ANATOMIA DI UN'INCURSIONE AEREA Macerata vive i giorni dell'armistizio de11'8 settembre 1943 come tante altre città d'Italia, Jn tragico episodio sullo sfondo della con i militari che, rivestiti sommariamente di abiti civili, si affrettano verso la stazione ferroguerra civile nelle viaria o prendono la via della campagna (1).Le caserme vengono abbandonate e nella "Filippo Marche del 1944 Conidoni" si può arrivare indisturbati fino all'armeria, con i fucili allineati nelle rastrelliere e GIUSEPPE FEDERICO GHERGO Note (1) Per questo articolo ci siamo avvalsi di due nostri precedenti lavori: G. F. Ghergo, Cronaca del 3 aprile 1944 in E Torresi (a cura di), La cinà sul palcoscenico. Arre spettacolo pubblicità a Macerata 188411944, Macerata, Il Labirinto, 1997, vol. I, t. 11, pag. 63-84; Id., 1943-1944: Macerata durante l'occupazione tedesca e la Repubblica sociale Sopra il titolo. Una formazione di Martin 187 "Baltimore" britannici. le mitragliatrici sui treppiedi. Nel campo d'aviazione di fortuna nella frazione Sforzacosta atterrano un trimotore Savoia Marchetti proveniente dall'Italia meridionale e un bimotore Caproni Ca.3 14 del 5" Gruppo Osservazione Aerea che viene da Monstar, nella zona italiana di occupazione della Iugoslavia. Subito abbandonati dagli equipaggi, i due velivoli prima saranno saccheggiati dalla popolazione, poi definitivamente distrutti dai tedeschi. I1 giorno 9, sempre a Sforzacosta, si aprono i cancelli del Campo di concentramento n. 53: ne escono più di quattromila prigionieri di guerra britannici, iugoslavi, australiani, sovietici, greci e altri ancora. Qualcuno si aggregherà alle formazioni di partigiani che cominciano a organizzarsi nella zona montana dei Sibillini, parecchi rimarranno nascosti nelle case dei contadini dei dintomi in attesa dell'anivo delle truppe alleate, altri affronteranno il rischio di attraversare la linea del fronte. Lo scenario La vicenda di cui trattiamo, il bombardamento aereo di una città marchigiana, pur riferendosi a un'azione bellica di importanza limitata presenta comunque alcune difficoltà percht i5 inserita nella situazione di violenza, privazioni e paure che in quel periodo sconvolgeva l'Italia. Inoltre, alla scarsità delle fonti memorialistiche, peraltro infiltrate dalla scontata impostazione agiografica, si aggiunge la carenza marcata di documentazione anche archivistica, da cui deriva una produzione storiografica non sempre univoca per quanto riguarda la natura e l'effettivo svolgimento di alcune vicende, fino a giungere a incertezze penino sulle date degli episodi che ne scandirono lo svolgimento (2). Incertezze alle quali potrebbe non essere estraneo il fatto che quando da spettatori si diventa attori della storia gli elementi accessori degli eventi, quelli che non contribuiscono direttamente alla loro sostanza, perdono consistenza di fronte alla realtà di trovarsi nel centro dell'avvenimento. In un periodo di guerra civile ognuno è costretto in qualche misura a questo cambiamento di prospettiva perch6 tutti sono potenziali attori che possono venire spinti sulla scena anche contro la loro volontà. Non esiste soltanto l'"esterno", un nemico straniero che ha un nome e una diversa collocazione geografica, ma ci si trova mescolati in una lotta in cui esterno e interno si confondono e convivono e nella quale, nonostante gli sforzi per tenersene fuori, si ha la percezione di poter essere inaspettatamente coinvolti. Una guerra civile presuppone il sovrappib di violenza che sembra necessaria allorchk si è costretti ad abbattere l'argine rappresentato dal fatto che in un conflitto convenzionale il nemico che si combatte è pur sempre uno straniero di un'altra terra e con un'altra lingua e non qualcuno che si percepisce come "nostro", magari il vicino di casa con il quale ogni giorno ci si salutava. Inoltre, nella guerriglia l'identificabilità, che nella guerra convenzionale è assicurata dall'uniforme, è accuratamente evitata dal partigiano e la difficile riconoscibilità, oltre a dilatare l'area di chi si sospetta possa esserlo, crea uno stato di insicurezza e di paura che è un altro degli elementi che comportano