comici trattati con molto buon gusto (specie nella scena della dimostrazione pubblica) e affidati per lo più a Betty, Rosy e Andreina, il trio delle ragazze incaricate di tenere ben pulito il laboratorio. Anche nella sua veste futuristicamente cibernetica questa Coppélia del Terzo Millennio non rinuncia alla sua verve e al suo riconoscibile humor e propone al pubblico di tutte le età quasi un suggestivo viaggio virtuale. Un salto di qualità per Lao che affronta per la prima volta un balletto a gran spettacolo e di grande repertorio, ma anche per la compagnia chiamata a confrontarsi con la tradizione. Indolore appare l’eliminazione delle danze folkloriche e dei balli nazionali stilizzati di cui è ricca la partitura musicale di Decz libes, unica componente del balletto originale ad essere rispettata sino in fondo (nonostante la posposizione di qualche elemento, come la Czárdás ungherese del primo atto, finita ad accompagnare il gaio defilé del secondo), a favore di una sorta di discoteca giovanile in cui si svolge la festa finale. Anche se è firmato da Lao, il balletto reca la cifra della classe di Ullate, considerato il mago della danza spagnola oggi. I toni di favola a lieto fine o di sapida commedia sono garantiti dalla musica leggera di Delibes, che qualcuno vuol considerare antesignano di Čajkovskij sulla strada di una musica per danza non solo funzionale ma non priva di valori suoi propri. Egli seppe sposare meravigliosamente i diversi momenti stilistici disseminati nelle tre diverse scene: i Pas de caractère e d’action della prima, la pantomima dello stagionato ballet d’action di ascendenza settecentesca della seconda e il festoso divertissement nuziale della terza. La più pura tecnica accademica si accompagnava così con le più vivaci danze nazionali (oltre alla più volte citata Czárdás anche il bolero, la mazurca, la giga). Forse proprio l’eclettismo mistilinguistico sopra rilevato ha portato, accanto alle riprese più o meno fedeli all’originale giunto sino a noi quasi senza soluzione di continuità, alle riscritture e ripensamenti, come appunto questo recente di Léo, che cerca di mantenere della Coppélia originale se non la lettera almeno lo spirito tra il ridanciano ed il grottesco, tra il curioso e il faceto in un clima rassicurante e mai problematico. Sono ancora lontani i tempi in cui il pupazzo, la maschera, l’automa, la marionetta rivendicheranno i loro diritti di umanità. Come accadrà ai primi del Novecento con il Petrouchka (1911) di Stravinskij-Fokine, l’Arlecchino di Busoni, il decadente Pierrot lunaire (1912) di Schöenberg, il rivoluzionario e iconoclasta Le Coq d’or di Rimskij Korsakov (1903) o Le rossignol ancora di Stravinskij. L’automa solo allora si colora di significati altri, trascendenti, nell’implicito confronto con l’uomo: un confronto tra l’essere inanimato e quello dotato di anima che lascia uno strascico di riflessioni e di ripensamenti. Illuminante il confronto tra Giselle, esemplare balletto romantico, e Coppélia tentato da Balanchine: «Come Giselle è la grande tragedia del balletto, Coppélia è la grande commedia. Raccontano entrambi storie d’amore e traggono sostanza sia dalla realtà che dalla fantasia». Lorenzo Tozzi A TEATRO PER STARE BENE Stagione 2010/2011 10 maggio - ore 20.45 Danza 19 maggio - ore 20.45 Musica Ballet Preljocaj I Nuovi Suoni BIANCANEVE SENTITI DA VICINO: STEFANO GERVASONI L’instant donné ensemble strumentale Exaudi ensemble vocale coreografia Angelin Preljocaj costumi Jean Paul Gaultier musica Gustav Mahler Co-produzione Biennale de la Danse de Lyon / Conseil Général du Rhône Théâtre National de Chaillot (Parigi) Grand Théâtre de Provence (Aix-en-Provence) Staatsballet Berlin (Germania) Stefano Gervasoni Masques et Berg per