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Sette ore di musica rock,
meglio il rumore delle auto
Montagna e rifugi
I troppi maleducati che salgono in quota
ette ore di musica rock e rumore (ad alto volume) non si fanno
nel centro della città di Rovereto abitato da famiglie, anziani, bambini che forse gradirebbero un po’ di
tranquillità, ma al piazzale Degasperi come sempre.
Se questo è il prezzo che si deve pagare per avere la tanto decantata (da
parte dell’amministrazione comunale) isola pedonale preferivo le macchine!
Daniele Parisi
S
I
Lettere&Commenti
SERGIO ROSI
(segue dalla prima pagina)
... ma a regime ridotto, essendo impossibile
procedere velocemente su un sentiero stretto
e sassoso.
Faccio il lavoro del gestore da trent’anni ed ho
sempre detto che è gratificante, avendo a che
fare con «bella gente», perché se una persona
decide di fare due ore a piedi, ha un certo tipo
di mentalità.
Una forma mentale che è predisposta alla
sensibilità d’animo, alla cortesia e che trova
quassù «una forma di realtà sospesa», come
amo definirla, dove l’educazione e il rispetto,
esistono ancora.
Dove ci si sente, senza retorica, più umani.
Perché «sospesa»: perché sembra che il
connubio fatica e quota, abbia preservato certi
valori sociali, che nelle città sono spariti.
Mi beo sempre di poter dormire con la porta
aperta!
La mia filosofia di gestione, peraltro, è quella
di mantenere il rifugio un Rifugio, con i suoi
limiti quali la condivisione degli spazi comuni
e l’essenzialità dell’offerta. Limiti che non sono
tali, ma un prodotto spendibile, se in loro ci si
crede.
Nel mio rifugio non si trovano dieci varietà di
bibite in lattina, bombardini e le «cavolate»
inutili di fondo valle o da piste da sci.
Con questo non demonizzo i rifugi che le
offrono, anche perché ci sono realtà diverse e
ogni rifugio deve essere in sintonia con
l’ambiente in cui si trova.
Non è detto che tutti coloro i quali vengono da
noi conoscano il bon ton della montagna, con i
suoi usi, costumi, regole (non scritte) e modi
Maria Angelini, amicizia
nata con un libro regalato
n ricordo ce l’ho e vivissimo di
Maria Angelini Maly, morta
qualche settimana fa a Rovereto dopo una vita generosamente e
pienamente vissuta.
Della sua biografia i giornali hanno
già parlato, mentre io volevo riferire un piccolo episodio, che suggellò
l’inizio della nostra simpatica conoscenza.
Frequentavo il liceo e appena potevo entravo a curiosare nella sua bella libreria di piazza Rosmini, limitandomi ad acquistare qualche volta un
libretto grigio della vecchia collana
bur, la più economica in assoluto,
praticamente illeggibile per i caratteri minuscoli della stampa. Un giorno mi fermai più del solito, attratto
da un bel volume appena uscito, le
opere complete di William Shakespeare, edizioni Sansoni.
La signora Maria notò il mio interesse e, considerando le mie scarse possibilità di acquisto, mi disse di prendere pure il libro e di pagarlo con calma appena avessi potuto.
Tornai a casa felice con il mio Shakespeare, ma avevo fatto i conti senza
l’oste, infatti mia madre mi ordinò perentoriamente di restituire subito il
volume, che costava 3.500 lire, troppe.
Così feci, a testa bassa.
La sorpresa venne a Natale quando
in una delle mie solite ispezioni in libreria la signora Maria mi consegnò
un pacco facendomi gli auguri. Lo
aprii appena arrivato a casa, erano
le opere complete del grande bardo
inglese.
Da allora, da quel libro nacque una
bella amicizia tra due persone diverse per età e per storia, unite dall’amore per la cultura e per la dignità delle persone.
Mario Cossali
U
I
San Domenico, gli ebrei
e le nostre scuse
entile direttore, sabato scorso
a pagina 31, il Suo giornale ha
pubblicato il trafiletto sul santo del giorno; lo trascrivo: «san Domenico, nato dal notaio Sancio, all’età di
sette anni fu rapito da un giudeo, portato in casa di un rabbino, seviziato
e ucciso». Mi chiedo se il quotidiano
che Lei dirige condivida il contenuto
di queste righe. Dopo le pratiche an-
G
bama è stato fermato sulla via di
Damasco e, forse, non ci sarà
quell’attacco che, sia pur di breve
durata, limitato negli obiettivi, chirurgico
come è enunciato dall’ipocrisia degli
strateghi, è destinato a causare altri
morti, a commettere altre stragi per
punire quelle già avvenute scavando un
solco sempre più profondo fra Medio
Oriente e Occidente, fra i musulmani e i
nuovi crociati.