la sovrabbondanza di violenza e i massacri delle guerre civili e di guerriglia. Fu questa una realtà a cui Macerata non riuscì a sottrarsi completamente, anche se la città non visse la cupa atmosfera di tanti altri luoghi scandita da deportazioni, attentati, stragi, esecuzioni pubbliche. Le azioni resistenziali furono poche, non previdero scontri armati e la vita continuò a scorrere relativamente tranquilla. Fu dunque del tutto inaspettato quello che avvenne 1'11 maggio 1945, quattro giorni dopo la fine della guerra in Europa, quando un fascista quarantottenne che ritornava a Macerata dal Nord fu brutalmente linciato anche se non sembra avesse commesso alcun delitto che giustificasse tale ferocia. Fu uno dei dodici linciaggi dei quali si hanno notizie certe e che si verificarono in Italia nei mesi che immediatamente seguirono il 25 aprile 1945. Dopo l'arrivo dei tedeschi diversi comandi militari ed enti che avrebbero dovuto avere la loro sede naturale ad Ancona, a causa dei bombardamenti aerei che dall'ottobre 1943 colpisco- Curtlss P-40 "Kittyhawk aello Squadron 112 a Pachino, in Sicilia, nel luglio 1943. Italiana, in Cultura e società tra il 1915 e il 1970, Ani del XXXVii Convegno di Studi Maceratesi, Abbadia di Fiastra (Tolentino) 17-18 novembre 2001, pag. 208-243. (2) È il caso che riguarda il giorno dell'anivo di alcune decine di soldati tedeschi che occupano la città: due diari coevi indicano date differenti, il 12 e il 16 settembre 1944, con il risultato che anche coloro che in seguito hanno scritto su quegli avvenimenti si sono equamente divisi. . STORIA (3) La denominazione ufficiale del complesso edilizio era quello di "Caserma Funzionale". Prima dell'armistizio il complesso, nel quale si stavano ancora effettuando lavori di rifinitura, era stato previsto quale sede della Scuola centrale del Genio. (4) E. Collotti, Notizie sull'occupazione tedesca delle Marche attraverso i rapporti della Militarkommandantur di Macerata, in Resistenza e Liberazione nelle Marche, Atti del I Convegno di studio nel XXV della Liberazione, Urbino e Ancona 197 1. (5) L'informazione ci è stata gentilmente fornita dal signor Daniele Mor della Fondazione "Luigi Micheletti" di Brescia. (6)Si veda il fondo "Carte Paolorossi" all'Istihito Storico della Resistenza e dell'Età Contemp ranea "Mario Morbiducci" di Macerata. (7) A. Pantanetti, Il Gruppo Bande Nicolò e la liberazione di Macerata, Urbino, Argalia, 1973, pag. 266-267. Due dwtt,,hawk,, del,o 250. 19 no il capoluogo regionale prendono posto a Macerata. A novembre si insedia il comando che ha giurisdizione su tutte le Marche, la Militarkommandantur 1019, e alla fine di gennaio 1944 il 208" Comando militare regionale della Repubblica sociale italiana (RSI). Si aggiungono poi il 648" Comando provinciale della Guardia nazionale repubblicana (GNR) e il 61" Comando militare provinciale, e a marzo è la volta del 208" Tribunale militare regionale. Le "Casermette" in via Roma, lungo la strada provinciale 77 (3), e la caserma "Castelfidardo" ospitano reclute e "rastrellati", e quest'ultima anche operai militarizzati del 61" Battaglione Lavoratori, mentre nella "Corridoni" sono acquartierati gli uomini della GNR e i militari del 61" Deposito Misto. In alcune ville requisite vanno la gendarmeria militare, il comando della polizia e del Servizio di sicurezza tedeschi e gli uffici dell'organizzazione Todt. Se lo spiegamento dei comandi fu notevole è anche vero che quelli della RSI avevano scarso peso, mentre la Militarkommandantur 1019 piuttosto che all'organizzazione militare rivolgeva l'interesse preminente al reclutamento della manodopera e allo sfruttamento della produzione agricola (4). A Macerata la consistenza dei reparti armati fu sempre esigua e non era frequente imbattersi in militi o militari in uniforme e ancora meno in militari tedeschi. Oltre ai pochi uomini del 61" Deposito Misto, un promemoria datato 3 aprile 1944 (giorno del bombardamento aereo della città) parla di ottanta militi della GNR in rinforzo ai carabinieri (S), mentre in un "Elenco nominativo dei fascisti repubblicani in servizio al 10 maggio 1944 XXII presso