DIOCESI DI UGENTO - S. MARIA DI LEUCA PARROCCHIA E RISVEGLIO DELLA FEDE NELL’ ETÀ ADULTA Progetto Pastorale Diocesano 2004/2005 Anno V ❈ A cura degli Organismi pastorali diocesani IL PIANO PASTORALE GENERALE DELLA DIOCESI A - IL TEMA Le linee essenziali e le istanze del Piano pastorale diocesano per i prossimi anni sono contenute nel titolo: L’ADULTO RISCOPRE L’INIZIAZIONE CRISTIANA PER UNA IDENTITA’ COMUNITARIA E MISSIONARIA DELLA FEDE Il Piano risponde a diverse esigenze riconosciute come dirompenti anche nelle nostre comunità e messe a fuoco nel Consiglio presbiterale del gennaio 2000. Tale piano è ideato come un percorso pluriennale in grado di offrire, in modo graduale e consequienziale, le tematiche pastorali più decisive nella sfida della nuova evangelizzazione. 1. Processo di scristianizzazione (che ci sta investendo) soprattutto dell’adulto e, in particolare, delle famiglie; 2. Prevalenza del cultualismo rispetto al primato dell’Annuncio; 3. Relativismo morale dei giovani e degli adulti nelle scelte decisive e pratiche; 4. Riduzione della fede a puro “sentire” soggettivo e a una relazione privata con Dio, indipendentemente dalla Comunità cristiana dove nasce e dove conduce la fede battesimale. P iano astorale Diocesano 3 B - OBIETTIVI Gli obiettivi partono dalla riscoperta della ❖ PAROLA che è all’origine, “in principio” di tutto, per poi considerare la ❖ FEDE come risposta positiva all’annuncio della Parola. Per riscoprire i ❖ SACRAMENTI DELL’INIZIAZIONE CRISTIANA che accostano l’uomo, che accetta di credere, all’esperienza salvifica di Gesù Cristo e costruiscono la dimensione comunitaria della fede cristiana. Per arrivare ad annunciare il ❖ REGNO DI DIO il quale rimane l’orizzonte ultimo, verso cui la Comunità cristiana sa di dover guardare con simpatia missionaria. 46 P iano astorale Diocesano ICONE BIBLICHE DEL PROGETTO Rm 10,14 -18 Ora, come potranno invocarlo senza aver prima creduto in lui? E come potranno credere, senza averne sentito parlare ? E come potranno sentirne parlare senza uno che lo annunzi ? E come lo annunzieranno, senza essere prima invitati ? Come sta scritto: quanto sono belli i piedi di coloro che recano un lieto annunzio di bene ! Ma non tutti hanno obbedito al vangelo. Lo dice Isaia: Signore, chi ha creduto alla nostra predicazione? La fede dipende dunque dalla predicazione e la predicazione, a sua volta, si attua per la parola di Cristo. Ora io dico: non hanno forse udito? Tutt’altro: per tutta la terra è corsa la loro voce, e fino ai confini del mondo le loro parole. Gv 4,39 -42 Molti Samaritani di quella città credettero in lui per le parole della donna che dichiarava: «Mi ha detto tutto di lui, lo pregarono di fermarsi con loro ed egli vi rimase due giorni». Molti di più credettero per la sua parola e dicevano alla donna: «Non è più per la tua parola che noi crediamo; ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo». P iano astorale Diocesano 5 INDICAZIONI PASTORALI PER L’ANNO 2004-2005 A CONCLUSIONE DEL CONVEGNO PASTORALE DIOCESANO (Acquarica 16-18 giugno 2003) I Sacramenti suppongono la fede e la fede vive e si alimenta nella celebrazione dei Sacramenti. Per il risveglio della fede negli adulti Desidero innanzitutto ringraziare Mons. Lucio Soravito per le riflessioni e le proposte pastorali offerte nei giorni del Convegno ed augurargli buon lavoro come Vescovo di Adria-Rovigo e poi ringraziare d. Gerardo per il lavoro di preparazione e organizzazione del Convegno. Senza dimenticare le indicazioni degli anni precedenti riguardanti la reimpostazione della catechesi per i fanciulli come itinerario alla “vita cristiana” e l’attenzione per i giovani, è necessario in questi prossimi anni puntare di più sugli adulti partendo dalla constatazione ormai acquisita che non si può dare per scontata la fede nè in coloro che si dicono cristiani perchè partecipano ad alcune manifestazioni religiose, pratiche e devozioni tradizionali, nè in coloro che chiedono i Sacramenti. Prima di dare delle indicazioni pastorali per il prossimo anno, e direi per i prossimi anni, desidero fare in premessa alcune considerazioni richiamando la Nota pastorale della CEI, Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia, del 30 maggio 2004.(1) 1. Il primo riferimento essenziale ed indispensabile delle parrocchie è alla Chiesa diocesana (cfr. n. 3) e quindi i programmi pastorali delle parrocchie non possono discostarsi dalle indicazioni e (1) I numeri indicati in seguito fra parentesi si riferiscono a questa Nota pastorale. 6 C onvegno Pastorale Diocesano dagli orientamenti dati dal Vescovo a tutta la Diocesi. Compito delle singole parrocchie e in esse del Consiglio pastorale parrocchiale è quello di incarnarli nella realtà concreta e specifica di ogni parrocchia e di attuarli con la creatività e originalità proprie di ognuna. L’ho ribadito insistentemente in tutte le parrocchie che ho visitato, come si può evincere dai Diari delle Visite pubblicati sul Bollettino diocesano. È la fedeltà all’unico progetto e programma diocesano che garantisce l’unità e la continuità del lavoro pastorale nella singola parrocchia, anche nell’avvicendamento dei Parroci. 2. La parrocchia, come ribadisce la Nota pastorale della CEI, deve essere accogliente con tutti, casa aperta a tutti e in particolare ai cosiddetti “lontani” o “cristiani della soglia” con i quali è necessario avere sempre tanta cordialità, attenzione, ascolto e disponibilità al dialogo. Ma è necessario fare una distinzione ben chiara. Un conto è l’accoglienza, e un altro il donare i Sacramenti. I Sacramenti suppongono sempre la fede, non una fede qualsiasi, una fede vaga, superficiale, tradizionale, ma la fede “della Chiesa”, la fede cioè che la Chiesa professa, celebra, vive e testimonia, e quindi una fede motivata, convinta, personale, adulta e pensata, alimentata dalla Parola di Dio e dai Sacramenti, in particolare la celebrazione Eucaristica domenicale, incarnata in tutte le scelte concrete della vita. “Non si può più dare per scontato che si sappia chi è Gesù Cristo, che si conosca il Vangelo, che si abbia una qualche esperienza di Chiesa. Vale per fanciulli, ragazzi, giovani e adulti; vale per la nostra gente…” (n. 6). È necessario prendere atto con coraggio che tutto questo è profondamente vero anche nel nostro Salento, anche nelle nostre parrocchie. E l’esperienza dei parroci e operatori pastorali ne dà atto. Non si tratta di “negare o rifiutare” i Sacramenti, come ho avuto già modo di sottolineare, ma di far emergere C onvegno Pastorale Diocesano 7 nel dialogo attento e paziente la necessità e l’esigenza di un serio cammino di fede per poter accogliere nel miglior modo possibile il dono dei Sacramenti affidati alla Chiesa che deve essere fedele al mandato ricevuto dal Signore Gesù: “Andate e fate miei discepoli tutte le genti insegnando loro ad osservare tutto ciò che io vi ho comandato. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo”. Il Battesimo quindi come ogni Sacramento suppone la fede, il discepolato, l’osservanza dei comandi del Signore. 3. Dare un volto missionario alle nostre parrocchie, che deve essere il nostro compito in questo tempo, non significa soltanto mettere in atto programmi particolari, “iniziative organiche di proposta del messaggio cristiano”, ma innanzitutto e soprattutto “operare una vera e propria conversione che riguarda l’insieme della pastorale” (n. 11), creare e far maturare una mentalità, uno spirito missionario in tutti, Sacerdoti, Religiosi e Religiose e fedeli laici. In modo particolare nei laici cosiddetti “vicini”, praticanti, facenti parte dei gruppi, dei Movimenti e associazioni, siano essi ragazzi, giovani o adulti, è necessario e fondamentale formare uno “spirito missionario” in modo tale che nel momento in cui scoprono il Signore Gesù in modo vivo ed esistenziale e maturano la fede in Lui, si facciano “apostoli” di Lui e testimoni della fede ovunque e con chiunque si trovino quasi a “contagiarli” con il loro modo di essere e di vivere, comunicando la fede “da persona a persona” (n. 5), dando ragione della loro speranza, fuggendo il rischio, sempre in agguato, di rinchiudersi in se stessi, di considerare la fede come un tesoro da tenere stretto per sè e non invece come un dono ricevuto e necessariamente da condividere e comunicare. 4. Non è possibile realizzare una vera ed efficace missionarietà senza fare riferimento essenziale a quella che la Nota pastorale chiama “pastorale integrata” (n. 11). Si tratta cioè di mettere 8 C onvegno Pastorale Diocesano in rete le parrocchie, in modo particolare le parrocchie vicine, numerose nella nostra Diocesi, concordando programmi pastorali, stabilendo iniziative comuni, affidando la cura particolare e il coordinamento o anche la formazione di determinati ambiti o gruppi di persone (catechisti, operatori liturgici e delle Caritas, giovani, fidanzati, giovani coppie...) ad una parrocchia e ad un Sacerdote in accordo pieno con gli altri Sacerdoti. È una mentalità che fa fatica a farsi strada. Più di qualche parrocchia è ancora “autoreferenziale e autosufficiente” come recita la Nota pastorale affermando poi “Tutte le parrocchie devono acquisire la consapevolezza che è finito il tempo della parrocchia autosufficiente” (n. 11), tenuto conto spesso che i ragazzi frequentano la stessa scuola, i giovani frequentano gli stessi luoghi, le famiglie hanno occasioni continue di incontro. Debbo anche rilevare, in positivo, sia l’impegno di alcune parrocchie a collaborare insieme in determinate attività sia il lavoro svolto dagli Uffici diocesani per favorire la comunione e la collaborazione, oltre chè la formazione, sia il tentativo, nell’ambito della pastorale giovanile, anche se all’inizio e con qualche difficoltà dovuta a quanto detto prima, portato avanti da d. William in Tricase e da d. Luca in Ugento e sia la bella esperienza del GREST organizzata insieme dagli oratori di cinque parrocchie, coordinata da d. Stefano con la fattiva collaborazione dei Parroci interessati e degli animatori. Sono segnali positivi da valorizzare e da diffondere ed intensificare. Riguardo ai quattro ambiti presi in considerazione durante il Convegno pastorale in riferimento all’impegno urgente del risveglio della fede negli adulti già battezzati, sia in coloro che nella stragrande maggioranza chiedono i Sacramenti per sè o per i figli (il che è C onvegno Pastorale Diocesano 9 una grande opportunità pastorale da valorizzare), sia in coloro che si sono allontanati o vivono ai margini della parrocchia, vi invito a rileggere attentamente quanto già ho proposto, nelle indicazioni pastorali dell’anno 2002 -2003 (cfr. il fascicolo Per una fede adulta e pensata. Progetto pastorale diocesano 2002-2003, pagg. 46-48).