DIOCESI DI UGENTO - S. MARIA DI LEUCA
PARROCCHIA
E RISVEGLIO DELLA FEDE
NELL’ ETÀ ADULTA
Progetto Pastorale Diocesano 2004/2005
Anno V
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A cura degli Organismi pastorali diocesani
IL PIANO PASTORALE GENERALE DELLA DIOCESI
A - IL TEMA
Le linee essenziali e le istanze del Piano pastorale diocesano
per i prossimi anni sono contenute nel titolo:
L’ADULTO RISCOPRE L’INIZIAZIONE CRISTIANA
PER UNA IDENTITA’ COMUNITARIA E MISSIONARIA
DELLA FEDE
Il Piano risponde a diverse esigenze riconosciute come
dirompenti anche nelle nostre comunità e messe a fuoco
nel Consiglio presbiterale del gennaio 2000. Tale piano
è ideato come un percorso pluriennale in grado di offrire,
in modo graduale e consequienziale, le tematiche pastorali
più decisive nella sfida della nuova evangelizzazione.
1. Processo di scristianizzazione (che ci sta investendo)
soprattutto dell’adulto e, in particolare, delle famiglie;
2. Prevalenza del cultualismo rispetto al primato
dell’Annuncio;
3. Relativismo morale dei giovani e degli adulti nelle
scelte decisive e pratiche;
4. Riduzione della fede a puro “sentire” soggettivo e
a una relazione privata con Dio, indipendentemente
dalla Comunità cristiana dove nasce e dove conduce
la fede battesimale.
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B - OBIETTIVI
Gli obiettivi partono dalla riscoperta della
❖
PAROLA
che è all’origine, “in principio” di tutto, per poi considerare la
❖
FEDE
come risposta positiva all’annuncio della Parola.
Per riscoprire i
❖
SACRAMENTI DELL’INIZIAZIONE CRISTIANA
che accostano l’uomo, che accetta di credere, all’esperienza salvifica
di Gesù Cristo e costruiscono la dimensione comunitaria della fede
cristiana.
Per arrivare ad annunciare il
❖
REGNO DI DIO
il quale rimane l’orizzonte ultimo, verso cui la Comunità cristiana
sa di dover guardare con simpatia missionaria.
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ICONE BIBLICHE DEL PROGETTO
Rm 10,14 -18
Ora, come potranno invocarlo senza aver prima creduto in lui?
E come potranno credere, senza averne sentito parlare ?
E come potranno sentirne parlare senza uno che lo annunzi ?
E come lo annunzieranno, senza essere prima invitati ?
Come sta scritto: quanto sono belli i piedi di coloro che recano
un lieto annunzio di bene !
Ma non tutti hanno obbedito al vangelo. Lo dice Isaia: Signore,
chi ha creduto alla nostra predicazione? La fede dipende dunque
dalla predicazione e la predicazione, a sua volta, si attua per la
parola di Cristo. Ora io dico: non hanno forse udito? Tutt’altro:
per tutta la terra è corsa la loro voce, e fino ai confini del mondo
le loro parole.
Gv 4,39 -42
Molti Samaritani di quella città credettero in lui per le parole
della donna che dichiarava: «Mi ha detto tutto di lui, lo pregarono
di fermarsi con loro ed egli vi rimase due giorni».
Molti di più credettero per la sua parola e dicevano alla donna:
«Non è più per la tua parola che noi crediamo; ma perché noi
stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore
del mondo».
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INDICAZIONI PASTORALI PER L’ANNO 2004-2005
A CONCLUSIONE DEL CONVEGNO PASTORALE DIOCESANO
(Acquarica 16-18 giugno 2003)
I Sacramenti suppongono la fede e la fede vive
e si alimenta nella celebrazione dei Sacramenti.
Per il risveglio della fede negli adulti
Desidero innanzitutto ringraziare Mons. Lucio Soravito per le riflessioni
e le proposte pastorali offerte nei giorni del Convegno ed augurargli
buon lavoro come Vescovo di Adria-Rovigo e poi ringraziare d. Gerardo
per il lavoro di preparazione e organizzazione del Convegno.
Senza dimenticare le indicazioni degli anni precedenti riguardanti
la reimpostazione della catechesi per i fanciulli come itinerario alla
“vita cristiana” e l’attenzione per i giovani, è necessario in questi
prossimi anni puntare di più sugli adulti partendo dalla constatazione
ormai acquisita che non si può dare per scontata la fede nè in coloro
che si dicono cristiani perchè partecipano ad alcune manifestazioni
religiose, pratiche e devozioni tradizionali, nè in coloro che chiedono
i Sacramenti.
Prima di dare delle indicazioni pastorali per il prossimo anno, e direi
per i prossimi anni, desidero fare in premessa alcune considerazioni
richiamando la Nota pastorale della CEI, Il volto missionario delle
parrocchie in un mondo che cambia, del 30 maggio 2004.(1)
1. Il primo riferimento essenziale ed indispensabile delle parrocchie
è alla Chiesa diocesana (cfr. n. 3) e quindi i programmi pastorali
delle parrocchie non possono discostarsi dalle indicazioni e
(1) I numeri indicati in seguito fra parentesi si riferiscono a questa Nota pastorale.
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dagli orientamenti dati dal Vescovo a tutta la Diocesi. Compito
delle singole parrocchie e in esse del Consiglio pastorale
parrocchiale è quello di incarnarli nella realtà concreta e specifica
di ogni parrocchia e di attuarli con la creatività e originalità
proprie di ognuna. L’ho ribadito insistentemente in tutte le
parrocchie che ho visitato, come si può evincere dai Diari delle
Visite pubblicati sul Bollettino diocesano. È la fedeltà all’unico
progetto e programma diocesano che garantisce l’unità e la
continuità del lavoro pastorale nella singola parrocchia, anche
nell’avvicendamento dei Parroci.
2. La parrocchia, come ribadisce la Nota pastorale della CEI, deve
essere accogliente con tutti, casa aperta a tutti e in particolare
ai cosiddetti “lontani” o “cristiani della soglia” con i quali è
necessario avere sempre tanta cordialità, attenzione, ascolto e
disponibilità al dialogo. Ma è necessario fare una distinzione
ben chiara. Un conto è l’accoglienza, e un altro il donare i
Sacramenti. I Sacramenti suppongono sempre la fede, non una
fede qualsiasi, una fede vaga, superficiale, tradizionale, ma la
fede “della Chiesa”, la fede cioè che la Chiesa professa, celebra,
vive e testimonia, e quindi una fede motivata, convinta, personale,
adulta e pensata, alimentata dalla Parola di Dio e dai Sacramenti,
in particolare la celebrazione Eucaristica domenicale, incarnata
in tutte le scelte concrete della vita. “Non si può più dare per
scontato che si sappia chi è Gesù Cristo, che si conosca il
Vangelo, che si abbia una qualche esperienza di Chiesa. Vale
per fanciulli, ragazzi, giovani e adulti; vale per la nostra gente…”
(n. 6). È necessario prendere atto con coraggio che tutto questo
è profondamente vero anche nel nostro Salento, anche nelle
nostre parrocchie. E l’esperienza dei parroci e operatori pastorali
ne dà atto. Non si tratta di “negare o rifiutare” i Sacramenti,
come ho avuto già modo di sottolineare, ma di far emergere
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nel dialogo attento e paziente la necessità e l’esigenza di un
serio cammino di fede per poter accogliere nel miglior modo
possibile il dono dei Sacramenti affidati alla Chiesa che deve
essere fedele al mandato ricevuto dal Signore Gesù: “Andate
e fate miei discepoli tutte le genti insegnando loro ad osservare
tutto ciò che io vi ho comandato. Chi crederà e sarà battezzato
sarà salvo”. Il Battesimo quindi come ogni Sacramento suppone
la fede, il discepolato, l’osservanza dei comandi del Signore.
3. Dare un volto missionario alle nostre parrocchie, che deve
essere il nostro compito in questo tempo, non significa soltanto
mettere in atto programmi particolari, “iniziative organiche
di proposta del messaggio cristiano”, ma innanzitutto e soprattutto
“operare una vera e propria conversione che riguarda l’insieme
della pastorale” (n. 11), creare e far maturare una mentalità,
uno spirito missionario in tutti, Sacerdoti, Religiosi e Religiose
e fedeli laici. In modo particolare nei laici cosiddetti “vicini”,
praticanti, facenti parte dei gruppi, dei Movimenti e associazioni,
siano essi ragazzi, giovani o adulti, è necessario e fondamentale
formare uno “spirito missionario” in modo tale che nel momento
in cui scoprono il Signore Gesù in modo vivo ed esistenziale
e maturano la fede in Lui, si facciano “apostoli” di Lui e
testimoni della fede ovunque e con chiunque si trovino quasi
a “contagiarli” con il loro modo di essere e di vivere, comunicando
la fede “da persona a persona” (n. 5), dando ragione della
loro speranza, fuggendo il rischio, sempre in agguato, di
rinchiudersi in se stessi, di considerare la fede come un tesoro
da tenere stretto per sè e non invece come un dono ricevuto
e necessariamente da condividere e comunicare.
4. Non è possibile realizzare una vera ed efficace missionarietà
senza fare riferimento essenziale a quella che la Nota pastorale
chiama “pastorale integrata” (n. 11). Si tratta cioè di mettere
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in rete le parrocchie, in modo particolare le parrocchie vicine,
numerose nella nostra Diocesi, concordando programmi pastorali,
stabilendo iniziative comuni, affidando la cura particolare e
il coordinamento o anche la formazione di determinati ambiti
o gruppi di persone (catechisti, operatori liturgici e delle
Caritas, giovani, fidanzati, giovani coppie...) ad una parrocchia
e ad un Sacerdote in accordo pieno con gli altri Sacerdoti.
È una mentalità che fa fatica a farsi strada. Più di qualche
parrocchia è ancora “autoreferenziale e autosufficiente” come
recita la Nota pastorale affermando poi “Tutte le parrocchie
devono acquisire la consapevolezza che è finito il tempo della
parrocchia autosufficiente” (n. 11), tenuto conto spesso che
i ragazzi frequentano la stessa scuola, i giovani frequentano
gli stessi luoghi, le famiglie hanno occasioni continue di
incontro.
Debbo anche rilevare, in positivo, sia l’impegno di alcune
parrocchie a collaborare insieme in determinate attività sia
il lavoro svolto dagli Uffici diocesani per favorire la comunione
e la collaborazione, oltre chè la formazione, sia il tentativo,
nell’ambito della pastorale giovanile, anche se all’inizio e con
qualche difficoltà dovuta a quanto detto prima, portato avanti
da d. William in Tricase e da d. Luca in Ugento e sia la
bella esperienza del GREST organizzata insieme dagli oratori
di cinque parrocchie, coordinata da d. Stefano con la fattiva
collaborazione dei Parroci interessati e degli animatori. Sono
segnali positivi da valorizzare e da diffondere ed intensificare.
