressivamente erose per essere ricondotte ad un disegno di uniformità ed accentramento, premessa indispensabile alla realizzazione di un soggetto politico capace di esercitare il proprio controllo su tutto il territorio. Chiara Povero L’abbazia di Santa Maria di Pinerolo circostante su cui gli abati ebbero giurisdizione. Tuttavia, il loro lavoro deve essere aggiornato da un’attenta verifica delle fonti, sebbene rimanga un punto di partenza imprescindibile. Più recentemente, saggi monografici e convegni di storia locale, anche se non rivolti in modo specifico alle vicende dell’abbazia, hanno messo in luce la sua importanza nelle vicende della valle e dell’abitato di Pinerolo. Come si è fatto nel V centenario della consacrazione della Chiesa di San Donato, nel seminario di studi dal titolo “Il Cinquecento religioso nel Pinerolese”, in cui si é cercato di mettere a fuoco un’epoca cruciale nella vita religiosa ed artistica dell'abbazia pinerolese, inserendola nella storia di uno spazio di frontiera, com'é stato il Piemonte occidentale, lungo un arco cronologico che va oltre il secolo XVI. Studiare oggi la storia Novembre 2008 dell’Abbazia di Santa Maria consente di capire il peso avuto da questa istituzione nella storia religiosa, politica, economica e sociale non solo di Pinerolo, ma anche delle valli e dei centri abitati dell’area subalpina. Se infatti è vero che la sua area di influenza si è molto ridotta nei secoli, resta pur innegabile che gli abati abbiano giocato un ruolo di tutto rilievo in quest’area strategicamente importante, come dimostra il passaggio continuo di truppe francesi e sabaude e come provano anche le frizioni intercorse tra il potere secolare e quello ecclesiastico per il controllo della nomina dell’abate. Inoltre, se si considera la presenza sul territorio piemontese di altre istituzioni religiose coeve all'abbazia pinerolese (si pensi a Novalesa, a Sant'Antonio di Ranverso, a S. Michele della Chiusa, a S. Giusto di Susa, alle abbazie intitolate come quella di Pinerolo a Santa to nella primavera del 2006, è da alcuni mesi al centro di uno scontro aperto tra il mondo musulmano e l'Occidente, a tal punto che alcuni rappresentanti occidentali hanno denunciato il progressivo «assassinio» della Dichiarazione universale dei diritti umani. L'ultima scossa alcune settimane fa quando a nome dell'Organizzazione della Conferenza islamica (Oci), il Pakistan è riuscito a convincere la maggioranza degli Stati del Consiglio dei diritti dell'uomo ad approvare un testo che limita la libertà d'espressione nei confronti della religione la quale, secondo gli islamici, sarebbe spesso diffamata. Altra scossa quando alcune delegazioni, tra cui l'Egitto, hanno fatto sì che il Cdh qualificasse l'orientamento sessuale degli omosessuali come «atto criminale» negando di fatto i diritti umani a questa categoria di persone. In molti denunciano anche il fatto che l’organizzazione riesca sempre ad ottenere una maggioranza per condannare le violazioni dei diritti umani commesse da Israele e come invece sistematicamente vengano occultate le stesse violazioni commesse dall'Iran, dall'Arabia Saudita, dalla Cina o da Cuba. La Voce del Popolo, 27 aprile 2008 Cultura Pag.3 Parla la teologa americana Ilia Delio Novembre 2008 Dizionario interculturale L’evoluzione non è lontana da Dio «In una prospettiva di fede l’evoluzione offre un nuovo modo di vedere Dio come creatore» Da un punto di vista scientifico l'evoluzione è la modalità fisica con cui la vita emerge nell'universo. Bonaventura, come Agostino, sosteneva l'idea delle rationes seminales, ovvero che la materia ha dentro di sé, dalla creazione, le possibilità per ogni possibile forma di vita. Come questi 'semi' divengano la realtà, questo è il succo della scienza. Potremmo dire che l'evoluzione è lo svelarsi delle potenze interne alla materia attraverso vari processi. L'idea di un 'disegno intelligente' come immissione di informazioni dall'esterno non ha senso, né scientificamente né teologicamente. L'uso di tale termine da parte dei creazionisti riflette una teologia debole e non segue una visione teologica trinitaria. Io sostengo che l'evoluzione è compatibile con il disegno intelligente perché uso tali termini come teologa. Tutto si gioca sulla Trinità: Bonaventura la descrive come una comunione di persone che si amano e che è basata sui concetti di bontà e amore personale. Scoto sosteneva che, essendo Dio amore, Dio ama l'altro più di Dio stesso in vista della perfezione dell'amore. Cristo è il primo nell'intenzione di amore di Dio. Per questo egli è l'impronta della creazione, cioè il 'disegno intelligente' di Dio, che non è basato sull'informazione logica ma sulla logica dell'amore perché Dio è amore. Una volta che si entra nel mistero di Cristo in relazione alla Trinità l'evoluzione acquista senso come svelamento della vita nell'universo attraverso una complessità e convergenza sempre più grandi, come svelamento del disegno di amore da parte di Dio. Come scrisse Teilhard de Chardin, Cristo è il centro personale di un universo personalizzato». Lei sostiene che l'evoluzione biologica è un «mistero di amore produttivo» a differenza di Richard Dawkins e del suo «gene egoista» ... «Quando parliamo di amore in una pro- spettiva teologica, non ci riferiamo ad un sentimento; esso, come insegnano i medievali, è la più alta forma del bene. La bontà e l'amore danno al mondo creato le qualità di trascendenza, relazionalità, fecondità, generatività che segnano anche il processo fisico dell'evoluzione. Quando usiamo insieme le parole 'evoluzione' e 'amore' diciamo che esiste una natura trascendente, relazionale, feconda e generativa nel mondo fisico. Il problema di Dawkins è che la sua scienza evoluzionistica è miope e i suoi argomenti contro la religione sono banali. Egli non ha 'gambe teologiche' che lo facciano stare in piedi e così i suoi argo- “Recuperando Teilhard de Chardin è plausibile conciliare il darwinismo con la creazione” alla creatività generativa, ad essere orientati sull'altro, che è poi la realizzazione della personalità. L'ateismo tende a nutrire individui egoisti che assorbono dal mondo più bontà di quanta ne generino». Lei definisce l'evoluzione «un dono alla teologia»: perché? «La teoria dell'evoluzione di Darwin indica nel cambiamento il fondamento per capire la vita. Alcuni dicono che essa ha cancellato Dio come creatore perché descrive i meccanismi di mutazione dentro la natura. In una prospettiva di fede l'evoluzione offre un nuovo modo di vedere Dio come creatore: non uno che impone ordine nel mondo ma un Dio che lavora dentro e attraverso l'ordine e il disordine creato. Il cambiamento non è lontano da Dio, piuttosto Dio lavora dentro e tramite questo cambiamento o, come ha detto John Polkinghorne, Dio non si preoccupa della confusione della creazione. La teoria dell'evoluzione è un dono alla teologia perché ci permette di vedere Dio al lavoro in un mondo che cambia. Ciò è molto compatibile con il pensiero cristiano radicato nell'Incarnazione, Dio che diventa uomo e l'umano che diventa divino. Per il cristiano il cambiamento è letteralmente il cuore della materia. Come sosteneva Teilhard de Chardin più di 50 anni fa, il cristianesimo è una religione d'evoluzione». menti anti-religiosi non hanno valore. Dawkins, come altri nuovi atei, sfrutta la popolarità e ne approfitta per ridicolizzare Dio». L'ateismo «biologico» ha conseguenze sul piano culturale e sociale? «Diffondere questo ateismo torna facile al consumismo, in particolare nei paesi benestanti dove la gente è occupatissima ma annoiata. Fino a quando la gente vedrà soddisfatta le proprie voglie, Dio verrà considerato un'ipotesi non necessaria. Sfortunatamente questo tipo di comporta- Sintesi da L.Fazzini, Avvenire, 23 agosto 2008 mento egoista fa continuare i pro“Politici, fate qualcosa di cattolico” blemi, in particolaA proposito di Pil e Dow Jones... re l'infelicità diffu«Siamo chiari fin dall'inizio: educazione o della gioia dei loro sa. Una teologia dell'amore divino non troveremo né un fine per la giochi. E' indifferente alla denazione ne la nostra personale cenza delle nostre fabbriche e è un invito all'amore disinteressa- soddisfazione nella mera conti- insieme alla sicurezza delle noto per partecipare nuazione del progresso economi- stre strade. Non comprende la alla massimazione co, nell'ammassare senza fine bellezza della nostra poesia o la del bene nell'uni- beni terreni. Non possiamo mi- solidità dei nostri matrimoni, verso che è desti- surare lo spirito nazionale sulla l'intelligenza delle nostre discusbase dell'indice Dow Jones, ne i sioni o l'onestà dei nostri dipennato all'unione e trasformazione in successi nazionali sulla base del denti pubblici. Non tiene conto prodotto interno lordo. Perché il né della giustizia dei nostri tribuDio. È un invito alla trascendenza e prodotto nazionale lordo com- nali, né della giustezza dei rapprende l'inquinamento dell'aria e porti tra noi. Non misura né la la pubblicità delle sigarette, e le nostra arguzia, ne il nostro coragambulanze per sgombrare le no- gio, né la nostra saggezza, né le Ritagli stre autostrade dalle carneficine. nostre conoscenze, ne la nostra Il tempo delle due lune Mette nel conto le serrature spe- compassione, né la devozione al ciali con cui chiudiamo le nostre nostro paese. Misura tutto, in di Priscilla Cogan porte, e le prigioni per coloro breve, eccetto ciò che rende la La zona d’ombra tra il pas- Parte di noi si volge al do- che le scardinano. Il prodotto vita valevole di essere vissuta». sato e il futuro è il precario mani con tutto il coraggio nazionale lordo si gonfia con gli […] È un discorso di Robert Kenequipaggiamenti che la polizia nedy (fratello del presidente John, mondo di trasformazione di cui è capace; dentro la crisalide. Parte di noi è eccitata dalle usa per sedare le rivolte nelle senatore, ammazzato nel mitico Parte di noi si guarda indie- possibilità di cambiamento; nostre città. E se il prodotto na- Sessantotto, cattolico) del 1967. tro, soffrendo per la magia Parte di noi è immobile, e zionale lordo comprende tutto Lo leggano, per favore, i politici che ha perduto; non ha il coraggio di guar- questo, molte cose non sono sta- nostrani contemporanei. Sopratte calcolate. Non tiene conto tutto quelli cattolici. Poi provino Parte di noi è felice di dire dare da nessuna parte… dello stato di salute delle nostre a fare qualcosa di cattolico. addio al suo caotico passato; Priscilla Cogan famiglie, della qualità della loro Renzo Agasso, Il nostro tempo, 19/10/08 MIGRAZIONI Migrazione è lo spostamento, temporaneo o permanente, di individui o di gruppi da un luogo a un altro, sia all’interno dello stesso paese, sia verso un paese straniero. Migrante è anche il richiedente asilo, cioè colui che per ragioni di sicurezza personale chiede asilo politico a un altro Stato, così come lo sono i rifugiati o profughi, cioè coloro che hanno dovuto abbandonare il proprio paese per timore di persecuzioni a causa della loro razza, religione, credo politico. Il problema delle migrazioni è strettamente connesso con quello del sottosviluppo, per cui l’80% degli immigrati in Occidente proviene da paesi in via di sviluppo, in maggioranza giovani. Queste, di seguito, potrebbero essere alcune piste di riflessione: occorre favorire politiche globali o regionali che rimuovano le cause dell’emarginazione; è necessario rendere operativi gli strumenti giuridici con leggi organiche che abbiano come obiettivo il pieno inserimento sociale e politico dell’emigrato (pieno godimento dei diritti civili e politici); alla libertà di capitali, informazioni e imprese, proprie della globalizzazione economico-finanziaria, spesso corrispondono politiche troppo restrittive in fatto di immigrazione; non si deve ridurre il problema al solo aspetto economico; occorre cioè tenere conto anche di ammissione per asilo, per protezioni internazionali, ricongiungimento familiare e per ragioni di studio; occorre che tutte le agenzie educative vigilino circa le affermazioni e manifestazioni xenofobe. La Bibbia narra di grandi migrazioni: Abramo, l’esodo, la cattività babilonese, la diaspora. Ma la Bibbia ha anche grandi parole per lo straniero: “Maledetto chi lede il diritto del forestiero” (Dt 27,19). Infine ricordiamo una frase di Don Luigi Di Liegro, già presidente della Caritas italiana: “L’immigrazione è un problema solo quando non ci si prepara a convivere con esso, altrimenti è una grande opportunità”. Maria Luisa Demarchi Progetto culturale Pag. 4 Adriano Fabris, filosofo dell’Università di Pisa Tre tendenze dell’attuale situazione culturale Tre sono, a mio avviso, le linee di tendenza generali che s’annunciano nel presente […] Possiamo indicare queste linee di tendenza con le seguenti formule: la progressiva spettacolarizzazione del mondo; le radicali trasformazioni del comunicare, in un’ottica sempre più strumentale; il predominio del consumo come forma di assimilazione e di annientamento della realtà. 