(2) (2) È stata già pubblicata la terza nota pastorale della CEI sull’iniziazione cristiana per il risveglio della fede nell’età adulta, di cui in questo fascicolo si presenta la sintesi. 10 C onvegno Pastorale Diocesano A completamento di quanto sopra, aggiungo qualche altra considerazione 1. I fidanzati Si parte dalla constatazione che i cosiddetti Corsi di preparazione al matrimonio non sono più sufficienti sia per il numero degli incontri sia per il modo come spesso vengono impostati. È un indice preoccupante sia il numero sempre in aumento delle separazioni civili a volte solo poco tempo dopo il matrimonio sia il numero delle cause di nullità (nel 2002 dei 266 libelli presentati risulta che 193 unioni matrimoniali sono durate tra 3 giorni e 5 anni; nel 2003 dei 275 libelli presentati risulta che 206 unioni matrimoniali sono durate tra 10 giorni e 5 anni) impiantate nella maggior parte dei casi per esclusione della indissolubilità e della prole e per le quali il Presidente del Tribunale Ecclesiastico regionale ha avanzato delle osservazioni che fanno pensare: “Questi dati interpellano la coscienza di tutti i pastori e l’azione pastorale della nostra Chiesa. Pertanto si è indotti a prendere atto della fragilità di tanti giovani che per la scissione che hanno fatto tra la fede e la vita, con preoccupante superficialità si sono accostati alla celebrazione del sacramento del matrimonio, nonostante i cosiddetti corsi prematrimoniali (che in tutte le Diocesi si organizzano) senza una adeguata comprensione del significato, del valore e delle esigenze della vita matrimoniale e familiare. È impressionante sentire con quanta disinvoltura manifestano la convinzione che il vincolo matrimoniale non necessariamente debba durare tutta la vita e sempre con la stessa persona.... Per tanti non aveva senso la fedeltà coniugale e perciò l’hanno esclusa.... Dal nostro osservatorio si è notato che purtroppo tanti matrimoni, celebrati in chiesa e che quindi per sé sarebbero dovuti essere sacramento, nulla hanno avuto di sacramentale se non la forma esterna, forse senza fede, celebrati per convenienza, per accontentare i genitori, per il fasto e l’esteriorità”. C onvegno Pastorale Diocesano 11 Si impone allora innanzitutto una nuova impostazione dei cosiddetti corsi che debono essere, come affermava già il Direttorio di pastorale familiare (nn. 53-55), dei “veri itinerari di fede” tenuto conto che in genere i nubendi, nella maggior parte, hanno abbandonato la pratica cristiana dopo la Cresima e quindi hanno una fede ancora bambina che va pertanto seriamente motivata per essere la fede della Chiesa, come accennato in premessa, su cui si basa la scelta di celebrare il Sacramento del matrimonio con tutto ciò che questo comporta. Ed essendo un itinerario di fede, deve contemplare oltre a momenti di confronto dell’esperienza di fede e di amore della coppia con la Parola di Dio, momenti di preghiera, rieducazione alla vita liturgica e sacramentale soprattutto alla partecipazione all’Eucarestia domenicale, esperienze di servizio. Non si può quindi ridurre a sette, otto incontri concentrati in poche settimane, come ancora avviene qua e là, consistenti in una serie di conferenze di questo o quest’altro relatore che si alternano, o solo di “catechesi” o solo di argomenti di tipo antropologico. Si dovrebbe puntare, come già ho visto in qualche parrocchia, a realizzare un itinerario di fede che dura tutto l’anno, da ottobre a maggio, con un incontro settimanale, guidato costantemente dal Parroco e da una coppia di coniugi e prevedendo anche, a tempo debito, la partecipazione di esperti, con un metodo che coinvolga le coppie e con un'attenzione alla situazione delle singole coppie. Sarà compito dell’Ufficio di pastorale familiare predisporre un itinerario base e indicare dei sussidi adatti ed essere a disposizione delle parrocchie, come già fa lodevolmente. Tutto questo però oggi non basta. È assolutamente necessario spostare o allargare l’attenzione a tutto il tempo del fidanzamento, oggi generalmente molto lungo, e creare, almeno a livello interparrocchiale, un gruppo di fidanzati che hanno come prospettiva non immediata il matrimonio, con i 12 C onvegno Pastorale Diocesano quali impostare un cammino sereno e approfondito che aiuti a valorizzare il tempo del fidanzamento come “tempo di crescita, di responsabilità e di grazia”, a verificare bene la vocazione al matrimonio e al matrimonio cristiano con tutto ciò che questo implica e a fare, insieme, come coppia, esperienza di fede e di partecipazione alla vita ecclesiale. 2. I genitori che chiedono il battesimo per i propri figli Come ho già ricordato, questa è un’occasione preziosa per accendere di più o riaccendere la fede nei genitori, accogliendo con gioia la loro richiesta, ma anche ponendo loro degli interrogativi circa la loro fede nel momento in cui chiedono di trasmettere la stessa fede al loro figlio. È una fede salda ? convinta ? motivata ? praticata? celebrata? vissuta? È la fede della Chiesa? Perché dalla loro fede i figli attingeranno e dovranno attingere principalmente e prioritariamente alimento per la propria fede. Gli interrogativi faranno emergere quindi, nel dialogo, la necessità di un itinerario serio e approfondito per ripensare la fede anche per amore ai loro figli “ai quali sono chiamati a dare cose buone”. Tale itinerario condotto dal Sacerdote e da una coppia di coniugi, a ciò preparata, avrà una durata minima di cinque incontri da tenersi per la maggior parte nella casa dei genitori, ambiente più familiare e favorevole al dialogo personale. L’Ufficio catechistico in collaborazione con l’Ufficio di pastorale familiare e l’Ufficio liturgico dovranno approntare una bozza di itinerario e suggerire sussidi idonei. Una particolare attenzione va riservata alle coppie di conviventi o sposati solo civilmente che possono accedere al Sacramento del matrimonio, che chiedono il Battesimo per i loro figli. In questo caso è necessario attenersi a quanto dispone il Direttorio di pastorale C onvegno Pastorale Diocesano 13 familiare al n. 232. Di per sé la celebrazione del Sacramento del matrimonio deve precedere il Battesimo dei figli, che richiede come condizione la garanzia che il bambino sia educato cristianamente in una famiglia cristiana, essendo una contraddizione chiedere il Sacramento del Battesimo dei figli rifiutando contemporaneamente il Sacramento del Matrimonio. Bisogna quindi procedere prima alla preparazione al Matrimonio e poi al Battesimo. È poi possibile, ed è frequente in questi casi, celebrare nella stessa celebrazione eucaristica il Sacramento del Matrimonio e il Battesimo. 3. Dopo il Battesimo è necessario che i genitori siano aiutati a far crescere il germe della fede seminato nel cuore dei bambini, incontrandoli almeno una volta al mese e adoperando come ottimo sussidio di riflessione e dialogo il Catechismo dei bambini da zero a sei anni “Lasciate che i bambini vengano a me”. Così nel momento in cui, a sei anni, i fanciulli iniziano il cammino di iniziazione cristiana nella comunità parrocchiale non è pensabile che essi compiano questo cammino da soli, senza la presenza e l’accompagnamento dei genitori che vanno coinvolti in varie forme e in vari modi, lungo tutto l’anno e tutti gli anni, non in modo sporadico e occasionale (alla vigilia della celebrazione dei Sacramenti), cercando sempre di renderli attivamente partecipi nel dialogo. Alcune esperienze sono già in atto in Diocesi. È bene che siano conosciute, confrontate e siano avviate nuove esperienze che la creatività pastorale dei Sacerdoti e laici e gli stessi genitori potrà suggerire. 4. I Centri di ascolto. La situazione in Diocesi è piuttosto variegata. Ci sono parrocchie in cui si tengono durante tutto l’anno e parrocchie in cui si tengono solo durante i tempi forti, alcuni sono abbastanza frequentati con buoni o discreti risultati altri poco frequentati e 14 C onvegno Pastorale Diocesano nella quasi totalità da donne e anziani. Certo sono uno degli strumenti ancora validi per raggiungere il territorio. Vanno in alcuni casi ripensati nell’orario, nel metodo, nei temi da trattare. Per il prossimo anno ritengo utile, stando all’esperienza fatta molto positivamente in qualche parrocchia, usare, in particolare nei centri di ascolto, la lettera dei Vescovi pugliesi sulla Domenica in preparazione al Congresso Eucaristico nazionale di Bari, molto apprezzata da tutti nei contenuti e nel linguaggio. Ugento, 25 agosto 2004. Il vostro Vescovo + Vito De Grisantis C onvegno Pastorale Diocesano 15 L’INIZIAZIONE CRISTIANA Orientamenti per il risveglio della fede e il completamento dell’iniziazione cristiana in età adulta Sintesi della Nota pastorale del Consiglio Episcopale Permanente PREMESSA Dopo la pubblicazione della prima Nota pastorale sulla iniziazione cristiana dedicata al catecumenato degli adulti (30 marzo 1997) e di quella dedicata al catecumenato dei fanciulli e dei ragazzi dai 7 ai 14 anni (23 maggio 1999), questa terza Nota è espressamente indirizzata al “risveglio della fede e al completamento dell’iniziazione cristiana degli adulti”. La Nota vuole essere anche una prima risposta all’impegno, sollecitato dagli Orientamenti pastorali per il decennio in corso, di mettere in atto “un impegno di primo annuncio, su cui innestare un vero e proprio itinerario di iniziazione o di ripresa della vita cristiana” di quei battezzati che desiderano “ricominciare” un cammino di riscoperta della fede. (3) INTRODUZIONE LA SETE DI CRISTO Ogni persona umana ha sete e passa da un pozzo all’altro: un vagare incessante, un desiderio inesauribile, rivolto ai molteplici beni del corpo e dello spirito. Nel cuore di ogni uomo vi è un desiderio di salvezza. Il Signore suscita la sete e dona l’acqua viva dello Spirito, che sazia per sempre la sete d’infinito d’ogni persona. (3) Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia, 57). 