Riguardo ai quattro ambiti presi in considerazione durante il Convegno
pastorale in riferimento all’impegno urgente del risveglio della fede
negli adulti già battezzati, sia in coloro che nella stragrande
maggioranza chiedono i Sacramenti per sè o per i figli (il che è
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una grande opportunità pastorale da valorizzare), sia in coloro che
si sono allontanati o vivono ai margini della parrocchia, vi invito
a rileggere attentamente quanto già ho proposto, nelle indicazioni
pastorali dell’anno 2002 -2003 (cfr. il fascicolo Per una fede adulta
e pensata. Progetto pastorale diocesano 2002-2003, pagg. 46-48).(2)
(2) È stata già pubblicata la terza nota pastorale della CEI sull’iniziazione cristiana per il risveglio della fede nell’età
adulta, di cui in questo fascicolo si presenta la sintesi.
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A completamento di quanto sopra, aggiungo qualche altra considerazione
1. I fidanzati
Si parte dalla constatazione che i cosiddetti Corsi di preparazione
al matrimonio non sono più sufficienti sia per il numero degli incontri
sia per il modo come spesso vengono impostati. È un indice
preoccupante sia il numero sempre in aumento delle separazioni
civili a volte solo poco tempo dopo il matrimonio sia il numero
delle cause di nullità (nel 2002 dei 266 libelli presentati risulta che
193 unioni matrimoniali sono durate tra 3 giorni e 5 anni; nel 2003
dei 275 libelli presentati risulta che 206 unioni matrimoniali sono
durate tra 10 giorni e 5 anni) impiantate nella maggior parte dei
casi per esclusione della indissolubilità e della prole e per le quali
il Presidente del Tribunale Ecclesiastico regionale ha avanzato delle
osservazioni che fanno pensare: “Questi dati interpellano la coscienza
di tutti i pastori e l’azione pastorale della nostra Chiesa. Pertanto
si è indotti a prendere atto della fragilità di tanti giovani che per
la scissione che hanno fatto tra la fede e la vita, con preoccupante
superficialità si sono accostati alla celebrazione del sacramento del
matrimonio, nonostante i cosiddetti corsi prematrimoniali (che in
tutte le Diocesi si organizzano) senza una adeguata comprensione
del significato, del valore e delle esigenze della vita matrimoniale
e familiare. È impressionante sentire con quanta disinvoltura
manifestano la convinzione che il vincolo matrimoniale non
necessariamente debba durare tutta la vita e sempre con la stessa
persona.... Per tanti non aveva senso la fedeltà coniugale e perciò
l’hanno esclusa.... Dal nostro osservatorio si è notato che purtroppo
tanti matrimoni, celebrati in chiesa e che quindi per sé sarebbero
dovuti essere sacramento, nulla hanno avuto di sacramentale se
non la forma esterna, forse senza fede, celebrati per convenienza,
per accontentare i genitori, per il fasto e l’esteriorità”.
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Si impone allora innanzitutto una nuova impostazione dei cosiddetti
corsi che debono essere, come affermava già il Direttorio di pastorale
familiare (nn. 53-55), dei “veri itinerari di fede” tenuto conto che
in genere i nubendi, nella maggior parte, hanno abbandonato la
pratica cristiana dopo la Cresima e quindi hanno una fede ancora
bambina che va pertanto seriamente motivata per essere la fede
della Chiesa, come accennato in premessa, su cui si basa la scelta
di celebrare il Sacramento del matrimonio con tutto ciò che questo
comporta. Ed essendo un itinerario di fede, deve contemplare oltre
a momenti di confronto dell’esperienza di fede e di amore della
coppia con la Parola di Dio, momenti di preghiera, rieducazione
alla vita liturgica e sacramentale soprattutto alla partecipazione
all’Eucarestia domenicale, esperienze di servizio.
Non si può quindi ridurre a sette, otto incontri concentrati in poche
settimane, come ancora avviene qua e là, consistenti in una serie
di conferenze di questo o quest’altro relatore che si alternano, o
solo di “catechesi” o solo di argomenti di tipo antropologico. Si
dovrebbe puntare, come già ho visto in qualche parrocchia, a realizzare
un itinerario di fede che dura tutto l’anno, da ottobre a maggio,
con un incontro settimanale, guidato costantemente dal Parroco e
da una coppia di coniugi e prevedendo anche, a tempo debito, la
partecipazione di esperti, con un metodo che coinvolga le coppie
e con un'attenzione alla situazione delle singole coppie. Sarà
compito dell’Ufficio di pastorale familiare predisporre un itinerario
base e indicare dei sussidi adatti ed essere a disposizione delle
parrocchie, come già fa lodevolmente. Tutto questo però oggi non
basta. È assolutamente necessario spostare o allargare l’attenzione
a tutto il tempo del fidanzamento, oggi generalmente molto lungo,
e creare, almeno a livello interparrocchiale, un gruppo di fidanzati
che hanno come prospettiva non immediata il matrimonio, con i
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quali impostare un cammino sereno e approfondito che aiuti a
valorizzare il tempo del fidanzamento come “tempo di crescita, di
responsabilità e di grazia”, a verificare bene la vocazione al
matrimonio e al matrimonio cristiano con tutto ciò che questo implica
e a fare, insieme, come coppia, esperienza di fede e di partecipazione
alla vita ecclesiale.
2. I genitori che chiedono il battesimo per i propri figli
Come ho già ricordato, questa è un’occasione preziosa per accendere
di più o riaccendere la fede nei genitori, accogliendo con gioia la
loro richiesta, ma anche ponendo loro degli interrogativi circa la
loro fede nel momento in cui chiedono di trasmettere la stessa fede
al loro figlio. È una fede salda ? convinta ? motivata ? praticata?
celebrata? vissuta? È la fede della Chiesa? Perché dalla loro fede
i figli attingeranno e dovranno attingere principalmente e
prioritariamente alimento per la propria fede. Gli interrogativi faranno
emergere quindi, nel dialogo, la necessità di un itinerario serio e
approfondito per ripensare la fede anche per amore ai loro figli “ai
quali sono chiamati a dare cose buone”.
Tale itinerario condotto dal Sacerdote e da una coppia di coniugi,
a ciò preparata, avrà una durata minima di cinque incontri da tenersi
per la maggior parte nella casa dei genitori, ambiente più familiare
e favorevole al dialogo personale.
L’Ufficio catechistico in collaborazione con l’Ufficio di pastorale
familiare e l’Ufficio liturgico dovranno approntare una bozza di
itinerario e suggerire sussidi idonei.
Una particolare attenzione va riservata alle coppie di conviventi
o sposati solo civilmente che possono accedere al Sacramento del
matrimonio, che chiedono il Battesimo per i loro figli. In questo
caso è necessario attenersi a quanto dispone il Direttorio di pastorale
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familiare al n. 232. Di per sé la celebrazione del Sacramento del
matrimonio deve precedere il Battesimo dei figli, che richiede come
condizione la garanzia che il bambino sia educato cristianamente
in una famiglia cristiana, essendo una contraddizione chiedere il
Sacramento del Battesimo dei figli rifiutando contemporaneamente
il Sacramento del Matrimonio. Bisogna quindi procedere prima
alla preparazione al Matrimonio e poi al Battesimo. È poi possibile,
ed è frequente in questi casi, celebrare nella stessa celebrazione
eucaristica il Sacramento del Matrimonio e il Battesimo.
3. Dopo il Battesimo è necessario che i genitori siano aiutati a far
crescere il germe della fede seminato nel cuore dei bambini,
incontrandoli almeno una volta al mese e adoperando come ottimo
sussidio di riflessione e dialogo il Catechismo dei bambini da zero
a sei anni “Lasciate che i bambini vengano a me”.
Così nel momento in cui, a sei anni, i fanciulli iniziano il cammino
di iniziazione cristiana nella comunità parrocchiale non è pensabile
che essi compiano questo cammino da soli, senza la presenza e
l’accompagnamento dei genitori che vanno coinvolti in varie forme
e in vari modi, lungo tutto l’anno e tutti gli anni, non in modo sporadico
e occasionale (alla vigilia della celebrazione dei Sacramenti), cercando
sempre di renderli attivamente partecipi nel dialogo.
Alcune esperienze sono già in atto in Diocesi. È bene che siano
conosciute, confrontate e siano avviate nuove esperienze che la
creatività pastorale dei Sacerdoti e laici e gli stessi genitori potrà
suggerire.
4. I Centri di ascolto. La situazione in Diocesi è piuttosto variegata.
Ci sono parrocchie in cui si tengono durante tutto l’anno e parrocchie
in cui si tengono solo durante i tempi forti, alcuni sono abbastanza
frequentati con buoni o discreti risultati altri poco frequentati e
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nella quasi totalità da donne e anziani. Certo sono uno degli strumenti
ancora validi per raggiungere il territorio. Vanno in alcuni casi
ripensati nell’orario, nel metodo, nei temi da trattare. Per il
prossimo anno ritengo utile, stando all’esperienza fatta molto
positivamente in qualche parrocchia, usare, in particolare nei centri
di ascolto, la lettera dei Vescovi pugliesi sulla Domenica in
preparazione al Congresso Eucaristico nazionale di Bari, molto
apprezzata da tutti nei contenuti e nel linguaggio.
Ugento, 25 agosto 2004.
Il vostro Vescovo
+ Vito De Grisantis
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L’INIZIAZIONE CRISTIANA
Orientamenti per il risveglio della fede
e il completamento dell’iniziazione cristiana in età adulta
Sintesi
della Nota pastorale del Consiglio Episcopale Permanente
PREMESSA
Dopo la pubblicazione della prima Nota pastorale sulla iniziazione
cristiana dedicata al catecumenato degli adulti (30 marzo 1997)
e di quella dedicata al catecumenato dei fanciulli e dei ragazzi dai
7 ai 14 anni (23 maggio 1999), questa terza Nota è espressamente
indirizzata al “risveglio della fede e al completamento dell’iniziazione
cristiana degli adulti”.
La Nota vuole essere anche una prima risposta all’impegno,
sollecitato dagli Orientamenti pastorali per il decennio in corso,
di mettere in atto “un impegno di primo annuncio, su cui innestare
un vero e proprio itinerario di iniziazione o di ripresa della vita
cristiana” di quei battezzati che desiderano “ricominciare” un cammino
di riscoperta della fede. (3)
INTRODUZIONE
LA SETE DI CRISTO
Ogni persona umana ha sete e passa da un pozzo all’altro: un vagare
incessante, un desiderio inesauribile, rivolto ai molteplici beni del
corpo e dello spirito.
Nel cuore di ogni uomo vi è un desiderio di salvezza. Il Signore
suscita la sete e dona l’acqua viva dello Spirito, che sazia per sempre
la sete d’infinito d’ogni persona.
(3) Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia, 57).
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Chiamati a una “nuova evangelizzazione”
La comunità cristiana è inviata dal Signore a mettersi in ascolto
della ricerca di questi uomini e di queste donne, per condividere
con loro la speranza da lui donata.
Evangelizzare con la santità
I cristiani sono testimoni della risurrezione del Signore solo se
tendono con l’aiuto della sua grazia, con umiltà e costanza, a condurre
una vita da risorti, “come vivi, tornati dai morti” (Rm, 6,13).