1. La spettacolarizzazione del mondo Nel mondo in cui viviamo, sempre più chiaramente, tutto è ormai spettacolo e occasione di spettacolo. Affermarlo non significa semplicemente far riferimento all’enorme impatto che i mezzi di comunicazione di massa hanno ormai nella realtà quotidiana. Significa soprattutto mettere in luce una tendenza ben precisa nel modo in cui le cose ci si presentano e in cui noi ci rapportiamo ad esse. Questa tendenza è, appunto, quella all’esibizione. Il che significa che, nella prospettiva dell’esibizione, qualcosa vale nella misura in cui ed entro i limiti in cui si dà a vedere. Non in quanto tale, cioè, non di per sé. Ne consegue una svalutazione di ciò che è irriducibile o refrattario a un tale esibirsi. […] 2. Le trasformazioni nel comunicare La seconda tendenza all’opera nel presente, riguarda le radicali trasformazioni del comunicare alle quali assistiamo da qualche tempo. “Comunicazione”, originariamente, significa creazione di uno spazio comune, condiviso, nel quale ognuno, purché capace di parlare, può con piena legittimità aver parte. Da questa concezione, che peraltro è centrale nella tradizione cristiana, derivano conseguenze importanti, capaci di dare orientamento nei rapporti interpersonali e, più in generale, nella costruzione di una comunità. Tuttavia non è questa la concezione del comunicare che ormai, oggi, si è imposta. Comunicare non è affatto funzione di comunione. Comunicare, semplicemente, è trasmettere messaggi o informazioni nella maniera più efficace. Il che significa: colpendo l’interlocutore in modo che gli effetti permangano il più a lungo possibile. E così accade, ad esempio, nell’ambito della comunicazione pubblicitaria, che è diventata il modello, in molti casi, anche della comunicazione pubblica e di quella politica. L’interlocutore, quindi, non è una persona con cui dialogare: è, letteralmente, un target. Bersaglio, appunto, da raggiungere, da persuadere, da controllare. […] 3. Il predominio del consumo Il predominio del consumo è l’ultimo elemento a cui in breve mi voglio richiamare per descrivere la situazione del presente. È indubbio infatti che il nostro rapporto con le cose e, più in generale, con il mondo è da sempre caratterizzato dagli atteggiamenti, fra loro connessi, del desiderare, dell’acquisire, del consumare. Oggi però assistiamo alla radicalizzazione o, addirittura, al pervertimento di alcuni processi legati a queste attività. […] Il consumo si presenta, nello specifico, come una forma di assorbimento dell’altro: come l’esercizio reiterato del suo annientamento. Senza però che, in questo annientamento, il soggetto consumatore trovi davvero il proprio appagamento. È qui che si radica la coazione a ripetere propria del consumatore e la ragione del diffondersi sempre più ampio di una mentalità orientata al consumo. Infatti se, come ho detto, l’acquisizione di un bene non è in grado di appagare il desiderio, ciò avviene perché essa non è occasione del perfezionamento di una persona, attraverso il suo collegamento all’altro da sé. Di conseguenza, l’inquietudine che nasce da questo mancato appagamento spinge a reiterare il consumo, senza limiti e senza rispetto. Adriano Fabris, Nel Cantiere del Progetto culturale, Roma, marzo 2004 Carlo Petrini, giornalista ed esperto di sociologia L’economia del non fare e del prendersi cura “La cultura del fare porta a fare male e a fare troppo” Mi preoccupa quest’ incondizionata passione che i politici, senza distinzione di appartenenza, hanno dichiarato nei confronti della crescita del Pil. Il Pil cresce anche producendo mine antiuomo, o imballaggi inutili che dovranno essere smaltiti (e anche questo fa crescere il Pil) o che, se smaltiti malamente, inquineranno acqua, aria, terra; e per bonificare, ammesso che sia possibile, si farà ancora crescere il Pil. Se invece si mettesse in campo un pizzico di saggezza, si potrebbe intraprendere la strada dell’ economia del “non fare”. Perché a volte è lì la chiave della ricchezza. Raffinerie, treni ad alta velocità e cementifici nelle vigne, sono ferite aperte nel cuore di territori che, in salute e bellezza, stanno producendo economia. Perché non lasciarli continuare? Perché disturbare? Bisogna stare attenti, perché la cultura del fare, se non ha filtri, diventa la cultura del rifare, del disfare, del fare troppo per poi sfasciare. È una cultura subdola, perché si spaccia per libertà, pro- gresso, benessere. Pensate ai prodotti dietetici che vengono pubblicizzati in questi ultimi tempi. Pastiglie che impediscono all’ organismo di assorbire calorie, mentre se ne ingurgitano a volontà. Non è una follia? Non è immorale? Per non ingrassare bisogna mangiare di meno e meglio e avere uno stile di vita corretto; la soluzione non può essere ingurgitare qualunque quantità di cibo per poi rendere il nostro organismo impermeabile alle calorie. È come tenere le nostre case a 25 gradi d’ inverno per stare in salotto in maniche corte; è come usare abbondantemente la preziosa acqua potabile per lo sciacquone del water. Ecco dove ci ha portato la cultura del fare. A fare male, a fare troppo. A fare cose che ci costano tanti soldi, e per avere quei soldi dobbiamo lavorare di più, e per lavorare dobbiamo fare, fare, fare. Se mangio meno e meglio spendo meno e non ingrasso. Risparmio sia sul cibo che sulle pastiglie dimagranti. Posso destinare quei soldi diversamente, oppure decidere che non ne ho bisogno, quindi non ho necessità di guadagnarli, quindi ho qualche ora libera in più. Magari per curare un piccolo orto, o per giocare con i figli o per leggere il giornale, saltando le pubblicità delle pastiglie dimagranti. L’ economia del “non fare”, invece, ha le sue radici nella cultura dell’ osservare. E del chiedersi: che bisogno ce n’ è? L’ economia del “non fare” ha uno sguardo lungo, non ragiona in termini di ritorni immediati: ha i tempi della natura, non quelli della finanza. Investe a lunghissimo termine e ha straordinari ritorni, perché è un’ economia che non si occupa solo di denaro. Si occupa di culture, di identità, di territori, di origine, di storia e di storie; si occupa di paesaggio, di turismo, di conoscenza, di salute e di bellezza; si occupa di vigne, di imprenditoria, di mercato, di relazioni, di comunità, di coerenza. Siamo capaci di calcolare queste spese? […] Troppo facile far finta di non capire che quando parliamo di economia del non fare stiamo parlando, semplicemente, di economia della cura. Carlo Petrini (estratto), La Repubblica, 21/5/2008 Novembre 2008 I nuovi preti Per valutare il candidato prete anche la psicologia Di Alessandro Plotti, vescovo L'attenzione alla maturità umana dei candidati ha sollecitato l'uso della competenza psicologica. Con quali criteri la si consiglia ai seminaristi oggi? «L'attenzione alla maturità umana dei candidati è la principale preoccupazione dei formatori del seminario. La psicodiagnostica ritengo possa essere uno strumento valido e, direi, indispensabile per avere un quadro più completo della personalità del candidato. Non assolutamente obbligatorio, se gli educatori hanno la possibilità di vagliare con altri canali le caratteristiche psicologiche dei candidati. Nella nostra diocesi, per esempio, prima di accettare in seminario un giovane gli facciamo frequentare, almeno per un anno, alcuni finesettimana vocazionali, dove incontrano anche persone particolarmente preparate nel campo psicologico. Il rettore, in collaborazione stretta con il loro parroco, li incontra periodicamente per colloqui mirati, tenendo ben presente il contesto ecclesiale nel quale è maturata la vocazione. Avendo pochi seminaristi (purtroppo), sappiamo tutto di loro, della famiglia, delle esperienze fatte, del contesto culturale, della loro capacità di rapporti umani ecc. Altra questione è quando, lungo il percorso formativo, si rivelano problemi e disturbi psicologici. Nel nostro studio teologico interdiocesano abbiamo dato vita a un servizio di accompagnamento psicologico per coloro che, invitati dal rettore, sentono la necessità di confrontarsi sui propri problemi personali. Il tutto nella più totale discrezione e nel rispetto della libera decisione del soggetto». Da Il Regno - Attualità, n.2/2006 Tu non mi abbandoni «È buio dentro di me, ma presso di te c’è la luce; sono solo, ma tu non mi abbandoni; sono impaurito, ma presso di te c’è aiuto; sono inquieto, ma presso di te c’è pace; in me c’è amarezza, ma presso di te c’è pazienza; non comprendo le tue vie, ma tu conosci la mia via» Dietrich Bonhoeffer Focus Pag. 5 Intervista a Mons Gianfranco Ravasi Novembre 2008 Incontri con la Bibbia I cristiani non devono temere il confronto con la cultura Manda il tuo pane sopra le acque... «La Chiesa fatica a farsi comprendere. Abbiamo linguaggi troppo paludati e a volte curiali» Monsignor Ravasi, che cosa non bisogna "temere"? «Il confronto diretto con la scienza, tenendo conto anche delle posizioni alternative alle nostre. E neppure l’arte del nostro tempo che sembra lontana dai temi religiosi». A cosa si riferisce? «La Cei nel nuovo Lezionario della domenica ha proposto un’esperienza suggestiva, inserendo immagini anche della transavanguardia artistica come Chia e Palladino. Avevo suggerito io di cercare strade nuove nelle illustrazioni oltre le solite miniature del Trecento. Ci sono state polemiche, ma l’esperienza è servita a dimostrare che la Chiesa non è lontana dal linguaggio artistico corrente». E sul rapporto tra scienza e fede? «Dobbiamo discutere le teorie dell’evoluzione e del rapporto tra la conoscenza e la teologia. Non possiamo far finta che non esistano. Al riguardo, stiamo organizzando un convegno non solo su Charles Darwin, come hanno semplificato i giornali, ma sul complesso della filosofia dell’evoluzionismo. C’è un vasto orizzonte da perlustrare. Qualcosa stiamo già facendo con il progetto "Stoq", acronimo inglese di Science, Theology and the Ontological Quest, finanziato da una Fondazione americana, che ogni due anni riunisce a Roma gli scienziati delle maggiori istituzioni mondiali per discutere di scienza e religione». A che punto siamo? «La Chiesa fatica a farsi comprendere. Abbiamo linguaggi troppo paludati e a volte curiali. Oltre la siepe della comunità ecclesiale il linguaggio ha toni diversi, usa molte più risorse delle nostre, è più diretto, tempestivo, più adeguato agli stili della modernità. Ma vale anche all’interno della Chiesa. I preti sono spesso superficiali, i dibattiti culturali sono considerati secondari. Non si capisce invece che oggi non si può fare catechesi senza cultura». La Chiesa teme la cultura? «No, ma tende a ritirarsi, perché spesso non vuole entrare in polemica con chi rappresenta oggi la cultura laica. Mi spiego. Tra i non credenti oggi va di moda il modello