16 C onvegno Pastorale Diocesano Chiamati a una “nuova evangelizzazione” La comunità cristiana è inviata dal Signore a mettersi in ascolto della ricerca di questi uomini e di queste donne, per condividere con loro la speranza da lui donata. Evangelizzare con la santità I cristiani sono testimoni della risurrezione del Signore solo se tendono con l’aiuto della sua grazia, con umiltà e costanza, a condurre una vita da risorti, “come vivi, tornati dai morti” (Rm, 6,13). CAPITOLO PRIMO L’ASCOLTO L’evangelizzazione a servizio dell’uomo La decisione per la conversione è un mistero che si consuma nel segreto rapporto tra l’amore gratuito di Dio e la libertà dell’uomo. La domanda del Battesimo di un figlio, così come la celebrazione della Confermazione o della prima Comunione, possono interpellare in modo serio e decisivo la coscienza, anche se non di rado la richiesta è determinata da motivi di carattere familiare, o di convenienza sociale. In ogni caso tali eventi possono aprire interrogativi sul senso del sacramento e far riflettere sull’autenticità della motivazione che ha originato la richiesta. La decisione di celebrare il sacramento del Matrimonio, spesso collegata alla domanda di ricevere il sacramento della Confermazione, offre l’opportunità di scoprire e di approfondire lo spessore del progetto di vita coniugale e familiare che scaturisce dalla fede e di trasformare il cammino verso le nozze in un vero e proprio percorso di fede. C onvegno Pastorale Diocesano 17 Le domande che provocano la comunità cristiana L’odierno contesto di scristianizzazione esige che la celebrazione dei sacramenti sia accompagnata da un’intensa attività di evangelizzazione. Non si tratta di respingere o negare i sacramenti a qualcuno, ma di offrire a tutti la possibilità di crescere in una “fede adulta, pensata”(4) I sacramenti, infatti, non ci appartengono e non possiamo fraintenderne il significato, piegandoli alle esigenze pastorali. Essi sono avvenimenti di salvezza nei quali siamo chiamati a riconoscere il Signore Gesù e che dobbiamo accogliere con fede e con amore. CAPITOLO SECONDO L’ANNUNCIO Il Vangelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio La formula primordiale che esprime la fede cristiana: si tratta di una sola parola che, nella lingua greca del Nuovo Testamento, suona eghèrthe, e significa: “è risorto”. In questa semplicissima parola si concentra l’essenziale della “notizia di salvezza” che gli apostoli andranno a proclamare “sino ai confini del mondo” (Rm 10,18): Gesù di Nazareth, uomo notoriamente morto come crocifisso, è risorto. La fede, risposta all’annuncio La fede “dipende dalla predicazione” (Rm 10,17). Generata dall’annuncio, è risposta fiduciosa a una Parola che promette, interpella, dona solidarietà, liberazione, gioia e realizzazione piena di vita; una Parola che dimostra nella storia la propria affidabilità. (4) Conferenza Episcopale Italiana, Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia, 50. 18 C onvegno Pastorale Diocesano Il cammino dell'iniziazione cristiana, paradigma per la vita cristiana L’annuncio è il primo atto compiuto esplicitamente dalla Chiesa per rendere possibile la fede. L’annuncio genera la fede cristiana, anche se non é sufficiente a portarla a maturazione: coloro che sono giunti alla fede hanno bisogno di “condurre a maturità la loro conversione e la loro fede”.(5) La Chiesa realizza questo per mezzo della catechesi e dei sacramenti dell’iniziazione, da ricevere o già ricevuti. CAPITOLO TERZO L’ACCOMPAGNAMENTO Il gruppo di ricerca nella fede A seconda delle situazioni, si potrà valutare se istituire un gruppo a livello interparrocchiale. Tale gruppo, sempre attentamente collegato con la comunità parrocchiale, deve diventare luogo privilegiato di dialogo, di evangelizzazione, di catechesi, di educazione alla preghiera e alla liturgia, di educazione e di esercizio a una rinnovata partecipazione alla vita ecclesiale. Il catechista accompagnatore Essenziale e insostituibile è il ministero del catechista accompagnatore. Egli è fratello nella fede, che indica la strada e nello stesso tempo considera le forze e il ritmo di chi accompagna; è testimone che, con le parole e con la vita, presenta il fascino esigente della sequela di Cristo; è amico che accoglie, segue e introduce nella comunità. Egli si mette in ascolto delle domande per comprenderle; valorizza la situazione della persona; aiuta a discernere i segni di conversione. (5) Catechismo della Chiesa Cattolica, 1248. C onvegno Pastorale Diocesano 19 Spetta al catechista accompagnatore predisporre l’itinerario e le esperienze di vita cristiana. In questo servizio è guidato dal presbitero e può essere aiutato da altre persone coinvolte nel compito di formazione. Tale compito può essere svolto da una persona singola, da un gruppo di due o tre persone, o anche da una famiglia. CAPITOLO QUARTO GLI ITINERARI Si presenta una proposta di itinerari, quasi un paradigma di riferimento, modulata su due forme: A. un cammino mirato ad accompagnare coloro che si riaccostano alla fede cristiana; B. e un altro pensato per quanti desiderano completare l’iniziazione cristiana. Tappe essenziali per un itinerario di fede Il tempo dell’accoglienza e della decisione I candidati, inizialmente, vengono accolti e introdotti nel gruppo, nel quale si predispongono a incontrare Cristo e a partecipare alla vita della Chiesa. Durante questo tempo le persone vengono aiutate, attraverso un dialogo sincero, a verificare le proprie intenzioni, a fare proprie le motivazioni che fondano un cammino di fede; a valutare le situazioni di vita, familiari o professionali, che possono favorire o ostacolare l’accoglienza del Vangelo. Il tempo della conversione e della sequela Questo è il tempo della catechesi, scandito dall’ascolto assiduo della Parola di Dio, dalla conoscenza organica del messaggio cristiano 20 C onvegno Pastorale Diocesano messo a confronto con le attese e le domande del mondo contemporaneo, dall’incontro vivo con Cristo e con la Chiesa. Si possono peraltro utilizzare “alcuni riti propri del catecumenato che rispondono alla condizione e all’utilità spirituale di questi adulti, come le consegne del Simbolo, della Preghiera del Signore (Padre nostro) e anche dei Vangeli”.(6) Il tempo della preghiera e della riconciliazione Il cammino di conversione e di purificazione culmina, nel tempo quaresimale, con la celebrazione del sacramento della Penitenza o Riconciliazione. Il tempo della presenza nella comunità e della testimonianza Il ritorno di questi adulti già battezzati a una partecipazione regolare all’Eucaristia domenicale deve avvenire in un contesto di consapevolezza del rito, dei suoi contenuti e modalità, del suo significato: senza Eucaristia non si può essere cristiani né essere membra del corpo di Cristo che è la Chiesa. Il tempo della mistagogia La persona in ricerca, da sola o nel gruppo, e gli accompagnatori, continueranno a riunirsi per verificare concretamente le modalità della testimonianza di fede resa all’interno della comunità parrocchiale, nella vita familiare e professionale. A. Itinerari per il risveglio della fede cristiana a. Una particolare attenzione andrà riservata ai genitori che chiedono il Battesimo per il loro figlio. In questi casi si dovrà curare di (6) Ibid., 302. C onvegno Pastorale Diocesano 21 coinvolgerli nella riscoperta della fede e della vita cristiana, aiutandoli non solo in vista di una efficace e fruttuosa celebrazione del sacramento, ma ponendosi al loro fianco negli anni successivi per aiutarli a vivere la fede in famiglia. b. Una particolare attenzione andrà riservata anche ai fidanzati che intendono celebrare il sacramento del Matrimonio. Bisogna evitare in ogni modo una preparazione affrettata, che si traduca in un mero adempimento formale, avviando invece un itinerario di fede e di partecipazione ecclesiale vissuto in coppia. c. Particolare accompagnamento richiedono i penitenti che celebrano il sacramento della Riconciliazione dopo molti anni di lontananza da Cristo e dalla Chiesa; a loro va proposto un progetto di recupero della propria identità di discepoli del Signore, mediante una più sentita appartenenza ecclesiale. B. Itinerario per completare l’iniziazione cristiana Elementi concernenti le celebrazioni Il cammino battesimale e penitenziale che caratterizza la Quaresima, conduce alla celebrazione dei sacramenti dell’iniziazione abitualmente durante la Veglia pasquale, “nella quale gli adulti professeranno la fede battesimale, riceveranno il sacramento della Confermazione e parteciperanno all’Eucaristia” (7) Elementi concernenti il cambiamento di vita e di costumi Durante il cammino, e in ogni caso prima dell’ammissione alla celebrazione dei sacramenti, andranno esaminate con cura le eventuali situazioni di vita non conformi alle esigenze del Vangelo, sia sotto il profilo familiare che sotto il profilo professionale. (7) Rito dell’iniziazione cristiana degli adulti, 304. 22 C onvegno Pastorale Diocesano Durata e modalità dell’itinerario Anche quando la Confermazione viene richiesta da persone che non sono lontane dalla pratica di vita cristiana, ad esempio in vista della celebrazione del Matrimonio, è necessario che l’itinerario abbia una durata adeguata, in modo da consentire un vero incontro con il Signore risorto, che conduca verso una maturità di fede e verso un più convinto inserimento nella Chiesa. Pur senza fissare a priori una durata generalizzata di tale itinerario, considerate le iniziative pastorali già in atto in molte Chiese locali, l’anno liturgico appare il contesto più idoneo per strutturare efficaci itinerari di fede. Nella sua storia la Chiesa ha saputo rispondere alle nuove esigenze di fede della gente con la forza di una tradizione capace ogni volta di rinnovarsi. Possiamo oggi offrire itinerari credibili e praticabili per quanti vogliono riscoprire la propria fede o completare l’iniziazione cristiana. (Sintesi a cura di don Gerardo Antonazzo) C onvegno Pastorale Diocesano 23 PRIMA RELAZIONE Tipologia attuale della “ricerca religiosa” 16 giugno 2004 (Mons. Lucio Soravito) “Nel cuore di ogni uomo vi è un desiderio di salvezza. Il Signore suscita la sete e dona l’acqua viva dello Spirito, che sazia per sempre la sete d’infinito d’ogni persona. “Occorre liberarsi dai pregiudizi e dal conformismo; occorre essere sinceri e onesti con se stessi. È necessario prendere sul serio le grandi domande, che ognuno di noi si porta dentro: chi sono? da dove vengo? dove sto andando? E ancora: la realtà è assurda o intelligibile? la vita è un dono, un destino cieco o un caso? perché questa sete che nessuna conquista riesce ad estinguere? che cosa posso sperare e che cosa devo fare? Se vengo dal nulla e vado verso il nulla, sembra che non ci sia nulla da sperare e nulla da fare, se non lasciarsi andare alla deriva. Se invece vengo dall’Amore infinito e vado verso l’Amore infinito, ecco che mi si apre davanti un cammino, difficile forse, ma pieno di significato... Chi evita le domande fondamentali, fugge da se stesso... Indifferenza, edonismo e attivismo non sono una soluzione, ma un’evasione irresponsabile. ‘Chi ha sete venga; chi vuole attinga gratuitamente l’acqua della vita’ (Ap 22,17)”.(8) Ancora oggi Gesù suscita nel cuore di tutti gli uomini la fede e l’amore. Dall’incontro personale con Lui nasce in ciascuno la coscienza della propria fragilità e della propria condizione di peccato e, insieme, l’adesione al suo messaggio di salvezza, con il desiderio di diffonderlo nel mondo” (3ª Nota pastorale, n. 1). (8) CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, La Verità vi farà liberi. Catechismo degli adulti, 8. 