CAPITOLO PRIMO
L’ASCOLTO
L’evangelizzazione a servizio dell’uomo
La decisione per la conversione è un mistero che si consuma
nel segreto rapporto tra l’amore gratuito di Dio e la libertà dell’uomo.
La domanda del Battesimo di un figlio, così come la celebrazione
della Confermazione o della prima Comunione, possono interpellare
in modo serio e decisivo la coscienza, anche se non di rado la
richiesta è determinata da motivi di carattere familiare, o di convenienza
sociale. In ogni caso tali eventi possono aprire interrogativi sul
senso del sacramento e far riflettere sull’autenticità della motivazione
che ha originato la richiesta.
La decisione di celebrare il sacramento del Matrimonio, spesso
collegata alla domanda di ricevere il sacramento della Confermazione,
offre l’opportunità di scoprire e di approfondire lo spessore del
progetto di vita coniugale e familiare che scaturisce dalla fede e
di trasformare il cammino verso le nozze in un vero e proprio
percorso di fede.
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Le domande che provocano la comunità cristiana
L’odierno contesto di scristianizzazione esige che la celebrazione
dei sacramenti sia accompagnata da un’intensa attività di
evangelizzazione.
Non si tratta di respingere o negare i sacramenti a qualcuno, ma
di offrire a tutti la possibilità di crescere in una “fede adulta, pensata”(4)
I sacramenti, infatti, non ci appartengono e non possiamo
fraintenderne il significato, piegandoli alle esigenze pastorali. Essi
sono avvenimenti di salvezza nei quali siamo chiamati a riconoscere
il Signore Gesù e che dobbiamo accogliere con fede e con amore.
CAPITOLO SECONDO
L’ANNUNCIO
Il Vangelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio
La formula primordiale che esprime la fede cristiana: si
tratta di una sola parola che, nella lingua greca del Nuovo Testamento,
suona eghèrthe, e significa: “è risorto”. In questa semplicissima
parola si concentra l’essenziale della “notizia di salvezza” che gli
apostoli andranno a proclamare “sino ai confini del mondo” (Rm
10,18): Gesù di Nazareth, uomo notoriamente morto come crocifisso,
è risorto.
La fede, risposta all’annuncio
La fede “dipende dalla predicazione” (Rm 10,17). Generata
dall’annuncio, è risposta fiduciosa a una Parola che promette, interpella,
dona solidarietà, liberazione, gioia e realizzazione piena di vita;
una Parola che dimostra nella storia la propria affidabilità.
(4) Conferenza Episcopale Italiana, Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia, 50.
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Il cammino dell'iniziazione cristiana, paradigma per la vita cristiana
L’annuncio è il primo atto compiuto esplicitamente dalla Chiesa
per rendere possibile la fede. L’annuncio genera la fede cristiana,
anche se non é sufficiente a portarla a maturazione: coloro che
sono giunti alla fede hanno bisogno di “condurre a maturità la loro
conversione e la loro fede”.(5)
La Chiesa realizza questo per mezzo della catechesi e dei sacramenti
dell’iniziazione, da ricevere o già ricevuti.
CAPITOLO TERZO
L’ACCOMPAGNAMENTO
Il gruppo di ricerca nella fede
A seconda delle situazioni, si potrà valutare se istituire un gruppo
a livello interparrocchiale. Tale gruppo, sempre attentamente collegato
con la comunità parrocchiale, deve diventare luogo privilegiato di
dialogo, di evangelizzazione, di catechesi, di educazione alla preghiera
e alla liturgia, di educazione e di esercizio a una rinnovata partecipazione
alla vita ecclesiale.
Il catechista accompagnatore
Essenziale e insostituibile è il ministero del catechista
accompagnatore. Egli è fratello nella fede, che indica la strada e
nello stesso tempo considera le forze e il ritmo di chi accompagna;
è testimone che, con le parole e con la vita, presenta il fascino
esigente della sequela di Cristo; è amico che accoglie, segue e
introduce nella comunità. Egli si mette in ascolto delle domande
per comprenderle; valorizza la situazione della persona; aiuta a
discernere i segni di conversione.
(5) Catechismo della Chiesa Cattolica, 1248.
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Spetta al catechista accompagnatore predisporre l’itinerario e le
esperienze di vita cristiana. In questo servizio è guidato dal presbitero
e può essere aiutato da altre persone coinvolte nel compito di
formazione. Tale compito può essere svolto da una persona singola,
da un gruppo di due o tre persone, o anche da una famiglia.
CAPITOLO QUARTO
GLI ITINERARI
Si presenta una proposta di itinerari, quasi un paradigma di riferimento,
modulata su due forme:
A. un cammino mirato ad accompagnare coloro che si riaccostano
alla fede cristiana;
B. e un altro pensato per quanti desiderano completare l’iniziazione
cristiana.
Tappe essenziali per un itinerario di fede
Il tempo dell’accoglienza e della decisione
I candidati, inizialmente, vengono accolti e introdotti nel gruppo,
nel quale si predispongono a incontrare Cristo e a partecipare alla
vita della Chiesa.
Durante questo tempo le persone vengono aiutate, attraverso un
dialogo sincero, a verificare le proprie intenzioni, a fare proprie
le motivazioni che fondano un cammino di fede; a valutare le situazioni
di vita, familiari o professionali, che possono favorire o ostacolare
l’accoglienza del Vangelo.
Il tempo della conversione e della sequela
Questo è il tempo della catechesi, scandito dall’ascolto assiduo
della Parola di Dio, dalla conoscenza organica del messaggio cristiano
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messo a confronto con le attese e le domande del mondo contemporaneo, dall’incontro vivo con Cristo e con la Chiesa.
Si possono peraltro utilizzare “alcuni riti propri del catecumenato
che rispondono alla condizione e all’utilità spirituale di questi
adulti, come le consegne del Simbolo, della Preghiera del Signore
(Padre nostro) e anche dei Vangeli”.(6)
Il tempo della preghiera e della riconciliazione
Il cammino di conversione e di purificazione culmina, nel tempo
quaresimale, con la celebrazione del sacramento della Penitenza
o Riconciliazione.
Il tempo della presenza nella comunità e della testimonianza
Il ritorno di questi adulti già battezzati a una partecipazione
regolare all’Eucaristia domenicale deve avvenire in un contesto di
consapevolezza del rito, dei suoi contenuti e modalità, del suo
significato: senza Eucaristia non si può essere cristiani né essere
membra del corpo di Cristo che è la Chiesa.
Il tempo della mistagogia
La persona in ricerca, da sola o nel gruppo, e gli accompagnatori,
continueranno a riunirsi per verificare concretamente le modalità
della testimonianza di fede resa all’interno della comunità parrocchiale,
nella vita familiare e professionale.
A. Itinerari per il risveglio della fede cristiana
a. Una particolare attenzione andrà riservata ai genitori che chiedono
il Battesimo per il loro figlio. In questi casi si dovrà curare di
(6) Ibid., 302.
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coinvolgerli nella riscoperta della fede e della vita cristiana,
aiutandoli non solo in vista di una efficace e fruttuosa celebrazione
del sacramento, ma ponendosi al loro fianco negli anni successivi
per aiutarli a vivere la fede in famiglia.
b. Una particolare attenzione andrà riservata anche ai fidanzati
che intendono celebrare il sacramento del Matrimonio. Bisogna
evitare in ogni modo una preparazione affrettata, che si traduca
in un mero adempimento formale, avviando invece un itinerario
di fede e di partecipazione ecclesiale vissuto in coppia.
c. Particolare accompagnamento richiedono i penitenti che celebrano
il sacramento della Riconciliazione dopo molti anni di lontananza
da Cristo e dalla Chiesa; a loro va proposto un progetto di recupero
della propria identità di discepoli del Signore, mediante una più
sentita appartenenza ecclesiale.
B. Itinerario per completare l’iniziazione cristiana
Elementi concernenti le celebrazioni
Il cammino battesimale e penitenziale che caratterizza la Quaresima,
conduce alla celebrazione dei sacramenti dell’iniziazione abitualmente
durante la Veglia pasquale, “nella quale gli adulti professeranno la
fede battesimale, riceveranno il sacramento della Confermazione e
parteciperanno all’Eucaristia” (7)
Elementi concernenti il cambiamento di vita e di costumi
Durante il cammino, e in ogni caso prima dell’ammissione alla
celebrazione dei sacramenti, andranno esaminate con cura le eventuali
situazioni di vita non conformi alle esigenze del Vangelo, sia sotto
il profilo familiare che sotto il profilo professionale.
(7) Rito dell’iniziazione cristiana degli adulti, 304.
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Durata e modalità dell’itinerario
Anche quando la Confermazione viene richiesta da persone che
non sono lontane dalla pratica di vita cristiana, ad esempio in vista
della celebrazione del Matrimonio, è necessario che l’itinerario
abbia una durata adeguata, in modo da consentire un vero incontro
con il Signore risorto, che conduca verso una maturità di fede e
verso un più convinto inserimento nella Chiesa. Pur senza fissare
a priori una durata generalizzata di tale itinerario, considerate le
iniziative pastorali già in atto in molte Chiese locali, l’anno liturgico
appare il contesto più idoneo per strutturare efficaci itinerari di fede.
Nella sua storia la Chiesa ha saputo rispondere alle nuove esigenze
di fede della gente con la forza di una tradizione capace ogni volta
di rinnovarsi.
Possiamo oggi offrire itinerari credibili e praticabili per quanti
vogliono riscoprire la propria fede o completare l’iniziazione cristiana.
(Sintesi a cura di don Gerardo Antonazzo)
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PRIMA RELAZIONE
Tipologia attuale della “ricerca religiosa”
16 giugno 2004 (Mons. Lucio Soravito)
“Nel cuore di ogni uomo vi è un desiderio di salvezza. Il
Signore suscita la sete e dona l’acqua viva dello Spirito,
che sazia per sempre la sete d’infinito d’ogni persona. “Occorre
liberarsi dai pregiudizi e dal conformismo; occorre essere
sinceri e onesti con se stessi. È necessario prendere sul serio
le grandi domande, che ognuno di noi si porta dentro: chi
sono? da dove vengo? dove sto andando? E ancora: la realtà
è assurda o intelligibile? la vita è un dono, un destino cieco
o un caso? perché questa sete che nessuna conquista riesce
ad estinguere? che cosa posso sperare e che cosa devo fare?
Se vengo dal nulla e vado verso il nulla, sembra che non
ci sia nulla da sperare e nulla da fare, se non lasciarsi andare
alla deriva. Se invece vengo dall’Amore infinito e vado verso
l’Amore infinito, ecco che mi si apre davanti un cammino,
difficile forse, ma pieno di significato... Chi evita le domande
fondamentali, fugge da se stesso... Indifferenza, edonismo
e attivismo non sono una soluzione, ma un’evasione
irresponsabile. ‘Chi ha sete venga; chi vuole attinga
gratuitamente l’acqua della vita’ (Ap 22,17)”.(8)
Ancora oggi Gesù suscita nel cuore di tutti gli uomini
la fede e l’amore. Dall’incontro personale con Lui nasce
in ciascuno la coscienza della propria fragilità e della
propria condizione di peccato e, insieme, l’adesione al
suo messaggio di salvezza, con il desiderio di diffonderlo
nel mondo” (3ª Nota pastorale, n. 1).