ironico-sarcastico alla Piergiorgio Odifreddi, che funziona in televisione. La scena mediatica tende così a rappresentare il rapporto tra scienza e fede come quello tra due fondamentalismi. Dobbiamo uscire da questa trappola e tornare a dialogare con intellettuali di alto profilo, abbandonando polemiche spicciole e immediate, che fanno ascolti in Tv». Mi fa dei nomi? «Habermas in Germania, Massimo Cacciari e Umberto Eco in Italia. Dobbiamo tornare al confronto t r a l e me t a f i s i c h e , c o m e nell’Ottocento, quando la competizione era tra sistema idealistico e cristianesimo, tra marxismo e visione sociale della Chiesa». Ma la filosofia occidentale non basta più a spiegare il mondo… «È vero. Ed è per questo che la Chiesa deve ascoltare le culture nazionali. Andremo in Nepal a fine aprile, e a luglio in Africa. Dobbiamo aprire un confronto, ragionare in termini globali e insieme locali. La Chiesa deve essere meno condizionata dalla mentalità occidentale e non temere il confronto con altre filosofie». Bisogna allargare la riflessione anche all’economia? «Sì, perché l’economia non è più la scienza della tecnica monetaria. È una scienza umanistica, è il regolamento della casa del mondo. Pone interrogativi antropologici, questioni etiche, come dimostrano le riflessioni del premio Nobel Joseph Stiglitz, assai vicini agli interrogativi che pone una religiosità autentica. Questo è un tema che metteremo al centro della riflessione del Pontificio consiglio per la cultura». Qual è oggi la più grande sfida culturale rivolta alla Chiesa? «Il confronto con un nuovo tipo di secolarizzazione, che non sfratta Dio dall’orizzonte, ma gli chiede i documenti e poi lo fa diventare irrilevante. Via i crocefissi, oppure appendere tutti i simboli religiosi, così si stinge qualsiasi tipo di esperienza religiosa. Ed è una sfida molto pericolosa per la Chiesa. Non nega il valore del culto, ma espelle dall’orizzonte la questione delle verità. Così della religione si prende solo ciò che piace. […] La Chiesa cosa deve fare? «Impegnarsi di più nella presentazione della potenza del Vangelo, leggere la parola di Dio con strumenti culturali evitando forme di fondamentalismo e di sincretismo. Limitandosi alla solidarietà si fa "fitness dell’anima" e la Chiesa diventa un’agenzia filantropica». Sintesi da Alberto Bobbio, Famiglia Cristiana, n.30, 2008 Pensieri in pagina I segni del ritorno della religione di Franco Garelli Il ritorno della religione sulla scena pubblica è certamente uno dei fenomeni più rilevanti della modernità avanzata, che risalta in un'epoca che si pensava orientata alla «morte di Dio» e all’eclisse del sacro. Il dinamismo religioso è diffuso in molte aree del mondo e contagia i credi e le confessioni più diverse. La fede religiosa non è soltanto una qualità dell'animo, non si esprime solo nel foro della coscienza individuale; ma prorompe nella vita pubblica di molte nazioni e continenti, con la pretesa di partecipare alla costruzione del mondo. I segni di questo potente ritorno della religione rimbalzano ogni giorno sotto i nostri occhi: dal potere della destra religiosa nel condi- zionare le elezioni presidenziali Usa alla grande diffusione dei movimenti pentecostali in America latina; dall’orgoglio dell’Islam che reagisce contro l'Occidente alla mobilitazione dei monaci buddisti nei Paesi asiatici ancor chiusi alla democrazia. Ciò che accade a questo livello nel nostro Paese non è una eccezione, quanto un'eco delle dinamiche mondiali. Le battaglie della chiesa cattolica sui temi dell'aborto, della bioetica, dell'educazione, creano certamente sconcerto e divisioni nell’opinione pubblica, ma sono anche fonte di passione morale e di coinvolgimento. Nello «scontro sui valori» la religione intende dare il suo apporto a definire la situazione. Questi nuovi scenari obbligano gli studiosi della religione a rivedere la loro cassetta di attrezzi e di interpretazioni. […] Franco Garelli, Religioni da leggere, La Stampa 24.5.2008 estratto) di Erri De Luca C’è un verso delle Scritture che ha messo in movimento la tua vita… Sì , è un verso di Qohèlet (11,1) “Manda il tuo pane sopra i volti delle acque”. Che razza di offerta va proponendo con quest’ordine: “Manda il tuo pane” cioè l’indispensabile, la cosa più preziosa, il cibo quotidiano, “sopra i volti delle acque”. Nemmeno lo consegni a qualche bisognoso, non a qualcuno che te lo chiede, ma te ne privi senza sapere per chi, semplicemente affidandolo ad una corrente. Questo mi sembra un atto di generosità mostruosa, gigantesca, impraticabile. Ogni mattina, di solito, riesco a leggere un capitolo della Bibbia. E invece quella mattina ero rimasto piantato su quel verso e non riuscivo ad andare a leggere quelli successivi. E là sono rimasto. Questo è anche simpatico perché vuol dire che mi tengo un versetto in bocca che mi tiene compagnia durante la giornata. Però, quel verso così grandioso “Manda il tuo pane sopra i volti delle acque” era seguito da una seconda parte che andavo a controllare in una traduzione francese che avevo con me, che diceva “perché dopo molti giorni lo ritroverai”. La seconda metà del verso non mi piaceva affatto in confronto a questo grandioso liberarsi dell’indispensabile per offrirlo alla corrente senza neanche sapere a chi: “Dopo molti giorni lo ritroverai”: metti in giro un’offerta e ritorna illesa fra le mani tale e quale? Mi sembrava una partita di giro che non funzionava. Comunque non riuscivo a risolvere la questione e me ne sono andato al lavoro. E mentre pensavo al lavoro e a questa cosa e battevo di scalpello e di martello mi sono dato una bella martellata... Scuotendo la mano insanguinata, mentre il sangue sgorgava mi è venuto in mente il verso del mattino: “manda il tuo pane sul volto delle acque” e io stavo mandando il mio sangue sopra i calcinacci. E questo mi ha aiutato a farmi passare il nervoso per il colpo. E poi, tornando a casa dal lavoro, nel pomeriggio, sentivo questa mano che faceva male, e dicevo: “e dopo molti giorni lo ritroverai”... E mentre pensavo questo mi sono detto: “Fammi andare a vedere cosa c’è scritto in ebraico”. In ebraico c’è scritto non “dopo molti giorni lo ritroverai”, ma “in molti giorni lo ritroverai”, cioè quella singola offerta ti ritornerà in molti giorni, molte volte in molti giorni. Quella singola offerta spontanea, a fondo perduto, senza nemmeno sapere a chi, ti verrà infinitamente restituita, ma in misura senza proporzione rispetto alla tua piccola quantità, in molti giorni. Così ho risolto quella notizia e ho chiuso quel verso di Qohèlet, la cui seconda metà era ancora più bella della prima, correggendo quel pigrissimo “dopo molti giorni” che diventava una specie di boomerang dell’offerta, gli faceva fare un giro per aria, rientrava nella mano del lanciatore. Invece era un gesto a fondo completamente perduto che ti verrà infinitamente restituito da tante altre parti. E questo mi permette anche di immaginare che il rapporto di generosità tra le persone è un rapporto che non funziona tra due. Se io faccio una cosa per te, tu non me la devi restituire, tu la devi fare ad un altro, e magari, già che ci sei, la fai a due, anche a tre se ti è piaciuto. Non la devi restituire a me. Se rimane restituita a me, rimane una cosa chiusa, tra noi, è povera, non si sparge... Invece, se io ti offro una cena, tu invece di restituirla a me la offri a qualcun altro che ne ha bisogno, e anche a qualcun altro che non ne ha bisogno, e fai questa mossa esterna a noi due, moltiplichi questa mossa. La fai produrre in giro. Da Massimo Orlandi, In molti giorni lo ritroverai, Ed. Romena Documenti Pag. 6 Novembre 2008 Intervento del Card. Carlo Maria Martini Quale cristianesimo nel mondo Postmoderno «Non aver paura di ciò che è diverso o nuovo, ma consideralo un dono di Dio» […] Per cercare un dialogo proficuo tra la gente di questo mondo ed il Vangelo e per rinnovare la nostra pedagogia alla luce dell’esempio di Gesù, è importante osservare attentamente il cosiddetto mondo postmoderno, che costituisce il contesto di fondo di molti di questi problemi e ne condiziona le soluzioni. Una mentalità postmoderna potrebbe essere definita in termini di opposizioni: un’atmosfera e un movimento di pensiero che si oppone al mondo così come lo abbiamo finora conosciuto. È una mentalità che si distacca spontaneamente dalla metafisica, dall’aristotelismo, dalla tradizione agostiniana e da Roma, considerata come la sede della Chiesa, e da molte altre cose. Il pensare postmoderno è lontano dal precedente mondo cristiano platonico in cui erano dati per scontati la supremazia della verità e dei valori sui sentimenti, dell’intelligenza sulla volontà, dello spirito sulla carne, dell’unità sul pluralismo, dell’ascetismo sulla vitalità, dell’eternità sulla temporalità. Nel nostro mondo di oggi vi è infatti una istintiva preferenza per i sentimenti sulla volontà, per le impressioni sull’intelligenza, per una logica arbitraria e la ricerca del piacere su una moralità ascetica e coercitiva. Questo è un mondo in cui sono prioritari la sensibilità, l’emozione e l’attimo presente. L’esistenza umana diventa quindi un luogo in cui vi è libertà senza freni, in cui una persona esercita, o crede di poter esercitare, il suo personale arbitrio e la propria creatività. Questo tempo è anche di reazione contro una mentalità eccessivamente razionale. La letteratura, l’arte, la musica e le nuove scienze umane (in particolare la psicoanalisi) rivelano come molte persone non credono più di vivere in un mondo guidato da leggi razionali, dove la civiltà occidentale è un modello da imitare nel mondo. Viene invece accettato che tutte le civiltà siano uguali, mentre prima si insisteva sulla cosiddetta tradizione classica. Oggi un po’ tutto viene posto sullo stesso piano, perché non esistono più criteri con cui verificare che cosa sia una civiltà vera e autentica. Vi è opposizione alla razionalità vista anche come fonte di violenza perché le persone ritengono che la razionalità può essere imposta in quanto vera. Si preferisce ogni forma di dialogo e di scambio per il desiderio di essere sempre aperti agli altri e a ciò che è diverso, si è dubbiosi anche verso se stessi e non ci si fida di chi vuole affermare la propria identità con la forza. Questo è il motivo per cui il cristianesimo non viene accolto facilmente quando si presenta come la ‘vera’ religione. Ricordo un giovane che recentemente mi diceva: «Soprattutto, non mi dica che il cristianesimo è verità. Questo mi dà fastidio, mi blocca. È diverso che dire che il cristianesimo è bello…». La bellezza è preferibile alla verità. In questo clima, la tecnologia non è più considerata uno strumento al servizio dell’umanità, ma un ambiente in cui si danno le nuove regole per inter- pretare il mondo: non esiste più l’essenza delle cose, ma solo l’utilizzo di esse per un certo fine determinato dalla volontà e dal desiderio di ciascuno. In questo clima, è conseguente il rifiuto del senso del peccato e della redenzione. Si dice: «Tutti sono uguali, ma ogni persona è unica». Esiste il diritto assoluto di essere unici e di affermare se stessi. Ogni regola morale è obsoleta. Non esiste più il peccato, né il perdono, né la redenzione e tanto meno il «rinnegare se stessi». La vita non può più essere vista come un sacrificio o una sofferenza. Un’ultima caratteristica della postmodernità è il rifiuto di accettare qualunque cosa che sa di centralismo o di volontà di dirigere le cose dall’alto. In questo modo di pensare vi è un «complesso antiromano». […] Non voglio ora esprimere giudizi. […] Ciò che mi preme sottolineare è che questa mentalità è ormai dappertutto, soprattutto presso i giovani, e bisogna tenerne conto. Ma voglio aggiungere una cosa. Forse questa situazione è migliore di quella che esisteva prima. Perché il cristianesimo ha la possibilità di mostrare meglio il suo carattere di sfida, di oggettività, di