24 C onvegno Pastorale Diocesano La riflessione socio-culturale sull’atteggiamento religioso degli italiani sembra offrire scarse prospettive alla missione della Chiesa, che è quella di portare l’annuncio del Vangelo agli uomini del nostro tempo. L’indifferenza religiosa, se non addirittura l’atteggiamento di svalutazione e di disprezzo nei confronti della ricerca religiosa, è davvero un muro impenetrabile. 1. In ogni uomo c’è del “buon terreno” Se partiamo dal Vangelo, abbiamo molti motivi per guardare con fiducia e con speranza nei confronti dell’attuale contesto socioculturale, nonostante la sensazione del rifiuto e la frequente esperienza del fallimento. Dal Vangelo secondo Marco (4,1-9) 1 Gesù si mise di nuovo a insegnare lungo il mare. E si riunì attorno a lui una folla enorme, tanto che egli salì su una barca e là restò seduto, stando in mare, mentre la folla era a terra lungo la riva. 2 Insegnava loro molte cose in parabole e diceva loro nel suo insegnamento: 3 Ascoltate. Ecco uscì il seminatore a seminare. 4 Mentre seminava,una parte cadde lungo la strada e vennero gli uccellini e la divorarono. 5 Un’altra cadde fra i sassi, dove non c’era molta terra, e subito spuntò perché non c’era un terreno profondo; 6ma quando si levò il sole, restò bruciata e, non avendo radice, si seccò. 7 Un’altra cadde tra le spine; le spine crebbero, la soffocarono e non diede frutto. 8 E un’altra cadde sulla terra buona, diede frutto che venne su e crebbe, e rese ora il trenta, ora il sessanta e ora il cento per uno”. 9 E diceva: “Chi ha orecchi per intendere intenda!”. C onvegno Pastorale Diocesano 25 «Il seminatore uscì a seminare». In questo gesto, ampio e generoso, possiamo scorgere un segno dell’iniziativa di Dio, un segno del suo intervento decisivo e salvifico, in favore degli uomini. Dio è entrato nella nostra storia e dona la sua parola con abbondanza, anzi con prodigalità. Egli la lascia cadere su tutti i terreni, anche su quelli che noi giudichiamo improduttivi. Egli non ragiona con la logica dell’efficienza che seleziona i terreni a seconda del loro reddito e che discrimina le persone in base ai risultati che esse danno, ma semplicemente ama le persone, dà loro fiducia, dà a tutti la possibilità di costruire un futuro nuovo. Dove finisce quel seme? In terreni diversi, che corrispondono ad altrettanti atteggiamenti religiosi degli uomini del nostro tempo: a) Sulla strada: la strada rappresenta quelle persone nelle quali sembra scomparsa ogni inquietudine religiosa. Non è che neghino Dio; semplicemente non li interessa. Perciò rigettano qualsiasi legame tra la loro vita e la parola di Dio. b) Sulla terra sassosa: essa rappresenta gli incostanti, gli incoerenti, i superficiali; coloro per i quali il cristianesimo ha un valore marginale, folcloristico, tradizionale, e non serve per la vita quotidiana. La terra sassosa rappresenta anche gli individualisti, coloro che, pur affermando di credere in Dio, si ritengono estranei alla Chiesa, rifiutano l’humus ecclesiale, rifuggono dall’esperienza parrocchiale. c) Sulla terra cespugliosa: è la gente soffocata dalla mentalità consumistica; accetta un ritualismo esteriore, vuole il battesimo, la comunione e la cresima per i figli, ma non comprende la necessità di una fede coerente nella vita; cerca la Chiesa, ma conduce una vita pagana. 26 C onvegno Pastorale Diocesano d) Sulla terra buona: rappresenta sia i praticanti tradizionali, sia i credenti impegnati, cioè coloro che in misura diversa sono disponibili all’ascolto e all’accoglienza della parola di Dio. Di fronte a questi terreni così diversi e irti di difficoltà, occorre scoprire e valorizzare il buon terreno che c’è anche sotto l’asfalto, sotto i sassi e sotto i rovi; occorre scoprire, cioè, la parte della persona potenzialmente disponibile all’incontro con il Vangelo. Il “punto d’innesto” del messaggio cristiano va cercato in tre ambiti che possono rendere fertile il cuore dell’uomo: • Ogni uomo è creato per mezzo della Parola (cf Gv 1,3) ed è fatto per il dialogo con la Parola; in essa egli trova la propria identità e l’unica risposta che può esaudire il suo bisogno di vita pienamente riuscita: “Tu ci hai fatti per te, Signore, e il nostro cuore è inquieto finché in te non si riposa” (S. Agostino). • Ogni uomo è animato dallo Spirito Santo; lo Spirito di Dio ha riempito l’universo; non c’è situazione umana in cui Egli non sia presente; è presente come spinta o come attrazione o come rimorso o come stimolo. Spetta a noi cogliere i segni della sua presenza nel cuore dell’uomo a collaborare con lui. • Tutte le persone, anche quelle che sembrano avere un cuore desertificato, si portano dentro ansietà, desideri, domande che non riescono a formulare, ma che li rendono insoddisfatti. E questo il campo in cui seminare: e dobbiamo farlo con fiducia! 2. La «nostalgia» di Dio Che in ogni uomo ci sia del “buon terreno”, emerge da quella “nostalgia di Dio” che molti uomini e donne manifestano spesso, sia pure in modo implicito e in forme contraddittorie. C onvegno Pastorale Diocesano 27 Sono molti i segni, impliciti o espliciti, di questa “nostalgia” o “sete di Dio”, presenti nella cultura attuale (al di là delle occasioni che le fanno emergere). Ad esempio: - il disagio esistenziale di fondo, l’insoddisfazione per il tipo di vita e la ricerca di una nuova qualità della vita; - la coscienza del proprio limite e la richiesta di aiuto, di sostegno, di accompagnamento, di amore, di affidamento a un Trascendente; - il bisogno di dare un senso alla vita e di vivere una vita pienamente riuscita; - il desiderio di una vita più umana anche per gli altri, che si esprime attraverso le varie forme di volontariato. Questa “nostalgia di Dio” è favorita da diversi fattori. La stessa cultura post-moderna offre diversi stimoli all’adulto di oggi per aprirsi alla ricerca religiosa e al messaggio cristiano. • Il nostro tempo è segnato da una pressione sociale che costruisce una sorta di realtà “virtuale”, di illusione, che tutto avviluppa e stravolge. A fronte di un simile condizionamento, l’esito più frequente è l’abitudine e l’indifferenza. Ma alcune volte esso provoca in noi una ribellione, uno scossone che ci sveglia e che ci riporta alla realtà e ci restituisce la voglia di cercare una umanità più vera. Ci fa avvertire dentro di noi il bisogno di fare il passaggio dalla stanchezza, dallo stress, dalla routine, dal senso di vuoto e di inutilità, ad uno stupore e ad una concentrazione attenta sulla vita. • L’attenzione alla propria libertà ci rende particolarmente sensibili nei confronti dei condizionamenti di ogni genere e crea in noi un bisogno di aria nuova, un forte senso di criticità e, soprattutto, ci mette in cammino. • Colui che si mette alla ricerca di una vita più autentica, si scontra con il senso del limite, particolarmente accentuato in quest’epoca post-moderna dal “pensiero debole”; ma questa esperienza può aprire l’uomo alla trascendenza e per la ricerca religiosa. Alcuni si aprono alla ricerca religiosa dopo aver percepito il limite delle 28 C onvegno Pastorale Diocesano cose e delle persone e la loro incapacità di saziare la sete di una vita pienamente riuscita. • L’individualismo ed il soggettivismo odierno, al di là degli esiti negativi, rivela un forte desiderio di “civiltà dell’umano”, incentrata sulla persona. L’uomo è “individuo in relazione”: con se stesso, con gli altri, con la natura, con il Trascendente. In questo contesto culturale è importante aiutare l’uomo a scoprire che egli gioca la sua realizzazione nella capacità di vivere in relazione: con gli altri e con Dio. • Nella società attuale, dove predominano i criteri efficientistici ed economicistici, riemerge l’esigenza di valori spirituali e un’attenzione nuova alla dimensione spirituale della persona e alla dimensione contemplativa della vita. Questa sensibilità per la dimensione spirituale dell’uomo è configurabile come bisogno di trascendenza, come “nostalgia” di Dio. • In un’epoca di pluralismo culturale, di “universi simbolici” e di religioni - qualcuno parla di “fiera delle religioni” - il fenomeno religioso appare molto più diffuso e pervasivo di quello che si potrebbe pensare e costringe l’uomo di oggi a entrare in dialogo con varie esperienze religiose. La presenza di diverse religioni provoca l’uomo ad interrogarsi, sia sul proprio credo religioso, sia su un’eventuale scelta “laica” (non credente). • Alcuni, non trovando il vero volto di Dio, manifestano la loro nostalgia di Dio in forme negative: - cercando una risposta ai loro problemi in esperienze pseudoreligiose (sette, ricorso a maghi, astrologi, oroscopi, ecc.); - ricercando una compensazione nell’accaparramento dei beni materiali; - tuffandosi a capofitto in ogni tipo di esperienze, anche insensate, - rassegnandosi a vivere una vita mediocre, senza orizzonti, chiusi nella loro piccola infelicità. C onvegno Pastorale Diocesano 29 3. Per una tipologia della ricerca religiosa e del cammino di fede Veniamo ora ad un aspetto più direttamente connesso alla questione della ricerca di fede cristiana. Ci chiediamo in particolare chi sono coloro che intraprendono un nuovo cammino di fede. In base all’osservazione, è forse possibile presentare alcuni tipi di ricerca religiosa e quindi anche di avvicinamento alla fede cristiana. Si tratta di tipi ideali, e quindi di una costruzione che tenta di far luce su una realtà certamente variegata ed alquanto in ombra. Presento sei tipi ideali, suddivisi per coppie volutamente estremizzate, come poli estremi di una realtà che nel concreto tende a posizionarsi verso il centro di questi estremi.(9) La prima coppia si colloca sull’asse ricerca individuale/ricerca in riferimento alla tradizione. a) La ricerca individuale è opera di un soggetto che, per motivi assai diversi, è portato a compiere una sorta di bilancio della propria vita. Questo bilancio, tra aspettative e risultati, può dare vita ad un ripensamento circa la propria esistenza e a un desiderio di mutamento, fino ad una vera e propria conversione religiosa. Poiché la ricerca è dettata da motivi fortemente individuali, risulta difficile il riconoscimento di una comunità precisa alla quale affidarsi. In termini schematici, si potrebbe dire che in questa prospettiva individuale non si tratta di “aderire a”, ma di diventare “consapevoli di”, attraverso il ricupero di interiorità, di forme e pratiche di spiritualità, di scelte coerenti. L’aspetto comunitario ed ecclesiale può diventare significativo se vengono incontrate alcune figure religiose con cui fare un tratto di strada, fino a partecipare alle espressioni religiose ecclesiali. (9) Questa tipologia della ricerca religiosa è proposta da AMBROSIO G., Le domande di coloro che riprendono il cammino verso la fede cristiana, Seminario di studio sul catecumenato, Firenze 5-6 maggio 2000, in UCN, Informazioni sul catecumenato in Italia, 3/2000, pp. 4-12. 