MELA DI NEWTON
FISICA/
MENTE
LA MELA DI NEWTON
Roberto Renzetti
Nelle biografie di vari scienziati famosi compaiono spesso leggende che dovrebbero
far capire meglio alcune cose da loro elaborate o fatte o pensate. Così vi è la leggenda di
Archimede che, trovato il modo di capire quanto oro vi fosse nella corona di Gerone, il
tiranno di Siracusa che sospettava di essere stato derubato dall'artigiano che gliela aveva
costruita, saltò fuori dalla vasca da bagno dove si trovava e si mise a correre nudo
attraverso la città gridando Eureka, eureka, ... (Ho trovato, ho trovato, ...). Vi è poi quella di
Einstein che non avrebbe amato la matematica da giovane studente e quindi aveva brutti
voti. Si ha ancora quella di Galileo che sarebbe salito sulla Torre di Pisa per far cadere degli
oggetti di massa diversa per verificare che essi cadono con la medesima legge arrivando al
suolo al medesimo tempo (non sembra sia mai stata fatta tale esperienza dalla Torre). Infine
(ma solo per ciò che racconto qui) vi è la storiella di Newton che avrebbe scoperto la sua
legge di gravitazione universale quando, riposando in giardino sotto un frondoso melo,
sarebbe stato colpito sulla testa da una mela caduta.
L'episodio riguardante Archimede (III secolo a.C.) lo si trova nel De Architectura di
Marco Vitruvio Pollione (I secolo a.C.). Archimede, entrando nella vasca da bagno, vede
l'acqua trasbordare e con questo sistema pensò di misurare quello che oggi chiamiamo il
peso specifico (disponendo di due quantità di oro e di argento, dello stesso peso,
immergendole in un recipiente colmo d'acqua, l'argento ne fa trasbordare di più). Scoprì
così che la corona del tiranno non era tutta d'oro ma costruita con una lega di argento ed
oro. Duecento anni dopo con le scarse fonti e le incerte trasmissioni del periodo, possiamo
dare per buono questo racconto ? Non credo si possa dire nulla a parte il fatto che,
conoscendo quel poco che si conosce della vita di Archimede e della sua immensa
razionalità, l'episodio, almeno per la parte relativa alla corsa per la città nudo, non sembra
credibile.
La leggenda di Einstein la si può capire sia come un mantra consolatorio degli infiniti
personaggi che si vantano di non conoscere la matematica (ogni persona si vergognerebbe
di dire che non conosce Dante ma si vanta di non conoscere Talete) e come informazione
distorta degli anni della formazione di Einstein. Quando aveva 7 anni (1886) sua madre,
Pauline, scrisse a sua madre (nonna di Albert) queste parole: "Ieri Albert ha ricevuto la
pagella che era brillante: è di nuovo il primo della classe". A nove anni (1889) Albert
passò al Luitpold Gymnasium di Monaco dove studiò fino ai 15 anni. In tutto quel periodo
ebbe i voti massimi o quasi sia in matematica che in latino. Nel complesso però quegli anni
di scuola non gli piacquero perché gli insegnanti erano autoritari, gli studenti servili e
l'apprendimento era mnemonico. In quell'ambiente si sentiva isolato ed ebbe pochissime
amicizie. Passò il tempo libero studiando matematica in proprio e musica (violino). A
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dodici anni studiò da solo la geometria euclidea (il suo sacro libretto). Fra i dodici ed i
sedici anni studiò da solo il calcolo differenziale ed integrale. Einstein non ebbe quindi fin
qui una buona esperienza scolastica. Era tormentato dalla scuola nozionistica ed autoritaria.
Per riuscire ad entrare al Politecnico di Zurigo dovette frequentare un anno una scuola
svizzera che faceva conseguire il diploma di maturità. Si iscrisse allora (1895) alla Scuola
di Aarau, appunto in Svizzera. La parentesi nella scuola democratica di Aarau, i cui
insegnamenti erano impartiti sulla base delle teorie del pedagogo svizzero J.H. Pestalozzi
(1746-1827) sarà sempre ricordata da Einstein come estremamente positiva.
