Un quotidiano moderno
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Anno XV n° 262 - € 1,00
QUOTIDIANO SOCIALISTA DAL
1896
Giovedì 2 dicembre 2010
“O forte fiducia, o si va alle urne”
Berlusconi avverte tutti in vista del voto alle Camere del 14 dicembre: “Se
ci sarà impedito di continuare a guidare il Paese useremo le iniziative del
nostro governo come argomenti nella prossima campagna elettorale”
“Se il 14 dicembre non avremo una forte e
consistente fiducia e ci sarà impedito di continuare
a governare, useremo queste iniziative nella prossima campagna elettorale. Saranno un esempio
della ‘moralità del fare’ che è il marchio del nostro
stare in politica e che consiste essenzialmente nel
rispettare il programma e nel non tradire il mandato avuto dagli elettori”. Così Silvio Berlusconi in
un messaggio inviato al sito web www.forzasilvio.it, in cui il capo del governo annuncia nuove
iniziative “volte a informare direttamente i nostri
sostenitori e tutti coloro che vogliono sapere la verità”. Berlusconi esordisce: “Noi siamo ‘Il Governo del fare’. Lo abbiamo dimostrato anche in
queste ultime difficili settimane, lavorando per
portare a compimento i cinque punti di programma sui quali abbiamo avuto la fiducia alla
fine di settembre, conseguendo importanti successi
in politica estera, intervenendo, tra mille difficoltà,
per risolvere la nuova emergenza rifiuti di Napoli,
approvando alla Camera la riforma dell’università.
Lasciamo agli altri - continua il Cavaliere - le manovre e gli agguati di palazzo. Lasciamo agli altri
le chiacchiere e le polemiche inutili. Noi continuiamo a lavorare e a cercare di comunicare ai cittadini le cose realizzate dal governo”.
POLITICA
L’ALDOPARLANTE
L’ALDO
DEFICIT ITALIANO ALTO, BRUXELLES PREME
Carlo Pareto
di Aldo Chiarle
PAGINA 2
INTERVISTA A MARGHERITA BONIVER
“ALTRO CHE BOMBA, WIKILEAKS È UN PETARDO BAGNATO”
Andrea Camaiora
PAGINA 3
ATTUALITÀ
DALL’IRPINIA ALL’AQUILA: TRENT’ANNI DI TERREMOTI
Manfredi Villani
PAGINA 4
CULTURA
LETTERATURA CROATA, UNIVERSO SCONOSCIUTO
Maria Teresa Iervolino
PAGINA 6
Ci sono tutti i sintomi delle elezioni vicinissime e i “movimenti” si stanno, anche se ancora cautamente, delineando.
Anche perché il Parlamento che sarà eletto, dovrà provvedere alla elezione del nuovo presidente della Repubblica.
Pier Ferdinando Casini e Gianfranco Fini si stanno scaldando i muscoli e alla ribalta ecco anche Romano Prodi,
che, in una sua recente intervista, ha dichiarato che “Berlusconi è al tramonto”. È iniziata quindi la partita a scacchi
per due cariche molto importanti: il presidente del Consiglio dei ministri e il presidente della Repubblica. E per queste due cariche i pretendenti sono già numerosi: annotiamo
oltre che Fini, Casini, anche Prodi e Luca Cordero di Montezemolo. Oltre, naturalmente, a quelli del versante sinistro,
dove in lotta per l’egemonia di quello schieramento sono
per ora almeno in tre: Pier Luigi Bersani, Walter Veltroni
e Nichi Vendola. I giornali della sinistra danno l’onorevole
Berlusconi all’inizio della sua fine. Vorrei dire, soprattutto
a Casini, che è cattolico, di non farsi troppe illusioni: anche
Cristo è stato crocefisso, ma poi è risorto…
Giovedì
2 dicembre 2010
POLITICA
La Commissione europea avverte l’Italia: adottate nuove misure se necessario
Deficit alto, Bruxelles preme
La Commissione europea ha avvertito l’Italia
che, se sarà necessario, dovrà prendere nuove
misure per raggiungere l’obiettivo della riduzione del deficit al 3% entro il 2012. Da poco
infatti nelle previsioni economiche d’autunno
la Commissione Ue ha evidenziato per il Belpaese un deficit al 3,5% per il 2012 (dopo un
5% del 2010 e un 4,3% del 2011), che va quindi
in direzione opposta rispetto agli impegni presi
dal governo con Bruxelles. È quanto ha recentemente affermato il commissario agli Affari
economici e monetari, Olli Rehn.
Queste previsioni, aveva precisato Bruxelles,
tengono conto sia delle misure di consolidamento del 2009-2011 adottate nell’estate 2008,
sia del pacchetto per il 2011-2013 assunto a
maggio 2010, ma “con una valutazione ex ante
meno ottimistica dell’efficacia di alcune delle
disposizioni normative messe in campo per
contrastare in maniera più adeguata l’evasione
fiscale. È fondamentale che l’Italia si attenga
agli obiettivi di politica erariale fissati”, ha affermato il commissario Ue sottolineando che
“l’Esecutivo ha appena deliberato un nuovo
pacchetto di consolidamento per il 2011/2013,
quindi ha tre anni per arrivare alla contrazione
del deficit sotto il 3% entro il 2012”.
Dunque, “se occorrerà dovranno essere presi
provvedimenti ulteriori per conseguire questo
obiettivo”, ha rimarcato Rehn, il quale ha aggiunto che “una volta fatta la valutazione dei
provvedimenti presi dagli Stati membri nell’ambito della procedura di infrazione per deficit eccessivo ne sapremo di più”. Quanto al Pil
italiano crescerà dell’1,1% nel 2011, restando
sostanzialmente quindi agli stessi livelli del
2010, e dell’1,4% nel 2012, circa 0,5% punti
sotto la media dell’eurozona, viene sempre evidenziato nei dati contenuti nelle formulazioni
economiche d’autunno appena elaborate dalla
Commissione europea, e da poco pubblicate.
Secondo Bruxelles, la Penisola realizzerà una
“crescita moderata” di cui le esportazioni saranno il “principale veicolo”. “Ci si aspetta che
l’economia italiana ritorni ai tassi di crescita
moderata pre-crisi”, viene sempre riportato nel
documento di Bruxelles, in quanto “le debo-
“La Legge Lo Presti
nel decreto di fine anno”
Nel corso della riunione svolta ieri dalla
commissione bicamerale sugli Enti previdenziali, presieduta dal deputato del Pdl
Giorgio Jannone, il ministro del Welfare,
Maurizio Sacconi, e lo stesso Jannone
hanno ribadito che i contenuti della Legge
Lo Presti verranno inseriti nel Decreto di
fine anno. La Legge Lo Presti, approvata
all’unanimità dalla Camera, ora al vaglio
del Senato, introduce la possibilità, per gli
Enti che applicano il metodo di calcolo
contributivo della pensione, di innalzare
la misura del contributo integrativo nei limiti del 5%, rispetto al 2% vigente. Questo
innalzamento potrà costituire una fondamentale opportunità per incrementare i
montanti contributivi, quindi garantire e
migliorare i trattamenti pensionistici degli
interessati. Infatti, la proposta di legge
parte dal presupposto che il sistema di calcolo delle pensioni “contributivo” non
permette di corrispondere trattamenti in
grado di garantire un’apprezzabile continuità con il reddito professionale percepito. Da tempo le categorie lavorative
interessate dalla legge attendevano una
manovra capace di guidare il comparto
delle professioni fuori dalla situazione stagnante in cui si trovavano a causa della
crisi congiunturale.
lezze strutturali dietro una insoddisfacente
espansione della produttività nell’ultimo decennio peseranno ugualmente sulla capacità dell’economia di riprendersi velocemente dalla
seria perdita di produttività riscontrata durante
la recessione”. Quanto al debito pubblico dell’Italia, con ogni probabilità, sarà pari al
118,9% nel 2010, mentre si fermerà a quota
120,2% nel 2011 per poi flettere al 119,9% nel
2012. “Dopo un rialzo al 116% nel 2009, le
proiezioni del rapporto debito-Pil salgono quasi
al 119% nel 2010. Si ipotizza in particolare che
il debito continuerà a lievitare nel 2011, con un
picco attorno al 120%, e inizierà a ridimensionarsi nel 2012”, a parere di Bruxelles.
Mentre il tasso di disoccupazione nello stivale, in base alle stesse prefigurazioni, sarà
dell’8,4% nel 2010, diminuirà all’8,3% nel
2011 per arrivare all’8,2% nel 2012. “Il tasso
di disoccupazione è salito soltanto gradualmente nel corso del 2009, ha raggiunto il picco
dell’8,5% tra marzo e maggio 2010 ed ha iniziato a decrescere durante l’estate”, ha puntualizzato Bruxelles, osservando che “si prospetta
che rimanga leggermente al di sopra dell’8%
durante il periodo delle previsioni”. Sui conti
pubblici, la messa in atto delle misure di consolidamento aiuterà notevolmente l’Italia ad evitare i rischi di speculazione sul debito sovrano.