30 C onvegno Pastorale Diocesano b) All’estremo opposto vi è un altro tipo di ricerca religiosa e di possibile ripresa di un cammino di fede. Si può qualificare questa ricerca come ricerca della tradizione, soprattutto in riferimento alla memoria. L’inizio del cammino prende spunto dal desiderio di iscriversi in una tradizione un tempo cara, dalla nostalgia di ritrovare una “casa” con le sue abitudini, i suoi stili e le sue forme. Più che ai contenuti specifici, l’interesse sembra essere rivolto all’appartenenza, alla memoria, alla tradizione culturale socialmente appresa, anche come riferimento per la propria identità. Come esempio, si può pensare a non pochi casi di persone indifferenti alla vita di fede fino a quando sono vissute all’estero (o anche in città italiane). Al momento del ritorno (in Italia o al proprio paese), l’incontro con la propria comunità di origine - o la scoperta di una comunità religiosa particolare - favorisce un ripensamento religioso che fa superare l’indifferenza e inserisce entro la comunità religiosa. La seconda coppia si colloca tra la ricerca religiosa in direzione etico-sociale e la ricerca in prospettiva mistica. a) Nella ricerca che può essere qualificata come etico-sociale la dimensione propriamente religiosa resta sullo sfondo. Ma non per questo non è interessante e significativa. Soprattutto quando riesce a fare breccia in una formazione e in una cultura assai distanti rispetto ad ogni questione religiosa. L’interesse religioso si esprime a partire da ciò che la dimensione religiosa (cristiana) può rappresentare come speranza in vista di un nuovo modo di intendere i rapporti sociali, di far fronte alle ingiustizie del mondo. Questo interesse religioso può anche includere un riferimento alla comunità ecclesiale, soprattutto per l’aspetto di solidarietà che manifesta e per la critica sociale che può svolgere. Vorrei citare due libri scritti da persone che si collocano su posizioni assai lontane rispetto alla fede cristiana ed anche alla problematica religiosa. Si tratta solo di un esempio che intende C onvegno Pastorale Diocesano 31 illustrare come la questione religiosa possa emergere entro un’ottica etico-sociale. - Un comunista torinese, Marco Revelli, ha pubblicato da Bollati Boringhieri un piccolo libro su una vicenda di zingari. Questo comunista torinese manifesta il rimpianto per la Torino del passato, la Torino operaia, la Torino della solidarietà, capace di accogliere gli altri. Ebbene questo comunista sembra esprimere il desiderio che Torino venga ri-cristianizzata. - Ancora più accentuata la valorizzazione della dimensione religiosa nel libro intitolato L’animale visionario di Romano Madra, un filosofo che ha lavorato con Emanuele Severino, che ha militato in gruppi politici di sinistra o di estrema sinistra. Il libro si rivolge proprio a quelli che hanno fatto la “grande rivolta” - il ’68 - e che oggi si adeguano al mondo così come è, accettando le sue logiche, magari ritenendolo il migliore dei mondi possibili. L’autore individua nella dimensione religiosa la speranza di un rifiuto, di una non accettazione supina delle ingiustizie di questo mondo. b) All’estremo opposto si trova la ricerca che possiamo qualificare come domanda religiosa con orientamento mistico, ove prevale l’immediatezza tra l’uomo e Dio, ove si ricerca l’esperienza sensibile, ove si esperimenta l’intensità emotiva, ove molto spazio è dato all’interiorità. Questa ricerca tende a non fare ricorso alle forme religiose storicamente oggettivate oppure può servirsene in una prospettiva un po’ strumentale e soprattutto in una prospettiva marcata dall’interiorità. Può ad esempio dare risalto alla preghiera, praticata come bisogno di aiuto, come coscienza della dipendenza. Ricorrendo ad una nota espressione di P. Berger, questa ricerca religiosa avviene in funzione del “salvataggio del sé”, della propria identità, del proprio io.(10) Indubbiamente questa via “mistica” è assai praticata.(11) (10) P. BERGER, Una gloria remota. Aver fede nell’epoca del pluralismo, Il Mulino, Bologna 1994, p. 105 ss. (11) Si può rinviare al saggio di L. GOLDMANN, Il dio nascosto, Laterza, Bari 1971, che illustra come nella vicenda moderna del Cristianesimo questa via “mistica” sia assai operante. 32 C onvegno Pastorale Diocesano Un’ultima coppia può essere costituita dalla seguente polarità: una ricerca religiosa come adesione a un gruppo o movimento religioso ed una ricerca religiosa legata alla vita quotidiana. a) Non è il caso di soffermarsi sulla prima polarità, peraltro molto diffusa. Molte conversioni, molte “nuove nascite” sono dovute alla pratica sovrapposizione fra la scoperta (o riscoperta) della fede e la scoperta di un gruppo o movimento. I movimenti di revival, di rinascita sono per molti il luogo propizio per intraprendere un cammino di fede. b) La ricerca religiosa più legata alla vita quotidiana - vivere con maggior consapevolezza la vita cristiana nelle concrete condizioni di vita - è motivata o occasionata da situazioni assai diverse, spesso legate al contesto personale e familiare (una situazione di difficoltà, l’esigenza di accompagnare il figlio nel cammino catechistico, ecc.). Spesso si tratta del risveglio di una fede in un certo senso solo sopita, che però aveva causato un distacco progressivo dalla pratica religiosa e, anche se non dichiarato, dalla comunità ecclesiale: la situazione particolare diventa l’occasione per riprendere un cammino interrotto e per ricuperare un legame allentato. Conclusione I tipi ideali che abbiamo tratteggiato non pretendono di esaurire la eterogeneità e la varietà della domanda religiosa, ma possono aiutare a inquadrare le diverse forme o modalità che la ricerca religiosa e cristiana assume nel quadro variegato e pluralistico della nostra realtà italiana. È evidente che questa domanda non deve essere solo intercettata ma anche accolta, con un ripensamento delle forme pastorali di C onvegno Pastorale Diocesano 33 accoglienza e di proposta, con una équipe di animazione che difficilmente si potrà avere a livello solo parrocchiale. Tanto più che, con lo stemperarsi della tradizionale culturale religiosa, saranno sempre di più gli adulti sprovvisti di una elementare formazione cristiana. E sempre di più si diffonderà nella cultura pubblica e mass-mediale quell’atteggiamento tendenzialmente indifferente della cultura colta nei confronti della questione religiosa. Solo accogliendo la domanda attraverso una disponibilità concreta, che favorisce l’apertura verso l’alto e verso la comunità, si favorisce un serio cammino di fede. Si tratta di ascoltare coloro che domandano, di partire dal loro mondo, dalla loro esperienza, dalla complessa vicenda personale: il desiderio di scoprire il messaggio evangelico implica un percorso graduale e una progressiva e matura consapevolezza. Solo così si consolida la decisione di continuare, si fa strada l’idea di un cammino spirituale, di un percorso di iniziazione cristiana, di crescita comune nella fede in Gesù Cristo. Se questa attenzione “a chi bussa” è esigita dal contesto italiano, essa trova conferma in una realtà diversa dalla nostra, quella francese, ove si presta una particolare cura nella dinamica di accompagnamento e di conversione. Infatti, nell’esperienza francese del catecumenato(12) grande è l’attenzione alla prima fase che potrebbe essere detta di precatecumenato. Il “tempo dei primi incontri” - così viene chiamato - risulta decisivo: si tratta di stabilire una relazione tra la domanda, a volte chiara ma spesse volte confusa, e il messaggio evangelico, accogliendo le questioni che la persona porta con sé e promuovendo un primo discernimento della conversione in atto. L’accoglienza si inserisce in una dinamica di accompagnamento che all’inizio è prevalentemente di tipo individuale - è prevista la (12) La Francia, tra le chiese di antica tradizione cristiana, è la più sensibile ed attenta al cammino catecumenale. In particolare è a Lione che per la prima volta nel nostro secolo - precisamente nel 1953 - è stato riattivato il catecumenato in forma stabile ed organizzata. Per una puntuale presentazione si veda L. BAGATIN, Il catecumenato di Lione. Presentazione della proposta e analisi interpretativa, in “La Scuola Cattolica”, CXXVII (1999), n. 1, pp. 133-171. 34 C onvegno Pastorale Diocesano figura dell’accompagnatore - per poi inserirsi in un cammino più comunitario in vista dell’approfondimento di alcuni nuclei tematici e soprattutto in vista del catecumenato vero e proprio che aiuta a riscoprire Gesù Cristo attraverso un approccio significativo alla Scrittura. Ma anche in questa fase del catecumenato, resta fondamentale la valorizzazione del contesto di vita e delle relazioni significative già esistenti. Il gruppo catecumenale non è pre-esistente al cammino del nuovo catecumeno, ma in un certo modo si costruisce attorno a lui, coinvolgendo l’eventuale coniuge o alcuni amici che vogliono condividere la ricerca, insieme ad altri cristiani sensibili al cammino catecumenale. Solo più avanti il catecumeno parteciperà ad incontri più larghi, in assemblee catecumenali, con scambi tra gruppi, con circolazione di esperienze e sensibilità differenti. FOGLIO DI LAVORO N. 1 Nonostante una diffusa indifferenza e, a volte, disistima verso la religione, le indagini sociologiche rilevano che nel nostro Paese non manca la “domanda” o la “ricerca religiosa”. Gli adulti dei nostro paese: - in quali occasioni manifestano questa “domanda” o “ricerca religiosa”? - in che modo manifestano questa “domanda” o “ricerca religiosa”? C onvegno Pastorale Diocesano 35 SECONDA RELAZIONE Le occasioni della ricerca religiosa 17 giugno 2004 (Mons. Lucio Soravito) “Ogni percorso di vita e di fede costituisce una storia personale unica e irripetibile... Nell’età giovanile ricorrono momenti che possono diventare snodi esistenziali significativi per una nuova visione della vita: la ricerca di un lavoro, nel quadro di incertezza circa il proprio futuro, può aiutare a elaborare decisioni mature; l’avvio della vita affettiva e la prospettiva di costruire una famiglia aprono verso una nuova progettualità e verso una visione più impegnativa dell’esistenza e consentono di scoprire il disegno di Dio sull’amore e sulla propria vocazione a servizio degli altri; l’esperienza traumatica della solitudine, della sofferenza e della morte provoca domande di senso e determina crisi, che talora approdano verso l’acquisizione di valori durevoli e verso scelte di vita particolarmente impegnative. La domanda del Battesimo di un figlio, così come la celebrazione della Confermazione o della prima Comunione, possono interpellare in modo serio e decisivo la coscienza, anche se non di rado la richiesta è determinata da motivi di carattere familiare o di convenienza sociale... La vicinanza e il sostegno di un credente possono risultare determinanti nel ridefinire le proprie ragioni di vita e la propria speranza in taluni passaggi esistenziali problematici: una malattia personale o di un familiare, difficoltà a livello professionale, una crisi coniugale, un improvviso trasferimento che muta radicalmente la vita e le relazioni e può sfociare in una dura esperienza di solitudine, momenti di fatica esistenziale, la morte di una persona cara. In tali circostanze la persona può sperimentare crisi senza sbocchi, ma può anche trovare una apertura verso Qualcuno che ci ama e ha a cuore la nostra vita” (3 a Nota pastorale, nn. 10 - 13). 