violino e viola Recercar chromaticho post il Credo per quartetto d’archi Dir - in Dir per sestetto d’archi (Prima esecuzione in Italia) Biglietteria on line: [email protected] www.teatroudine.it www.vivaticket.it Fondazione Teatro Nuovo Giovanni da Udine Via Trento, 4 - 33100 Udine Tel. 0432 248411 [email protected] - www.teatroudine.it Prevendite per gli spettacoli di maggio dal 18 aprile © Studio Patrizia Novajra - ph: Jesús Vallinas - Acquerello di: Nino Tenca Montini- stampa: Grafiche Filacorda A Udine il balletto giunge ora in una rivisitazione ancora più recente, firmata da Eduardo Lao per il Víctor Ullate Ballet Communidad de Madrid, nato nel 1988 e contraddistinto non solo da una solida tecnica classico-accademica, ma anche da una essenza spagnola e mediterranea. Noto dapprima come ballerino accanto a Julio Bocca, Eric Vu An, Marie Claude Pietragalla o Lucia Lacarra, Lao ha assunto nel 2001 la direzione artistica della compagnia rifondata da Víctor Ullate, a dieci anni dal suo debutto come coreografo. La sua Coppélia, presentata in prima assoluta al Palazzo del Festival di Santander nell’ottobre 2006 e subito dopo al Teatro Albeniz di Madrid, è una libera reinterpretazione del racconto. La traccia della partitura musicale di Delibes è seguita passo passo, ma ad essere mutata è l’ambientazione del libretto di Nuitter al fine di avvicinare al pubblico odierno il plot narrativo. La bottega di bambole meccaniche di Hoffmann è trasformata qui in un laboratorio cibernetico che promuove la ricerca sulle intelligenze artificiali ovvero sulla robotica oggetto di tanta filmografia negli ultimi decenni grazie all’opera del Doctor Coppelius che aspira alla costruzione di un androide totalmente femminile nei movimenti come nei comportamenti. Alla ribalta viene così la robotica, quella scienza che si ripromette di aiutare la vita quotidiana dell’uomo con piccoli oggetti meccanici automatizzati (il tema fu oggetto della Biennale Musica di Venezia dello scorso anno), ma che apre anche campi nuovi all’indagine etica e sociopsicologica con l’avvento di esseri meccanici senz’anima, che sembrano fare concorrenza all’uomo. Scomparsa Swanilda, Franz diventa qui un aspirante fotografo, incaricato, insieme a tre ragazze delle pulizie, della manutenzione dei robot. Quello che non riesce a Coppelius, ovvero di dare vita autonoma alla sua creatura, riesce alla Diva Espectral: il risultato di questa umanizzazione è la nascita di un feeling tra la bambola robot e il giovane fotografo, che già l’aveva notata immortalandola nel suo ruolino fotografico. Ma al momento della presentazione al pubblico, ai magnati dell’industria e ai personaggi in vista della città, il robot decide di fare di testa sua e invece di obbedire ai comandi del suo padre putativo, preferisce seguire l’impulso dei suoi sentimenti, suscitando le ire del sempre più stranito Coppelius. Ancora la Diva, infine, dimostrerà al deluso Doctor come il suo sogno utopico si sia trasformato in realtà e come l’amore si sia rivelato più forte della scienza informatica. Sin dal suo primo apparire e nei cinque anni seguenti il balletto di Lao ha riscosso un lusinghiero successo di pubblico e critica. Ancora una volta una missione compiuta e una sfida vinta per Víctor Ullate, che molti ricordano come straordinario danzatore, e per il suo braccio destro Lao, cui è riconosciuta una originalità di movimento in uno stile corografico misto tra le basi classiche sulle punte e il portato contemporaneo che risulta alla fine prevalente e mette alla prova il valore tecnico-interpretativo dei ballerini soprattutto negli assolo e nei passi a due. Apprezzabili anche le scenografie di Carlos Pujol, sobrie ma adeguate al segno futuribile (ricordano Metropolis di Fritz