il comando provinciale della G.N.R." datato 12 maggio compaiono cinquantatré nominativi (6). I1 numero cominciò a crescere con il progressivo avvicinarsi alla città del fronte di battaglia: 1'8 giugno si stimava che i militari italiani e tedeschi presenti fossero circa duecento, esclusi gli ufficiali, e otto giorni piu tardi si parlava di una colonna di circa mille tedeschi e austriaci, oltre a soldati italiani disarmati, in marcia verso Pesaro (7). Nonostante la cappa d'incertezza, le privazioni e le difficoltà, la vita dei maceratesi non differisce troppo da quella dei tre precedenti anni di guerra, anche se gli aerei anglo-americani cominciano a colpire, come nel resto d'Italia, tutto quanto si muove nelle strade. Presto diventa un appuntamento pressoché quotidiano l'amvo, verso la metà del mattino, di due o tre caccia-bombardieri inglesi che mitragliano tre vagoni in disuso, sempre gli stessi, fermi alla stazione ferroviaria di San Claudio presso la frazione Piediripa. Pib in alto il cielo è solcato da 'oui3u.~. lap amj eqlap pns e Waw - 0 1 ~ 3ari e y o 'e1so3 ellap m u aie!paww! allau osseqod -tue3 !p ~ ! ~ u ! AU!o Jossa,qDue ~ ela 'e!iassew eun ep awou I! e~apualdaq3 'ellain3 !p ollanb ~ow!uowoawnu lap m03 elle e3 -!ieupe e1so3 ellap y~!w!ssoidu! 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Ingrandimento del riquadro 1.il principale obiettivo era costiiuito dalla Caserma Casteifidardo (a sinistra) e dal Palazzo Ugoiini (a destra), dove aveva sede la Miiitarkommandantur 1019. (10) I dati dell'azione sono tratti dai rapporti ufficiali dello Squadron 112 (National Archives, London, AIR 271874). del 250 (AIR 2711502) e del 223 (AIR 2711375). Gli obiettivi del 112 e del 250 sono stati desunti dai punti di caduta delle bombe e dai rapporti dei due reparti. Il rapporto dello Squadron 250 mostra una marcata sovrastima degli obiettivi centrati. Pib accurato quello dello Squadron 223 anche perch6 si è potuto basare sulla documentazione fotograf~ca. Da sinistra. Bombardieri "Baltimore" dello Squadron 223 sorvolano la costa adriatica all'altezza della zona di Campomarino. Ingrandimento del riquadro 2. Gli obiettivi erano: la Prefettura, a sinistra; il Palazzo Conventati, sede del Distretto Militare; la vicina Casa del Fascio e, forse, la caserma Corridoni, a destra. . volando sul mare a una auindicina di chilometri dalla costa Der ~ o virare i all'altezza di Porto Sant7Elpidio-PortoCivitanova e dirigere verso Macerata. I "Kittyhawk" dello Squadron 112, dopo aver girato sulla zona per qualche minuto alla quota di 2.700 metri per aspettare I'anivo degli altri aerei, alle nove e quarantacinque attaccano mitragliando e sganciando le bombe in affondata da una quota di circa 450 metri. Subito dopo lo Squadron 250 attacca con le stesse modalità. I due reparti mirano al palazzo della Prefettura, alle caserme - verosimilmente, come vedremo, con l'esclusione della "Comdoni" - alla Casa del fascio, al palazzo Ugolini sede della Militarkomrnandantur 1019 e al palazzo Conventati sede del Distretto militare e del 61' Comando militare. I "Kittyhawk" attaccano con orientamento Sud-Nord e, data la conformazione dell'area urbana, allungata in senso perpendicolare rispetto alla direzione dell'attacco, parecchie bombe finiscono nelle campagne subito a settentrione della città. Quelle che la centrano non sono pih di sette-otto, delle quali una inesplosa. Infine arrivano i "Baltimore" che tre minuti dopo le dieci sorvolano le "Casemette", allora situate in aperta campagna, e sganciano (10). Una sola bomba dei ventitre P-40 centra uno degli obiettivi, la caserma "Castelfidardo", mentre soltanto tre delle bombe dei dodici "Baltimore" cadono all'interno della recinzione delle "Casemette", dalle quali, prive come erano di qualsiasi rifugio, le reclute fuggono all'inizio dell'attacco sparpagliandosi nella campagna circostante. I morti furono 110, un numero e una percentuale molto alti se si considera che allora gli abitanti del nucleo urbano non erano più di 16.000.I civili uccisi furono 93, ai quali si aggiunsero quindici fra militari, reclute e operai militarizzati, oltre a due