36 C onvegno Pastorale Diocesano Tutta la vita è “iniziazione” alla vita, è come un cammino a tappe, è come un “uscire” da una condizione di vita per sperimentarne un’altra, è un “ripartire” ogni giorno come Abramo verso una nuova terra, verso nuove esperienze, nuovi incontri. Lungo questo “viaggio della vita” l’uomo ha molte occasioni per incontrare Dio; sono molti gli “appuntamenti” che Dio gli offre per incontrarlo. Questi “appuntamenti” sono rappresentati soprattutto dalle “svolte”, dai cambiamenti, dai momenti di passaggio. Anche la vita adulta, come del resto la vita sociale e culturale attuale, è caratterizzata dai cambiamenti; essa conosce periodi di stabilità, ma conosce anche periodi di crisi e di passaggio, che costringono l’adulto a ridefinire la sua identità e a riorganizzare la sua esistenza su nuovi valori e motivazioni.(13) Gli psicologi che studiano sperimentalmente l’età adulta hanno cercato di individuare le caratteristiche che contrassegnano i diversi momenti della vita adulta. Alcuni di essi hanno messo in luce che nella vita dell’adulto esistono dei periodi e delle tappe che possiedono caratteristiche proprie e che tutti, in modo più o meno simile, attraversano. Anche la maturazione spirituale e l’evoluzione della fede degli adulti appare fortemente legata a tali situazioni e al modo con cui l’adulto le vive.(14) 1) La vita adulta viene divisa in tre grandi periodi o fasi: l’adulto giovane, l’adulto maturo, l’adulto anziano.(15) Queste fasi sono legate sì a un arco di età, ma soprattutto a un momento appropriato per acquistare una maturità più grande. Ognuna di queste fasi è (13) Per i primi tre paragrafi di questo capitolo mi sono avvalso delle riflessioni svolte da E. BIEMMI, Accompagnare gli adulti nella fede. Linee di metodologia catechistica, Elledici, Leumann 1994, pp. 20-26. Cf L. SORAVITO, La catechesi degli adulti, Elledici, Leumann (Torino) 1998, pp. 106-114. Cf inoltre E. ALBERICH - A. BINZ, Adulti e catechesi, Elledici, Leumann (Torino) 1993, pp. 67-80. (14) WHITEHEAD EVELIN EATON e JAMES D., Les étapes de l’age adulte. Evolution psychologique et religieuse, Centurion, Paris 1990, pp. 268. Cf anche COMTE ROBERT, Etapes de la vie adulte et évolution de la vie spirituelle, in “Catéchèse”, 120, luglio 1990, pp. 23-34. (15) Cf ERIKSON E. H., I cicli della vita. Continuità e mutamenti, Armando Ed., Roma 1984. C onvegno Pastorale Diocesano 37 caratterizzata, quando si risolve bene, da una virtù psicologica: l’amore come soluzione positiva dell’intimità, la sollecitudine per la generatività, la saggezza per l’integrazione.(16) 2) Ogni fase è caratterizzata dal modo con cui una persona si colloca di fronte all’età e alla susseguente condizione fisica, ai ruoli che è chiamata ad assumere, alla realizzazione di sé e ai numerosi compiti che queste tre realtà richiedono. L’evoluzione poi da una fase ad un’altra non è automatica e può risolversi più o meno positivamente per la persona. 3) Ogni fase viene superata attraverso un periodo di “crisi”, che ha le caratteristiche di un tratto di strada confuso, in cui la persona è più vulnerabile e percepisce che la forma di vita fin qui vissuta non soddisfa più ed è necessaria una riorganizzazione. 4) In ciascuna delle tre fasi si assiste anche a una modificazione dell’esperienza religiosa. La nostra fede di giovani adulti, di adulti e di anziani è segnata dall’intimità, dalla generatività, dall’integrazione. Non bisogna dimenticare che i momenti di passaggio sono quelli in cui la persona è più disponibile a lasciare educare la propria immagine di Dio; sono pure quelli in cui la comunità è chiamata maggiormente a intervenire. 1. La prima fase: l’adulto giovane (dai 30 ai 45 anni) La stagione dell’intimità (amore) e dell’utopia Questa fase coincide con la progressiva entrata del giovane nella vita di adulto (dai 30 ai 45 anni). È il momento in cui il giovane adulto diviene economicamente e affettivamente indipendente e di solito lascia la famiglia di origine per formare la “sua famiglia”. (16) Gli psicologi oggi sono concordi nel ritenere che le fasi della vita adulta inizino almeno cinque anni più tardi rispetto all’indicazione data una ventina di anni fa da D. Levinson et A. (cf The Seasons of a Mans Life, Knopf 1978), dal momento che l’adolescenza si è prolungata, la giovinezza si è dilatata almeno fino ai 30 anni e l’età media della persona è più alta che in passato (tra l’altro si tende a prolungare l’età di lavoro fino ai 65 anni). 38 C onvegno Pastorale Diocesano Egli entra progressivamente nel mondo del lavoro; ma i suoi impegni affettivi, professionali e sociali hanno sovente - almeno nel primo periodo di questa fase - un carattere esplorativo; prima di arrivare a una soluzione stabile, l’adulto giovane passa attraverso diverse esperienze. Il passaggio dalla giovinezza all’età adulta fino a qualche decennio fa si situava attorno ai 25 anni. Oggi tende a essere sempre più posticipato per due ragioni fondamentali: il prolungarsi del periodo della scuola e la difficoltà a trovare un lavoro. Per questo possiamo indicativamente situare l’inizio di questa prima fase della vita adulta attorno ai 30 anni. La fase dell’adulto giovane è legata alla sfida dell’intimità, alla capacità di sognare e, dal punto di vista spirituale, alla sfida del dubbio religioso. 1) La sfida dell’intimità Se l’adolescenza è caratterizzata dalla sfida dell’identità (l’adolescente è alla ricerca di sé, della sua identità), i primi anni dell’adulto giovane sono segnati dalla sfida psicologica dell’intimità, dell’incontro-confronto con l’altro o con gli altri. L’adulto giovane ridefinisce la propria identità nell’incontro con l’altro. L’accettazione di ridefinire la propria identità appena acquisita e di lasciarsi influenzare da un altro o da altri è la caratteristica dell’intimità. Legandosi ad altre persone, il giovane adulto libera le sue risorse psicologiche, necessarie per una vita di intimità. L’amore, inteso come capacità di riceversi da un altro e di aiutare un altro a ridefinire se stesso, è la soluzione positiva della sfida intimità. I “luoghi” dove l’intimità è vissuta e giocata sono: - l’amicizia e la solidarietà: una persona accetta di essere modificata dalla relazione con un’altra o un gruppo di altre; - il matrimonio con l’esperienza dei rapporti sessuali; - la cooperazione e in certa misura anche la concorrenza (ad esempio sul lavoro). C onvegno Pastorale Diocesano 39 Il luogo privilegiato dell’intimità è senz’altro quello del matrimonio, dove essa, se supera gli scogli narcisistici, diviene comunicazione totale e ridefinizione di sé con un altro. Il celibato, accettato o scelto, possono rappresentare delle esperienze di intimità, a una condizione: che si viva la reciprocità nelle relazioni con gli altri. 2) La capacità di sognare L’adulto giovane porta in sé un potente elemento di dinamismo: la capacità di sognare se stesso, la propria realizzazione e il proprio ambiente nei termini dell’utopia. Le sue realizzazioni amorose, familiari, professionali e sociali gli appaiono come un’approssimazione del sogno coltivato. La capacità di sognare svolge un ruolo di spinta in avanti e di potenziale innovazione. 3) La sfida del dubbio religioso La fase dell’adulto giovane è spesso un periodo in cui si rimette in dubbio tutto ciò che si è ricevuto a livello di fede. Il conflitto tra visione scientifica del mondo e visione di fede, la presa di coscienza della debolezza e della incoerenza delle istituzioni ecclesiali, la frammentarietà culturale e la pluralità dei riferimenti valoriali, porta allo sgretolamento della fede infantile e al bisogno di riesaminare criticamente ciò in cui si crede. Potremmo dire che si sente l’esigenza di rendere la fede “intellettualmente abitabile”, cioè una fede che risponda agli interrogativi che si stanno vivendo e che abbia una sua coerenza intellettuale. In questa fase la fede può giocare un ruolo importante, in rapporto alla capacità di sognare dell’adulto giovane. Perciò nell’educazione cristiana dell’adulto giovane è importante utilizzare due categorie bibliche molto significative: quella del “Regno di Dio” (“Il regno di Dio è in mezzo a voi”: Mc 1,15) e quella di “ vocazione”. 40 C onvegno Pastorale Diocesano L’annuncio del Regno non è altro che l’annuncio che il “sogno” di Dio (il progetto di Dio) sul mondo è in via di attuazione. La presa di coscienza di una chiamata all’interno della vita non è altro che l’invito a prendere parte attiva, nella libertà e nell’immaginazione, alla realizzazione di tale “sogno”. In questa prospettiva emergono alcune conseguenze pastorali: a) È questo il tempo in cui la comunità deve poter offrire alle persone la possibilità di rivisitare la propria fede nei termini della significatività e della coerenza, di attraversare il dubbio e di trovare la strada per approdare a una fede intellettualmente abitabile. b) È questo il tempo in cui la comunità cristiana deve invitare i suoi membri ad abbracciare il suo “sogno”, che incide sulla vita personale e sociale della gente. Inoltre la Chiesa deve mostrare modelli credibili e in via di attualizzazione per la realizzazione del Regno. 