Lang), ed i costumi fantasiosi e pieni di immaginazione di Pedro Moreno. In molti hanno sottolineato come questa Coppélia sia stata una impresa costosa sia economicamente che come sforzo umano, sia per la qualità dei costumi che per una scenografia maneggevole ma estrosa (il che la rende anche facilmente esportabile). Altri hanno poi giudicato la coreografia coraggiosa, fresca e piena di elementi martedì 19 aprile 2011 - ore 20.45 Víctor Ullate Ballet Comunidad de Madrid COPPÉLIA balletto in tre atti, creato all’Opéra di Parigi il 25 maggio 1870 versione in due atti creata per Ballet Víctor Ullate Comunidad de Madrid il 27 ottobre 2006 al Palacio de Festivales di Santander libretto di Charles Nuitter e Arthur Saint - Léon da un testo di E.T.A. Hoffmann coreografia Eduardo Lao musica Léo Delibes costumi di Pedro Moreno scene di Carles Pujol luci di Nicolás Fischtel (A.A.I.) direttore generale Víctor Ullate direttore artistico Eduardo Lao maitre de ballet Víctor Ullate, Ana Noya, Ruth Maroto ballerine Ksenia Abbazova, Natalia Arregui, Zara Calero, Leyre Castresana, Sophie Cassegrain, Noelia Díaz, Ji Sun Kim, Ji Eun Kim, Arianne Lafita, Diana Miqueo, Yasmina Sancayo, Ana Belén Sanz, Reika Sato, María Sordo ballerini Alexander Abdukarimov, Dorian Acosta, Gianluca Battaglia, Mathew Edwardson, Oliver Edwardson, Luca Giaccio, Javier Lozano, Jonatan Luján, Yester Mulens, Cristian Oliveri, Hao Wang COPPÉLIA DANZA TRA I ROBOT È forse solo un pessimo scherzo del destino che Coppélia, uno dei balletti più scintillanti e frizzanti del tardo Ottocento, sia stato segnato da una serie di infelici avvenimenti postumi. Poco tempo dopo il suo fortunato debutto parigino, il 25 maggio 1870 all’Opéra di Rue Le Peletier dinanzi a Napoleone III e all’Imperatrice Eugenia, la Francia subì l’umiliazione della sconfitta di Sédan dalla Prussia bismarckiana che spazzò via, con il Secondo Impero di Napoleone “il piccolo”, anche una società spensierata e godereccia che si era riconosciuta nel divertimento bonario dell’opéra bouffe di Offenbach, il Mozart dei Champs Elysées. E poco tempo dopo, durante l’assedio di Parigi, doveva scomparire non solo Saint Léon, il coreografo del balletto, ma il 23 novembre, giorno in cui compiva 17 anni, per una epidemia di vaiolo ed in una fossa comune, anche la sua prima interprete, l’italiana Giuseppina Bozzacchi. Per non dire dell’incendio, che nella notte tra il 28 ed il 29 ottobre 1873, mandò in cenere la sala dell’Opéra. Eppure, nonostante le sfortunate concomitanze, il balletto, concepito su un racconto di E.T.A. Hoffmann (Der Sandmann o L’ uomo di sabbia), ha goduto di una vita lunga e felice sino ad oggi per i suoi connotati di eleganza tutta francese e freschezza. Tre ne furono i creatori: innanzitutto il coreografo (anche eccellente violinista) Arthur Saint-Léon (1821-1870), marito della ballerina napoletana Fanny Cerrito, che ne organizzò le danze; poi Charles Nuitter, bibliotecario dell’Opéra, che ne stilò il canovaccio narrativo (la drammaturgia) e, last but not least, il compositore Léo Delibes (1836-1891) - già allievo al Conservatorio di Parigi di Adam (il creatore della musica di Giselle) e poi professore di composizione - capace di una musica deliziosa, trascinante e leggera, come nel clima di una spiritosa operetta, apprezzata persino da Čajkovskij. Nel suo catalogo solo tre balletti (ultima La Sylvie del 1876) a confronto con le ben più numerose opere (soprattutto opéra comiques) tra i quali l’esotica Lakmé (1883). Saint-Léon si divideva allora tra S. Pietroburgo, dove era Maître de ballet dei Teatri imperiali, e l’Opéra parigina. Durante la sua permanenza a Parigi creò un sodalizio con Nuitter, che aveva accettato l’incarico di rimettere in ordine gli archivi