“La piena attuazione delle disposizioni di con-
solidamento pianificate servirà a prevenire l’insorgere di un aumento degli interessi sul debito
sovrano e il suo possibile impatto negativo sul
costo del capitale per l’intera economia”, hanno
esplicitamene chiosato infatti gli esperti comunitari di Bruxelles.
“La ripresa economica si è rafforzata” anche
se in modo disomogeneo nell’Ue e, date anche
le tensioni sui mercati, sono indispensabili
azione politiche decise, ha affermato sempre
Rehn. “Sono incoraggiato dalla prospettiva che
finalmente in Europa l’occupazione dovrebbe
migliorare”, ha continuato Rehn chiarendo che
“i debiti pubblici hanno iniziato a ridursi grazie
ai provvedimenti di consolidamento attivati e
soprattutto al ritorno della crescita”. Ma, ha ammesso, “la ripresa è diseguale e molti Paesi
membri stanno attraversando un periodo difficile di aggiustamento” dei conti pubblici.
Per questo, ha aggiunto il commissario europeo, bisogna “continuare con determinazione iniziative di consolidamento fiscale
mentre politiche per rilanciare la ripresa sono
essenziali per dare una base solida a una crescita sostenibile e a un ampliamento strutturale
dell’occupazione”. Rehn ha poi concluso rilevando come “le turbolenze nei mercati del debito sovrano palesano la necessità di una
robusta azione politica”.
Carlo Pareto
2
Attenzione al portafoglio anche nelle feste
Confcommercio: sarà
un Natale “sotto tono”
Quello che ci aspetta sarà un Natale
“sotto tono”. Le famiglie italiane spenderanno per le festività alle porte 1.337 euro,
con un calo reale dell’1,2 per cento rispetto al 2009. Si tratta di 17 euro in meno
in media rispetto alla quota di spesa pro
capite dello scorso anno, quando dal portafoglio di ciascun nucleo familiare erano
usciti 1.354 euro. A rilevarlo sono le stime
elaborate dall’Ufficio studi di Confcommercio, puntualizzando che “il calo dei
consumi natalizi” risulta “al netto della
variazione dei prezzi” nel 2010 rispetto al
2009 e “al netto dell’incremento numerico
delle famiglie”. Tuttavia, aggiunge Confcommercio, quest’anno risulta in lieve
aumento la massa monetaria complessiva
(tra le tredicesime dei lavoratori dipendenti e i consumi aggiuntivi degli autonomi) che verrà destinata alle spese per
l’acquisto dei regali da mettere sotto l’albero: saranno 33,6 miliardi, con un rialzo
dell’1,2% nel confronto con il 2009 (33,2
miliardi). Di questi, 11,3 miliardi andranno alla rete distributiva (i cosiddetti
“consumi che passano per i negozi”) e i
restanti 22,3 miliardi verranno utilizzati
per altre spese come carburanti, moto e
auto, bollette, spese all’estero, vacanze in
Italia e altri servizi.
In un anno i salari sono aumentati dell’1,5%. Intanto quasi 5 milioni di lavoratori attendono il rinnovo dei contratti
Nel 2010 crescono le retribuzioni
Le retribuzioni contrattuali orarie, a ottobre, hanno presentato una
variazione sostanzialmente nulla su settembre e sono invece complessivamente aumentate dell’1,5% su base annua. Lo ha di recente reso
noto l’Istat, sottolineando che il dato tendenziale è il più basso dal marzo
del 1999 e rimane sotto il livello dell’inflazione (+1,7% a ottobre).
La crescita registrata nel periodo gennaio-ottobre 2010, in confronto
al corrispondente periodo dell’anno precedente, è del 2,2 per cento.
Sempre l’Istat ha fatto notare che nel mese di ottobre l’indice delle retribuzioni orarie contrattuali relativo all’intera economia è rimasto immutato rispetto al mese precedente “a causa
dell’impatto molto limitato degli adeguamenti contrattuali osservati nel mese”. Su
base tendenziale, a fronte di un incremento
medio dell’1,5%, i settori che hanno messo
a segno gli aumenti più elevati sono telecomunicazioni (4,5%), servizi di informazione e comunicazione (3,5%), tessili,
abbigliamento e lavorazioni pelli (3,1%). I
rialzi minori si sono riscontrati, secondo le
rilevazioni dell’istituto nazionale di statistica, per trasporti, servizi postali e attività
connesse (0,3 per cento) e forze dell’ordine
(0,5 per cento).
A livello settoriale, le quote di contratti
nazionali vigenti e applicati sono in vero
molto differenziate: la copertura è per
esempio totale nel settore agricolo, pari al
94,7 per cento per l’industria e al 65,7 per
cento per i servizi privati. Nella Pubblica
Amministrazione, a partire da gennaio
2010, ha opportunamente ricordato l’Istat, tutti i contratti sono scaduti
e la copertura risulta praticamente nulla. Infine sulla base delle disposizioni definite dai contratti operativi alla fine del mese di ottobre 2010
l’indice delle retribuzioni orarie contrattuali per l’intera economia, proiettato per l’anno 2010, configurerebbe un’ascesa media annua del 2,1
per cento. È il caso di sottolineare, in proposito, che a ottobre risultano
in attesa di rinnovo 41 accordi contrattuali, relativi a circa 4,9 milioni
di dipendenti. Stando ancora ai dati elaborati e diffusi dall’istituto di
statistica, che al riguardo ha espressamente precisato che la quota di dipendenti che aspettano il rinnovo è pari,
per l’intera economia, al 37,7 per cento, in
progresso in confronto allo scorso mese
(36,4 per cento) e in forte salita rispetto a
ottobre del 2009 (11,5 per cento).
A ottobre, pertanto, i contratti in vigore
sono 37 (uno in più in confronto al mese
precedente) e regolano il trattamento economico e di circa 8,1 milioni di dipendenti, a cui corrisponde un’incidenza in
termini monte retributivo pari al 59,3 per
cento. Inoltre, ha ulteriormente evidenziato l’Istat, i mesi di attesa per i lavoratori
con il contratto scaduto sono, in media,
12,4 in lieve crescita rispetto a settembre
2010 (12,0), ma in calo in confronto ad un
anno prima (19,2).
Infine, l’attesa media distribuita sul totale dei dipendenti è pari a 4,7 mesi, a
fronte di 4,4 mesi a settembre 2010 e 2,2
mesi a settembre 2009.
Giovedì
2 dicembre 2010
POLITICA
3
La riforma Gelmini ha ricevuto il via libera della Camera e adesso torna al Senato per la terza lettura
Università, ecco come cambiano gli atenei
Con 307 voti a favore, 252 contrari e 7
astensioni, l’aula della Camera ha approvato
martedì scorso in seconda lettura il disegno
di legge di riforma dell’università; il testo
passa ora all’esame del Senato.
Dalla lotta agli sprechi, allo stop alle “parentopoli”, fino all’abolizione delle cariche a
vita per i rettori: la riforma cambierà in profondità gli atenei italiani Ecco, qui di seguito,
i punti salienti della riforma Gelmini.
Adozione di un codice etico - Attualmente
non ci sono regole per garantire trasparenza
nelle assunzioni e nell’amministrazione. La
riforma prevede il varo di un codice etico per
evitare incompatibilità e conflitti di interessi
legati a parentele. Alle università che assumeranno o gestiranno le risorse in maniera non
trasparente saranno ridotti i finanziamenti ministeriali.
Parentopoli - Divieto di chiamata, da parte
delle università, per docenti che abbiano un
grado di parentela “fino al quarto grado compreso con un professore appartenente al dipartimento o struttura che effettua la chiamata
ovvero con il rettore, il direttore generale o un
consigliere di amministrazione dell’ateneo”.
Tetto ai rettori - Un rettore potrà rimanere
in carica un solo mandato, per un massimo di
sei anni, inclusi quelli già trascorsi prima
della riforma. Allo stato attuale ogni università decide il numero dei mandati possibile.
Organi accademici - La riforma introduce
una distinzione netta di funzioni tra Senato e
Consiglio d’amministrazione. Il Senato avanzerà proposte di carattere scientifico ma sarà
il Cda, cui è affidato anche compito di programmazione, ad avere la responsabilità
chiara delle assunzioni e delle spese, anche
delle sedi distaccate. Il consiglio di amministrazione non sarà elettivo, avrà il 40 per
cento di membri esterni e il presidente potrà
essere un esterno. Al posto del direttore amministrativo verrà istituita la figura del direttore generale, che si configurerà come un
vero e proprio manager dell’ateneo.
Valutazione - Molti nuclei di valutazione
sono oggi in maggioranza composti da docenti interni. Con la riforma dovranno avere
una maggiore presenza di membri esterni per
garantire una valutazione oggettiva e imparziale. Prevista anche la valutazione dei professori da parte degli studenti, determinante
per l’attribuzione dei fondi del Ministero agli
atenei.