(8) CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, La Verità vi farà liberi. Catechismo degli adulti, 8.
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La riflessione socio-culturale sull’atteggiamento religioso degli
italiani sembra offrire scarse prospettive alla missione della Chiesa,
che è quella di portare l’annuncio del Vangelo agli uomini del
nostro tempo. L’indifferenza religiosa, se non addirittura
l’atteggiamento di svalutazione e di disprezzo nei confronti della
ricerca religiosa, è davvero un muro impenetrabile.
1. In ogni uomo c’è del “buon terreno”
Se partiamo dal Vangelo, abbiamo molti motivi per guardare con
fiducia e con speranza nei confronti dell’attuale contesto socioculturale, nonostante la sensazione del rifiuto e la frequente esperienza
del fallimento.
Dal Vangelo secondo Marco (4,1-9)
1
Gesù si mise di nuovo a insegnare lungo il mare. E si riunì
attorno a lui una folla enorme, tanto che egli salì su una barca
e là restò seduto, stando in mare, mentre la folla era a terra lungo
la riva. 2 Insegnava loro molte cose in parabole e diceva loro nel
suo insegnamento:
3
Ascoltate. Ecco uscì il seminatore a seminare.
4
Mentre seminava,una parte cadde lungo la strada e vennero gli
uccellini e la divorarono.
5
Un’altra cadde fra i sassi, dove non c’era molta terra, e subito
spuntò perché non c’era un terreno profondo; 6ma quando si levò
il sole, restò bruciata e, non avendo radice, si seccò.
7
Un’altra cadde tra le spine; le spine crebbero, la soffocarono e
non diede frutto.
8
E un’altra cadde sulla terra buona, diede frutto che venne su e
crebbe, e rese ora il trenta, ora il sessanta e ora il cento per uno”.
9
E diceva: “Chi ha orecchi per intendere intenda!”.
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«Il seminatore uscì a seminare». In questo gesto, ampio e generoso,
possiamo scorgere un segno dell’iniziativa di Dio, un segno del
suo intervento decisivo e salvifico, in favore degli uomini. Dio è
entrato nella nostra storia e dona la sua parola con abbondanza,
anzi con prodigalità. Egli la lascia cadere su tutti i terreni, anche
su quelli che noi giudichiamo improduttivi. Egli non ragiona con
la logica dell’efficienza che seleziona i terreni a seconda del loro
reddito e che discrimina le persone in base ai risultati che esse
danno, ma semplicemente ama le persone, dà loro fiducia, dà a
tutti la possibilità di costruire un futuro nuovo.
Dove finisce quel seme? In terreni diversi, che corrispondono ad
altrettanti atteggiamenti religiosi degli uomini del nostro tempo:
a) Sulla strada: la strada rappresenta quelle persone nelle quali
sembra scomparsa ogni inquietudine religiosa. Non è che neghino
Dio; semplicemente non li interessa. Perciò rigettano qualsiasi
legame tra la loro vita e la parola di Dio.
b) Sulla terra sassosa: essa rappresenta gli incostanti, gli incoerenti,
i superficiali; coloro per i quali il cristianesimo ha un valore marginale,
folcloristico, tradizionale, e non serve per la vita quotidiana. La
terra sassosa rappresenta anche gli individualisti, coloro che, pur
affermando di credere in Dio, si ritengono estranei alla Chiesa,
rifiutano l’humus ecclesiale, rifuggono dall’esperienza parrocchiale.
c) Sulla terra cespugliosa: è la gente soffocata dalla mentalità
consumistica; accetta un ritualismo esteriore, vuole il battesimo,
la comunione e la cresima per i figli, ma non comprende la necessità
di una fede coerente nella vita; cerca la Chiesa, ma conduce una
vita pagana.
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d) Sulla terra buona: rappresenta sia i praticanti tradizionali, sia
i credenti impegnati, cioè coloro che in misura diversa sono disponibili
all’ascolto e all’accoglienza della parola di Dio.
Di fronte a questi terreni così diversi e irti di difficoltà, occorre
scoprire e valorizzare il buon terreno che c’è anche sotto l’asfalto,
sotto i sassi e sotto i rovi; occorre scoprire, cioè, la parte della
persona potenzialmente disponibile all’incontro con il Vangelo. Il
“punto d’innesto” del messaggio cristiano va cercato in tre ambiti
che possono rendere fertile il cuore dell’uomo:
• Ogni uomo è creato per mezzo della Parola (cf Gv 1,3) ed è
fatto per il dialogo con la Parola; in essa egli trova la propria identità
e l’unica risposta che può esaudire il suo bisogno di vita pienamente
riuscita: “Tu ci hai fatti per te, Signore, e il nostro cuore è inquieto
finché in te non si riposa” (S. Agostino).
• Ogni uomo è animato dallo Spirito Santo; lo Spirito di Dio
ha riempito l’universo; non c’è situazione umana in cui Egli non
sia presente; è presente come spinta o come attrazione o come
rimorso o come stimolo. Spetta a noi cogliere i segni della sua
presenza nel cuore dell’uomo a collaborare con lui.
• Tutte le persone, anche quelle che sembrano avere un cuore
desertificato, si portano dentro ansietà, desideri, domande che non
riescono a formulare, ma che li rendono insoddisfatti. E questo il
campo in cui seminare: e dobbiamo farlo con fiducia!
2. La «nostalgia» di Dio
Che in ogni uomo ci sia del “buon terreno”, emerge da quella
“nostalgia di Dio” che molti uomini e donne manifestano spesso,
sia pure in modo implicito e in forme contraddittorie.
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Sono molti i segni, impliciti o espliciti, di questa “nostalgia”
o “sete di Dio”, presenti nella cultura attuale (al di là delle occasioni
che le fanno emergere). Ad esempio:
- il disagio esistenziale di fondo, l’insoddisfazione per il tipo
di vita e la ricerca di una nuova qualità della vita;
- la coscienza del proprio limite e la richiesta di aiuto, di sostegno,
di accompagnamento, di amore, di affidamento a un Trascendente;
- il bisogno di dare un senso alla vita e di vivere una vita pienamente
riuscita;
- il desiderio di una vita più umana anche per gli altri, che si
esprime attraverso le varie forme di volontariato.
Questa “nostalgia di Dio” è favorita da diversi fattori. La stessa
cultura post-moderna offre diversi stimoli all’adulto di oggi per
aprirsi alla ricerca religiosa e al messaggio cristiano.
• Il nostro tempo è segnato da una pressione sociale che costruisce
una sorta di realtà “virtuale”, di illusione, che tutto avviluppa e
stravolge. A fronte di un simile condizionamento, l’esito più frequente
è l’abitudine e l’indifferenza. Ma alcune volte esso provoca in noi
una ribellione, uno scossone che ci sveglia e che ci riporta alla
realtà e ci restituisce la voglia di cercare una umanità più vera.
Ci fa avvertire dentro di noi il bisogno di fare il passaggio dalla
stanchezza, dallo stress, dalla routine, dal senso di vuoto e di inutilità,
ad uno stupore e ad una concentrazione attenta sulla vita.
• L’attenzione alla propria libertà ci rende particolarmente sensibili
nei confronti dei condizionamenti di ogni genere e crea in noi un
bisogno di aria nuova, un forte senso di criticità e, soprattutto, ci
mette in cammino.
• Colui che si mette alla ricerca di una vita più autentica, si
scontra con il senso del limite, particolarmente accentuato in quest’epoca
post-moderna dal “pensiero debole”; ma questa esperienza può
aprire l’uomo alla trascendenza e per la ricerca religiosa. Alcuni
si aprono alla ricerca religiosa dopo aver percepito il limite delle
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cose e delle persone e la loro incapacità di saziare la sete di una
vita pienamente riuscita.
• L’individualismo ed il soggettivismo odierno, al di là degli
esiti negativi, rivela un forte desiderio di “civiltà dell’umano”,
incentrata sulla persona. L’uomo è “individuo in relazione”: con
se stesso, con gli altri, con la natura, con il Trascendente. In questo
contesto culturale è importante aiutare l’uomo a scoprire che egli
gioca la sua realizzazione nella capacità di vivere in relazione: con
gli altri e con Dio.
• Nella società attuale, dove predominano i criteri efficientistici
ed economicistici, riemerge l’esigenza di valori spirituali e un’attenzione
nuova alla dimensione spirituale della persona e alla dimensione
contemplativa della vita. Questa sensibilità per la dimensione spirituale
dell’uomo è configurabile come bisogno di trascendenza, come
“nostalgia” di Dio.
• In un’epoca di pluralismo culturale, di “universi simbolici” e
di religioni - qualcuno parla di “fiera delle religioni” - il fenomeno
religioso appare molto più diffuso e pervasivo di quello che si
potrebbe pensare e costringe l’uomo di oggi a entrare in dialogo
con varie esperienze religiose. La presenza di diverse religioni
provoca l’uomo ad interrogarsi, sia sul proprio credo religioso, sia
su un’eventuale scelta “laica” (non credente).
• Alcuni, non trovando il vero volto di Dio, manifestano la loro
nostalgia di Dio in forme negative:
- cercando una risposta ai loro problemi in esperienze pseudoreligiose (sette, ricorso a maghi, astrologi, oroscopi, ecc.);
- ricercando una compensazione nell’accaparramento dei beni
materiali;
- tuffandosi a capofitto in ogni tipo di esperienze, anche insensate,
- rassegnandosi a vivere una vita mediocre, senza orizzonti,
chiusi nella loro piccola infelicità.
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3. Per una tipologia della ricerca religiosa e del cammino di fede
Veniamo ora ad un aspetto più direttamente connesso alla questione
della ricerca di fede cristiana. Ci chiediamo in particolare chi sono
coloro che intraprendono un nuovo cammino di fede. In base
all’osservazione, è forse possibile presentare alcuni tipi di ricerca
religiosa e quindi anche di avvicinamento alla fede cristiana. Si
tratta di tipi ideali, e quindi di una costruzione che tenta di far luce
su una realtà certamente variegata ed alquanto in ombra.
Presento sei tipi ideali, suddivisi per coppie volutamente
estremizzate, come poli estremi di una realtà che nel concreto tende
a posizionarsi verso il centro di questi estremi.(9)
La prima coppia si colloca sull’asse ricerca individuale/ricerca
in riferimento alla tradizione.
a) La ricerca individuale è opera di un soggetto che, per motivi
assai diversi, è portato a compiere una sorta di bilancio della propria
vita. Questo bilancio, tra aspettative e risultati, può dare vita ad
un ripensamento circa la propria esistenza e a un desiderio di
mutamento, fino ad una vera e propria conversione religiosa. Poiché
la ricerca è dettata da motivi fortemente individuali, risulta difficile
il riconoscimento di una comunità precisa alla quale affidarsi. In
termini schematici, si potrebbe dire che in questa prospettiva individuale
non si tratta di “aderire a”, ma di diventare “consapevoli di”, attraverso
il ricupero di interiorità, di forme e pratiche di spiritualità, di scelte
coerenti. L’aspetto comunitario ed ecclesiale può diventare significativo
se vengono incontrate alcune figure religiose con cui fare un tratto
di strada, fino a partecipare alle espressioni religiose ecclesiali.