soldati tedeschi. Una famiglia ebbe fra le vittime ben otto membri tra i sei e i settantasette anni, e una strage ci fu in via della Nana dove l'esplosione investì un forno pieno di donne che compravano il pane. L'Ospedale Civico, che nei giorni precedenti aveva avuto una media di sette-otto ricoveri al giorno, il 3 aprile ne registrò sessantuno, senza contare gli innumerevoli interventi ambulatoriali. La sala operatoria funzionò senza interruzione giorno e notte, medici e infermieri si prodigarono ai limiti della resistenza. Furono fatte venire delle bare dai paesi vicini percht! quelle L che si poterono trovare in città non erano sufficienti. Anche le distruzioni furono ingenti: alla data de11'8 maggio 1944 saranno oltre quattrocento le denunce di distruzione o di danneggiamento di abitazioni. I senzatetto furono quasi milleseicento. La motivazione I1 bombardamento fu richiesto da partigiani della zona maceratese che indicarono anche gli obiettivi da colpire. Fu inviato un messaggio via radio alla stazione d'ascolto dell'Y Service alleato (Il), secondo il quale la mattina del 3 aprile si sarebbe tenuta una riunione nella Prefettura di Macerata a cui avrebbero partecipato alti gradi della Wehrmacht e della RSI, mentre truppe tedesche, che dovevano garantire le misure di sicurezza per l'importante vertice, si sarebbero acquartierate nelle caserme della città. Il messaggio aggiungeva che i partigiani avrebbero attaccato gli stessi obiettivi appena cessata l'incursione aerea. Dopo l'incursione fu inviato un altro messaggio all'Y Service in cui, oltre alle congratulazioni per il successo del bombardamento, si dettero assicurazioni sull'esito: quattro obiettivi erano stati colpiti in pieno provocando la morte di parecchi alti esponenti tedeschi e fascisti, mentre molti altri erano stati feriti. Ma poiché nulla convalida che il 3 aprile, o in qualsiasi altra data, si fosse tenuta una riunione fra vertici tedeschi e italiani né che l'incontro fosse stato anche soltanto progettato (12), conviene cercare di ipotizzare quale possa essere stata la vera finalità della richiesta di un'azione che fece di quel lunedì santo uno dei giorni più tragici della storia della città. Quanto abbiamo detto sul messaggio trasmesso agli Alleati dalla resistenza maceratese e sul successivo in cui ci si congratulava per i risultati dell'attacco aereo appare nel volume di Robin Brown sulla storia dello Squadron 112 (13). I1 volume, pubblicato nel 1994, era stato preceduto da una prima edizione più succinta stampata nel 1959 in un numero limitato di copie, quando i ricordi dei piloti sui quali in parte si basava potevano essere precisi e circostanziati. Nel 1996 abbiamo avuto la possibilità di contattare e di intervistare personalmente un pilota che prese parte al raid su Macerata, il Flying Officer (tenente) H. A. (Bert) Horden. L'ex pilota aveva ben presente quello che si riferiva all'incursione e ricordava cosa fu detto nel corso del briefing per la missione del giorno seguente su Macerata, e questa vivezza dei ricordi era dovuta pure al fatto che l'incursione ebbe per Horden carattere di eccezionalità perché, delle 130 azioni belliche alle quali aveva partecipato nel corso del suo servizio, quella di Macerata fu l'unica contro un centro urbano. Abbiamo potuto contattare anche un altro dei piloti che parteciparono al bombardamento, il Flight Sergeant (sergente maggiore) K. N. Cockram. Nell'annotazione che il 3 aprile il pilota scrisse sul suo libretto di volo compare "Fascist hate session", un'espressione che a distanza di tanti anni egli considera un po' oscura. Ma tenuto conto che hate significa odio e session assemblea o riunione, pur non essendo più in grado, a differenza di Horden, di ricordare i particolari del briefing, Cockram conclude che verosimilmente fu detto loro che la motivazione dell'attacco fosse un importante incontro che si sarebbe tenuto in città (14). A sua volta, il comandante dello Squadron 112, lo Squadron Leader (maggiore) W. K. Watts, il 3 aprile scrisse sul libretto di volo: "Dodici aerei hanno bombardato il municipio e le caserme di fascisti non arresisi. Partigiani