FINKIELKRAUT ALAIN
ALAIN FINKIELKRAUT (Parigi, 1949) è considerato uno dei più grandi filosofi
contemporanei: autore di una dozzina di saggi, si distingue per le sue posizioni spesso
"scomode" e "anticonformiste". All'attività di saggista affianca l'insegnamento di Cultura
generale e Storia delle idee presso l'École Polytechnique; è fondatore del Centro di Studi
Levinassiani di Gerusalemme, ed è apprezzato conduttore di trasmissioni radiofoniche per
la rete France Culture.
Finkielkraut Alain
L'umanità perduta
Saggio sul XX secolo
LINDAU, 2009
Il XX secolo ha lasciato al nuovo millennio un'eredità tragica. La più radicale affermazione
di autonomia - di liberazione - dell'uomo che la storia abbia conosciuto, l'umanesimo figlio
della modernità, si è risolta nel suo esatto contrario, la riduzione in schiavitù e lo sterminio
di milioni di esseri umani sotto il Terzo Reich così come in Unione Sovietica e in Cina, in
Cambogia sotto il regime dei Khmer Rossi, in Ruanda e nel Darfur. Dopo che tutto questo
è avvenuto, l'idea di umanità non può più essere pensata innocentemente. Essa ha
bisogno di essere concepita in modo nuovo. Secondo Alain Finkielkraut è il compito del
nostro tempo, che, assumendolo, non deve però fraintenderne il significato profondo: né
una generica compassione né un astratto umanitarismo possono infatti riscattare davvero i
mali sofferti dagli uomini e dall'idea di umanità. Se l'uomo moderno continuerà a essere
dominato da quella disposizione affettiva che Hannah Arendt ha definito "risentimento" verso "tutto ciò che è dato, anche contro la propria esistenza", verso "il fatto che egli non è
il creatore dell'universo né di sé stesso", un risentimento che lo spinge a "non scorgere
alcun senso nel mondo quale gli si offre" e a proclamare che "tutto è permesso" -allora il
XX secolo, con il suo carico di dolore e di morte, sarà trascorso invano.
Finkielkraut Alain
Noi moderni
LINDAU, 2006
Le realtà nate dalla filosofia dell'uomo moderno sembrano prendersi lo strano gusto di
contraddire le ambizioni di questa filosofia, di trasformare le sue promesse in minacce...
Non vi è dubbio che regni la razionalità, ma è diventato difficile opporre i calcoli della
ragione alle tenebre della superstizione..., perché i processi scatenati dalla ragione non
sono ragionevoli.
Alain Finkielkraut, una delle menti più brillanti e discusse del panorama filosofico francese,
dichiara guerra al conformismo del nostro tempo. Una guerra contro i moderni, le loro
illusioni e i rischi mortali per l’umanità che esse rischiano di fomentare.
Si tratta di quattro lezioni del corso non «sulla filosofia» ma «sulla loro filosofia» che
Finkielkraut da anni destina agli studenti dell’École Polytechnique, la futura élite francese.
La prima lezione, sulla necessità di essere moderni, affronta il tema a partire dagli ultimi
scritti di Roland Barthes, dissidente clandestino della sua stessa dottrina in nome di
un’idea intima e scandalosa per un moderno: vivere il passato con nostalgia proustiana,
come un sopravvissuto al tempo che resiste alla volontà di liberarsene perché in balìa
degli affetti più cari, venuti a mancare. La seconda lezione è sulle due culture, l’umanistica
e la scientifica, separate oggi da un muro di antagonismo e diffidenza in virtù di due
opposte concezioni del tempo, del futuro, della realtà e della natura umana. Perché è la
natura umana a essere il vero cuore dell’indagine di Finkielkraut, un moralista con la
curiosità del quotidiano, un philosophe che ha mantenuto la sensibilità di un esteta e una
passione critica per lo Zeitgeist. La terza lezione è sul XX secolo. Parte da un interrogativo
epocale (Cos’è un secolo?), e attraverso la Bibbia, la lezione di Beda il Venerabile e
Auguste Comte, arriva a porsi la questione di un «mostro» storico, il ’900, il secolo della
tecnica e dello sterminio di massa, in nome di una religione secolare.
La quarta lezione, infine, è sul senso del limite: torna sul mito di Prometeo e di Victor
Hugo, affronta le tragedie di Eschilo e la figura dei Titani, per mostrare come la hybris, la
tracotanza degli antichi, sia divenuta per noi moderni il pane quotidiano, il paesaggio
comune entro il quale ci muoviamo e avanziamo.
