Se n’è andato ieri Neil Armstrong, il primo uomo sulla Luna
Ai suoi tempi, i sogni dell’umanità si avveravano ancora
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www.ilfattoquotidiano.it
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Domenica 26 agosto 2012 – Anno 4 – n° 202
€ 1,20 – Arretrati: € 2,00
Spedizione abb. postale D.L. 353/03 (conv.in L. 27/02/2004 n. 46)
Art. 1 comma 1 Roma Aut. 114/2009
Redazione: via Valadier n° 42 – 00193 Roma
tel. +39 06 32818.1 – fax +39 06 32818.230
E CHI NON È D’ACCORDO È
Disordine, compagni
di Marco Travaglio
FASCISTA
Bersani chiama “fascisti del web” Grillo e Di Pietro
scimmiottando la scomunica di Ezio Mauro al Fatto
(“la destra peggiore”). Torna l’anatema degli anni 70
per ghettizzare chi dissente dal pensiero unico Marra pag. 4 z
L’aggressione
di Repubblica
C
Ecco a voi il Monti 2
Udi Furio Colombo
dc
(segue a pagina 7)
LA POLITICA
DELLE
NOTIZIE FINTE
adesso lo sappiamo. Andremo a votaDre inunque,
novembre, domenica
Palombi, Perniconi e Tecce pag. 2 - 3 z
I PRESIDENTI USA S’INTERCETTANO DA SOLI
Un sistema
di cimici alla Casa
Bianca. Anche
per proteggere
la credibilità
dell’istituzione
TRE MILIARDI DALLO STATO
L’Alcoa prende
i soldi e scappa
di Beatrice Borromeo
Udi Silvia D’Onghia
N
el bel mezzo della crisi per una
strage all’università del Mississippi JFK esclama con sarcasmo:
“Era dalla Baia dei Porci che non mi
divertivo tanto”.
pag. 6 - 7 z
LETTURE ESTIVE x
P
er la serie dei grandi racconti dell’Ottocento pubblicati dal Fatto, oggi è la volta di
Memorie di un pazzo, racconto in cui Lev Nikolaeavic Tolstoj (1828-1910) narra la storia
di una nevrosi, traendo spunto da un episodio autobiografico.
pag. 16 - 17 z
25 e lunedì 26. Non ci danno ancora i sondaggi aggiornati a quella data, ma
ci assicurano che “c re s c e
la voglia di elezioni anticipag. 18 z
pate”.
POTERI x Trasparenza e controllo. Da noi il Colle si crede “inascoltabile”
“IO, MAMMA,
DEVO PULIRE
LA SCUOLA”
di Salvatore Cannavò
I grandi racconti:
MEMORIE
DI UN PAZZO
di Lev Nikolaevic Tolstoj
Beppe Grillo e Antonio Di Pietro.
Sopra Pierluigi Bersani (FOTO ANSA)
5 MINISTRI PRONTI A CANDIDARSI
di Antonio Padellaro
osì fai il gioco della destra” era l’anatema scagliato nelle vecchie sezioni del Pci contro chi
osava mettere in discussione la linea ufficiale
del partito, l’unica autorizzata a difendere le
masse lavoratrici dai “provocatori” (sempre appostati nell’ombra) e dunque da una visione dei problemi “oggettivamente fascista”.
Pensavamo che la parodia di quei dirigenti, un po’
sedotti dal mito dell’Urss e un po’ furbacchioni, immortalata dal sindaco Peppone di Gino Cervi, fosse
ormai un reperto da cineforum. Invece, venerdì su
la Repubblica, il direttore Ezio Mauro ce ne ha fornita
una nuova versione rap: “Il fatto è che l’onda anomala del berlusconismo ha spinto nella nostra metà
del campo (che noi chiamiamo sinistra) forze, linguaggi, comportamenti e pulsioni che sono oggettivamente di destra”. Di questa prosa anni Cinquanta si è già occupato Marco Travaglio e, sull’ingenuo
tentativo di mettere d’accordo capra e cavoli a proposito dello scontro su Napolitano tra Scalfari e Zagrebelsky, non aggiungeremo altro. Qualcosa invece ci preme dire a proposito dell’attacco ai limiti
della diffamazione che il direttore di quel giornale
ha voluto sferrare contro il Fatto e i suoi lettori.
Certo, non siamo mai nominati, ma è l’abitudine
della casa: ammantarsi di spocchiosa superiorità
per meglio insultare l’avversario e poi nascondere la mano. È il giornalismo “de sinistra” che per
quindici anni si è giovato dell’alibi Berlusconi per
alzare le barricate e scendere nelle piazze con roboanti proclami e che adesso, soddisfatto, torna
finalmente a riposarsi all’ombra del potere costituito. Notare il linguaggio da proprietari terrieri:
“La nostra metà del campo”. Nostra di chi? Chi ve
l’ha regalata? Cos’è, un lascito di Napolitano?
L’
uella dell’Alcoa è una classica storia di profitti privati e
Qperdite
pubbliche. Una storia
è fissato per le
8,30 di sabato mattina.