Didattica - Attualmente ogni professore è
oggi rigidamente inserito in settori scientifico-disciplinari spesso molto piccoli, anche
con solo due o tre docenti. In futuro saranno
ridotti per evitare che si formino micro-settori, passando dagli attuali 370 alla metà, con
una consistenza minima di cinquanta ordinari
ciascuno.
Riorganizzazione interna - Per evitare la
moltiplicazione di facoltà, ogni ateneo potrà
averne al massimo 12 per ateneo.
Concorsi - Il ddl introduce l’abilitazione
nazionale come condizione per l’accesso all’associazione e all’ordinariato. L’abilitazione
è attribuita da una commissione nazionale
sulla base di specifici parametri di qualità. I
posti saranno poi attribuiti a seguito di procedure pubbliche di selezione bandite dalle singole università, cui potranno accedere solo gli
abilitati.
Commissioni - Le commissioni di abilitazione nazionale saranno composte di autorevoli con membri italiani e, per la prima volta,
anche stranieri; avranno cadenza regolare annuale dell’abilitazione a professore, in modo
da evitare lunghe attese e incertezze; attribuzione dell’abilitazione, a numero aperto, sulla
base di criteri di qualità stabiliti con decreto
ministeriale, sulla base di pareri dell’Anvur e
del Cun. Reclutamento docenti - Distinzione
tra reclutamento e progressione di carriera,
con l’intenzione di porre fine ai “finti” concorsi banditi per promuovere un interno; entro
una quota prefissata (1/3), i migliori docenti
interni all’ateneo che conseguono la necessaria abilitazione nazionale al ruolo superiore
potranno essere promossi con meccanismi
chiari e meritocratici; messa a bando pubblico
per la selezione esterna di 2/3 delle posizioni
di ordinario e associato per ricreare una vera
mobilità tra sedi, oggi quasi azzerata.
Accesso per i giovani studiosi - Revisione
e semplificazione della struttura stipendiale
del personale accademico per eliminare le penalizzazioni a danno dei docenti più giovani;
revisione degli assegni di ricerca per introdurre maggiori tutele, con aumento degli importi; abolizione delle borse post-dottorali,
sottopagate e senza diritti; nuova normativa
sulla docenza a contratto, con abolizione della
possibilità di docenza gratuita se non per figure professionali di alto livello
Ricercatori - Riforma del reclutamento,
con l’introduzione di un sistema di tenuretrack: contratti a tempo determinato di sei
anni (3+3). Al termine dei sei anni se il ricercatore sarà ritenuto valido dall’ateneo sarà
confermato a tempo indeterminato come associato. In caso contrario, per evitare il fenomeno dei “ricercatori a vita”, terminerà il
rapporto con l’università, ma il ricercatore
maturerà titoli utili per i concorsi pubblici.
Inoltre, il provvedimento abbassa l’età in cui
si entra di ruolo in università, da 36 a 30 anni,
con uno stipendio che passa da 1300 euro a
2100.
Intervista con il presidente del Comitato bicamerale sull’attuazione dell’accordo di Schengen, Margherita Boniver
“Wikileaks? Altro che bomba: è un petardo bagnato”
Un uomo solo, Mr. Wikileaks, ha
per adesso ridicolizzato il mondo almeno due volte. La prima, violando
le misure di segretezza di quello che
credevamo essere il più efficiente
Paese del mondo, gli Stati Uniti
d’America, e la seconda, inducendo
il pianeta a discutere, dividersi e
scandalizzarsi del… nulla. Cerchiamo di capire meglio cosa stia accadendo intervistando Margherita
Boniver, da trent’anni protagonista
della politica e delle relazioni internazionali italiane e oggi presidente
del Comitato bicamerale sull’attuazione dell’accordo di Schengen.
Presidente Boniver, nei dossier
dell’ambasciata americana la dose
di aria fritta è così alta che giudizi
e informazioni riferiscono nella
stragrande maggioranza dei casi,
non di informazioni di novelli
James Bond, bensì di giudizi e informazioni già ampiamente pubblicati dalla stampa europea e
italiana. Possiamo quindi finalmente parlare della colossale bufala Wikileaks?
“Sul piano diplomatico possiamo
correttamente parlare di 11 settembre
della diplomazia: quale diplomatico
metterà più i propri giudizi nero su
bianco? Sul piano dei contenuti, in-
vece, salvo colpi di scena ci avevano
preparato alla bomba atomica e
siamo al petardo bagnato; fino ad ora
vediamo solo un cumulo di cose sentite e risentite. Tenga presente che gli
uffici diplomatici devono costantemente fornire notizie e rapporti, più o
meno dettagliati, relativi alla situazione di un Paese. È evidente poi che
tali rapporti si basino sul circuito dell’informazione di quel Paese e, nel
nostro caso, esso è largamente contrario all’attuale presidente del Consiglio e al nostro schieramento
politico. Non è naturalmente che la
rappresentazione del governo italiano e dell’Italia debba essere interamente banalizzata. Merita anzi di
essere spiegata meglio”.
Presidente, perdoni la brutalità:
l’immagine che si desidera affermare è che prendiamo gli ordini
da Mosca e che il premier fa affari
con Putin…
“Mi viene da ridere a pensare chi
rivolge queste accuse. Io non ho mai
preso ordini da Mosca, ma ho ben
chiaro come molti dirigenti nazionali
del Partito democratico prendessero
ordini da Mosca. Solo che all’epoca
i dirigenti Pci andavano in Unione
Sovietica, un Paese straniero e nemico, a prendere finanziamenti, oggi
Berlusconi con successo, si occupa
dell’interesse nazionale. Perché nessuno dice, a proposito delle famose
rivelazioni di Wikileaks, il presidente
del Consiglio, Silvio Berlusconi, si è
sempre mosso nell’interesse dell’Italia? Anche le visite in Libia, in Kazakistan e in Russia di questa
settimana saranno centrate sulla spinosa questione dei rifornimenti energetici. Solo la molta tenacia di Silvio
Berlusconi è rivolta palesemente a
tutela degli interessi nazionali”.
Ci vuole dire che Berlusconi sta
lavorando perché non finiamo al
freddo?
“Ma certo! La politica estera di un
Paese privo di fonti energetiche come
il nostro, non dipende soltanto da Palazzo Chigi o dalla Farnesina, ma
coinvolge necessariamente un soggetto strategico come Eni. Le anime
belle dell’opposizione e della grande
stampa cosa vogliono far credere?
Che il Paese cammini consumando
aria. È evidente che il dossier principale che sarà discusso in Libia, Kazakistan e Russia sarà la questione
energetica. Silvio Berlusconi si
muove nell’interesse dell’Italia e
agendo in tal modo può dar fastidio a
un alleato come gli Usa. Come si usa
dire “competition is competition”. Ci
sono in gioco interessi enormi, ma il
presidente del Consiglio lavora per il
proprio Paese e, badando ai fatti,
penso a South Stream, lo fa assai
bene”.
Posso citarle il professor Ennio
Di Nolfo, docente emerito di Storia
delle relazioni internazionali all’Università di Firenze?
“Prego!”.
«La corrispondenza diplomatica è sempre stata ricca di aneddotica, basti pensare alle
indiscrezioni sulla vita privata di
Cavour. Non credo che quanto
pubblicato da Wikileaks causerà
proteste diplomatiche. Se qualcuno le dovesse sollevare, sarebbe
solo per pretesto. È un’operazione
messa in piedi per promuovere il
sito fatto da astuti personaggi che
vogliono guadagnare dei soldi e
per buttare fumo su problemi ben
più grandi. Bisogna fare una distinzione netta - ha spiegato il professore - tra chi non è del mestiere
e chi invece lo è. Per i primi, le notizie ‘buttate’ sui giornali sono una
novità straordinaria. Per i secondi,
invece, si tratta di aria fritta per i
gonzi».
“Ma certo, ha ragione Di Nolfo!
Guardi, il rapporto con gli Usa è ottimo e forse ancora più stretto, fattivo
e concreto di prima. Ricorda il discorso di Berlusconi al Congresso
americano? Siamo partner importanti sul piano militare in tutto il
mondo. Non c’è alcuna ombra sulla
considerazione statunitense nei confronti del governo: il premier Berlusconi ha svolto un ruolo
determinante nell’avvicinamento
della Russia di Putin e la Nato e gli
Stati Uniti, un avvicinamento che a
Lisbona ha raggiunto la sua perfetta
e completa riuscita. Proprio lì americani e russi hanno ringraziato Berlusconi per il suo importante impegno
di mediazione. E tanto basta per approvare in pieno la politica estera di
questo governo”.
Andrea Camaiora
ATTUALITÀ
Giovedì
2 dicembre 2010
4
La tragica esperienza del 1980 ha insegnato poco e anche in Abruzzo nel 2009 è mancata la prevenzione
Dall’Irpinia fino
a L’Aquila: trenta
anni di terremoti
Occorre riclassificare le aree sismiche
Sembrava ieri. Domenica 23 novembre
1980, la Campania e la Basilicata, quasi allo
scoccare delle ore 19,35 subirono un cataclisma che sconvolse tutto e tutti.