Il libro dunque è un viaggio nel mondo d’oggi e nelle sue insidie, compiuto da un
metafisico dotato di modestia, che senza pretese di solennità si diverte a inanellare
citazioni di Jules Michelet e brani di Clausewitz, a mettere insieme Goethe e Arthur
Koestler per stimolare un corto circuito di idee quando avvicina la nostalgia proustiana di
Roland Barthes, guru pentito del radicalismo anni ’70, alla «bontà delle piccole cose»
descritta da Vassilij Grossman, un altro scrittore ebreo vittima del totalitarismo.
ZAMBRANO MARÍA
La filosofa MARÍA ZAMBRANO (Vélez Málaga 1904 - Madrid 1991) è stata una delle
grandi figure della scena intellettuale del XX secolo, pensatrice originale e profonda, tra le
prime donne spagnole a intraprendere la carriera universitaria. Fondò le riviste
«Castilla» (1917) e «Segovia» (1919) e partecipò alle attività della Federazione
Universitaria spagnola. Partecipò poi alla guerra civile e dopo l'ascesa di Franco fuggì con
il marito in Cile; dopo tre anni ritornò in patria, nel tentativo di offrire il suo contributo alla
morente repubblica, ma fu nuovamente costretta all'esilio a Parigi; ripartì poi per Messico,
Cuba, Porto Rico e ancora Cuba (L'Avana), dove vivrà fino al 1953, tranne una breve
parentesi parigina (1946-48) grazie alla quale conobbe Sartre, S. de Beuvoir ma
soprattutto Camus. Dopo un periodo a Roma (1953-64), si trasferì in Svizzera, dove
trascorse un lungo periodo di concentrazione e solitudine, per tornare definitivamente in
Spagna nel 1984, dove le sarebbe concesso nel 1988 il prestigioso Premio Cervantes,
attribuito per la prima volta a una donna e a una filosofa. Zambrano scrisse anche
un'opera teatrale, La tumba de Antígona (La tomba di Antigone), pubblicata in Messico nel
1967 ma concepita trent'anni prima a Barcellona, durante la guerra civile.
Zambrano María
L'agonia dell'Europa
MARSILIO, 2009
"Mentre abbiamo vissuto dentro l'Europa, su di essa, non ci siamo mai sentiti abbracciati
da quest'unità, da essa protetti, poiché eravamo impegnati in lotte particolari, in aspirazioni
superficiali perché basate sull'unità impercettibile". Così María Zambrano, negli anni
culminanti del secondo conflitto mondiale, rivolge uno sguardo personale, filosofico e lirico,
alle vicende del vecchio continente. Tra le macerie frutto dell'azione distruttrice, la filosofa
spagnola riflette sulle cause di un tale disastro e su quei fondamenti della civiltà
occidentale - il pensiero greco e il cristianesimo di Agostino - che fanno ben sperare sulle
possibilità dell'Europa di risorgere.
Le preziose testimonianze di María Zambrano qui raccolte forniscono numerosi spunti di
grande attualità per ripensare il nostro essere europei e per comprendere come può
venirci in soccorso la filosofia, "lo strumento che l'uomo ha forgiato quando ha deciso di
essere tale".
RIVA MARIA GLORIA
Suor MARIA GLORIA RIVA (Monza 1959) dopo gli studi artistici, ha lavorato nell’ambito
del disegno a fumetti per la casa editrice Universo e ha militato in una compagnia teatrale
dell’hinterland milanese. Entrata fra le Adoratrici Perpetue del SS. Sacramento nel 1984,
accanto alla sua passione per l’arte coltiva lo studio della sacra Scrittura (con una
particolare attenzione all’ebraico biblico e alla tradizione rabbinica), della patristica e della
spiritualità di Madre Maria Maddalena dell’Incarnazione, fondatrice dell’Ordine. Ha
partecipato alla fondazione di un gruppo laicale associato all’Istituto (la Comunità Rete di
luce) e propone, dal 1996, lezioni su Bibbia, arte e spiritualità, presenti sul sito www.Bethor.org. È tra i soci fondatori di Samizdatonline, un'associazione di siti cattolici. Ha fondato
con alcune consorelle una rivista («Nel Cuore del Lume») per diffondere la spiritualità di
Madre Maria Maddalena. Collabora con alcuni quotidiani e riviste e, in particolare, con il
sito www.culturacattolica.it.