2. La seconda fase: l’adulto maturo (dai 45 ai 65 anni) La stagione della generatività (sollecitudine) e dell’interiorizzazione La seconda fase, situabile nel mezzo dell’età adulta (dai 45 ai 65 anni), è quella della sfida della generatività, fase in cui ci si sente responsabili di ciò che si è generato, a tutti i livelli. Qui l’equilibrio da trovare è tra le due tendenze della stagnazione e della generatività. Dopo i tentativi e le esperienze dell’età giovanile, la vita si è ormai stabilizzata: si ha la propria famiglia, si hanno dei figli, una professione, delle responsabilità sociali. D’altra parte, un bel giorno, ci si accorge che non si è più giovani, che la vita sta passando e che, forse, quello che sta dietro è più di quello che ci resta da vivere. È il momento delle responsabilità, con il rischio di farsi travolgere C onvegno Pastorale Diocesano 41 da esse. È anche il momento in cui fisicamente non si ha più il vigore giovanile; dall’idealismo si passa progressivamente al realismo, misurando sempre più lo scarto tra il sogno coltivato e ciò che si è effettivamente realizzato. Così la stagione della vita che intercorre tra i 45 ed i 65 anni sembra caratterizzata da tre aspetti. a) Il potere personale: la competenza, l’esperienza e la consapevolezza delle proprie forze e capacità, pongono la persona in una posizione di autorità. Proprio il desiderio di responsabilità, la capacità di essere in posizione di controllo, spingono la persona a un nuovo passaggio. b) La preoccupazione per gli altri: l’adulto al centro della vita vuole essere responsabile di qualcun altro e lo desidera. Prova il bisogno che si provi bisogno di lui o di lei. c) Un ritorno su se stessi: il movimento verso l’esterno, che caratterizza il centro dell’età adulta, è accompagnato da un equivalente e crescente movimento verso l’interiorità. Quest’ultimo si manifesta come esigenza di concentrazione sui bisogni interni, di riesaminare gli impegni e di valutare i valori scelti. La persona matura sente il bisogno di una nuova traversata, di una ridefinizione di se stessa. Tale traversata è un invito a un doppio approdo: a) innanzitutto la sfida della generatività, sfida che si può riassumere nella seguente domanda: “Posso e voglio essere responsabile di nutrire e curare la vita?”. La soluzione positiva della sfida della generatività è la sollecitudine. Essa si manifesta come preoccupazione per ciò che l’adulto ha prodotto. È l’amore dell’uomo per le sue opere e le sue idee, oltre che per i suoi figli. Si esprime nella preoccupazione di prendersi cura della generazione seguente. La sollecitudine generativa si distingue dall’amore, proprio della tappa dell’intimità, per una caratteristica: essa sa coniugare la 42 C onvegno Pastorale Diocesano sollecitudine con il distacco. È la capacità, cioè, di occuparsi di ciò che si è generato, permettendogli di seguire il suo cammino, di incoraggiarlo in questo cammino, dando fiducia a questa nuova vita, anche se si sviluppa fuori del proprio controllo e dei propri progetti. La persona generativa è capace di rinunciare al controllo. b) Un secondo appello è quello a un ritorno su di sé, per stabilire un bilancio, per riequilibrare le proprie energie e forse anche per un cambio di prospettive. È a questo punto che si situano spesso le crisi matrimoniali, il divorzio e un nuovo matrimonio, un cambio di professione e anche una crisi per chi si è impegnato nella vita religiosa o sacerdotale. Potremmo dire che l’esito positivo di tale seconda sfida è quello dell’interiorità, cioè di un ricupero dell’unità di se stessi con maggiore equilibrio e consapevolezza. In questa stagione della vita sono però possibili tre fughe, per evitare tale passaggio: la fuga nel divertimento, in un attivismo sfrenato o nella depressione. Dal punto di vista religioso l’adulto maturo può trovare un aiuto da due “categorie” specifiche della spiritualità cristiana: la “diaconia” e il “mistero”. a) L’uomo e la donna nella maturità della loro vita possono trovare un senso al loro bisogno di responsabilità in quello che il vangelo chiama diaconia e che ritrova in Gesù il riferimento essenziale. Chi meglio di lui ha saputo vivere il potere come “servizio” e far maturare la sua responsabilità in “sollecitudine”? b) Il secondo termine è quello di mistero. È il momento in cui l’adulto sperimenta tutte le sue possibilità, ma anche tutti i suoi limiti, e in cui si rende conto che la realtà è più grande di come la possiamo concepire. Ciò significa che questa è la stagione opportuna per passare da una fede convinta, ma di tipo razionalistico, a una fede che sa integrare il limite, la complessità, la contraddizione, il mistero. C onvegno Pastorale Diocesano 43 3. La terza fase: l’adulto anziano (da 65 anni in su) La stagione dell’integrazione (riconciliarsi con il proprio passato) La terza fase, alla fine della vita adulta (dai 65 anni in su), vede la persona impegnata a risolvere il conflitto tra la disperazione e l’integrazione. Quest’ultima consiste nel riconciliarsi con l’esistenza così come è stata, con i suoi elementi negativi e positivi. A partire da una certa età, ogni persona è obbligata ad affrontare una serie di condizionamenti, di natura fisica, economica, sociale. Se per buona parte della mia vita di adulto mi ero identificato con i miei ruoli, le mie responsabilità e i risultati connessi, ora devo progressivamente rinunciare a molti di essi: quello di marito o di moglie, quando uno dei congiunti muore; quello di padre o madre, quando i figli lasciano la casa; quello della professione, quando si arriva alla pensione. La stessa esperienza è fatta dalle persone consacrate (preti o religiosi/e). Esse devono accettare di ridefinire diversamente la loro identità personale, fino ad ora legata al loro ruolo ecclesiale. Di conseguenza, il movimento di interiorizzazione, iniziato nella fase precedente, si intensifica e la domanda di senso diventa fondamentale: “Che significato ha la mia vita?”. La domanda si pone in modo tanto più urgente, quanto più ci si rende conto che non resta molto tempo per l’avvenire personale. L’esigenza dell’età matura di una dedizione disinteressata, diventa ora l’invito a vivere la rinuncia in piena lucidità. In questa stagione della vita si affrontano due tendenze opposte: la disperazione o l’integrazione. La sfida è quella di guardare la propria vita e di scoprirla “assurda” (senza senso) oppure “significativa”. La constatazione che è ormai troppo tardi per dare senso alla propria vita porta alla disperazione. La disperazione nasce dall’incapacità di dare senso alla propria vita, così come è stata. Essa si manifesta 44 C onvegno Pastorale Diocesano nell’amarezza e nella critica sprezzante verso tutto; critica proiettata sul mondo e sugli altri, ma che ha le sue radici nella non accettazione di sé. L’integrazione, invece, nasce dall’accettazione del proprio passato, della propria vita come qualcosa che doveva essere così e non diversamente. Certo, poteva essere diversa, ma così come è stata è la mia vita. Avrebbe potuto essere migliore, secondo certi criteri, ma io non sarei quello che sono. L’accettazione del passato riposa sull’accettazione del mio presente. Allora la vita intera prende senso e con essa il mondo. Anzi, con il senso che ho conferito alla mia esistenza accettata, io inietto un po’ di senso anche nel mondo. Il frutto maturo dell’integrazione è la saggezza. La saggezza è uno sguardo rappacificato sulla vita, ma non ingenuo. Si manifesta come preoccupazione disinteressata e nello stesso tempo attiva nei riguardi della vita stessa, di fronte alla morte. C’è saggezza quando mi rendo conto che la mia vita e il mio potere sono limitati dalla morte, ma è la vita che prevale. Il riconoscimento della morte, della mia morte, può liberare dalla preoccupazione della vita. Dal punto di vista spirituale, questo è il tempo in cui si viene spogliati dei propri ruoli, nei quali in precedenza ci si identificava, e si può allora accedere alla verità di se stessi e delle cose. Si è chiamati a vivere, in termini di fede, una vera kenosi, a immagine di Cristo, e a prendere atto che “la potenza di Dio si realizza nella debolezza”. Si può comprendere la gratuità della vita, che cioè essa può essere vissuta per se stessa e non per le attività che la riempiono. Sempre nell’ambito della fede, la persona può essere condotta a sperimentare, in termini del tutto inediti, che ciò che conta è l’amore preveniente e incondizionato di Dio e non le qualità di ciascuno o il bilancio di ciò che si è realizzato. L’esperienza amara degli insuccessi e anche del male fatto, può portare alla scoperta che nulla è irrimediabile e che non solo il proprio presente, ma C onvegno Pastorale Diocesano 45 anche il proprio passato possono essere riscattati, se messi nelle mani di Dio. Anche qui derivano alcune conseguenze pastorali. - In questa età occorre offrire alle persone un “luogo” in cui esse possano “raccontarsi” e in cui possano “guarire” i propri ricordi. - D’altra parte, la comunità cristiana ha indispensabile bisogno di persone anziane riconciliate, come testimonianza vivente di una risurrezione promessa e anticipata. Tutte queste fasi e questi passaggi costituiscono altrettante “brecce” che riportano a galla il problema del senso della vita e che costituiscono altrettanti “momenti” favorevoli per la ricerca religiosa; occasioni preziose in cui riscoprire che la fede cristiana rende più vera, giusta e bella la vita personale, familiare e sociale, rinnova i rapporti di amicizia, dà senso alla fatica del lavoro, all’impegno educativo, alla malattia e alla morte. 4. Gli “appuntamenti” di Dio All’interno delle diverse tappe della vita adulta l’uomo vive dei momenti “forti” o delle situazioni vitali, che costituiscono ulteriori “brecce” aperte da Dio e che possono essere dei provvidenziali “punti d’innesto” per l’annuncio del Vangelo. Ci sono nella vita di ogni persona adulta dei momenti in cui il bisogno di senso ed il problema religioso riemergono con forza. Questi “momenti forti” sono soprattutto: • la preparazione dei fidanzati al sacramento del matrimonio; in tale occasione il progetto cristiano di vita coniugale e familiare che scaturisce dalla fede può risultare attraente e spinge ad approfondire le sue premesse; • la nascita dei figli: l’esperienza ci insegna che il mistero della vita suscita stupore e “provoca” anche la persona “materialista” 46 C onvegno Pastorale Diocesano più incallita; a volte sconvolge la vita della coppia; cresce la preoccupazione per la salute del figlio, per il suo futuro... • alcuni passaggi esistenziali importanti o problematici: - scelte importanti della vita, problemi familiari, l’educazione dei figli, una crisi coniugale; - un momento difficile a livello scolastico o professionale, una situazione di malattia, la morte di una persona cara; - un’esperienza di solidarietà con persone che vivono una situazione di sofferenza; - un improvviso trasferimento che apre ad una dura esperienza di solitudine; - l’amicizia tra colleghi di lavoro... Sono le esperienze che fanno toccare con mano il limite della vita umana e costringono la persona a ridisegnare la sua gerarchia di valori; • l’esperienza dell’amore, del servizio, della solidarietà, dell’impegno politico, l’esigenza di giustizia, di pace, di speranza: ci fanno toccare con mano ogni giorno il nostro limite umano, perché sono contrassegnate dalla precarietà, dallo scacco; l’amore può essere tradito, la speranza