realismo, di esercizio della vera libertà, di religione legata alla vita del corpo e non solo della mente. In un mondo come quello in cui viviamo oggi, il mistero di un Dio non disponibile e sempre sorprendente acquista maggiore bellezza; la fede compresa come un rischio diventa più attraente. Il cristianesimo appare più bello, più vicino alla gente, più vero. […] Insegnare la fede in questo mondo rappresenta nondimeno una sfida. Per essere preparati, bisogna fare proprie queste attitudini: Non essere sorpreso dalla diversità. Non avere paura di ciò che è diverso o nuovo, ma consideralo come un dono di Dio. Prova ad essere capace di ascoltare cose molto diverse da quelle che normalmente pensi, ma senza giudicare immediatamente chi parla. Cerca di capire che cosa ti viene detto e gli argomenti fondamentali presentati. I giovani sono molto sensibili ad un atteggiamento di ascolto senza giudizi. Questa attitudine dà loro il coraggio di parlare di ciò che realmente sentono e di iniziare a distinguere che cosa è veramente vero da ciò che lo è soltanto in apparenza. […] Sii amico dei poveri. Metti i poveri al centro della tua vita perché essi sono gli amici di Gesù che ha fatto di se stesso uno di loro. Alimentati con il Vangelo. Come Gesù ci dice nel suo discorso sul pane della vita: «Perché il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo» (Gv. 6,33). Per aiutare a sviluppare queste attitudini, propongo quattro esercizi: 1. Lectio divina. È una raccomandazione di Giovanni Paolo II: «In particolare è necessario che l’ascolto della Parola diventi un incontro vitale, nell’antica e sempre valida tradizione della lectio divina che fa cogliere nel testo biblico la parola viva che interpella, orienta, plasma l’esistenza» ( Novo Millennio Ineunte, N. 39). […] 2. Autocontrollo. Dobbiamo imparare di nuovo che sapere opporsi alle proprie voglie è qualcosa di più gioioso delle concessioni continue che appaiono desiderabili ma che finiscono per generare noia e sazietà. 3. Silenzio. Dobbiamo allontanarci dalla insana schiavitù del rumore e delle chiacchiere senza fine, e trovare ogni giorno almeno mezz’ora di silenzio e mezza giornata ogni settimana per pensare a noi stessi, per riflettere e pregare. Questo potrebbe sembrare difficile, ma quando si riesce a dare un esempio di pace interiore e tranquillità che nasce da tale esercizio, anche i giovani prendono coraggio e trovano in ciò una fonte di vita e di gioia mai provata prima. 4. Umiltà. Non credere che spetti a noi risolvere i grandi problemi dei nostri tempi. Lascia spazio allo Spirito Santo che lavora meglio di noi e più profondamente. Non cercare di soffocare lo Spirito negli altri, è lo Spirito che soffia. Piuttosto, sii pronto a cogliere le sue manifestazioni più sottili. Per questo hai bisogno di silenzio. Carlo Maria Martini - Avvenire, 27 luglio 2008 Hanno detto Alfabetizzazione biblica: a quando? E’ mia sensazione che l’amore per la Bibbia che si sentiva in Italia negli anni postconciliari sia passato. La Bibbia ora è presente in quasi tutte le case, ma è veramente letta? La cultura italiana laica l’ha accettata, ma nella scuola la Bibbia non è ancora entrata ufficialmente nonostante gli sforzi della associazione laica ‘Biblia’. Vorrei che l’accanimento che si mostra per il mantenimento del Crocefisso, si trasformasse in interesse perché la Bibbia possa avere un suo posto nella formazione della cultura degli studenti italiani. La vera alfabetizzazione biblica avverrà quando affronteremo laicamente e scientificamente i nodi culturali che la Bibbia ancora mantiene per noi, quando la leggeremo in dialogo con i testi delle altre religioni universali, quando saremo in grado di farne il collante del nostro modo di pensare, come fece, in altri tempi, e con ben altri risultati, l’Alighieri. Domenico Maselli, presidente della Fed. delle Chiese Evangeliche in Italia, in Biblia, notiziario, giugno 2008 Nessun dialogo interreligioso senza conoscenza Lo scopo del dialogo interreligioso è almeno triplice: 1. è cercare di capire meglio il contenuto della fede dell’altro; non si tratta solamente di amicizia, ma anche di imparare a leggere i testi sacri dell’altro, a leggere i libri di teologia che spiegano la fede dell’altro; dunque c’è anzitutto questo desiderio di imparare in profondità. 2. è incoraggiare lo studio delle religioni in maniera obiettiva vuol dire cercare di presentare in maniera scientifica il fatto religioso, che si manifesta attraverso una pluralità di religioni; perché c’è un fatto religioso che è innegabile e il credente vive la sua fede sempre in comunità. Queste hanno i loro riti, le loro lingue, le loro usanze, ed è molto importante imparare ad apprezzarle. 3. è formare le persone al dialogo interreligioso, nei seminari, nei noviziati, nelle scuole e università cattoliche; abbiamo bisogno di insegnanti di religione che devono essere stati formati a questo dialogo interreligioso, che non si improvvisa. E’ molto importante la cultura. La cultura è un modo molto significativo per far passare queste idee. Jean-Louis Tauran, card. presidente del Consiglio vaticano per il Dialogo interreligioso, OR 23.07.2008. NOVA INVESTIMENTI IMMOBILIARI SPA Sede legale: Torino 10035 - Corso Unione Sovietica, 612/15 A Tel. 011.3402811 - Fax 0113402812 Orizzonti aperti Pag. 7 Bianco/Nero NOTE DI LETTURA La spiritualità degli atei Vattimo al contrario? di Enzo Bianchi «Agnostici e atei non credono in Dio, non si sentono coinvolti da questa presenza perché non la sentono reale, ma sono consapevoli che invece le religioni che professano Dio fanno parte della storia umana, della società, del mondo. Come essi non trovano ragioni per credere, altri invece le trovano e sono felici: gli uni pensano che il mondo basti loro, gli altri sono soddisfatti di avere la fede. Ma proprio questo fa dire che l’umanità è una, che di essa fanno parte religione e irreligione e che, comunque, in essa è possibile, per credenti e non credenti, la via della spiritualità. Spiritualità intesa non in senso stretto religioso, ma come vita interiore profonda, come fedeltàimpegno nelle vicende umane, come ricerca di un vero servizio agli altri attenta alla dimensione estetica e alla creazione di bellezza nei rapporti umani. Spiritualità soprattutto come antidoto al nichilismo che è lo scivolo verso la barbarie: nichilismo che credenti e non credenti dovrebbero temere maggiormente nella sua forza di negazione di ogni progetto, di ogni principio etico, di ogni ideologia». di Andrea Balbo Gianni Vattimo, che ha nei giorni scorsi concluso la sua esperienza di insegnamento universitario sulla cattedra di Filosofia teoretica presso l’Università di Torino, ha senz’altro lasciato una traccia non secondaria nel pensiero italiano dell’ultima parte del Novecento e della prima parte del XXI secolo. Le sue prese di posizione, la sua indubbia vivacità e la forza polemica delle sue espressioni lo hanno più volte portato alla ribalta dei media con posizioni anche molto ostili nei confronti del mondo cattolico. Nel libretto di cui ci occupiamo oggi (Ragione filosofica e fede religiosa nell’era postmoderna, Rubbettino 2008, 66 pp., 7 euro), lo stesso Vattimo e Dario Antiseri, filosofo della scienza, affrontano alcuni punti nodali della problematica metafisica postmoderna, ovvero la possibilità di individuare un possibile fondamento al pensiero filosofico e, di conseguenza, la possibilità di fornire risposte valide e razionali ai problemi come la bioetica e il rispetto della vita umana, che a tale fondamento sono intimamente legati. L’articolo di Vattimo, dedicato a Una bioetica post-metafisica, contiene una lucida sintesi delle sue posizioni contrarie ai dogmatismi e favorevoli al primato della persona singola e dell’evento rispetto alle prospettive generali, che egli sente come coercitive e liberticide. Molto più ampio è il saggio di Dario Antiseri, intitolato Pensiero debole, ragione filosofica e spazio della fede, che in modo piuttosto sorprendente ma del tutto convincente (a parere di chi scrive) utilizza alcuni principi essenziali del pensiero di Vattimo come il debolismo (l’impossibilità di definire dei fondamenti certi del sapere e dei valori) per “capovolgerli” e sfruttarli come chiavi interpretative per dimostrare che il pensiero debole, lucidamente, ha messo in crisi le pretese assolutistiche dei grandi sistemi filosofici dall’idealismo in avanti, ma non ha tolto forza e significato alla “domanda irreprimibile” di senso che l’uomo pone a se stesso. Il “pensiero debole” viene allora interpretato, per citare lo stesso Antiseri, come una “riconquista razionale della contingenza umana”, che apre- anzi spalanca - lo spazio per l’atto del credere e fonda realmente la fede. In un mondo post-moderno privo di certezze, il contributo vattimiano alla decostruzione ideologica può essere considerato – anche al di là delle intenzioni dello stesso filosofo – una nuova occasione di definizione di un pensiero religioso non lontano dalla ragione. Andrea Balbo Al cuore della fede - 5 Secondo la Spe salvi di Benedetto XVI La fede è la sostanza delle cose La fede è la «sostanza» delle cose che si sperano; la prova delle cose che non si vedono. Tommaso d’Aquino, utilizzando la terminologia della tradizione filosofica nella quale si trova, spiega questo così: la fede è un «habitus», cioè una costante disposizione dell’animo, grazie a cui la vita eterna prende inizio in noi e la ragione è portata a consentire a ciò che essa non vede. Il concetto di «sostan-za» è quindi modificato nel senso che per la fede, in modo iniziale, po- tremmo dire«in germe» – quindi secondo la «sostanza» – sono già presenti in noi le cose che si sperano: il tutto, la vita vera. E proprio perché la cosa stessa è già presente, questa presenza di ciò che verrà crea anche certezza: questa «cosa» che deve venire non è ancora visibile nel mondo esterno (non «appare »), ma a causa del fatto che, come realtà iniziale e dinamica, la portiamo dentro di noi, nasce già ora una qualche percezione di essa. Benedetto XVI, Spe salvi, n.7 La Bibbia a scuola Dai risultati di un’indagine Eurisko (fine aprile) sulla diffusione della Scrittura in alcuni tra i maggiori paesi del mondo (in Europa: D, E, F, I, NL, PL, UK, Russia, e negli USA) Alla domanda “Nelle scuole si dovrebbe studiare la Bibbia?”, la media delle risposte positive supera ovunque il 50%, eccetto in Francia (39%), con punte che superano l’80% nel Regno Unito, in Russia e in Germania. “Siamo all’assurdo di aver escluso la Bibbia dalle scuole in Italia. Ne resta traccia solo nell’insegnamento concordatario, che però è facoltativo e dottrinale” (Gad Lerner). “Il dialogo tra filosofi e teologi sulla Bibbia è uno degli esercizi più interessanti dal punto di vista intellettuale. Alla facoltà di filosofia San Raffaele, a Milano, sono obbligatori l’insegnamento di esegesi dell’AT e del NT, oltre che di filosofia ebraica e islamica” (Massimo Cacciari). Enzo Bianchi, La spiritualità degli atei Turismo, estetica e spiritualità Il duomo di Sovana in Maremma Nei secoli centrali del Medioevo i cristiani parvero “rivaleggiare tra loro per edificare chiese che fossero le une più belle delle altre. Era come se il mondo, scrollandosi, volesse spogliarsi della sua vecchiezza per vestirsi della veste bianca delle cattedrali”. Una di queste, nell’entroterra maremmano, è il duomo di Sovana, la cui mole possente, custode di storia e di silenzio, corona la modesta altura, antica acropoli, che chiude a occidente l’ormai piccolo borgo, già città illustre e patria di Ildebrando, papa col nome di Gregorio VII. Capolavoro dell’arte romanica, le sue mura sono decorate esternamente da figure fantastiche e mostruose: la sirena bicaudata, come nelle necropoli etrusche della zona, a ricordare forse la terra madre nella posizione della partoriente e il legame dell’elemento acqueo con la vita; il