(9) Questa tipologia della ricerca religiosa è proposta da AMBROSIO G., Le domande di coloro che riprendono il cammino
verso la fede cristiana, Seminario di studio sul catecumenato, Firenze 5-6 maggio 2000, in UCN, Informazioni sul
catecumenato in Italia, 3/2000, pp. 4-12.
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b) All’estremo opposto vi è un altro tipo di ricerca religiosa e
di possibile ripresa di un cammino di fede. Si può qualificare questa
ricerca come ricerca della tradizione, soprattutto in riferimento
alla memoria. L’inizio del cammino prende spunto dal desiderio
di iscriversi in una tradizione un tempo cara, dalla nostalgia di
ritrovare una “casa” con le sue abitudini, i suoi stili e le sue forme.
Più che ai contenuti specifici, l’interesse sembra essere rivolto
all’appartenenza, alla memoria, alla tradizione culturale socialmente
appresa, anche come riferimento per la propria identità.
Come esempio, si può pensare a non pochi casi di persone
indifferenti alla vita di fede fino a quando sono vissute all’estero
(o anche in città italiane). Al momento del ritorno (in Italia o al
proprio paese), l’incontro con la propria comunità di origine - o
la scoperta di una comunità religiosa particolare - favorisce un
ripensamento religioso che fa superare l’indifferenza e inserisce
entro la comunità religiosa.
La seconda coppia si colloca tra la ricerca religiosa in direzione
etico-sociale e la ricerca in prospettiva mistica.
a) Nella ricerca che può essere qualificata come etico-sociale
la dimensione propriamente religiosa resta sullo sfondo. Ma non
per questo non è interessante e significativa. Soprattutto quando
riesce a fare breccia in una formazione e in una cultura assai distanti
rispetto ad ogni questione religiosa. L’interesse religioso si esprime
a partire da ciò che la dimensione religiosa (cristiana) può rappresentare
come speranza in vista di un nuovo modo di intendere i rapporti
sociali, di far fronte alle ingiustizie del mondo. Questo interesse
religioso può anche includere un riferimento alla comunità ecclesiale,
soprattutto per l’aspetto di solidarietà che manifesta e per la critica
sociale che può svolgere.
Vorrei citare due libri scritti da persone che si collocano su
posizioni assai lontane rispetto alla fede cristiana ed anche alla
problematica religiosa. Si tratta solo di un esempio che intende
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illustrare come la questione religiosa possa emergere entro un’ottica
etico-sociale.
- Un comunista torinese, Marco Revelli, ha pubblicato da Bollati
Boringhieri un piccolo libro su una vicenda di zingari. Questo
comunista torinese manifesta il rimpianto per la Torino del passato,
la Torino operaia, la Torino della solidarietà, capace di accogliere
gli altri. Ebbene questo comunista sembra esprimere il desiderio
che Torino venga ri-cristianizzata.
- Ancora più accentuata la valorizzazione della dimensione religiosa
nel libro intitolato L’animale visionario di Romano Madra, un
filosofo che ha lavorato con Emanuele Severino, che ha militato
in gruppi politici di sinistra o di estrema sinistra. Il libro si rivolge
proprio a quelli che hanno fatto la “grande rivolta” - il ’68 - e che
oggi si adeguano al mondo così come è, accettando le sue logiche,
magari ritenendolo il migliore dei mondi possibili. L’autore individua
nella dimensione religiosa la speranza di un rifiuto, di una non
accettazione supina delle ingiustizie di questo mondo.
b) All’estremo opposto si trova la ricerca che possiamo qualificare
come domanda religiosa con orientamento mistico, ove prevale
l’immediatezza tra l’uomo e Dio, ove si ricerca l’esperienza sensibile,
ove si esperimenta l’intensità emotiva, ove molto spazio è dato
all’interiorità. Questa ricerca tende a non fare ricorso alle forme
religiose storicamente oggettivate oppure può servirsene in una
prospettiva un po’ strumentale e soprattutto in una prospettiva marcata
dall’interiorità. Può ad esempio dare risalto alla preghiera, praticata
come bisogno di aiuto, come coscienza della dipendenza. Ricorrendo
ad una nota espressione di P. Berger, questa ricerca religiosa avviene
in funzione del “salvataggio del sé”, della propria identità, del
proprio io.(10) Indubbiamente questa via “mistica” è assai praticata.(11)
(10) P. BERGER, Una gloria remota. Aver fede nell’epoca del pluralismo, Il Mulino, Bologna 1994, p. 105 ss.
(11) Si può rinviare al saggio di L. GOLDMANN, Il dio nascosto, Laterza, Bari 1971, che illustra come nella vicenda
moderna del Cristianesimo questa via “mistica” sia assai operante.
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Un’ultima coppia può essere costituita dalla seguente polarità:
una ricerca religiosa come adesione a un gruppo o movimento
religioso ed una ricerca religiosa legata alla vita quotidiana.
a) Non è il caso di soffermarsi sulla prima polarità, peraltro
molto diffusa.
Molte conversioni, molte “nuove nascite” sono dovute alla pratica
sovrapposizione fra la scoperta (o riscoperta) della fede e la scoperta
di un gruppo o movimento. I movimenti di revival, di rinascita
sono per molti il luogo propizio per intraprendere un cammino
di fede.
b) La ricerca religiosa più legata alla vita quotidiana - vivere
con maggior consapevolezza la vita cristiana nelle concrete condizioni
di vita - è motivata o occasionata da situazioni assai diverse, spesso
legate al contesto personale e familiare (una situazione di difficoltà,
l’esigenza di accompagnare il figlio nel cammino catechistico, ecc.).
Spesso si tratta del risveglio di una fede in un certo senso solo
sopita, che però aveva causato un distacco progressivo dalla pratica
religiosa e, anche se non dichiarato, dalla comunità ecclesiale: la
situazione particolare diventa l’occasione per riprendere un cammino
interrotto e per ricuperare un legame allentato.
Conclusione
I tipi ideali che abbiamo tratteggiato non pretendono di esaurire
la eterogeneità e la varietà della domanda religiosa, ma possono
aiutare a inquadrare le diverse forme o modalità che la ricerca
religiosa e cristiana assume nel quadro variegato e pluralistico della
nostra realtà italiana.
È evidente che questa domanda non deve essere solo intercettata
ma anche accolta, con un ripensamento delle forme pastorali di
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accoglienza e di proposta, con una équipe di animazione che
difficilmente si potrà avere a livello solo parrocchiale. Tanto più
che, con lo stemperarsi della tradizionale culturale religiosa, saranno
sempre di più gli adulti sprovvisti di una elementare formazione
cristiana. E sempre di più si diffonderà nella cultura pubblica e
mass-mediale quell’atteggiamento tendenzialmente indifferente della
cultura colta nei confronti della questione religiosa.
Solo accogliendo la domanda attraverso una disponibilità concreta,
che favorisce l’apertura verso l’alto e verso la comunità, si favorisce
un serio cammino di fede. Si tratta di ascoltare coloro che domandano,
di partire dal loro mondo, dalla loro esperienza, dalla complessa
vicenda personale: il desiderio di scoprire il messaggio evangelico
implica un percorso graduale e una progressiva e matura
consapevolezza. Solo così si consolida la decisione di continuare,
si fa strada l’idea di un cammino spirituale, di un percorso di iniziazione
cristiana, di crescita comune nella fede in Gesù Cristo.
Se questa attenzione “a chi bussa” è esigita dal contesto italiano,
essa trova conferma in una realtà diversa dalla nostra, quella francese,
ove si presta una particolare cura nella dinamica di accompagnamento
e di conversione. Infatti, nell’esperienza francese del catecumenato(12)
grande è l’attenzione alla prima fase che potrebbe essere detta di
precatecumenato. Il “tempo dei primi incontri” - così viene chiamato
- risulta decisivo: si tratta di stabilire una relazione tra la domanda,
a volte chiara ma spesse volte confusa, e il messaggio evangelico,
accogliendo le questioni che la persona porta con sé e promuovendo
un primo discernimento della conversione in atto.
L’accoglienza si inserisce in una dinamica di accompagnamento
che all’inizio è prevalentemente di tipo individuale - è prevista la
(12) La Francia, tra le chiese di antica tradizione cristiana, è la più sensibile ed attenta al cammino catecumenale. In
particolare è a Lione che per la prima volta nel nostro secolo - precisamente nel 1953 - è stato riattivato il catecumenato
in forma stabile ed organizzata. Per una puntuale presentazione si veda L. BAGATIN, Il catecumenato di Lione. Presentazione
della proposta e analisi interpretativa, in “La Scuola Cattolica”, CXXVII (1999), n. 1, pp. 133-171.
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figura dell’accompagnatore - per poi inserirsi in un cammino più
comunitario in vista dell’approfondimento di alcuni nuclei tematici
e soprattutto in vista del catecumenato vero e proprio che aiuta a
riscoprire Gesù Cristo attraverso un approccio significativo alla
Scrittura. Ma anche in questa fase del catecumenato, resta fondamentale
la valorizzazione del contesto di vita e delle relazioni significative
già esistenti.
Il gruppo catecumenale non è pre-esistente al cammino del nuovo
catecumeno, ma in un certo modo si costruisce attorno a lui,
coinvolgendo l’eventuale coniuge o alcuni amici che vogliono
condividere la ricerca, insieme ad altri cristiani sensibili al cammino
catecumenale. Solo più avanti il catecumeno parteciperà ad incontri
più larghi, in assemblee catecumenali, con scambi tra gruppi, con
circolazione di esperienze e sensibilità differenti.
FOGLIO DI LAVORO N. 1
Nonostante una diffusa indifferenza e, a volte, disistima verso la
religione, le indagini sociologiche rilevano che nel nostro Paese
non manca la “domanda” o la “ricerca religiosa”. Gli adulti dei
nostro paese:
- in quali occasioni manifestano questa “domanda” o “ricerca
religiosa”?
- in che modo manifestano questa “domanda” o “ricerca religiosa”?
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SECONDA RELAZIONE
Le occasioni della ricerca religiosa
17 giugno 2004 (Mons. Lucio Soravito)
“Ogni percorso di vita e di fede costituisce una storia personale
unica e irripetibile...
Nell’età giovanile ricorrono momenti che possono diventare
snodi esistenziali significativi per una nuova visione della vita: la
ricerca di un lavoro, nel quadro di incertezza circa il proprio futuro,
può aiutare a elaborare decisioni mature; l’avvio della vita affettiva
e la prospettiva di costruire una famiglia aprono verso una nuova
progettualità e verso una visione più impegnativa dell’esistenza e
consentono di scoprire il disegno di Dio sull’amore e sulla propria
vocazione a servizio degli altri; l’esperienza traumatica della
solitudine, della sofferenza e della morte provoca domande di senso
e determina crisi, che talora approdano verso l’acquisizione di
valori durevoli e verso scelte di vita particolarmente impegnative.