del luogo hanno attaccato subito dopo il bombardamento" (15), e proprio l'indicazione di questo attacco, che in realtà non ci fu, è una conferma ulteriore che fra i partigiani e il comando alleato ci fu un contatto preliminare nel quale i primi prospettarono un piano d'azione comune (16). A sua volta, il 3 aprile Horden annotò: "Bombardamento efficace. I partigiani attaccano la città dopo l'incursione" (Good bombing. Patriots attacking town after bombing). D'altronde, a Macerata la data in cui ci sarebbe stata l'incursione era già trapelata: il 2 aprile la conoscevano alcuni partigiani detenuti nella caserma "Corridoni" e, circa un'ora prima che cominciasse l'attacco aereo, nell'Istituto Salesiano della città si sparse la voce che quella stessa mattina Macerata sarebbe stata bombardata. Uno studente che allora frequentava la I11 classe della scuola media inferiore, appena arrivato verso le 8.30 all'istituto, fu frettolosamente rimandato a casa con l'ingiunzione di non attardarsi per nessuna ragione lungo la strada (17). In una testimonianza raccolta il 21 febbraio 1994 il sacerdote don Primo Piccioni ci ha narrato che, allora giovane segretario del vescovo di Macerata, il l o aprile fu incaricato di recarsi alla Casa del fascio per consegnare una lettera. I fascisti approfittarono dell'occasione e lo portarono nella stanza dove stavano interrogando il parroco di Sambucheto di Montecassiano don Ezio Cingolani, attivo nella Resistenza e arrestato poco prima. Nell'abitazione del parroco, dove aveva funzionato una radio ricetrasmittente dei partigiani, i fascisti dissero di aver trovato una planimetria di Macerata su cui erano segnati gli obiettivi da bombardare. Don Piccioni, a cui fu fatta vedere la planimetria, avrebbe dovuto convincere don Cingolani a fare in modo che l'incursione venisse annullata. (11) La stazione d'ascolto dell'Y Service aveva sede in un edificio di un faro in disuso a Punta della Penna, pochi chilometri a nord di Vasto. Oltre a intercettare e analizzare il traffico radio nemico, trasmetteva e riceveva informazioni dai partigiani che operavano in Italia e in Iugoslavia. (12) Un esponente della resistenza maceratese fece un tentativo per convincerci che il giorno del bombardamento era presente a Macerata il Feldmaresciallo Kesselring. Fu facile dimostrare dove era il Maresciallo quel giorno, oltre al fano che in nessuna opera che tratta della storia di quel periodo è scritto che egli sia mai venuto a Macerata, n6 che in città ci sia mai stato il summir in questione. E di Kesselring non si è parlato pih. (13) R. A. Brown, Shark Squadron. The Hisrory of rhe 112 Squadron 191 7-1975, Manchester, U.K., Crécy Books, 1994. Per quanto riguarda l'incursione su Macerata si vedano le pagine 136-137. (14) Lettera di K . N. Cockram del 20 gennaio 1997. Sul libretto di volo il pilota scrisse: "Bornbed Town Hall and Fascisr H . Q. 250 Squadron and Light Bombers bombed barracks. Fascist hate session". (15) In realtà i velivoli dello Squadron 112 che presero parte all'azione furono uno di meno, dato che il rapporto u f i c i a l ~indica i nomi dei piloti e le matricole di undici e non di dodici aerei. (16) L'annotazione recita: "12 a/c bombed town hall and barracks held by unramed Italians. Local rebels put in rheir attack srraight afier bombing". Per town hall (municipio) deve intendersi il palazzo della Prefettura. La stessa imprecisione lessicale relativa a town hall si riscontra anche nei libretti di volo di Horden e Cockram. La consultazione del libretto di volo di Ken Watts è stata possibile grazie alla cortesia del signor Ferdinando D'Amico. (17) Testimonianza di Nino Ricci del 20 novembre 2001. Fotografia della città ripresa dalla ricognizione aerea britannica il 31 gennaio 1944.A destra si intravedono le bbCasennette". Se la richiesta dei partigiani di bombardare la città è certa, così non è per quanto riguarda gli scopi che si assegnavano all'incursione e ciò a causa dell'imperforabile mutismo che sul bombardamento del 3 aprile hanno sempre mantenuto i protagonisti di quell'episodio. Con un'unica eccezione: alcuni anni fa un partigiano molto noto