toro, simbolo di forza generatrice per il bestiame compagno dell’uomo nel duro lavoro dei campi; un arcaico cavaliere col braccio alzato a brandire la spada; i due pavoni, uccelli paradisiaci, che si fronteggiano all’albero della vita; e poi ancora linee variamente ondulate e intrecciate, quasi vibrazione creatrice che pervade l’universo; motivi floreali; palmette; un serpente; un cane che si morde la coda – traccia di un’antica concezione ciclica del tempo? – e volti umani dallo sguardo perso nell’infinito. Teste leonine sul portale difendono l’ingresso, soglia tra profano e sacro, punto di confine e di passaggio fra Novembre 2008 Vandali, venne a predicare il Vangecontingente ed eterno. L’interno a tre navate, semplice, lo a Sovana, di cui è patrono. Sepolarmonioso, raccolto e solenne ad un to nell’isola del Giglio, i suoi resti tempo, è intriso di una luce soffusa vennero traslati a Sovana in età lonche si espande sotto le alte volte, evidenzia le crociere, fascia le colonne bicrome – quasi scale che uniscono la terra al cielo -, dà vita ai capitelli istoriati con figure bibliche: Adamo ed Eva, Abramo con Sara e AFacciata esterna della cattedrale romanica di Sovana gar, il sacrificio di Isacco interrotto dall’angelo, Mosè che se- gobarda o carolingia e sono oggi vepara le acque, Daniele nella fossa nerati nella cripta sotto il presbiterio dei leoni, e ancora i due uccelli che del duomo. Se la luce naturale risi abbeverano allo stesso calice – vi- manda a Dio, tanto più i credenti deta attiva e vita contemplativa alla vono riflettere e far brillare la luce di stessa fonte -, l’aquila, teste di vitel- Cristo davanti a tutti gli uomini (cfr lo, simboli arborei, palmette, rosette, LG 1). Franco Betteto spirali. “Dio è luce e in Lui non vi sono tenebre” (I Gv 1,5): l’enigma del mondo con gli elementi naturali e della condizione umana si apre nell’incontro con Dio; il “mistero taciuto per secoli eterni” (Rom 16,25) è svelato nel Cristo luce del mondo (cfr Gv 8,12), Colui per mezzo del quale e in vista del quale tutto è stato creato (cfr Col 1,16) e nella cui luce siamo chiamati a realizzare la nostra vita. E certo nella luce di Cristo visse S. Mamiliano: rifugiatosi nell’isola di Via Bignone 83 Montecristo verso la fine del V secoPinerolo (TO) lo per sfuggire alla persecuzione dei Tel. 0121.74521 Cronaca bianca Pag.8 Africa Cose dell’altro mondo Suor Ignazia Pia Le “avventure” qui in Africa non mancano mai, capitano anche senza andarsele a cercare. L’altro giorno, mentre tornavo dalla messa mattutina nel convento delle suore Elisabettine con il viceparroco, un uomo ci chiede un passaggio per sua moglie che sta per partorire. Li portiamo al vicino health-centre o dispensario. Lei si lamentava, ma con molto garbo e dignità. Arrivati lì, non vediamo anima viva. Padre Evaristo va a cercare le infermiere, io rimango con lei e il marito. Appena scesa dalla macchina, si accovaccia sul canale di scolo. Io le rimango vicino, pregando che le infermiere arrivino presto. Poi mi accorgo che la mamma sta già partorendo, la testa del bimbo è già fuori. Allora dico al padre: “Sta uscendo!”. Lui si accovaccia dietro alla moglie pronto per ricevere il bambino che nasce. In pochi minuti, così, nel modo più semplice, una nuova vita è arrivata. Le infermiere arrivano quando il bimbo è già fuori e piange. Armate di forbici, garze e guanti, tagliano il cordone ombelicale e fanno uscire la placenta. Poi portano la madre dentro il dispensario. Prima di ritornare a casa, faccio una corsa in reparto per vedere se è maschio o femmina. E’ femmina, grande e sana, il terzo figlio di una giovane mamma, che sa bene il “mestiere” di partorire. È successo così in fretta e semplicemente che mi sembra ancora un sogno. Pochi minuti di ritardo e ci partoriva in macchina! Oggi invece, su richiesta, sono andata con il parroco a portare la comunione ad una malata terminale di AIDS. La persona che aveva richiesto il parroco ci aveva assicurato che era battezzata e cresimata, ma che si era perso il certificato; aveva però bisogno di confessarsi. Sennonché, quando il padre le chiede se vuole confessarsi, lei dice: “Che vuol dire?”. Così, dopo altre due o tre domande, lui capisce che non è battezzata né tanto meno cresimata! Però ha espresso il desiderio del Battesimo. Allora abbiamo pregato insieme e promesso che torneremo (io o qualcun altro) settimanalmente per la catechesi “casalinga”. Claudia, missionaria della Consolata, Nairobi (Kenya) Suor Il concerto 46664 Per i 90 anni di Mandela Una grande festa rock davanti a 500 mila persone, con la partecipazione di star della musica mondiale, ha celebrato a Londra i 90 anni di Nelson Mandela, premio Nobel per la pace, leader della lotta all'apartheid, simbolo vivente della difesa dei diritti umani. Al “Concerto 46664” (il numero del carcerato Nelson Mandela) il leader ha pronunciato il seguente discorso. "Amici, grazie per essere qui questa sera e per l'aiuto che date alla nostra causa. E' un grande privilegio essere stato in grado di viaggiare qui per il mio 90° compleanno ed essere qui con tanti buoni amici. Grazie per il sostegno che date alla lotta contro il terribile flagello del HIV e dell'AIDS. Il mondo rimane devastato dalla sofferenza umana, dalla povertà e dall'indigenza. Sta a voi fare di questa terra un posto migliore per tutti, specialmente per i poveri, per chi è vulnerabile e per gli emarginati. Se guardiamo al passato vediamo tutti i progressi dell'umanità, ma vediamo anche tanti sbagli Nel nostro tempo parliamo della situazione in Palestina e in Israele, e quel conflitto continua ineasauribile. Ci eravamo mossi contro l'invasione dell'Iraq e avevamo osservato le terribili sofferenze di quel paese. Guardiamo con sofferenza la tragedia che si sta consumando in Darfur e al tragico fallimento della leadership del vicino Zimbabwe. E' in questo contesto che dobbiamo vedere la situazione di coloro che sono malati di HIV e AIDS. Ora tocca alle vostre generazioni liberare il Luglio 2008 mondo da queste sofferenze”. Novembre 2008 Il Bauman pensiero Il mondo drogato della vita a credito C'era un vecchio aneddoto su due agenti di commercio che giravano l'Africa per conto dei rispettivi calzaturifici. Il primo inviò in ditta questo messaggio: inutile spedire scarpe, qui tutti vanno scalzi. Il secondo scrisse: richiedo spedizione immediata di due milioni di paia di scarpe, tutti qui vanno scalzi. La storiella mirava ad esaltare l'intuito imprenditoriale aggressivo, criticando la filosofia prevalente all'epoca secondo cui il commercio rispondeva ai bisogni esistenti e l'offerta seguiva l'andamento della domanda. Nel giro di qualche decennio la filosofia imprenditoriale si è completamente capovolta. Gli agenti di commercio che la pensano come il primo rappresentante sono rarissimi, se ancora esistono. La filosofia imprenditoriale vigente ribadisce che il commercio ha l'obiettivo di impedire che si soddisfino i bisogni, deve creare altri bisogni che esigano di essere soddisfatti e identifica il compito dell'offerta col creare domanda. Questa tesi si applica a qualsiasi prodotto, venga esso dalle fabbriche o dalle società finanziarie. La suddetta filosofia imprenditoriale si applica anche ai prestiti: l'offerta di un prestito deve creare e ingigantire il bisogno di indebitarsi. L'introduzione delle carte di credito è stata un segno premonitore. Le carte di credito erano state lanciate sul mercato con uno slogan rivelatore e straordina- riamente seducente: "Perché aspettare per avere quello che vuoi?". Desideri una cosa ma non hai guadagnato abbastanza per pagarla? Beh, ai vecchi tempi, ora fortunatamente andati, si doveva procrastinare l'appagamento dei propri desideri: stringere la cinghia, negarsi altri diletti, essere prudenti e parchi nelle spese e depositare il denaro così racimolato su un libretto di risparmio nella speranza di riuscire, con la cura e la pazienza necessarie, ad accumularne abbastanza per poter realizzare i propri sogni. Grazie a Dio e al buon cuore delle banche non è più così! Con la carta di credito si può invertire l'ordine: prendi subito, paghi dopo. La carta di credito rende liberi di appagare i desideri a propria discrezione: avere le cose nel momento in cui le vuoi, non quando te le sei guadagnate e te le puoi permettere. Questa era la promessa, ma sotto c'era anche una nota in caratteri minuscoli, difficile da decifrare anche se facile da intuire in un momento di riflessione: quel perenne "dopo" ad un certo punto si trasformerà in "subito" e bisognerà ripagare il prestito. Il pagamento dei prestiti contratti per non aspettare e soddisfare subito i vecchi desideri, renderà difficilissimo soddisfarne di nuovi... Zygmunt Bauman, La Repubblica, 8 ottobre 2008 Fabrizio Mori Da professore di lingue morte a maestro di vita Fabrizio Mori venticinque anni fa trentacinque anni, lavora in una ditta tutti uguali. In perde l’unico figlio di dodici anni. Per di elettrotecnica, ma vive ancora al venticinque anni onorare la memoria del figlio e per podere perché non ha nessuno. Le Fabrizio ha fatto salvare se stesso, nel podere Gugliano regole del podere Gugliano sono sem- da padre a un cendi sua proprietà sulle colline senesi, plici: non aggredire, non dire parolac- tinaio di figli afonda il Centro Lorenzo Mori dove ce, essere solidali, dare fiducia. Tutti dottivi. Oggi ha in accoglie in affido i bambini senza fa- fanno tutto. La televisione si spegne affido nove ragazmiglia. Sono ragazzi difficili mandati alle 21,30. Gugliano è una grande fa- zi dai sei ai diciotto anni. dal tribunale dei minori. Il primo ra- miglia dove i figli sono tutti diversi e Simona Bruera gazzo a cui FabriFinestra per il Medio Oriente zio fa da padre si chiama Luigino. Sempre vissuto in Le lettere di Don Andrea Santoro - 9 manicomio, epilettico e autistico, Carissimi, lunedì 10 settembre, dopo nella terra degli apostoli e della Chiesa. Abbiamo Luigino aveva dei una breve pausa di vacanza, sono par- "pellegrinato" quindici giorni tra gli incantevoli momenti in cui etito di nuovo per Urfa-Harran. Ieri sera spettacoli naturali di questa terra, tra le memorie splodeva in una con i giovani al vespro pregavamo: ricchissime degli apostoli e della Chiesa antica, furia incontrollabi- Don Andrea «Dona alle stanche membra la gioia tra la realtà dura ma ugualmente ricca della Chiele, picchiava e tiradel riposo / e nel sonno rimargina le sa di oggi, tra il presente e il passato del popolo va calci. Per cal- ferite dell'anima. / Se le tenebre scendono sulla turco con le sue luci vive, i suoi problemi, i suoi marlo Fabrizio lo città degli uomini / non si spenga la fede nel cuo- travagli, le sue potenzialità, le sue ferite, le sue abbracciava, gli re dei credenti». Leggevamo anche, nell'antifona ombre. Abbiamo toccato e respirato la sua fede sussurrava parole di compieta: «Tu sei la mia difesa e il mio rifugio semplice e convinta che permea ogni aspetto della dolci, lo riempiva Signore», e in un versetto del salmo 61: «Solo in vita, ma che è esposta, come da noi, ai pericoli di baci e carezze. Dio riposa l'anima mia, da Lui la mia salvezza». dell'esteriorità, del benessere materiale, di un senOra Luigino ha San Pietro infine nella lettura breve diceva: so di superiorità che porta più al giudizio sugli Perché vado in Turchia «Gettate in Dio ogni vostra preoccupazione, perché egli ha cura di voi». Con questi sentimenti anche io affronto il normale scorrere dell'anno che si prepara dopo l'estate. Un anno che verrà come Dio me lo donerà. Auguro anche a voi (e per questo prego) che lo prendiate come Dio ve lo darà e che diate tutti voi stessi in ciò che vi chiederà, superando la sensazione di debolezza con la certezza che chi semina col Signore, col Signore a suo tempo raccoglierà. Cosa è accaduto nell'estate. Anzitutto la venuta di sette giovani in pellegrinaggio qui in Turchia, altri che al