La domanda del Battesimo di un figlio, così come la celebrazione
della Confermazione o della prima Comunione, possono interpellare
in modo serio e decisivo la coscienza, anche se non di rado la richiesta
è determinata da motivi di carattere familiare o di convenienza
sociale...
La vicinanza e il sostegno di un credente possono risultare
determinanti nel ridefinire le proprie ragioni di vita e la propria
speranza in taluni passaggi esistenziali problematici: una malattia
personale o di un familiare, difficoltà a livello professionale, una
crisi coniugale, un improvviso trasferimento che muta radicalmente
la vita e le relazioni e può sfociare in una dura esperienza di solitudine,
momenti di fatica esistenziale, la morte di una persona cara.
In tali circostanze la persona può sperimentare crisi senza sbocchi,
ma può anche trovare una apertura verso Qualcuno che ci ama e
ha a cuore la nostra vita” (3 a Nota pastorale, nn. 10 - 13).
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Tutta la vita è “iniziazione” alla vita, è come un cammino a
tappe, è come un “uscire” da una condizione di vita per sperimentarne
un’altra, è un “ripartire” ogni giorno come Abramo verso una nuova
terra, verso nuove esperienze, nuovi incontri. Lungo questo “viaggio
della vita” l’uomo ha molte occasioni per incontrare Dio; sono
molti gli “appuntamenti” che Dio gli offre per incontrarlo. Questi
“appuntamenti” sono rappresentati soprattutto dalle “svolte”, dai
cambiamenti, dai momenti di passaggio.
Anche la vita adulta, come del resto la vita sociale e culturale
attuale, è caratterizzata dai cambiamenti; essa conosce periodi di
stabilità, ma conosce anche periodi di crisi e di passaggio, che
costringono l’adulto a ridefinire la sua identità e a riorganizzare
la sua esistenza su nuovi valori e motivazioni.(13)
Gli psicologi che studiano sperimentalmente l’età adulta hanno
cercato di individuare le caratteristiche che contrassegnano i diversi
momenti della vita adulta. Alcuni di essi hanno messo in luce che
nella vita dell’adulto esistono dei periodi e delle tappe che possiedono
caratteristiche proprie e che tutti, in modo più o meno simile,
attraversano. Anche la maturazione spirituale e l’evoluzione della
fede degli adulti appare fortemente legata a tali situazioni e al modo
con cui l’adulto le vive.(14)
1) La vita adulta viene divisa in tre grandi periodi o fasi: l’adulto
giovane, l’adulto maturo, l’adulto anziano.(15) Queste fasi sono legate
sì a un arco di età, ma soprattutto a un momento appropriato per
acquistare una maturità più grande. Ognuna di queste fasi è
(13) Per i primi tre paragrafi di questo capitolo mi sono avvalso delle riflessioni svolte da E. BIEMMI, Accompagnare
gli adulti nella fede. Linee di metodologia catechistica, Elledici, Leumann 1994, pp.
20-26. Cf L. SORAVITO, La catechesi degli adulti, Elledici, Leumann (Torino) 1998, pp. 106-114. Cf inoltre E. ALBERICH
- A. BINZ, Adulti e catechesi, Elledici, Leumann (Torino) 1993, pp. 67-80.
(14) WHITEHEAD EVELIN EATON e JAMES D., Les étapes de l’age adulte. Evolution psychologique et religieuse,
Centurion, Paris 1990, pp. 268. Cf anche COMTE ROBERT, Etapes de la vie adulte et évolution de la vie spirituelle,
in “Catéchèse”, 120, luglio 1990, pp. 23-34.
(15) Cf ERIKSON E. H., I cicli della vita. Continuità e mutamenti, Armando Ed., Roma 1984.
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caratterizzata, quando si risolve bene, da una virtù psicologica:
l’amore come soluzione positiva dell’intimità, la sollecitudine per
la generatività, la saggezza per l’integrazione.(16)
2) Ogni fase è caratterizzata dal modo con cui una persona si
colloca di fronte all’età e alla susseguente condizione fisica, ai ruoli
che è chiamata ad assumere, alla realizzazione di sé e ai numerosi
compiti che queste tre realtà richiedono. L’evoluzione poi da una
fase ad un’altra non è automatica e può risolversi più o meno
positivamente per la persona.
3) Ogni fase viene superata attraverso un periodo di “crisi”,
che ha le caratteristiche di un tratto di strada confuso, in cui la
persona è più vulnerabile e percepisce che la forma di vita fin qui
vissuta non soddisfa più ed è necessaria una riorganizzazione.
4) In ciascuna delle tre fasi si assiste anche a una modificazione
dell’esperienza religiosa. La nostra fede di giovani adulti, di adulti
e di anziani è segnata dall’intimità, dalla generatività, dall’integrazione.
Non bisogna dimenticare che i momenti di passaggio sono quelli
in cui la persona è più disponibile a lasciare educare la propria
immagine di Dio; sono pure quelli in cui la comunità è chiamata
maggiormente a intervenire.
1. La prima fase: l’adulto giovane (dai 30 ai 45 anni)
La stagione dell’intimità (amore) e dell’utopia
Questa fase coincide con la progressiva entrata del giovane nella
vita di adulto (dai 30 ai 45 anni). È il momento in cui il giovane
adulto diviene economicamente e affettivamente indipendente e di
solito lascia la famiglia di origine per formare la “sua famiglia”.
(16) Gli psicologi oggi sono concordi nel ritenere che le fasi della vita adulta inizino almeno cinque anni più tardi rispetto
all’indicazione data una ventina di anni fa da D. Levinson et A. (cf The Seasons of a Mans Life, Knopf 1978), dal momento
che l’adolescenza si è prolungata, la giovinezza si è dilatata almeno fino ai 30 anni e l’età media della persona è più
alta che in passato (tra l’altro si tende a prolungare l’età di lavoro fino ai 65 anni).
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Egli entra progressivamente nel mondo del lavoro; ma i suoi
impegni affettivi, professionali e sociali hanno sovente - almeno nel
primo periodo di questa fase - un carattere esplorativo; prima di
arrivare a una soluzione stabile, l’adulto giovane passa attraverso
diverse esperienze.
Il passaggio dalla giovinezza all’età adulta fino a qualche decennio
fa si situava attorno ai 25 anni. Oggi tende a essere sempre più
posticipato per due ragioni fondamentali: il prolungarsi del periodo
della scuola e la difficoltà a trovare un lavoro. Per questo possiamo
indicativamente situare l’inizio di questa prima fase della vita adulta
attorno ai 30 anni.
La fase dell’adulto giovane è legata alla sfida dell’intimità, alla
capacità di sognare e, dal punto di vista spirituale, alla sfida del
dubbio religioso.
1) La sfida dell’intimità
Se l’adolescenza è caratterizzata dalla sfida dell’identità
(l’adolescente è alla ricerca di sé, della sua identità), i primi anni
dell’adulto giovane sono segnati dalla sfida psicologica dell’intimità,
dell’incontro-confronto con l’altro o con gli altri. L’adulto giovane
ridefinisce la propria identità nell’incontro con l’altro.
L’accettazione di ridefinire la propria identità appena acquisita
e di lasciarsi influenzare da un altro o da altri è la caratteristica
dell’intimità. Legandosi ad altre persone, il giovane adulto libera
le sue risorse psicologiche, necessarie per una vita di intimità.
L’amore, inteso come capacità di riceversi da un altro e di aiutare
un altro a ridefinire se stesso, è la soluzione positiva della sfida
intimità. I “luoghi” dove l’intimità è vissuta e giocata sono:
- l’amicizia e la solidarietà: una persona accetta di essere modificata
dalla relazione con un’altra o un gruppo di altre;
- il matrimonio con l’esperienza dei rapporti sessuali;
- la cooperazione e in certa misura anche la concorrenza (ad esempio
sul lavoro).
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Il luogo privilegiato dell’intimità è senz’altro quello del matrimonio,
dove essa, se supera gli scogli narcisistici, diviene comunicazione
totale e ridefinizione di sé con un altro. Il celibato, accettato o
scelto, possono rappresentare delle esperienze di intimità, a una
condizione: che si viva la reciprocità nelle relazioni con gli altri.
2) La capacità di sognare
L’adulto giovane porta in sé un potente elemento di dinamismo:
la capacità di sognare se stesso, la propria realizzazione e il proprio
ambiente nei termini dell’utopia. Le sue realizzazioni amorose,
familiari, professionali e sociali gli appaiono come un’approssimazione
del sogno coltivato. La capacità di sognare svolge un ruolo di spinta
in avanti e di potenziale innovazione.
3) La sfida del dubbio religioso
La fase dell’adulto giovane è spesso un periodo in cui si rimette
in dubbio tutto ciò che si è ricevuto a livello di fede. Il conflitto
tra visione scientifica del mondo e visione di fede, la presa di
coscienza della debolezza e della incoerenza delle istituzioni ecclesiali,
la frammentarietà culturale e la pluralità dei riferimenti valoriali,
porta allo sgretolamento della fede infantile e al bisogno di riesaminare
criticamente ciò in cui si crede. Potremmo dire che si sente l’esigenza
di rendere la fede “intellettualmente abitabile”, cioè una fede che
risponda agli interrogativi che si stanno vivendo e che abbia una
sua coerenza intellettuale.
In questa fase la fede può giocare un ruolo importante, in rapporto
alla capacità di sognare dell’adulto giovane. Perciò nell’educazione
cristiana dell’adulto giovane è importante utilizzare due categorie
bibliche molto significative: quella del “Regno di Dio” (“Il regno
di Dio è in mezzo a voi”: Mc 1,15) e quella di “ vocazione”.
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L’annuncio del Regno non è altro che l’annuncio che il “sogno”
di Dio (il progetto di Dio) sul mondo è in via di attuazione. La
presa di coscienza di una chiamata all’interno della vita non è altro
che l’invito a prendere parte attiva, nella libertà e nell’immaginazione,
alla realizzazione di tale “sogno”.
In questa prospettiva emergono alcune conseguenze pastorali:
a) È questo il tempo in cui la comunità deve poter offrire alle
persone la possibilità di rivisitare la propria fede nei termini della
significatività e della coerenza, di attraversare il dubbio e di trovare
la strada per approdare a una fede intellettualmente abitabile.
b) È questo il tempo in cui la comunità cristiana deve invitare
i suoi membri ad abbracciare il suo “sogno”, che incide sulla vita
personale e sociale della gente. Inoltre la Chiesa deve mostrare
modelli credibili e in via di attualizzazione per la realizzazione
del Regno.
2. La seconda fase: l’adulto maturo (dai 45 ai 65 anni)
La stagione della generatività (sollecitudine) e dell’interiorizzazione
La seconda fase, situabile nel mezzo dell’età adulta (dai 45 ai
65 anni), è quella della sfida della generatività, fase in cui ci si
sente responsabili di ciò che si è generato, a tutti i livelli. Qui
l’equilibrio da trovare è tra le due tendenze della stagnazione e
della generatività.