a Macerata, ora scomparso, impegnandoci a non rivelare la sua identità ci confermò che il bombardamento fu richiesto dai partigiani, pure se non volle fornire altri particolari. Abbiamo già accennato che fra gli obiettivi da colpire non ci fosse la caserma "Comdoni". Spesso si è detto che la bomba che cadde nella vicina via della Nana fosse diretta aHa caserma, ma i dubbi sono molti. Infatti, nella caserma erano incarcerati parecchi partigiani catturati ed è quindi pressoché certo che nell'attacco aereo - i cui obiettivi furono indicati dalla Resistenza - si evitasse di mettere in pericolo le loro vite. Verosimilmente, quella bomba era destinata alla non lontana Casa del fascio. È da scartare l'eventualità che il bombardamento fosse stato richiesto allo scopo di distruggere il potenziale militare acquartierato in città. In assenza di reparti tedeschi, il contingente operativo si riduceva ad alcune decine di uomini della GNR, insufficientemente addestrati e di limitata utilità nella lotta antipartigiana, e a pochi militari del 61" Deposito Misto, di valore del tutto trascurabile. Come vedremo, quando fu portato l'attacco in montagna contro le bande non furono queste le forze che vennero impiegate. Ancora minore era l'utilità e l'affidabilità delle reclute acquartierate nelle "Casermette": una volta fuggite durante il bombardamento, venne loro concessa una licenza di dieci giorni al termine della quale parecchi giovani decisero di non ripresentarsi al reparto. Subito, in città, si disse che il bombardamento era stato richiesto dalla Resistenza e si fece qualche nome. Si disse che fosse stato sollecitato per creare scompiglio allo scopo di far fuggire la trentina di partigiani rinchiusi nella caserma "Comdoni". Questa fu l'ipotesi che circolò con maggiore insistenza e in realtà, approfittando della confusione provocata dall'attacco aereo, i partigiani riuscirono ad evadere forse con l'aiuto di complici all'interno dell'edificio. L'ipotesi non può essere scartata, tenendo conto che molti dei partigiani imprigionati rischiavano la fucilazione, ma se lo scopo preminente fosse stato quello della loro fuga probabilmente esso si sarebbe potuto raggiungere anche facendo sganciare, magari da un solo velivolo, pochi spezzoni nei pressi della caserma. Al contrario, come abbiamo visto, l'azione impegnò una forza aerea cospicua, previde l'impiego di bombe di mille libbre e l'attacco a molteplici obiettivi, uno dei quali, le "Casermette", addirittura distante in linea d'aria un paio di chilometri dalla caserma "Comdoni". Dunque, anche se non si può cancellare, l'ipotesi appare poco convincente. D'altra parte, un'altra evasione si verificherà il 29 aprile quando, mentre aerei britannici volteggiano a bassa quota, come era stato richiesto dal comando alleato, si riesce a far fuggire dal carcere di Santa Chiara in via Garibaldi, con la complicità di un secondino, il capitano sudafricano Lowry e con lui altri detenuti (18). I funzionari del Foreign and Comrnonwealth Office di Londra, dopo aver consultato i propri archivi su richiesta dell'ex pilota Bert Horden, in una lettera del 23 settembre 1996 hanno affermato che, in definitiva, il bombardamento di Macerata non risultò del tutto inutile perché il raid del 3 aprile 1944 consentì la fuga di un ufficiale alleato accusato di essere un agente dello spionaggio militare britannico e di partigiani italiani in attesa di essere fucilati (19). Ma è evidente che a Londra debba esistere qualche confusione perché si scambia il raid del 3 aprile con l'azione aerea del 29, quest'ultima effettivamente svoltasi per facilitare la fuga del capitano Lowry, che doveva essere liberato o ucciso nel timore che potesse essere costretto con la forza a rivelare importanti informazioni militari. I1 17 maggio si ricorre alla stessa macchina organizzativa, ormai collaudata, per cercare di liberare dall'ex campo di prigionia di Sforzacosta i moltissimi giovani internati per essere usati come lavoratori coatti. Gli aerei alleati spezzonano il campo per creare scompiglio fra i guardiani e, subito dopo le prime esplosioni, molte centinaia di giovani si accalcano