Dopo alcuni secondi di moto sussultorio
seguì qualche attimo di sosta, poi iniziò un terrificante movimento ondulatorio che sembrava non volesse più finire. Per la durata di
ottanta secondi, l’energia prodottasi per le improvvise perturbazioni verificatesi nelle viscere della terra si sprigionò con tutta la sua
furia devastatrice, provocando fortissime vibrazioni che agitarono il territorio e tennero
sospesi tra la vita e la morte decine di migliaia
di persone. Dai rilevamenti effettuati da tre
stazioni sismiche, operanti in un raggio di 200
chilometri dall’area interessata, emerse che la
scossa principale ebbe il suo ipocentro a 18
chilometri di profondità, con magnitudo 6,8
corrispondente al 10° grado della scala Mercalli. Alla scossa principale fece seguito una
lunga serie di repliche per oltre un anno.
Per la vastità delle zone colpite, il sisma del
23 novembre 1980 interessò un’area quattro
volte maggiore di quella sconvolta dal terremoto del Friuli dell’anno 1976 e provocò
2735 vittime di cui 1762 in Irpinia, 3 in provincia di Benevento, 12 in provincia di Caserta, 131 in provincia di Napoli, 153 in
provincia di Potenza, 674 in provincia di Salerno. Risultarono sinistrati dal sisma 424 Comuni della Campania e della Basilicata. La
zona terremotata ebbe il suo epicentro tra i
Comuni di Laviano (Sa), Lioni (Av) e Oliveto
Citra (Sa) con coordinate della latitudine 40°
46’ Nord e longitudine di 15° 18’Est.
L’evento sismico, oltre alle vittime, ai feriti,
ai crolli e alle rovine causate dalle vibrazioni
del suolo, riattivò e amplificò i dissesti idrogeologici di vecchia data, nonché ne innestò
altri di particolare gravità. Lo Stato, col presidente della repubblica, Sandro Pertini, il governo, con il presidente del Consiglio,
Francesco Cossiga, le forze politiche, sindacali e sociali, la solidarietà di tutto il mondo
internazionale, agirono all’unisono per assicurare un ruolo consono alle aspettative ed
alle esigenze della gente terremotata. Riconosciamo all’onorevole Giuseppe Zamberletti,
commissario straordinario del governo per le
zone terremotate, il merito di aver saputo affrontare e risolvere in modo egregio e soddisfacente i problemi dell’emergenza. Il
discorso della ricostruzione e dello sviluppo
socio-economico venne normalizzato e assicurato con la legge 219/1981 che prevedeva
massicci finanziamenti per la rinascita di
quelle comunità e per la soluzione di atavici
problemi della società meridionale.
Sono passati trent’anni dal terremoto dell’Irpinia e ancora viene evidenziato dalla cronaca giornalistica uno strascico di scandalo
della ricostruzione: nel Comune di Salvitelle,
in provincia di Salerno, paese distrutto dal
sisma, vengono consegnate in questi giorni,
dal sindaco locale, le ultime case destinate
agli sfrattati. Case che, purtroppo, non sono
subito abitabili perché prive degli allacci elettrici. Assurdo comportamento che dimostra
l’irresponsabilità dei preposti ai pubblici poteri amministrativi. Non va sottaciuta la non
edificante anomalia della ricostruzione “pilo-
tata”, diventata sinonimo di abusi e sprechi,
ritardi, infiltrazioni camorristiche, malapolitica, ipocrisia dei non pochi parlamentari indigeni incollati alle loro immeritate poltrone da
oltre mezzo secolo; eppure la spesa pubblica
ha superato fino ad oggi i 32 miliardi di euro,
spesi male nei trascorsi trent’anni, sicché per
la maggior parte intrinseca si sono trasformati
in fumo. Certamente sarebbe possibile analizzare e valutare le responsabilità individuali
che, comunque, dopo trent’anni non sono mai
facilmente attribuibili in un ambiente di reticenza e connivenza. Sono molti quelli che
hanno sbagliato e aggiunto disastri al disastro
sismico. Non sembri questo mio affondo un
azzardo del 2010. Sono anche io parte lesa del
laborioso popolo dell’Irpinia. Il mio grido di
dolore ha una diversa valenza. È finalizzato a
scuotere le coscienze degli Istituti Accademici, il Cnr, la Protezione Civile a rivisitare la
sismologia moderna per una nuova classificazione scientifica delle aree sismiche italiane,
onde evidenziare con metodi nuovi e attuali la
sismicità preventiva della terra e assicurare in
tempo utile avvisi di sgombero per
le popolazioni delle aree sensibili.
A maggior chiarimento aggiungo
che nel Terzo millennio non ci si
può più accontentare dei dettami
dei ben noti scienziati dei secoli
scorsi, quali Mercalli, Baratta, Taramelli, Alfano che divisero, tra
l’anno 1888 e il 1910 l’Italia in
varie zone, secondo il grado di sismicità delle stesse. Le classificarono in zone “eminentemente sismiche”,
“mediocremente sismiche”, “debolmente sismiche”, e “asismiche”. Per chi brama saperlo, zone asismiche o quasi sono la valle
del fiume Po e la Puglia, le quali sono geologicamente costituite da terreni alluvionali.
Quanto, poi, alla genesi dei terremoti, ricordiamo che la penisola italiana è soggetta a un
movimento bradisismico positivo e negativo,
alternativamente, che nei suoi massimi produce rotture di strati sotterranei con conseguenti terremoti. Tali bradisismi vanno rilevati
sistematicamente da apposite strumentazioni,
per misurare i parametri fisici delle vibrazioni
meccaniche e tradurli in esame preventivo nei
caratteristici valori di magnitudo, necessari a
calcolare il livello equivalente continuo delle
accelerazioni istantanee presenti nei siti interessati dalle misure. Comunque è assicurato,
dalla più che millenaria storia dei terremoti,
che le scosse sismiche preferiscono sempre le
stesse regioni, e in queste stesse zone vi sono
dei punti prescelti, dove le vibrazioni si presentano con gli stessi caratteri di intensità ed
effetti. Dopo i terribili disastri che hanno colpito, a breve intervallo, le più belle regioni
d’Italia dalla Sicilia, al Friuli, alla Campania e
Basilicata, all’Abruzzo e ammesso il principio
che i terremoti avverranno colà dove sono avvenuti, sarebbe veramente deplorevole ostinarsi a non voler seguire i precetti e postulati
della scienza, nonché le norme tecniche dell’edilizia sismica, sancite in pubbliche leggi.
Il terremoto dell’Irpinia, trent’anni dopo,
consente ancora di mantenere aperto il triste
sipario. Occorre senza indugio portare a compimento la corretta ricostruzione del residuale
patrimonio edilizio, ancora inagibile, e dare
finalmente certezza di serenità e benessere a
tanta gente che attende ancora la solidarietà
pubblica, senza infingimenti. Chiudo con un
rammarico e mi limito a esprimere un solo accenno al sisma che ha colpito l’Abruzzo il 6
aprile 2009: la città di L’Aquila e il suo hinterland vennero investiti da un terremoto che
provocò centinaia di vittime e distrusse il patrimonio edilizio, storico e abitativo. L’emozione dei sopravvissuti fu enorme, soprattutto
perché fu alta la consapevolezza del cedimento umano per l’assenza totale sia di misure di prevenzione, sia dell’avviso di
sgombero che in quel tragico caso sarebbe
stato salvifico.
Con il senno del poi cerco di dare un modesto contributo professionale per spronare le
varie istituzioni pubbliche ad adottare, in un
malaugurato futuro, un più proficuo e responsabile comportamento.
Manfredi Villani
Caro Aldo, avevi ragione tu
Caro Aldo Chiarle, ti ringrazio per la
tua “lettera aperta” di giovedì 25 novembre, tempestivamente pubblicata a seguito del mio articolo relativo alla vicenda
del medico ebreo rifiutatosi di operare il
paziente con la svastica tatuata sul corpo.
Tengo a precisare che, prevedendo le considerazioni che hai svolto nella tua risposta, avevo scritto nel mio articolo che non
mi erano noti tutti i dettagli della vicenda
e che, probabilmente, il medico ebreo non
aveva messo a repentaglio la vita del paziente. Le spiegazioni contenute nella tua
risposta, pertanto, mi trovano pienamente
d’accordo e condivido completamente le
tue valutazioni; alla luce di esse, posso affermare anch’io che la scelta compiuta dal
medico ebreo è stata non solo giusta, ma
saggia ed equilibrata. Le argomentazioni
sviluppate nel mio primo articolo - argomentazioni inerenti il “piano teorico”
della deontologia medica - non contrastano affatto con la condotta del medico,
così come da te descritta e spiegata. Ho
creduto che questa mia ulteriore risposta
alla tua “lettera aperta” fosse doverosa.