Cavallari Fabio - Riva Maria Gloria
Mendicanti di bellezza
Un non credente e una monaca a confronto sulla vita
SAN PAOLO, 2009
I due autori, una monaca di clausura e un giornalista ateo, prendono le mosse dai dipinti di
noti artisti contemporanei per raccontarsi le loro storie e riflettere su di esse con uno
sguardo laico verso il cielo, l'eterno, l'assoluto. L'arte e la bellezza diventano così il terreno
di incontro per un dialogo possibile, alla ricerca della verità. Un libro illustrato, di grande
effetto, con le riproduzioni a colori di celebri capolavori dell'arte. In appendice una sezione
biografica sugli artisti citati: Bak, Boccioni, Bosch, Bruegel, Casorati, Dalì, Daumier, De
Chirico, Fetting, Van Gogh, Kandinskij, Klimt, Magritte, Matisse, Picasso, Vermeer.
Vezzali Mariano
Davanti al Novecento
Persona e condizione storica in Nikolaj Berdjaev e Hannah ArendtITACA, 2008
Nikolaj Berdjaev (1874-1948) ed Hannah Arendt (1906-1975), entrambi vittime dei regimi
totalitari al potere nei loro Paesi, rispettivamente l'Urss e la Germania nazista, sono, con le
loro opere, testimoni del Novecento, perché riflettono sulle sue contraddizioni e sulle loro
origini.
Il confronto con gli eventi e le ideologie del secolo passato porta entrambi a delineare le
coordinate essenziali di una condizione umana distante dalle opposte parzialità
dell'individualismo liberal-borghese e del collettivismo totalitario
GUITTON JEAN
JEAN GUITTON (Saint-Étienne 18/8/1901 - Parigi 21/3/1999) è stato un protagonista
autorevole della fioritura culturale che ha caratterizzato la Francia del sec. XX, e una delle
figure più rappresentative del pensiero cattolico contemporaneo. A vent'anni sentì il
desiderio di farsi sacerdote, ma il cardinale Désiré Mercier lo dissuase. Durante la
seconda guerra mondiale fu per quattro anni prigioniero dell'Oflag IV D. Nel 1948 sposò
Marie-Louise, che gli fu ottima compagna fino alla morte, avvenuta nel 1976. Allora pensò
di nuovo al sacerdozio, ma a dissuaderlo questa volta fu lo stesso papa Paolo VI. Dotato
di grandi capacità intellettuali e di profondo amore allo studio, fu allievo di Léon
Brunschvicg e di Henri Bergson, e maestro di Louis Althusser. Nel 1923 si laureò in
filosofia e in lettere. Fu docente di filosofia dapprima all'Università di Montpellier, poi dal
1948 al 1954 all'Università di Dijon, quindi nel 1955 divenne titolare della cattedra di storia
e di storia della filosofia alla Sorbonne. Nel 1954 gli fu attribuito il «Gran Prix de la
littérature de l'Académie Française» per la sua opera letteraria e filosofica. Nel 1961 fu
nominato accademico di Francia. Papa Giovanni XXIII, già nunzio apostolico a Parigi, lo
invitò, unico "uditore laico", al Concilio Vaticano II. Mons. Giovanni Battista Montini lo ebbe
come amico e confidente fin dal 1950. Da papa, Paolo VI gli consegnò l'8 dicembre 1965 il
messaggio agli intellettuali elaborato dai padri conciliari al termine dei loro lavori. Nel 1967
gli concesse anche un'eccezionale intervista, tradotta in molte lingue (Dialoghi con Paolo
VI). Guitton si meritò una solida fama di filosofo cattolico, di uomo di cultura acuto e
rigoroso. Albert Camus lo ha definito «l'ultimo dei grandi umanisti francesi». Henri Bergson
lo ha riconosciuto come suo «erede spirituale
Guitton Jean; Bogdanov Igor; Bogdanov Grichka
Dio e la scienza. Verso il metarealismo
Bompiani, 2001
Oggi una certa letteratura pseudoscientifica vorrebbe imporre l'equazione
''cristiano=cretino''. Ma davvero è così? Il filosofo cattolic francese Jean Guitton discusse
su scienza e fede con Igor e Grichka Bogdanov, arrivando a conclusioni che aprono la
porta a visioni più ampie.
Il manicheismo scienza contro fede.