L’Scuolaoreappuntamento
elementare statale Alonzi,
di aiuti di Stato e di Stato incapace.
pag. 11 z
a Roma, succursale periferica della ben più nota Cesare Battisti, dove viene girata la fiction dei “Cesaroni”.
pag. 10 z
ncrisi
ncalcio
all’interno pag. I - VIII z
CATTIVERIE
Open Usa, una giudice
di linea uccide il marito
a colpi di tazza da caffè.
Buono il servizio
(www.spinoza.it)
Grecia abbandonata:
“Povertà,
rabbia e razzismo”
Citati e Gramaglia pag. 12z
La Juve ricomincia
con un gol contestato
Cori contro Palazzi
Ziliani pag. 14z
elettore del Pd (ce ne sono ancora tanti,
anche fra i nostri lettori) deve avere qualche
colpa atavica da espiare, qualche peccato
originale da scontare. Insomma è nato per
soffrire, o è votato al martirio. A novembre stava
quasi per esultare alla caduta di B.: “Che bello, ora
si vota e vinciamo noi”. Ma dai vertici fu subito
avvertito che non era il momento di esultare, né
tantomeno di votare: siccome B. non aveva più la
maggioranza, bisognava entrare in maggioranza
con B.. Però Monti dovrà ascoltarci, soccmel, urlò
Bersani: anticorruzione, antievasione, patrimoniale,
asta per le frequenze tv, politiche sociali, basta
bavagli alla stampa e guerra ai pm. Risultato: niente
di tutto questo, perché B. non vuole. Anzi ora il
bavaglio lo chiedono e la guerra ai pm la fanno
Napolitano, Violante e Scalfari. Ma come, i pm di
Palermo non erano dei benemeriti che rischiano la
pelle per indagare su mafia, politica e trattative?
Contrordine, compagni. L’elettore del Pd legge
Repubblica e scopre che i pm congiurano contro il
Colle, lo intercettano illegalmente, calpestano le sue
prerogative a suon di “abusi” e in vent’anni non han
combinato niente. Legge Violante, e scopre che
Ingroia “fa politica” e dà fiato al “populismo
giudiziario” che vuole “abbattere Napolitano e
Monti”. Ma - si domanda disorientato il povero
elettore - non s’era detto, ai tempi del caso Moro e
del caso Cirillo, che è una cosa brutta trattare coi
terroristi e i mafiosi? Conserva ancora il libretto
distribuito dall’Unità diretta da D’Alema, grondante
indignazione perché la Dc aveva usato i servizi
segreti per trattare con Cutolo e far liberare Cirillo
dalle Br dietro congruo riscatto: s’intitolava, guarda
un po’, “La trattativa”, sottotitolo “L’ordinanza del
giudice Alemi sul caso Cirillo: Brigate rosse,
camorra, ministri Dc, servizi segreti”. Ora apre
l’Unità e trova il compagno senatore Pellegrino che,
anziché denunciare la trattativa di “Cosa Nostra,
carabinieri, ministri Dc, servizi segreti”, la giustifica:
serviva a “rallentare temporaneamente
l’applicazione della norma (il 41-bis) per avere
tempo di stroncare i corleonesi... Un arretramento
tattico che non intaccava la strategia di fondo, ma
era funzionale ad assicurarne il successo”. E
pazienza se intanto, a causa della trattativa, ci han
lasciato la pelle Borsellino, gli uomini della scorta e
nel ‘93 una decina di cittadini inermi a Firenze e
Milano. Apre Repubblica, nella speranza di trovare
almeno lì la linea dura, come ai tempi di Moro.
Invece no, sorpresa: “Ci sarebbe da distinguere –
scrive Scalfari - tra trattativa e trattativa. Quando è in
corso una guerra la trattativa tra le parti è pressoché
inevitabile per limitare i danni. Si tratta per
seppellire i morti, per curare i feriti, per scambiare
ostaggi”. L’elettore non vede l’ora di votare per
riportare al governo il centrosinistra, ma gli
spiegano che il centrosinistra non si porta più:
l’alleato è Casini, quello che governò con B. fino al
2006 e portò in Parlamento galantuomini come
Cuffaro (infatti si va con lui anche in Sicilia). Di
Pietro invece, non avendo mai governato con B., è
un “populista di destra”, anzi “fascista”, e non va più
bene. Infatti è l’unico, con Landini, escluso dalla
festa Pd, dove però l’elettore può arraparsi con
Fitto, Sallusti, persino Latorre e Menichini.
Stremato, l’elettore domanda sommesso: posso
almeno prendere un po’ per il culo il Cainano, che
medita il ritorno con Grande Italia ma ogni tanto si
scorda di asfaltarsi il capino? Eh no: Ezio Mauro, su
Repubblica, lo ammonisce ad abbandonare le
“calandrinate” sui “cognomi e i difetti fisici”, tipiche
del “Borghese degli anni più torvi” e della “destra
peggiore”, pena l’esclusione dal “campo
democratico”. A questo punto l’elettore scoppia in
lacrime ed esclama: “Ma cosa ho fatto per meritare
tutti questi colpi bassi?”. Ma accanto a lui si rialza
implacabile il ditino: “Bassi non si dice, fascista che
non sei altro: al massimo, diversamente alti”.
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e chi non è d`accordo è