Se c’è un atteggiamento, infatti, che fa di
te una persona straordinaria, questo è
proprio l’attenzione che dedichi al dialogo
e al confronto, soprattutto con noi giovani.
E di questa attenzione, caro Aldo, io ti
sarò per sempre grato. Grazie ancora per
tutti i tuoi insegnamenti.
Filippo Ferri
Giovedì
2 dicembre 2010
ECONOMIA
5
Il contratto di categoria scade il 31 dicembre, ma non si prevedono significativi aumenti in busta paga
Affondo dei banchieri sul fondo dei bancari
Intanto l’Abi licenzia ottanta dipendenti per esigenze tecniche e organizzative
È indubbio che il settore ad essere maggiormente implicato
nella crisi economica sia stato quello bancario: un coinvolgimento “circolare”, che lo ha interessato tanto sul versante delle
cause, attraverso il confezionamento e la commercializzazione
in tutto il mondo dei famosi “titoli-salsiccia”, costituiti da crediti
inesigibili, quanto su quello delle conseguenze, con il cortocircuito di legalità, fiducia e liquidità che ha provocato i clamorosi
fallimenti di storici marchi finanziari.
Anche in Italia, da circa tre anni, la raccolta amministrata, gli
affidamenti alle realtà produttive più meritevoli e i margini di
profitto dei gruppi bancari si sono drasticamente ridotti producendo sensibili correzioni ai relativi corsi di borsa: uno scenario
al quale i manager non hanno trovato di meglio che rispondere
abbattendo il costo del lavoro e, al pari del comparto industriale,
non disdegnando politiche di violazione di diritti sanciti in leggi
ordinarie e costituzionali. Un indice – questo – della qualità imprenditoriale, della capacità innovativa e del livello culturale di
tanta parte della dirigenza bancaria istruita e reclutata per applicare ovunque i discutibili modelli di quelle società di consulenza di marca anglosassone – con nomi resi celebri dalle
cronache giudiziarie – che hanno condotto al disastro l’economia mondiale, allontanandola dal modello renano basato sulla
virtuosa interrelazione tra impresa e banca.
In questo difficile contesto si inseriscono due elementi connaturati alla realtà creditizia italiana e legati a doppio filo con
aspetti sociali non riferiti, tuttavia, alla sola categoria bancaria.
Ci riferiamo alla scadenza, il prossimo 31 dicembre, del Contratto collettivo nazionale e alle minacce di scioglimento del
Fondo di solidarietà nel settore del credito. Il Fondo, istituito
con il decreto del ministero del Lavoro n. 158 del 28 aprile
2000, per un decennio ha rappresentato un valido ammortizza-
tore per risolvere in modo socialmente indolore le emergenze
occupazionali (leggasi esuberi) rivenienti dai grandi piani di
ristrutturazioni intervenuti già dagli anni ‘90, a cominciare dalla
fusione benedetta da Prodi, ormai vent’anni fa, tra Banco di
Santo Spirito e Cassa di Risparmio di Roma. Gli oneri di accompagnamento al prepensionamento (stimati mediamente in
47.000 euro all’anno per ogni dipendente prepensionato) sono,
difatti, a carico del sistema bancario (imprese e lavoratori) e
non gravano quindi sulle finanze pubbliche. Ben 30 mila bancari ne hanno usufruito.
Il recente annuncio dell’Associazione bancaria italiana di
dare avvio alle procedure per lo scioglimento unilaterale del
“fondo esuberi” per eccessiva onerosità ha suscitato tra le organizzazioni sindacali e i lavoratori perplessità giuridiche e opposizione, finendo per accentuare le distanze tra le parti e
determinare una rottura nel corso dell’incontro del 19 novembre sulle problematiche del settore. Tra i due citati elementi potrebbe, inoltre, concretizzarsi una impropria relazione costituita
dall’influenza del welfare categoriale sul negoziato contrattuale: in pratica l’Abi rinuncerebbe a disdettare il Fondo in
cambio di una piattaforma economica a costo zero, senza, cioè,
aumenti significativi in busta paga. Una sempre più labile demarcazione tra condizionamento e ritorsione che rischia di
compromettere le politiche concertative (si pensi ai contratti di
solidarietà) di cui le associate di Palazzo Altieri da almeno
quindici anni hanno beneficiato.
Si consideri in aggiunta che, sfumato in Unicredit il ricorso
forzoso ai licenziamenti collettivi – minacciati in caso di mancato
raggiungimento di quota 3.000 cessazioni di rapporti di lavoro
nell’ambito del “Piano di Riorganizzazione generale 2010/2013”
(raggiunte 3.411 adesioni) –, l’occasione è stata fatta propria,
con singolare tempismo, dalla stessa Associazione di Piazza del
Gesù. Con lettera del 24 novembre, infatti, i banchieri hanno comunicato alle nove sigle sindacali e al Ministero del Lavoro, ai
sensi e per gli effetti della legge 223/1991, l’avvio della procedura di licenziamento collettivo “allo scopo di ridurre gli organici
di 80 unità risultanti in esubero con riguardo alle proprie (dell’Abi, ndr) esigenze tecniche, organizzative e produttive”.
L’incidenza percentuale di tale operazione sul totale dei dipendenti a tempo indeterminato (308 unità al 1° novembre
2010), evidenzia non solo la gravità di un provvedimento dai rovinosi impatti immediati, ma anche la valenza simbolica di un
gesto da far pesare sul piano comunicativo nell’imminenza dell’avvio di un delicato tavolo negoziale di categoria. Il primo dopo
la crisi dell’economia mondiale.
Stefano De Rosa
I dati del Rapporto sulle “Medie imprese in Europa” realizzato da Confindustria, R&S-Mediobanca e Unioncamere
Il Nord traina l’Italia, ma il fisco è penalizzante
In Italia il 40% delle medie imprese si localizza nel Nord-Ovest, il 37% nel Nord-Est; Lombardia (30%), Veneto (18) ed Emilia-Romagna
(14%) sono le regioni più popolose, mentre la
presenza si dirada nel Sud e nelle Isole.
È quanto emerge dal Rapporto sulle “Medie
imprese in Europa” realizzato da Confindustria,
R&S-Mediobanca e Unioncamere. Il report
prende in esame anche le medie imprese tedesche e spagnole. Guardando a questi due Paesi,
in Germania sono le regioni del Sud (38%) e
dell’Ovest (36%) a segnare le concentrazioni
maggiori; il Nordrhein-Westfalen a Ovest
(26%) e il Baden-Württemberg a Sud (20%)
sono le aree con la maggiore densità di medie
imprese. Le regioni dell’Est della ex Repubblica
democratica tedesca presentano, si legge nel report, “modeste tracce di medie imprese”, con
appena il 13 per cento del totale.
Quanto alla Spagna, il Nord/Nord- Est è il
maggiore catalizzatore, attraendo il 50% delle
aziende che sono localizzate principalmente in
Catalogna (28%) e nei Paesi Baschi (12%).
Un’altra significativa agglomerazione di medie
imprese interessa Madrid (10%). Le medie imprese, spiega il Rapporto, “tendono quindi a insediarsi nelle zone economicamente più evolute
dei Paesi europei”. In Italia il 66% delle medie
imprese si colloca aree distrettuali, in Spagna il
41%. In Germania non esiste un sistema di distretti codificato.
Per quanto riguarda il settore produttivo, la
meccanica prevale in Germania (46,1% del totale), mentre l’Italia segna l’incidenza maggiore,
fra i tre Paesi, nei beni per la persona e la casa
(24,8%), pur mostrando anch’essa la preponderanza della meccanica (34,3%) sulle altre attività. Anche in Spagna il settore più
rappresentativo è la meccanica (27%), ma assai
importante è il ruolo del comparto alimentare
(24,2%) che mostra il maggiore sviluppo tra i tre
Paesi considerati. Lo stile italiano (o “made in
Italy”) rappresenta il 62% delle vendite delle nostre medie imprese.
Quanto al valore aggiunto, che misura la ricchezza prodotta, il contributo delle attività meccaniche è ancora più evidente, raggiungendo il
52% in Germania, il 40% in Italia e il 29% in
Spagna ove si registrano gli apporti rilevanti dei
beni per la persona e la casa (20%) e dell’alimentare (18%). Si tratta di due settori importanti
anche in Italia, con un’incidenza prossima al
35%, mentre essi contribuisco per meno del
20% in Germania. La fascia alta e medio-alta
della tecnologia rappresenta il 43% circa del fatturato delle medie imprese tedesche; le italiane
esprimono, sotto questo profilo, un contenuto
lievemente superiore alle spagnole (30% contro
27%) ma comparabile, stante il similare assortimento settoriale.