Jean Guitton (1901-1999) fu un grande filosofo francese profondamente cattolico, molto
stimato dal Papa Paolo VI, il pontefice intellettuale legato più di ogni altro alla cultura
francese. In italiano, presso Bompiani. è disponibile un libretto dal titolo ''Dio e la scienza.
Verso il metarealismo'' (Dieu et la science. Vers le metarealisme, 1991) che, in un
momento in cui impazza una certa letteratura che tende a relegare la religione nel mondo
delle favole, dovrebbe essere riletto.
Da buon filosofo, Guitton imposta la sua opera sulla struttura del dialogo, seguendo
l'esempio del grande Platone, ma anche del Galileo Galilei del ''Dialogo sopra i due
massimi sistemi del mondo tolemaico e copernicano''. In tal modo la verità non viene
calata dall'alto, ma il lettore è spinto a ragionare seguendo i ragionamenti del filosofo e dei
suoi inerlocutori, dando così fondo a quel procedimento che Socrate e Platone ritenevano
indispensabile per portare l'ascoltatore o il lettore a sviluppare un pensiero. Guitton sceglie
coe interlocutori Igor e Grichka Bogdanov, noti divulgatori scientifici, noti anche per il
romanzo ''Prima del Big Bang'' sull'origine del tutto.
Eloquentemente il libro si apre con una citazione di Isaac Newton, il grande scienziato che
fu il rivoluzionatore della fisica moderna ma che fu anche attento ai problemi religiosi tanto
da scrivere un trattato sull'Apocalisse.
La discussione tra il filosofo Guitton e i fratelli Bogdanov si concentra sui principali temi
della fisica contemporanea, sopattutto sulla quantistica, che il campo della fisica che più
facilmente sfora nella filosofia. Lo spavento che il lettore comune può provare dinanzi a
queste tematiche è enorme, soprattutto per il linguaggio che solitamente utilizzano gli
scienziati: invece ''Dio e la scienza'' è scritto (anzi parlato) in un linguaggio semplice: sia
Guitton che i fratelli Bogdanov portano i massimi sistemi alla portata di tutti. Leggendo i
dati portati dai due astrofisici e le riflessioni di Guitton si intravede una strada che porta al
di là del crasso materialismo del ''Bertrand Russell de noantri'' Piergiorgio Odifreddi o delle
più sottili intuizioni di un Dawkins o di un Russell. La sfida di Guitton e dei Bogdanov arriva
a contrapporsi alle intuizioni del geniale Stephen Hawking nel suo ''A brief history of time''.
E dove arriva questa sfida? Arriva a notare come la vita sia una sorta di ''anomalia'' del
secondo principio della termodinamica, come nella quantistica si arrivi a trovare il concetto
di libero arbitrio (magistrale la riflessione di Guitton sulla sua scelta di essere filosofo
dovuta ad una lezione sentita ''per caso'' applicata ai principi della quantistica). Alla fine si
intravede la Luce di un qualcosa che è ''Oltre''.
''Dio e la scienza'' è oggi più che mai una lettura necessaria per sfatare definitiamente il
mito della contrapposizione tra Scienza e Fede. Grandi religiosi di ogni Fede hanno visto
che il binomio è possibile: dal cattolico Guitton a suor Katarina Pajchel del Cern a Francis
Collns capo del progetto genoma al XIV Dalai Lama Tenzin Gyatso oltre a, naturalmente,
Giovanni Paolo II (ma anche altri papi come, a sopresa per molti ''superficiali'', Pio XII). Un
libretto veloce che potrebbe realmente cambiare la visione del mondo.
Stainville Raphaël
Grande male
Medz Yeghern
SAN PAOLO, 2008
Dal racconto del diario inedito di un missionario francese, Raphaël Stainville fa
rivivere il massacro degli Armeni, in Turchia, un genocidio che, dopo quasi un
secolo, è ancora oggi negato. Una testimonianza storica eccezionale.
L'autore è un giovane giornalista di Le Figaro che racconta come un suo soggiorno
in Turchia, all'interno di un convento cristiano, l'abbia fatto imbattere
con un documento eccezionale datato 1909, un manoscritto anonimo di un
sacerdote.
Tornato in Francia, inizia a studiare il caso, gira archivi, legge i giornali dell'epoca,
fino a quando, mediante l'archivio privato di una famiglia, decide di pubblicare il
manoscritto, un documento storico di grande importanza per la ricostruzione dei
fatti.
Al suo ritorno in Turchia, il manoscritto è misteriosamente scomparso.
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Riflessioni filosofiche