dell’Opéra e si dilettava di scrivere traduzioni o libretti originali per il teatro. Ne nacque un’amicizia, attestata dalle lettere che i due si scambiarono durante i soggiorni russi di Saint-Léon. A completare il trio il giovane Delibes, un promettente musicista che dimostrava il dono di comporre gradevoli ritmi di danza. Il sodalizio tra i tre fruttò dapprima La Source (1866), alla cui musica collaborò anche Minkus. Ma fu con La fanciulla dagli occhi di smalto, ovvero Coppélia, che il successo fu immediato anche per la facilità delle musiche di Delibes, tra cui si distingueva una trascinante Czárdás, che seguivano fedelmente le vicende della commedia con temi adeguatamente caratterizzanti i vari personaggi, secondo l’esempio di Adam. Il colore locale deriva sia dalle danze paesane che da quelle (II atto) degli automi, cui Delibes regala musiche colorate e indimenticabili. In Coppélia, che Diaghilev giudicava «il balletto più bello del mondo, perla senza pari nel repertorio ballettistico», tutto ruotava intorno all’equivoco di Swanilda, vispa signorinella del villaggio, che si ingelosisce per le attenzioni che il suo amoroso Franz attribuisce a Coppelia, che solo in un secondo momento scopre essere invece semplicemente un innocuo automa, una bambola meccanica costruita da quell’ inventore estroso e un po’ scontroso che risponde al nome di Coppelius. Dopo varie vicissitudini in cui la ragazza si sostituisce alla bambola e fa impazzire l’arzillo artigiano, tutto si ricompone per il meglio e nel terzo atto in una piazza del villaggio per la festa della campana, sotto la benedizione del locale borgomastro, si celebrano le nozze tra i due innamorati con gran festa dei paesani presenti. Nel corso dei secoli la storia hoffmanniana è stata riletta più volte, conferendo al ruolo di Coppelius sfaccettature diverse: talora di un misterioso e bislacco inventore, un maniaco un po’ sinistro, talora invece con più acume di una sorta di artista povero, un eccentrico vecchietto inoffensivo e un po’ patetico, malato di solitudine ed innamorato della sua creatura, che porta il suo nome quasi con l’illusione di darle davvero la vita come ad una figlia vera. La commedia si tinge così di psicologismo, nella raffinatezza introspettiva che fa in fondo di Coppelius un solitario, forse un nostalgico, un diverso, certo un isolato e per questo magari deriso dalla società. Grazie ad una vitalità sorprendente, Coppélia registra in quasi un secolo e mezzo di vita, repliche e reviviscenze in tutta Europa. Molte le versioni di fine secolo, specie in Russia, tra cui quella, interpretata dalla Nikitina, di Petipa (1884) che a Pietroburgo prese il posto di Saint Léon, quella di Cecchetti in collaborazione con Lev Ivanov (Pietroburgo,1894) ripresa da Ninette de Valois a Londra nel 1954 e ancora in repertorio al Royal Ballet, e persino di Saracco alla Scala nel 1896 con Carlotta Brianza, la prima Bella addormentata. Molte anche quelle successive al secondo dopoguerra firmate da Aurel Milloss alla Scala (1946), dal restauratore filologo Pierre Lacotte (Parigi 1973), dal poeta Balanchine (New York 1974). Da manuale quella per il Ballet de Marseille di Roland Petit (1975) che l’ambienta nella provincia francese in un clima frizzante da operetta, facendo di Coppelius un elegante viveur decaduto. Più recenti quelle di Polyakov a Firenze, Amodio con l’Aterballetto a Reggio Emilia e Bigonzetti all’Opera di Roma, con maggiore attenzione al côté macabro e angosciante di Hoffmann che alla gioiosa traccia narrativa di Nuitter e soprattutto di Maguy Marin (1994) col Balletto di Lione, in cui la bambola meccanica, abbandonando il contesto campestre per quello urbano, si ispira ai modelli della bionda “femme fatale” hollywoodiana.