L’analisi dei dati economici conferma che la
media dimensione rappresenta una fascia di
grande efficienza della manifattura: le imprese
tedesche primeggiano per produttività (valore
aggiunto netto per addetto pari a 59.600 euro,
contro 52.200 euro per l’Italia e 47.600 euro per
la Spagna), quelle italiane e spagnole per profittabilità (margine operativo netto sul valore aggiunto pari al 24% in Spagna, 23% in Italia e
20% in Germania). Il costo del lavoro pro-capite più elevato è in Germania (46.700 euro per
addetto, contro 37.700 euro in Italia e 33.800
euro in Spagna). Il trattamento fiscale è omogeneo in Spagna e Germania (tax rate al 26%
circa), penalizzante in Italia (48%). “Le medie
imprese – spiega il rapporto realizzato da Confindustria, R&S-Mediobanca e Unioncamere mostrano una struttura finanziaria robusta, con
mezzi propri che eccedono gli immobilizzi e un
attivo corrente netto superiore ai debiti finan-
ziari a breve termine. Si tratta di un assetto che
conferisce a queste imprese un grado di resistenza alla crisi superiore a quello delle imprese
di maggiori dimensioni”.
Il rapporto con la Borsa è marginale. Solo in
Germania si conta una certa numerosità, con
circa 100 medie imprese quotate, pari a circa il
7% di tutte le medie imprese e al 16% di tutte le
società quotate. In Italia e Spagna le consistenze
sono trascurabili: 30 imprese sommando i due
Paesi. La rappresentatività in termini di capitalizzazione è ovunque trascurabile. Dal 2004 solo
in Germania l’indice di Borsa delle medie imprese è risultato migliore di quello del mercato
nel suo insieme, mentre in Italia e Spagna l’evoluzione è stata sfavorevole.
IL METEO
In mattinata locali rovesci sulle
coste Tirreniche centro meridionali, Alpi nord orientali e
Sardegna occidentale, da poco
nuvoloso a parzialmente nuvoloso altrove. Nel pomeriggio
precipitazioni sparse sui settori
Tirrenici centro meridionali e
Sardegna occidentale, occasionali sui rilievi nord Alpini centro orientali, variabile altrove.
In serata precipitazioni diffuse
anche a tratti moderate su
Lazio, Umbria e Campania, locali sul resto dei settori tirrenici
centro meridionali e Sardegna
occidentale, occasionali precipitazioni su Emilia centro
orientale, Romagna, basso Veneto e Liguria orientale, variabile altrove.
Previsioni meteo di Dominique Citrigno per SPAZIOMETEO - Meteo Webcam
CULTURA
SPETTACOLI
Giovedì
2 dicembre 2010
6
La letteratura croata protagonista al Festival della traduzione di Napoli
Un universo poco conosciuto
Al Piccolo Eliseo con
“La bottega del caffè”
L’evento “Tradurre (in) Europa” festival a Napoli - ha rappresentato
una grande occasione per incontrare
personaggi e protagonisti di quelle
letterature minori, definite così perché espressioni culturali di lingue
parlate solo nei Paesi di appartenenza, o perché troppo poco studiate
in Italia. Una di queste letterature è
quella croata che, pur offrendo all’Europa e al mondo autori ed intellettuali di rilievo, trova poco spazio
nella società globale. Il Festival della
traduzione ha ospitato due “eventi
croati” di grande interesse, che
hanno visto una notevole partecipazione del pubblico formato da studenti e cittadini comuni, curiosi di
conoscere almeno qualche aspetto di un’affascinante letteratura. I due
eventi sono stati un perfetto connubio di classico e contemporaneo, di
opera drammatica e narrativa. Lo scorso 25 novembre, presso la sede di
via Duomo dell’Università degli studi di Napoli “L’Orientale”, per “La
traduzione di un classico. Dalla Croazia. L’Avaro di Marino Darsa”, le
docenti di Lingua e Letteratura serba e croata, Rosanna Morabito e Suzana Glavas, hanno proposto un capolavoro del rinascimento croato,
“L’Avaro” di Marin Drzi (Marino Darsa), tradotto a quattro mani in italiano per la prima volta nella storia della fortuna di questo autore in Italia.
Personaggio poliedrico, commediografo, poeta e scrittore Raguseo del
1500, Marin Drzi (Marino Darsa) è un autore spesso trascurato, dimenticato, eppure in patria considerato pietra miliare della letteratura croata.
Originario della Ragusa di Dalmazia, condusse una vita intensa e sregolata, caratterizzata da fughe e da ritorni nella sua amata e contestata terra,
viaggiò molto, visse e studiò diritto canonico in Italia a Siena, città in
cui ricoprì la carica di vicerettore dell’Università e di rettore della casa
dello studente, morto e sepolto a Venezia. Le sue opere teatrali, scritte
tutte nella lingua stokava-ijekava di Ragusa, ambientate a Ragusa e
Roma, lo portarono ad utilizzare latino, italiano e tedesco. “Skup”
(“L’Avaro”) del 1555 è la seconda delle sue opere tradotte a tutt’oggi in
italiano. La prima traduzione della commedia “Dundo Maroje” (“Lo zio
Maroje”) del 1550 è opera della compianta ex titolare di cattedra di serbocroato de “L’Orientale”, Liliana Missoni. “L’Avaro”, tradotto da Rosanna Morabito e Suzana Glavas, è stato proposto dalle docenti come
esempio di traduzione letteraria o filologica, in un accordo di competenze
e creatività che le ha portate a realizzare una traduzione accurata anche
nell’onomastica; ne è un esempio la traduzione ingegnosa dei nomi propri dei protagonisti quali Ribollita, Sgorbia, Sventato che ne rispecchiano
i tratti caratteriali distintivi.
A coordinare l’evento si è prestata la celebre regista di teatro Laura
Angiulli, mentre gli studenti di serbocroatistica hanno dato un apporto
sentito con la lettura dei brani dell’opera. Tra le opere di Darsa, “Skup”
(“L’Avaro”) è forse quella che maggiormente ha interessato critici e filologi della slavistica internazionale per la sua grande forza comica, che
Coprodotta dallo Stabile di Genova e
dalla Compagnia Gank, fondata e diretta
da un gruppo di attori formatisi alla
scuola dello Stabile, è andata in scena al
Piccolo Eliseo di Roma “La bottega del
caffè”. Con la scrupolosa e colta regia di
Antonio Zavatteri, sono stati in palcoscenico nove interpreti: Alberto Giusta (Ridolfo, caffettiere), Filippo Dini (Don
Marzio, gentiluomo napoletano), Aldo
Ottobrino (Eugenio, mercante), Alex Sassatelli (Flaminio, sottonome di conte Leandro), Alessia Giuliani (Placida, moglie
di Flaminio, in abito di pellegrina), Lisa
Galantini (Vittoria, moglie di Eugenio),
Mariella Speranza (Lisaura, ballerina),
Massimo Brizi (Pandolfo, biscazziere),
Maurizio Lastrico (Trappola, garzone di
Ridolfo). Le scene e i costumi sono di
Laura Benzi; le luci di Sandro Sussi; la
promozione è di Paolo Zanchin.
“La bottega del caffè” è una delle più
celebri opere di Carlo Goldoni, scritta nel
1750, sviluppando un tema già esposto in
precedenza come intermezzo musicato e
che ebbe già allora un così grande successo da meritarsi un ampliamento a
commedia in tre atti. Il commediografo
veneziano disegna qui una piazzetta,
dove fa vivere tre botteghe: quella di
mezzo ad uso di caffè; quella alla diritta,
di parrucchiere e barbiere; quella alla sinistra ad uso di giuoco, o sia di biscazza.
Nella piazzetta, o più esattamente nel
campiello, si alternano personaggi dai
più diversificati caratteri. L’autore, a tale
proposito, in una nota delle sue memorie,
spiega che sul loro comportarsi, più che
sull’unità d’azione, punta tutta la vicenda. Attraverso i vizi e le virtù di ciascuno, insomma, viene riecheggiata la
realtà del tempo. Antonio Zavatteri commenta che, con questa sua regia, rifugge
le forme stereotipate della commedia settecentesca, tenendo comunque conto dell’imprescindibile arte e leggerezza
goldoniana. “La messa in scena - aggiunge - tende soprattutto a una ricerca
di forme poco legate all’idea di teatro
(cosiddetto) di regia e che spende grande
attenzione nei confronti dell’accadimento, del ‘gioco attoriale’ e di una relazione viva tra gli interpreti”.
C’è da aggiungere, da parte nostra, che
la morale de “La bottega del caffè” non è
una morale generica, ovvero quella del
linguacciuto e perfido che alla fine ha la
peggio ad opera del buono ed onesto.
Niente affatto: è una morale storica, è il
trionfo delle virtù di un ceto che stava a
cuore a Goldoni e di cui egli intuiva l’immancabile e non lontano successo.
È facile o è naturale parlare dell’etica
borghese su cui si fondarono le fortune
di quella classe, è facile parlarne dopo
che il ciclo dello stesso ceto si è svolto e
compiuto; ma è quasi miracoloso riassumerne i termini essenziali col tono di dignità, di fiducia e sottosotto perfino di
sfida che hanno le parole messe in bocca
a Ridolfo, in un tempo in cui i nobili ancora bastonavano quelli che non lo
erano. “Io mi contento di quel che il
cielo mi concede - egli dice - e non
scambierei il mio stato con tanti altri che
hanno più apparenza e meno sostanza”.