dialogo. Con noi si è fermata quattro giorni una ragazza turca da appena qualche anno cristiana. Noi abbiamo potuto vedere più da vicino cosa opera la grazia di Dio quando produce in un'anima la conoscenza di Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore e la conoscenza di sé come Figlio di Dio. Lei ha potuto vedere più da vicino dei cristiani di vecchia data: come pregano, come mettono tutto in comune, come scherzano, come cercano di coniugare vita e fede, come si interrogano, come lei, sulla chiamata di Dio. Da Lettere dalla Turchia, Città Nuova, 2006 (Estratto) Religione&Scuola Pag.9 CINEFORUM Film per la catechesi e l’irc Juno Regia di Jason Reitman (2008) Novembre 2008 Dal giornale degli studenti del Liceo “Porporato” di Pinerolo Le tre grandi sfide ambientali del XXI secolo Il cambiamento climatico, la fine del petrolio, la gestione dei rifiuti Secondo gli esperti dell’ambiente Un'adolescente incinta va alla ripare che siano 3 le grandi sfide amcerca di possibili genitori per suo bientali: il cambiamento climatico; il figlio. Peak oil, il punto massimo nella proJuno, sicura duzione e consumo del petrolio; la di sé e dalla gestione dei rifiuti. lingua affiIl cambiamento climatico lata, riesce L’effetto serra è un fenomeno naad avere il turale che permette la vita sulla terra. controllo Diversi gas formano una “barriera” della situaattorno alla terra che permette di tratzione una tenere il calore del sole. Questo pervolta che mette di avere sulla terra una tempescopre di ratura media di +15° C. Senza si aessere rimasta incinta di un suo vrebbe -18° C e la vita sarebbe coetaneo. Tutte le questioni trattate impossibile. (l'amore, il matrimonio, la libertà) Il nostro modo di vita produce più sono sollevate e mai giudicate. Sogas di quelli che la terra può riciclaspesa tra le ingenuità dell'adolere: di qui il riscaldamento scenza e le responsabilità dell'esse“addizionale “ della terra. re adulti, Juno trova una via per I gas a effetto serra (GES) sono: uscire da una situazione davvero CO2 = gaz carbonique: combustione complicata. La sceneggiatura si energie fossili (carbone, petrolio, caratterizza per un linguaggio molgas) e industria (fabbricazione del to vicino a quello che usano i racemento) gazzi di oggi. CH4 = metano: allevamento dei ruAlla notizia della dolce attesa, i minanti, coltura del riso, discariche genitori di Juno sfidano le convenzioni e gli stereotipi cinematografici assumendo un atteggiaMistero mento ironico e compito. Predi Enrico Ruggeri senti, ma non troppo, accomCon gli occhi bene aperti chiepagnano la ragazza nel tempo diamo un po' d'amore della gravidanza.. Allo stesso alla persona che vorremmo fare modo, la coppia, a cui la teen- rimanere ager vorrebbe affidare il bam- e ci facciamo male se la pressione sale bino, rivela di possedere molte poche parole ci precipita il morale giu' più crepe di quelle che il loro Cos’e' che ci trascina fuori dalla macchina status alto borghese impliche- cos'e' che ci fa stare sotto ad un portone. rebbe; particolarmente interes- Cosa ci prende cosa si fa quando si muore MISTERO sante la parte del marito di lei, davvero che invece di “diventare pa- Il gioco si fa duro e non si puo' dormire dre” pensa a rimanere sempre e non sappiamo piu' decidere se ripartire adolescente. Si apre una rifles- e batte forte il cuore anche per lo stupore sione sulla confusione genera- di non capire l'orizzonte che colore ha zionale che c’è nel mondo Cos'e' che ci cattura e tutto ci moltiplica cos'e' che nella notte fa telefonare d’oggi (padri bambini, adolequando si chiede quanto si da' scenti madri..). quando si ama davvero MISTERO La pellicola trova il proprio Abbiamo gia' rubato abbiamo gia' pagato equilibrio grazie anche a una ma non sappiamo dire quello che sarebbe stato serie di ma pace non ne abbiamo e l e nemmeno lo vogliamo La gente ama... menti nemmeno il tempo di capire di con- «La gente ama ciò che essa crede che ci siamo gia' t o r n o . l’aiuti a continuare la propria esi- Cos'e' che ancora ci fa vivere Il look stenza e a diventare più pienamen- le favole chi sono quelli della foto da di Ju- te se stessa» Spinoza tenere. no, Cosa si cerca quando si da' quando si ama le candide musiche di sotdavvero MISTERO tofondo e le ambientazioni Sarai sincera dimmelo, dimmelo? cariche di colori e di Sarai sincero? vita contribuiscono a Il breve mestiere di vivere e' il solo mistero raggiungere una buona che c'e' coerenza; lo stile dipende solo da te prendere la mano è facile “leggero” con cui si af- la verita' che la vita ti da' frontano le situazioni non e' una fredda carezza nel silenzio che c'e' facili della storia, non Cos'e' che ci trascina fuori dalla macchina impediscono una seria cos'e' che ci fa stare sotto ad un portone ripresa nella discussione cosa ci prende cosa si fa quando si muore davvero MISTERO in classe con i ragazzi. Walter Gambarotto Quando si chiede quanto si da' / quando si ama davvero MISTERO, MISTERO di rifiuti, sfruttamento petrolifero e del gas N20 = protossido d’azoto. Concimi azotati e processi chimici SF6 = esafluoruro di zolfo: utilizzato nell’isolamento elettrico HFC = hydrofluorocarburi: gas delle bombole aereosol, gas refrigeranti, componenti di computer PFC = idrocarburi perfluorati: emessi nella fabbricazione dell’alluminio Il Peak oil – la punta massima nella produzione e consumo di petrolio La punta massima nella produzione mondiale di petrolio presenta per il mondo un rischio di governabilità senza precedenti. Man mano che questa punta si avvicina, il prezzo della benzina e del petrolio potrà ingenerare dei costi economici, sociali e politici insostenibili. La gestione dei rifiuti Ogni anno negli Stati della CEE vengono prodotti circa due miliardi di tonnellate di rifiuti, anche particolarmente pericolosi , e questa cifra è i n c o nt i n u o aumento. Lo stoccaggio di questi rifiuti non è una soluzione sostenibile e la loro distruzione non è soddisfacente a causa delle emissioni prodotte e dei residui altamente inquinanti. La migliore soluzione rimane quella di evitare di produrre rifiuti e, quando esistono soluzioni ecologicamente ed economicamente sostenibili in tal senso, procedere al riciclaggio delle varie componenti dei prodotti. (documento UE) Gloria 5 A Ginn Onda d’urto, ottobre 2008 MTV Switch - Heaven Salvate voi stessi e la terra: ve lo dice Gesù! Anche MTV, la tv dei giovani, si è mobilitata con una serie di spot per difendere l’ambiente. Con una campagna provocatoria per uno dei temi più caldi del momento, il riscaldamento globale. MTV Switch è arrivata a reclutare addirittura la Heaven Divine Corporation (Il Paradiso, l’Azienda Divina) e il suo principale testimonial, Gesù, per sensibilizzare l’opinione pubblica con alcuni semplici consigli per salvare se stessi e il pianeta dal riscaldamento globale e conquistarsi magari un piccolo spazio nei suoi “verdi pascoli”. Ecco la scheda della campagna pubblicitaria Titolo: MTV Switch - Heaven Soggetto: Paradise Rete TV: MTV Messico Anno: 2007 Ambito tematico: ambiente Tema: riscaldamento globale Obiettivi: sensibilizzare l’opinione pubblica, dare alcuni semplici consigli per combattere il riscaldamento globale. Descrizione della campagna: provocatoria campagna sul tema del riscaldamento globale Gesù è il testimonial d’eccezione di un’azienda molto particolare: la Heaven Divine Corporation, impegnata nella promozione di uno stile di vita più attento alle problematiche ecologiche e ambientali con l’iniziativa “A Campaign from Heaven for the Salvation of Earth”. Lo spot “Paradise”, con il tono ironico e dissacrante che contraddistingue questa campagna, suggerisce che le bellezze naturali fanno della Terra un vero paradiso e per questo vanno preservate. Video: www. mtvswitch.org/? id_video=84 Note: gli altri soggetti della campagna sono “Walking Over the Sea”, in cui Gesù illustra gli effetti dell’innalzamento degli oceani; “Task”, in cui mostra come ridurre il consumo di energia domestico con piccoli accorgimenti e come contribuire alla pulizia del pianeta con la raccolta differenziata; “Earth’s Face”, in cui mostra come ridurre l’inquinamento utilizzando i mezzi pubblici, condividendo i tragitti in auto con i colleghi e scegliendo automobili meno inquinanti; “Save Yourselves”, in cui spiega come ridurre il consumo di elettricità in casa. Tutti i video oltre che su mtvswitch. org sono reperibili su youtube Silvia G.C. 4AL Onda d’urto, ottobre 2008 In diocesi Pag.10 Novembre 2008 Convegno di studi per il cinquecentenario di fondazione, di arte e devozione popolare I 500 anni di storia del monastero del Colletto di Pinerolo Costruito dai carmelitani alla fine del XV secolo, vi risiedettero fino al 1797. È stato meta di pellegrinaggio Sabato 27 settembre, presso la chiesa del Colletto, in occasione dei 500 anni della fondazione del santuario, si è tenuto un interessante convegno di studi. La manifestazione si è svolta alla presenza delle autorità: il Presidente della Comunità Montana Pinerolese Pedemontano M. Mauro, il vescovo di Pinerolo P. Debernardi, il Sindaco di Pinerolo P. Covato, il Sindaco di Roletto M. Tiranti e dell’Assessore alla Cultura della Regione Piemonte G. Oliva. I lavori sono stati introdotti dal rettore del Colletto don L. Rivoiro e presieduti dal prof. Grado Merlo (Università di Milano), e hanno visto interventi di alto livello: P. Merlin dell’Università di Cagliari ha illustrato il ruolo di Pinerolo e del Piemonte nell’equilibrio europeo fra cinque e settecento, G. Comino della Società storica per gli Studi storici, artistici e archeologici della Provincia di Cuneo ha approfondito la storia della presenza carmelitana nel basso Piemonte, mentre F. Meyer dell’Université de Chambéry ha parlato della presenza car- panorama religioso del Pinerolese, mettendo in luce i suoi rapporti con le autorità ecclesiastiche ed il clero locale (C. Povero – Liceo “G. F. Porporato”). Nell’ultima parte del convegno le relazioni hanno preso in considerazione il ricco patrimonio artistico del santuario (B. Cilento – Soprintendenza dei beni artistici e demoantropologici del Piemonte), con particolare attenzione agli affreschi del Quattro e Cinquecento (M.Fratini – Società di Studi Valdesi di Torre Pellice) ed al dittico del pittore Bartolomeo Caravoglia (D. Comino – storico dell’arte). I carmelitani calzati ottennero il permesso di costruire il loro convento nel 1493 dal vescovo di Torino Domenico Della Rovere, che acconsentì alla richiesta del padre De Reclusiis, provinciale della Lombardia e cittadino di Asti e del conte Francesco di Savoia Racconigi, feudatario di Frossasco. La chiesa era nota per la devozione alla Beata Vergine del Carmelo, venerata nel corso dei secoli da un gran numero di pellegrini. A partire dalla fine del XV secolo essa fu residenza dei carmelitani fino al 1797, quando avvenne la soppressione. Negli ultimi anni il Colletto è diventato un fecondo “cantiere di ricerca e sperimentazione” per l’arte, la musica e la storia. La sua ricchezza attende oggi di essere comunicata al pubblico attraverso pubblicazioni scientifiche e grazie ai restauri che saranno in grado di valorizzare i suoi tesori. Chiara Povero melitana in Savoia. Dopo queste prime relazioni, che sono servite ad inquadrare il panorama storico di riferimento, le relazioni si sono occupate di definire il ruolo del Santuario del Colletto e dei frati carmelitani in uno spazio di frontiera come Musica e spiritualità quello Pinerolese (A. Raviola Marco Frisina: la musica Università di Torino), defineni caratteri di “santuario e i richiami alla sacralità done dinastico mancato e di santuario di Joram Gabbio civico contrastato” (Paolo CozIn occasione della festa di santa Cecilia zo - Università di Torino). Inteci soffermiamo su una figura di musicista ressanti spunti sono venuti dallo dal carisma indiscusso e dalla fama sempre studio delle relazioni tra la nopiù