In questi giorni Trento ricorda il
bombardamento della Portèla di 70 anni
fa, le fortezze volanti americane che
dovevano colpire la ferrovia ma
sbagliando la mira - la chirurgia militare
era un’arte ancora sommaria, come in
verità lo è ancor oggi - e colpirono
l’antico rione facendo una strage di civili
mentre l’Italia esausta e vinta si
consegnava agli Alleati implorando la
pace.
Gli anni trascorsi, e sono ormai molti,
hanno spento i testimoni e quasi
cancellato i ricordi. Quel giorno che vide
l’inferno scatenarsi sulla città rivive in
«Come fauci di fuoco», l’intensa
drammaturgia messa in scena dal Club
Armonia, un lavoro che, oltre a ricordare
l’evento, sottolinea l’universalità del
O
di fare, che per chi da sempre va in montagna,
sono normali, ma proprio per una
predisposizione data dal fatto di aver scelto di
fare due ore a piedi, quando le racconti, ai
turisti-escursionisti, questi ti ascoltano
estasiati come tu fossi un guru.
Scherzando, ma non del tutto, allorché gli
ospiti elogiano lo splendido panorama, dico
loro che abitiamo in paradiso e noi non siamo
persone, ma angeli che ivi li accolgono dopo la
fatica dell’ascesa .... e il tutto finisce in una
piacevole risata.
Purtroppo per taluni, non bastano due ore di
cammino per spurgarsi delle tensioni urbane e
a volte vorrei un rifugio ubicato molto più in
alto.
Nel corso della lunga stagione estiva, da metà
maggio a fine ottobre, solitamente di persone
arroganti, maleducate o fuori ambiente, ne
transitano uno, due al massimo.......
quest’estate alcune! Che sia un segnale di
disagio sociale in aumento?
Ho scelto questo lavoro per la qualità di vita
che esso mi offre e, chi mi conosce lo sa, non
mi riferisco al denaro, perché avrei
guadagnato di più a fare il mio vecchio lavoro
di perito elettrotecnico, ma se esso peggiorerà
in modo irreversibile, dovrò pensare a
rimettermi in discussione in qualche altra
realtà!
A quel «signore» che mi ha insultato dico che al
di là delle proprie convinzioni
pseudoambientaliste, il rispetto per chi lavora
e per l’età, va sempre riconosciuto.
Sergio Rosi
Guida alpina e gestore
del rifugio passo Principe – Grasleitenpasshütte
tisemite della chiesa, sia cattolica che
protestante, perpetrate senza rimorsi attraverso quasi due millenni, si ha
ancora il coraggio di scrivere acriticamente parole come queste? Il «ripensamento» cattolico su Simonino
non ha significato nulla ai trentini? Si
copiano queste cose da siti (www.beati santi e testimoni) senza neppure aggiungere, come sta scritto, che il culto basa su una leggenda? Vedo inoltre sul sito, che oltre a questo Domenico, fatto santo dalla chiesa cattolica nel 1240 (per fini indegni, dico io),
erano elencati altri dodici «santi» fra
cui eventualmente scegliere. La mia
domanda è, direttamente a Lei, responsabile di quello che si scrive sul
Suo giornale: cosa dobbiamo fare noi,
che siamo contro qualsiasi persecuzione, per farci perdonare la pesantissima colpa collettiva di una cultura - della quale, malgrado noi, facciamo parte, perché ci siamo nati - che
ha perseguitato una minoranza in nome di una fede? Se si continua a perseverare?
Io non sono credente, ma se lo fossi,
Vittime innocenti
La Portèla 70 anni fa, oggi Damasco
LUIGI SARDI
dolore nell’inutilità delle guerre che
colpiscono sempre i più deboli. La
rappresentazione ci ha, di colpo, fatto
rivivere la tragedia del 2 settembre del
1943, terzo anno di guerra e le bombe dal
cielo contro le quali c’è ben poco da fare.
Anche l’urlo della sirena, l’ultima volta
sulla città suonò la notte del 4 novembre
1966 quella dell’alluvione, ci ha ricordato
l’esplodere dell’ angoscia, il terrore che
l’accompagnava giorno dopo giorno, i
morti, i bambini uccisi, la disperata vita
nei rifugi e quella grama degli sfollati,
traditi da Mussolini e dal fascismo che
vollero quella guerra, dal re, da Badoglio.
Magistralmente l’atto unico di Renzo
Fracalossi si sofferma sulla infinita
tristezza di una madre che racconta con
la voce di Claudia Furlani il dolore per
quel bambino ucciso dalla bomba. Un
pezzo in dialetto, un attimo di
commovente intensità. «E soto ‘sta
polver che ‘mpasta el dolor, cossa resta?