delusa, l’impegno frustrato, il futuro reso incerto. Di fronte alla constatazione di questo limite, nasce spesso nell’uomo una “invocazione di salvezza”, la tensione verso Qualcuno, capace di dare una risposta esaustiva al bisogno di una vita pienamente realizzata; • la celebrazione dei sacramenti dell’iniziazione cristiana dei figli: la richiesta del battesimo; gli incontri pre- e post-battesimali; gli incontri dei genitori nella scuola materna e durante il cammino di iniziazione cristiana dei figli; le esperienze di solidarietà condivise dai genitori e dai figli; i genitori possono scoprire, al di là della domanda dei sacramenti, spesso richiesti solo per scandire le tappe C onvegno Pastorale Diocesano 47 della vita dei figli, il ruolo stimolante e propositivo della fede nella loro vita e in quella dei figli; • molte forme di annuncio della Parola, ordinario e straordinario, che la Chiesa attiva per tutti coloro che lo vogliono accogliere: la proclamazione della parola di Dio nella liturgia; la predicazione lungo l’anno liturgico e nelle più significative circostanze della vita (battesimi, matrimoni, esequie, ecc.); i centri di ascolto, i gruppi biblici per adulti e le scuole della Parola; la visita alle famiglie; il rapporto personale con i colleghi di lavoro; i momenti di festa paesana (sagre) e la collaborazione vissuta in quei momenti; le missioni al popolo ed i pellegrinaggi; la visita a monumenti d’arte religiosa ed i concerti spirituali; trasmissioni radio-televisive e recenti siti religiosi; lettura personale di libri; • molteplici esperienze di volontariato: costituiscono una significativa occasione di ripensamento dei valori della propria esistenza e, in non pochi casi, possono condurre ad una nuova domanda di senso e ad una scelta di impegno cristiano. 5. “Ripartire da Dio” In che modo la “ricerca di senso” - che prende l’avvio da questi momenti o esperienze “forti” della vita - può diventare “ricerca di Dio” ? Come aiutare l’uomo, che cerca un senso per una vita più autentica, ad aprirsi alla trascendenza e all’annuncio di Dio Creatore e Padre? (17) (17) Per la stesura di questo paragrafo mi sono avvalso delle riflessioni proposte da G. COLZANI, Ricominciare il cammino di fede, nel Seminario di studio sul catecumenato, Firenze 5-6 maggio 2000, in UCN, Informazioni sul catecumenato in Italia, 3/ 2000, pp. 13-1 g. 48 C onvegno Pastorale Diocesano La cultura efficientistica attuale espropria l’uomo d’oggi anche del senso religioso, non meno di quello che ha fatto l’educazione marxista in alcuni Paesi dell’Est Europa. In questo contesto è importante aprire le persone al Trascendente, prima di annunciare loro Gesù Cristo. La preoccupazione di far scoprire il vero Dio, prima di annunciare Gesù Cristo, ce l’hanno anche gli apostoli; quando essi si rivolgono ai pagani, prima li liberano dall’idolatria e annunciano l’unico Dio, creatore del cielo e della terra; poi annunciano che questo unico vero Dio si è manifestato in Gesù Cristo, morto e risorto per noi, (Cf 1 Ts 1,9-10; At 14,15-18; 17,22-31). Occorre dunque “ripartire” da Dio. Ma che cosa significa “ripartire da Dio”? (18) Ripartire da Dio vuol dire confrontare con le esigenze del suo primato tutto ciò che si è e che si fa: Egli solo è la misura del vero, del giusto, del bene. Vuol dire tornare alla verità di noi stessi, rinunciando a farci misura di tutto, per riconoscere che Lui soltanto è la misura che non passa, l’ancora che dà fondamento, la ragione ultima per vivere, amare, morire. [...] Ripartire da Dio vuol dire misurarsi su Gesù Cristo e quindi ispirarsi continuamente alla Sua parola, ai Suoi esempi, così come ce li presenta il Vangelo. Vuol dire entrare nel cuore di Cristo che chiama Dio “Padre”.(19) Ripartire, ricominciare, vuol dire oltrepassare il già noto e muoversi verso il mistero, senza altra guida che quello Spirito, (18) Il titolo è quello usato dal card. C. M. Martini, Ripartiamo da Dio! Lettera pastorale per l’anno 1995-1996, Centro Ambrosiano, Milano 1995. (19) M. MARTINI, Ripartiamo... cit., 27. C onvegno Pastorale Diocesano 49 che chiede di abbandonare la violenza delle ideologie per tornare ad una perseverante ricerca. Dio non è un residuo delle conoscenze passate ma è un pungolo a non accontentarsi, a cercare fino a riconciliarsi con le profondità ultime della vita. Come passare dal bisogno di senso e di vita vera alla ricerca/accoglienza del “Signore della vita”? a) Il “ricominciante” è colui che avverte dentro di sé il bisogno di fare il passaggio dalla stanchezza, dallo stress, dalla routine, dal senso di vuoto e di inutilità, ad uno stupore e ad una concentrazione attenta sulla vita; è colui che avverte il bisogno di una umanità autentica, segnata da una sincera attenzione, da una coinvolgente ricerca per un rapporto vero con la realtà. Il nostro tempo è segnato da una pressione sociale che costruisce una sorta di pseudo-realtà, di realtà “virtuale”, di illusione, che tutto avviluppa e stravolge. A fronte di un simile condizionamento, l’esito più frequente è l’abitudine e l’indifferenza. Il “ricominciare” è spesso il risultato di uno scossone che ci sveglia e che ci riporta alla realtà vera, ci insegna lo stupore e ci restituisce la forza di domandare. Solo allora l’uomo massificato intuisce che tra il mondo e la sua vita, lungi dall’esservi un continuum, vi è uno spazio di libertà. b) L’attenzione alla propria libertà restituisce una sensibilità ai condizionamenti di ogni genere, ecclesiali e sociali, restituisce un bisogno di aria nuova, un forte senso di criticità e, soprattutto, mette in cammino. Inizia allora un ripensamento della propria vita. Investigato e ripensato con attenzione, il passato appare come l’occasione opportuna che riapre domande sopite e che permette di ritrovare un cammino. c) Per questa via l’attenzione si sposta inevitabilmente dalla persona a Dio; in quanto Assoluto, Dio appare infatti il punto gerarchico attorno a cui tutto trova la sua misura, il centro di ogni questione. La ricerca di senso diventa così ricerca di Dio. Si passa da una 50 C onvegno Pastorale Diocesano centralità antropologica,(20) da una riduzione della questione religiosa alla misura del soggetto, alla riscoperta del mistero divino. Sorge una fame di domande che non si appaga facilmente; non solo Dio non tranquillizza ma, non lasciando più nulla come prima, esige il lucido coraggio e l’onestà sincera di non sottrarsi ad un cammino. Lo spostamento dall’interesse per sé all’interesse per Dio si fa allora spazio per un riconoscimento dei caratteri propri assunti da Dio nel suo libero amore; si profila così la valorizzazione del Cristo storico e crocifisso. d) Il centro di questo spostamento e di questo riconoscimento è l’abbandono della centralità dell’io, è la rinuncia alla pretesa di inquadrare Dio sul prolungamento della spiritualità umana; l’io si riversa nel mistero, nell’oltre, nell’inconoscibile e, con la decisione di “ricominciare”, si dichiara disposto a “consentire” a Dio; in forza di esso, la persona si abbandona a qualcosa che la sorpassa e, come per una notte oscura, giunge al mistero di una presenza indicibile. Solo allora Dio può essere presentato come il Dio della storia, il Dio di Gesù, e può svelarsi nei termini cristologici dell’Abbà e della misericordia. Questa esperienza di Dio ristruttura la stessa vita del credente; come Abramo lascia la sua terra, Gesù lascia Nazareth, i discepoli abbandonano le reti, la samaritana lascia la brocca al pozzo di Giacobbe, così il credente fa l’esperienza di uno stacco nella sua vita; si lascia alle spalle un passato e si incammina con decisione verso un futuro. e) Il punto di riferimento di questa fede storica non può essere un sistema dottrinale o morale ma una grande speranza. La meta della fede è lo Shabbath; (21) questo è il punto a cui tende l’agire (20) Nella misura in cui l’uomo trasformava il mondo in semplice materiale della sua libertà, veniva rimandato a se stesso; nella misura in cui l’uomo si faceva punto di riferimento della realtà, sorgeva la questione del senso della sua propria esistenza. [ ... ] Dio veniva scoperto come la dimensione profonda dell’uomo, come il correlato della sua propria infinità e come il postulato della sua libertà” (KASPER W., Introduzione alla fede, Queriniana, Brescia 1972, 39). Su questa prospettiva antropologica della questione del senso si vedano le pagine 32-50. (21) HESCHEL A. J., Il sabato. Il suo significato per l’uomo moderno, Rusconi, Milano 1972. C onvegno Pastorale Diocesano 51 di Dio ed a cui deve tendere, di conseguenza, quello del credente. Ora il cuore dello Shabbath non è il riposo ma la felicità tranquilla da cui è assente ogni male, l’armonia profonda di una vita e di un mondo che coincidono con la shalom. In tal modo la storia si svela come comunione con Dio e di questa comunione la fede è anticipo. Volta a questa meta, la persona umana vi riconosce la sua grandezza ed il suo limite: la libertà umana deve armonizzarsi con la contemplazione, se non vuole che una vita impostata secondo le caratteristiche dell’homo faber finisca per divorarlo. In questo senso il ricominciare da Dio è una rivoluzione nella impostazione della vita, una sua modificazione talmente radicale che ha bisogno di tempo per essere messa alla prova. Questa nuova architettura del tempo è percepibile solo per quello Spirito di vita che ci ricorda le parole del Signore e ci introduce alla interezza della verità. “Cristiani non si nasce, ma si diventa” (22), attraverso un processo di conversione. Si nasce e si può vivere come uomini e donne religiosi; cristiani si diventa rispondendo a una chiamata della Parola di Dio, maturando uno stile di vita evangelico, acquisendo “gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù” (Fil 2,5), orientando la vita al Padre, per mezzo di Cristo, nella grazia dello Spirito Santo. La conversione cristiana, in una parola, conduce a un’adesione libera ed esplicita a Cristo e alla sua Chiesa. (22) TERTULLIANO, Apologeticum, 18, 4. 52 C onvegno Pastorale Diocesano FOGLIO DI LAVORO N. 2 Quali sono le situazioni vitali, le occasioni, le iniziative pastorali che possono costituire una “breccia” o un’apertura alla ricerca religiosa e all’accoglienza dei primo annuncio: - per i cresimandi adulti; - per i fidanzati; - per i genitori dei battezzandi; - per i genitori dei fanciulli e dei ragazzi dell’iniziazione cristiana; - per gli adulti disposti ad intervenire ai “centri di ascolto” o ai gruppi dei Vangelo? C onvegno Pastorale Diocesano 53 Note per lo studio personale 54 C onvegno Pastorale Diocesano Note per lo studio personale C onvegno Pastorale Diocesano 55 Note per lo studio personale TIPOGRAFIA MARRA - UGENTO - SETTEMBRE 2004 56 C onvegno Pastorale Diocesano