ampia, non solo nell’ambito religioso. biltà piemontese ed i frati carMarco Frisina, sacerdote dal 1982 e di- melitani del Colletto (A. Merlotplomato in composizione al Conservatorio ti – Reggia di Venaria) e di romano di Santa Cecilia, appunto, a partire quelle fra il santuario ed i milidal 1984 ha costruito un coro ormai affer- tari che trovarono rifugio tra le mato e quotato grazie alla prestigiosa espe- sue mura (P. Bianchi - Universirienza ventennale. Il coro fondato da Frisi- tà della Valle d’Aosta). Inoltre il na divenne in seguito coro della diocesi di santuario è stato collocato nel Roma, e con i suoi 250 elementi è presente alle più importanti celebrazioni diocesane e non. Divenuto Maestro Direttore della La lettera del vescovo Debernardi Pontificia Cappella Musicale Lateranense e Rettore della Basilica di S. Maria in MonLa Giornata per la salvaguardia del Creato tesanto, ogni settimana presiede la Messa Sta ormai entrando nei calenda- Tuttavia sono unito a voi nella degli artisti: Dio che ha pensato e creato la bellezza gioisce per ogni manifestazione ri pastorali delle diocesi italiane preghiera e nel sostenere ogni artistica e se ne incanta. sforzo che tende a coscientizzare la "Giornata per la salvaguardia Oltre alle innumerevoli partiture di caratle nostre comunità perché realizdel creato". tere liturgico e religioso, Frisina da anni zino condizioni sostenibili di vita Davanti a Dio Creatore che ha scrive partiture per sceneggiati televisivi, per l'intero creato, evitando una fatto buone e belle tutte le realtà non solo di carattere religioso: “Tristano e produzione di rifiuti che superano esistenti, noi dobbiamo restare in Isotta”, “Michele Strogoff”, “Papa Giovanatteggiamento di stupore. Tutto ci di gran lunga le capacità di rinnoni”, “Giovanni Paolo II”, “Edda Ciano”, è stato affidato come dono. Il cre- vamento della Terra. “Callas e Onassis”, “Pompei”, “Chiara e Sono convinto che attraverso i ato è come un libro aperto: "I cieFrancesco” e “Puccini” portano tutti la sua li narrano la gloria di Dio, e l'ope- messaggi che riusciremo ad offrifirma. A testimonianza di una poliedricità straordinaria, e di una cultura poderosa re crescerà una cultura, un impera delle sue mani annunzia il fir(proviene dall’università “La Sapienza”, gno etico, nuovi stili di vita permamento. Il giorno al giorno ne facoltà di lettere) nello scorso anno, monsiaffida il messaggio e la notte alla sonale e comunitaria per la salvagnor Frisina s’è cimentato con un’opera notte ne trasmette notizia" (Salmo 18) guardia del creato, espressione unica e pionieristica nel suo genere: la ridell'amore divino. Il libro della Sapienza ci invita scrittura in chiave musicale della Commea "conoscere dalla grandezza e Pier Giorgio Debernardi dia dantesca. Pinerolo, 11.10.2008 bellezza delle creature per analoOrmai è un marchio di fabbrica la musigia l'Autore" (Sap. 13,5; cf. calità ariosa, ampia ed imponente che conRom 1/20). traddistingue le composizioni del maestro Sono contento che anche romano, riconoscibili per l’incedere maenella nostra diocesi si prostoso e solenne, e capaci di comunicare anche ad orecchi profani il senso del sacro; muova questa Giornata, che l’impegno in composizioni non strettamenha come valore aggiunto di te liturgiche, ma destinate a generi vari, essere celebrata in forma rende la personalità di Frisina di massimo ecumenica. Non posso essespicco ed interesse per credenti e non. JG re presente all'incontro. . Passinpiazza Gandhi ha predicato invano? 1555: la pace di Augusta concede in Germania la libertà di professare la propria religione, purchè sia quella della regione in cui si abita. 1598: Enrico IV riconosce con l’editto di Nantes agli Ugonotti libertà di coscienza e di culto e piena parità di diritti civili (salvo a Parigi e dintorni). Tappe importanti sul cammino della libertà religiosa in momenti in cui la sua affermazione pareva poter porre termine a fenomeni di violenza insostenibile. Ma il concetto di libertà religiosa viene messo costantemente in discussione e asservito ai più biechi interessi economico-politici. Chiese incendiate, villaggi distrutti, gente terrorizzata in fuga o rifugiata in campi profughi, sono immagini che riempiono non solo i libri di storia, ma le pagine dei nostri giornali e i notiziari televisivi. I cristiani dell’Orissa e di altri cinque stati dell’India sono ormai da mesi vittime dei fondamentalismi indù; anche se ”parlare di fondamentalismi indù è una contraddizione in termini”, nota lo scrittore Shashi Tharoor. Si sa, il fondamentalismo si nutre del disagio sociale (come sostengono Enzo Bianchi e Gilles Kapel nel vol.”Dentro il fondamentalismo”), abita nel degrado della vita politica, che fa di esso uno strumento per spregevoli progetti, che riesce ad introdurre l’odio anche in una religione aperta e tollerante come l’Induismo, per di più in un paese retto da una democrazia parlamentare che ha grandi speranze di affermazione nello scenario internazionale. Ma la chiesa cattolica predica l’uguaglianza, che in India significa abolizione delle caste, parità tra uomo e donna, uguali opportunità per le nuove generazioni, e per questo si presenta come forza destabilizzante per l’ordine sociale e di potere. Il 5 settembre in tutta Italia si è pregato e digiunato in segno di solidarietà per i cristiani dell’India: proprio il giorno in cui si ricorda l’undicesimo anniversario della morte di Madre Teresa di Calcutta. Episodio abbastanza isolato. È stata infatti sottolineata da più parti una certa indifferenza almeno iniziale nei confronti di questi atti di violenza che lasciano impuniti i colpevoli e quasi semplice spettatrice la comunità internazionale. Il 2 ottobre, nella cittadella della Pace della Rondine, sui colli di Arezzo, in una conferenza in esclusiva per l’Italia Arun Gandhi, nipote e studioso dell’opera del grande nonno, di cui si festeggia proprio in questo giorno il compleanno e la Giornata mondiale della non violenza, ha affermato: “…la violenza non è solo assenza di guerra…l’albero genealogico della violenza ha un ramo della violenza attiva e uno di quella passiva. Al primo appartiene l’uso della forza… al secondo discriminazione, spreco di risorse, disinteresse verso il prossimo, l’avidità… Per prevenire la violenza fisica bisogna tagliare il ramo della violenza passiva…” Maria Teresa Maloberti In diocesi Pag.11 Il quindicesimo verale “Unità e Profili scovo di Pinerolo, ed diversità nella I vescovi di Pinerolo - 15 unico originario della C h i e sa -c o m u diocesi, è mons. Massinione” del 1975: la comunione mo Giustetti, nato a Riva di Pinerolo il 28/02/1926, prete nel 195- esige la virtù dell’amore reciproco, da cui dipendono la forza e l’unità della Chiesa e 0, laureato in Teologia, fecondo autore di spiritualità ancorata alla Parola di Dio. Cano- che pertanto va salvaguardata in ogni circostanza; la comunione esige incontro e dialonico teologo della Cattedrale di S. Donato, go, capacità di ascoltare prima di parlare; la ricopre incarichi nell’Azione Cattolica a livello diocesano e nazionale; nel 1966 è dele- comunione deve aprirsi ai problemi degli uomini, evitando sia lo spiritualismo disingato vescovile per la formazione del clero, carnato sia l’orizzontalismo nel 1968 provicario generale e temporalistico. Fatte salve le vicedirettore dell’Istituto Pieesigenze dell’unità dottrinamontese di Teologia Pastorale. le – per cui ad esempio la geNel 1971 è vicario episcopale rarchia delle verità non legittiper l’ecumenismo, il 20/05/1972 ma la rinuncia ad alcuna di vicario capitolare di Pinerolo esse – e pastorale – vi sono per il trasferimento di mons. direttive da ritenere vincolanQuadri a Terni. Consacrato veti -, la diversità non ostacola scovo in S. Donato dal card. l’unità, ma in questa, che è per Pellegrino il 27/08/1972, regge la Chiesa dono costitutivo, è la diocesi fino al 21/03/1974. L’episcopato di mons. Giustetti Mons. Massimo Giustetti chiamata a riconciliarsi: è segnato dalla preoccupazione per la forma- “Siamo eredi di una teologia e di una prassi unitarie che rendono oggi difficile zione del clero e del laicato, da molte visite l’accettazione di diversità e tensioni legittialle parrocchie – pur senza indire una visita pastorale canonica -, dalla convocazione del- me…L’unità non si cerca prescindendo dalle le assemblee previste dallo statuto del Consi- divergenze…Bisogna che sappiamo vivere nei contrasti. Ma bisogna anche chiaramente glio Pastorale allora vigente, dall’attenzione ai problemi del lavoro e dell’ecumenismo, in dire che occorre fare ogni sforzo per superare i conflitti…Condizione normale, normativa e continuità con l’impostazione pastorale di finale della vita della Chiesa è l’unità, non la mons. Quadri, nel travaglio culturale ed ecdivisione”. L’episcopato pinerolese di mons. clesiale di anni non privi di tensioni tra le componenti innovatrici e tradizionaliste della Giustetti si caratterizza anche per la brevità: diocesi, a livello sia di preti sia di laici, che si il 6/10/1975 è trasferito a Mondovì. Dal 1986 traducono anche in contrapposizione politica. è vescovo di Biella. Nel 2001 rassegna La sollecitudine del Vescovo per la chiesa l’incarico per raggiunti limiti di età. Vive pinerolese in relazione ai problemi del mo- attualmente a Muzzano, ancora nella diocesi mento è ben testimoniata dalla Lettera Pasto- di Biella. Franco Betteto Mons. Massimo Giustetti Aneddoti e leggende del Pinerolese Tutti i saraceni delle nostre valli Tra i cosiddetti extracomunitari che compaiono sempre più numerosi nel nostro territorio troviamo, come una delle presenze più significative, immigrati di stirpe araba e religione islamica. Si tratta perlopiù di povera gente, priva di qualsiasi intento aggressivo e solamente alla ricerca di una vita meno grama, che non manca, però, di evocare in tante contrade della penisola i fantasmi di loro antichi conterranei e correligionari decisi, con le buone o con le cattive, ad impossessarsi delle nostre terre e dei nostri beni. Per quanto riguarda le Alpi Cozie, occorre riandare, con la memoria di antiche cronache, agli inizi del X secolo. E ripercorrere con la mente quegli itinerari delle nostre valli, che documenti, leggende e toponomastica raccontano essere stati frequentati dai feroci saraceni. Provenienti dalla vicina Provenza, dove si erano insediati in buon gruppo presso Saint Tro- pez, nel cosiddetto Frassineto (espressione araba indicante “luogo fortifi- cato”), avevano successivamente fatto ripetute incursioni in Piemonte, impadronendosi dei principali passi alpini, tanto da assalire e depredare, nel 921, dei pellegrini inglesi in transito per il Moncenisio e farne strage di altri, nello stesso luogo, due anni dopo. Nel frattempo, si erano impadroniti dell’abbazia della Novalesa, mettendone in fuga i monaci e distruggendola. Di lì penetrarono in val Chisone. Se ne trovano significative tracce nella toponomastica locale: il monte del Beth, in val Troncea, osservando che la voce Bet, in arabo, significa rifugio o casa; el Rif, borgata di Pragelato, con evidente richiamo al Rif marocchino e, a quanto pare, col significato arabo di campagna; Fraisse d’Usseaux, il “frassineto” della val Chisone; Porta Sarasina (m. 2200), sopra Perosa; Rocca Morel, all’inverso di Meano; la Rocca del Moro, sopra S. Germano, di fronte a Pramollo. In quel di Pragelato, graziose canzoni popolari d’un tempo accennavano ripetutamente alla figura del vecchio “sarasin”. Non mancano, poi, le leggende saracene. Si racconta che l’antica chiesa di S.Nicolao di Pomaretto sia stata distrutta proprio nel corso di una scorreria saracena, con uccisione di tutti i monaci dell’annesso cenobio. E c’è chi è pronto a giurare di aver sentito, la notte di S. Nicola, un vago rumor di campane provenire da sottoterra e di aver intravisto ombre di frati circolar salmodianti attorno al terreno sacro dell’antica