Così la pensa il caffettiere galantuomo,
che fa da antagonista al gentiluomo napoletano, don Marzio, mezzo spiantato,
vanitoso e superbo, furioso e maligno e
che alla fine si prende le beffe di tutti.
Renato Ribaud
dopo oltre cinquecento anni è molto
attuale e mette in mostra quelle situazioni sociali che erano causa di
molte contraddizioni dell’antica Repubblica marinara dell’Est adriatico
del tempo. Il protagonista, l’Avaro,
è rappresentante emblematico di una
società chiusa, difficile, che emargina. I critici del teatro concordano
sul fatto che Darsa avrebbe meritato
maggiore considerazione anche perché sono rinvenibili varie riflessioni
che circa un secolo dopo troveremo
in Shakespeare e Molière.
Un capolavoro della letteratura
croata contemporanea, “Rebecca nel
profondo dell’anima” di Jasminka
Domas, è stato invece presentato al
Festival dalla traduttrice Suzana Glavas, in occasione dell’incontro Terre
Emerse (a Est), tenutosi lo scorso 27 novembre presso il Palazzo Du Mesnil, sede del Rettorato de “L’Orientale”. Una traduzione eseguita con
amore e passione, trasporto e compenetrazione, come dichiarato dalla
traduttrice (“ritrovo in esso tratti biografici che accomunano le vicende
dei protagonisti a quelle della mia famiglia”). “Rebecca nel profondo
dell’anima” è un romanzo in ventinove capitoli che affronta il tema
dell’Olocausto a Zagabria con una prosa poetica che assurge a messaggio
di una “volontà di resistere” ispirata dalla fede. La giovane violoncellista,
Rebecca Levi, depone tutto quello a cui sopravvive in un baule, con la
speranza di poter superare il trauma dell’eccidio della sua famiglia da
parte dei fascisti croati a ridosso del 1941. Rebecca si salva grazie all’aiuto di un’amica cattolica che le offre rifugio per quattro anni in una
soffitta, luogo in cui dialoga col dolore muto del suo violoncello. La scrittura plasma un solenne silenzio, un percorso dell’anima e nei sentimenti,
difficilmente esprimibili a parole.
Una magnifica simbologia è sintetizzata nella cabalistica compiutezza
della stella di David. Le relazioni di affetto taciuto ma svelato, Rebecca
e Jelena, Rebecca e i suoi cari, persi per sempre; Rebecca e la città in
guerra, la paura e l’orrore, il senso di sconforto, l’inferno della Shoah e
una Zagabria “con la sua anima mitteleuropea, luogo dell’anima”. Rebecca e il violoncello, il suo alter ego, il suo mezzo per dimenticare, per
ritrovare il proprio cammino ed aprirsi di nuovo agli affetti, alla luce di
zaffiro degli occhi di Luca Sonnenshein. La Glavas da grande traduttrice
conserva le vibrazioni dell’opera, la musicalità e l’armonia delle parole,
senza smarrire le suggestioni volute e ricercate dall’autrice.
Rebecca è a sua volta l’alter ego della Domas, ma anche il nostro: nel
confronto con la morte, nella perdita di persone care, nella ricerca di un
bene prezioso difficile da raggiungere, per superare il silenzio che a volte
urla troppo forte.
Ad arricchire la bellezza e l’emozionante incontro con la letteratura
croata di minoranza ebraica c’è stato il piacevole intervento di Luca Signorini, il primo violoncello dell’Orchestra del Teatro San Carlo.
Maria Teresa Iervolino
“COSE TURCHE” NEL RACCONTO DEI VIAGGIATORI ITALIANI
Oggi, alle ore 18, presso lo spazio espositivo dell’Ufficio cultura e informazioni dell’Ambasciata di Turchia a Roma in Piazza
della Repubblica 55-56, verrà inaugurata la
mostra “Cose Turche. Racconti dei viaggiatori italiani tra XVI e XX secolo”, a cura di
Nadia Fusco e Marco Maggioli, realizzata
dalla Società geografica italiana e da Federculture nell’ambito della III edizione del Festival della letteratura di viaggio, in
collaborazione con Cts (Centro turistico studentesco e giovanile) e con Ipazia Preveggenza Tecnologica.
La mostra ripercorre gli itinerari descritti
nei resoconti di viaggio, memorie, testimonianze di viaggiatori italiani in Turchia dal
XVI al XX secolo: commercianti, intellettuali,
ambasciatori, militari. Ciascun racconto è
frutto di una grammatica personale, legato
alle ragioni individuali che hanno guidato e
Registrazione Tribunale di Roma
n. 599 del 29/11/1996
DIRETTORE RESPONSABILE
VALTER LAVITOLA
REDAZIONE DI ROMA
Via del Corso, 117 - 00186 Roma
Telefono: 06/6790038 - Fax 06/69782296
www.avanti.it e-mail: [email protected]
motivato il viaggio: curiosità, politica, interesse economico o culturale. In mostra volumi originali, carte geografiche, fotografie
e cartoline storiche provenienti dalla Cartoteca, dagli Archivi e dalla Biblioteca della Società geografica italiana.
Una parte dei materiali espositivi sono
anche contenuti nel volume “Delle cose dè
Turchi. La Turchia nei racconti dei viaggiatori italiani (XVI -XX secolo)”, curato da
Nadia Fusco e realizzato dalla Società geografica italiana e dal Centro turistico studentesco e giovanile. Le pagine scelte dai
resoconti di viaggio sono tratte da: Benedetto
Ramberti (XVI secolo), Giovanni Antonio
Menavino (XVI secolo), Giuseppe Rosaccio
(XVI secolo), Pietro Della Valle (XVII secolo), Giovan Battista Donado (XVII secolo),
Giovanni Francesco Gemelli Careri (XVII secolo), Giuseppe Sorio (XVIII secolo), Dome-
nico Sestini (XVIII secolo), Lazzaro Spallanzani (XVIII secolo), Giambattista Casti
(XVIII secolo), Carlo Mantegazza (XVIII secolo), Edmondo De Amicis (XIX secolo),
Lamberto Vannutelli (XX secolo).
Per molto tempo i resoconti di viaggio e la
letteratura odeporica sono stati lo strumento
privilegiato per il processo di costruzione
della cultura mediterranea e per la diffusione
della conoscenza. Oltre ai francesi e ai britannici, anche gli italiani hanno attivamente
partecipato allo sviluppo di un importante canale di comunicazione con la Turchia e particolarmente interessanti risultano essere i
loro racconti. Scorrendo le pagine delle memorie di questi testimoni privilegiati si coglie
l’eco delle vicende storiche che hanno contribuito prepotentemente a plasmare l’immagine della Turchia, del suo popolo, della sua
cultura e della sua coscienza collettiva.
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CULTURA
Giovedì
2 dicembre 2010
SPETTACOLI
7
Lo scultore che ha espresso la sua visione della vita e della morte in una travagliata produzione artistica
Il 22 settembre 1997 moriva nel suo
rifugio di Gozzano, immerso nel
verde della Lusignana, lo scultore
Peppino Sacchi. Oggi la figlia Norma,
che ispirò alcuni dei suoi capolavori,
ha donato al Comune di Gozzano quaranta delle sue sculture, realizzate prevalentemente in gesso a grandezza
naturale. La straordinaria collezione è
destinata, nella intenzioni dell’assessore alla Cultura Maria Luisa Gregori,
a costituire una gipsoteca che potrebbe
aver sede nell’ampia serra ristrutturata
sulla via per Arona.
Peppino Sacchi (Gozzano 19101997) ha espresso la sua visione della
vita e della morte in una travagliata
produzione artistica che non esita a
sperimentare linguaggi diversi, dal verismo al romanticismo, dal classicismo all’espressionismo, senza mai
tradire la sua poetica, fondata su un
sentimento sacro dell’esistenza. Sacchi assurge ad emblema di un’intima
connessione tra l’arte e la vita, non nel
senso dannunziano, estetizzante ed
estenuato, ma nel senso tragico e possente che la barbarie nazifascista ha
impresso nella sua mente, quando,
membro del Comitato di liberazione,
fu preso in ostaggio dai famigerati
“tupin”. La vicenda biografica dell’artista gozzanese è utile a comprendere
le ragioni del suo stile. Nato il 13 febbraio 1910, frequentò il collegio d’arte
Bellini di Novara, dove il severo professor Furhmann riconobbe il suo talento. Nella stessa Novara frequentò
la soffitta di Edmondo Poletti, pittore
e scultore di formazione verista, che
rappresentò le miserie del mondo contadino secondo gli ideali del “socialismo umanitario” (è nota la sua
Mondina in Piazza Garibaldi a Novara). Nel circolo polettiano, frequentato anche da Riccardo Mella e da
Giuseppe Ajmone, Sacchi poté cono-
PEPPINO SACCHI, POETICA SUL
SENTIMENTO DELL’ESISTENZA
scere gli esiti locali del tardo romanticismo, in particolare il pittoricismo
dell’arte lombarda di derivazione scapigliata. Quella tendenza al non-finito,
quel senso d’inquietudine, quelle superfici ruvide che esaltano gli effetti
luministici, sono alcuni degli elementi
che il giovane Sacchi poté assimilare
dal circolo di Via Pier Lombardo.