Dopo i tentativi e le esperienze dell’età giovanile, la vita si è
ormai stabilizzata: si ha la propria famiglia, si hanno dei figli, una
professione, delle responsabilità sociali. D’altra parte, un bel giorno,
ci si accorge che non si è più giovani, che la vita sta passando e
che, forse, quello che sta dietro è più di quello che ci resta da vivere.
È il momento delle responsabilità, con il rischio di farsi travolgere
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da esse. È anche il momento in cui fisicamente non si ha più il
vigore giovanile; dall’idealismo si passa progressivamente al realismo,
misurando sempre più lo scarto tra il sogno coltivato e ciò che si
è effettivamente realizzato. Così la stagione della vita che intercorre
tra i 45 ed i 65 anni sembra caratterizzata da tre aspetti.
a) Il potere personale: la competenza, l’esperienza e la
consapevolezza delle proprie forze e capacità, pongono la persona
in una posizione di autorità.
Proprio il desiderio di responsabilità, la capacità di essere in
posizione di controllo, spingono la persona a un nuovo passaggio.
b) La preoccupazione per gli altri: l’adulto al centro della vita
vuole essere responsabile di qualcun altro e lo desidera. Prova il
bisogno che si provi bisogno di lui o di lei.
c) Un ritorno su se stessi: il movimento verso l’esterno, che
caratterizza il centro dell’età adulta, è accompagnato da un equivalente
e crescente movimento verso l’interiorità. Quest’ultimo si manifesta
come esigenza di concentrazione sui bisogni interni, di riesaminare
gli impegni e di valutare i valori scelti.
La persona matura sente il bisogno di una nuova traversata, di
una ridefinizione di se stessa. Tale traversata è un invito a un doppio
approdo:
a) innanzitutto la sfida della generatività, sfida che si può riassumere
nella seguente domanda: “Posso e voglio essere responsabile di
nutrire e curare la vita?”. La soluzione positiva della sfida della
generatività è la sollecitudine. Essa si manifesta come preoccupazione
per ciò che l’adulto ha prodotto. È l’amore dell’uomo per le sue
opere e le sue idee, oltre che per i suoi figli. Si esprime nella
preoccupazione di prendersi cura della generazione seguente.
La sollecitudine generativa si distingue dall’amore, proprio della
tappa dell’intimità, per una caratteristica: essa sa coniugare la
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sollecitudine con il distacco. È la capacità, cioè, di occuparsi di
ciò che si è generato, permettendogli di seguire il suo cammino,
di incoraggiarlo in questo cammino, dando fiducia a questa nuova
vita, anche se si sviluppa fuori del proprio controllo e dei propri
progetti. La persona generativa è capace di rinunciare al controllo.
b) Un secondo appello è quello a un ritorno su di sé, per stabilire
un bilancio, per riequilibrare le proprie energie e forse anche per
un cambio di prospettive. È a questo punto che si situano spesso
le crisi matrimoniali, il divorzio e un nuovo matrimonio, un cambio
di professione e anche una crisi per chi si è impegnato nella vita
religiosa o sacerdotale. Potremmo dire che l’esito positivo di tale
seconda sfida è quello dell’interiorità, cioè di un ricupero dell’unità
di se stessi con maggiore equilibrio e consapevolezza.
In questa stagione della vita sono però possibili tre fughe, per
evitare tale passaggio: la fuga nel divertimento, in un attivismo
sfrenato o nella depressione.
Dal punto di vista religioso l’adulto maturo può trovare un aiuto
da due “categorie” specifiche della spiritualità cristiana: la “diaconia”
e il “mistero”.
a) L’uomo e la donna nella maturità della loro vita possono
trovare un senso al loro bisogno di responsabilità in quello che il
vangelo chiama diaconia e che ritrova in Gesù il riferimento essenziale.
Chi meglio di lui ha saputo vivere il potere come “servizio” e far
maturare la sua responsabilità in “sollecitudine”?
b) Il secondo termine è quello di mistero. È il momento in cui
l’adulto sperimenta tutte le sue possibilità, ma anche tutti i suoi
limiti, e in cui si rende conto che la realtà è più grande di come
la possiamo concepire. Ciò significa che questa è la stagione opportuna
per passare da una fede convinta, ma di tipo razionalistico, a una
fede che sa integrare il limite, la complessità, la contraddizione,
il mistero.
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3. La terza fase: l’adulto anziano (da 65 anni in su)
La stagione dell’integrazione (riconciliarsi con il proprio passato)
La terza fase, alla fine della vita adulta (dai 65 anni in su), vede
la persona impegnata a risolvere il conflitto tra la disperazione e
l’integrazione. Quest’ultima consiste nel riconciliarsi con l’esistenza
così come è stata, con i suoi elementi negativi e positivi. A partire
da una certa età, ogni persona è obbligata ad affrontare una serie
di condizionamenti, di natura fisica, economica, sociale.
Se per buona parte della mia vita di adulto mi ero identificato
con i miei ruoli, le mie responsabilità e i risultati connessi, ora
devo progressivamente rinunciare a molti di essi: quello di marito
o di moglie, quando uno dei congiunti muore; quello di padre o
madre, quando i figli lasciano la casa; quello della professione,
quando si arriva alla pensione. La stessa esperienza è fatta dalle
persone consacrate (preti o religiosi/e). Esse devono accettare di
ridefinire diversamente la loro identità personale, fino ad ora legata
al loro ruolo ecclesiale.
Di conseguenza, il movimento di interiorizzazione, iniziato nella
fase precedente, si intensifica e la domanda di senso diventa
fondamentale: “Che significato ha la mia vita?”. La domanda si
pone in modo tanto più urgente, quanto più ci si rende conto che
non resta molto tempo per l’avvenire personale. L’esigenza dell’età
matura di una dedizione disinteressata, diventa ora l’invito a vivere
la rinuncia in piena lucidità.
In questa stagione della vita si affrontano due tendenze opposte:
la disperazione o l’integrazione. La sfida è quella di guardare la
propria vita e di scoprirla “assurda” (senza senso) oppure “significativa”.
La constatazione che è ormai troppo tardi per dare senso alla propria
vita porta alla disperazione. La disperazione nasce dall’incapacità
di dare senso alla propria vita, così come è stata. Essa si manifesta
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nell’amarezza e nella critica sprezzante verso tutto; critica proiettata
sul mondo e sugli altri, ma che ha le sue radici nella non accettazione
di sé.
L’integrazione, invece, nasce dall’accettazione del proprio passato,
della propria vita come qualcosa che doveva essere così e non
diversamente. Certo, poteva essere diversa, ma così come è stata
è la mia vita. Avrebbe potuto essere migliore, secondo certi criteri,
ma io non sarei quello che sono. L’accettazione del passato riposa
sull’accettazione del mio presente. Allora la vita intera prende senso
e con essa il mondo. Anzi, con il senso che ho conferito alla mia
esistenza accettata, io inietto un po’ di senso anche nel mondo.
Il frutto maturo dell’integrazione è la saggezza. La saggezza è
uno sguardo rappacificato sulla vita, ma non ingenuo. Si manifesta
come preoccupazione disinteressata e nello stesso tempo attiva nei
riguardi della vita stessa, di fronte alla morte. C’è saggezza quando
mi rendo conto che la mia vita e il mio potere sono limitati dalla
morte, ma è la vita che prevale. Il riconoscimento della morte, della
mia morte, può liberare dalla preoccupazione della vita.
Dal punto di vista spirituale, questo è il tempo in cui si viene
spogliati dei propri ruoli, nei quali in precedenza ci si identificava,
e si può allora accedere alla verità di se stessi e delle cose. Si è
chiamati a vivere, in termini di fede, una vera kenosi, a immagine
di Cristo, e a prendere atto che “la potenza di Dio si realizza nella
debolezza”. Si può comprendere la gratuità della vita, che cioè essa
può essere vissuta per se stessa e non per le attività che la riempiono.
Sempre nell’ambito della fede, la persona può essere condotta
a sperimentare, in termini del tutto inediti, che ciò che conta è
l’amore preveniente e incondizionato di Dio e non le qualità di
ciascuno o il bilancio di ciò che si è realizzato. L’esperienza amara
degli insuccessi e anche del male fatto, può portare alla scoperta
che nulla è irrimediabile e che non solo il proprio presente, ma
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anche il proprio passato possono essere riscattati, se messi nelle
mani di Dio.
Anche qui derivano alcune conseguenze pastorali.
- In questa età occorre offrire alle persone un “luogo” in cui
esse possano “raccontarsi” e in cui possano “guarire” i propri ricordi.
- D’altra parte, la comunità cristiana ha indispensabile bisogno
di persone anziane riconciliate, come testimonianza vivente di una
risurrezione promessa e anticipata.
Tutte queste fasi e questi passaggi costituiscono altrettante
“brecce” che riportano a galla il problema del senso della vita
e che costituiscono altrettanti “momenti” favorevoli per la ricerca
religiosa; occasioni preziose in cui riscoprire che la fede cristiana
rende più vera, giusta e bella la vita personale, familiare e sociale,
rinnova i rapporti di amicizia, dà senso alla fatica del lavoro,
all’impegno educativo, alla malattia e alla morte.
4. Gli “appuntamenti” di Dio
All’interno delle diverse tappe della vita adulta l’uomo vive dei
momenti “forti” o delle situazioni vitali, che costituiscono ulteriori
“brecce” aperte da Dio e che possono essere dei provvidenziali
“punti d’innesto” per l’annuncio del Vangelo. Ci sono nella vita
di ogni persona adulta dei momenti in cui il bisogno di senso ed
il problema religioso riemergono con forza. Questi “momenti forti”
sono soprattutto:
• la preparazione dei fidanzati al sacramento del matrimonio;
in tale occasione il progetto cristiano di vita coniugale e familiare
che scaturisce dalla fede può risultare attraente e spinge ad approfondire
le sue premesse;
• la nascita dei figli: l’esperienza ci insegna che il mistero della
vita suscita stupore e “provoca” anche la persona “materialista”
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più incallita; a volte sconvolge la vita della coppia; cresce la
preoccupazione per la salute del figlio, per il suo futuro...
• alcuni passaggi esistenziali importanti o problematici:
- scelte importanti della vita, problemi familiari, l’educazione
dei figli, una crisi coniugale;
- un momento difficile a livello scolastico o professionale, una
situazione di malattia, la morte di una persona cara;
- un’esperienza di solidarietà con persone che vivono una situazione
di sofferenza;
- un improvviso trasferimento che apre ad una dura esperienza
di solitudine;
- l’amicizia tra colleghi di lavoro...