Cossa resta dei pensieri de gloria de
milioni de ‘taliani che g’à credù? Cossa
resta de noi, dei nossi sogni e dele nòsse
vite, brusade come i sarmenti d’autun?
Cosa resta, ah? Demò en mucio de sassi e
de aria greva, che no se posta mai e che
pesa su tut quel che no ghè pù… Oto ani
el g’aveva. Oto ani de curiosità, de óci
spalancadi, de sé de saver, de domande
da far. Oto ani che s’è sfantà demò en te
‘na palta de sangue engrumà! No se pol
lassar sol ‘na macia en tera e sparir
dento al gnent. Sol ‘na macia en tera en
do che i s’à sbregadi quei oto ani…».
Settanta anni fa alla Portèla come oggi a
Damasco. Ecco, affiorano i ricordi
dell’antico rione con le botteghe di
vorrei essere certamente una «giudea», solamente per solidarietà a tutti gli innocenti assassinati in aperta
mala-fede.
Martha Canestrini
hiedo scusa a Martha Canestrini e a tutti i lettori, oltre che alla
comunità ebraica e alla verità
storica, per le poche righe pubblicate
sabato scorso nella rubrica «Il santo
del giorno», tratte da un’agiografia di
san Domenico del Val storicamente non
fondata. Purtroppo una mancata verifica accurata da parte nostra, ha fatto
riportare quanto indicato nel testo in
circolazione, pur nella sua infondatezza storica oltre che nei toni ingiuriosi.
Non c’era assoluta volontà da parte nostra di legittimare in alcun modo una
tradizione d’ispirazione antisemita, né
tanto meno di favorire o propagandare una cultura di violenza e di mistificazione dei fatti. Ringrazio Martha Canestrini che, con la Sua lettera, mi dà
modo di prendere le distanze totalmente da quel testo, frutto di elaborazioni
leggendarie senza alcun riscontro storico.
[email protected]
C
I
Villamontagna, ecco i tempi
dei lavori al cimitero
n risposta alla lettera pubblicata
domenica dal titolo «Villamontagna aspetta i lavori al cimitero»,
l’assessore ai lavori pubblici, il presidente della circoscrizione Argentario
e il dirigente dell’Area tecnica e del
territorio precisano quanto segue.
L’intervento è inserito nelle opere ammesse a finanziamento F.U.T. (Fondo
Unico Territoriale) da parte della Provincia autonoma di Trento.
Il progetto preliminare è stato approvato dalla Giunta comunale il 9 gennaio 2012 per un importo complessivo di 920mila euro.
Nel maggio 2013 la Provincia autonoma di Trento ha comunicato l’ammissione a finanziamento. È ora in corso
di redazione il progetto esecutivo, che
dovrà essere inviato ai competenti uffici provinciali entro giugno 2014, per
poi proseguire con l’iter relativo all’appalto delle opere.
Il progetto prevede un ampliamento
del cimitero con un campo comune,
cellette ossario, cinerario e ossario
comune, il restauro della cappella esistente e la realizzazione di quattordici posti auto.
Iter e tempistica sono quindi quelli
definiti da tempo e coerenti con i termini individuati dalla Provincia autonoma di Trento.
Ufficio stampa Comune di Trento
I
fumisti, maniscalchi, fabbri, sarti, luoghi
pieni di umanità. Subito la mente corre a
Damasco; e immediato è il parallelo con
lo splendore ormai devastato
dell’antichissima città siriana con le
bellissime moschee divenute da luogo di
raccoglimento a camere della morte, con
quel mercato senza fine odoroso di
spezie e abbagliante nei colori, adesso
sciagurata trincea. Certo oggi ci sono i
bombardamenti mirati, anzi miratissimi
non più quelli a tappeto della guerra di 70
anni fa. Però da 10.000 metri è difficile
distinguere un carro armato da un
autobus, capire se mentre si centra un
ponte passa un treno come è accaduto in
Serbia. Può essere arduo per un missile
distinguere un rifugio pieno di civili da un
bunker miliare come è successo a
Bagdad. I sofisticati droni non hanno
cuore né cervello e può succedere che la
telecamera scambi un gruppo di scolari
che vanno a scuola o di adulti afgani
intenti a celebrare un matrimonio per
feroci terroristi. È già successo.
Succederà ancora. Sono i danni
collaterali. Che finiscono nelle fosse
comuni. Come nelle fosse sono finite le
vittime di quel lontano giorno della
Portèla.
G3090305
42 martedì 3 settembre 2013
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l`Adige 3 settembre 2013 - Associazione Culturale La Torre