Sull'esperimento della Torre di Galileo vi è ben poco da dire. Non vi sono documenti
che lo attestino e lo stesso Galileo, che pure era meticolosissimo a raccontare le sue cose,
non ne parla. Ne parlano invece i suoi denigratori cattolici che prima lo citano per poi dire
che non l'ha fatto (che gente !).
Sulla mela caduta in testa a Newton ho trovato documenti precisi e commenti adeguati
in proposito. Dell'episodio parla uno dei primi biografi di Newton, il suo contemporaneo
William Stukeley (1687-1765). Stukeley era un antiquario, uno dei fondatori della scienza
archeologica (studiò a fondo Stonehenge), che nel corso della sua vita conobbe e divenne
amico di Newton. Del grande fisico egli raccolse le memorie, Memoirs of Sir Isaac
Newton's Life, che pubblicò nel 1752. All'interno di queste memorie, alla pagina numerata
con 15 del manoscritto (vedi le figure seguenti), è riportato l'episodio della mela che
sarebbe stato raccontato a William Stukeley durante una conversazione con Newton.
Leggiamo il breve passo:
After dinner, the weather being warm, we went into the garden, & drank thea
under the shade of some appletrees, only he, & myself. amidst other discourse,
he told me, he was just in the same situation, as when formerly, the notion of
gravitation came into his mind. It was occasion'd by the fall of an apple, as he
sat in a contemplative mood. Why should that apple always descend
perpendicularly to the ground, thought he to him self ? Why should it not go
sideways or upwards, but constantly to the earths centre? Assuredly, the
reason is, that the earth draws it. There must be a drawing power in matter.
[Memoirs of Sir Isaac Newton's Life (Editor Hastings White,1936) pp. 19-20].
Dopo cena andammo a bere un thea in giardino, sotto un melo, ed egli mi disse
che era proprio in una situazione analoga quando, molto tempo addietro, la
nozione di gravitazione gli era balenata nella mente. La cosa era stata originata
dalla caduta di una mela mentre era seduto e stava riflettendo. Perché avviene
che le mele cadono sempre perpendicolarmente a terra ? egli pensò tra sé e sé.
Perché non cadono a zig zag o non vanno verso l'alto ma costantemente verso il
centro della Terra ? La ragione risiede certamente nell'attrazione della Terra. Ci
deve essere una forza attrattiva nella materia.
Si può facilmente osservare che la mela è assolutamente marginale. L'episodio che
veniva ricordato era distante nel tempo e Newton tentava di spiegare in un modo
didatticamente efficace come gli era venuto di pensare al fatto che la Terra attrae gli
oggetti. Tra l'altro non è improbabile che l'episodio sia stato inventato da Newton a tanti
anni di distanza dopo aver avuto molte esperienze che lo avevano costretto a spiegare la
gravitazione ad un differente pubblico. Tralasciando alcune spiegazioni che si sono avute
legate alla profonda religiosità di Newton e secondo le quali la mela serviva al suo racconto
come una sorta di parabola che riportava all'albero biblico della conoscenza, resta il fatto
che sembra davvero esagerato parlare dell'episodio della mela come dirimente
epistemologicamente sulla scelta di una teoria.
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Di seguito riporto alcune foto del manoscritto di William Stukeley che la Royal
Society di Londra, Accademia scientifica che fu di Newton e di Stukeley e che risultò uno
dei motori della potenza scientifica britannica almeno fino agli inizi del Novecento, ha
messo a disposizione degli interessati pubblicandolo on line al link:
http://rs.onlineculture.co.uk/accessible/SpreadDetails.aspx?BookID=1807da00-909a-4abfb9c1-0279a08e4bf2&params=0&LangID=1&OrgID=19&o=1.
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In questa pagina si trova il passo che ho precedentemente riportato. Inizia dalla seconda riga.
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