Sono le esperienze che fanno toccare con mano il limite della vita
umana e costringono la persona a ridisegnare la sua gerarchia di valori;
• l’esperienza dell’amore, del servizio, della solidarietà,
dell’impegno politico, l’esigenza di giustizia, di pace, di speranza:
ci fanno toccare con mano ogni giorno il nostro limite umano,
perché sono contrassegnate dalla precarietà, dallo scacco; l’amore
può essere tradito, la speranza delusa, l’impegno frustrato, il futuro
reso incerto. Di fronte alla constatazione di questo limite, nasce
spesso nell’uomo una “invocazione di salvezza”, la tensione verso
Qualcuno, capace di dare una risposta esaustiva al bisogno di una
vita pienamente realizzata;
• la celebrazione dei sacramenti dell’iniziazione cristiana dei
figli: la richiesta del battesimo; gli incontri pre- e post-battesimali;
gli incontri dei genitori nella scuola materna e durante il cammino
di iniziazione cristiana dei figli; le esperienze di solidarietà condivise
dai genitori e dai figli; i genitori possono scoprire, al di là della
domanda dei sacramenti, spesso richiesti solo per scandire le tappe
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della vita dei figli, il ruolo stimolante e propositivo della fede nella
loro vita e in quella dei figli;
• molte forme di annuncio della Parola, ordinario e straordinario,
che la Chiesa attiva per tutti coloro che lo vogliono accogliere: la
proclamazione della parola di Dio nella liturgia; la predicazione
lungo l’anno liturgico e nelle più significative circostanze della vita
(battesimi, matrimoni, esequie, ecc.); i centri di ascolto, i gruppi
biblici per adulti e le scuole della Parola; la visita alle famiglie;
il rapporto personale con i colleghi di lavoro; i momenti di festa
paesana (sagre) e la collaborazione vissuta in quei momenti; le
missioni al popolo ed i pellegrinaggi; la visita a monumenti d’arte
religiosa ed i concerti spirituali; trasmissioni radio-televisive e
recenti siti religiosi; lettura personale di libri;
• molteplici esperienze di volontariato: costituiscono una significativa
occasione di ripensamento dei valori della propria esistenza e, in
non pochi casi, possono condurre ad una nuova domanda di senso
e ad una scelta di impegno cristiano.
5. “Ripartire da Dio”
In che modo la “ricerca di senso” - che prende l’avvio da questi
momenti o esperienze “forti” della vita - può diventare “ricerca di
Dio” ? Come aiutare l’uomo, che cerca un senso per una vita più
autentica, ad aprirsi alla trascendenza e all’annuncio di Dio Creatore
e Padre? (17)
(17) Per la stesura di questo paragrafo mi sono avvalso delle riflessioni proposte da G. COLZANI, Ricominciare il
cammino di fede, nel Seminario di studio sul catecumenato, Firenze 5-6 maggio 2000, in UCN, Informazioni sul
catecumenato in Italia, 3/ 2000, pp. 13-1 g.
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La cultura efficientistica attuale espropria l’uomo d’oggi anche
del senso religioso, non meno di quello che ha fatto l’educazione
marxista in alcuni Paesi dell’Est Europa. In questo contesto è
importante aprire le persone al Trascendente, prima di annunciare
loro Gesù Cristo.
La preoccupazione di far scoprire il vero Dio, prima di annunciare
Gesù Cristo, ce l’hanno anche gli apostoli; quando essi si rivolgono
ai pagani, prima li liberano dall’idolatria e annunciano l’unico Dio,
creatore del cielo e della terra; poi annunciano che questo unico
vero Dio si è manifestato in Gesù Cristo, morto e risorto per noi,
(Cf 1 Ts 1,9-10; At 14,15-18; 17,22-31).
Occorre dunque “ripartire” da Dio. Ma che cosa significa “ripartire
da Dio”? (18)
Ripartire da Dio vuol dire confrontare con le esigenze del suo
primato tutto ciò che si è e che si fa: Egli solo è la misura del
vero, del giusto, del bene.
Vuol dire tornare alla verità di noi stessi, rinunciando a farci
misura di tutto, per riconoscere che Lui soltanto è la misura che
non passa, l’ancora che dà fondamento, la ragione ultima per vivere,
amare, morire. [...]
Ripartire da Dio vuol dire misurarsi su Gesù Cristo e quindi
ispirarsi continuamente alla Sua parola, ai Suoi esempi, così come
ce li presenta il Vangelo. Vuol dire entrare nel cuore di Cristo che
chiama Dio “Padre”.(19)
Ripartire, ricominciare, vuol dire oltrepassare il già noto e
muoversi verso il mistero, senza altra guida che quello Spirito,
(18) Il titolo è quello usato dal card. C. M. Martini, Ripartiamo da Dio! Lettera pastorale per l’anno 1995-1996, Centro
Ambrosiano, Milano 1995.
(19) M. MARTINI, Ripartiamo... cit., 27.
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che chiede di abbandonare la violenza delle ideologie per tornare
ad una perseverante ricerca. Dio non è un residuo delle conoscenze
passate ma è un pungolo a non accontentarsi, a cercare fino a
riconciliarsi con le profondità ultime della vita. Come passare dal
bisogno di senso e di vita vera alla ricerca/accoglienza del “Signore
della vita”?
a) Il “ricominciante” è colui che avverte dentro di sé il bisogno
di fare il passaggio dalla stanchezza, dallo stress, dalla routine, dal
senso di vuoto e di inutilità, ad uno stupore e ad una concentrazione
attenta sulla vita; è colui che avverte il bisogno di una umanità
autentica, segnata da una sincera attenzione, da una coinvolgente
ricerca per un rapporto vero con la realtà.
Il nostro tempo è segnato da una pressione sociale che costruisce
una sorta di pseudo-realtà, di realtà “virtuale”, di illusione, che tutto
avviluppa e stravolge. A fronte di un simile condizionamento, l’esito
più frequente è l’abitudine e l’indifferenza. Il “ricominciare” è spesso
il risultato di uno scossone che ci sveglia e che ci riporta alla realtà
vera, ci insegna lo stupore e ci restituisce la forza di domandare.
Solo allora l’uomo massificato intuisce che tra il mondo e la sua
vita, lungi dall’esservi un continuum, vi è uno spazio di libertà.
b) L’attenzione alla propria libertà restituisce una sensibilità ai
condizionamenti di ogni genere, ecclesiali e sociali, restituisce un
bisogno di aria nuova, un forte senso di criticità e, soprattutto,
mette in cammino. Inizia allora un ripensamento della propria vita.
Investigato e ripensato con attenzione, il passato appare come
l’occasione opportuna che riapre domande sopite e che permette
di ritrovare un cammino.
c) Per questa via l’attenzione si sposta inevitabilmente dalla
persona a Dio; in quanto Assoluto, Dio appare infatti il punto gerarchico
attorno a cui tutto trova la sua misura, il centro di ogni questione.
La ricerca di senso diventa così ricerca di Dio. Si passa da una
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centralità antropologica,(20) da una riduzione della questione religiosa
alla misura del soggetto, alla riscoperta del mistero divino. Sorge
una fame di domande che non si appaga facilmente; non solo Dio
non tranquillizza ma, non lasciando più nulla come prima, esige
il lucido coraggio e l’onestà sincera di non sottrarsi ad un cammino.
Lo spostamento dall’interesse per sé all’interesse per Dio si fa
allora spazio per un riconoscimento dei caratteri propri assunti da
Dio nel suo libero amore; si profila così la valorizzazione del Cristo
storico e crocifisso.
d) Il centro di questo spostamento e di questo riconoscimento
è l’abbandono della centralità dell’io, è la rinuncia alla pretesa di
inquadrare Dio sul prolungamento della spiritualità umana; l’io si
riversa nel mistero, nell’oltre, nell’inconoscibile e, con la decisione
di “ricominciare”, si dichiara disposto a “consentire” a Dio; in forza
di esso, la persona si abbandona a qualcosa che la sorpassa e, come
per una notte oscura, giunge al mistero di una presenza indicibile.
Solo allora Dio può essere presentato come il Dio della storia,
il Dio di Gesù, e può svelarsi nei termini cristologici dell’Abbà
e della misericordia. Questa esperienza di Dio ristruttura la stessa
vita del credente; come Abramo lascia la sua terra, Gesù lascia
Nazareth, i discepoli abbandonano le reti, la samaritana lascia la
brocca al pozzo di Giacobbe, così il credente fa l’esperienza di uno
stacco nella sua vita; si lascia alle spalle un passato e si incammina
con decisione verso un futuro.
e) Il punto di riferimento di questa fede storica non può essere
un sistema dottrinale o morale ma una grande speranza. La meta
della fede è lo Shabbath; (21) questo è il punto a cui tende l’agire
(20) Nella misura in cui l’uomo trasformava il mondo in semplice materiale della sua libertà, veniva rimandato a se
stesso; nella misura in cui l’uomo si faceva punto di riferimento della realtà, sorgeva la questione del senso della sua
propria esistenza. [ ... ] Dio veniva scoperto come la dimensione profonda dell’uomo, come il correlato della sua propria
infinità e come il postulato della sua libertà” (KASPER W., Introduzione alla fede, Queriniana, Brescia 1972, 39). Su
questa prospettiva antropologica della questione del senso si vedano le pagine 32-50.
(21) HESCHEL A. J., Il sabato. Il suo significato per l’uomo moderno, Rusconi, Milano 1972.
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di Dio ed a cui deve tendere, di conseguenza, quello del credente.
Ora il cuore dello Shabbath non è il riposo ma la felicità tranquilla
da cui è assente ogni male, l’armonia profonda di una vita e di un
mondo che coincidono con la shalom.
In tal modo la storia si svela come comunione con Dio e di
questa comunione la fede è anticipo. Volta a questa meta, la persona
umana vi riconosce la sua grandezza ed il suo limite: la libertà
umana deve armonizzarsi con la contemplazione, se non vuole che
una vita impostata secondo le caratteristiche dell’homo faber finisca
per divorarlo.
In questo senso il ricominciare da Dio è una rivoluzione nella
impostazione della vita, una sua modificazione talmente radicale
che ha bisogno di tempo per essere messa alla prova. Questa nuova
architettura del tempo è percepibile solo per quello Spirito di vita
che ci ricorda le parole del Signore e ci introduce alla interezza
della verità.
“Cristiani non si nasce, ma si diventa” (22), attraverso un processo
di conversione. Si nasce e si può vivere come uomini e donne
religiosi; cristiani si diventa rispondendo a una chiamata della Parola
di Dio, maturando uno stile di vita evangelico, acquisendo “gli
stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù” (Fil 2,5), orientando
la vita al Padre, per mezzo di Cristo, nella grazia dello Spirito
Santo. La conversione cristiana, in una parola, conduce a un’adesione
libera ed esplicita a Cristo e alla sua Chiesa.
(22) TERTULLIANO, Apologeticum, 18, 4.
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FOGLIO DI LAVORO N. 2
Quali sono le situazioni vitali, le occasioni, le iniziative pastorali
che possono costituire una “breccia” o un’apertura alla ricerca
religiosa e all’accoglienza dei primo annuncio: - per i cresimandi
adulti; - per i fidanzati; - per i genitori dei battezzandi; - per i
genitori dei fanciulli e dei ragazzi dell’iniziazione cristiana; - per
gli adulti disposti ad intervenire ai “centri di ascolto” o ai gruppi
dei Vangelo?
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Note per lo studio personale
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Note per lo studio personale
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Note per lo studio personale
TIPOGRAFIA MARRA - UGENTO - SETTEMBRE 2004
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