chiesa. Ma il più forte richiamo alla presenza saracena in val Chisone è dato dalla leggenda delle origini di Bourcet, (segue a pag.12) Novembre 2008 La cattedrale segno della comunità Ricorre quest’anno il quinto centenario della dedicazione, avvenuta il 24 agosto 1508, della chiesa di San Donato, divenuta nel 1748 la nostra Cattedrale. È una data importante e significativa, perché la Cattedrale è la “chiesa madre” di tutta la Diocesi e ha una valenza simbolica, piena di bellezza. Infatti, è segno della comunità dei credenti che in essa si raduna e ciò deve suscitare in noi la fierezza di appartenere a questa nostra Chiesa locale “nella quale è presente e opera la Chiesa di Cristo, una, santa, cattolica e apostolica”; alla fierezza si unisce l’apertura del nostro cuore all’affetto e alla riconoscenza per la Chiesa, nella quale abbiamo ricevuto nel battesimo il dono della fede in compagnia di tanti fratelli e sorelle. Fin dall’inizio di questa lettera, mi piace ricordare la figura di santa Teresa di Lisieux, giovanissima monaca carmelitana e dottore della Chiesa, che andava fiera di chiamarsi e di essere “figlia della Chiesa” e s’interrogava su quale posto e quale servizio doveva svolgere in essa. […] Penso anche alle parole di san Francesco di Sales scritte nella prefazione del suo capolavoro, il Trattato dell’amore di Dio: “Nella santa Chiesa tutto appartiene all’amore, vive nell’amore, si fa per amore e viene dall’amore”. Se l’amore è la vita della Chiesa, comprendiamo come in essa nessuno è un’isola, ma tutti siamo legati gli uni agli altri da vincoli profondi – invisibili, ma reali – generati dalla medesima fede, speranza e carità: siamo comunione di santi, in cammino verso l’eternità. Dobbiamo dunque coltivare il senso di appartenenza e di responsabilità. L’appartenenza ci fa sentire radicati nella comunità; la responsabilità ci impegna ad assumere compiti, servizi e ministeri, secondo le capacità e i doni che il Signore ci ha concesso. Pier Giorgio Debernardi, vescovo Dalla lettera pastorale 2008 “Voi siete tempio di Dio. Voi siete corpo di Cristo” Spiritualità claustrale Voi siete dèi Rileggendo quel capolavoro di parabola: “Il figlio prodigo”, pronunciata dalle labbra di Gesù: dopo aver ammirato la grandezza d’animo di quel padre che rispetta la libertà del figlio, l’amore con cui lo segue, l’attesa di un eventuale ritorno, la premura con la quale lo accoglie e riabilita… trovo stupende le parole rivolte al figlio maggiore: “ Figlio, tu sei sempre con me e quello che è mio è tuo”. Parole che ci toccano da vicino. Quel che Dio è in se stesso, cioè Bene infinito, Egli vuole condividerlo con noi, infatti, da semplici creature quali siamo, ci ha resi suoi figli. Consolante è pensare che un figlio porti in sé qualche somiglianza del padre: tali siamo noi. Sì, figli, membri di una stessa famiglia come ci dice S. Paolo nella lettera agli Efesini: “ Voi siete concittadini dei santi e famigliari di Dio”. Riflettere su questa realtà consola ed entusiasma. La parola ispi- rata “Io ho detto: voi siete dèi, siete tutti figli dell’Altissimo” (Sl 81) dichiara, appunto, la nostra partecipazione alla vita di Dio ricevuta per “puro dono” del nostro Padre celeste. Gesù, in disputa con i Giudei, riprende questa affermazione e aggiunge: ”E la Scrittura non può essere annullata” (Gv 10,35). Affermazione ben diversa da quella insinuata dal nemico “Sarete come Dio”, opponendovi al suo comando. Illusione, dunque, il volerci elevare da noi stessi, usurpando ciò che appartiene a Lui. Noi siamo simili a Lui solo aprendoci al suo dono. Accogliere e custodire questo immenso dono è quanto ci è chiesto. E quand’anche non avessimo nessun altro bene, non dovremmo sentirci comunque realizzati e felici in attesa della gioia piena quando lo vedremo “faccia a faccia”?. Suore Visitandine Monastero della Visitazione, Pinerolo [email protected] Ogni 18 dicembre si celebra 18 dicembre e le libertà dei migranti. È la giornata internazionale un’opportunità per riconoper i migranti istituita dall’ONU. scere anche il contributo che milioni Per celebrare questa giornata le Na- di immigrati danno alle economie e zioni Unite invitano gli Stati e le al benessere dei paesi sia ospiti che organizzazioni governative a diffon- di origine e di promuovere il rispetto dere le informazioni sui diritti umani dei loro diritti umani fondamentali. Parrocchie Pag.12 Un’antica iscrizione presso la chiesa di Roletto Giovanni Battista Meyranesio, parroco di Roletto .Nella chiesa parrocchiale di Roletto c'è un’iscrizione sulla parete della navata laterale sinistra, ormai quasi illeggibile, che ricorda un parroco del ‘700, Giovanni Battista Meyranesio. Il testo in latino suona così: Adm. Rev. D. Joannem Baptistam Meyranesium a Petra Portio fidelem servum et prudentem super Roletti familiam a Domino XLII annis: constitutum e vivis die XXIX novembris MDCCLXIII ereptum eiusdem loci communitas amare deflebat (in italiano: La Comunità di Roletto piangeva a calde lacrime il M. Rev. Don Giovanni Battista Meyranesio, servo fedele e prudente posto dal Signore per 42 anni a guida di questa famiglia. Strappato da questa terra il 29 novembre 1763). Chi era questo prevosto che ha retto la parrocchia dì Roletto dal 1722 al 1763? Giovanni Battista Meyranesìo era Poesie Non c’è segreto di Pasqualino Ricossa Come sigillo a custodir inutili segreti, il tuo ermetico silenzio. Quale fragore d’onde che si infrangon sulla scogliera, incalzano a frotte pensieri di interiorità a rivelare impudico ogni tuo segreto. Inutile fare argine. Dopo l’uragano, relitti sparsi sull’umida sabbia. Sgretolato il castello dei tuoi fantasmi, rimani spoglio a vergognarti della tua nudità. Pasqualino Ricossa nato a Pietraporzio nella valle della Stura di Demonte nelle montagne cuneesi. Non ci stupisce il fatto che un cuneese fosse parroco a Roletto. Parrocchia di Roletto Negli stessi anni anche il pievano dì Frossasco don Stefano Belmondo proveniva da Pietraporzio. In quel tempo le valli di Cuneo appartenevano all’arcidiocesi dì Torino come pure la parrocchia di Roletto. Solo nel 1817 fu eretta la diocesi di Cuneo e nello stesso anno Roletto con Frossasco e Cantalupa passarono ad ingrandire la diocesi di Pinerolo. Nel 1722 don Meyranesio diventò prevosto di Roletto superando nel concorso canonico ben 17 concorrenti a questa parrocchia. Aveva appena 30 anni di età e si dedicò con slancio giovanile al ministero parrocchiale che esercitò per quasi 42 anni. Nel 1729 compilò lo "Stato d'anime" dei parrocchiani di Roletto, il più antico conservato nell'archivio parrocchiale. Iniziò nel 1731 Questo giornale è inviato gratuitamente. Chi vuole contribuire alle spese di stampa può utilizzare il bollettino allegato, indicato in ultima pagina. Grazie!! il Libro dei conti della Cappella di Roncaglia e nel 1740 il Libro dei conti della cappella di San Lazzaro. Per difendere i diritti della Parrocchia circa il pagamento delle decime intraprese due cause; una contro la famiglia Rivetti Bertea che si rìsolse in due anni (1724-1725); l'altra contro i Carmelitani del Colletto che si protrasse per venti anni (1724-1744). Nel 1731 la parrocchia di Roletto ebbe la vìsita pastorale dell'arcivescovo di Torino card. Rotario che risolse i problemi insorti intorno alla sepolture. Lo stesso cardinale nel 1746 autorizzava il parroco a benedire due nuove campane. Ma i parrocchiani alla sua morte, avvenuta il 29 novembre 1763, ricordavano soprattutto con rimpianto il suo lungo servizio pastorale, compiuto con fedeltà e prudenza, come un dono del Signore alla parrocchia di Roletto e lo vollero seppellire in chiesa davanti all'altare della Madonna. Uomo di cultura, scriveva in perfetto latino e fu scelto come esaminatore sinodale. Oratore ricercato, predicò il 13 febbraio nella chiesa della Visitazione di Pinerolo, dove è ricordato nelle memorie del convento come "ecclesiastico molto eloquente e molto virtuoso che incantò il numeroso uditorio." Don Giuseppe Trombotto Tutti i saraceni…(segue da pag.11) che narra di tre briganti saraceni (c’è chi dice provenienti da Avignone) che, dopo la sconfitta subita dalle loro orde ad opera di re Arduino, stanco delle loro sanguinose incursioni, cercarono rifugio su per la montagna, risalendo un vallone inaccessibile e pericoloso, popolato com’era da lupi e da orsi, tanto che i soldati che li inseguivano dovettero fermarsi e rinunciare alla loro cattura. E lì i tre rimasero: per prudenza, dapprima; poi, per affezione al luogo, fatto di spaventosi dirupi e precipizi, ma anche di verdi e soleggiate praterie. Decisero, dunque, di trattenersi e di metter su famiglia. Anche se si rendeva necessaria, a questo punto, un’ultima scorreria. E, mentre scendevano a valle alla ricerca di tre belle ragazze, già fantasticavano scene di vita pacifica e agreste, una confortevole dimora e deschi attorniati da tanti piccoli rampolli, che (e gli occhi dei tre luccicavano per l’orgoglio) avrebbero portato i loro nomi: a noi pervenuti nella forma di Charrier, Faure e Talmon, ma originariamente preceduti, immaginiamo, da un immancabile “al”. Conclusione: se ogni leggenda ha un fondo di verità, considerata la diffusione nel pinerolese dei tre citati cognomi, gli arabi dalle nostre parti sono assai più numerosi di quanto ci facciano dire le recenti immigrazioni. Elena Furlan Novembre 2008 COSÌ SIA, COSÌ NON SIA Elogio dei ragazzi Frettolosi, superficiali, distratti, egoisti, disimpegnati, immaturi... Molto spesso i ragazzi si sentono rivolgere questi giudizi da genitori, insegnanti, sociologi, preti... Poi i ragazzi, tutti i ragazzi, diventano adulti e, di colpo, diventano calmi, profondi, attenti, altruisti, impegnati, maturi. Se qualche volta, da adulti, hanno fretta è perché hanno molte cose da fare; se qualche volta sono superficiali è perché non possono approfondire tutto; se qualche volta sono distratti è perché stanno pensando a problemi più seri; se qualche volta sono egoisti è perché hanno pur il diritto di dedicarsi ogni tanto a se stessi; se qualche volta sono disimpegnati è solo per una pausa di riflessione; se qualche volta sono immaturi è solo per un romantico ritorno all'infanzia. C'è qualcosa che non quadra: la fretta, la superficialità, la distrazione, l'egoismo, il disimpegno, l'immaturità da ragazzi sono una colpa, da adulti un diritto? E se invece fosse il contrario? Se invece la fretta e tutto il resto fossero un diritto dei ragazzi? Non come giustificazione dei loro atteggiamenti, ma come sfida lanciata agli adulti, come richiesta di confronto. La fretta può essere, così, ricerca dell’essenziale. La superficialità capacità di discernimento. La distrazione esigenza di chiarezza. L’egoismo scoperta della coscienza. Il disimpegno rifiuto del formalismo. L’immaturità invito alla purezza e alla semplicità. Genitori, educatori, sociologi, preti... adulti, insomma: è opportuna una domanda. Come vogliamo questi ragazzi? Perfetti, ossequienti, da manuale? Puntuali e attenti nei luoghi che abbiamo costruito per loro? Per scoprire poi che "loro" hanno capito che scuole, oratori, camerette... sono ad uso della nostra tranquillità e vanno a sfogarsi altrove. O ci decidiamo a confrontare le nostre "evangeliche" virtù con la loro fretta e tutto il resto, oppure aspettiamo che diventino "adulti". Saranno, in fondo, semplicemente come noi. Da Così sia, così non sia, n.7, 2008, Parrocchia San Martino Torre Pellice Indiocesi.it, Periodico di Cultura religiosa dell’Ufficio Scuola Insegnanti di religione SMI/SMS della Diocesi di Pinerolo, Direttore responsabile Davide Aimonetto, Autorizzazione n. 1 del 10.01.2005 del Tribunale di Pinerolo. Redazione c/o Antonio Denanni, Via Goito 20, 10064 Pinerolo, 0121397226. [email protected] Editore “Alzani”, Via Grandi 5, Pinerolo. Abbonamento o sostegno: c/c postale n. 17814104, Tipografia Alzani, Via Grandi 5, 10064 Pinerolo (causale: Indiocesi)