alle uscite travolgendo ogni cosa. Ma già nel dicembre 1943 un furto di armi e di carte topografiche dagli uffici della Milizia forestale era stato coordinato con il sorvolo a bassa quota della città da parte di aerei inglesi: gli impiegati impauriti abbandonarono gli uffici facilitando il compito dei partigiani. Accantonata l'ipotesi di un'incursione che quale scopo principale avesse quello di permettere l'evasione dei partigiani dalla caserma "Corridoni", si può pensare che I'attacco aereo del 3 aprile sia stato sollecitato soprattutto perché con esso si sperava di scompaginare la struttura politico-militare maceratese, alla quale forse si assegnava la regia dell'offensiva contro il movimento partigiano che era cominciata verso la metà di marzo e che proprio in quei giorni stava toccando il suo culmine. Reparti speciali antiguerriglia quali la divisione "Brandenburg", il cui I1 Battaglione del 3" Reggimento operò nell'Italia centrale, e il battaglione M "IX Settembre", che dipendeva dall'unità tedesca a cui era aggregato e che operava nelle Marche per la prima volta, dal 18 marzo alla prima settimana di aprile furono protagonisti di rastrellamenti e scontri in diverse località della zona montana. Improvvisamente, il fronte partigiano subiva un attacco da parte di reparti specificamente addestrati ed è in questo quadro di evidente difficbltà che alcuni esponenti del movimento resistenziale potrebbero aver creduto che l'unico aiuto possibile consistesse nel colpire la fonte da cui partivano gli ordini e dove si elaboravano i piani dell'offensiva. Se questo accadde, la speranza si dimostrò mal riposta perché chi richiese l'incursione aerea evidentemente non sapeva che le due unità antiguerriglia non dipendevano in alcun modo dai comandi che avevano sede a Macerata, ma erano pedine di operazioni più vaste programmate e gestite dal quartier generale tedesco in Italia, al punto da non potersi escludere che il piano operativo non fosse neppure a conoscenza dei vertici provinciali. La richiesta del bombardamento fu dunque decisa da un gmppo di partigiani che orbitavano intorno a una delle due radio ricetrasmittenti che furono attive con continuità nel territorio della provincia. Come si è visto, I'attacco aereo fu sollecitato con la falsa informazione che fece balenare un inesistente obiettivo - la possibilità di eliminare importanti esponenti fascisti, ma soprattutto alti ufficiali e truppe dell'esercito tedesco - senza la quale l'aviazione britannica non sarebbe stata disponibile a impegnare una forza aerea come quella che fu impiegata. Se ci limitiamo a considerare la motivazione che abbiamo ipotizzato si deve comunque concludere che identificare nel bombardamento della città un'azione che avrebbe inciso sulla lotta in montagna non poteva rappresentare niente di più di una speranza, a fronte della quale stava la certezza che I'attacco aereo a numerosi obiettivi che, con la sola eccezione delle "Casermette", erano rinserrati fra le abitazioni dell'area urbana avrebbe comportato un tributo di vittime civili. Questo non fu valutato adeguatamente e a conti fatti tra una drammatica certezza e una semplice speranza fu la seconda a prevalere. Dopo quello del 3 aprile Macerata subì altri raid. I1 mattino del 2 giugno gli aerei attaccano la villa Cozza, dove da qualche giorno si era installato un distaccamento tedesco. Le bombe non colpiscono l'obiettivo, ma provocano altre quattro vittime. I1 14 giugno è la volta di un ponte ferroviario alla periferia della città, preso di mira ma mancato. Questa volta i morti sono undici. Infine, dopo l'arrivo in città il 30 giugno dei paracadutisti del Corpo Italiano di Liberazione, dei polacchi del 12" Reggimento "Ulan6w Podolskich" e dei partigiani del (18) S. Tmvato (a cura di), Mario Pianesi. Un militante d'eccezione, Macerata, Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea "Mario Morbiducci", 1998, pag. 63-64. (19) Si vedano: B. Horden, Shark Squaàmn Pilot, Bromley, U.K., Indipendent Books, 2002, pag. 183; Id., Vengeance is Mine, Harpenden, U.K., Tintem Books, 2003, pag. 145. Distruzioni in via Padre Matteo Ricci a Macerata.