Ammesso nel 1928 all’Accademia
di Brera, Sacchi frequentò i corsi di
scultura di Vitaliano Marchini, il quale
proponeva un linguaggio molto lontano dal verismo polettiano. La scultura milanese, infatti, aveva preso le
distanze dal verismo e dal romanticismo di fine Ottocento, per accogliere
ARCIPELAGOLIBRI
nuove istanze europee: nella Vienna
della Secessione, nella Parigi di Brancusi e Archipenko, nella Berlino di
Breuer e Belling si era affermata
quella tendenza al geometrismo, alla
sintesi plastica e volumetrica di cui
Adolfo Wildt, seguito da Marchini, si
era fatto portavoce all’Accademia di
Brera. Scultori come Giacomo Manzù
e Marino Marini accolsero le nuove
istanze, mentre Sacchi rimase fedele
alla tradizione, rinunziando così a una
possibile inclusione nei manuali di
storia dell’arte del Novecento.
Il suo stile, però, incontrò i favori
dell’ambiente ecclesiastico, tanto legato alla tradizione, quanto cauto e
di Alberto Toni
La passione di “Emily e le Altre”
“Emily e le Altre”, di Gabriella Sica, con 56
poesie di Emily Dickinson (Cooper, 190 pagine,
12 euro), è un libro di passione e di ricognizione
sul campo, un libro che, partendo da un centro
di aggregazione si irradia,
avanti e indietro nel tempo.
Un libro di relazioni: al
centro, Emily Dickinson e
con lei Charlotte ed Emily
Bronte, Elizabeth Barrett
Browning, Elizabeth Bishop, Sylvia Plath, Margherita Guidacci, Cristina
Campo, Nadia Campana e
Amelia Rosselli. Sette presenze, con la Plath, che
entra nel discorso “di soppiatto e di forza”, ma non certo con minore
energia propulsiva, per un “libro-polittico” che
testimonia la forza della parola poetica, della
vita, in una fitta trama di relazioni: “Brilla una
luccicante catena d’oro formata da precursori e
successori, dai luminosi anelli legati tra loro”.
“Emily e le Altre”, con la maiuscola, a testimoniare sì un rapporto, ma anche a sottolineare
un’identità forte per ciascuna. Il legame è dato
dal rapporto con la Dickinson, donne che
l’hanno tradotta o donne a cui la Dickinson si è
riferita. E per ciascuna un gruppo di poesie, che
la Sica ha tradotto, ma che ha anche con sapienza calibrato per rapportarle alle singole
personalità. Se vogliamo, il libro altro non è che
una dichiarazione di poetica: “Non sono educate le
poesie delle donne, sono
come predoni che si nascondono per assalire il
viandante”. Cinquantasei
poesie tradotte, “come
candele accese per festeggiare i 56 anni della vita di
Emily”. Ma anche un’antologia personale di consonanza, “di sole donne
madri di poesia e madri di
se stesse”. Ogni donna, a inizio capitolo, è invocata con una serie di appellativi, quasi a dichiararne nell’appello le caratteristiche
inconfondibili. La Sica vibra con loro nelle pagine: la scrittura critica traccia i contorni,
segue i sussulti delle biografie, ma penetra nello
spirito e nel cuore stresso della poesia. Due secoli attraversati con un’energia che è soprattutto fatica dell’Altro “che riscrive”, si
riverbera nel presente, “con la croce stretta alle
spalle”.
diffidente verso la modernità. Proprio
nella scultura ecclesiastica e cimiteriale, Sacchi ha realizzato alcuni dei
suoi capolavori, come il monumento
funerario al padre Giuseppe Picco, nel
cimitero di Gozzano; la Fonte della
Vita e l’Angelo orante, oggi donati al
Comune di Gozzano. In queste opere
si avverte un’altra componente del linguaggio di Sacchi: quel simbolismo
idealizzante, venato di suggestioni
preraffaellite, che discende dai maestri
di fine Ottocento come Odoardo Tabacchi e Leonardo Bistolfi, animati da
un’accesa spiritualità e da una forte
carica visionaria. L’Angelo di Sacchi
si colloca, appunto, a metà strada tra
quelli disegnati da Edward Burne
Jones per la chiesa romana di San
Paolo dentro le Mura, e quelli scolpiti
da Leonardo Bistolfi per il monumento ai caduti di Casale Monferrato.
Non sempre, però, le sculture funerarie di Sacchi rispondono ai canoni
del simbolismo: Lo scalpellino di
Gozzano, ad esempio, è una figura
rude e possente, con i muscoli tesi e
contratti per lo sforzo fisico, memore
dei nudi di Michelangelo e Rodin. Il
ricordo di Michelangelo è ancora più
evidente nei Lottatori, in lotta contro
se stessi e contro la materia di cui sono
prigionieri, come le celebri sculture
destinate al monumento di Giulio II.
In proposito, va osservato che l’esempio di Rodin alimentò un filone neomichelangiolesco che ebbe largo
seguito in Italia, soprattutto nel campo
dei monumenti ai caduti o alla patria.
La scultura di Sacchi subisce una
significativa evoluzione a partire
dagli anni Settanta, quando accentua
la drammaticità dei corpi, dalle membra contorte in un estremo spasimo di
dolore: volti scarniti, straziati, emaciati, che urlano il proprio dolore e
implorano aiuto contro il male che
hanno subito. In queste opere (La deportata, Terzo mondo, Orrore, Violenza, etc.) affiorano atroci ricordi di
guerra, ridestati dagli eventi di cronaca attuale, che inducono l’artista a
meditare sugli orrori commessi dall’umanità e sulle possibilità di redenzione offerte dalla fede.
L’istituenda gipsoteca dedicata a
Sacchi è il culmine di un percorso di
storicizzazione dell’artista, iniziato
con la pubblicazione di un volume
monografico, nel 2004, e proseguito
con la mostra organizzata nel 2010,
presso la Sala degli Stemmi del Comune di Gozzano.
Marco di Mauro
Il lunario di Miss Italia 2011
Non più un semplice calendario quello
realizzato per il 2011 da Miss Italia, ma un
lunario. La tradizione del lunario ha oltre
cinquecento anni di vita. Il primo esemplare
in forma di libretto, è stato infatti realizzato
a Genova nel 1473. Esso esprime da sempre
la circolarità del tempo: il girotondo del
giorno e della notte, la danza del sole e della
luna, la processione delle stagioni e l’eterno
ritorno della vita, dall’infanzia alla rinascita. Negli
scatti fotografici di Bob
Krieger, Francesca Testasecca, Miss Italia 2010
smette di essere donna di
calendario per diventare
un’opera d’arte. Francesca
indossa la corona turrita,
realizzata da Miluna, per i
150 anni dell’Unità d’Italia, avvolta in manti bianchi e neri. Uno sfondo
dorato fa da cornice alla
sua bellezza e su di esso
sono rappresentati i 12 segni zodiacali con
continui richiami al tricolore.
“Il lunario di Miss Italia - ha spiegato
Krieger nel corso di un incontro con la
stampa svoltosi presso i musei capitolini ha una chiave di lettura che ognuno può interpretare secondo la propria sensibilità. Su
ogni pagina sono evocate le fasi lunari e il
transito della luna nello zodiaco nel corso
del mese”. Nel presentare il lunario, Patrizia
Mirigliani ha detto che il 2011 rappresenta
un anno speciale anche per Miss Italia: l’anniversario dei 150 anni dell’Unità ha un
grande valore per il nostro Paese e il concorso se ne sente interprete e rappresentante.
Le foto rielaborate artisticamente da Krieger
attraverso una tecnica originale, che lo ha
reso celebre, si trasformano in un’autentica
opera d’arte.
A conferma di ciò - ha
reso noto Patrizia Mirigliani - alcune delle opere
originali riprodotte nel lunario sono esposte nella
Galleria d’arte contemporanea italiana “Imago” di
Londra. Il lunario non è in
vendita, ma è a disposizione del pubblico sul sito
di Miss Italia. Nel presenziare all’incontro stampa,
il vicesindaco di Roma, Mauro Cutrufo,
dopo aver manifestato il suo apprezzamento
per l’iniziativa che coniuga significativamente arte e bellezza, ha candidato la Capitale a poter degnamente accogliere le
prossime selezioni del concorso di Miss Italia nel mondo.
Nicola Squitieri
Fa t t i
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02/12/10, Avanti!